52 a.c. - LA BATTAGLIA DI ALESIA

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1 La battaglia di Alesia fu combattuta in Gallia nel 52 a.c. dall'esercito romano, comandato da Giulio Cesare, e le tribù riunite dei galli, sotto la guida di Vercingetorice. Negli anni precedenti lo scontro Giulio Cesare, il quale aveva ottenuto il comando della provincia della Gallia grazie agli accordi del primo triumvirato con Cassio e Pompeo, aveva cercato di assumere il controllo della regione utilizzando la tattica del ''divide et impera''; ossia alleandosi con alcune tribù amiche per fronteggiare la resistenza di altre che respingevano e rifiutavano il dilagare della potenza e della cultura romana. Una ad una le popolazioni della Gallia furono sconfitte dal proconsole romano, a cominciare dalla Gallia belgica, fino a quelle della costa atlantica ed all'acquitania. Contro le popolazioni germaniche per due volte venne passato il Reno (nel 55 a.c. e nel 53 a.c.) e guidò inoltre due spedizioni contro i Britanni nel 55 a.c. e nel 54 a.c. Fino all'inizio dell'anno 52 a.c. Cesare era quindi riuscito a ad avere la meglio in tutte le azioni intraprese contro le tribù galliche ma, con l'ascesa di un giovane druido al comando della tribù degli Arverni Vercingetorige, dovette fronteggiare una rivolta generale della provincia che portò alle estreme conseguenze la guerra tra le due fazioni. Nell'inverno dell'anno 52 a.c. difatti Vercingetorige, uomo coraggioso e custode di un famoso sito druidico meta di pellegrinaggio, assunse la guida della maggior parte delle tribù galliche e trasformò la lotta contro i romani in una serie di azioni di disturbo e di attacco per indebolire le truppe di Cesare ed isolarle lontano dalle loro basi e dalla patria. Tale tattica era inoltre rivolta ad indebolire l'esercito facendo sì che non potesse approvvigionarsi ed ottenere le necessarie vettovaglie nel territorio ostile in cui si trovava. Fu così che Cesare inviò Tito Labieno a capo di 4/5 legioni a combattere nel nord del paese per sopprimere la rivolta dei Senoni e dei Parisi e riservò a se stesso il compito più difficile, quello di seguire ed intrappolare Vercingetorige con le rimanenti 6 legioni disponibili fino alla capitale arverna di Gergovia. Mentre Vercingetorige fu costretto ad affrettarsi verso la propria capitale a marce forzate, Cesare la raggiunse in cinque giornate di marce e si apprestò a porre l'assedio. Tuttavia - sopratutto a causa dell'indisciplina dei legionari romani e del terreno sfavorevole piuttosto che per demeriti dello stesso Cesare - gli sforzi dei romani non poterono avere successo e la capitale arverna LA BATTAGLIA DI ALESIA - PAOLO LETI - PAG. 1 DI 5

2 non potè essere presa. Il fatto di aver registrato una seppur piccola vittoria contro le legioni di Roma fu però determinante nel portare ulteriori tribù della Gallia a credere nella rivolta capeggiata da Vercingetorige ed altre popolazioni si allearono contro il dominio romano. Tra di esse anche diverse tribù da tempo alleate di Cesare, quali gli Edui, cambiarono fronte alleandosi con Vercingetorige e durante una riunione generale organizzata a Bibracte gli fu affidato il comando degli eserciti gallici uniti. A questo punto a Cesare non restò altra scelta che riunire le proprie forze richiamando presso di sé le legioni di Labieno ed arruolarando cavalieri germanici per affrontare uniti la crescente minaccia costituita dalla rivolta dei galli. Riunito l'esercito cominciò quindi l'operazione di ritiro verso la gallia transalpina costantemente incalzati alla retroguardia da azioni di disturbo di Vercingetorige. Il successo di queste operazioni e la ritirata di Cesare non poteva però bastare agli altri capi tribù dei galli, i quali costrinsero Vercingetorige a cercare di affrontare apertamente l'esercito romano per poter sfruttare la situazione ed infliggere una sconfitta definitiva a Roma. Vercingetorice si apprestò quindi a dare battaglia ma le sue truppe furono sconfitte dalle ordinate legioni e dal quadrato romano assistiti dalla cavalleria germanica e, messa in fuga la prpria cavalleria, dovette quindi ordinare la ritirata convergendo verso il caposaldo ''oppidum'' di Alesia - nel paese dei Mandubi - convinto che la naturale posizione situata in cima ad una collina protetta da tre fiumi a nord, a sud ed a ovest e da tre rilievi di uguale altezza su tre lati che lasciavano libero l'accesso solo dal lato occidentale pianeggiante fossero sufficienti ad allontanare l'esercito di Cesare. Si ritiene che circa galli della fanteria si rifugiarono ad Alesia mentre la cavalleria rimase all'esterno con funzione di disturbo e per raccogliere aiuti. Raggiunta la città Cesare diede invece subito ordine di circondarla con imponenti opere di assedio costituite da un anello di trincee a circa 17 Km di distanza, con diversi accampamenti per la cavalleria e con la costruzione di 23 forti. A nulla valsero i tentativi iniziali di Vercingetorige di sfondare le linee romane con la cavalleria poiché contro di essi venne lanciata la cavalleria germanica che li respinse fino alle porte della città infliggendo una sconfitta pesantissima ai galli i quali, per paura che i germani LA BATTAGLIA DI ALESIA - PAOLO LETI - PAG. 2 DI 5

3 potessero addirittura entrare in città, tennero chiuse le porte impedendo la ritirata al sicuro dei propri uomini. Dopo questa sconfitta Vercingetorige stimò di avere viveri a sufficienza per un solo mese e decise di inviare la propria cavalleria in cerca di aiuto attraversando le interruzioni delle strutture difensive di Cesare non ancora ultimate; la manovra ebbe successo e gli emissari dei galli chiamarono a raccolta i propri alleati riuscendo a riunire un possente esercito stimato in circa effettivi. Le forze di Cesare, stimate in 11 legioni ausiliari e circa cavalieri germanici stavano quindi per essere a loro volta aggredite alle spalle dalla spedizione di soccorso nemica. Cesare decise quindi di costruire un'ulteriore linea fortificata verso l'esterno di quella già realizzata in precedenza scavando una trincea di 6 metri con fianchi verticali attraverso il territorio pianeggiante ad ovest di Alesia che congiungesse i due fiumi che ne delimitavano gli estremi. Ciò doveva consentire di fermare eventuali attacchi dei galli provenienti dall'interno di Alesia; dietro la prima fossa i romani scavarono quindi altri due fossati addizionali ampi 4,5 metri di cui il piu' esterno venne allagato con l'acqua dei due fiumi. La circonferenza delle due fosse era di circa 16 Km e la terra rimossa da esse venne utilizzata per la costruzione di un terrapieno dietro a quella più interna sul quale venne ulteriormente costruita una fortificazione a palizzata con torri difensive alla distanza di circa 20 mt una dall'altra. Sotto le mura di legno vennero quindi posti pali acuminati conficcati contro lo spalto per evitarne la scalata mentre di fronte alle due trincee venne sistemato un anello di trabocchetti; in adiacenza della trincea più esterna furono posti una serie di rami aguzzi sul fondo di piccole fosse per formare un ulteriore muro di punte. Di fronte ad esse vennero anche sistemate una serie di buche con pali appuntiti nascosti da cespugli. Davanti a tutto infine vennero posti dei tronchi di legno dai quali sporgevano corte punte di ferro - gli ''stimuli'' - quasi nascosti fra l'erba del terreno. Dopo aver finito i lavori interni di ''controvallazione'' si iniziò la costruzione di strutture simili anche all'esterno della cerchia difensiva, tali lavori si svolgevano su di una lunghezza di circa 23 Km con 8 accampamenti fortificati in appoggio alle 23 ridotte già costruite. Fra le due linee difensive venne poi accatastato tutto il grano e tutte le provviste che fu possibile recuperare nel territorio. LA BATTAGLIA DI ALESIA - PAOLO LETI - PAG. 3 DI 5

4 Nel frattempo all'esterno i galli stavano radunando una forza immensa con l'appoggio di circa 44 tribù in maggioranza composta da Edui ed Arverni e dalle loro tribù vassalle. Cesare stima che tale forza assommasse a circa fanti ed almeno cavalieri. Al comando di queste truppe fu posto Commio, capo tribù degli Atrebati ed ex alleato di Cesare con subalerni Viridomaro, Eporedorix ed un arverno, cugino di Vercingetorige, chiamato Vercassivellauno. Mentre le forze di supporto si stavano radunando intorno alle fortificazioni romane, ad Alesia, dove oltre alle truppe armate risiedeva la popolazione civile locale dei Mandubi, cominciarono a scarseggiare i viveri e Vercingetorige fu costretto a decidere di far uscire le donne, i bambini ed i vecchi del popolo dei mandubi sperando che fosse accolta e lasciata passare dall'esercito romano. Cesare invece, consapevole delle difficoltà che la popolazione arrecava alle truppe di Vercingetorige, rifiutò di accoglierla e non la fece passare, lasciandola a languire tra le due forze nemiche nello spazio aperto tra i due fronti ove morì in gran numero di stenti. L'esercito di Commio, giunto ad Alesia, si insediò su di una collina a sud ovest del delle fortificazioni romane e, nell'ottobre del 52 a.c., ebbero inizio una serie di scontri che videro impegnati i uomini di Cesare protetti dalle costruzioni difensive contro una forza sterminata di guerrieri galli. Le truppe di Commio, intervenute in supporto, lanciarono tre attacchi contro le legioni romane; il primo, avvenuto subito dopo l'arrivo ad Alesia, consistette in attacco in massa appoggiato da un attacco simultaneo di Vercingetorige contro le opere interne di controvallazione romane. Questa battaglia fu combattuta con grande intensità da mezzogiorno fino al tramonto con Cesare che ogni volta intervenne ridistribuendo le proprie truppe ed inviando le riserve a chiudere i varchi che, di volta in volta, si formavano. L'attacco ebbe fine alla sera quando Cesare, lanciata la cavalleria germanica contro il grosso dei galli impegnati nell'attacco, riuscì a scompaginarne le fila mettendoli in fuga. Il secondo attacco si basò sul grande numero di guerrieri galli capaci di scagliare armi da lancio contro le fortificazioni romane; in questo attacco, che avvenne di notte, Commio sfruttò le qualità dei lanciatori di giavellotto e dei frombolieri ma Vercingetorice, non avvisato in tempo e colto alla sprovvista, non fu in grado di intervenire tempestivamente in appoggio. I galli furono inoltre disturbati all'esterno dalle trappole e dai pali nascosti finendo infilzati durante gli assalti. Quando infine Vercingetorige fu pronto anch'esso all'assalto l'attacco di Commio era già finito. Per il terzo attacco Commio decise di far ispezionare dai suoi guerrieri tutte le opere difensive di LA BATTAGLIA DI ALESIA - PAOLO LETI - PAG. 4 DI 5

5 Cesare per trovarne un punto debole dove concentrare le forze. L'occasione propizia venne dalla scoperta di un'interruzione dei lavori di fortificazione presso una collinetta a nord di Alesia dove, la particolare conformazione del terreno, non ne aveva consentito l'inclusione nelle strutture difensive. Tale interruzione era coperta da uno dei 23 forti e da uno degli 8 campi della cavalleria. Vercassivvellauno posto al comando di un contingente di uomini, riuscì ad aggirare la collina dove aveva individuato il punto debole romano e, dopo una marcia notturna, ordinò l'attacco all'incirca a mezzogiorno del giorno successivo. In questo caso Vercingetorige riuscì ad appoggiare l'attacco facendo uscire i suoi uomini da Alesia ed aggredendo le forze romane alle spalle. Mentre a nord i galli riuscirono quasi a sfondare le linee romane con due legioni poste a difesa stremate dallo sforzo per resistere, Cesare inviò sul posto Labieno con 6 coorti ed il comando di ''resistere ove possibile''. A questo punto, nonostante Labieno stesse combattendo una battaglia contro forze soverchianti, Cesare dovette intervenire di persona per sostenere i propri uomini messi in difficoltà dagli attacchi interni di Vercingetorige il quale, superando i trabocchetti e le trincee si apprestava a far abbattere le mura delle fortificazioni romane con corde e ganci. Solo l'intervento di Cesare con alcune coorti fresche riuscì a fermare Vercingetorige senza consentirgli di dilagare all'interno delle difese romane. Mentre le riserve di Cesare bloccarono l'avanzata interna dei galli, la situazione di Labieno divenne sempre più disperata e Cesare dovette inviare ulteriori coorti in appoggio; infine Cesare decise di giocare una carta disperata inviando la propria cavalleria all'esterno delle difese con il comando di aggirare la collina sulla quale i galli stanno attaccando per poterli prendere alle spalle. La manovra ebbe successo e la cavalleria riescì a mettere in fuga i galli proprio quando le forze romane erano allo stremo delle forze; Vercassivellauno ordinò la ritirata e Commio, visto l'esito della battaglia, comandò ai propri uomini di ritirarsi a loro volta e di tornare alle proprie case. La battaglia era finita. Nel frattempo Vercingetorige, considerato l'esito della battaglia esterna rientra in Alesia e, consultati i propri amici fidati, decise di arrendersi ai romani. Sceso dalla collina si presentò a Cesare disarmato e venne fatto prigioniero; portato fino a Roma come trofeo di guerra ed esposto al pubblico durante il trionfo attribuito a Cesare verrà poi giustiziato sul campidoglio. La sua rivolta fu la prima a riuscire ad unificare le diverse tribù galliche sotto un'unica guida. Dopo di lui nessuno riuscì più in quest'impresa e la Gallia venne assoggettata senza ulteriori difficoltà da parte dei romani durante l'anno successivo (51 a.c.). LA BATTAGLIA DI ALESIA - PAOLO LETI - PAG. 5 DI 5

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