SISTEMI DI MONITORAGGIO DELLA QUALITÀ DEGLI AMBIENTI FLUVIALI ALLEGATO 3 POPOLAMENTO MICROTERIOLOGICO IN AREE LIMITROFE AL TORRENTE ENZA

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1 Sezione Prov. di Reggio Emilia AUTORITÀ DI BACINO DEL FIUME PO Progetto speciale 5.1. Studi e sperimentazione sul bacino campione Enza di sistemi per l ottimizzazione delle attività di monitoraggio SISTEMI DI MONITORAGGIO DELLA QUALITÀ DEGLI AMBIENTI FLUVIALI ALLEGATO 3 POPOLAMENTO MICROTERIOLOGICO IN AREE LIMITROFE AL TORRENTE ENZA A cura di: Luca GILLI (Cooperativa di ricerca e divulgazione naturalistica CERCOPIS)

2 INDICE PREMESSA...2 INTRODUZIONE...2 CENNI SULL ECOLOGIA DEI MICROMAMMIFERI...2 IL PREDATORE...4 MATERIALI E METODI...12 BREVI CONSIDERAZIONI SULLA METODICA DI STUDIO IMPIEGATA...12 RACCOLTA E CONSERVAZIONE DEI CAMPIONI...14 PROCEDURA DI ANALISI DEI CAMPIONI...14 STIMA DELLA DIMENSIONE OTTIMALE DEL CAMPIONE...15 TERRITORIO DI CACCIA DEL BARBAGIANNI...16 INDICI ECOLOGICI UTILIZZATI...18 METODOLOGIE DI STATISTICA MULTIVARIATA APPLICATE...18 ANALISI DEI DATI...18 LOCALIZZAZIONE DEI SITI...18 ASPETTI QUALITATIVI...21 ASPETTI QUANTITATIVI...23 Differenze tra i siti...24 Indici ecologici...28 STATISTICA MULTIVARIATA...31 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE...38 La dieta di TYTO ALBA...39 I PICCOLI MAMMIFERI...39 RINGRAZIAMENTI...45 BIBLIOGRAFIA...46

3 PREMESSA Decenni di intensa operosità umana hanno indelebilmente segnato ogni luogo della pianura e della collina della provincia di Reggio Emilia stravolgendone l originario assetto naturale; tuttavia diverse comunità animali, più o meno conosciute, gravitano ancora su di esse, seppur pesantemente condizionate dalle attività dell uomo. L intento principale di questa ricerca è stato quello di analizzare il popolamento a micromammiferi in due ambiti diversi (collinare e planiziale) dell intorno del torrente Enza attraverso il metodo dell analisi delle borre di barbagianni, evidenziando l eventuale impronta fluviale delle microteriocenosi residenti in rapporto anche alla qualità ambientale. INTRODUZIONE CENNI SULL ECOLOGIA DEI MICROMAMMIFERI In Emilia Romagna sono presenti circa 27 specie di Roditori e Insettivori caratterizzati da una ridotta taglia corporea (da qualche grammo a poche centinaia di grammi) e comunemente raggruppati nel termine micromammiferi. Altri Mammiferi, come i Chirotteri e alcuni Mustelidi, che pur rientrano in tale ambito dimensionale vengono convenzionalmente esclusi da questa categoria. In generale le piccole dimensioni aumentano le possibilità di questi animali di nascondersi ai predatori e consentono loro l utilizzo di numerosi microhabitat e di molteplici risorse trofiche scarsamente fruibili da altri Vertebrati. Il principale svantaggio legato a questa caratteristica morfologica è invece l elevato rapporto superficie/volume del corpo, che implica un accentuata dispersione di calore e rende necessario un rifornimento alimentare particolarmente frequente ed abbondante: alcune specie di Insettivori consumano giornalmente quantità di cibo prossime, se non addirittura superiori, al loro peso corporeo. A questo elevato dispendio energetico associato alle funzioni vitali è legata anche una vita relativamente breve. Vi sono specie il cui organismo si spegne fisiologicamente entro 1-2 anni. Molti micromammiferi, soprattutto i Roditori, sono estremamente prolifici: caratteristica che consente loro veloci adeguamenti alle modificazioni ambientali e rapide colonizzazioni di nuovi habitat. Generalmente le femmine possiedono brevi periodi ciclici di estro, che consentono loro di sopperire in brevissimo tempo ad eventuali accoppiamenti non fertili. Anche il reclutamento riproduttivo può essere estremamente precoce: nelle arvicole campestri, ad esempio, le femmine possono accoppiarsi dopo giorni di vita e i giovani maschi di giorni sono già sessualmente maturi (Le Lourain & Saint Girons, 1977). Probabilmente a causa delle difficoltà di studio dovute, almeno in parte, proprio alle loro piccole dimensioni, al loro comportamento elusivo e alle loro abitudini notturne, la componente dei micromammiferi è stata spesso ignorata dalle ricerche ecologiche, naturalistiche e faunistiche relative agli ecosistemi terrestri. Al riguardo solo da pochi anni si registra un certo aumento di attenzione, peraltro non ancora sufficientemente diffuso e sistematico. In ogni caso ad essi compete un ruolo fondamentale, senz altro non trascurabile, nella regolazione dei processi che sostengono gli ecosistemi naturali, ruolo meritevole di continui approfondimenti analitici. Studi che avrebbero anche importanti ricadute gestionali ed economiche. Infatti, negli ambienti fortemente squilibrati dall uomo la loro presenza può diventare eccessiva e le loro prerogative trasformarsi in impatti dannosi alle attività produttive. 2

4 Da un punto di vista funzionale i micromammiferi si connotano principalmente: come rilevanti consumatori di vegetali (Roditori) o di animali (Insettivori); come prede relativamente abbondanti e diffuse indispensabili per il sostentamento di numerosi altri Vertebrati; come attivi rimescolatori, aeratori e fertilizzatori del suolo; come importanti agenti di dispersione e sotterramento dei semi. In un bosco solo circa il 5% della produzione primaria netta è presente come semi, frutti, gemme, ramoscelli, giovani piantine, cortecce e radici, e cioè come alimento disponibile per i piccoli Roditori, che comunque spesso concentrano buona parte della loro dieta sui semi, arrivando a consumarne anche la maggior parte di quelli prodotti. Tuttavia l abitudine di questi animali di accumulare parte dei semi raccolti in dispense, sparse nel loro territorio e funzionali al loro sostentamento invernale, riduce tale impatto favorendo oltremodo la germinazione di quelli non consumati, il cui numero è generalmente più che sufficiente a garantire la normale rinnovazione del bosco. Ad esempio, si è visto che la maggior parte delle ghiande che rimangono nella lettiera senza subire questo seppellimento non va a buon fine: quand anche riescano a germinare nel tardo autunno, non riescono comunque ad impiantare la radichetta nel terreno rimanendo esposte a numerosi parassiti e all effetto letale delle gelate invernali (Santini, 1991). La stessa funzione di disseminazione risulta particolarmente importante rispetto ai frutti (semi) pesanti, quali sono ad esempio le ghiande e le faggiole, difficilmente trasportabili dagli agenti atmosferici come il vento e l acqua. Secondo quanto evidenziato da alcuni esperimenti (Golley et al., 1975), la pressione trofica di arvicole del genere Microtus può condizionare la composizione floristica di una determinata area e favorire un aumento locale delle specie erbacee presenti. Alcuni Roditori arboricoli appartenenti alla famiglia dei Gliridi si nutrono anche di fiori. Tra questi il moscardino (Muscardinus avellanarius) utilizza questa risorsa alimentare soprattutto in primavera quando, sporcandosi il pelo con il polline delle specie di cui si nutre (es. biancospino), contribuisce anche fattivamente alla loro impollinazione (Locatelli & Paolucci, 1998). La dieta degli Insettivori è invece prettamente carnivora. Un toporagno comune (Sorex araneus) necessita giornalmente di un centinaio di prede per una quantità complessiva di cibo pari all 80-90% dei suoi circa 8 grammi di peso. Stime relative ad ambienti prativi inglesi indicano che in un giorno due specie di toporagno (S. araneus e S. minutus) sono capaci di consumare anche 6800 prede/ha. Questa grande attività predatoria può condizionare la struttura delle comunità degli invertebrati del suolo: generalmente produce una riduzione della dominanza con aumento della diversità e della ricchezza specifica (Churchfield, 1990). L azione della microteriofauna sugli invertebrati del suolo è comunque più complessa della semplice predazione diretta e comprende, tra l altro, il continuo apporto di sostanza organica che questa componente fornisce alla catena trofica dei decompositori. Con la loro significativa attività di scavo, molti piccoli mammiferi agevolano anche la circolazione verticale delle sostanze nel suolo e incidono sulla sua struttura: rimescolandolo continuamente lo disgregano e ne aumentano la capacità di ritenzione idrica; inoltre ne favoriscono l ossigenazione agevolando la combustione e la mineralizzazione della sostanza organica in esso presente. Ad esempio, una talpa (Talpa europaea) può asportare fino a 6 kg di terreno in venti minuti di scavo (David Stone, 1992) e un topo selvatico (Apodemus sylvaticus) ne può rimuovere 1-3 Kg in un paio d ore (Golley et al., 1975). I cataboliti prodotti dai micromammiferi, così come la decomposizione del materiale organico da loro accumulato e dei loro stessi corpi, fertilizzano anche il suolo apportando nutrienti anche agli strati inferiori, che di solito ne sono particolarmente poveri. Già da queste brevi considerazioni si intuisce l importanza del ruolo svolto da questi animali nel metabolismo degli ambienti terrestri e la necessità di acquisire sempre più conoscenze sul loro contributo quali-quantitativo ai vari processi biotici e abiotici che caratterizzano il funzionamento dei nostri ecosistemi. 3

5 Fig. 1 - Toporagno d acqua (Neomys sp.) IL PREDATORE Il barbagianni (Tyto alba) è una specie di rapace notturno (Strigiformi) politipica e cosmopolita, l unica della famiglia Tytonidae presente nel Paleartico occidentale (Chiavetta, 1988), distribuita con diverse sottospecie (35-36 descritte) nella maggior parte delle regioni calde e temperate del globo (fig.2). 4

6 Fig. 2 - Distribuzione del barbagianni nel Mondo e status della specie in Europa. Nell Italia continentale e peninsulare vive la sottospecie nominale Tyto alba alba, diffusa praticamente ovunque, fatta eccezione per i distretti più alti delle catene montuose Alpina ed Appenninica dove, a seconda delle località, comincia a scomparire tra i 500 e i 1000 metri di altitudine. Sardegna e Corsica sono invece abitate dalla sottospecie T. alba ernesti, mentre nell Europa centro-orientale, a nord dell isoterma di 3 C per il mese di gennaio, è presente la sottospecie T. alba guttata che, nelle zone toccate dalla suddetta isoterma, si ibrida con quella nominale (probabilmente anche nella parte più orientale dell Italia settentrionale). Stime recenti attribuiscono allo stivale italiano un contingente di (Fig.2) / (Tucker et al., 1994) coppie rispetto ad una popolazione Europea delle due sottospecie principali (alba e guttata) di coppie riproduttive (Shawyer, 1994). Tuttavia in diversi paesi (la metà di quelli riportati in Fig. 2b) negli ultimi 20 anni il Barbagianni sembra aver subito un pesante declino, pari a un % della sua presenza antecedente. Inoltre nella metà degli anni 5

7 80 si è estinto a Malta, per effetto delle continue persecuzioni, e nella penisola scandinava (Shawyer, 1994). Tra i fattori che, in Italia come altrove, vengono considerati come i principali responsabili del suo declino si annoverano il disturbo antropico, il traffico stradale, la gestione moderna delle cascine, il massiccio uso di pesticidi (soprattutto insetticidi e rodenticidi) e l estrema razionalizzazione delle coltivazioni con sistematica eliminazione di siepi, filari, vecchi alberi cavi ecc. Una sua rarefazione appare evidente anche in Emilia-Romagna dove in diverse aree di pianura e collina in passato era ben più comune rispetto ad oggi (Chiavetta, 1992 ; Giannella e Rabacchi, 1992; Ambrogio et al., 1993). Nelle varie località europee dove la specie è ancora presente, le coppie stanziali e gli esemplari di passo o erratici frequentano perlopiù ambienti aperti di vario genere: umidi, agricoli, rurali, suburbani ecc. Privilegiano quelli con siti adeguati per il riposo diurno, per la nidificazione e, soprattutto, quelli con un mosaico vegetale ben diversificato ricco di fasce ecotonali, dove sembrano concentrare buona parte della loro attività di caccia che viene rivolta principalmente ai piccoli mammiferi (Shawyer, 1994; Taylor, 1994). Quest ultima si svolge secondo due strategie principali: praticando agguati da idonei posatoi o tramite attenta perlustrazione del territorio con voli lenti a bassa quota. Una terza modalità atipica, osservata casualmente anche in Europa (Scozia), sembra praticata solo di rado e consiste nell inseguimento delle prede a piedi sul terreno (Taylor, 1994). Il rischio di una intercettazione visiva o acustica dell uccello da parte della preda in tempo utile per la fuga risulta pressoché vanificato dalla colorazione chiara, che riduce il contrasto del corpo col cielo diurno o notturno illuminato dalla luna, ma soprattutto da un volo estremamente silenzioso (anche rispetto alle frequenze ultrasoniche), reso possibile da specifici accorgimenti anatomici a livello delle penne. Infatti: le barbule possiedono dei sottilissimi prolungamenti che originano sulle penne stesse una sorta di cuscinetto vellutato atto a ridurre il rumore di sfregamento e le remiganti primarie esterne mostrano delle caratteristiche sfrangiature a pettine del vessillo, che favoriscono il flusso laminare dell aria riducendo notevolmente la turbolenza, cui è associato il rumore. L ampia superficie alare in rapporto al corpo (carico alare di 0,29 g/cm 2 ) riduce notevolmente il dispendio energetico nel volo, specialmente durante il trasporto delle prede. 6

8 Fig. 3 - Barbagianni sorpreso nel rifugio diurno all interno di un fienile abbandonato (sito N) Tra le due principali modalità descritte, la caccia in volo è senz altro quella più dispendiosa di energia: oltre ai maggiori consumi muscolari implica infatti, soprattutto nei periodi freddi, una grande perdita di calore dalla superficie ventrale delle ali, parte del corpo termicamente meno isolata ed inevitabilmente esposta nel volo. Ed è proprio durante i freddi rigori invernali che i barbagianni sembrano privilegiare l utilizzo della tecnica dal posatoio: di solito meno produttiva ma anche meno dispendiosa. Viceversa nella bella stagione, quando le condizioni termiche sono ottimali ed occorre nutrire la prole, la scelta cade perlopiù sull altro metodo: più oneroso ma più efficiente. Tuttavia anche le peculiarità ambientali delle diverse realtà locali e molte altre variabili contingenti possono svolgere un ruolo rilevante nella scelta operata di volta in volta dai singoli uccelli. Per gli stessi motivi termici, ma anche per un probabile adeguamento alle variazioni circadiane dei periodi di attività delle prede, si registra spesso un aumento invernale della caccia diurna, pur restando il barbagianni un animale prettamente notturno alle nostre latitudini. Ed è nel buio 7

9 completo che emergono maggiormente le sue straordinarie capacità nell individuare, localizzare e catturare la preda, tradita perlopiù dai rumori inevitabilmente associati alle sue funzioni vitali: ricerca e assunzione del cibo, pulizia del corpo, interazioni sociali, difesa del territorio ecc. La caccia è infatti supportata per buona parte dall udito. Per capire i meccanismi di questa efficienza bisogna anzitutto considerare le caratteristiche della maschera facciale cuoriforme tipica del barbagianni e più in generale dei membri della famiglia Tytonidae. Si tratta di una struttura ampia e complessa, formata da fitte penne rigide disposte in più strati compatti, adatta a riflettere in modo efficace i suoni ad alta frequenza e nascosta sotto un fine piumaggio acusticamente permeabile. Due solchi (larghi 2 cm e lunghi 9 cm) ne percorrono la lunghezza congiunti sotto il becco, ma divisi nel proseguo del loro cammino verso le rispettive tempie (Fig.4). Essi svolgono la funzione generale dei padiglioni auricolari: raccolgono i suoni da un ampia porzione di spazio e li dirigono nelle aperture auricolari. Queste nel caso specifico appaiono coperte da due lembi di pelle (pliche preaurali) ed asimmetriche: la sinistra si trova più in alto della controlaterale e guarda inferiormente, mentre l altra, leggermente più bassa, punta verso l alto. Di conseguenza l orecchio sinistro risulta più sensibile ai suoni (e alle loro variazioni) che provengono dal basso e il destro a quelli che provengono dall alto. Questo complesso assetto strutturale del capo consente all animale una fine percezione ed una efficiente amplificazione delle differenze bilaterali dei suoni in arrivo ai suoi due organi uditivi legate alla ubicazione spaziale della sorgente sonora. La diversa posizione e orientazione dei due organi rispetto a quest ultima, sia nella dimensione orizzontale (azimut) sia in quella verticale (elevazione), si traduce infatti in differenze di tempo di arrivo, di fase, di intensità e di spettro dei suoni complessi percepiti da ciascuno di essi. La maggior parte dei suoni naturali è infatti costituita da più onde, ognuna di frequenza diversa. Il cervello dell uccello effettua in più tappe un confronto bilaterale oltremodo dettagliato e traduce, in tempo reale, le differenze riscontrate nella percezione unitaria di un singolo suono proveniente da una ben precisa direzione dello spazio circostante. Ricerche di laboratorio hanno chiarito vari aspetti di questo complesso meccanismo (Knudsen, 1982 ; Konishi, 1993) evidenziando, tra l altro, che il barbagianni riesce anche a dedurre la direzione di movimento della preda ascoltando ogni minima variazione nell origine del suono. 8

10 Fig. 4 - Struttura della maschera facciale del barbagianni. Quando l uccello sente un rumore ruota immediatamente la testa nella direzione di provenienza così da avere la sorgente sonora di fronte ed ottimizzare l eventuale ascolto successivo. La sua precisione nella localizzazione dei suoni diminuisce infatti all aumentare dell angolo, soprattutto quello in elevazione, compreso tra la sorgente sonora e l orientamento della maschera facciale. Generalmente l errore è inferiore a 2 sia in elevazione che in azimut, ma aumenta a quasi 20 quando questo angolo raggiunge i 50 nella dimensione verticale. La rotazione del capo consente inoltre all animale di puntare gli occhi immobili sul bersaglio completando, in presenza di una sufficiente quantità di luce, la percezione sensoriale della preda. Interessante è il fatto che il movimento avviene in modo preciso anche quando il suono termina prima dell inizio del movimento stesso che, quindi, non è implicato nella localizzazione. In ogni caso la capacità di individuare l esatta direzione di provenienza di un suono è legata alle componenti ad alta frequenza del suono stesso e, nonostante il suo udito percepisca una vasta gamma di frequenze (da 100 Hz a Hz), l animale localizza con precisione solo suoni che contengono frequenze comprese tra i 6000Hz e i 9000Hz (Konishi, 1973), come la maggior parte dei rumori associati alle attività delle prede (Payne, 1971). Ovviamente l uccello deve essere anche in grado di distinguere spettri di rumori simili e complessi, deve cioè discriminare i rumori emessi da una potenziale preda da quelli prodotti dalle altre componenti ambientali come, ad esempio, dal vento o da tutte quelle specie animali che non rientrano nella sua dieta. Ciò implica una buona abilità nel memorizzare i suoni e nel selezionare ciò che gli interessa dal rumore di fondo. Anche rispetto al meccanismo che gli consente di determinare la distanza dell obiettivo, gioca probabilmente un ruolo centrale la perfetta conoscenza e memorizzazione multisensoriale del territorio, per la quale l animale si avvale anche della percezione visiva, così come l insieme dei movimenti effettuati con la testa prima di sferrare l attacco dal posatoio. 9

11 La vista viene comunque impiegata di routine anche nella caccia, poiché difficilmente in natura si realizzano condizioni di buio completo, e sembra svolgere un ruolo particolarmente importante nella individuazione degli ostacoli (Taylor, 1994). Come quello di tutti gli altri rapaci notturni, anche l occhio del barbagianni è ben adattato alla visione notturna. La forma telescopica (tubulare), il grande sviluppo del cristallino, l elevato numero di bastoncelli nella retina, la posizione laterale delle fovee e la ridotta distanza tra retina e cristallino sono tutte soluzioni che aumentano l efficienza dell occhio nelle condizioni di luce ridotta. Probabilmente la minore dimensione degli occhi rende le prestazioni visive notturne del barbagianni leggermente inferiori a quelle dell allocco (Strix aluco), il quale peraltro frequenta perlopiù ambienti boscosi evidentemente più bui delle zone aperte perlustrate dal primo. In base ai dati disponibili sui sistemi acustico e visivo del barbagianni, sulle sue caratteristiche corporee, come ad esempio l ampiezza dell area coperta dagli artigli delle due zampe appaiate al momento della presa (circa 60 cm 2 ), e sulle dimensioni delle prede è stata stimata una altezza ottimale di caccia di circa 3-4 metri, confermata poi da osservazioni sul campo (Taylor, 1994). Volare a quote maggiori dal suolo sembra comportare una eccessiva perdita di precisione nella individuazione e, soprattutto, nella localizzazione spaziale del bersaglio con conseguente diminuzione della probabilità di riuscita dell attacco successivo. Di solito la pioggia intensa e le forti burrasche rallentano o bloccano l attività predatoria, per la quale altrimenti vengono impiegate 3-5 ore per notte con incrementi più o meno marcati durante l allevamento dei piccoli. In Europa la stagione riproduttiva va da febbraio a dicembre con una, due o addirittura tre covate. Nel territorio considerato nella mia ricerca di solito inizia a metà aprile e termina in estate: intervallo temporale nel quale si hanno una o al massimo due riproduzioni in relazione alla disponibilità di cibo. Per il riposo diurno e/o la nidificazione vengono utilizzate cavità di vecchi alberi, ma soprattutto i rifugi offerti dai sottotetti delle cascine abbandonate, dai granai, dai fienili, dalle torri, dai campanili e dai ruderi in genere (Figg. 3, 5). Le uova, deposte ad intervalli di 2 o 3 giorni in numero variabile da 4 a 10, sono covate principalmente dalla femmina per circa giorni e schiudono con gli stessi intervalli di deposizione. La schiusa asincrona determina differenze di sviluppo nella progenie e rappresenta una efficace strategia per favorire il successo riproduttivo della coppia. Durante i pasti le esigenze degli ultimi nati vengono soddisfatte solo quando i fratelli maggiori, più grossi e aggressivi, risultano sazi. Se nel periodo di allevamento si verifica una penuria di cibo, causata ad esempio da un repentino e prolungato peggioramento delle condizioni meteorologiche, i fratelli più piccoli finiscono per morire di inedia e vengono mangiati dagli altri. Ciò, almeno, consente la sopravvivenza di una parte della nidiata. I pulli nei primi 15 giorni di vita vengono coperti e imbeccati dalla madre che offre loro bocconi di cibo strappati dalle prede portate dal maschio. Quest ultimo infatti provvede all approvvigionamento alimentare per tutta la famiglia finché la compagna deve coprire ed imbeccare i piccoli. Solo quando il secondo piumino è completamente sviluppato anche la femmina riprende l attività di caccia per aiutare il compagno a sopperire alle sempre crescenti richieste di cibo della prole. Trascorse 7 settimane dalla nascita iniziano le prime prove di volo, attività che richiederà altre due settimane di perfezionamento. Dopo l involo i giovani devono imparare a cacciare e restano per circa un altro mese nei dintorni del nido nutriti perlopiù dai genitori. Terminato questo periodo, sono completamente autosufficienti e abbandonano il luogo di nascita alla ricerca di un nuovo territorio dove stabilirsi. Nel primo anno di vita si registra la massima mortalità e generalmente in questo periodo i giovani non si allontanano più di 25 Km dal nido. 10

12 Fig. 5 - Corte diroccata frequentata dal barbagianni (sito B) 11

13 MATERIALI E METODI BREVI CONSIDERAZIONI SULLA METODICA DI STUDIO IMPIEGATA Gli Strigiformi, come diversi altri uccelli, rigettano fisiologicamente le parti non digerite delle loro prede (ossa, denti, peli, penne, squame, chele ecc.) sotto forma di masse ovoidali o subcilindriche più o meno compatte dette borre. Queste vengono emesse con relativa regolarità in numero di circa due al giorno: una nel riposo diurno e l altra durante una pausa dell attività notturna (Geroudet, 1965 ; Chaline et al., 1974). Il loro aspetto e le loro dimensioni consentono generalmente di risalire alla specie di rapace notturno che le ha emesse (Fig. 6). Fig. 6 - Esempi di borre di civetta, allocco e barbagianni Analizzandone il contenuto si ottengono informazioni sulla dieta dell uccello che le ha prodotte (Fig. 7) e, di conseguenza, sul popolamento di prede presente nel suo territorio di caccia. Ciò vale in modo particolare per i micromammiferi, la cui tassonomia fa riferimento a numerosi caratteri cranici (ossei e dentari). Rispetto ai metodi di cattura diretta, quello utilizzato presenta notevoli differenze, ed in particolare alcuni pregi: - a differenza del trappolaggio, è sempre incruento e sfrutta una relazione trofica naturale senza interferire con i popolamenti studiati; - consente di raccogliere una notevole quantità di dati con uno sforzo operativo decisamente inferiore; 12

14 - utilizza campionatori standardizzati con una minor selettività interspecifica rispetto alle trappole. Fig. 7 - Parte dei reperti ossei contenuti in una borra di barbagianni. Tuttavia esso ha anche dei limiti, tra i quali si ricordano: - l impossibilità di ottenere campioni puntiformi; - la difficoltà nell individuare il reale territorio di caccia del predatore e, quindi, nel definire il preciso riferimento spaziale dei dati raccolti; - il possibile ritrovamento di reperti ossei o troppo danneggiati per consentire l esame dei caratteri diagnostici o relativi a generi di Mammiferi la cui identificazione specifica richiede generalmente anche l esame dell animale integro (es. Neomys); - possibili variazioni locali nella dieta prodotte da eventuali specializzazioni individuali nella caccia e da fenomeni peculiari di competizione fra predatori. In particolare il barbagianni viene considerato il predatore più adatto ad essere utilizzato come campionatore di micromammiferi, poiché: - caccia in una vasta gamma di habitat ed evita solo l interno dei boschi fitti ed estesi; - si nutre quasi esclusivamente di piccoli mammiferi terragnoli e ne è un predatore eurifago; - i suoi processi digestivi non alterano in modo sensibile le ossa delle prede (Fig.7); - le sue borre, facilmente riconoscibili (Fig.6), vengono emesse con relativa regolarità da ciascun individuo presso pochi siti; - nelle zone antropizzate, come quella oggetto di studio, tende ad utilizzare edifici abbandonati (sottotetti, fienili, silos ecc.) che hanno maggiori possibilità di essere individuati e ispezionati di quelli naturali e dove i suoi rigurgiti si conservano relativamente a lungo perché sottratti all azione disgregatrice degli agenti atmosferici. (Figg.5, 8). 13

15 Fig. 8 - Immagini che documentano il ritrovamento di abbandonati della pianura reggiana. borre di barbagianni in due fienili RACCOLTA E CONSERVAZIONE DEI CAMPIONI Negli ultimi mesi del 1998, allo scopo di individuare luoghi di sosta o nidificazione del barbagianni, sono state controllate in modo sistematico e capillare le aree circostanti alle due stazioni di monitoraggio delle acque del torrente Enza predisposte dall ARPA di Reggio Emilia rispettivamente in località Cedogno e Coenzo. In entrambi i casi le ricerche sono state estese per un raggio di circa 6 chilometri, nell ambito del quale si è proceduto ad ispezionare tutti gli edifici abbandonati con l ausilio di una scala di 4 m di lunghezza. Al fine di meglio evidenziare eventuali elementi di caratterizzazione delle microteriocenosi residenti nell intorno del sistema torrente Enza si è previsto di considerati anche dati pregressi ottenuti con la stessa metodica nel periodo relativi a 14 siti della pianura reggiana (Gilli & Bocchini, 1995) situati tra la via Emilia e il fiume Po, nonché di procedere all esame quantitativo di 3 campioni raccolti dallo scrivente nel 1996 in altrettanti siti collinari (compresi circa tra 250 e 325 m s.l.m.) della stessa provincia di Reggio Emilia durante i censimenti di micromammiferi effettuati nell ambito del Progetto Bioitaly per conto della Regione Emilia-Romagna. E stato inoltre considerato un campione di borre di Gufo comune (Asio otus) raccolto in un boschetto della fascia ripariale dell Enza (località Bosco dei Pantari - Gattatico) nel 1996 (17 Aprile). Subito dopo il loro ritrovamento, le borre venivano collocate in sacchetti di plastica sui quali si riportavano la data, il sito di ritrovamento e il predatore di appartenenza. Ogni campione è stato sempre trattato con insetticidi per uccidere gli eventuali insetti necrofagi presenti al fine evitare ulteriori disgregazioni dei rigurgiti nel tempo necessario alla estrazione dei reperti. PROCEDURA DI ANALISI DEI CAMPIONI 14

16 In laboratorio le parti non digerite delle prede (ossa lunghe, crani, strutture chitinose di insetti ecc.) sono state separate a secco dal pelo, previa misurazione delle borre integre e avendo particolare cura di conservare separato dal restante contenuto di ogni borra qualsiasi cranio completo (neurocranio + mandibole) che risultava in perfetta connessione anatomica. Tutti i reperti isolati sono poi stati esaminati con l ausilio di uno microscopio stereoscopico da ingrandimenti e di un calibro ventesimale. La determinazione tassonomica dei mammiferi è stata effettuata considerando principalmente le parti craniche e facendo riferimento ai dati, alle chiavi e alle figure di confronto contenute in diverse pubblicazioni (Toschi, 1965; Toschi & Lanza, 1959; Chaline et al., 1974; Pucek, 1981; Niethammer & Krapp, 1978; Saint Girons et al. 1979; Taberlet, 1982; Filippucci et al., 1984; Lapini et al., 1996). Riguardo alle prede di maggiori dimensioni, che talora vengono decapitate prima della ingestione (Chiavetta, 1988) si è prestata particolare attenzione anche alla presenza di ossa lunghe. Per ogni specie di mammifero si sono poi contate separatamente le emiarcate mascellari e mandibolari distinguendole in destre e sinistre; ai fini del conteggio di ogni lato è stato considerato solo il gruppo più numeroso (o mascelle o mandibole) e si è utilizzato come valore finale il numero maggiore fra i due lati. Per il calcolo delle biomasse si è assegnato ad ogni specie un peso individuale uguale alla media di alcuni dati bibliografici (Toschi & Lanza, 1959; Toschi, 1965 ; Saint Girons, 1973; Pucek, 1981; Macdonald & Barrett, 1993) corretta sulla base dell esperienza. Ad esempio, per R. norvegicus il valore utilizzato tiene conto del fatto che il barbagianni cattura preferenzialmente individui giovani e consuma solo in parte gli esemplari adulti, come riportato da altre fonti (Gerdol & Mantovani, 1980; Sawyer, 1994). STIMA DELLA DIMENSIONE OTTIMALE DEL CAMPIONE Alcune ricerche mostrano come un campione di prede superiore a 100 non sia influenzato dalle fluttuazioni stagionali della dieta (Contoli, 1980b). Addirittura dati relativi all Italia centro-meridionale indicano che già subcampioni di 50 individui contengono generalmente dal 70% al 100% delle specie predate (Contoli, 1981). Per la pianura padana altri studi (Ottolini, 1991) evidenziano come tali valori scendano rispettivamente al 43% e al 67%, e come sia necessario arrivare a subcam-pioni di 200 individui per ottenere un attendibilità compresa tra il 67% e il 100%. Al fine di stabilire la dimensione minima del campione in grado di garantire una sufficiente rappresentatività delle specie predate, là dove il materiale era più abbondante, si è correlato il numero di specie di mammiferi all aumento delle dimensioni del campione procedendo nella determinazione specifica con lo stesso ordine casuale di prelievo delle borre e di estrazione dei reperti da ciascuna di esse. 15

17 Tabella 1 I risultati riportati in tabella 1 hanno indotto a considerare idonei campioni di almeno 200 individui: con questo valore si ottiene il 100% delle specie predate nel 60% dei casi considerati e la percentuale minima è pari al 69,2%. Tuttavia, per non perdere troppi dati e sulla base di quanto riportato in precedenti esperienze (Contoli, 1981; Contoli e Di Russo, 1985), si è ritenuto opportuno considerare anche due campioni composti rispettivamente da 108 (sito S) e da 199 (sito L) mammiferi. TERRITORIO DI CACCIA DEL BARBAGIANNI Il territorio di caccia del barbagianni viene comunemente schematizzato come un area circolare avente il centro nel nido o nel posatoio principale. Sulla dimensione di quest area però i dati bibliografici appaiono molto discordanti, anche a causa delle diverse metodologie d indagine cui fanno riferimento. 16

18 ALCUNI DATI BIBLIOGRAFICI RELATIVI AL RAGGIO DI PREDAZIONE DEL BARBAGIANNI Hosking e Newberry ,5-2 Km Evans e Elmen ,45 Km Schmidt et al ,5 Km Schmidt e Sipos Km Smith et al ,4-3,7 Km Contoli ,5 Km Schmidt Km Petretti Km Geroudet Km Hausser Km Glutz Von Blotzheim & Bauer ,8-1,5 Km Bunn et al ,89-1,26 Km Taberlet ,5 Km Spitz Km Libois et al Km Libois ,5 Km De Marchi e Sartore ,5-3 Km più) Km Shawyer (o Tabella 2 Il raggio di predazione risulta infatti variare tra 0,45 e 6 Km (Tab. 2) sulla base di osservazioni dirette (visive o di radio-tracking) e di stime indirette, dedotte o dalla densità di coppie in diverse zone o correlando la frequenza nella dieta di determinati taxa (Neomys sp. o Mus domesticus) con l estensione degli habitat idonei agli stessi taxa in possibili aree trofiche di dimensioni crescenti centrate sul sito di ritrovamento delle borre. Inoltre, osservazioni preliminari condotte in Scozia per 3 anni consecutivi ( ) su 18 coppie hanno evidenziato notevoli variazioni stagionali nella estensione del territorio caccia: nel periodo maggio-luglio gli uccelli si sono spinti fino a 2 Km dal nido, anche se nell 89,5% dei casi sono stati osservati nel raggio di 1 Km, mentre in inverno (da dicembre a febbraio) hanno raggiunto anche i 4,5 Km di distanza dal nido e solo il 39,6% di avvistamenti è avvenuto entro il Km. Successivi approfondimenti ( ) condotti su un subcampione delle coppie iniziali hanno poi ulteriormente confermato l aumento invernale del raggio di predazione del barbagianni (Taylor, 1994). Vista la grande variabilità riscontrata in bibliografia, in questa ricerca si è considerata come area di caccia più probabile quella con raggio di 2,5 Km dal sito, sulla base di stime indirette del secondo tipo descritto relative alla pianura padana (De Marchi e Sartore, 1991). 17

19 INDICI ECOLOGICI UTILIZZATI Per le valutazioni di tipo ambientale e biocenotico sono stati applicati gli indici di seguito riportati che verranno discussi successivamente. 2 Simpson = Σp i dove p i è la frequenza relativa di ciascuna specie 2 Gini-Simpson = 1-Σp i dove p i è la frequenza relativa di ciascuna specie Shannon H = -Σp i ln p i dove p i è la frequenza relativa di ciascuna specie Equiripartizione di Shannon e = -Σp i ln p i / lns dove S è il numero totale delle specie del campione e p i è la frequenza relativa di ciascuna specie. Livello trofico = Insettivori / totale micromammiferi Termoxerofilia ITX = Crocidurini / Soricidi METODOLOGIE DI STATISTICA MULTIVARIATA APPLICATE Ai dati raccolti sono state inoltre applicate, a scopo descrittivo, le seguenti metodologie di analisi statistica: - analisi delle componenti principali condotta sulla matrice di varianza-covarianza utilizzando il pacchetto statistico S-plus nella versione 5.0; - multidimensional scaling utilizzando il pacchetto statistico SPSS nella versione 8.0 ; analisi discriminante canonica utilizzando il pacchetto statistico SPSS nella versione 8.0. ANALISI DEI DATI LOCALIZZAZIONE DEI SITI Dei siti potenziali ispezionati nelle aree circostanti alle stazioni di Coenzo e Cedogno, solamente due (rispettivamente A e T) hanno fornito un numero di prede sufficiente per poter essere considerati. Di questi però solo uno è ascrivibile al barbagianni (T), l altro (A) era infatti frequentato da alcuni anni dall allocco, che è stato visto anche al momento dell ispezione (14/09/1998). Il considerare questo predatore ha consentito di ottenere dati sui micromammiferi dell intorno della stazione di pianura e di ampliare i confronti con i dati pregressi. Inoltre, allocco e barbagianni vengono considerati predatori ugualmente teriofagi (Contoli et al., 1991). SITO A - Fienile di cascina semi abbandonata (circa 29 m s.l.m.) situata ad alcune centinaia di metri dall Enza, in località Cantone Svizzero presso Lentigione, appena oltre l argine e a ridosso di una strada. La zona circostante è caratterizzata da monocolture intensive a rotazione, mentre la fascia ripariale del torrente risulta relativamente alberata. 18

20 SITO T - Fienile di una cascina semi abbandonata (circa 325 m s.l.m.) situata a ridosso del torrente Tassobbio poco prima della sua immissione nell Enza. La zona circostante è caratterizzata da monocolture erbacee, vigneti, siepi, filari e aree boscate di dimensioni contenute. Come già indicato nel paragrafo raccolta e conservazione dei campioni, le considerazioni che seguono si riferiscono al complesso dei dati relativi ai 19 siti riportati in cartina, dati ottenuti esaminando borre prodotte da 3 specie diverse di rapaci notturni: barbagianni, allocco e gufo comune. Fig. 9 - Cascina frequentata dall allocco (sito A) 19

21 FIGURA 10 - LOCALIZZAZIONE DEI SITI 20

22 ASPETTI QUALITATIVI - In pianura barbagianni e/o allocco hanno predato almeno 16 specie di Mammiferi: 7 Insettivori, 1 chirottero, 7 Roditori e 1 carnivoro. I due rapaci hanno catturato le stesse specie fatta eccezione per la presenza occasionale del pipistrello Eptesicus serotinus nella dieta dell allocco (sito O) e quella del Riccio europeo Erinaceus europaeus (Fig. 11) tra le prede del barbagianni (sito B). Gli altri Mammiferi riscontrati costituiscono la componente fondamentale delle microteriocenosi padane e sono le prede abituali dei due Strigiformi. Un discorso a parte riguarda la donnola Mustela nivalis (Fig. 17) che viene comunemente predata (Cramp, 1985) anche se in percentuali trascurabili (Gerdol e Mantovani, 1980; Contoli et. al., 1991), come confermato dai dati raccolti (3 esemplari). L assenza del ratto nero (Rattus rattus) tra le prede è da ritenersi casuale e può dipendere dal relativamente basso numero di ratti (79) catturati dalle due specie di rapaci. Rattus rattus è infatti segnalato tra le loro prede anche per l Italia (Contoli et. al., 1991) ed è sicuramente presente in pianura come, tra l altro, dimostrano i dati relativi al gufo comune. Nella dieta di quest ultimo compaiono 8 specie di Mammiferi: 3 Insettivori e 5 Roditori. - In collina il barbagianni ha predato almeno 17 specie di Mammiferi: 8 Insettivori e 9 Roditori. Escludendo le presenze occasionali (Erinaceus europaeus, Eptesicus serotinus), la donnola e il genere Talpa, il cui unico reperto collinare era troppo danneggiato per consentire una sicura attribuzione specifica, risultano esclusive della pianura le seguenti 3 specie di Roditori: Arvicola terrestris, Microtus arvalis, Micromys minutus. Sono invece stati predati solamente in collina Sorex minutus e Sorex samniticus tra gli Insettivori e Moscardinus avellanarius, Clethrionomis glareolus, Microtus cfr. multiplex e Apodemus cfr. flavicollis tra i Roditori. Fig Riccio europeo (Erinaceus europaeus) 21

23 Tabella 3 - Aspetti qualitativi 22

24 ASPETTI QUANTITATIVI In totale sono stati considerati Mammiferi, di cui 8255 consumati dal barbagianni, 1756 dall allocco (sito A=1363, sito L=223, sito O=170) e 311 (sito V) dal gufo comune. Come è già stato riportato in precedenza, tutti i siti di barbagianni (Tab. 4) hanno fornito almeno 200 Mammiferi, fatta eccezione per quelli L (199) e S (108). Tabella 4 Asio otus Nell unico sito disponibile, la dieta di questa specie è nettamente dominata da M. savii, con una presenza numerica dell 80,26%, seguito da A. sylvaticus (13,6%) e da M. arvalis (3,95%). Le altre 5 specie di micromammiferi predate hanno percentuali sempre inferiori all 1%. Strix aluco Nel sito A (Fig. 12) la dieta dell allocco è composta principalmente dai Roditori M. arvalis (min=30,4% - max=59,4%), A. sylvaticus (min=12,5% - max=18,6%) e M. savii (min=5,8% - max=19,4%). Netta è la dominanza di M. arvalis. Anche R. norvegicus e M. domesticus risultano costantemente presenti, ma rispettivamente con percentuali che restano sempre inferiori al 2% e all 1%. Tra gli Insettivori solo 3 specie figurano stabilmente tra le prede: C. suaveolens con un massimo del 3% (1998), C. leucodon con un massimo del 4,2% (1998) e T. europaea con un massimo del 3,4%. Uccelli e Insetti non mancano mai nella dieta. Nel periodo l allocco si è nutrito anche di Pesci. 23

25 Strix aluco - Sito A [ n =715; n =555; 1998 n =263] % numeriche delle prede Sorex araneus Neomys sp. (anomalus, fodiens) Suncus etruscus Crocidura leucodon Crocidura suaveolens Crocidura sp. (leucodon, suaveolens) Talpa europaea Microtus arvalis Microtus savii Mircrotus sp. (arvalis, savii, multiplex) Apodemus sylvaticus Apodemus sp. (sylvaticus, flavicollis) Micromys minutus Rattus norvegicus Rattus sp. (norvegicus, rattus) Mus domesticus Mustela nivalis UCCELLI INSETTI PESCI Figura 12 Differenze tra i siti Nessuna stazione di raccolta ha fornito tutte le 15 specie di Mammiferi riscontrate nella dieta dell allocco. Il confronto dei tre siti A, O, L nel periodo (Fig. 13) conferma la dominanza in tutti i campioni di M. arvalis, con percentuali che vanno dal 25,8% (sito L) al 59,4% (sito A), seguito da A. sylvaticus con percentuali che vanno dal 12,5% (sito A) al 23,3% (sito L). Nei tre siti considerati queste due specie mostrano un trend opposto di variazione: passando da A ad L la prima diminuisce mentre la seconda aumenta. 24

26 Strix aluco - Confronto tra i siti Periodo [Sito A n =715; Sito O n =209; Sito L n =283] 60 % numeriche delle prede Sito L Sito O Sito A Figura 13 Fig Piccoli di allocco nel nido dentro la cavità di un albero M. savii è complessivamente la terza specie per abbondanza con percentuali variabili dal 6,2% (sito O) al 10,2% (sito A). Altri Roditori sempre presenti sono M. minutus, M. domesticus e R. norvegicus, gli ultimi due mostrano un sensibile aumento nel sito O (rispettivamente 8,6% e 4,3%). Tra gli Insettivori figurano sempre la T. europaea, le due specie del genere Crocidura e S. araneus. C. suaveolens mostra un notevole incremento nel sito L (7,1%). 25

27 In tutte le stazioni la dieta comprende anche Uccelli (min=1,7% - max=14,8%) e Insetti (min=4,8% - max=6,4%). Fig Allocco di ritorno al nido con un topo selvatico (Apodemus sp.) nel becco. Tyto alba Le considerazioni che seguono riguardano solamente i Mammiferi. Inoltre, da questi sono stati volutamente esclusi il riccio e la donnola, in relazione a quanto detto in precedenza. Comunque, la figura 16 riporta tutte le prede. 26

28 Tyto alba - Confronto tra i siti più vicini al torrente Enza [Sito A n =209; Sito S n =108; Sito T n =260] 60 % numeriche delle prede Sito T ('98) 0 Sito S ('96) Sorex cfr. araneus Sorex cfr. samniticus Sorex sp. (araneus, samniticus) Neomys sp. (anomalus, fodiens) Suncus etruscus Crocidura leucodon Crocidura suaveolens Crocidura sp. Talpa sp. (europaea, caeca) Muscardinus avellanarius Microtus arvalis Microtus cfr. multiplex Microtus savii Microtus sp.(savii, multiplex, arvalis) Apodemus sylvaticus Apodemus sp. (sylvaticus, flavicollis) Rattus norvegicus Mus domesticus UCCELLI Sito A ('94-'95) Figura 16 - In pianura (Gilli & Bocchini, 1995) tutti i siti hanno fornito più di 10 specie, tranne l A dove se ne contano solo 6 e l L dove se ne contano 9. Al riguardo le stazioni più ricche sono risultate la C, con 13 specie, nonché l E e l F con 12. Le specie quantitativamente più importanti appartengono praticamente sempre al genere Microtus (M. aravlis e/o M. savii) e al genere Crocidura (C. suaveolens e/o C. leucodon). Alcuni Mammiferi risultano sempre poco rappresentati nella dieta. E il caso di Neomys. sp., di S. etruscus, di T. europaea e di A. terrestris che, quando presenti, generalmente non superano lo 0,5%. Ciò può essere imputabile a diversi fattori, tra i quali una loro ridotta densità nei territori di caccia del barbagianni. Le stesse peculiarità morfologiche ed eto-ecologiche del predatore e/o della specie preda possono però incidere su queste assenze o queste ridotte quantità. Nel periodo , là dove è stata riscontrata anche la presenza dell allocco, siti A - L - O, il barbagianni ha sempre catturato un minor numero di specie rispetto all altro rapace notturno: la differenza ammonta rispettivamente a 5, 2 e 1 specie. In tutti i confronti nella dieta del barbagianni domina M. arvalis, mentre in quella dell allocco M. arvalis e A. sylvaticus. Nelle tre stazioni entrambe le nicchie trofiche appaiono incentrate sui Microtidi; quella di T. alba comprende anche i Soricidi, mentre l altra i Muridi e T. europaea. Su queste differenze potrebbero aver inciso anche fenomeni locali di competizione diretta fra i due predatori. 27

29 - Nei quattro siti di collina, R - S - T - U, il barbagianni ha rispettivamente predato 13, 9, 12 e 14 specie. I componenti principali della dieta appartengono, in ordine decrescente, ai soliti generi Microtus, Apodemus, Crocidura e Sorex; spesso però le specie sono diverse da quelle preponderati in pianura. Anche in collina alcune specie, talora le stesse della pianura, risultano sempre scarsamente predate, con percentuali che variano da 0 all 1%: S. minutus, Neomys sp., S. etruscus, Talpa sp., M. avellanarius, C. glareolus, R. noregicus, R. rattus. Al riguardo valgono le considerazioni già fatte per la pianura. Lungo il torrente Enza (siti A, S, T) passando dalla pianura alla collina e salendo di quota aumenta il numero di specie predate dal barbagianni (Fig. 16). M. arvalis, nettamente dominante in pianura (50,2%) scompare in collina, sostituito nel ruolo di preda principale dal congenere M. savii (sito S =14,8; sito T=29,6%) che in pianura raggiunge solo il 3,8%. Inoltre, in collina aumentano sensibilmente le percentuali di A. sylvaticus e S. araneus, L incremento di specie è dovuto sia a presenze numericamente rilevanti, come quella di S. cfr. samniticus (sito S =12%; sito T=15,4%), sia a taxa le cui percentuali non superano mai il 2% restando solitamente sotto all 1%: Neomys sp., S. etruscus, Talpa sp., M. avellanarius, M. multiplex, R. norvegicus, M. domesticus. Indici ecologici I valori degli indici utilizzati per la valutazione ambientale sono riportati in figura La diversità biotica è stata espressa con due indici diversi: quello di Shannon, che misura in modo più equilibrato ricchezza specifica ed equiripartizione e quello di Gini-Simpson che, meno sensibile alle variazioni dimensionali dei campioni, è condizionato maggiormente dall equiripartizione (Contoli, 1988). I valori dell indice di Gini-Simpson (0,65 0,90) sono da considerarsi medio alti e in linea con altri dati italiani (Contoli et al., 1977; Contoli, 1981). Il valore più alto si registra in collina nel sito R. Contoli (1988) ha evidenziato una significativa relazione inversa tra l antropizzazione del territorio, stimata con l indice di Dugrand e coll. (Lausi et al, 1978), e gli indici di diversità citati. Sulla base di queste osservazioni è possibile ipotizzare che i valori relativamente più bassi riscontrati per i siti A, G, L, siano legati ad un più intenso impatto antropico locale sul suolo. Si sottolinea come negli stessi si registrano i valori più bassi anche dell indice di Shannon, nonché la dominanza maggiore di M. arvalis (42% 54%), specie ben adattata all ambiente agricolo padano. Nelle stazioni A e L può aver influito in modo non trascurabile anche la presenza dell allocco. 28

30 Fig Donnola (Mustela nivalis) - L indice di livello trofico, che misura l importanza degli Insettivori tra i micromammiferi predati, è conforme ai valori riscontrati in pianura padana (Contoli et al., 1989). In particolare il dato (0,56) relativo alla stazione di Santa Vittoria (O) conferma quello calcolato (0,50) per lo stesso sito nel 1986 (Contoli et al., 1989; Ottolini, 1991). - L indice di termoxerofilia, che misura l importanza dei Crocidurini tra i Soricidi, in ambiente temperato non dovrebbe superare 0,71 (Contoli et al., 1989). I dati della pianura generalmente oltrepassano tale soglia (media = 0,82) e valori decisamente più elevati (0,91) sono segnalati anche per altri siti della pianura padana (Boldreghini et al., 1988b). Si ritiene che questi valori dipendano, più che da reali differenze bioclimatiche, dal fatto che le specie del genere Crocidura in zone temperate planiziali si adattano bene agli agroecosistemi e mostrano una minore xerofilia, poiché colonizzano anche microhabitat umidi con vegetazione erbacea (Libois, 1984; Churchfield, 1990). Inoltre la ridotta presenza nell area di studio di siepi e zone boscate potrebbe incidere negativamente sulle densità di S. araneus, determinando un aumento dell indice. In collina si sono comunque riscontrati valori decisamente inferiori (0,39 0,61), ciò potrebbe dipendere dal significativo aumento di habitat idonei alle specie del genere Sorex (cioè una maggiore estensione e continuità dei cosiddetti elementi fissi del paesaggio ) e/o ad effettive differenze microclimatiche. 29

31 Fig. 18 Toporagno d acqua (Neomys fodiens) 30

32 FIGURA 19 STATISTICA MULTIVARIATA 31

33 Allo scopo di applicare le metodologie statistiche indicate, le percentuali di presenza dei micromammiferi (x) sono state trasformate nell arcsin ( x/100 ) in modo da rendere più omogenee le varianze. Inoltre dall analisi sono stati esclusi i dati relativi al gufo comune (sito V96) in quanto questo rapace notturno non è un valido campionatore di piccoli mammiferi. Infatti, rispetto ai Mammiferi Asio otus tende a concentrare la dieta su poche specie di Roditori e a non utilizzare gli Insettivori (Saint Girons & Martin, 1973; Gerdol & Perco, 1977; Galeotti & Cavova, 1994; Aloise & Scaravelli, 1995; Malavasi et al., 1995). Siccome l analisi delle componenti principali e il multidimensional scaling hanno dato risultati del tutto analoghi si è scelto di riportare in questa relazione solamente il primo metodo, che è anche quello più comunemente utilizzato. Figura 20 Come mostra la figura 20, l analisi delle componenti principali ha evidenziato una netta separazione tra 3 subcampioni (barbagiani pianura, b. collina e allocco pianura) già sulla base delle prime due componenti. Queste spiegano l 80,9% (62,1%+18,8%) della varianza complessiva (fig. 21a) del campione costituito dai piccoli mammiferi di tutti i 18 siti. 32

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