LA DISCIPLINA DELLA FILIAZIONE DA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA (*)

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1 UGO A. SALANITRO LA DISCIPLINA DELLA FILIAZIONE DA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA (*) SOMMARIO: 1. La storia Le norme I principi I problemi Le valutazioni. 1. La storia. In assenza di un intervento legislativo in materia di rapporti di filiazione dei nati a seguito dell applicazione di tecniche di procreazione artificiale, l interprete si è sino ad oggi trovato di fronte ad un alternativa: considerare il silenzio del legislatore una tecnica di disciplina volta a richiamare l applicazione delle norme in materia di filiazione in generale ovvero ammettere la sussistenza di una lacuna ed individuare la disciplina applicabile attraverso il ricorso all analogia. In prossimità dell approvazione del disegno di legge che regolamenta la procreazione medicalmente assistita, si può omettere l esame analitico della dottrina e della giurisprudenza in argomento (1): ci si può limitare ad osservare che ad un orientamento che ha applicato più o meno meccanicamente la disciplina della filiazione in generale (2) si sono contrapposti sin dall inizio altri in- (*) Relazione per il seminario del Dottorato di ricerca in (( Diritto privato generale )) della Facoltà di Giurisprudenza di Catania, tenutosi in data 30 gennaio I1 testo normativo esaminato è stato successivamente approvato senza modifiche dalla Camera dei Deputati ed e oggi legge dello Stato: L. 19 febbraio 2004, n. 40, in G.U. 24 febbraio 2004, n. 45. (1) Si veda, da ultimo, M. MANTOVANI, Fondamenti della filiazione, interesse del minore e nuovi scenari della genitorialità, in Nuova giur. civ. comm., 2003, 11, p. 259 ss., dove si trovano ampi richiami alla dottrina più recente e alla giurisprudenza. (2) In dottrina, tendono ad applicare la disciplina generale della filiazione (ma non è sempre chiaro se in via diretta o analogica) ai rapporti di filiazione del nato da procreazione artificiale, tra gli altri: V. SGROI, Riflessi della.fecondazione artificiale sul rapporto di filiazione legittima, in Giust. civ., 1956, I, p ss.; C. SEMIZZI, Rilievi giuridici sulla inse- Fumiliu

2 490 Familia - parte I dirizzi che hanno risolto problemi particolari ricorrendo ad argomentazioni generalmente fondate sull assunzione della responsabilità genitoriale tramite il consenso al ricorso a tecniche procreative non naturali (3). minazione art@ciale, in Giur. it., 1984, IV, c. 41 ss.; A. GORASSINI, voce Procreazione (dir. civ.), in Enc. dir., XXXVI, Milano, 1987, p. 964 ss.; S. PATTI, Verità e stato giuridico della persona, in Riv. dir. civ., 1988, I, p. 237 ss.; R. CLARIZIA, Procreazione artificiale e tutela del minore, Milano, 1988, p. 123 ss.; M. CALOGERO, La procreazione artificiale, Milano, 1989, p. 117 ss.; L. LENTI, La procreazione artificiale. Genoma della persona e attribuzione della paternità, Padova, 1993; P. VERCELLONE, voce Procreazione artificiale, in Dig. IV, disc. priv., sez. civ., XV, Torino, 1997, p. 313 ss.; G. MILAN, Aspetti giuridici della procreazione medicalmente assistita, Padova, 1997, p. 167 ss.; M. SESTA, Lafiliazione, in Trattato di diritto privato diretto da M. Bessone, IV, Il diritto di famiglia, 111, Torino, 1999, p. 179 ss.; G.M. UDA, La jecondazione artificiale umana, in AA.VV., Nuovi temi di diritto privato. Casi e materiali a cura di V. Ricciuto, Napoli, 1999, p. 61 ss.; A. GUARNERI, Un figlio, due padri, in Resp. civ. prev., 1999, p ss.; E. DEL PRATO, La scelta come strumento tecnico difiliazione?, in questa Rivista, 2001, p ss.; M.G. PETRUCCI, Fecondazione artificiale, famiglia e tutela del nascituro, Napoli, In giurisprudenza ha consentito il disconoscimento della paternità del nato da fecondazione eterologa al coniuge consenziente, in applicazione diretta della disciplina generale della filiazione, Trib. Cremona 17 febbraio 1994, in Nuova giur. civ. comm., 1994, I, p. 541 ss., con nota critica di G. FERRANDO e in Fam. dir., 1994, I, p. 179 ss., con nota critica di M. DOGLIOTTI; cfr. pure l ordinanza di remissione alla Corte costituzionale del Trib. Napoli 2 aprile 1997, in Fam. dir., 1997, I, p. 261 ss., con nota critica di M. Do- GLIOTTI. Allo stesso risultato, ma in applicazione analogica della disciplina generale della filiazione, sono pervenuti: Trib. Roma 30 aprile 1956, in Giust. civ., 1956, I, p ss., con nota adesiva di V. SGROI e in Giur. it., 1957, I, 2, c. 217 ss., con nota critica di A. Ik~suc- CHI; App. Brescia 10 maggio 1995, in Fam. dir., 1996, p. 34 ss., con nota critica di M. Do- GLIOTTI. (3) Va in primo luogo ricordato il pensiero di A. T~ABUCCHI, Fecondazione artificiale e legittimità deifigli, in Giur. it., 1957, I, 2, c. 217 ss.; ID., voce Inseminazione artiflciale, in Noviss. Dig. it., VIII, Torino, 1962, p. 732 ss.; ID., La procreazione e il concetto giuridico di paternità e maternità, in Riv. dir. civ., 1982, I, p. 622 ss.; ID., Procreazione artificiale e genetica umana nella prospettiva del giurista, in AA.VV., Procreazione artificiale e interventi nella genetica umana, Padova, 1987, pp. 14 s. L illustre studioso, negata la sussistenza di un rapporto di filiazione tra il nato da fecondazione eterologa e il donatore, ha ritenuto inapplicabile la disciplina del disconoscimento di paternità al coniuge che aveva dato il consenso; al contempo, però, ha considerato applicabile la disciplina generale della filiazione nel caso di fecondazione omologa e nei caso di maternità surrogata. L opinione del Trabucchi e stata accolta da una parte della dottrina: v., tra gli altri, P. D ADDINO SERRAVALLE, Ingegneria genetica e valutazione del giurista, Napoli, 1988, p. 87 ss.; F. SANTOSUOSSO, voce Fecondazione artificiale umana, in Enc. giur., XIV, Roma, 1989, p. 3 ss.; I. CORTI, Procreazione artificiale, disconoscimento di paternità e interesse del minore, in Giur. it., 1995, I, 2, c. 583 ss.; M. MORETTI, La procreazione artificiale, in AA.VV., Il diritto di famiglia, Trattato diretto da G. Bonilini e G. Cattaneo, III. Filiazione e adozione, Torino, 1997, p. 239 ss.; G. BISCONTINI, La filiazione legittima, in AA.VV., Il diritto di famiglia, Trattato diretto da G. Bonilini e G. Cattaneo, cit., p. 53 ss.; C.M. BIANCA, Disconoscimento del figlio nato da procreazione assistita: la parola della cassazione, in Giust. civ., 1999, I, p s.; G. FERRANDO, Libertà, responsabilità e procreazione, Padova, 1999, p. 359 ss.; S. PICCININI, Il genitore e lo status difiglio nel diritto di famiglia italiano, Milano, 1999, p. 169 ss.; G. BALDINI, Tecnologie riproduttive e problemi giuridici, Torino, 1999, p. 65 ss. (ed ivi, a p. 123 ss., si trova una rassegna completa dei progetti di legge, dei documenti rilevanti e delle principali normative straniere); G. CASSANO, La procreazione artij ìciale, Milano, 2001, p. 1 ss. A conclusioni solo in parte analoghe e sulla base di un diverso iter interpretativo e

3 Dottrina 49 1 Forse soltanto oggi, che si è chiuso definitivamente questo capitolo della storia giuridica della procreazione artificiale, l interprete è in grado, ex post, di comprendere il significato del lungo silenzio del legislatore. Sin dai tempi della legge di riforma del diritto di famiglia, vi è stata una volontà politica maggioritaria tendenzialmente contraria all ammissibilità della procreazione artificiale, che almeno intendeva subordinare ad una regolamentazione complessiva della materia l introduzione di una specifica regola del rapporto di filiazione tra il nato e il coniuge della moglie che ha espresso il consenso alla fecondazione eterologa: si temeva infatti che, regolando esclusivamente il rapporto di filiazione, si sarebbe considerata lecita una tecnica procreativa sulla quale non vi era una convergenza di valutazioni. Si può adesso costatare che il rifiuto del legislatore di regolare la materia, non escludendo esplicitamente l applicazione della disciplina generale della filiazione, era coerente con la volontà di non incoraggiare il fenomeno della procreazione artificiale, anche se con il rischio di mantenere l incertezza sullo status del nato. A riprova di ciò, si consideri che una reale accelerazione dell iter normativo si è avuta soltanto dopo che la giurisprudenza costituzionale e quella di legittimità hanno escluso l applicazione della disciplina generale della filiazione negando il disconoscimento del nato da fecondazione eterologa al coniuge che ha espresso il consenso alla procreazione artificiale: è solo a seguito del consolidamento di questo indirizzo giurisprudenziale che si è approvato il disegno di legge che ne recepisce la soluzione e al contempo limita le tecniche procreative, vietando la fecondazione eterologa. pervenuto T. AULETTA, Fecondazione artificiale: problemi e prospettive, in Quadrimestre, 1986, p. 51 s. L opinione del Trabucchi e stata accolta anche dalla giurisprudenza più recente: Corte cost. 26 settembre 1998, n. 347, in Nuovu giur. civ. comm., 1999, I, p. 51 ss., con nota di E. PALMERINI e in Giust. civ., 1998, I, p ss., con nota di M.R. MORELLI; Cass. 16 marzo 1999, n. 2315, in Nuova giur. civ. comm., 1999, I, p. 517 ss, con nota di E. PALMERINI, in Fum. dir., 1999, p. 233, con nota critica di M. SESTA, in Giust. civ., 1999, I, p ss., con note di C.M. BIANCA e di S. e M.R. MORELLI, in Resp. civ. e prev., 1999, p. 10 ss., con note di A. GUARNERI e G. CASSANO; Trib. Napoli 24 giugno 1999, in Giust. civ., 1999, I, p ss., con nota di M.R. MORELLI. Tra i commenti alla giurisprudenza più recente si segnalano P. SCHLESINGER, L inseminazione eterologa: la cassazione esclude il disconoscimento di paternità, in Corr. giur., 1999, p. 401 ss.; S. PATTI, inseminazione eterologa e venire contra factum proprium, in Nuovu giur. civ. comm., 2000, 11, p. 13 ss.; S. PATTI, M. SESTA, G. FER- RANDO, L. BALESTRA, Venire contra factum proprium: principio antico per nuovi problemi dclla fìliuzione, ibidem, p. 347 ss.

4 492 Fumiliu - parte I 2. Le norme. Il disegno di legge in materia di procreazione medicalmente assistita, approvato dalla Camera dei deputati nel 1999 e dal Senato della Repubblica alla fine del 2003 (e in attesa di un ulteriore passaggio definitivo alla Camera), si compone di due gruppi di norme: il primo, sul quale si è concentrata l'attenzione dell'opinione pubblica, concernente i limiti entro i quali sono consentiti gli interventi di procreazione medicalmente assistita e alle relative sanzioni amministrative e penali; il secondo, di specifico interesse del civilista, riguardante la disciplina dei rapporti di filiazione derivanti da procreazione medicalmente assistita (artt. 8 e 9). Con riferimento ai limiti agli interventi di procreazione medicalmente assistita, si richiamano soltanto i punti fondamentali. I1 ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito quando ricorrono due requisiti oggettivi da documentare con atto medico (artt. 1 e 4): a) la sussistenza di problemi riproduttivi derivanti da sterilità o infertilità; b) la mancanza di efficaci metodi terapeutici alternativi. Possono ricorrere alla procreazione medicalmente assistita soltanto le coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, viventi (art. 5). È ammessa solo la fecondazione omologa (con gameti o ovociti della coppia), non quella eterologa (con gameti o ovociti di terzi) (art. 4, 3" comma). Sono sanciti espressamente gli obblighi del medico (art. 6, 1" e 5" comma): A) di informare la coppia sull'intervento medico e sulle conseguenze giuridiche in materia di filiazione; B) di acquisire il consenso all'intervento. È stabilito che il consenso della coppia deve essere espresso per iscritto e che devono trascorrere non meno di sette giorni al fine di consentire la revoca del consenso stesso, revoca che in ogni caso non può essere effettuata dopo la formazione dell'embrione (art. 6, 4" comma). Altre norme sono poste a tutela dell'embrione (art. 14): non si possono creare più di tre embrioni per ogni singolo intervento, i quali devono essere tutti impiantati nell'utero materno; non si possono crioconservare gli embrioni, se non nel caso in cui l'impianto è temporaneamente impossibile per una causa di forza maggiore dipendente dalla salute della donna e per lo stretto tempo necessario al superamento del suddetto impedimento; non si possono sopprimere gli embrioni, neanche al fine di ridurre il rischio di parto plurigemellare.

5 Do t tr ina 493 Sono racchiuse in due articoli, invece, le disposizioni deputate a disciplinare lo stato giuridico del nato da procreazione artificiale e i rapporti con le figure genitoriali: ai sensi dell art. 8, «i nati a seguito dell applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli legittimi o di figli naturali riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime ai sensi dell art. 6)); ai sensi dell art. 9, «qualora si ricorra a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo in violazione del divieto di cui all art. 4 comma 3, il coniuge o il convivente il cui consenso è ricavabile da atti concludenti non può esercitare l azione di disconoscimento di paternità nei casi previsti ai sensi dell art. 235, lo comma, numeri 1 e 2, c.c., né l impugnazione di cui all art. 263 dello stesso codice )) (1 comma); (( la madre del nato a seguito dell applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita non può dichiarare la volontà di non essere nominata)) nell atto di nascita (2O comma); (( in caso di applicazione di tecniche di tipo eterologo in violazione del divieto di cui all art. 4, 3 comma, il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi )> (3 comma). 3. I principi. L esame di quella parte di disciplina che pone limiti e sanzioni alle tecniche di procreazione medicalmente assistita lascia trasparire l intenzione del legislatore di consentire siffatti interventi soltanto qualora conducano ai medesimi risultati della procreazione naturale: in tal modo si intende tutelare il procreato, al quale viene assicurata una situazione parentale potenziale, con una figura paterna ed una materna, identica a quella di una persona concepita naturalmente. A tal fine, si riconosce l essenzialità della figura paterna, non soltanto (rectius, non tanto) al fine di garantire le medesime potenzialità di supporto affettivo ed economico (anche in vista degli effetti successori), ma soprattutto allo specifico scopo di riprodurre una situazione assimilabile a quella naturale (4): sono escluse conseguentemente dalla fecondazione ar- (4) Cfr. G. FERRANDO, Libertà, responsabilità e procreazione, cit., pp. 316 ss., 331 ss.

6 494 Familia - parte I tificiale, non solo le donne sole (ivi comprese le vedove), ma anche le coppie di persone dello stesso sesso. I1 riconoscimento di un ruolo strutturale alla figura paterna naturale, fondata sul rapporto di discendenza genetica, viene ulteriormente perseguito vietando la procreazione assistita di tipo eterologo: scelta, quest ultima, che ha suscitato vivaci dibattiti nel corso dell iter legislativo. A risultati di segno opposto si perviene esaminando le specifiche disposizioni sui rapporti di filiazione. L incoerenza del legislatore si manifesta, in maniera particolarmente evidente, nelle norme che, in caso di procreazione eterologa effettuata contra Zegem, riconoscono il rapporto di filiazione con il coniuge o con il convivente che ha espresso il consenso e, al contempo, negano ogni relazione parentale con il donatore di gameti (5). L adozione di tale disciplina sovverte, sotto due distinti profili, quei principi che appaiono essenziali nelle disposizioni sui limiti alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Sotto un primo profilo, va rilevato che sarebbe stato coerente con il divieto di procreazione artificiale eterologa il riconoscimento giuridico del rapporto di filiazione tra il procreato e il donatore di gameti (6): l applicazione della disciplina generale della filiazione, nella parte che riconosce la rilevanza della derivazione genetica, avrebbe reso in larga misura impossibile la pratica della procreazione artificiale eterologa, in quanto il donatore di gameti non sarebbe generalmente risultato disponibile a correre il rischio di instaurare un rapporto di filiazione con il nato da fecondazione artificiale(7). La volontà normativa di segno opposto, che fonda il (5) Rilevano l incoerenza di tale scelta normativa: M. SESTA, La,filiazione, cit., p. 193, il quale ritiene tale incoerenza (( molto discutibile D; G. FERRANDO, Libertà, responsabilità e procreazione, cit., pp. 324 s., che pur la giudica (( inevitabile»; cfr. M. MANTOVANI, Fondamenti della filiazione, cit., p. 266, nota 8, che la considera invece (( apparente D. Nei merito destano interesse le considerazioni di F.D. BUSNELLI, Libertà di coscienza etica e limiti della normu giuridica: l ipotesi della procreazione medicalmente assistita, in questa Rivista, 2003, I, p. 278 ss. (6) Riconoscimento che, salva la prevalenza dello stato di figlio legittimo, avrebbe tratto fondamento dall applicazione dei principi che reggono la filiazione naturale: T. Au- LETTA, Feconduzione artificiale, cit., p. 49 s.; L. LENTI, La procreazione artificiale, cit., p. 288 ss.; M. SESTA, La.filiazione, cit., pp. 186, 187 ss; E. DEL PRATO, La scelta, cit., p ss. (7) Di ciò era consapevole la dottrina più impegnata. Era questa infatti la ragione per la quale la scelta di applicare la disciplina generale della filiazione nel caso di fecondazione artificiale eterologa era avversata da S. RODOTÀ, Diritti della persona, strumenti di controllo sociale e nuove tecnologie riproduttive, in AA.VV., La procreazione artificiale tru etica e diritto, Padova, 1989, p. 140 ed era invece condivisa da P. PERLINGIERI, L inseminuzione nrtificiale tra principi costituzionali e riforme legislative e da S. PATTI, Sulla configura-

7 Dottrina 495 rapporto di paternità sul consenso, risulta piuttosto in linea con la preoccupazione di effettuare la scelta più idonea alla tutela dell interesse del riconoscendo il rapporto di paternità con il soggetto già disponibile ad assumere l impegno, anche affettivo, nei confronti del procreato (9). Sotto altro profilo, non appare congruo con il principio di essenzialità della doppia figura genitoriale il sistema normativo che risulta, stando ad una prima lettura, dalle disposizioni che regolano il rapporto di filiazione ogni qualvolta la procreazione artificiale sia avvenuta senza consenso: in questa evenienza, infatti, non sembra ammessa l instaurazione di un rapporto giuridico di filiazione né con il coniuge o il convivente della madre partoriente (arg. a contrario art. 8), né, in caso di procreazione eterologa, con il donatore di gameti (art. 9, 3 comma). Si tratta di una lettura del sistema normativo che va attentamente verificata (e vedi infra parr , 4.2.2, 4.2.3), in quanto, escludendo la possibilità stessa di un rapporto di paternità per i nati da operazioni di procreazione artificiale senza consenso, comporterebbe, ove accolta, un sovvertimento della struttura familiare sinora conosciuta dall ordinamento giuridico ed una riduzione delle potenzialità di sostegno economico (derivante dai diritti di mantenimento o da quelli successori) per il nato da procreazione artificiale (10). bilità di un diritto della persona di conoscere le proprie origini biologiche (ivi, p. 148 ss., p. 210). Rileva l inefficacia, sul piano dissuasivo, della soluzione adottata nel disegno di legge R. M. ELEFANTE, Diritto a procreare e tutela del nascituro, in AA.VV., Il bambino che viene dal freddo a cura di A. Nunziante Cesàro, Milano, 2000, p (8) Così G. FERRANDO, Libertà, responsabilità e procreuzione, cit., p (9) Va però sottolineato che si tratta di una scelta in chiaro contrasto con il sistema generale della filiazione, sistema nel quale il vincolo di sangue prevale in linea di principio (salvi i limiti a tutela dello stato di figlio legittimo) con l imposizione di obblighi del rapporto parentale al padre naturale; e nel quale l interesse del minore a vivere in un ambiente familiare a lui congeniale non è tutelato, se non nell ambito di procedure giudiziarie complesse, come l affidamento o l adozione, dove si devono esprimere valutazioni in concreto sulla inadeguatezza dalla famiglia di origine e sulla idoneità della famiglia disponibile al- I accoglimen to. (IO) In dottrina (G. FERRANDO, Libertà, responsabilitù e procreazione, cit., p. 331 ss.; P. ZATTI, Familia, familiae - Declinazione di un idea. Il. Valori e figure della convivenza e della.flliazione, in questa Rivista, 2002, p. 337 ss.) si e negato che l ordinamento riconosca un interesse del minore a nascere in una famiglia in cui siano presenti entrambi i genitori, sulla base di due diversi argomenti: in primo luogo, osservando che la tutela dell interesse del minore avrebbe richiesto piuttosto che la presenza potenziale dei due genitori, una valutazione in concreto della loro attitudine alla condizione genitoriale; in secondo luogo, rilevando che l interesse del minore a nascere, piuttosto che a non nascere, sarebbe preminente rispetto a quello di nascere in una famiglia che abbia caratteristiche, sia pure solo potenziali, di affidabilità.

8 496 Familia - parte I 4. I problemi L interpretazione delle disposizioni sullo stato giuridico del nato da procreazione medicalmente assistita pone un duplice ordine di problemi, tra loro strettamente connessi, che può risultare opportuno distinguere almeno nelle fase espositiva: per un verso, quelli derivanti dall individuazione del significato delle singole disposizioni, del loro reciproco coordinamento e del rapporto con le altre norme sulla procreazione medicalmente assistita (e su questi profili concentreremo l attenzione nelle pagine che seguono); per altro verso, quelli conseguenti all accertamento di eventuali relazioni con la disciplina generale della filiazione (oggetto del par. 4.2) Ai sensi dell art. 8, i nati da fecondazione artificiale hanno lo stato di figli legittimi o naturali automaticamente riconosciuti della coppia che ha espresso il consenso ai sensi dell art. 6 della stessa legge. Si pone il dubbio se la norma intenda limitare gli effetti del consenso soltanto all ipotesi di fecondazione medicalmente assistita eseguita nel rispetto dei limiti di legge, così come sembra deporre il richiamo all art. 6 della stessa normativa (1 I), o se tali effetti rilevino anche nelle ipotesi in cui la fecondazione sia stata effettuata in violazione di legge: se si adotta la prima interpretazione, ne andrebbe esclusa l applicabilità sia quando la coppia ricorre a tecniche di fecondazione eterologa, sia quando non ha i requisiti oggettivi previsti dall art. 4 o quelli soggettivi previsti dall art. 5 o non ha espresso il consenso secondo le modalità e le forme indicate nel medesimo art. 6. Va tuttavia osservato che tale interpretazione comporta risultati che non appaiono coerenti con la stessa regola dell art. 9, lo comma, la quale presuppone la legittimità o il riconoscimento del Si può dubitare, però, che tali riflessioni possano essere riproposte, per contrastare la prospettiva indicata nel testo, a fronte di un sistema normativo, come quello derivante dall approvazione della disciplina sulla procreazione medicalmente assistita, nel quale il principio della doppia genitorialità permea la disciplina sull ammissibilità dell accesso alle tecniche procreative e con riferimento a problemi di portata diversa da quelli presi in esame in quelle riflessioni, in quanto riguardano i diritti a rapporti di filiazione da parte di soggetti già nati da fecondazione artificiale effettuata in contrasto con la legge. (11) In tal senso la rilevanza del richiamo contenuto nella formula (( che ha espresso la volontà (,..) ai sensi dell art. 6)) è rimarcata dal confronto con il disposto dell art. 9, 1 comma, il quale fa invece riferimento ai (( consenso ricavabile da atti concludenti n.

9 Dottrina 497 nato da procreazione artificiale di tipo eterologo; anche a volere ammettere che l effetto giuridico del rapporto con il nato da fecondazione eterologa non derivi direttamente dall art. 8, ma sia desumibile dallo stesso articolo 9, lo comma, apparirebbe incomprensibile la logica di una disciplina che renda più difficoltosa l acquisizione dello stato di figlio legittimo o di figlio naturale riconosciuto al nato da procreazione medicalmente assistita di tipo omologo rispetto al nato da fecondazione eterologa (12). Se si individua, nella disposizione dell art. 9, lo comma, l emersione di un principio di tutela del nascituro, volto a riconoscere il rapporto di filiazione anche in quelle ipotesi in cui le tecniche di fecondazione artificiale sono state applicate in violazione di legge (ed in tal senso depone la stessa rubrica del Capo 111: ((Disposizioni concernenti la tutela del nascituro))), mancano specifiche ragioni per negare la legittimità o il riconoscimento del nato dalla coppia che ha espresso il consenso oralmente, o senza essere stata adeguatamente informata, o per il quale non sia trascorso il termine per il ripensamento dal momento del consenso a quello dell intervento procreativo (1 3). Allo stesso modo, la preminente esigenza di tutela del nascituro e l assenza di interessi di segno diverso dovrebbe comportare l irrilevanza dei requisiti oggettivi posti dall art. 4 per accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (invero, non richiamati dall art. 8): sterilità o infertilità accertata da atto medico e impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione. Una riflessione più articolata si impone con riferimento alla rilevanza dei requisiti soggettivi posti dall art. 5, sebbene anch essi non siano richiamati dall art. 8. Va sicuramente ammessa la sussistenza del rapporto di filiazione quando la tecnica di procreazione artificiale, di tipo eterologo, sia stata applicata ad una coppia (1 2) L interpretazione respinta nel testo potrebbe essere accolta qualora la disposizione dell art. 9, 1 comma, sia intesa nel senso che, in caso di fecondazione eterologa, e vietato il disconoscimento o I impugnazione del riconoscimento soltanto nel caso in cui il procreato sia stato considerato figlio legittimo in quanto nato in costanza di matrimonio o sia stato espressamente riconosciuto figlio naturale; ma tale interpretazione non appare in linea con la lettera della legge, ne coerente con la ratio in quanto, consentendo rimeditazioni ingiustificate al convivente che ha consentito la fecondazione eterologa, comporterebbe un grave pregiudizio per il nato che non sia stato espressamente riconosciuto. (1 3) Critico nei confronti della scelta della nuova disciplina di considerare efficace il consenso in violazione delle norme di tutela è M. SESTA, La fìfiazione, cit., p. 193; ma in senso opposto risultano convincenti le considerazioni di G. FERRANDO, Libertà, responsabilitù e procreazione, cit., p. 323 ss.

10 498 Familia - parte I nella quale uno o entrambi i componenti non sono in età potenzialmente fertile: anche in questo caso alla tutela dell interesse del nascituro non si contrappongono interessi di segno diverso. Meno sicura appare la soluzione nel caso in cui insieme alla madre abbia espresso il consenso alla fecondazione omologa o eterologa un soggetto non convivente (14): in senso ostativo sembra disporre lo stesso dettato dell art. 9, 1 comma, che è riferito soltanto al coniuge o al convivente; nel senso dell irrilevanza del requisito della convivenza, tuttavia, depone ancora una volta l esigenza di riconoscere un rapporto di paternità al nascituro con il soggetto che ha espresso una volontà di accoglimento (1 5). Ancora più problematica appare la soluzione nel caso in cui uno dei Componenti della coppia, dopo avere espresso il consenso alla procreazione, anche di tipo eterologo, muoia e successivamente la struttura sanitaria, non informata del decesso, proceda ugualmente alla fecondazione dell embrione (fecondazione post mortem); a monte, vi è il dubbio se la struttura sanitaria debba effettuare l impianto dell embrione, rispettando l art. 14, 1 O comma, della legge, che ne vieta la soppressione, o debba astenersi, in quanto è venuto meno il requisito dell art. 5, a norma del quale entrambi i componenti della coppia, che accedono alle tecniche di fecondazione artificiale, debbono essere viventi. Se si risolve il dubbio nel senso dell ammissibilità degli ulteriori interventi procreativi, appare conseguente fondare il rapporto di filiazione con il genitore premorto sul consenso; ma la medesima soluzione va sostenuta anche nel caso in cui si consideri illegale l intervento di fecondazione post mortem, in quanto, a fronte della volontà del de cuius, l interesse del nascituro appare prevalente rispetto alle eventuali pretese successorie pregiudicate (cfr., per ulteriori riflessioni sulla fecondazione post mortem, il par ). (14) Si possono ricomprendere in questa fattispecie sia l ipotesi in cui il soggetto abbia dichiarato di essere convivente e sia stato accertata la falsità della dichiarazione, sia quella in cui la dichiarazione non vi sia stata ma l intervento sia stato eseguito ugualmente. (15) Tale soluzione sembra porre problemi ogni qualvolta la donna che ricorre alla procreazione medicalmente assistita sia coniugata o convivente con un soggetto diverso da quello che ha espresso il consenso. In caso di donna coniugata, la questione va affrontata e risolta in sede di coordinamento con la disciplina generale della filiazione, in cui prevale in linea di principio il rapporto di filiazione legittima (par. 3.2); in caso di donna convivente, la soluzione va riaffermata in quanto, in linea di principio, non appare perseguibile l alternativa di stabilire un rapporto di filiazione con il convivente non consenziente.

11 Dottrina 499 La diffusione di modelli familiari diversi da quelli tradizionali rende legittimo il dubbio se sia rilevante il consenso alla fecondazione artificiale anche se espresso da componenti di una coppia dello stesso sesso: non sembra però che, nell attuale contesto sociale e in assenza di un intervento normativo, possa essere considerato in linea di principio rispondente all interesse del minore il riconoscimento di siffatto rapporto genitoriale (1 6). Particolarmente delicata, infine, è soprattutto l ipotesi in cui uno o entrambi i componenti della coppia che ha espresso il consenso siano minorenni: in questo caso all interesse alla tutela del nascituro si contrappone un interesse che può apparire altrettanto meritevole. La questione ha una rilevanza più ampia, in quanto attiene al tema generale della validità dell atto di consenso ogni qual volta ricorra una condizione di incapacità, legale o naturale, o altro difetto nella formazione o nella trasmissione dell atto di volontà. Valorizzando l equiparazione sul piano degli effetti tra il consenso e il riconoscimento (art. 8) e traendo argomento a contrario dal richiamo all art. 263 C.C. (art. 9, lo comma), si può ipotizzare che il legislatore abbia inteso rimandare alla disciplina dei requisiti della validità dell atto di riconoscimento (1 7). Accolta questa pro- (16) Ma la soluzione, in assenza di una disciplina specifica, è tendenzialmente destinata a modificarsi in conseguenza dei mutamenti sociali e/o normativi: per un quadro dei processi in atto con riferimento ai rapporto adottivo con il figlio biologico del partner si rimanda a C. FORDER, Riconoscimento e regime giuridico delle coppie omosessuali in Europa, in AA.VV., Stare insieme. I regimi giuridici della convivenza tra status e contratto a cura di F. Grillini e M.R. Marella, Napoli, 2001, p. 171 ss. Per un cenno ad una vicenda in cui un giudice statunitense ha riconosciuto il diritto della convivente della madre biologica ad essere iscritta come secondo genitore nell atto di nascita, motivando sulla base dell interesse del minore, si veda I. CORTI, La maternitù per sostituzione, Milano, 2000, pp. 219 s. Ulteriori spunti di riflessione si possono trarre dalla non retroattivita, e quindi dalla mancanza di conseguenze negative sui rapporti di filiazione, della sentenza di rettificazione dell attribuzione di sesso, ai sensi della L. 14 aprile 1982, n (17) La soluzione discenderebbe da una applicazione in via diretta della disciplina del riconoscimento alla diversa fattispecie dell atto di consenso, per effetto del richiamo implicitamente contenuto negli artt. 8 e 9 della legge sulla procreazione medicalmente assistita. Va rilevato che, ove si neghi la sussistenza di una precisa scelta normativa, non sarebbe sicura l applicazione della disciplina del riconoscimento in via analogica, in quanto - a differenza dell atto di riconoscimento, con il quale un soggetto fa valere una situazione preesistente (la sussistenza dei rapporto di derivazione biologica) - il consenso si pone quale presupposto sufficiente alla costituzione del rapporto di filiazione per procreazione artificiale. Negata l applicazione della disciplina del riconoscimento, si aprirebbe per I interprete un alternativa: o assicurare la piena tutela del nascituro, non consentendo l impugnabilita del consenso una volta fecondato l embrione e individuando tutt al più alcune ipotesi-limite in cui si possa negare la sussistenza stessa di un atto di consenso, ovvero estendere in via analogica, valorizzandone la portata generale, le discipline che regolano la vali-

12 500 Familia - parte I spettiva, ne deriverebbe l impugnabilità dell atto di consenso nelle ipotesi di violenza e di interdizione giudiziale (artt. 265 s. c.c.) e nel caso in cui il minore non ha compiuto il sedicesimo anno di età (art. 250, 5 comma, c.c.): a queste ipotesi può aggiungersi quella in cui il consenso è stato espresso da un incapace di intendere o di volere (1 8) Ai sensi dell art. 9, lo comma, è vietato al coniuge che ha consentito la fecondazione artificiale eterologa l esercizio dell azione di disconoscimento quando non ha coabitato con la partoriente nel periodo in cui si presume avvenuta la fecondazione o quando nel medesimo periodo è stato affetto da impotenza. Appare manifesta la ratio della norma nel senso di impedire che il coniuge, che si sia pentito del consenso manifestato, possa disconoscere il figlio nato dall atto di fecondazione eterologa; va però rile- dità degli atti di consenso in altri settori. La prima opzione, qualora non sfoci nella seconda, potrebbe però comportare risultati incoerenti rispetto alle logiche dell ordinamento: per la rilevanza del consenso anche sotto il profilo patrimoniale, infatti, non sarebbe ad esempio in linea con l art C.C. ammetterne la validità se espresso da un minore diciassettenne e negarla se espresso da un soggetto manifestamente incapace di intendere o di volere. La seconda opzione, se può apparire praticabile nelle ipotesi di incapacità, rispetto alle quali si assumerebbe una rilevanza al di fuori degli atti a contenuto strettamente patrimoniale della disciplina dell annullabilità ex art C.C. (cfr. artt. 427 s. c.c.), comporterebbe notevoli problemi nel caso di vizi del consenso, dove si manifestano principi concorrenti difficilmente conciliabili tra loro e adattabili alla fattispecie in esame. Va però rimarcato che sia l una che l altra opzione risultano essere, per un verso o per l altro, meno equilibrate sul piano del contemperamento degli interessi del nascituro e di quelli del consenziente rispetto alle soluzioni che deriverebbero dall applicazione della disciplina dei vizi del riconoscimento del figlio naturale. Adottata la disciplina dei vizi del riconoscimento del figlio naturale, si pone altresì il problema del coordinamento con la disciplina generale della filiazione: nel caso in cui se ne ammetta la rilevanza integrativa, ne deriverebbe che in caso di fecondazione omologa, annullato il consenso, il rapporto di filiazione legittima o naturale tra il nato e il soggetto che ha espresso invalidamente il consenso troverebbe fondamento nella disciplina generale (cfr. infru par ). Nel caso di fecondazione eterologa, l eventuale applicazione della disciplina generale della filiazione non avrebbe di per se effetto nei confronti del soggetto che ha espresso il consenso invalido (il rapporto di filiazione sarebbe però configurabile con il coniuge della madre, che abbia o meno espresso il consenso, o con il donatore di gameti: sul punto vedi sub e 4.2.2): ma le esigenze di tutela del nato potranno trovare in qualche modo soddisfazione riconoscendo, con un approccio rigoristico, gli effetti della convalida tacita nel caso in cui chi ha espresso il consenso, dopo la cessazione della causa di invalidità, eserciti anche per breve tempo i diritti connessi alla potestà genitoriale. (18) Con riferimento alla fattispecie del riconoscimento del figlio naturale, è controverso se debba essere data rilevanza all incapacità di intendere e di volere: in senso negativo, di recente, M. SESTA, Laflliuzione, cit., p. 131 (ed ivi ulteriori citazioni nell uno e nell altro senso). Ma nel caso di fecondazione artificiale, soprattutto se eterologa (in caso di fecondazione omologa, occorre in ogni caso considerare la rilevanza della disciplina generale della filiazione), l interesse ad impugnare l atto di consenso espresso dall incapace naturale può risultare particolarmente meritevole di tutela e giustificare una diversa soluzione..

13 Dottrina 50 1 vato che il dettato letterale, nella parte in cui vieta il disconoscimento nelle ipotesi indicate dai nn. 1 e 2 dell art. 235 c.c., sembra riconoscere il diritto di contestare la legittimità del figlio nel caso in cui il coniuge dimostri che, nel periodo del concepimento, la madre, oltre a ricorrere alla fecondazione artificiale, abbia commesso adulterio o celato la gravidanza. La soluzione ammissiva dell azione di disconoscimento di paternità, sia pure soltanto nelle ipotesi di cui al n. 3 dell art. 235 c.c., pone tuttavia problemi di coerenza della disciplina complessiva, in quanto manca una norma analoga a tutela del convivente che intenda impugnare il consenso per difetto di veridicità (19). Sorge inoltre il dubbio se il coniuge, che ha accertato l adulterio o il celamento di gravidanza, possa ottenere il disconoscimento del figlio nato da fecondazione artificiale dimostrando, secondo la regola generale, di avere caratteristiche genetiche incompatibili con il nato: una soluzione questa che appare in contrasto con la ratio della norma in quanto consentirebbe al coniuge di rimeditare sul consenso dato alla procreazione artificiale traendo soltanto occasione dal comportamento riprovevole della madre. Esigenze di coerenza inducono, quindi, ad ammettere il disconoscimento, una volta dimostrato l adulterio o il celamento di gravidanza, soltanto se si dimostra che il nato ha un patrimonio genetico diverso da quello dell embrione artificialmente fecondato (20). Anche tale soluzione, che deriverebbe da un adattamento della disciplina generale alla fattispecie de qua, è revocabile in dubbio da chi osservi che l interprete attribuirebbe al legislatore un intento normativo per un ipotesi, quella per cui la donna possa (19) Va osservato che il testo dell art. 9, 1 comma, nella parte in cui non consente l impugnazione del riconoscimento a chi ha espresso il consenso alla fecondazione eterologa, appare mal formulato, in quanto sarebbe stato pii corretto riferirsi all atto di consenso nella parte in cui è produttivo dei medesimi effetti del riconoscimento. Il problema principale però, come osservato nel testo, è che la norma comporta anche una disciplina irrazionale, in quanto, in assenza di un intervento di riscrittura dell interprete, non sembra consentire al convivente di dimostrare che il nato sia stato concepito al di fuori dell applicazione di una tecnica di procreazione artificiale: analoga critica in M. SESTA, La,filiazione, cit., p (20) Già G.M. UDA, La fecondazione artificiale umana, cit., pp. 98 s., 100 s.; S. PATTI, Inseminazione eterologa, cit., p. 15. In tal senso era esplicito il Testo Unificato n. 414/A licenziato dalla commissione affari sociali della Camera dei deputati 1 8 luglio 1998, per il quale, una volta dimostrato l adulterio o il celamento della gravidanza «è ammessa la presentazione di ogni prova volta a dimostrare che il concepimento non è avvenuto a seguito della tecnica di procreazione medicalmente assistita )> (art. 1 1, 2 comma).

14 502 Familia - parte I concepire un figlio adulterino ed essere contestualmente sottoposta a tecniche di procreazioni artificiale in linea di principio irrealizzabile. La disposizione contenuta nell art. 9, 1 comma, essendo prevista soltanto per il caso in cui il nato sia stato effettivamente concepito a seguito dell applicazione di tecniche di procreazione medicalrnente assistita, non è infatti applicabile qualora si accerti che l intervento di fecondazione artificiale, per il quale è stato espresso il consenso, non è stato portato a compimento o non ha avuto altrimenti successo (2 1). Ciononostante, si può riconoscere ugualmente alla norma così individuata, nella parte in cui ammette l azione di disconoscimento soltanto a seguito dell adulterio o del celamento di gravidanza, un autonomo spazio di applicazione in tutti quei casi nei quali non si possa dimostrare che l intervento di procreazione artificiale non abbia avuto successo (ad esempio, quando vi è stato un evento abortivo rimasto segreto)(22) Ai sensi dell art. 9, 2 comma, la madre del nato a seguito dell applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita non può dichiarare la volontà di non essere nominata, ai sensi dell art. 30, 1 comma, d.p.r. 3 novembre 2000, n La disposizione 2 speculare rispetto a quella posta dal primo comma ed è fondata sulla medesima ratio di tutela del nascituro volta ad evitare che il genitore, in questo caso la madre, possa rimeditare sul consenso già espresso all applicazione della tecnica di procreazione artificiale ed evitare di assumersi le responsabilità derivanti dal rapporto di filiazione (23). (21) Una volta dimostrato l insuccesso della procreazione artificiale, si potrà dunque accedere in via ordinaria alle azioni di disconoscimento della paternità e all impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità. (22) Cfr. S. PATTI, Inseminazione eterologa, cit., p. 15, il quale dà notizia di un caso, verificatosi in Francia, in cui il bambino non è nato in seguito alla pratica di fecondazione eterologa che aveva costituito oggetto del consenso. (23) La tutela è riaffermata in termini ancora più radicali dalla disposizione contenuta alla fine dell art. 6, 3 comma, che consente la revoca del consenso soltanto sino ai momento della fecondazione dell ovulo. Va rilevato che una lettura sistematica delle disposizioni dell art. 6, 3 comma, e dell art. 9, 2O comma, indica la sussistenza di un principio che appare fortemente in contraddizione con il diritto di abortire che l ordinamento riconosce in generale alla donna entro determinati limiti temporali. Va però escluso che da tale principio si possa desumere una limitazione della possibilità di abortire sia pure nell eventualità in cui la donna abbia dato il consenso alla procreazione artificiale, e ciò per due ordini di ragioni. In primo luogo, la prevalenza della legge sull aborto è chiaramente riaffermata daii art. 14, 1 comma, nella parte in cui ne indica la portata derogante del divieto di soppressione degli embrioni. In secondo luogo, l interpretazione dell art. 6, 3O comma, nel senso che la donna non possa

15 Dottrina 503 Si pone il problema se la disposizione in esame abbia anche l ulteriore finalità di impedire l elusione del divieto delle tecniche di maternità surrogata previsto dall art. 12, 6 comma, della stessa legge (24): va in effetti ricordato che nel silenzio legislativo la surrogazione di maternità sarebbe stata in concreto produttiva di effetti se la madre partoriente avesse dichiarato la volontà di non essere nominata e il nato fosse stato riconosciuto dal marito della coppia disposta all accoglienza e successivamente adottato, ai sensi dell art. 44, 1 comma, lett. b), L. 4 maggio 1983, n. 184, dalla moglie (25). Sotto la vigenza della nuova disciplina, siffatte tecniche elusive sarebbero, almeno in astratto, precluse. Va sottolineato, infatti, che la disposizione de qua non richiama, tra i requisiti per la sua applicazione, né il consenso della madre partoriente alle tecniche di procreazione artificiale, né tanto meno l accertamento della originaria volontà di assumere le responsabilità genitoriali: ne consegue l applicazione della norma a qualsiasi ipotesi di parto di persona procreata artificialmente, tra le quali rientra in linea di principio anche il caso della maternità surrogata, dove la madre partoriente porta a termine la gravidanza di un opporsi ad un intervento di impianto nell utero dell embrione fecondato, non appare ammissibile, in quanto si porrebbe in contrasto quantomeno con il diritto alla salute tutelato dall art. 32 della costituzione: la disposizione dell art. 6, 3 comma, andrebbe intesa restrittivamente nel senso che il consenso non è revocabile dopo la fecondazione dell embrione soltanto nelle ipotesi in cui il soggetto che lo ha espresso non debba subire ulteriori interventi medici invasivi (ovverosia nel caso dell uomo: la differenza del ruolo del consenso alla procreazione artificiale per l uomo e per la donna è sottolineata da G. FER- RANDO, Libertà, responsabilità e procreazione, cit., pp. 341, 405 s.). Va peraltro verso osservato, in questa sede (ma già F.D. BUSNELLI, Libertà di coscienza etica, cit., pp. 282 s.), che il sistema normativo a tutela dell embrione appare in ogni caso lacunoso, in quanto non prevede quale sorte abbia l embrione che non sia più possibile impiantare nella donna (ad es., per successiva morte o condizioni di salute permanentemente inadeguate) o che sia stato fecondato in violazione della legge (ad es., in numero superiore a tre): non sembra, d altra parte, che in un ordinamento che rifiuti la legittimità della fecondazione eterologa, si possa ammettere la c.d. adozione dell embrione (era la proposta di T. AULETTA, Fecondazione artificiale, cit., pp. 32, 35). Ciononostante non si vede in che modo ci si possa discostare dall applicazione della disciplina dell art. 6, 3 comma, anche nelle ipotesi in cui l embrione sia stato fecondato con tecniche di procreazione artificiale di tipo eterologo vietate dalla legge e/o in cui il rapporto di coniugi0 o convivenza sia venuto meno. (24) Lo esclude G.M. UDA, La fecondazione artificiale umana, cit., p (25) E questa la soluzione suggerita anche dalla giurisprudenza che nega la validità degli accordi di maternità surrogata: Trib. Monza 27 ottobre 1989, in Foro it., 1990, I, c. 298 ss., con nota di G. PONZANELLI. Soluzione condivisa dalla dottrina: da ultimo, M. SE- STA, Norme imperative, ordine pubblico e buon costume: sono leciti gli accordi di surroga- -ione?, in Nuova giur. civ. comm., 2000, 11, p Ad analogo risultato si potrebbe pervenire, ogni qualvolta la madre genetica voglia accogliere il nato, consentendo alla madre partoriente di non risultare nell atto di nascita e alla madre genetica di reclamare la legittimità provando il legame biologico: T. AULETTA, Fecondazione artificiale, cit., p. 58.

16 504 Familia - parte I embrione artificialmente fecondato con i gameti di uno (in genere, il marito) o di entrambi i componenti della coppia accogliente (cfr., par ) Ai sensi dell'art. 9, 3" comma, il donatore di gameti non ha alcun rapporto giuridico con il nato da procreazione artificiale eterologa effettuata contra Zegem. Si potrebbe sostenere che tale disposizione, in linea con la disciplina di altri ordinamenti europei che ammettono la procreazione artificiale di tipo eterologo, ha la funzione di evitare effetti dissuasivi sulla donazione di gameti, tutelando il donatore dal rischio di assumere le responsabilità derivanti dal rapporto genitoriale: si seguirebbe, in tal modo, la prospettiva maggiormente rispondente alla lettera della legge, nonché alle istanze evolutive provenienti dalla società. Tale prospettiva, come abbiamo già osservato, appare in chiaro contrasto con la scelta seguita dal nostro legislatore di non ammettere la procreazione artificiale di tipo eterologo. La negazione di ogni rapporto tra il donatore e il nato da procreazione artificiale eterologa, anche nel caso in cui manchi una coppia che abbia espresso il consenso, introduce nel nostro ordinamento, senza alcuna ragione, una conseguenza dirompente rispetto all'attuale modello di famiglia conosciuto dal nostro ordinamento e tutelato anche in sede costituzionale: quella per cui possa esserci una persona alla quale è preclusa la possibilità di avere un rapporto genitoriale con la figura paterna (26). In senso diverso, si potrebbe avanzare l'ipotesi che la disposizione dell'art. 9, 3" comma, abbia la finalità esclusiva di tutelare il nato da procreazione artificiale eterologa e la coppia che lo ha accolto dalle eventuali pretese, di qualsiasi genere, del donatore di gameti: la disciplina andrebbe pertanto riferita soltanto al caso in cui ricorra la fattispecie prevista nel primo comma dello stesso articolo, e pertanto vi sia stato il consenso di entrambi i componenti della coppia alla procreazione di tipo eterologo (e avrebbe una specifica portata normativa, aggiuntiva a quella dell'art. 8, in quanto non consentirebbe eventuali impugnazioni del consenso (26) Aveva già avvertito il rischio dei venire meno della figura paterna, T. AULETTA, Feconduzione urtqiciule, cit., p. 49 ss., il quale, in assenza di una normativa specifica, riconosceva il rapporto di paternità con il donatore nel caso di fecondazione artificiale eterologa e dubitava dalla costituzionalità di proposte di legge analoghe a quella ora approvata.

17 Dottrina 505 del convivente per difetto di veridicità da parte del donatore di gameti o da parte di altro soggetto, ivi compreso il nato, interessato a far valere il rapporto di filiazione con il donatore di gameti). Accolta questa interpretazione, verrebbe meno ogni specifica preclusione all applicazione della disciplina generale della filiazione e, salvi gli eventuali limiti di ordine generale (cfr. infra par ), si aprirebbe la possibilità per il nato da procreazione eterologa, ogni qualvolta manchi il consenso di altro soggetto, di agire per la dichiarazione di paternità naturale nei confronti del donatore di gameti al fine di ottenere quantomeno l adempimento degli obblighi di mantenimento e di istruzione e gli eventuali diritti successori (27). Non si può negare che l eventuale disciplina che consenta al nato da procreazione artificiale di tipo eterologo di far valere il rapporto giuridico di filiazione naturale nei confronti del donatore di gameti sia destinata a rimanere virtuale quando la tecnica di procreazione artificiale venga applicata da una struttura sanitaria di un ordinamento straniero che riconosce il diritto del donatore a mantenersi segreto. La stessa disciplina potrebbe avere però una qualche ricaduta concreta nel caso in cui il donatore di gameti sia noto (28); accogliendo tale interpretazione si avrebbe quantomeno l effetto di eliminare in radice la possibilità che il soggetto che abbia messo a disposizione i propri gameti possa sottrarsi alle responsabilità genitoriali assumendo che il proprio comportamento debba essere considerato una donazione di gameti e non un consenso alla procreazione artificiale A fronte del ridotto numero di disposizioni che regolano i rapporti di filiazione nella legge in materia di procreazione medicalmente assistita si pone all interprete un problema di particolare rilevanza: se tali disposizioni esprimano un sistema autonomo o se abbiano soltanto una funzione integrativa e debbano essere coor- (27) Per una prospettiva che tiene conto delle possibili varianti sul piano degli interessi in gioco, si vedano le equilibrate considerazioni di G. FERRANDO, Libertà, responsabilità e procreazione, cit., p. 424 ss. e P. VERCELLONE, voce Procreazione artificiale, cit., p (28) Sull esigenza di distinguere le due ipotesi di donazione con riferimento al tema della rilevanza del rapporto di filiazioni, appaiono condivisibili le proposte de iure condendo di P. VERCELLONE, Fecondazione assistita e status familiari, in AA.VV., Fecondazione assistita. Una proposta di legge da discutere a cura di F.D. Busnelli, A.R. Genazzani e E. Ripepe, Roma, 1997, pp. 101 s.

18 506 Familia - parte I dinate con la disciplina generale della filiazione contenuta nel libro primo del codice civile. L art. 8 indica nel consenso dei componenti della coppia l elemento integratore della sussistenza di un rapporto di filiazione legittima o naturale riconosciuta. Si potrebbe ritenere che la norma accolga l idea secondo la quale la disciplina generale della filiazione non è deputata a regolare la fattispecie della filiazione da procreazione artificiale, la quale troverebbe piuttosto il suo fondamento in atti volontari di assunzione di responsabilità. Gli altri indici normativi depongono, tuttavia, nel senso che il legislatore pur attribuendo rilevanza all atto assuntivo di responsabilità abbia inteso richiamare l applicazione dell intera disciplina generale in materia di filiazione, evitando di affidare integralmente la materia a poche disposizioni speciali. In tal senso va ricordata la stessa formulazione della disposizione dell articolo 9, 1 O comma, della stessa legge, la quale rinvia alle disposizioni del codice civile in materia di disconoscimento di paternità e di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità: l adozione della formula di rinvio manifesta la volontà del legislatore di integrare la normativa speciale nell ambito della disciplina generale della filiazione, rimandando all interprete i delicati problemi di coordinamento. La medesima intenzione traspare dalla formula dell art. 9, 2 comma, che presuppone l applicazione delle ordinarie regole sul rapporto di filiazione con la madre. Nello stesso senso va letta la disposizione dell art. 9, 3 comma, la quale assume effettiva portata normativa soltanto se intesa quale deroga alla ordinaria disciplina della filiazione naturale, mentre avrebbe una mera portata esplicativa in un sistema in cui il rapporto di filiazione sia fondato esclusivamente sulla regola del consenso. Ma è soprattutto sul piano della valutazione delle conseguenze normative derivanti dall accoglimento dell una o dell altra impostazione che si avverte la maggiore solidità dell interpretazione che propone di coordinare la disciplina speciale in materia di procreazione artificiale con la disciplina generale della filiazione Nella disciplina generale della filiazione il rapporto di maternità si può avere soltanto con la donna partoriente. La regola, desumibile anche dall art. 269, 3 comma, c.c., corrisponde alla struttura stessa della procreazione naturale; non è invece pre-

19 Dottrina 507 visto che il rapporto di filiazione trovi la sua fonte nell'accordo tra la donna partoriente e la donna che ha espresso la volontà di accogliere il nascituro quale figlio (29). In materia di procreazione artificiale, il legislatore avrebbe potuto certamente adottare la diversa soluzione fondata sul consenso(30), almeno per il caso in cui la donna disposta ad assumere l'onere della maternità avesse con il nato un rapporto di derivazione genetica: va escluso che tale conseguenza possa derivare direttamente dalla disposizione dell'art. 8, la quale si riferisce all'ipotesi in cui la procreazione artificiale è consentita dalla legge, o da quelle dell'art. 9, 1" e 3" comma, le quali regolano in via precipua il rapporto di paternità. Si potrebbe porre il dubbio se, nel silenzio del legislatore, si possa pervenire alla medesima soluzione applicando in via analogica il principio che fonda il rapporto di genitorialità sul consenso, espresso dall'art. 8 e dall'art. 9, lo comma (3 1): in senso diverso va notato che il silenzio del legislatore, in questo caso, non va considerato indicativo di lacune, ma piuttosto come una tecnica normativa volta a richiamare la disciplina generale della filiazione. A conferma di tale soluzione, depongono le seguenti considerazioni. L'applicazione della disciplina generale della filiazione, e conseguentemente la costituzione del rapporto filiale con la madre partoriente, risulta la soluzione più coerente con il divieto della surrogazione della maternità (art. 12, 6" comma), penalmente sanzionato anche nei confronti dell'uomo e delle donne che abbiano partecipato o assentito alla sua organizzazione (arg. a contrario art. 12, 8" comma): l'accordo di surrogazione di maternità va conseguentemente considerato nullo e il consenso improduttivo di effetti. (29) Non mette in discussione tale principio, de iure condito, neanche l'ordinanza del Trib. Roma 17 febbraio 2000, in Nuova giur. civ. comm., 2000, I, p. 310 ss., con nota di A. ARGENTESI, che ha autorizzato l'impianto di embrione in forza di un accordo di surrogazione di maternità fondato sullo spirito di solidarietà. (30) Cfr. G. FERRANDO, Libertà, responsabilità e procreazione, cit., p. 441 ss.; P. VERCELLONE, voce Procreazione artificiale, cit., pp. 315 s.; P. ZATTI, Maternità e surrogazione, in Nuova giur. civ. comm., 2000, 11, p. 193 ss.; I. CORTI, La maternità per sostituzione, cit., p. 214 ss.; L. ROSSI CARLEO, Maternità surrogata e status del nato, in questa Rivista, 2002, p. 377 ss. (31) Cfr. G. CASSANO, Le nuove frontiere del diritto di famiglia, Milano, 2000, pp. 79 s.; F.D. BUSNELLI, Libertà di coscienza etica, cit., p. 274.

20 508 Farnilia - parte I Non vi sono preminenti esigenze di tutela del nascituro che possano deporre in senso diverso: va anzi osservato che l ordinamento, circondando di precauzioni il procedimento di adozione, tende ad escludere che il semplice consenso tra la famiglia di origine e quella di accoglimento possa costituire un presupposto per la modifica dello status. Non è d altra parte consolidata nella coscienza sociale l idea che il legame con la madre partoriente possa essere meno significativo di quello con la madre disponibile all accoglimento, anche nel caso in cui quest ultima sia la madre genetica del nascituro. L idea che, in linea di principio, il rapporto di maternità derivante da procreazione artificiale sia fondato sul consenso, e non sul parto, comporterebbe soluzioni particolarmente gravose per il nascituro nel caso, forse di scuola, in cui l intervento di procreazione artificiale sia stato effettuato senza il consenso della madre. Escluso che il consenso possa desumersi a posteriori dal mancato intervento abortivo, si adotterebbe una soluzione, intesa a negare la sussistenza di ogni rapporto filiale con la madre, nella quale risulterebbe del tutto ingiustificata la differenza di disciplina con la filiazione naturale (32). La soluzione accolta, infine, appare quella più coerente con la lettera della disposizione dell art. 9, lo comma (cfr., per una valutazione analitica, sub par ) Decisamente più complesso e delicato è il profilo attinente al rapporto di paternità, in quanto la disciplina generale della filiazione è in larga misura modellata sul principio di attribuzione della paternità al soggetto che ha (o si presume abbia) concepito il nascituro: da quel modello la disciplina della filiazione contenuta nella legge sulla procreazione medicalmente assistita si distacca esplicitamente, prevedendo che il rapporto di paternità sussista in virtù del semplice consenso anche nel caso in cui manchi un rapporto di derivazione genetica (fecondazione eterologa). Va anzi rimarcato che le regole sul concepimento non appaiono in astratto adeguate a disciplinare la fattispecie della procreazione (32) Nella quale, ad es., non vi sono dubbi sulla sussistenza del rapporto di filiazione del nascituro con la vittima di una violenza carnale. Per le medesime considerazioni v. T. AULETTA, Feconduzione artificiale, cit., p. 15, il quale però sembra attribuire una specifica rilevanza sociale alla decisione della donna di non abortire; L. LENTI, La procreazione artificiale, cit., p. 282.

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