I Riperimetrazione territoriale della Zona faunistica delle Alpi.
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- Rosina Rossa
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1 I Riperimetrazione territoriale della Zona faunistica delle Alpi. 1. Premessa giuridica. La sentenza n del del TAR Lombardia, Brescia, ha accolto la censura relativa all individuazione territoriale della Zona faunistica delle Alpi,aggiornata al 1997, per carenza di motivazione. La nuova riperimetrazione della Zona Alpi è delimitata nella presente pianificazione tenendo quale riferimento il Piano faunistico venatorio della Regione Lombardia (approccio condiviso e fatto proprio dalla CTU nel giudizio avanti al TAR Brescia), e la delimitazione geografica e territoriale prevista dalla Convenzione per la Protezione delle Alpi; la nuova perimetrazione è migliorativa rispetto alla proposta originaria (doc. n. 29 depositato nel giudizio avanti al TAR Brescia n. 37/2007 r.g.) in quanto prende in considerazione un maggior numero di variabili biotiche, abiotiche e antropiche. 2. Nuova perimetrazione della Zona faunistica delle Alpi in ottemperanza alle sentenze del TAR Lombardia, Brescia, n. 1532/2010 e n 1573/2011. L art. 27 della L.R , n. 26 stabilisce il criterio di individuazione del territorio della Zona faunistica delle Alpi sulla base della consistente presenza della tipica flora e fauna alpina recependo integralmente quanto previsto dall art. 11 della L , n Nella presente pianificazione, così come già indicato nella carta delle vocazioni faunistiche della Regione Lombardia (AA.VV. 1984), nella proposta di Piano Faunistico Venatorio della Regione Lombardia (Università degli Studi di Milano Bicocca, Università degli Studi dell Insubria e Università degli Studi di Pavia) e nella Convenzione per la protezione delle Alpi, nota come Convenzione delle Alpi stipulata nel 1991, ed entrata in vigore nel 1995, il tema dell individuazione della Zona Alpi viene riconsiderato nella presente pianificazione, prioritariamente sulla base di osservazioni di carattere faunistico e floristico vegetazionale, integrate da recenti acquisizioni scientifiche in materia Aspetti faunistici. La caratterizzazione della Zona Alpi, se considerata esclusivamente da un punto di vista faunistico comporta una serie di problematiche e talvolta di contraddizioni di difficile risoluzione. 18
2 In una accezione restrittiva, si dovrebbe considerare tipica fauna alpina solo quelle specie che frequentano in modo pressoché esclusivo l orizzonte alpino del piano culminale, in pratica, le praterie d alta quota posta al di sopra del limite della vegetazione arborea (circa 1800 m.); in questo senso tra le specie di interesse venatorio rientrerebbero solo la pernice bianca (Lagopus mutus), la lepre alpina (Lepus timidus) e lo stambecco (Capra ibex). Con tale accezione di fauna alpina non verrebbero quindi considerate specie come il camoscio (Rupicapra rupicapra), il gallo forcello (Tetrao tetrix), il gallo cedrone (Tetrao urogallus), il francolino di monte (Bonasa bonasia) e la coturnice (Alectoris graeca), di conseguenza, resterebbero escluse dalla perimetrazione della Zona Alpi tutte le aree forestali in cui queste specie risultano insediate o potenzialmente insediabili. Partendo invece dal presupposto che il legislatore intendesse tutelare maggiormente, anche e soprattutto queste specie, premessa, quest ultima, che ha incontrato il favore del TAR Lombardia, Brescia, nella sentenza n. 1532/2010, diventa ora necessario abbandonare il vecchio criterio ecologico in senso stretto, per adottare un criterio più propriamente geografico che consenta di considerare fauna alpina (tipica), la fauna selvatica presente nei suoi limiti geografici esclusivamente sulle Alpi. Questa pur valida interpretazione di fauna alpina trova tuttavia un limite nella locuzione contenuta nella normativa vigente consistente presenza (art. 27, c. 1, L.R. 26/1993), Secondo un criterio tecnicamente corretto, il concetto di consistente presenza dovrebbe coincidere con valori di densità che si avvicinino a quelli di densità biotica, cioè di massima densità raggiungibile in un determinato ambiente naturale da una popolazione animale selvatica, senza che si manifestino squilibri, sia all interno della stessa specie, sia nei rapporti tra questa e le altre componenti della biocenosi. Pertanto, in teoria, la definizione di consistente presenza ai fini dell individuazione della Zona Alpi potrebbe derivare dall applicazione dei modelli di valutazione ambientale adottati per stabilire il carico massimo possibile dei vari territori in relazione alle diverse specie, da confrontarsi con i risultati di operazioni di censimento. Tuttavia tale approccio, pur teoricamente valido, condurrebbe probabilmente all esclusione della Zona Alpi di numerose aree che, allo stato attuale, non risultano dotate di consistente presenza di fauna tipica alpina nell accezione sopra indicata, ma ne esprimono una soignificativa vocazionalità. Non va inoltre dimenticato che la consistente presenza è un elemento troppo soggetto a variazioni dovute a fattori esterni, in particolare, al tipo di gestione e di pressione venatoria 19
3 esercitata sulla fauna selvatica, per poter essere considerata quale elemento discriminante. In realtà, anche in relazione all espansione degli areali di alcune specie, quali, in particolare il camoscio (Rupicapra rupicapra), l unico criterio proponibile pare quello di comprendere nella Zona Alpi tutti quei territori vocazionalmente adatti alle specie alpine, basandosi di conseguenza non solo su criteri esclusivamente zoologici, ma anche sulle caratteristiche climatiche, morfologiche e vegetazionali del territorio montano bergamasco, indipendentemente dalle attuali condizioni faunistiche. Questa interpretazione è inoltre tesa a favorire ulteriormente l affermarsi di sempre più corretti, moderni e sostenibili criteri di gestione della fauna selvatica, anche là ove l attuale assenza o carenza di specie selvatiche è dovuta non tanto alla mancanza degli habitat adatti, quanto piuttosto a squilibri della gestione faunistico venatoria. Occorre inoltre sottolineare come nella definizione del territorio della Zona Alpi si debba tenere conto della continua evoluzione storico-dinamica del contesto ambientale. Infatti, l attuale perimetrazione della Zona Alpi, ancor oggi quasi identica a quella realizzata negli anni settanta, fa riferimento ad una realtà zoologica e ambientale diversa da quella odierna. Negli ultimi decenni sono intervenuti profondi mutamenti soprattutto nell ambiente montano e pedemontano della provincia coincidente con l attuale territorio dell A.T.C. Prealpino; del tutto evidenti sono l abbandono dei coltivi in collina e sui terrazzamenti, il rimboschimento naturale e artificiale, l'abbandono di interventi di ceduazione e la drastica contrazione dell alpeggio bovino che hanno, indubbiamente, modificato l assetto faunistico e forestale della fascia mediana e bassa delle valli bergamasche Una conferma, in tal senso, viene dall ampliamento dell areale di presenza del camoscio alpino (Rupicapra rupicapra) registrato nell ultimo ventennio in ambienti finora ricompresi nell A.T.C. Prealpino anche nell orizzonte delll'ostrio-carpineto e addirittura dei castagneti. Ad esempio, sul Monte Cavlera (in Comune di Vertova), sul Monte Zucco (in Comune di S. Pellegrino T.), sul Castello della Regina (in Comune di Brembilla) e Corna Camozzera (in Comune di Valsecca) sono insediate stabilmente da alcuni anni neo-popolazioni di questa antilope alpina. Appare pertanto evidente l opportunità di affrontare il problema della definizione dei nuovi confini della zona Alpi seguendo anche altri criteri, diversi da quello strettamente faunistico, ma in grado di integrarlo. 20
4 2.2. Aspetti floristico-vegetazionali. Il territorio della Zona Alpi è individuato, ai sensi del citato comma 1, dell art. 27 della L.R. 26/1993, in base alla consistente presenza della tipica flora e fauna alpina. Per quanto attiene la fauna alpina già si detto nel precedente paragrafo. Le conoscenze relative alla distribuzione areale delle specie vegetali nel territorio alpino hanno portato all elaborazione di alcuni schemi sintetici dai quali è possibile dedurre linee generali utili per una più corretta individuazione della Zona Alpi. Occorre preliminarmente fare una premessa di ordine semantico: 1. il termine alpino è usato in senso ampiamente geografico per tutti i fenomeni, organismi o sistemi che riguardano le Alpi in tutta la loro estensione geografica. E' utile ricordare che la perimetrazione di questa particolare ecoregione è stata individuata dalla Convenzione per la protezione delle Alpi, accordo multilaterale che delinea i principi e i campi di azione più urgenti per la loro conservazione, ratificato da nove Stati dell Unione Europea. Per le specie vegetali che hanno la loro distribuzione coincidente con l arco alpino o almeno in parte, si parla oggi, con maggiore proprietà, di specie alpiane ; 2. si definiscono invece propriamente alpine, le specie e le associazioni vegetali che si trovano al di sopra del limite della vegetazione legnosa, arborea e arbustiva, cioè nell orizzonte altimetrico alpino, per citare solo alcune tra le più note, la stella alpina (Leontopodium alpinum), il rododendro (Rhododendron ferrugineum) e la genziana (Genthiana acaulis). Si può quindi dedurre che il criterio ecologico in senso stretto, non può essere utile per la definizione della Zona Alpi, perché decisamente riduttivo, mentre risulta più efficace, ai fini della presente pianificazione, individuare questa macro-area sulla base di peculiarità vegetazionali che delimitano in modo evidente il passaggio tra la regione alpina e il restante territorio. E altresì dimostrato che esiste un gradiente ovest-est al piede orografico delle Prealpi, che delimita in modo assai evidente il passaggio tra la regione alpina in generale e l alta pianura. Pirola & Sartori, in un pregevole saggio del 1989 in cui è stata analizzata la variazione in corotipi vegetali (piante vascolari) lungo una sezione nord-sud della Lombardia, hanno dimostrato che la nostra Regione può essere suddivisa in tre grandi complessi fitosociologici e floristici: quello alpino, quello planiziale e quello appenninico, tutti ben distinguibili per la variazione di elementi corologici. 21
5 In particolare, la ricerca ha dimostrato: la grande diversità di habitat vegetazionali della montagna; l appartenenza delle foreste mesofile insubriche dominate da roverella, carpino nero e orniello al contesto alpino. Di conseguenza, la delimitazione della Zona Alpi su basi altimetriche, vale a dire definendone il confine sulla linea orografica che divide la pianura dalla montagna, trova sufficienti giustificazioni fitogeografiche. Con approssimazione realistica per la nostra Provincia, si può allora stabilire il limite inferiore della Zona Alpi sul punto di contatto della fascia collinare (orizzonte sub montano della roverella) con la pianura, assumendo nella prassi la differenza del rilievo orografico come punto di riferimento Individuazione dei nuovi confini della Zona Alpi. Da quanto sopra esposto, è possibile, nello spirito dei riferimenti normativi richiamati, distinguere con sufficiente chiarezza il confine tra la Zona faunistica delle Alpi e il restante territorio bergamasco sulla base delle considerazioni di tipo floristico e faunistico integrate da considerazioni di tipo orografico e altimetrico. In tal senso, il confine più razionale della Zona faunistica delle Alpi, in linea con la pronuncia del T.A.R. Lombardia, Brescia del , n. 1532, in sintonia con il Piano Faunistico Venatorio della Regione Lombardia, ancorché non approvato, predisposto dalle Università degli Studi di Milano Bicocca, dell Insubria e di Pavia, condivisa e fatta propria dalla CTU nel giudizio avanti al TAR Brescia, nonché in piena coerenza con l area di applicazione della Convenzione per la protezione delle Alpi, risulta la linea di contatto delle alluvioni, cioè della pianura, con i rilievi collinari. Più nel dettaglio, richiamato l art. 28, c. 1, della L.R. 26/1993, che dispone ai fini di quanto previsto dall art. 14, c. 3, lett. g), le Province sentite le organizzazioni professionali agricole e le associazioni venatorie, ripartiscono il territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata ai sensi dell art. 13, c. 6, in ambiti territoriali e comprensori alpini di caccia omogenei e delimitati esclusivamente da confini naturali e/o ferrovie, autostrade, strade statali o provinciali e altri manufatti evidentemente rilevabili ; si individua il nuovo confine della Zona faunistica delle Alpi nell apposita cartografia parte integrante e sostanziale della presente pianificazione, che contestualmente istituisce il Comprensorio alpino di caccia Prealpi Bergamasche delimitato a Nord dal vecchio confine della Zona faunistica delle Alpi abrogato dalla presente pianificazione, a Sud dal nuovo confine della 22
6 Zona faunistica delle Alpi come sopra descritto, ad Est dalla provincia di Brescia ed a Ovest dalla provincia di Lecco. In conseguenza a quanto sopra ed al fine di disciplinare coerentemente l'esercizio della caccia vagante nel novellato Comprensorio Alpino, non sono tenuti al colloquio di cui all art. 27, comma 11, L.R. 26/1993, esclusivamente per l'esercizio venatorio in forma vagante sul territorio del Comprensorio Alpino di Caccia Prealpi Bergamasche, i cacciatori del predetto Comprensorio, che hanno già esercitato la caccia vagante sul territorio dell ex ATC Prealpino (oggi in parte CAC Prealpi Bergamasche), anteriormente all approvazione della presente pianificazione e che risultino iscritti all'ex ATC Prealpino nella stagione venatoria 2012/2013, la deroga è estesa altresì ai cacciatori che negli anni scorsi hanno cacciato nell ATC Prealpino ed hanno smesso solo per mancato rinnovo della licenza di caccia e non per spostamento in altro ATC. Caccia sulla neve nella Zona Faunistica delle Alpi. Premesso che la normativa nazionale e regionale non prevede alcuna disposizione a tutela della fauna selvatica stanziale o migratoria quando il terreno è coperto in tutto o nella maggior parte da neve, la presente pianificazione al fine di mitigare la pressione venatoria sulle specie selvatiche prevede il divieto di caccia su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve, ad eccezione della caccia di selezione agli ungulati poligastrici e al cinghiale anche in forma collettiva, nonché al gallo forcello e dagli appostamenti fissi alla cesena ed al tordo sassello Criteri per l individuazione delle Zone di maggiore e minore tutela. Ai sensi dell art. 27, c. 2-bis, della L.R , n. 26, le Province possono istituire all interno dei comprensori alpini di caccia, di concerto con questi, due distinti comparti venatori, denominati l uno Zona di maggior tutela (Zona A) e l altro Zona di minor tutela (Zona B), con l esercizio della caccia differenziato in relazione alla peculiarità degli ambienti e delle specie di fauna selvatica ivi esistenti e meritevoli di particolare tutela. Al fine di individuare i due comparti, definiti in dettaglio nelle tavole cartografiche di riferimento di ciascun Comprensorio alpino: Valle Brembana, Valle Seriana, Valle di Scalve, Valle Borlezza e Prealpi bergamasche, sono stati considerati i seguenti elementi principali: 23
7 elemento vegetazionale: perché il limite superiore della zona fitoclimatica del castagno e della roverella demarca significativamente ecosistemi all interno della Zona Alpi come sopra individuata; elemento faunistico: perché è opportuno ricomprendere gli areali di presenza dei tetraonidi (pernice bianca, francolino di monte, gallo cedrone, gallo forcello) della coturnice alpina, della lepre variabile e dello stambecco, della marmotta e dell ermellino, specie alpine di notevole rilevanza ecologica e faunistica, interamente entro il limite della Zona di maggior tutela. I confini della zona di minor tutela sono stati individuati di riflesso; elemento antropico: in quanto le aree di minor tutela sono state individuate anche in base all intensità dell azione antropica, valutata soprattutto in termini di insediamenti e di infrastrutture. La distinzione della Zona Alpi in due distinti comparti a diverso gradiente di tutela, si rende necessaria al fine di ridurre la pressione venatoria nella zona identificata come di maggior tutela (Zona A), quest'ultimo comparto è caratterizzato dall accesso misurato dei cacciatori e da una stagione venatoria più breve. A tale proposito, sulla base dei criteri sopra esposti, la suddivisione della Zona Alpi in due comparti a diverso grado di gestione faunistico - venatoria viene così individuata: Un comparto - Zona B - ossia di minor tutela, orientativamente attestato sotto la quota altimetrica 1600 mt. s.l.m, comprendente gran parte dell'habitat della beccaccia ed eventualmente della lepre comune, al di sotto dell'habitat del gallo forcello. Un comparto - Zona A - ossia di maggior tutela per via di un più alto valore naturalistico e venatorio, caratterizzato dalla presenza di specie non ripristinabili (gallo forcello, francolino di monte, pernice bianca, lepre alpina, coturnice), dove attuare una minor pressione venatoria ed un prelievo rigorosamente correlato al successo riproduttivo annuale di queste specie. In questo comparto sono vietate qualsiasi immissione di fauna selvatica allevata, salvo si tratti di progetti specifici approvati dalla Provincia e, per la parte ricadente nei siti di Rete Natura 2000, in accordo con gli Enti gestori. La delimitazione tra la Zona di maggior tutela (Zona A) e la Zona di minor tutela (Zona B) prevista nella presente pianificazione è descritta nelle apposite cartografie che ne costituiscono parte integrante sostanziale. 24
8 Comprensorio Alpino di caccia "Prealpi Bergamasche" Zona di minor tutela Zona di maggior tutela(*) (*) così come emendato
9 26
10 27
11 Comprensorio Alpino di Caccia "Vallle Borlezza" Zona di maggior tutela N Zona di minor tutela metri 28
12 Comprensorio Alpino di Caccia "Val di Scalve" Zona di maggior tutela N Zona di minor tutela metri 29
2. Premessa giuridica.
III Individuazione dei valichi montani di cui all art. 43, c. 3, L.R. 26/1993 in coerenza alla nuova riperimetrazione della Zona faunistica delle Alpi. 1. Individuazione dei flussi di migrazione. Nell'area
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