Corso Regionale Medicina dello Sport Dicembre Dott. Stefano Bianchi Medico Chirurgo Specialista in Medicina dello Sport ASL 3 Toscana

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1 Corso Regionale Medicina dello Sport Dicembre 2012 Valutazione funzionale e prescrizione dell esercizio fisico in soggetti portatori di patologie croniche Dott. Stefano Bianchi Medico Chirurgo Specialista in Medicina dello Sport ASL 3 Toscana U.O. Medicina dello Sport

2 OMEOSTASI GLICEMICA E METABOLISMO INTERMEDIO

3 OMEOSTASI GLICEMICA E METABOLISMO INTERMEDIO INSULINA(post prandiale e post attività fisica) CONTROINSULARI(digiuno e attività fisica) Increzione glucagone Increzione insulina Glicogenolisi epatica Gluconeogenesi epatica Glicogenosintesi Trasporto intracell di Glucosio Lipogenesi e Lipolisi Glicogenolisi epatica Gluconeogenesi epatica Glicogenosintesi Beta ossidazione FFA con produzione corpi chetonici

4 OMEOSTASI GLICEMICA E METABOLISMO INTERMEDIO Azione insulina: : attività di tipo ANABOLICO. Viene secreta dal pancreas endocrino allo scopo di immagazzinare principi nutrizionali che possano essere poi riutilizzati successivamente (nel post prandiale) o reintegrare le scorte utilizzate (nel post attività fisica). Siti di azione di insulina: MUSCOLO(miocita): favorisce principalmente entrata glucosio e di AA con produzione di glicogeno ADIPE(adipocita): favorisce entrata A.G. e glicerolo e glucosio con produzione di trigliceridi FEGATO(epatocita): favorisce entrata glucosio con produzione di glicogeno

5 OMEOSTASI GLICEMICA E METABOLISMO INTERMEDIO INSULINA: : Ormone proteico prodotto dalle cellule betadelle isole di Langherans (pancreas endocrino), formato da due catene di AA(catena A di 21 AA e catena B di 30 AA) unite da due ponti solfuro. E stata la prima proteina di cui si è conosciuta l esatta sequenza aminoacidica. Viene sintetizzata nei microsomi delle cellule beta come PRE-PROinsulina(11500 D), poi trasformata in PROinsulina(9000) ed infine scissa ed immagazzinata nei granuli di secrezione come INSULINA + Peptide C. Dato il suo esiguo PM circola liberamente (senza carrier)

6 DIABETE: : alterazione del metabolismo intermedio ed in particolare dell omeostasi glicemica a seguito di 1) insufficiente increzione di insulina da parte del pancreas endocrino 2) insufficiente azione della stessa nelle cellule bersaglio 3) combinazione di entrambe

7 CLASSIFICAZIONE O.M.S. 1980: IDDMo TIPO I o diabete dell età giovanile NIDDMo TIPO II o diabete dell età matura Classificazione poco precisa perché alcuni pazienti con IDDM non sono giovani e simulano caratteristiche del tipo II, così come alcuni con NIDDM necessitano di terapia insulinica

8 American Diabetes Association(1997) :

9 EZIOPATOGENESI Nel caso di deficit di produzione dell insulina (diabete tipo 1), le conseguenze sono principalmente una carenza nell utilizzazione del glucosio da parte dei tessuti per cui si ha un aumento della glicemia (iperglicemia). Nonostante questo esubero, mancando lo stimolo ormonale anabolico l organismo si comporta come fosse perennemente in digiuno (stato catabolico). Vengono quindi mobilizzate le proteine, i grassi e il glicogeno e viene attivata la glicogenolisi e la formazione di corpi chetonici (iperglicemia e chetosi)

10 EZIOPATOGENESI Nel caso invece di deficit dell azione periferica di insulina (diabete tipo 2), le conseguenze sono una iperproduzione della stessa (iperinsulinemia) con difficoltà nell utilizzazione del glucosio da parte dei tessuti. Si ha quindi tendenza ad una iperglicemia pur senza lo stato catabolico. L aumento dell insulina circolante ha degli effetti negativi sulla salute, oltrechè determinare un progressivo sfiancamento delle cellule che la producono con il rischio di aggiungere all iperglicemia le conseguenze legate alla sua carenza, simili a quelle già descritte

11 A.D.A (più usati): PRINCIPI DELLA PRESCRIZIONE CRITERI DIAGNOSTICI Glicemia a digiuno normale < 100. La condizione intermedia tra la normalità ed il diabete viene definita alterata omeostasi glicemica (IGH) o pre diabete e comprende l alterata glicemia a digiuno (IFG) cioè glicemia tra 100 e 125 e/o Hb glicata tra 5.7% e 6.4% e/o l alterata tolleranza al carico di glucosio (IGT) cioè glicemia dopo due ore da OGTT tra 140 e 199 Condizione di diabete mellito se uno o più tra questi quattro 1) Glicemia a digiuno 126 2) Glicemia dopo due ore da OGTT > ) Hb glicata > 6.5% 4) Classici sintomi di iperglicemia (poliuria, polidipsia, perdita di peso) o di crisi iperglicemica

12 CLINICA TIPO 1:mancato accrescimento, infezioni ricorrenti, poliuria (per effetto osmotico della glicosuria), polidipsia, polifagia (per stato catabolico), riduzione peso (per stato catabolico), astenia, sintomi della chetoacidosi come disidratazione, nausea, anoressia, dolori addominali, vomito, poliuria, alito fruttato

13 CLINICA TIPO 2:sintomi anche assenti per molto tempo o comunque molto sfumati. In genere infezioni ricorrenti ed al massimo lieve poliuria (glicosuria in genere se la glicemia supera i 200, oppure anche più alta in caso di nefropatia diabetica con riduzione di UFG). L esordio nella quasi totalità dei casi avviene dopo i 30 anni ed in modo lento e graduale, talvolta solo con le complicanze. Normalmente non vi è polifagia, astenia e chetoacidosi perché non siamo di fronte un deficit assoluto di insulina, a meno che non siamo nella fase terminale della malattia (esaurimento delle cellule β) oppure in situazioni di particolare stress (es infezioni in atto, interventi chirurgici, terapie farmacologiche).

14 DIABETE TIPO 2: EPIDEMIOLOGIA Riguardo a questa patologia, l OMS parla di una vera e propria epidemia mondiale. Il diabete tipo 2 rappresenta percentualmente circa il 90%dei casi di tutte le forme di diabete. nel 1985 vi erano 30 milionidi diabetici tipo 2 nel mondo nel 1995: 135 milioni Nel 2001: 177 milioni attualmente:285 milioni ( nuovi casi al giorno) Nel 2030: si prevedono 438 milioni

15 DIABETE TIPO 2: EPIDEMIOLOGIA Dal momento che la patologia è in genere inizialmente asintomatica, la prevalenza nella popolazione risulta sicuramente sottostimata rispetto a quella reale. La sua presenza andrebbe sempre ricercata nelle persone sovrappeso, sedentarie e che presentano uno o più componenti della sindrome metabolica. L incidenza della malattia aumenta anche con l età. Nel recente STUDIO IGLOO (italiano): In persone di età di 55 anni con uno o più fattori di rischio, 1 su 5 aveva il diabete tipo 2 senza saperlo

16 DIABETE TIPO 2: EPIDEMIOLOGIA In USAil 10%della popolazione tra 20 e 80 anni ha il diabete tipo 2 e di questi il 25%non sa di averlo. Sempre in USA, il 33%di coloro nati dopo il 2000 lo svilupperanno nel futuro, per arrivare al 50% in coloro che appartengono a razze geneticamente a rischio. In ITALIAci sono attualmente 3 milioni(4.9%) di persone con diabete tipo 2 diagnosticato, 1 milione(1.6%) di persone con un diabete tipo 2 misconosciuto e 2.6 milioni(4.3%) di persone con problemi di controllo glicemico. In totale più del 9%della popolazione è quindi interessata a forme di insulino resistenza e/o iperglicemia più o meno stabile In ASIAin pochi anni si è arrivati al 7.6%della popolazione con diabete di tipo 2 (saranno il 9.1% nel 2030).

17 DIABETE TIPO 2: EPIDEMIOLOGIA Il numero di persone con diabete tipo 2 è quindi in veloce crescita sia come incidenza che come prevalenza e questo sia nei paesi avanzati che nei paesi che hanno iniziato da poco il loro sviluppo economico. Questo è legato ai due principali fattori eziopatogenetici: ALIMENTAZIONE(si mangia di più e peggio) e STILE DI VITA(aumento della sedentarietà).

18 DIABETE: COSTI Il costo in Italia del diabete è circa il 6.65%della spesa sanitaria complessiva, con un costo pro capite dei pazienti che è più del doppiorispetto alla media nazionale. In caso di complicanze microvascolari, il costo pro capite dei pazienti sale a 2.6 volte(rispetto al costo senza complicanze). In caso di complicanze macrovascolari il costo sale a 3.5 volte. In caso di entrambe a 4.7 volte Attualmente si hanno 4 milionidi morti all anno a causa del diabete o delle sue complicanze

19 21 DIABETE TIPO 2, il perché di questa epidemia Il genoma umano è stimato in circa geni ed è stato selezionato in un era ( A.C.) in cui l attività fisica era fondamentale per la sopravvivenza (cacciare). Altrettanto fondamentale era anche la capacità di adattarsi ai momenti di scarsità di approvvigionamento stoccando le scorte energetiche nei momenti viceversa di introito alimentare.

20 DIABETE TIPO 2, il perché di questa epidemia Questo corredo genetico determinante l anatomia e la fisiologia di base e quindi la capacità endocrino metabolica di adattarsi alle diverse condizioni ambientali è rimasto praticamente immutatonel corso degli ultimi e risulta pertanto molto più efficacenel far fronte a situazioni di attività fisicae di digiuno, piuttosto che di sedentarietà e di abbondanza.

21 21 DIABETE TIPO 2, il perché di questa epidemia Soprattutto negli ultimi 50 anni si è assistito ad un profondo cambiamento dello stile di vita della maggior parte della popolazione umana, caratterizzato da notevole sedentarietà e da una continua disponibilità di cibo ad elevata componente calorica, situazione quindi diametralmente oppostarispetto a quella che ha selezionato il genoma. Sono pertanto aumentate esponenzialmente le persone sottoposte ad una situazione a cui l organismo non riesce ad adattarsi in modo efficace in termini di conservazione della salute

22 21 DIABETE TIPO 2, il perché di questa epidemia Cordain et al.(2002) hanno calcolato che l uomo cacciatore di anni fa aveva un dispendio energetico quotidiano di 72Kj/Kg in più rispetto ad un adulto medio contemporaneo di un paese industrializzato, equivalente circa ad una camminata di 20 Kmper un individuo di 70 Kg Ruff et al(1993) avevano già calcolato che la robustezza dell ossatura dell uomo e la quantità di tessuto muscolare dell uomo di anni fa erano superiori a quella dell uomo moderno

23 21 DIABETE TIPO 2, il perché di questa epidemia L inattività fisica e l eccesso di introito calorico (quindi anche l eccesso di grasso corporeo) risultano la principale causa di una situazione endocrino metabolica che è spesso destinata a diventare una potenziale e significativa fonte di patologia. Le conseguenze di ciò sono la grande diffusione di quelle che si definiscono la moderne malattie croniche (in particolare, malattie cardiovascolari e diabete tipo 2, ma anche etp colon retto ed altre) in cui, appunto, sia la componente dell alimentazioneche quella della sedentarietàgiocano un ruolo molto importante. La sedentarietà pertanto non può essere considerata una condizione di semplice normalità, ma una vera e propria causa di malattia

24 21 DIABETE TIPO 2, il perché di questa epidemia Studio PASSI sulla popolazione Toscana, del 2010: solo il 33.5%della popolazione svolge attività fisica in quantità non inferiore a quanto raccomandato per la prevenzione e/o cura delle moderne malattie croniche

25 DIABETE TIPO 2 - EZIOPATOGENESI

26 DIABETE TIPO 2: EZIOPATOGENESI Come detto, questa patologia è dovuta ad una combinazione di insulino-resistenzaperiferica (in particolare, nel tessuto muscolare) e di insulino-deficienza assoluta (inadeguata produzione). L importanza di una o dell altra componente varia da caso a caso, anche se in genere prevale nettamente la primaalmeno nella maggior parte della durata della malattia (peptide C circolante maggiore di 1 ng/ml). La maggior parte dei soggetti affetti, infatti, NON ha bisogno della terapia insulinica

27 DIABETE TIPO 2: EZIOPATOGENESI In più dell 80% dei casi il diabete tipo 2 è associato ad un aumento dell adipe viscerale, che rappresenta la principale causa di insulino resistenza periferica per una sorta di feed back negativo nei confronti del continuo accumulo di scorte energetiche. Lo stesso aumento del grasso viscerale crea tra l altro anche i presupposti per altri elementi di rischio cardiovascolare (oltre aquelli legati alla insulino resistenza e alla iperglicemia) riuniti in quella che viene definita sindrome metabolica.

28 DIABETE TIPO 2: EZIOPATOGENESI Oltre alla quantità di adipe viscerale, nel diabete tipo 2 è coinvolta comunque anche una componente genetica multifattoriale ed infatti difetti nella risposta periferica all insulina o nella secrezione della stessa sono spesso presenti in familiari di soggetti con diabete tipo 2, anche se non caratterizzati da aumento del grasso viscerale

29 DIABETE TIPO 2: EZIOPATOGENESI aumento adipe viscerale, insulino resistenza periferica, dislipidemia, ipertensione, iperglicemia, stato pro infiammatorio e procoagulativo, aumento del rischio cardiovascolare Sindrome metabolica Diabete tipo 2

30 SINDROME METABOLICA Definizione O.M.S.: Presenza di: 1) insulino resistenza ed alterazioni della glicemia basale o post prandiale + 2) ipertensione ( 140/90) + 3) ipertrigliceridemia ( 150) o basse HDL < 35 in e e 39 in ) ) + 4) obesità centrale (BMI > 30 o rapporto vita/fianchi > 0.9 in e e 0.85 in ) ) + 5) microalbuminuria Definizione Gruppo di Studio Europeo dell insulino resistenza: Tre o più tra 1) BMI > 30 o circonferenza addominale > 102 in e e 88 in 2) Glicemia a digiuno > 110 3) PA 130/85 4) Trigliceridemia 150 5) HDL < 40 in o o < 50 in

31 INSULINO RESISTENZA(definizione): Condizione clinica o sperimentale in cui l insulina esercita un effetto biologico inferiore a quello atteso. Può coinvolgere tutti i tessuti (fegato, muscolo scheletrico, adipe) o solo uno di questi (es muscolo); può inoltre coinvolgere tutti i processi biologici di cui si occupa l insulina (metabolismo glicidico, protidico, lipidico) o solo uno di questi (in genere quello glicidico, con minor effetto ipoglicemizzante)

32 Valutazione della insulino resistenza perifericain in ordine decrescente di specificità ma crescente di facilità esecutiva : - Clamp euglicemico iperinsulinemico - Test glucoso e.v. (IVGTT) - Test insulina e.v. (ITT) - Test soppressione insulinica (somatostatina + insulina + glucoso) - Insulinemia a digiuno e indice H.O.M.A.

33 Esami più semplici di valutazione di insulino resistenzaperiferica (con alcune limitazioni e quindi di affidabilità non elevata): 1) Insulinemia a digiuno 2)Indice H.O.M.A.(Homeostasis Model Assessment). Può essere anche un segno precoce di rischio del diabete 2 e precedere anche di molto tempo la comparsa della patologia: glicemia a digiuno (mmoli x L) x insulinemia a digiuno (mui x L) 22.5 a c.n. va tra 0.23 e 2.5. Se i valori sono superiori a 2.5 si parla di insulino resistenza. Se la glicemia è misurata in mg/100ml il denominatore è 405 e non 22.5

34 RISPOSTA PERIFERICA alla IPERGLICEMIA IPERGLICEMIA Capacità di uptake del glucoso da parte dei tessuti bersaglio Genetica Adipe viscerale(-) Attività fisica(+) Capillarizzazione(+) Glicemia (-) FFA circolanti (-) Fumo (-) Farmaci risposta insulino dipendente (sempre attiva) e insulino indipendente (soprattutto in attività fisica e digiuno)

35 RISPOSTA PERIFERICA ALL INSULINA - FISIOLOGIA La risposta all insulina ed in generale della capacità di uptake del glucosonegli organi bersaglio (in particolare tessuto muscolare) a seguito di modificazioni glicemiche è fisiologicamente e continuamentevariabilee la sua entità può dipendere da molti fattori. I fisiologici meccanismi regolatori sono strutturati in modo tale da aumentarerapidamente l efficienza della risposta quando c è maggiore bisogno (attività fisica, digiuno, ecc) e da diminuirla quando invece il corpo è in una situazione di abbondanza (riposo, molta disponibilità di cibo, sovrappeso) Questa modificazione della risposta è estremamente rapida (ore) nel caso di digiuno/cibo ma risulta abbastanza veloce (pochissimi giorni) anche riguardo alla attività fisica

36 RISPOSTA PERIFERICA ALL INSULINA FISIOLOGIA Un ruolo determinante nella risposta periferica all insulina lo riveste il GRASSO VISCERALE, che èl adipe dei visceri, della zona addominale e dei fianchi. Il grasso corporeo è infatti suddivisibile in: 1) GRASSO ESSENZIALE(nel midollo osseo, polmoni, milza, fegato, SNC, intestino). Risulta essere circa il 3% del peso tot in uomini e 12% nella donne. Queste percentuali corrispondono ai valori minimi compatibili con uno stato di salute 2)GRASSO VISCERALE O DI DEPOSITO(nel sottocute e nei dintorni dei visceri a scopo protettivo). Risulta essere circa il 12% del peso tot in uomini e 15% nella donna.

37 Viene considerata una situazione di eccesso di grasso viscerale quella caratterizzata da > 22% di massa grassa corporea in sesso maschile > 30% di massa grassa corporea in sesso femminile oppure una circonferenza addominale > di 102 cm nel sesso maschile > di 88 cm nel sesso femminile oppure un rapporto circonferenza vita/fianchi >0.9 nel sesso maschile >1 nel sesso femminile

38 Il grasso viscerale non rappresenta infatti un semplice deposito ma un vero e proprio organo endocrino. Un aumento della quantità del grasso (TRG) negli adipociti a questo livello crea: 1) aumento dei FFA in circoloche competono con glucoso a livello 1) aumento dei FFA in circoloche competono con glucoso a livello di adipociti e miociti e quindi creano insulino resistenzaper minor capacità di uptake glucoso 2) stress endoplasmicocon liberazione di citochine tipo leptina, adiponectina, resistina, IL-6, TNF α, PAI 1, IL-E, PCR, fibrinogeno. Questo rilascio a sua volta crea a) stato proinfiammatorio e procoagulativo(fattore di rischio CV) b) riduzione della vasodilatazione microvascolarecon riduzione della capillarizzazione e tendenza all ipertensione c) modulazione del segnale insulinico periferico post recettoriale (mediatori IRS 1, IRS -2 e P 3kinasi) con insulino resistenza generalizzata ma in particolare a livello del tessuto muscolare.

39 RISPOSTA PERIFERICA ALL INSULINA FISIOLOGIA Oltre al grasso viscerale, altro importante modulatore della risposta periferica all insulina ed in generale della capacità di uptake del glucoso cellulare è rappresentato dalla attività fisica(contrazione muscolare), che crea nel miocita sia in modo diretto (attivazione enzimatica) che indiretto (regolazione della trascrizione genica) un aumento del trasporto di glucoso

40 RISPOSTA PERIFERICA ALL INSULINA - FISIOLOGIA Sia in topi (Seider er at, 1982) che in uomini sani (Heath et al, 1983) è stato dimostrato il veloce adattamento della risposta insulinica ad una condizione di attività fisica così come ad una condizione di sedentarietà. In particolare Kovisto et al (J. Clin. Invest. 1993; 4: ) hanno dimostrato già nel lavoro Mechanismo of enanched insulin sensitivity in athletes. Increased blood flow, muscle glucose transport protein (Glut 4) concentration and glicogen synthase activity un AUMENTO del 32%dell indice della sensibilità insulinicalegata alla attività fisica e misurata con il clamp euglicemico iperinsulinemico che si mantiene fino a 72 h post esercizio

41 EZIOPATOGENESI DIABETE TIPO 2 Una eventuale situazione di protratta insulino resistenza periferica legata in modo variabile a 1) fattori genetici 2) aumento del grasso viscerale 3) mancanza di attività fisica costringe per lungo tempo il pancreas endocrino ad un surplus di secrezione di insulina per provare a mantenere una corretta omeostasi glicemica, con il risultato di un progressivo sfiancamentodelle cellule βche alla fine può portare anche ad un deficit quasi totale di produzione di insulina.

42 EZIOPATOGENESI DIABETE TIPO 2 Da un punto di vista eziopatogenetico, quindi, nel diabete tipo 2 si sommano progressivamente con il tempo le conseguenze della 1) insulino resistenza periferica con conseguente iperinsulinemia 2) successiva iperglicemia e talvolta, ancora più oltre, a quelle legate al 3) deficit assoluto di insulina

43 EZIOPATOGENESI DIABETE TIPO 2 CONSEGUENZE DELLA INSULINO RESISTENZA 1) Aumento della produzione di insulina per mantenere l omeostasi glicemica (iperinsulinemia) CONSEGUENZE DELLA IPERINSULINEMIA 1) Vasodilatazione continua con disfunzione endoteliale e quindi una alterazione del sistema nitrergico(no) con tendenza allo sviluppo di ipertensione 2) Aumento della ritenzione di Nacon tendenza allo sviluppo di ipertensione 2) Aumento spessorepareti miocardiche (ipertrofia Vsx) e spessore miointimale carotideo 3) Aumento tono simpatico 4) Aumento mortalità CVindipendentemente dai fattori di rischio tradizionali

44 CONSEGUENZE DELLA IPERGLICEMIA 1)Glucotossicità con -Disfunzione mitocondriale con riduzione dell ATP -Disfunzione mitocondriale con riduzione dell ATP cellulare, delle proteine di fusione e dell ossidazione lipidica. Si ha tendenza alla deposizione lipidica intracellulare e alla riduzione delle fibre muscolari di tipo I (sarcopenia), tra l altro le più sensibili all azione dell insulina, con ulteriore peggioramento della insulino resistenza - Disfunzione citoplasmatica - Aumento dei radicali liberi

45 CONSEGUENZE DELLA IPERGLICEMIA: 2) Glicazioneproteine delle pareti vasali con microangiopatia e alterazione endoteliale 3) Aumento del livello di TRG in VLDL (dislipidemia)con produzione di LDL piccole e dense da parte del fegato, caratterizzate elevati livelli di apolipoproteine B, più aterogene a parità di valori di LDL circolanti perché tendono a passare più facilmente a livello della parete arteriosa. Questo provoca il suo coinvolgimento nella patogenesi della lesione ateromasicaindipendentemente indipendentemente dagli altri fattori di rischio

46 DIABETE TIPO 2 iperinsulinemia, iperglicemia, eccesso di grasso viscerale mancanza di attività fisica, genetica Stato proinfiammatorio-coagulativo Ipertensione Dislipidemia Alterazione endoteliale Glucotossicità cellulare Glicazione pareti vasali Sovrappeso AUMENTO RISCHIO CARDIOVASCOLARE

47 DIABETE TIPO 2 - COMPLICANZE Le complicanze si dividono in: MICROANGIOPATICHE(danno ai piccoli vasi con glicazione delle proteine nelle pareti vasali) con eventuale retinopatia, nefropatia, neuropatia, cardiopatia, ecc MACROANGIOPATICHE(precoce aterosclerosi) La microalbuminuria risulta notevole predittore di rischio coronaropatico in un soggetto diabetico perché indicativo di danno microvascolare o disfunzione endoteliale. IN GENERALE quindi il diabete risulta causa molto significativa di mortalità e morbidità prematura

48 DIABETE - COMPLICANZE Complicanze cardiovascolari: 80% della mortalità tot associata al diabete

49 Fattori di rischio cardiovascolare (linee guida 2007 European Society of Hypertension/ European Society of Cardiology) Diabete = equivalente ischemico

50 Rischio cardiovascolare aggiunto (rischio di eventi CV fatali o non fatali entro 10 anni): BASSO: <15% MODERATO: 15 20% ELEVATO: 20-30% MOLTO ELEVATO: > 30%

51 COSA FARE DOPO UNA DIAGNOSI DI DIABETE TIPO 2?

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53 Per almeno due mesidopo la diagnosi di diabete tipo 2, in assenza ovviamente di situazioni di particolare rischio, la terapia si basa sui due tipi di INTERVENTI PRIMARI: 1) DIETA,, soprattutto ipocalorica se vi è necessità di perdita di peso. La composizione deve essere caratterizzata da 50 60% di CHOa basso indice glicemico, 25-30% di grassisoprattutto soprattutto poli insaturi, 15% di proteine, oltre a molte fibre. L alcool dovrebbe essere evitato o consumato in modo molto moderato e solo se vi è un buon compenso (acidosi lattica). Ideale sarebbe il raggiungimento di BMI non superiore a 25. Recenti studi (Università di Pavia) dimostrano che la supplementazione giornaliera con 3 gr di OMEGA-3PUFA (EPA e DHA) migliora anche l insulino resistenza oltre che l assetto lipidico 2) ESERCIZIO FISICO

54 Solo in caso di insufficiente controllo metabolico si aggiunge in seguito la TERAPIA FARMACOLOGICA per os e/o INSULINO terapia. Tale intervento medico, quindi, non deve essere assolutamente sostitutivo dell attività fisica e della dietoterapia bensì solo complementare

55 FARMACI per os (IPOGLICEMIZZANTI) a) INSULINO-STIMOLANTI (secretagoghi).provocano un aumento della produzione dell insulina da parte delle cellule beta. Sono le SULFANILUREE(glibencamide, glimepiride, emivita più lunga) e i GLINIDI(più recenti, es rapaglinide e nateglinide, emivita più breve). Si usano in genere ai pasti, sono contro indicati in gravidanza, malattie renali, malattie epatiche. Possono creare qualche rischio di ipoglicemiae, soprattutto le sulfaniluree, possono creare riduzione della FEV cardiaca e minor protezione ischemica miocardio. Ideale quindi l uso dei glinidi, sia per l emivita più breve che per minor impatto sulla funzionalità cardiaca

56 FARMACI per os (IPOGLICEMIZZANTI) b) INSULINO SENSIBILIZZANTI. Provocano un potenziamento della ricezione del segnale insulinico in periferia. BIGUANIDI(metformina, sopprime la produzione di glucosio da parte del fegato). Si usa classicamente in obesi, magari in associazione con sulfaniluree. Non crea rischio di ipoglicemia ma può dare diarrea e acidosi lattica. Sembra assicurare un effetto di prevenzione cardiovascolare anche indipendentemente dalla riduzione della glicemia. Da non usare in epatopatie, in etilisti, in coloro con ipossiemia (es BPCO) ed in scompenso cardiaco. TIAZOLIDINDIONI(rosiglitazone e pioglitazone). Si legano a recettori nucleari (PPAR) che attivano sequenze del DNA trascrivendo dei messaggeri che creano un aumento della sensibilità all azione dell insulina. Possono dare aumento di peso e ritenzione idrica, per cui vanno evitati in scompenso cardiaco. Si usano in genere in alternativa a metformina.

57 FARMACI per os (IPOGLICEMIZZANTI) c) RIDUTTORI ASSORBIMENTO INTESTINALE GLICIDI INIBITORI alfa glicosidasi intestinale (acarbose, miglitolo). Utilizzati pre pasto d) ATTIVATORI INCRETINE

58 INCRETINE (INtestine secretion insulin) Ormoni (GIP Glucose dipendent Insulinotropic Polipeptide e GLP 1 e 2-Glucagon Like Peptide) rilasciati nel sangue da parte dell intestino a seguito di un pasto, servono a stimolare le cellule β alla produzione di insulina in risposta alla glicemia. L effetto incretinico è quello misurabile dalla differenza di risposta insulinica tra l introduzione di glucosio per os e quella ev. Le incretine hanno anche azione anti apoptosi sulle cellule β, aumento della sensibilità periferica all insulina, azione sul SNC (sazietà) ed effetti benefici cardiovascolari (ancora in fase di studio).

59 FARMACI ATTIVATORI INCRETINE Gruppo di nuovi farmaci. Dato che sono simil insulino-stimolantistimolanti (parzialmente secretagoghi) si usano da soli o in associazione con metformina. Più raramente in associazione con sulfaniluree, nel qual caso vanno ridotte le posologie per evitare ipoglicemie INCRETINO MIMETICI(exenatide) agiscono aumentando la produzione di GLP 1 INIBITORI della dipeptidil-peptidasi peptidasi IV(sitagliptin, vildagliptin) agiscono inibendo la degradazione delle incretine

60 LA PRESCRIZIONE DELL ESERCIZIO FISICO NEL DIABETE TIPO 2

61 EFFETTI DELL ESERCIZIO FISICO TRASDUZIONE DEL SEGNALE GENOTIPO Trasduzione, cioè trasferimento di segnali e sollecitazioni dall esterno all interno cellula con attivazione di cascate enzimatiche (della fosfatasi, della chinasi, segnali citosolici, segnali nucleari, ecc) che creano a) IMMEDIATE MODIFICAZIONI METABOLICHE b) SUCCESSIVA MODIFICAZIONE DELL ATTIVITA GENICA (regolazione della attivazione e/o trascrizione di geni) FENOTIPO

62 EFFETTI DELL ESERCIZIO FISICO TRASDUZIONE DEL SEGNALE

63 EFFETTI DELL ESERCIZIO FISICO EFFETTI DELL ESERCIZIO FISICO In risposta all attività fisica, nei miociti si creano una molteplicità di segnali di trasduzione (NETWORK) che creano un adattamento cellulare sia in modo diretto che attraverso la modulazione dell espressione genica

64 EFFETTI DELL ESERCIZIO FISICO Uno dei principali (non certo l unico) meccanismi di trasduzione del miocita è rappresentato dall AMP kinasiche si inattiva/attiva a seguito del glicogeno muscolare (monitor stato energetico dei muscoli) e della contrazione muscolare (monitor delle richiesta funzionali).

65 EFFETTI DELL ESERCIZIO FISICO L attivazione del AMPK crea a sua volta l attivazione di una cascata fosforilativa di proteine che agiscono metabolicamente nel miocita sia in modo diretto (attivazione enzimatica) che indiretto (regolazione della trascrizione genica)

66 EFFETTI DELL ESERCIZIO FISICO Meccanismi di uptake del glucoso da parte del miocita e loro regolazione

67 REGOLAZIONE DELLA CAPACITA DI UPTAKE DI GLUCOSO DA PARTE DEL MIOCITA A riposo e nel post prandiale: l uptake del glucoso dipende in gran parte dal meccanismo insulinico(l unico che viene compromesso nel diabete tipo 2) Durante-dopo esercizio fisico: dipende in egual misura dal meccanismo insulinico e da quello non insulinico, dal momento che vi è la necessità sia di liberare in circolo il glucosio dal fegato che di aumentare l uptake del glucoso da parte dei miociti

68 EFFETTI DELL ESERCIZIO FISICO SULLA CAPACITA DEL MIOCITA DI UPTAKE DEL GLUCOSO La contrazione muscolare crea in modo sia diretto, immediato, che tramite trasduzione con modificazione dell espressione genica, 1) aumento dell attività della AMP chinasie dellamap(mitogenic activated protein) chinasi(così come di altre vie di transduzione, ad es calcineurina, PKC, ecc) con aumento del trasporto del glucoso attraverso la MP del muscolo scheletrico grazie alla traslocazione dei recettori GLUT-4dal citosol alla superficie della cellula (ed alla neostintesi). Questo effetto è quindi NON INSULINO dipendente (livello di EVIDENZA A)

69 EFFETTI DELL ESERCIZIO FISICO SULLA CAPACITA DEL MIOCITA DI UPTAKE del GLUCOSO 2) Aumento del sistema nitrergicocon aumento della produzione di NO da parte dell endotelio che crea aumento del letto capillare, riduzione dei valori pressori e incentivazione dell attività di trasporto del glucosio da parte del miocita, sempre attraverso i recettori GLUT-4 Anche questo effetto è quindi NON INSULINO dipendente (livello di EVIDENZA A)

70 EFFETTI DELL ESERCIZIO FISICO SULLA CAPACITA DEL MIOCITA DI UPTAKE GLUCOSO 3) In misura minore, aumento della trasduzione mediata dal meccanismo insulinico(aumento segnale post recettoriale, che coinvolge i mediatori IRS1, IRS2e PI-3 Kinasi) e aumento anche del numero dei recettori insulinici. Anche questa via si traduce in una traslocazione dei recettori GLUT - 4dal citosol alla superficie della cellula ed in una loro neosintesi. Questi effetti totali (1+2+3) sono quantificabili con un aumento significativo della capacità di uptake del glucoso da parte del miocita ottenibile in modo acuto dopo ogni attività fisica ed in modo continuativo in caso di prosecuzione costante di essa. Questo aumento è massimo per 48 h e si può mantenere in parte fino a 72 h dopo qualunque esercizio che preveda una contrazione muscolare (livello di EVIDENZA A)

71 ALTRI EFFETTI DELL ESERCIZIO FISICO 1) Ipertrofia muscolareattraverso aumento di IGF1 e Mechano Growth Factor che creano anche attivazione delle cellule satelliti e iperplasia. Questo aumento di massa muscolare, presente in maggior misura dopo attività contro resistenza, crea un aumento della massa magra corporea e quindi del matabolismo basale, un aumento del tessuto sensibile all insulina, una riduzione della sarcopenia legata all invecchiamento. 2) Aumento dell ossidazione degli A.G. da parte del muscolo con aumento anche della sua possibilità di stoccaggio lipidico, sempre legato all insulina 3) Aumento del dispendio calorico giornalieroe quindi aumento della mobilizzazione del grasso viscerale e, attraverso la sua diminuzione, riduzione dell insulino resistenza periferica e dello stato proinfiammatorio e procoagulativo

72 ALTRI EFFETTI DELL ESERCIZIO FISICO 4) Riduzione della PAper diminuzione del grasso corporeo e per aumento dell attività del sistema nitrergico 5) Miglioramento del quadro lipidico(aumento di HDL, riduzione di LDL, della colesterolemia tot e dei trigliceridi) 6) Miglioramento dello stato pro infiammatorio e procoagulativo anche attraverso meccanismi emoreologici diretti

73 EFFETTI DELL ESERCIZIO FISICO Es. Fisico Aumento risposta del miocita all insulina Aumento capacità di uptake glucoso non insulino dipendente Aumento capacità miocita di ossidazione glucoso Riduzione glicemia Riduzione insulinemia Riduzione di altri fattori di rischio CV

74 QUALE/QUANTA ATTIVITA FISICA NEL DIABETE TIPO 2? Aerobica Anaerobica Nuoto Stretching e mobilizzazione Pesistica Corsi in palestra Spinning

75 QUALE/QUANTA ATTIVITA FISICA NEL DIABETE TIPO 2? L obiettivo nella prescrizione dell esercizio fisico come terapia del diabete di tipo 2 deve essere quello di: a) Assicurare un buon controllo della glicemia senza indurre ipoglicemie b) Abbassare la lipemia c) Abbassare la pressione arteriosa d) Ridurre il grasso viscerale Tutto questo al fine di prevenire o ritardare le complicanze croniche del diabete migliorando quindi la qualità e l aspettativa di vita

76 Cos è l attività fisica? E un movimento del corpo prodotto dalle contrazioni del muscolo scheletrico (volontario) attraverso il consumo di energia (dispendio calorico) Quale aspetto dell attività fisica produce effetti più importanti riguardo alla eziopatogenesi del diabete tipo 2? Abbiamo infatti già visto che l aumento della capacità di uptake del glucoso (sia insulino dipendente che non) è legata direttamente alla contrazione muscolare. Risulta quindi l entità (intesa come volume di lavoro totale) dell attività fisical elemento fondamentale della sport terapia in questi soggetti. Questo quindi coinvolge a tutto tondo sia esercizi di tipo aerobico/anaerobico prevalentemente isotonici, che esercizi contro resistenza.

77 QUALE/QUANTA ATTIVITA FISICA NEL DIABETE TIPO 2? Numerosi studi, i più importanti dei quali sono quelli randomizzati di Ronald J. Sigal e coll (Ottawa) pubblicati nel 2002 su Diabetes vol 51 suppl 2 e nel 2007 su Annals of Internal Medicine 147 (6): , hanno dimostrato che: L esercizio fisico più efficace nel raggiungere gli obbiettivi terapeutici nel diabete tipo 2 è quello di tipo aerobico(esercizi che mettano in movimento grandi gruppi muscolari, che provocano quindi contrazione muscolare ma anche la riduzione del grasso viscerale, il miglioramento dell assetto lipidico, la riduzione dei valori pressori, l aumento delle fibre I che sono più sensibili all azione della insulina) rispetto a quello di tipo isometrico (contro resistenza, che agisce quindi solo attraverso la contrazione muscolare), ma risultati positivi riguardo al controllo glicemico si hanno anche in questo secondo caso ed il massimo dei risultati si ottiene comunque con un programma di lavoro che preveda entrambe le tipologie di attività fisica (livello di evidenza B)

78 QUALE/QUANTA ATTIVITA FISICA NEL DIABETE TIPO 2? Altri studi, tra cui una metanalisi di Boulè NG, Haddad E, Kenny P, Wells Ga e Sigal RJ Metanalysis of the effect of structured exercise training on cardiorespiratory fitness in type 2 diabetes mellitus pubblicata su Diabetologia (2003)(46-8: ), hanno dimostrato che l intensità dell eserciziofisico predice la riduzione della glicemia maggiormente rispetto al volume dell esercizio

79 LE ESPERIENZE ITALIANE Studio di DI LORETO et al (gruppo del Prof De Feo, Perugia) Make your diabetic patients walk: long term impact of different amounts of physical activity on type 2 diabetes. DIABETES CARE, 28: , diabetici tipo 2, maschi, età compresa tra 61 e 63 anni, simile peso, durata malattia e parametri metabolici (PA, trigliceridi, Hb glicosilata, rischio coronarico, peso, adipe viscerale, FC, glicemia, LDL e HDL). Divisi in 6 gruppi sottoposti ad attività fisica aerobica di diversa intensità, seguiti per due anni. Il miglioramento è risultato proporzionale ai METs. E stato calcolato anche il costo dei pazienti: vi è una riduzione spesa sanitaria pro capite (farmaci, esami, ricoveri, ecc) proporzionale ai METs. In due anni il camminare 5 Km al giorno ha ridotto i costi sanitari pro capite di 2000

80 LE ESPERIENZE ITALIANE Documento congiunto della Società Italiana di Diabetologia (SID), dell Associazione dei medici diabetologici (AMD) e della Società Italiana di Medicina Generale (2010)

81 LE ESPERIENZE ITALIANE

82 LE ESPERIENZE ITALIANE

83 PRINCIPI DELLA PRESCRIZIONE QUALE/QUANTA ATTIVITA FISICA NEL DIABETE TIPO 2? American Diabetes Association ha sviluppato insieme con la American College of Sports Medicine Un joint position statement nel 2010 riguardo all attività fisica nel contesto del diabete tipo 2. Tale documento è stato pubblicato contemporaneamente su Diabetes Care e su Medicine and Science in Sport Exercise.

84 QUALE/QUANTA ATTIVITA FISICA NEL DIABETE TIPO 2? Il planel di nove esperti ha sottolineato le evidenze scientifiche che dimostrano l importanza della pratica regolare dell esercizio fisico e del fitness per prevenire e curare il diabete di tipo 2, sia in termini di controllo glicemico, che di lipemia, di pressione arteriosa, di rischio di eventi cardiovascolari, che in generale sulla qualità della vita e sulla morbidità/mortalità, codificando le raccomandazioni su: -Che tipo di attività fisica svolgere come prevenzione e come cura del diabete tipo 2, sia nelle forme non complicate che in quelle con complicazioni -Che tipo di accertamenti è consigliabile eventualmente svolgere prima di intraprendere l attività fisica in questi casi -Che accorgimenti sono da utilizzare in questi casi -Il livello di evidenza di ogni effetto acuto e cronico dell attività fisica nel diabete tipo 2

85 Effetti acuti dell esercizio fisico nel diabete tipo 2

86 Effetti cronici dell esercizio fisico nel diabete tipo 2

87 VALUTAZIONE PRELIMINARE ALL ATTIVITA FISICA NEL DIABETE TIPO 2 Dovrebbe comprendere: - Valutazione del compenso metabolico -Valutazione di eventuale presenza di complicanze conosciute o misconosciute legate alla patologia (mal cardiovascolare, ipertensione, neuropatia, nefropatia, retinopatia) - Personalizzazione programma di lavoro in base a quanto sopra ed al livello di fitness del soggetto

88 VALUTAZIONE PRELIMINARE ALL ATTIVITA FISICA NEL DIABETE TIPO 2 SVOLGERE ECG DA SFORZO (ed eventuale ECOCUORE) PRIMA DI INIZIARE ATTIVITA E PERIODICAMENTE? Le raccomandazioni ADA-ACSM così come quelle della S.I.D. non ritengono necessario lo svolgimento di tale esame di routine ma solo dopo una valutazione personalizzata. Motivi che dovrebbero spingere alla effettuazione del test sono: 1) Età superiore a 40 anni 2) Soggetto molto sedentario 3) Presenza di fattori di rischio CV multipli 4) Valori pressori non ottimali 5) Presenza o sospetto di complicanze

89 ESPERIENZE INDICAZIONI RACCOMANDAZIONI VALUTAZIONE INDIVIDUALIZZATA PROGRAMMA DI LAVORO IDEALE

90 ATTIVITA FISICA NEL DIABETE TIPO 2 Il principio fondamentale deve essere sempre quello della individualizzazione (sia nella stesura del lavoro iniziale che della successiva progressione) in riferimento alla tipologia del soggetto, sulla base della anamnesi, dei dati clinici, dei risultati del test CPET, ecc. E provato (livello di evidenza B) che i soggetti con diabete tipo 2 hanno molta più compliance e quindi molti più risultati nella loro sport terapia se sono supervisionati nella loro attività (minori errori nella pratica, maggiore motivazione) Anche l uso del podometro va incoraggiato, perché si è visto che tende ad accrescere l attività fisica del soggetto di un 27% in più rispetto al suo non uso, in quanto fornisce un obiettivo (es passi, equivalenti a circa 40 minuti di camminata)

91 PROGRAMMA DI LAVORO IDEALE nel diabete tipo 2: 1) INCENTIVARE IL MOVIMENTO NELLE ATTIVITA QUOTIDIANE 2) INCENTIVARE ESERCIZI DI FLESSIBILITA, MOBILITA ARTICOLARE E STRETCHING 3) ATTIVITA FISICA DI TIPO PREVALENTEMENTE ISOTONICO (FITNESS CARDIOVASCOLARE) 4) ATTIVITA FISICA CONTRO RESISTENZA

92 ATTIVITA FISICA DI TIPO PREVALENTEMENTE ISOTONICO Test CPET: una opzione in più per personalizzare la posologia della pillola dell esercizio fisico

93 ATTIVITA FISICA DI TIPO PREVALENTEMENTE ISOTONICO VO2max LINEE GUIDA CLASSICHE 100% 70% 50% 40% DISLIPIDEMIE DIABETE II OBESITA IPERTENSIONE ARTERIOSA 60% 40%

94 INTENSITÀ GUIDATA DA AT E PCR ATTIVITA FISICA DI TIPO PREVALENTEMENTE ISOTONICO 70-90% PCR 100% VO2max FC MET 40-60% AT AER. AER-AN LEGGERO MODERATO PESANTE MASSIMALE

95 UN LAVORO AEROBICO EFFICACE IN TUTTI I DIABETICI TIPO 2 VO2 = Ve * (FiO2 - FeO2) FeO2= indice di capillarizzazione. Il test CPET fornisce quindi dati che rendono possibile stilare un programma personalizzato di lavoro per creare un aumento della capillarizzazione ed una riduzione delle resistenze periferiche e quindi un miglioramento dell insulino resistenza

96 IN CASO DI ECCESSO DI ADIPE VISCERALE: il test CPET fornisce dati sulla percentuale utilizzo grassi durante attività fisica in base ai calcoli sul QR (quoziente respiratorio) con ottimizzazione del lavoro di riduzione dell adipe Soglia anaerobica Percentuale utilizzo grassi VO VO2max 100% AT PCR AEROBICO AER-AN PREV-AN MASSIMALE

97 ATTIVITA FISICA DI TIPO PREVALENTEMENTE ISOTONICO (FITNESS CARDIOVASCOLARE) 1) Ideali 5 sedute settimanalidi esercizi aerobici come camminata/corsa/nuoto/ciclette e altri attrezzi simili per un volume totale di almeno 150 minutidi attività moderata(fino al 60% del VO2 max o 5 METs x min o, meglio, lavoro di combustione dei grassi e di Capillarizzazione indicato dal CPET). Non sono comunque di principio considerabili controindicate anche attività piùvigorose, magari intercalate al programma sopra menzionato,perché abbiamo visto che il controllo glicemico è legato anche all intensità oltre al volume del lavoro fisico. Il tipo di attività da consigliare dipende anche da eventuali problematiche presenti nel soggetto oltre al controllo glicemico (es ipertensione?) 2) Evitare più di due giorni consecutivi di assenza di attività fisica (gli effetti sull insulino resistenza sono transitori)

98 ATTIVITA FISICA CONTRO RESISTENZA 1) Raccomandate 2 3 sedute settimanali evitando che siano svolte in giorni consecutivi 2) Ogni seduta di lavoro dovrebbe prevedere almeno 5 fino a 10tipi di esercizi che coinvolgano i principali gruppi muscolari (arti, tronco, core). Iniziare con 2 serie di 8-12 ripetizioni con carichi che permettano di arrivare alla fine delle ripetizioni con stanchezza muscolare. In seguito aumentare progressivamente le serie (fino a quattro) per poi aumentare il carico 3) Con l andare del tempo, il lavoro può essere improntato a circuito,in modo da fornire anche un maggiore stimolo cardiovascolare 4) Ovviamente è sempre fondamentale una personalizzazione del programma (es, in iperteso aumentare le ripetizioni e ridurre i carichi)

99 ESERCIZIO FISICO COME PREVENZIONE DEL DIABETE TIPO 2

100 Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato che 1) la modifica dello stile di vita con l esecuzione di costante attività fisica di moderata intensità unita ad una moderata perdita di peso riducel incidenza del diabete mellito tipo 2 in soggetti a forte rischio di sviluppare la malattia (EVIDENZA di TIPO A) 2) Almeno 150 minuti ogni settimana di moderata-vigorosa attività fisica prevengono l insorgenza del diabete tipo 2 (EVIDENZA di TIPO A) 3) L attività fisica crea un minorsviluppo di diabete gestazionale e riduzione della glicemia (EVIDENZA di TIPO B) 4) Una quantità di esercizio fisico di 150 minuti settimanali con aggiunta della perdita di peso del 5% ha come effetto il 58%in meno di evoluzione di situazioni di IGT (alterata tolleranza al glucosio) verso un diabete tipo 2 (EVIDENZA DI TIPO B)

101 ESERCIZIO FISICO COME PREVENZIONE DEL DIABETE TIPO 2

102 ESERCIZIO FISICO NEL DIABETE TIPO 2 COMPLICATO

103 DIABETE TIPO 2 COMPLICATO Le raccomandazioni della ADA-ACSM sottolineano chiaramente che la presenza di complicanze diabetiche (malattia cardiovascolare, microalbuminuria fino a insufficienza renale, neuropatia, retinopatia, ecc) o di obesità NONdeve essere usata come scusa per evitare ai medici di raccomandare ai pazienti con diabete tipo 2 di svolgere una attività fisica. Ovviamente in questi casi c è, a maggior ragione ancora, l assoluta necessità di una attenta personalizzazionedel programma di lavoro

104 Guida alla prescrizione dell esercizio fisico nella malattia diabetica (2003)

105 DIABETE CON COMPLICANZE ED ATTIVITA FISICA

106 DIABETE CON COMPLICANZE ED ATTIVITA FISICA MAL. CARDIOVASCOLARE CONOSCIUTA: adattare il livello di intensità ed il tipo di esercizio RETINOPATIA PROLIFERANTE: evitare attività fisiche con contatti, evitare esercizi troppo intensi o comunque esercizi che tendano ad aumentare la pressione intraoculare NEFROPATIA: evitare attività anaerobiche ed adattare il livello di intensità NEUROPATIA PERIFERICA: ispezionare sempre i piedi per valutare l eventuale presenza di ulcere o pre ulcere, svolgere test baropodometrici e posturologici, privilegiare attività in scarico (ciclette, nuoto)

107 DIABETE CON COMPLICANZE ED ATTIVITA FISICA NEUROPATIA AUTONOMICA: data la presenza di limitate capacità di performance e il rischio CV doppio, personalizzare il livello di intensità (es svolgere test CPET per valutare la HR, pensare al rischio di ipo o ipertensione dopo sforzo, ecc) e curare molto l idratazione e l ambiente di svolgimento della attività (evitare troppo caldo o troppo freddo) IPERGLICEMIA pre attività fisica (rara): aggiustare la terapia/ alimentazione e curare bene l idratazione CHETOACIDOSIpre o durante attività fisica (rara): aggiustare la terapia/alimentazione ed evitare attività anaerobiche IPOGLICEMIA pre o durante attività fisica (rara, può capitare più facilmente nel caso di uso insulina o farmaci secretagoghi): assumere carboidrati ed aggiustare la terapia farmacologica

108 DIABETE CON COMPLICANZE ED ATTIVITA FISICA SINTOMI IPERGLICEMIA: Bocca secca, sete intensa, dolori addominali, eventuale vomito, alterazione coscienza, irrequietezza, stato confusionale, polso debole e rapido, pelle rossa e calda e secca, poliuria con disidratazione SINTOMI IPOGLICEMIA: Cefalea, vertigini, tremori, agitazione, irritabilità, deficit concentrazione, pelle pallida e fredda e sudata, svenimento fino a convulsioni e coma

109 DIABETE CON COMPLICANZE ED ATTIVITA FISICA Per evitare il rischio di ipoglicemia (< 60),possibile soprattutto in coloro che svolgono terapia con insulina o con insulino stimolanti (sulfaniluree e glinidi), la glicemia va misurata nel pre e nel post esercizio ed eventualmente va adattata la terapia nei giorni di allenamento. Va inoltre evitato di iniettare insulina in siti vicini a muscoli impegnati in attività sportiva per aumento del rilascio in circolo della stessa e quindi brusca ipoglicemia L ideale è di avere una glicemia come minimo di 120 prima di iniziare l attività fisica (ideale ) L esercizio fisico crea una notevole riduzione della glicemia sia direttamente che indirettamente. L ipoglicemia può essere pericolosa anche perché crea attivazione adrenergica e maggiori rischi di M.I.

110 GRAZIE DELL ATTENZIONE

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