EDUCARE IL SENSO RELIGIOSO DEI BAMBINI

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1 EDUCARE IL SENSO RELIGIOSO DEI BAMBINI SOMMARIO O. INTRODUZIONE 1. IL SENSO RELIGIOSO... IN CHE SENSO? 1.1 CHIARIAMO I TERMINI: SENSO RELIGIOSO, RELIGIONE, ESPERIENZA RELIGIOSA A) IL SENSO RELIGIOSO B) LA RELIGIONE C) L ESPERIENZA RELIGIOSA 1.2 IL SENSO RELIGIOSO È UNA DIMENSIONE COSTITUTIVA DELL UOMO? A) TRE POSIZIONI INFLUENTI SULLA QUESTIONE B) DA COSA DIPENDE IL SENSO RELIGIOSO? C) LA NOSTRA PROSPETTIVA 2. IL SENSO RELIGIOSO DEL BAMBINO 2.1 LE TAPPE A) PRIMI GIORNI DI VITA B) 0-2 ANNI C) 3-4 ANNI D) 5-6 ANNI 2.2 LE CARATTERISTICHE A) ANTROPOMORFISMO B) ARTIFICIALISMO C) ANIMISMO D) FINALISMO E) MAGISMO 2.3 UNO SGUARDO ALLA FENOMENOLOGIA DELL ESPERIENZA RELIGIOSA A) LA GENERAZIONE DI CHI HA PIÙ DI 50 ANNI ( 40-60) B) LA GENERAZIONE DI MEZZO ( 70-90) C) LA GENERAZIONE DI OGGI 3. COME EDUCARE IL SENSO RELIGIOSO DEL BAMBINO 3.1 I FATTORI DI SVILUPPO DEL SENSO RELIGIOSO A) FATTORI INTELLETTUALI B) FATTORI EMOTIVI E AFFETTIVI C) FATTORI SOCIO-AMBIENTALI 3.2 LE PRINCIPALI ESPERIENZE EDUCATIVE A) IL SIMBOLO B) IL RITO C) IL LINGUAGGIO D) LA COMUNITÀ 3.3 GLI ATTEGGIAMENTI DELL EDUCATORE A) L ACCOGLIENZA B) LA MEDIAZIONE C) L INCORAGGIAMENTO D) LA FORMAZIONE PERSONALE E) IL LAVORO IN EQUIPE 4. CONCLUSIONE

2 0. INTRODUZIONE Viviamo in un contesto culturale e sociale che progressivamente sta soffocando una delle dimensioni costitutive dell identità più profonda dell uomo: il senso religioso. A partire da questa constatazione, si può avviare una riflessione incentrata su due questioni: a) Che cosa è il senso religioso? È una dimensione costitutiva dell uomo? b) Si può o si deve educare il senso religioso dell uomo? Come? Queste questioni rivestono particolare importanza, in ordine all educazione dei bambini che sono i soggetti a cui si rivolge in modo speciale la nostra attenzione, in quanto contengono in filigrana una concezione dell uomo determinante per la conseguente azione educativa e la realizzazione piena della persona alla quale ogni educatore deve condurre. Nella prima parte della presente riflessione si cercherà di addentrarsi nella questione del «senso religioso», declinandolo poi nel concreto dell esperienza religiosa del bambino. Nella seconda partesi cercherà invece di delineare alcune strade concrete, qualificate da proprie caratteristiche, che possano convergere verso un percorso educativo di questa dimensione antropologica costitutiva dell uomo al fine di fare propri gli orientamenti fondamentali per un accompagnamento dei bambini ad una realizzazione piena della loro persona. 1. IL SENSO RELIGIOSO... IN CHE SENSO? 1.1 CHIARIAMO I TERMINI: SENSO RELIGIOSO, RELIGIONE, ESPERIENZA RELIGIOSA All inizio del nostro percorso intendiamo mettere in luce un iniziale chiarificazione legata al concetto di «senso religioso», 1 che stiamo iniziando a considerare. Prima di ciò intendiamo soffermarci su un video che ci aiuterà ad entrare nell ambito di questa dimensione dell umano. 2 A) IL SENSO RELIGIOSO Il concetto di può indicare una grande varietà di significati che hanno a che fare con il rapporto dell uomo con ciò che lo trascende e lo supera, solitamente evocato con il nome di Dio. L ambito del senso religioso, perciò, si colloca nell innata ricerca dell uomo intorno alle questioni principali dell esistenza: chi sono? Da dove provengo? Dove vado? Esiste un Altro? Qual è il vero significato della vita? Queste domande sono spesso evocate, ad esempio, nella letteratura classica e sacra. Leopardi richiama questi interrogativi in un suo canto poetico, che racconta il monologo di un pastore rivolto alla luna. [...] Dimmi, o luna: a che vale Al pastor la sua vita, La vostra vita a voi? dimmi: ove tende Questo vagar mio breve, Il tuo corso immortale? [...] Dico fra me pensando: A che tante facelle? Che fa l aria infinita, e quel profondo Infinito Seren? che vuol dir questa Solitudine immensa? ed io che sono? 3 1 Per una riflessione approfondita sul tema cf. L. GIUSSANI, Il senso religioso. Volume primo del PerCorso, Rizzoli, Milano Cf. 3 G. LEOPARDI, Canto notturno di un pastore errante dell Asia, in ID., Canti, Garzanti Libri, Milano

3 Così anche nel libro biblico del Salterio ci sono riferimenti alle domande fondamentali della vita che si concentrano sul senso religioso. Il Salmo 8 ne è un esempio: O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra! [...] Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell uomo, perché te ne curi? Davvero l hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato. 4 Possiamo affermare che la presenza del senso religioso nell essere umano, anche da una prima osservazione fenomenologica, costituisce una dimensione innata dell essere umano che risulta perciò fondamentale per la formazione della personale identità. Per favorire una piena crescita della persona sembra occorrere essere re-ligatus, cioè collegato a qualcosa. 5 Ci aiutano ad entrare più in profondità nella questione alcune riflessioni di Giussani e Testori riportate in un libro dialogo sul senso della nascita, che rileggono l attuale incapacità dell uomo di sviluppare il proprio senso religioso, a partire da un non riconoscimento di una dipendenza da Altro. Ne riportiamo alcuni stralci: 6 «Le tue parole mi hanno fatto riconoscere nella faccia dei giovani d oggi un assenza. È come se la nascita non fosse presente; è come se non avessero ancora raggiunto la coscienza di questa dipendenza. Vale a dire di essere stati voluti. [...] Oggi viviamo in una cultura che fa a meno di questo riconoscimento di essere voluti, è una cultura condannata tutta, solo e sempre alla fatica di dimenticare di essere voluti. [...] Per me il punto è il riaccendere l evidenza che la propria vita non nasce da sé, non ha sé come destino, ma appartiene a qualcosa di più grande ed è questo qualcosa di più grande che ci costituisce, vale a dire la scoperta del paradosso che io sono un Altro». Possiamo concludere, in modo ancora molto approssimativo e superficiale che la questione del senso religioso riguarda sia l ambito delle domande di senso riguardo la propria esistenza sia la percezione della dipendenza della propria vita da qualcosa di Altro. Questo è un tema molto frequente per ciò che riguarda la questione antropologica e più avanti ci chiederemo se ne fa parte in modo costitutivo. B) LA RELIGIONE Lo stesso discorso non si può fare per quello che riguarda la «religione». A partire dalle domande e dai bisogni che sono, per così dire, iscritti nell uomo fin dall inizio della sua esistenza, ogni persona e nel contesto del gruppo culturale a cui appartiene, elabora un sistema di risposte alle domande emergenti dal senso religioso, che concorrono a definire quella che si chiama religione. 7 Se il senso religioso, dunque, si colloca sul versante delle domande dell uomo su ciò che lo trascende, la religione costituisce un sistema ordinato di risposte elaborato dalle persone in un contesto culturale omogeneo. C) L ESPERIENZA RELIGIOSA L esperienza religiosa è, invece, il processo di appropriazione, progressiva e personale, delle risposte religiose da parte di una persona o di un gruppo. Questa esperienza si attua attraverso diversi vissuti di carattere religioso legati all ascolto, ai riti, alle pratiche caritative. La caratteristica di queste esperienze è che cercano di avvicinare ad un Altro trascendente e costituiscono perciò dei vissuti praticabili che fungono per così dire da strumenti. In questo 4 Salmo 8, Cf. M. DIANA, Dio e il bambino, Elledici, Leumann 2007, L. GIUSSANI - G. TESTORI, Il senso della nascita, BUR, Milano 2013, 67, 83, Per uno studio sul tema della religione cf. M. DIANA, Il problema dell oggetto: che cos è la religione?, in P. CIOTTI - M. DIANA (edd.), Psicologia e religione. Modelli problemi prospettive, EDB, Bologna 2005,

4 senso i due estremi, per quanto riguarda il rapporto dell uomo con l esperienza religiosa, sono da una parte legarsi esclusivamente all esperienza religiosa, in particolare come pratica, come fine a se stessa; dall altra il pensare di poter appagare il proprio senso religioso, senza una benché minima esperienza religiosa (anche perché questo sarebbe pressoché impossibile). 1.2 IL SENSO RELIGIOSO È UNA DIMENSIONE COSTITUTIVA DELL UOMO? Cercheremo di interrogarci ora sulla questione del senso religioso, chiedendoci se questa dimensione antropologica sia costitutiva dell identità dell uomo stesso. Dopo un iniziale excursus sintetico su alcune posizioni influenti riguardo all argomento, in un primo momento la domanda che terremo sullo sfondo sarà: la nascita del senso religioso nel bambino, dipende da qualcosa o qualcuno? In un secondo momento, poi, dichiareremo la nostra posizione che sarà l orizzonte remoto del presente percorso. A) TRE POSIZIONI INFLUENTI SULLA QUESTIONE S. Freud Freud esamina il problema religioso in tutta la sua opera ma in particolare in «Totem e tabù», «L avvenire di un illusione» e «Mosè e il monoteismo». 8 Egli considera le analogie fra il comportamento religioso e i rituali delle nevrosi ossessive e afferma che ci si può arrischiare a considerare la nevrosi come una religiosità individuale e la religione come nevrosi universale. Poi Freud sposta l attenzione sul sorgere del sentimento religioso nel bambino: egli definisce la religione come illusione, scaturita da un desiderio intenso e creata dall uomo per soddisfare il proprio desiderio. L origine di questa costruzione psichica risalirebbe al superamento della fase edipica. Quindi per Freud l uomo ricorre a Dio ogni volta che non sa trovare una risposta naturale agli interrogativi che incontra. Secondo l Autore l uomo conforma Dio a immagine del padre: quindi Dio è un padre di ordine più elevato, un padre divinizzato. C. G. Jung Jung si distacca dal maestro Freud: per Jung la religione non è una nevrosi ossessiva, anzi «l assenza della dimensione religiosa causa la nevrosi». Si aggiunge che il sentimento religioso è il sentimento più vero e genuino dell uomo perché è l espressione di un suo bisogno fondamentale: quello di mettersi in relazione con un essere supremo che dia consistenza al suo esistere e quindi un senso alla propria vita. Jung afferma che il sentimento religioso appartiene all inconscio collettivo ed è innato. Il padre diviene così il primo sostituto che il bambino trova di Dio: nell esperienza religiosa, sostiene Jung, il bambino attinge sia elementi dall immagine paterna che da quella materna. P. Bovet Bovet riconosce un limite negli studi presentati finora: essi si occupano dell origine del sentimento religioso senza considerare il bambino come soggetto di studio diretto. Egli perciò ritiene necessario esaminare direttamente il sentimento religioso infantile e lo fa risalire al sentimento filiale: il primo oggetto di questo sentimento sono i genitori che per il bambino sono i suoi primi dei. Poi l esperienza obbliga il bambino a trasferire su un essere più lontano gli attributi che prima riferiva ai genitori - onnipotenza, onniscienza e santità assoluta - passaggio che avviene verso i sei anni. Bovet afferma inoltre che la religiosità infantile non differisce qualitativamente da quella dell adulto: infatti nel bambino c è una religiosità vera e propria, simile a quella dell adulto, in quanto l elemento affettivo è sempre predominante su quello cognitivo. 8 Cf. A. LUCHETTI - I. GIANNÌ (edd.), Totem e tabù, L avvenire di un illusione, Mosè e il monoteismo e altri scritti sulla religione di S. Freud, BUR, Milano

5 Come si nota ci sono pareri discordanti sull origine del senso religioso nell essere umano. Determinante in questo senso è declinare la ricerca su alcune esperienze ed esempi concreti, in modo da iniziare a definire una prospettiva in questo ambito. B) DA COSA DIPENDE IL SENSO RELIGIOSO? Il senso religioso, anche se si percepisce in molti contesti come questione centrale per la vita dell uomo, è davvero una sua dimensione costitutiva dell uomo? Oppure viene indotto in lui da qualche circostanza particolare o da qualche relazione fondamentale per la sua vita? Queste domande risultano molto importanti in ordine all educazione dei bambini in quanto se davvero il senso religioso è innato in ogni persona umana, allora esso va educato e fatto crescere. Se invece è solo un bisogno imposto dall esterno, ad esempio, attraverso le credenze dei genitori e le vicende contingenti della vita, allora non deve essere alimentato ed educato. Le considerazioni e gli esempi che seguono sono in linea con il pensiero di alcuni autori contemporanei, che ci guidano nella ricerca. 9 Di fronte ai grandi perché della vita non è possibile soffocare il senso religioso Può succedere, in particolare quando si verificano dei lutti, che i bambini chiedano agli adulti: «Perché il tale è morto?», «Dov è adesso?», «Ritornerà?»... In questi casi si manifesta il senso religioso dei bambini in modo dirompente e le risposte degli adulti sono molto importanti per la successiva esperienza religiosa dei soggetti. Interessante è la conclusione di uno studio degli anni 80, di P. Ariès, sul tema della morte in occidente. Una volta si raccontava ai bambini che nascevano sotto un cavolo, però essi assistevano alla grande scena degli addii, nella camera, al capezzale del morente... Oggi i bambini vengono iniziati, fin dalla più tenera età, alla fisiologia dell amore e della nascita, ma quando non vedono più il nonno e chiedono perché, in Francia si risponde loro che è partito per un paese molto lontano, e in Inghilterra che riposa in un bel giardino dove cresce il caprifoglio: non sono più i bambini a nascere sotto un cavolo, ma i morti a scomparire tra i fiori. 10 Si inizia ad intuire, a partire da questo esempio, che è la vita stessa a suscitare e far crescere il senso religioso dell uomo. Ma ora ci si può chiedere: è solo una questione psicologica? Il senso religioso non dipende direttamente dalla psicologia di una persona A volte si pensa che il senso religioso sia una questione legata esclusivamente alla psicologia umana. In questo movimento di pensiero si può notare una incoerenza di fondo. La psicologia infatti è legata in tutto e per tutto a ciò che riguarda l uomo, mentre il senso religioso riguarda ciò che sta, per così dire, fuori dall uomo, che lo supera e lo trascende. È certo allora che la dimensione psicologica dell uomo sia in relazione con la sua dimensione religiosa, ma la prima costituisce un diaframma che può influenzare il rapporto con l Altro, ma non lo costituisce. C è qualcosa nell uomo che non dipende da lui medesimo, e trova compimento solo in un Altro. Il senso religioso del bambino non dipende direttamente da quello dei genitori Riportiamo l esperienza diretta di M. Montessori che racconta la vicenda di un bambino molto sveglio alle prese con la questione della creazione del mondo, inserito in contesto ateo: Un giorno, vedendo il bambino molto incuriosito, un amico di famiglia iniziò a descrivere l evoluzione secondo i principi di Darwin. Il bambino seguì con attenzione il discorso e poi domandò: «L uomo deriva dalla scimmia e questa da un altro animale e così via, ma il primo da chi viene?». La risposta che ricevette fu: «Il primo si è formato a caso». Allora il bambino scoppiò in una risata e disse concitato: «Ma senti che sciocchezza: la vita si forma per caso! Questo è impossibile». Allora la madre gli domandò come si formava la vita e il bambino rispose con convinzione: «È Dio» Citiamo soltanto a titolo esemplificativo M. Aletti, E. Erikson, J. Flower, A. M. Rizzuto, che riprendono e sviluppano le riflessioni fatte in un tempo ormai lontano quali sono quelle di M. Montessori per l Italia. 10 P. ARIÈS,, Storia della morte in occidente, Milano M. MONTESSORI, L autoeducazione, Garzanti Libri, Milano 1999, 24. 5

6 Questo esempio come molti altri ci fa intuire che il senso religioso dei bambini non dipende direttamente da quello dei genitori. Ci possono essere genitori che non hanno sviluppato in modo particolare questa dimensione interiore, che hanno dei figli che mostrano una naturale predisposizione a rapportarsi con le domande fondamentali dell esistenza inerenti il senso religioso. C) LA NOSTRA PROSPETTIVA Per ragioni di contesto non è possibile in questa sede approfondire il discorso che risulta comunque molto interessante e determina il successivo orientamento della nostra ricerca riguardo l educazione del senso religioso. 12 Per ora possiamo concludere esponendo in modo sintetico la nostra prospettiva: il senso religioso non è una disposizione umana che si genera a partire da dinamiche distorte della psicologia o delle relazioni con le persone e il contesto circostanti una persona, ma appartiene alla sua stessa essenza, è innata. Possiamo definire il senso religioso come quella dimensione costituiva dell uomo che riguarda tutto ciò che lo supera e che coinvolge non solo la sua razionalità, ma anche i suoi affetti, le sue emozioni, le sue scelte, il suo corpo,... in definitiva tutta la sua persona intesa in senso globale. Il senso religioso del bambino, perciò, corrisponde ad un innata predisposizione a credere, che come tutte le capacità dell uomo esigono di essere educate se non si vuole lasciare il soggetto in una sorta di mancanza di libertà limitativa della realizzazione della persona. 13 Come conclusione di questa prima parte della nostra ricerca riportiamo il testo di un udienza papale di Giovanni Paolo II, che parte proprio da un testo del Siracide riguardante l uomo: «Che è l uomo e a che può servire? Qual è il suo bene e qual è il suo male?» (Sir 18, 7). [...] Queste domande sono nel cuore di ogni uomo, come ben dimostra il genio poetico di ogni tempo e di ogni popolo, che quasi profezia dell umanità, ripropone continuamente la «domanda seria» che rende l uomo veramente tale. Esse esprimono l urgenza di trovare un perché all esistenza, ad ogni suo istante, alle sue tappe salienti e decisive così come ai suoi momenti più comuni. In tali questioni è testimoniata la ragionevolezza profonda dell esistere umano, poiché l intelligenza e la volontà dell uomo vi sono sollecitate a cercare liberamente la soluzione capace di offrire un senso pieno alla vita. Questi interrogativi, pertanto, costituiscono l espressione più alta della natura dell uomo: di conseguenza la risposta ad esse misura la profondità del suo impegno con la propria esistenza. [...] L attitudine religiosa dell animo umano si pone come una sorta di capacità connaturale al nostro stesso essere. Per questo, domande e risposte sul significato ultimo delle cose non si possono mai cancellare dal cuore dell uomo. Per quanto ci si ostini a rifiutarle e a contraddirle nella propria esistenza, non si riesce tuttavia a tacitarle. Ogni uomo - il più superficiale o il più dotto, il più convinto assertore o il più accanito oppositore della religione - per vivere deve dare, e di fatto dà, una risposta a questa radicale questione. L esistenza e l universalità della domanda sul senso della vita trovano la conferma più clamorosa nel fatto che chi la nega è costretto ad affermarla nell istante stesso in cui la nega! Ecco la riprova più solida del fondamento metafisico del senso religioso dell uomo. E ciò è in perfetta armonia con quanto abbiamo appena detto sulla religiosità come culmine della razionalità. Il senso religioso dell uomo non dipende in sé dalla sua volontà, ma è iniziativa di chi l ha creato Per un approfondimento, ampio e corretto dal punto di vista epistemologico, rimandiamo ai testi citati al termine di questa prima parte, alla nota Questa prospettiva è ripresa e approfondita dai seguenti testi riportati in ordine cronologico: E. FIZZOTTI, Introduzione alla psicologia della religione, Franco Angeli, Roma 2008; D. S. BROWNING - T. D. COOPER, Il pensiero religioso e le psicologie moderne, EDB, Bologna 2007; M. ALETTI - D. FAGNANI - G. ROSSI, (edd.) Religione: cultura, mente e cervello. Nuove prospettive in psicologia della religione, Centro Scientifico Editore, Torino 2006; M. ALETTI - G. ROSSI (edd.), Identità religiosa, pluralismo, fondamentalismo, Centro Scientifico Editore, Torino 2004; A. VERGOTE, Psicologia religiosa, Borla, Torino 1991; A. VERGOTE, Religione, fede, incredulità. Studio psicologico, Paoline, Roma 1985; R. VIANELL, Ricerche psicologiche sulla religiosità infantile, Giunti, Firenze Dall Udienza Generale di GIOVANNI PAOLO II, 19.X.1983, cf. audiences/1983/documents/hf_jp-ii_aud_ _it.html. 6

7 2. IL SENSO RELIGIOSO DEL BAMBINO Cercheremo per prima cosa di definire le principali tappe dello sviluppo del senso religioso del bambino, per poi descriverne le principali caratteristiche. Infine, proporremo un breve excursus di carattere fenomenologico, che vorrebbe focalizzare un cambiamento avvenuto nel processo di educazione del senso religioso, attraverso l osservazione di alcune esperienze religiose ricordate dai bambini di diverse generazioni. Questo ci introdurrà nella seconda parte del nostro percorso. 2.1 LE TAPPE In questo contesto si deve prestare molta attenzione a non generalizzare le indicazioni che vengono evidenziate, in quanto i passaggi tra le tappe della maturazione del senso religioso possono variare a seconda della personalità del bambino. È comunque possibile individuare alcuni momenti che presentano delle caratteristiche omogenee e peculiari, verso i quali è bene prestare attenzione e che prospettano le condizioni attraverso le quali il senso religioso si può sviluppare e la persona realizzare. 15 Le indichiamo di seguito. A) PRIMI GIORNI DI VITA Per nove mesi il bambino vive nel grembo materno che per lui è una sorta di paradiso terrestre. Alla nascita si trova completamente indifeso e subisce un profondo trauma, che può essere superato soltanto attraverso il rapporto con la madre. La condizione essenziale che caratterizza il senso religioso e il suo successivo sviluppo, in questa tappa, è dettata dall accoglienza incondizionata della madre, in cui il bambino trova la conferma di se stesso e la certezza che egli è stato desiderato per amore. Nasce in questa tappa la «fiducia di base», 16 che è quel sentimento proprio dell uomo che permette qualsiasi rapporto con l «altro». B) 0-2 ANNI Lentamente si inizia a percepire progressivamente la figura del padre, che irrompe nel rapporto a due, madre-figlio, introducendovi la dimensione nuova della realtà. Se fino ad ora il principio organizzatore del bambino era solo quello del piacere e della soddisfazione, ricercati nella unione affettiva con la madre, la presenza del padre impone un ritmo più preciso ed autonomo. Nel porre i confini dell affettività del bambino (legge), nel proporsi come modello (ideale), e nel rappresentare il fattore di promozione delle immense possibilità del figlio, egli entra nella vita del figlio come promessa e garanzia del suo sviluppo. Il momento negativo dell ingresso dell «altro» è la necessaria condizione per la crescita della religiosità, in quanto il padre strappa il figlio al sogno dell armonia indistinta e passiva. C) 3-4 ANNI Il senso religioso del bambino inizia a definirsi secondo le caratteristiche che in seguito presenteremo. In questa età Dio è «nascosto» dietro l immagine dei genitori: da un lato il fanciullo maternalizza e paternalizza Dio e, dall altro, edifica i genitori. Intuisce qualcosa di grande e di sacro nel mondo dei rapporti con i suoi genitori. Questa dinamica prende linfa dal fatto che in questo momento (ma anche prima dei 2 anni in certi casi) è presente la capacità simbolica che gli conferisce la potenzialità di distinguere ciò che non si vede da ciò che si vede ed è rappresentato in qualcosa di altro. La religiosità del fanciullo a questa età è di carattere imitativo, per cui non ci si deve illudere su una possibile partecipazione interiore o su una vera conoscenza di Dio, ma le risposte giuste alle domande religiose di base e la coerenza degli adulti, divengono condizioni indispensabili alla crescita della dimensione religiosa del bambino. 15 Per questa parte cf. la sintesi operata da M. DIANA, Dio e il bambino, Elledici, Leumann Cf. E. H. ERIKSON, Infanzia e società, Armando Editore, Roma

8 D) 5-6 ANNI Dio viene distinto in modo decisivo dai genitori: si scopre la non-onnipotenza e la nononniscienza dei genitori. È un delicato momento di transizione che nasce dal riconoscimento, da parte dei genitori, della propria incapacità o debolezza. Proprio da questa ammissione si arriva, a poco a poco, all affermazione del «Totalmente Altro», del «Totalmente Diverso», di Colui che è «Totalmente Buono», di Colui che sa perdonare sempre, che sa amare sia i genitori che il bambino. 2.2 LE CARATTERISTICHE Definiamo ora cinque caratteristiche che contraddistinguono il senso religioso dei bambini e che devono essere tenute in considerazione quando si mette in atto un educazione di questa dimensione della persona. 17 Considerando il senso religioso come una capacità del bambino, legata in modo intrinseco alle altre dimensioni dell essere umano, due categorie antropologiche proprie dell età infantile, sembrano avere grande influenza sulle rappresentazioni religiose dei bambini e dunque sulla definizione delle caratteristiche della loro dimensione religiosa: 1) il realismo, fa sì che le rappresentazioni mentali del bambino, così come a lui appaiono, siano pensate come veramente possibili nella realtà; 2) l egocentrismo - che per definizione è l opposto di quell apertura all altro insita in ogni esperienza religiosa - è la tendenza generale del bambino di considerare solo il proprio punto di vista. Questa categoria antropologica fa sì che tutto venga pensato a partire da sé e dalle proprie conoscenze. A partire in particolare da queste categorie si plasmano le caratteristiche peculiari del senso religioso del bambino. Le riportiamo di seguito. A) ANTROPOMORFISMO Dio è percepito secondo le modalità tratte dalle proprie esperienze umane e in questo contesto contribuiscono anche le iniziali istruzioni religiose che sono state date dai genitori o dagli educatori con i quali il bambino entra in relazione. Solitamente Dio è immaginato come un bambino modello uguale ma anche diverso dagli altri (è molto facile presentare la figura di Gesù fanciullo, mentre risulta impossibile comprendere concetti come la Trinità o l unione delle nature umana e divina), oppure come un vecchio con la barba che abita nel cielo sopra le nuvole, o come un re potente seduto su un trono. B) ARTIFICIALISMO Ogni realtà, anche trascendente, viene immaginata come costruita da qualcuno in senso immediato e materiale. Ad esempio, la creazione del mondo viene immaginata come l atto di fabbricazione vera e propria del creato. È da notare che dai 3 ai 5 anni (circa) l artificialismo umano e quello divino sono considerati la medesima cosa, essendo Dio immaginato come un uomo con particolari caratteristiche. Rimane comunque impossibile comunicare il concetto della creazione dal nulla e della creazione continua. Per un bambino Dio ha fabbricato il mondo una volta per tutte e lo ha fatto a partire da qualcosa che già c era. C) ANIMISMO Si attribuiscono intenzioni e coscienza a oggetti inanimati. Sono considerate come vere e proprie persone, ad esempio, gli oggetti della vita di tutti i giorni e i vegetali. Si instaurano veri e propri dialoghi immaginando un interlocutore. I diversi elementi del mondo sono pensati come persone che interagiscono fra di loro. Un bambino ad esempio potrebbe pensare che il sole lo segua sempre e che sia il vento a farlo muovere. Proprio per questa caratteristica del senso religioso del bambino non potrà mai essere comprensibile la distinzione tra corpo e psiche che regge la concezione antropologica cristiana. 17 Cf. F. NARCISI, Comunicare la fede ai bambini. Pastorale battesimale ed educazione alla fede in famiglia, Paoline, Milano 2009,

9 D) FINALISMO Esiste la tendenza ad attribuire agli avvenimenti del mondo esterno un intenzione benefica o malefica in rapporto ai propri comportamenti. Questa tendenza è rafforzata dagli adulti stessi quando dicono: «Ti sta bene! Ecco cosa capita ai bambini cattivi». Si deve stare molto attenti in questo frangente a non instaurare un rapporto di causa effetto rispetto alle vicende felici e tristi della vita rispetto a Dio. Il rapporto con Dio non è fondato sul merito ma sul dono. Non si riescono a comprendere, per questa peculiarità, le questioni del mistero e dei sacramenti. E) MAGISMO È un inclinazione a considerare manipolabili a proprio vantaggio in senso utilitaristico le cose che ci circondano. La realtà non si percepisce in tutto il suo potenziale in quanto il mondo interiore e il mondo esteriore sono praticamente un continuo per il bambino. Solitamente questa caratteristica è collegata al modo di concepire la preghiera, che va quindi indirizzata verso una forma di ringraziamento o di lode. È utile tenere in considerazione che non sono recepite le lunghe formule di preghiera. Il bambino prega con formule brevi e con il silenzio. Ovviamente tutte queste descrizioni non si devono generalizzare. 18 Desideriamo chiudere questa parte attraverso la visione di un breve filmato che sotto la forma di un intervista fatta a dei bambini su Dio ci richiama le caratteristiche appena tratteggiate UNO SGUARDO ALLA FENOMENOLOGIA DELL ESPERIENZA RELIGIOSA Una ricerca sui ricordi legati all esperienza religiosa di tre diverse generazioni mette in guardia sulla situazione attuale e indica già una via da percorrere per attuare un educazione religiosa corretta per i bambini di oggi. 20 A) LA GENERAZIONE DI CHI HA PIÙ DI 50 ANNI ( 40-60) Queste persone ricordano alcune esperienze religiose maturate in diversi contesti sociali e comunitari come la partecipazione alla messa domenicale, le visite in chiesa e i segni del lutto. Ci sono inoltre ricordi legati a momenti religiosi vissuti nella quotidiana vita famigliare. Riportiamo alcune testimonianze. La domenica mattina era una gioia. Dopo un bel bagno, i capelli puliti, la nonna ci metteva un vestitino con sotto la gonna di tulle per farlo diventare gonfio; i calzini, le scarpette, il fazzoletto ricamato da portare in testa, la borsetta con la coroncina del rosario. Poi finita la messa andavamo a comprare le pastarelle e tornavamo a casa felici. (Elena V.) Fra i ricordi più antichi c è la visita in chiesa con mia nonna... Per lei era un gesto naturale, come farsi il segno della croce prima di uscire di casa. Della chiesa ricordo la percezione della sacralità legata al silenzio, i passi ovattati, il chiarore delle fiammelle dei ceri, le statue dei santi e della Madonna. Quei momenti sono rimasti impressi nella mia memoria perché tante volte ripetuti. (Stefania C.) Ero un bambino che amava giocare, correre e divertirsi. Ogni tanto però mi trovavo di fronte a dei segni che per qualche momento mi rendevano pensieroso: i segni della morte. I funerali erano preceduti da cortei che accompagnavano il carro funebre. C erano le porte chiuse a metà quando qualcuno moriva. In casa si coprivano gli specchi e le persone indossavano gli abiti del lutto. (Franco P.) 18 Cf. per un approfondimento S. CAVALLETTI, Il potenziale religioso del bambino, Città Nuova, Roma Cf Cf. per questa parte F. NARCISI, Comunicare la fede ai bambini. Pastorale battesimale ed educazione alla fede in famiglia,

10 B) LA GENERAZIONE DI MEZZO ( 70-90) Nei ricordi di queste persone sembrano venuti meno i segni del sacro. Emergono alcune esperienze legate alla frequenza liturgica negli anni del catechismo e alcune feste come la prima comunione. Le prime esperienze religiose che ricordo sono quelle di quando frequentavo l asilo dalle suore. La preghiera era fondamentale e poi c erano i fioretti. Verso i 6 anni ho iniziato a frequentare il catechismo. Ho fatto anche il chierichetto. (Antonio C.) Provengo da una famiglia cristiana ma non praticante. Forse per questo motivo non conservo particolari ricordi religiosi legati alle preghiere fatte in famiglia e alla partecipazione alla messa. Ricordo invece molto bene il giorno della prima comunione. Soprattutto l ansia della vigilia. (Francesca M.) C) LA GENERAZIONE DI OGGI Le uniche cose che ricordano i giovani d oggi, quando non c è una totale assenza di ricordi legati all esperienze religiose dell infanzia, sono i giorni in cui ricevettero la prima confessione e la prima comunione. Sono passati tanti anni dall ultima volta che mi sono confessato e che sono andato a messa, ma il giorno della prima confessione me lo ricordo bene. Ero molto agitato e avevo paura di sbagliare. (Andrea F.) Della mia prima comunione ricordo quando abbiamo scattato le foto in ginocchio e in piedi fuori dalla chiesa. C era anche uno che girava un filmino. (Giulia A.) Io purtroppo non ricordo niente. (Giovanna E.) Come si intravede attraverso queste testimonianze si denota una perdita di familiarità con il sacro e una progressiva assenza di pratica religiosa che porta le attuali generazioni ad una crisi del senso religioso con la conseguente perdita della propria identità. 10

11 3. COME EDUCARE IL SENSO RELIGIOSO DEL BAMBINO L ambito di questa parte del percorso si presterebbe a ben più ampie riflessioni rispetto a quelle che in questa sede si possano accennare. Faremo dunque una scelta di tre fondamentali istanze educative relative al senso religioso del bambino evidenziando dapprima i fattori di sviluppo di questa dimensione antropologica, presentando alcune esperienze educative che possano essere una sorta di strumenti del processo educativo per concludere, infine, con la raccolta di alcuni atteggiamenti dell educatore particolarmente importanti quando si propone un cammino educativo del senso religioso insieme a dei bambini. 3.1 I FATTORI DI SVILUPPO DEL SENSO RELIGIOSO Come ogni capacità iscritta nell uomo, anche il senso religioso necessita di un educazione e si sviluppa attraverso alcuni fattori che di seguito cerchiamo di delineare. A) FATTORI INTELLETTUALI Lo sviluppo intellettuale determina anche lo sviluppo del senso religioso: a mano a mano che crescono le capacità del pensiero e che la persona passa dallo stadio pre-operatorio allo stadio operatorio concreto, cresce anche la possibilità di comprendere meglio la realtà divina. Esistono due fasi principali dello sviluppo intellettuale del bambino: periodo senso-motorio (dai 0 ai 2 anni) Il bambino è capace solo di una conoscenza pratica dell ambiente, attraverso le percezioni e i movimenti. In questo periodo giocano un ruolo più importante gli altri fattori che vedremo in seguito, ma fin da questo momento è importante essere consapevoli che comunque avviene un apprendimento, anche se inconscio, attraverso i movimenti, gli spazi e le percezioni di cui il bambino può fare esperienza. 21 periodo del pensiero pre-operatorio (dai 2 ai 6 anni) Questo periodo è caratterizzato dalla prevalenza dei dati percettivi immediati rispetto a quelli rappresentativi. Il bambino comunque acquisisce il linguaggio e diviene capace di progressive rappresentazioni mentali degli oggetti di cui fa esperienza. Dato che i processi intellettivi e cognitivi in genere sono un progressivo adattamento del soggetto, che avviene attraverso l esercizio e la ripetizione, si può ritenere valido che ciò sia efficace anche per quello che riguarda l educazione del senso religioso. B) FATTORI EMOTIVI E AFFETTIVI Da parecchi studi emerge che l influenza determinante della dinamica affettiva sul senso religioso è da attribuirsi prevalentemente al rapporto con i genitori. Le figure genitoriali diventano mediatrici del rapporto con Dio: dal vissuto della relazione con i genitori, sembra infatti accertato che il bambino inferisca simbolicamente il modello di relazione con il Padre celeste, riproponendone così le ricchezze e le povertà, le gratificazioni e le frustrazioni. Inoltre le esperienze di gratificazione, accoglienza e il soddisfacimento dei bisogni segnano lo sviluppo dell immagine di Dio. Ma i genitori non sono solo mediatori della rappresentazione del divino, attraverso l esercizio delle loro funzioni parentali: essi svolgono anche la prima educazione religiosa. La scuola dell infanzia affianca la famiglia nel compito educativo e rappresenta anche un allargamento dei legami affettivi; anch essa perciò può far leva su questi fattori per lo sviluppo del senso religioso del bambino. Rispetto a questi fattori, perciò, le esperienze che coinvolgono l affettività del bambino devono essere positive. 21 Nella descrizione dei prossimi fattori di promozione educativa del senso religioso non sarà più presa in considerazione la fase del periodo senso-motorio. Le due fasi infatti non si differiscono per un sapere di più, ma per un processo di appropriazione differente. Ciò che seguirà quindi andrà declinato in maniera appropriata per la fase senso-motoria. 11

12 C) FATTORI SOCIO-AMBIENTALI In stretta connessione con i fattori precedenti c è anche l influenza ambientale: la cultura nella quale la persona è inserita, l insieme delle credenze del popolo a cui appartiene, il modo di vedere la vita e di affrontarla, le pratiche religiose. Il bambino, soprattutto attraverso l osservazione dei comportamenti degli adulti che lo circondano, mette in atto una condotta imitativa che si traduce in una percezione diffusa e globale, basata quasi unicamente sugli aspetti esteriori della pratica familiare. Senza esperienza di felicità e gratificazione, senza il soddisfacimento del bisogno di sicurezza, di appoggio, di accoglienza non ci può essere desiderio religioso. Questo fattore potrebbe essere promosso con tutte quelle esperienze che lavorano sulle sensazioni e sulle percezioni positive. In questo contesto è bene fare una distinzione per comprendere in modo concreto come muovere questo fattore di sviluppo: le sensazioni sono gli effetti oggettivi e immediati provocati dagli stimoli esterni ai sensi del bambino; le percezioni sono i processi attivi e dinamici di elaborazione delle sensazioni, una sorta di interpretazione personale. Tenendo conto che il senso religioso è ordinato a ciò (o Colui) che trascende l uomo, possono influire su questi fattori la sensazione e la percezione delle caratteristiche dei trascendentali: il vero, il buono, il bello. Molto più facile ci pare essere un esemplificazione che riguarda le sensazioni e le percezioni legate all ambiente. Prendiamo ad esempio l «ordine», che di per sé rimanda ai trascendentali sopra accennati: già proporre una vita ordinata, in ambienti ordinati e belli, a contatto con persone equilibrate promuove uno sviluppo consistente del senso religioso del bambino. 3.2 LE PRINCIPALI ESPERIENZE EDUCATIVE Cerchiamo ora di indicare alcuni strumenti educativi che si traducono in esperienze di vita e sono elementi efficaci per l educazione del senso religioso dei bambini. Passando in rassegna queste esperienze possiamo tenere in mente i fattori di sviluppo del senso religioso sopra esposti e ritrovarli stimolati nelle diverse circostanze. A) IL SIMBOLO Parlare di «simbolo» è parlare di un elemento centrale della comunicazione. Dal punto di vista etimologico, il termine deriva dalle radici greche sym (insieme) e bolé (gettare), che significano quindi «mettere insieme». Il simbolo, infatti, è qualcosa che significa un altra realtà mentre la contiene già in se stesso e questa è una caratteristica importante per l educazione del senso religioso: ad esempio un volto arrabbiato significa il concetto di rabbia, mentre la contiene e viene deformato dalla stessa. Quando dunque parliamo di simbolo ci riferiamo a tutte quelle esperienze che fanno da passaggio comunicativo tra una persona e un altra realtà non tanto a livello arbitrario e convenzionale, quanto perché di per sé contengono una parte della realtà stessa. Riportiamo in stile sintetico tre tipi di esperienze simboliche che concorrono a favorire lo sviluppo del senso religioso del bambino. 22 Simbolica fisica Attraverso alcuni concreti gesti religiosi compiuti con il proprio corpo (inginocchiarsi, baciare, toccare, sostare...) si può far comprende che Dio è amabile, proprio perché amato dall educatore. Simbolica figurativa Anche le immagini hanno un grande potenziale significativo per i bambini. Alcuni esempi: riservare alcuni spazi in cui poter mettere solamente segni religiosi nei quali il bambino possa esprimersi liberamente (regali; disegni); appendere ai muri immagini sacre e spiegarne in modo semplice il soggetto Cf. E. ACETI, Educare al sacro. Una risposta alla crisi della società post-moderna, Città Nuova, Roma 2011, 55-12

13 Simbolica concreta Compiere delle azioni concrete che contengano in modo implicito un invito ad aprirsi alla dimensione religiosa, anche valorizzando alcuni atteggiamenti religiosi attraverso il gioco. All interno di questa categoria simbolica, e a cavallo con quella precedentemente accennata, è da collocarsi l esperienza fondamentale della visita in chiesa. B) IL RITO Esistono dei veri e propri riti, che si possono proporre in alcuni momenti significativi della giornata, che sono fondamentali per lo sviluppo del senso religioso del bambino. Come esempio ne riportiamo tre che riteniamo particolarmente importanti. Il segno della croce e le preghiere nella giornata Ci sono delle esperienze che sembrano essere banali e insignificanti, ma che per il bambino acquistano una carica educativa e significativa determinante. Primo fra questi è il segno della croce, praticato o visto fare dall adulto, che rimanda ad una realtà non ancora compresa del tutto, ma indicata da questo segno in modo preciso. Un altra esperienza è quella delle preghiere durante la giornata: mattino, pasti, sera. Riguardo a questi momenti rituali ciò che conta non è la lunghezza, ma l intensità e la ripetitività con cui si vivono. La festa Il senso della festa è molto importante per l educazione del senso religioso, in particolare quando non si riferisce direttamente al bambino, ma è ordinata a Dio. Il rito della festa può essere proposto attraverso scelte concrete che riguardano tutti i momenti di quella giornata ad esempio attraverso il riposo, i pasti più curati, la rottura della routine,... La liturgia È questo il rito più alto che ci possa essere. Esso è completamente orientato a Dio e vissuto da una comunità e possiede in modo intrinseco le caratteristiche principali necessarie per una efficace educazione del senso religioso. Riportiamo, come esempio, le indicazioni rituali della liturgia domestica della Pasqua ebraica cercando di coglierne la dinamica. Mosè convocò tutti gli anziani d Israele e disse loro: «Andate a procurarvi un capo di bestiame minuto per ogni vostra famiglia e immolate la Pasqua. Prenderete un fascio di issòpo, lo intingerete nel sangue che sarà nel catino e spalmerete l architrave ed entrambi gli stipiti con il sangue del catino. Nessuno di voi esca dalla porta della sua casa fino al mattino. Il Signore passerà per colpire l Egitto, vedrà il sangue sull architrave e sugli stipiti; allora il Signore passerà oltre la porta e non permetterà allo sterminatore di entrare nella vostra casa per colpire. Voi osserverete questo comando come un rito fissato per te e per i tuoi figli per sempre. Quando poi sarete entrati nella terra che il Signore vi darà, come ha promesso, osserverete questo rito. Quando i vostri figli vi chiederanno: Che significato ha per voi questo rito?, voi direte loro: È il sacrificio della Pasqua per il Signore, il quale è passato oltre le case degli Israeliti in Egitto, quando colpì l Egitto e salvò le nostre case». Il popolo si inginocchiò e si prostrò. 23 C) IL LINGUAGGIO Il tema del linguaggio in ordine all educazione del senso religioso dell uomo costituisce un ambito vasto che in questa sede non è possibile approfondire. 24 Ci limitiamo però a segnalare una tipologia di linguaggio che risulta particolarmente efficace per l educazione del bambino e che dischiude un grande potenziale spesso dimenticato: è il linguaggio della narrazione e del racconto. Anche in questo caso un esempio sarà chiarificatore. Prendiamo la parabola del Buon Pastore (Lc 15,1-7). La riportiamo di seguito nella versione dell evangelista Luca. 23 Es 12, Per un approfondimento a riguardo cf. Z. TRENTI (ed.), Il linguaggio nell educazione religiosa. La parola alla fede, LDC, Leumann

14 Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. In modo implicito, in questa parabola, sono collocati degli elementi che suscitano stupore e che esprimono alcune caratteristiche peculiari di Dio. Inoltre questa parabola comunica delle sensazione chiare che se messe in evidenza lavorano sul fattore emotivo del bambino lasciando un segno positivo. A volte questa corda emotiva necessita di un attualizzazione. D) LA COMUNITÀ In modo telegrafico riteniamo di dover far cenno alla comunità come esperienza fondante per lo sviluppo del senso religioso del bambino. La prima comunità ovviamente è costituita dalla famiglia e la caratteristica principale della comunità è quella di essere un insieme di diversi e di educare a relazionarsi con l Altro: si diventa sé passando attraverso un altro. Io madre divento me stessa ogni giorno di più passando attraverso mio marito, e il marito diventa sé ogni giorno di più passando attraverso sua moglie: nessuno diventa sé da solo. Il non senso molte volte parte proprio da lì: io, io, io faccio, io dico, io decido la mia identità, so io dove devo andare, so io cosa sono. Non c è educazione se non ci sono adulti che si aprono in modo reciproco gli uni, gli altri e così facendo rimandano al rapporto ultimo con l Altro. 3.3 GLI ATTEGGIAMENTI DELL EDUCATORE Dopo aver passato in rassegna sinteticamente i fattori di sviluppo del senso religioso e le esperienze che possono muoverli per un educazione globale della persona, cerchiamo ora di mettere in risalto alcuni atteggiamenti dell educatore che riteniamo importanti per l ambito del nostro percorso A) L ACCOGLIENZA Non si può far spazio ad un «altro», soprattutto se con la A maiuscola, senza apertura, senza rinunciare a qualcosa di se stessi. Se tutto lo spazio che viviamo è occupato dal nostro io, non c è più posto per nessuno. Ma così finiremo col vivere in perfetta solitudine. E l uomo non è fatto per stare da solo. Certo, accogliere gli altri può essere faticoso, ma solo un atteggiamento di serena apertura ci permette di incontrare l «altro» e di arricchirci con la sua presenza. Lo stesso vale per Dio. Anzi, di più. Per questo atteggiamento occorre da parte dell educatore una conversione del modo di guardare i soggetti che vanno accolti per quello che sono cercando di comprendere la complessità del vissuto personale di ciascuno. 25 B) LA MEDIAZIONE L educazione del senso religioso dei bambini passa sostanzialmente attraverso un lavoro di mediazione tra ciò che dovrebbe essere il bambino e ciò che è. Ci sono però delle peculiarità proprie della religiosità dei bambini (che abbiamo evidenziato in precedenza) che devono essere tenute in considerazione e costituiscono dei limiti invalicabili, sorpassando i quali si possono provocare dei traumi o delle forzature nell educazione religiosa. Questo è in sostanza un lavoro di mediazione molto importante Cf Cf. 14

15 C) L INCORAGGIAMENTO Sapendo che prima o poi c è un momento in cui i figli dovranno incominciare a muoversi da soli i genitori solitamente si spaventano. Sembra che il pensiero che il bambino ad un certo punto inizi a fare da solo sia un elemento negativo nel processo educativo, invece è vero il contrario. Tendenzialmente noi adulti vogliamo evitare che i bambini si facciano male con la vita. Questo è segno di una grande incapacità educativa; infatti, se li ho educati fino a qui, li ho aiutati a capire di sé, come si possono affrontare le cose, allora quando cominciano a muoversi da soli devo solo aumentare il tifo e rendere più luminosi gli esempi, non avere paura, ma dire «Forza che ce la fai, prova a scegliere, guardami e paragona la scelta che stai facendo tu con quello che ti faccio vedere io». Per tutta la vita abbiamo bisogno di avere davanti qualcuno a cui guardare e che fa il tifo per noi. D) LA FORMAZIONE PERSONALE All inizio sono piccoli, chiedono il nome delle cose: Mamma cos è, come si chiama ed è facile raccontarglielo. Poi, man a mano che diventano grandi, chiedono il significato delle cose: «Perché, per che cosa, qual è il senso, qual è il tuo giudizio, sulle cose?». Nei bambini c è una domanda che muove l adulto a fare sul serio. Noi vediamo adulti, in questa nostra epoca, che si occupano tantissimo, troppo, dei bambini; ce li hanno sempre in mente, davanti agli occhi, sono sempre in moto per dare loro tutto quello che si può e in questo fare tanto finiscono per fare diventare il bambino il loro compito. Vediamo degli adulti che sempre, in ogni momento, si stanno occupando del bambino. Ma senza sapere come e soprattutto occupandosi così tanto del bambino si dimenticano di sé. Compito degli adulti non è occuparsi del bambino; è essere bene se stessi. È capire la vita; perché devono offrire sé e il senso della vita ai figli. In ordine a questo atteggiamento è decisiva una formazione permanente specialmente in relazione alle risposte personali al proprio senso religioso. Occorre anche essere Maria, non solo Marta! 27 Oggi c è la necessità di testimoni e non di maestri. E) IL LAVORO IN EQUIPE Cosa assodata nel processo educativo è la necessità di lavorare in equipe. Da soli non ci se la fa più. È importante essere consapevoli che un gruppo educativo possiede molte più risorse di una persona singola, riesce a cogliere con più precisione i bisogni del bambino e le sue risorse e non di meno testimonia di per sé l importanza dell apertura verso l altro, così importante per la relazione con il trascendente. 27 Cf. Lc 10,38-42: Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». 15

16 4. CONCLUSIONE Possiamo concludere il percorso sottolineando alcune esigenze legate all educazione del senso religioso nei bambini. Innanzi tutto ciò che si deve tenere sempre presente è che questa dimensione della persona non è un accessorio più o meno facoltativo, ma costituisce una parte dell uomo fondamentale, da educare e far crescere per la realizzazione della propria vita. Per quanto riguarda l azione educativa, invece, devono essere tenute in considerazione le caratteristiche della religiosità del bambino così da ricercare progressivamente di togliere le diverse ambiguità che la caratterizzano. Si deve inoltre fare attenzione a declinare l azione educativa all interno delle singole tappe dello sviluppo, nella consapevolezza che non si è mai troppo piccoli per lavorare sullo sviluppo del senso religioso, specie nel nostro contesto postmoderno dove si registra un grave analfabetismo legato a questo aspetto della vita. In ogni educatore ci deve essere la consapevolezza di essere «simbolo», cioè strumento di passaggio, tra i bambini e Dio e questo deve portare ad essere attenti alla propria coerenza, alla cura del rapporto personale con il bambino, accolto sempre in modo incondizionato, ma aiutato con perseveranza a tendere verso gli ideali di vita cristiana. Infine, il lavoro sui fattori e sugli atteggiamenti che favoriscono lo sviluppo del senso religioso deve essere perseguito non in modo spontaneo, ma all interno di una attenta programmazione fatta in equipe, che sappia declinare le massime raccolte in questo percorso all interno dei «campi di esperienza». Concludiamo con un racconto del cantautore francese P. Duval che narra di una percezione religiosa legata alla sua infanzia e che può costituire un icona utile per il percorso presente. A casa mia la religione non aveva nessun carattere solenne: ci limitavamo a recitare ogni giorno le preghiere della sera tutti insieme. Mi rimase scolpita nella memoria la posizione che prendeva mio padre. Egli tornava stanco dal lavoro dei campi con un gran fascio di legna sulle spalle. Dopo cena si inginocchiava per terra, appoggiava i gomiti su una sedia e la testa tra le mani, senza guardarci, senza fare un movimento, né dare il minimo segno di impazienza. E io pensavo: «Mio padre che è così forte, che governa la casa, che sa guidare i buoi, che non si piega davanti al sindaco... mio padre davanti a Dio diventa come un bambino. Come cambia aspetto quando si mette a parlare con Lui. Dev essere molto grande Dio se mio padre gli si inginocchia davanti! Ma dev essere anche molto buono, se può parlargli senza cambiarsi il vestito!». Al contrario, non vidi mai mia madre inginocchiarsi. Era troppo stanca la sera, per farlo. Si sedeva in mezzo a noi, tenendo in braccio il più piccolo. Ci guardava, ma non diceva niente. Non fiatava nemmeno se i più piccoli la molestavano, nemmeno se infuriava la tempesta sulla casa o il gatto combinava qualche malanno. E io pensavo: «Dev essere molto semplice Dio, se gli si può parlare tenendo un bambino in braccio e vestendo il grembiule. E dev essere anche una persona molto importante, se mia madre quando gli parla non fa caso né al gatto né al temporale». Le mani di mio padre e le labbra di mia madre m insegnarono, di Dio, molto più che il catechismo P. PELLEGRINO, Educare a tutto campo. Per l impianto di un uomo totale, LDC, Leumann 1994,

17 5. BIBLIOGRAFIA STRUMENTI CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, La Bibbia. Edizione di Gerusalemme riveduta, EDB, Bologna J. M. PRELLEZO - G. MALIZIA - C. NANNI (edd.), Dizionario di Scienze dell Educazione, LAS, Roma LEOPARDI G., Canti, Garzanti Libri, Milano MONOGRAFIE E SAGGI ACETI E., Educare al sacro. Una risposta alla crisi della società post-moderna, Città Nuova, Roma ALETTI M. - FAGNANI D. - ROSSI G., (edd.) Religione: cultura, mente e cervello. Nuove prospettive in psicologia della religione, CSE, Torino ALETTI M. - ROSSI G. (edd.), Identità religiosa, pluralismo, fondamentalismo, CSE, Torino ARIÈS P.,, Storia della morte in occidente, Rizzoli, Milano BROWNING D. S. - COOPER T. D., Il pensiero religioso e le psicologie moderne, EDB, Bologna CAVALLETTI S., Il potenziale religioso del bambino, Città Nuova, Roma CIOTTI P. - DIANA M. (edd.), Psicologia e religione. Modelli problemi prospettive, EDB, Bologna DIANA M., Dio e il bambino, Elledici, Leumann ERIKSON E. H., Infanzia e società, Armando Editore, Roma FIZZOTTI E., Introduzione alla psicologia della religione, Franco Angeli, Roma GIUSSANI L., Il senso religioso. Volume primo del PerCorso, Rizzoli, Milano GIUSSANI L. - TESTORI G., Il senso della nascita, BUR, Milano LUCHETTI A. - GIANNÌ I. (edd.), Totem e tabù, L avvenire di un illusione, Mosè e il monoteismo e altri scritti sulla religione di S. Freud, BUR, Milano MONTESSORI M., L autoeducazione, Garzanti Libri, Milano NARCISI F., Comunicare la fede ai bambini. Pastorale battesimale ed educazione alla fede in famiglia, Paoline, Milano PELLEGRINO P., Educare a tutto campo. Per l impianto di un uomo totale, LDC, Leumann TRENTI Z. (ed.), Il linguaggio nell educazione religiosa. La parola alla fede, LDC, Leumann VERGOTE A., Psicologia religiosa, Borla, Torino VERGOTE A., Religione, fede, incredulità. Studio psicologico, Paoline, Roma VIANELL R., Ricerche psicologiche sulla religiosità infantile, Giunti, Firenze

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