CAPITOLO V DISPOSITIVI AD EFFETTO DI CAMPO

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1 . 1 CAITOLO ISOSITII A EFFETTO I CAMO Introduzione. I transistori ad effetto di campo o FET (Field Effect Transistor) sono dei dispositivi a semiconduttore il cui funzionamento dipende dall azione di controllo operata da un campo elettrico sulla corrente che li attraversa. iù precisamente, l'intensità della corrente che scorre nel semiconduttore tra due terminali (source e drain) viene controllata dalla tensione applicata su un terzo terminale (gate). In base alla modalità con cui viene realizzato l'elettrodo di controllo, i transistori ad effetto di campo in silicio possono raggrupparsi in tre grandi famiglie: 1) FET a giunzione p-n o JFET (Junction Field Effect Transistor), in cui il gate è realizzato con una giunzione p-n polarizzata inversamente; ) FET a giunzione metallo-semiconduttore o MESFET (MEtal-Semiconductor Field Effect Transistor), in cui il gate è realizzato con una giunzione rettificante metallosemiconduttore polarizzata inversamente; 3) FET a struttura metallo-ossido-semiconduttore o MOSFET (Metal-Oxide- Semiconductor Field Effect Transistor), anche detti IFET (Insulated ate Field Effect Transistor) per la loro struttura in cui il gate metallico è isolato dal semiconduttore da un sottile film di biossido di silicio; quest'ultimo è il dispositivo maggiormente impiegato per la realizzazione di circuiti ad alto livello di integrazione (LSI), come i microprocessori e le memorie a semiconduttore. In breve, i transistori ad effetto di campo presentano le seguenti caratteristiche: a) il loro funzionamento dipende dal flusso dei soli portatori maggioritari e pertanto sono dei dispositivi unipolari; b) sono più semplici da realizzare rispetto i transistori bipolari a giunzione (BJT) e nella forma integrata occupano meno spazio; c) presentano una elevata impedenza di ingresso (MΩ); d) sono affetti da un rumore inferiore a quello presentato dai transistori a giunzione; e) non presentano una tensione residua diversa da zero per correnti di drain prossima a zero e quindi possono funzionare bene come interruttore. (5.3 - ennaio 005)

2 . Il principale svantaggio dei FET consiste nel fatto che il valore del prodotto "amplificazionelarghezza di banda" per questi dispositivi è in genere più basso di quello che tipicamente si ottiene nei transistori bipolari ispositivi JFET. La struttura in sezione di un JFET a canale n, realizzato in tecnologia planare, è illustrata in Fig.1. Uno strato n è accresciuto epitassialmente su un substrato di tipo p. Una ulteriore zona di tipo p + viene ottenuta per diffusione e in essa è realizzato il contatto metallico corrispondente al terminale di gate. Al di fuori di tale zona sono poste altre due zone drogate n + corrispondenti ai contatti di source e drain. Una differenza di potenziale applicata tra i due contatti estremi provoca un flusso di corrente che percorre il canale nel senso della sua lunghezza. Si tratta di una corrente di portatori maggioritari e cioè, in questo caso, di elettroni. er la presenza della zona di svuotamento a ridosso della giunzione canale-substrato, che nel funzionamento normale è per lo più polarizzata inversamente, il canale stesso risulta isolato rispetto il substrato. Source ( S ) S I S ate ( ) I rain ( ) I n + p + n + zone di svuotamento c a n a l e strato epitassiale di tipo n substrato di tipo p Fig. 1 - Sezione di un JFET a canale n er il JFET mostrato in Fig.1 si impiega la seguente nomenclatura convenzionale, valida anche per tutti gli altri dispositivi FET: - il source S (emettitore - sorgente) è il terminale attraverso cui i portatori maggioritari entrano nel dispositivo; la corrente che entra in S viene indicata con I S ; - il drain (collettore - pozzo) è il terminale attraverso cui i portatori maggioritari escono dal dispositivo; tra drain e source viene applicata una tensione S che nel seguito verrà indicata brevemente come ; la corrente che entra in viene indicata con I ed è in modulo praticamente coincidente con I S (a meno della corrente inversa della giunzione di gate e se non è prossima al valore di rottura);

3 . 3 - il canale, cioè la regione di tipo n attraverso la quale i portatori maggioritari si muovono tra i due terminali di source e drain; - il gate (base - porta) è il terminale di controllo che consente la variazione dello spessore del canale; tra gate e source viene applicata una tensione S, indicata brevemente come, in modo da polarizzare inversamente la giunzione p + -n; la corrente (molto piccola o nulla) che entra in viene indicata con I. JFET a canale n JFET a canale p S S Fig. - Simboli circuitali dei dispositivi JFET I simboli comunemente impiegati per rappresentare negli schemi elettrici i dispositivi JFET, sia a canale n sia p, sono riportati in Fig.. La freccia del terminale di gate indica il verso della possibile corrente di conduzione sulla giunzione di gate. Riguardo i segni delle tensioni e delle correnti, in un JFET a canale n si ha che I e sono positive mentre, I S e I sono negative; in un JFET a canale p invece I e sono negative mentre, I S e I sono positive (le tensioni, come detto, sono riferite al source). I dispositivi di uso più comune sono i JFET a canale n, che vengono preferiti poiché risultano più veloci dei dispositivi a canale p, nei quali la conduzione è affidata alle lacune. Ciò risulta in quanto il tempo di transito dei portatori nel canale è inversamente proporzionale alla loro mobilità e come è noto, a parità di drogaggio, la mobilità degli elettroni µ n risulta maggiore di quella delle lacune µ p. Nel seguito ci si riferirà a dispositivi realizzati in silicio, tranne che diversamente specificato Funzionamento del JFET e sue caratteristiche corrente-tensione. Nel seguito è riportato un procedimento per ricavare, con buona approssimazione, l'espressione che lega la corrente di drain I alla tensione di drain ed alla tensione di gate in un JFET a canale n. Tale espressione permette di tracciare le curve caratteristiche di uscita dei JFET (nel seguito indicate per brevità come caratteristiche I -, riportate nel paragrafo 5.4), in funzione della tensione di gate. Al fine di semplificare l'analisi, per il JFET si considererà la struttura a barretta riportata in Fig.3, simmetrica rispetto l asse

4 . 4 orizzontale. Tale struttura idealizzata può pensarsi derivata da quella planare, rappresentata in Fig.1, considerando come tratto utile soltanto la porzione di canale che in Fig.1 è posta immediatamente al di sotto del terminale di gate e supponendo che il gate ed il substrato di tipo p siano collegati insieme. Nel modello considerato si supporrà inoltre che i drogaggi delle due zone p siano eguali e che le giunzioni siano a gradino. ate ( 0) W p + Source canale n a rain ( 0) p + L zone di svuotamento Fig. 3 - Struttura semplificata di un JFET a canale n per piccoli valori di Con queste ipotesi, per il calcolo della "resistenza del canale" nel JFET, è possibile considerare il canale stesso come un semplice parallelepipedo di silicio la cui resistenza è R L / σ S, avendo indicato con L la lunghezza del canale, con S la sua sezione e con σ la sua conducibilità. In tal caso, se a è la larghezza complessiva del canale (distanza tra le giunzioni metallurgiche), W l'ampiezza di ciascuna delle due zone di svuotamento e Z la dimensione del dispositivo in direzione normale al piano del disegno, si può scrivere: 1 L R σ ( a -W ) Z dove W dipende dalla tensione di polarizzazione data al gate e la conducibilità σ vale q µ n N, avendo indicato con N il drogaggio del canale. Se il gate è polarizzato inversamente, si ha: W ε s 1 ( Φi q N ) Questo risulta vero fin quando il valore della tensione tra source e drain è inferiore a 1, per cui si può trascurare la caduta di potenziale lungo il canale e considerare costante il valore di W lungo tutto il canale. In tal caso si ottiene:

5 . 5 1 R q µ N n Z a ε q s L N 1 ( Φ i ) ( ) R Quindi, in presenza di una piccola tensione applicata la barretta di tipo n si comporta come una semplice resistenza a semiconduttore nella quale, per assegnato valore di, la corrente I cresce proporzionalmente a. Ne consegue che la caratteristica I -, al variare di e per valori di prossimi allo zero, assume la forma di una stella di rette passanti per l origine degli assi e ciascuna avente pendenza pari a 1/R (Fig.4-a). In tale zona di funzionamento il JFET si comporta come una resistenza il cui valore è controllabile da una tensione: esso può essere pertanto impiegato, ad esempio, nei circuiti di controllo automatico del guadagno (CA) per amplificatori. I > 0 a) I I sat sat b) sat I I sat > sat c) sat Fig. 4 - Funzionamento di un JFET in zona lineare (a), in condizione di strozzamento (b), in zona di saturazione (c).

6 . 6 All'aumentare di cresce la corrente I lungo il canale e di conseguenza la caduta resistiva di tensione tra il source e drain. er costante, tale tensione contribuisce ad aumentare la polarizzazione inversa della giunzione tra gate e canale, per cui la zona neutra del canale inizia a restringersi. L influenza di comincia a farsi sentire quando il valore della stessa diventa comparabile al potenziale di barriera Φ i tra gate e source. Inoltre, poiché il potenziale non risulta costante lungo il canale (a causa appunto della caduta resistiva), il restringimento non può risultare uniforme ma è più pronunciato nelle regioni vicine al drain. Quando ciò accade, le caratteristiche I - iniziano ad incurvarsi verso l asse positivo delle ascisse. Aumentando ulteriormente, la corrente I raggiunge un valore massimo pari a I sat e poi resta pressoché costante. Tale condizione di "saturazione" nelle caratteristiche si verifica quando la zona svuotata si è espansa a tal punto da annullare la zona neutra del canale. Si suole dire che si è raggiunta la condizione di "strozzamento" del canale (pinch-off) per una tensione pari a sat (Fig.4-b). Naturalmente non è possibile che il canale si chiuda completamente e, di conseguenza, la corrente I si riduca a zero. Se infatti si verificasse tale situazione, verrebbe meno anche la caduta ohmica che consente di sostenere la necessaria polarizzazione inversa, per cui il canale tenderebbe ad aprirsi. Aumentando la tensione oltre il valore sat, l'effetto complessivo è allora un accorciamento della zona neutra del canale (visto che nella zona strozzata la zona neutra ha già ampiezza nulla) ed un allungamento della zona strozzata, restando però la I pressoché costante e pari al valore di saturazione (Fig.4-c). Questo comportamento soddisfa sia la tendenza della zona di svuotamento ad espandersi all'aumentare della polarizzazione inversa del canale, sia la necessità di avere una corrente che scorre nel canale per mantenere la caduta ohmica. Tale fenomeno viene indicato con il nome di modulazione della lunghezza di canale. ate ( 0) p + Source canale n a dy W rain ( 0) x p + zone di svuotamento 0 y y+dy L y Fig. 5 - Modello di un JFET a canale n per < sat

7 . 7 er ricavare l'espressione della caratteristica I -, in condizioni prossime allo strozzamento del canale, si può considerare una fetta di canale di lunghezza dy (Fig.5). La caduta di tensione d ai capi di dy è: d I dr essendo: dy dr q µ N Z y n [ a -W ( )] La larghezza della zona di svuotamento W(y), variabile con la distanza y dal source, si può esprimere come: ε s 1 W ( y ) [ Φi + ( y)] q N dove (y) rappresenta il termine additivo di potenziale alla sezione di ascissa y, dovuto alla caduta di tensione lungo il canale. Si giunge così all'espressione in forma differenziale: I ε dy q µ N Z s 1 n a - [ Φi + ( y )] q N d che va integrata lungo tutto il canale di lunghezza L. Si noti che il termine I non varia con y. er ricavare in maniera semplice l'espressione di si può ricorrere al seguente stratagemma. artendo dall'espressione di W(y) ed elevandola al quadrato, si ottiene: W ( y ) ε s 1 [ Φi q N + ( y)] da cui, differenziando (si omette, per semplicità, l'indicazione della dipendenza da y): ε W dw q s 1 Utilizzando le espressioni di d e dr sopra riportate, si giunge alla: e quindi alla: W q N ε q s N ε s dw µ n Z I q µ N n d dy N Z [ a -W ] [ a -W ] W dw I dy Integrando entrambi i membri tra 0 ed L lungo il canale, essendo I costante con y, si ha: q N ε s µ n W Z L - W0 [ a W ] W dw I L

8 . 8 dove l'integrale presente a primo membro può essere agevolmente risolto. Il risultato di tale integrazione è dato dall'espressione: (1) i i Φ Φ I I avendo posto: s s n ε a N q L ε a N q µ Z I e 3 L'espressione (1) della I sopra ricavata vale per il JFET nella regione che va dall'inizio della zona lineare fino al raggiungimento della saturazione. Quest ultima situazione si ottiene allorché la I raggiunge il valore massimo I sat. er valori di superiori a sat l espressione appena trovata prevederebbe che la I inizi a diminuire, come indicato dalla curva tratteggiata in Fig.4-c; ciò non si verifica in quanto sarebbe in contrasto con le considerazioni relative al fenomeno della modulazione della lunghezza del canale. La quantità viene detta "tensione di strozzamento" (pinch-off), pari alla tensione totale di polarizzazione inversa (Φ i - + ), sulla giunzione tra gate e canale, per la quale W a. Infatti, imponendo questa condizione nell'espressione di W(y), si ottiene: ] 1 sat i s Φ N q ε a + [ da cui: i i s sat Φ Φ ε N q a + + Questo valore sat, sostituito nell'espressione di I, permette di ricavare I sat. Esercizio: Ricavare la (1) e dimostrare che, in tale espressione, il valore massimo di I si ottiene per sat. E' possibile infine ottenere l'espressione della I per bassi valori di effettuando qualche semplificazione all'espressione completa di I sopra riportata. Infatti, per << Φ i -, i due addendi posti all'interno della parentesi quadra nell'espressione di I possono essere riscritti come:

9 ) ( ) (1 i i i i i i i Φ Φ Φ Φ Φ Φ Φ da cui: i i Φ I Φ I I ) ( 3 3 quindi la I è funzione lineare della. Sostituendo le espressioni di I e ed effettuando il rapporto / I si ottiene l'espressione della resistenza di canale R ricavata precedentemente per bassi valori di Caratteristiche corrente-tensione del JFET al variare di. Ricapitolando, lungo ogni curva caratteristica per cost (Fig.6) si possono osservare tre zone: una regione a comportamento resistivo per piccoli valori di, in cui I è direttamente proporzionale a e la curva è un segmento di retta (zona lineare); una zona di transizione dove la curva inizia a piegarsi fino a diventare parallela all'asse delle ascisse; una regione a corrente costante per valori elevati di in cui I varia molto lentamente con (zona di saturazione). I sat 0-0, ,5 - Fig. 6 - Caratteristiche corrente-tensione di un JFET a canale n. 10 ma 4 0

10 . 10 Si osservi che, nel caso del transistore bipolare a giunzione (BJT) e per motivi che verranno chiariti in seguito, è il tratto iniziale delle caratteristiche (per bassi valori di tensione) ad essere denominato zona di saturazione. Ciò può dar luogo a malintesi se non viene specificato il tipo di dispositivo a cui si fa riferimento. er il JFET si può considerare una quarta zona di funzionamento, la zona di interdizione, che si ha quando la è tale da svuotare completamente il canale. Infatti, se si applica al gate una tensione via via maggiore e con polarità tale da aumentare la polarizzazione inversa tra gate e canale, il fenomeno della strozzatura si manifesta per valori di sempre più bassi e quindi più piccola sarà l intensità massima della corrente di drain. Quando raggiunge un valore indicato con C (cut-off voltage), si giunge alla condizione per cui W a anche a bassissime tensioni di drain. In tal caso, la I si mantiene pressoché nulla anche per > 0 e la C vale: C Φ i q a N ε Si noti che nelle caratteristiche è talvolta presente, al di sopra della curva a 0, anche una curva a +0,5, tensione alla quale la giunzione è polarizzata direttamente. Occorre notare tuttavia che in tali condizioni la corrente attraverso la giunzione di gate sarà molto piccola dato che una tensione di +0,5 risulta, per le giunzioni p-n in silicio, al di sotto della tensione di soglia γ. s I > sat 10 ma Fig. 7 - Transcaratteristica di un JFET a canale n. Quando è impiegato negli amplificatori, il JFET viene quasi sempre fatto funzionare nella regione in cui si verifica lo strozzamento, detta anche regione del pentodo. Risulta allora

11 . 11 talvolta utile considerare la cosiddetta transcaratteristica, ottenuta tracciando l andamento della I al variare per un valore costante di (Fig.7). Nell ipotesi di considerare perfettamente orizzontali i tratti delle caratteristiche di uscita relativi alla condizione di strozzamento e di considerare solo punti appartenenti a tale zona, tutte le transcaratteristiche risultano sovrapposte ed è quindi possibile considerarne una soltanto. Il JFET può anche essere impiegato in circuiti a commutazione. In tali applicazioni esso viene fatto lavorare alternativamente o in interdizione, imponendo < C in modo che I sia nulla, oppure in piena conduzione, impiegando una quanto più elevata possibile (purché sempre inferiore alla γ.) in modo da portare il dispositivo a lavorare nella regione lineare a bassi valori di. La resistenza di canale che si ottiene nelle condizioni di massima conduzione viene spesso indicato come R ON ed è una delle grandezze caratteristiche del JFET, in quanto rappresenta un indice della bontà del dispositivo nel funzionamento in commutazione: minore è il suo valore, tanto meglio il JFET è in grado di approssimare un interruttore chiuso. I valori tipici per la R ON di un JFET sono compresi tra qualche decina ed alcune migliaia di Ohm. er quanto riguarda la presenza di effetti capacitivi nel JFET, bisogna notare che in tale dispositivo la concentrazione dei portatori lungo il canale è uniforme e la corrente è dovuta soltanto al drift dei portatori maggioritari, non alla loro diffusione. i conseguenza non si ha accumulo di cariche, per cui non esiste capacità di diffusione. li unici effetti capacitivi sono pertanto dovuti alle regioni di svuotamento o alle capacità interelettrodiche del contenitore del dispositivo Rottura del JFET. Ad alti valori della tensione di drain è possibile considerare una quinta regione di funzionamento, nella quale si ha la rottura della giunzione gate-drain, con conseguente forte aumento della corrente I. Infatti, la massima tensione che si può applicare tra due terminali qualsiasi del JFET è la più bassa tensione che provoca il breakdown a valanga della giunzione di gate. Si nota dalla Fig.6 che, quando il gate è polarizzato inversamente, la valanga si manifesta per valori di più bassi di quello per la curva a 0. In tal caso, infatti, la tensione di polarizzazione inversa del gate si aggiunge alla tensione applicata al drain e quindi incrementa la tensione complessiva gate-drain. Quando si innesca la condizione di rottura, la corrente di source I S non varia, visto che è costante, ma aumenta notevolmente la corrente di drain I, alla quale contribuisce; in tali condizioni, l incremento della corrente I che assume valori confrontabili con le correnti I S ed I.

12 olarizzazione del JFET. er l impiego nei circuiti amplificatori il JFET viene tipicamente polarizzato con punto di riposo all interno della zona di saturazione, nella quale il dispositivo si comporta come un generatore quasi ideale di corrente la cui intensità è funzione della tensione di gate. Una volta scelto il punto di riposo (I*, *, * ) basandosi su considerazioni relative all amplificazione dello stadio, alla dinamica del segnale in uscita ed alla dissipazione termica, si dovranno scegliere i valori dei componenti presenti nella rete di polarizzazione in modo da soddisfare, per quanto possibile, le specifiche richieste e le condizioni limite di funzionamento fornite dal costruttore. Il JFET è affetto da minori problemi di deriva termica rispetto, come si vedrà in seguito, ai transistori a giunzione. Infatti all aumentare della temperatura del dispositivo la corrente di drain tende a diminuire, dato che la mobilità dei portatori nel canale diminuisce, per cui i rischi di fuga termica sono ridotti. La dispersione delle caratteristiche è, invece, molto pronunciata ed i costruttori in genere forniscono, oltre ai valori tipici dei parametri del dispositivo, anche quelli minimi e massimi. Come indicato in Fig.3, per la corretta polarizzazione del JFET a canale n sono necessari due generatori di tensione, il primo collegato tra gate e source in grado di imporre una negativa, il secondo collegato tra drain e source per imporre una positiva. Al fine di impiegare un unico generatore di tensione per alimentare tutto il circuito, lo schema di polarizzazione più comunemente impiegato è quello ad autopolarizzazione riportato in Fig.8-a. Nel seguito viene considerato un JFET a canale n. er quelli a canale p basta invertire il segno delle tensioni. + E I E/(R S + R ) R I* * R R S a) b) * E Fig. 8 (a) Circuito di autopolarizzazione per un JFET. (b) Caratteristiche di uscita del JFET sulle quali è riportata la retta di carico.

13 . 13 er un JFET a canale n la tensione tra gate e source deve essere negativa. Inoltre la corrente di gate I si può considerare praticamente nulla, essendo pari alla corrente inversa di saturazione di un diodo. er tale motivo, nonostante la presenza del resistore R, il potenziale del gate coincide con quello di massa. Con tale considerazione è possibile applicare la legge di Kirchhoff alla maglia di ingresso, che fornisce: + R S I 0 dalla quale si ricava che la tensione tra gate e source è negativa e pari in modulo alla caduta di tensione presente ai capi di R S. Applicando la legge di Kirchhoff alla maglia di uscita, si ottiene invece: E + ( R S + R ) I Nel caso in cui si debba effettuare l analisi del circuito e supponendo di possedere in forma grafica le caratteristiche di uscita del dispositivo, l equazione alla maglia di uscita consente di tracciare su di esse la retta di carico (Fig.8-b). L equazione alla maglia di ingresso permette invece di tracciare, sempre sulle caratteristiche di uscita, la curva di polarizzazione (a causa della scarsa pendenza delle caratteristiche, è spesso possibile determinare solo alcuni punti appartenenti a tale curva). L intersezione di questa con la retta di carico darà il punto di lavoro del dispositivo (I*, *, * ). Se invece si è in possesso della transcaratteristica del dispositivo (Fig.7), la curva di polarizzazione è rappresentata su tale piano da una retta che interseca la transcaratteristica proprio nel punto di lavoro. ovendo affrontare un problema di progetto è possibile risalire, a partire dalla conoscenza di o di I ed usando le caratteristiche di uscita in zona di saturazione, al corrispondente valore I o di, rispettivamente. all equazione alla maglia di ingresso si ricava il valore di R S. Essendo noti la tensione di drain e quella di alimentazione E, dall equazione alla maglia di uscita è possibile ricavare R. Alternativamente, se è nota e l amplificazione di tensione dello stadio, che per il circuito di figura risulta prossima a R / R S, si possono calcolare R ed E. Qualora non si possiedano le caratteristiche di uscita del dispositivo in forma grafica, è possibile procedere in maniera analitica sfruttando l espressione della caratteristica I - ricavata in precedenza. Spesso tuttavia si considera una semplice espressione verificata sperimentalmente, valida in regime di saturazione, che esprime la corrente di drain in funzione della tensione di gate e che approssima abbastanza bene la transcaratteristica di Fig.7: I I SS 1 -

14 . 14 dove I SS rappresenta la corrente di drain per 0, cioè il gate cortocircuitato al source. In tal caso i valori di I SS e di vengono forniti dal costruttore. Nei problemi di analisi l espressione semplificata di I può essere impiegata sostituendo - R S I al posto di, in base all equazione alla maglia di ingresso. Si ottiene così una equazione di secondo grado in I che permette di determinarne il valore (si osservi che si ottengono due valori di I, ma soltanto uno verifica la condizione < ). La semplice rete di autopolarizzazione riportata in Fig.8-a presenta lo svantaggio che il valore di R S è determinato dalla che si vuole applicare al gate. Tuttavia, come si vedrà nel caso dei transistori a giunzione, se si vuole migliorare la stabilizzazione del punto di riposo o aumentare la banda passante dello stadio amplificatore, bisogna elevare il valore della R S. er rendere la R S indipendente dalla si può utilizzare la rete a quattro resistenze di Fig.9-a, in cui la tensione di gate viene determinata anche dal partitore R 1 - R. E E R 1 R R R eq + R R S E eq R S a) b) Fig. 9 (a) Circuito di polarizzazione a quattro resistenze per un JFET. (b) Lo stesso circuito con generatore equivalente di Thevenin in ingresso. er analizzare il circuito conviene dapprima trasformare il partitore di ingresso nel generatore equivalente secondo Thevenin, determinando E eq ed R eq (Fig.9-b). oiché il partitore di ingresso non è caricato, essendo I 0, il potenziale a cui si trova il gate rispetto massa è pari ad E eq. L equazione della maglia di ingresso allora diventa: + R S I E eq mentre l equazione della maglia d uscita rimane: E + ( R S + R ) I A partire da queste due equazioni è possibile applicare il metodo grafico o quello analitico già descritti per il circuito di autopolarizzazione. Si osservi che, affinché il JFET funzioni

15 . 15 correttamente, bisogna scegliere R 1 ed R in modo che la tensione di gate risulti comunque negativa, quindi E eq < R S I Modello dinamico del JFET per piccoli segnali. er ricavare il modello equivalente lineare per piccoli segnali del JFET basta considerare che, formalmente, è possibile esprimere la corrente di drain I in funzione della tensione e della tensione : I f (, ) Una volta fissato il punto di riposo del dispositivo (I*, *, * ), sviluppando la funzione sopra riportata in serie di Taylor nell intorno di tale punto, si può esprimere una variazione della corrente di drain in funzione delle corrispondenti variazioni della e della : I * + di I * I I * * (, ) + d + d cost. cost. nella quale sono stati trascurati i termini contenenti derivate di ordine superiore al primo, avendo supposto piccole le variazioni imposte. erivando l'espressione analitica della I rispetto a e considerando cost., si ottiene il parametro transconduttanza g m : g m I I cost Φi + 1 Φi - 1 valida nella zona lineare di funzionamento del JFET fino al limite della saturazione. articolarizzando questa espressione al caso limite sat + - Φ i si ottiene la g m relativa alla zona di saturazione: g m I Φi 1-1 La curva (a) di Fig.10 rappresenta l andamento teorico di g m in zona di saturazione, normalizzato al rapporto I /, in funzione della tensione di gate normalizzata. Si può osservare come la transconduttanza si annulli quando si giunge in condizioni di strozzamento, cioè per Φ i -. Il massimo valore di transconduttanza si dovrebbe invece ottenere per Φ i, valore per il quale si ha la scomparsa della zona di svuotamento. Tale condizione di forte polarizzazione diretta, come è ben noto dalla teoria sui diodi a semiconduttore, non è fisicamente realizzabile. La curva (b) di Fig.10 rappresenta invece l andamento della transconduttanza che si può rilevare su dispositivi reali:

16 . 16 all aumentare del valore di, poiché si ha un aumento della corrente di drain I, gli effetti delle resistenze delle zone neutre di source e drain non sono più trascurabili e la transconduttanza assume valori inferiori a quelli teorici. ( g m ) / I 1 (a) 0,5 (b) 0 0, 0,4 0,6 0,8 1 (Φ i ) / Fig. 10 Andamento normalizzato della transconduttanza nella zona di saturazione in funzione della tensione di gate normalizzata: (a) curva teorica; (b) curva sperimentale. Nella Fig.11-a è illustrato un modello semplificato del JFET per piccolo segnale. Tale modello presenta in uscita un circuito equivalente di Norton, con un generatore di corrente pilotato la cui intensità è proporzionale, tramite il fattore g m, alla tensione tra gate e source. La conduttanza di uscita g o, pari a : g o I cost 1 r e posta in parallelo al generatore pilotato, rappresenta la pendenza delle caratteristiche di uscita. Essa è dovuta al fenomeno della modulazione della lunghezza del canale, cioè al fatto che I cresce leggermente, al crescere di oltre la sat, perché la lunghezza della strozzatura del canale aumenta e l integrale relativo al calcolo di va esteso alla lunghezza della zona neutra del canale, che è minore della lunghezza del canale Assumendo che attraverso la giunzione di gate polarizzata inversamente non scorre corrente, si ha che la resistenza di ingresso r S tra il gate e il source ha un valore infinito. er lo stesso motivo anche la resistenza r tra il gate e il drain si suppone infinita. Le due resistenze non vengono allora indicate nei modelli di Fig.11. d

17 . 17 g m r d 1/g o 0,1-10 ma/ 0,01-1 MΩ a) v g m v g o v C S C S, C 0,1-1 pf 1-10 pf S S r S, r r S, r > 10 8 Ω 1-10 Ω C r g o b) v C S g m v C S v r S S Fig. 11 Modelli per piccolo segnale di un JFET: (a) schema semplificato valido a basse frequenze; (b) modello completo valido anche ad alte frequenze. Essendo modelli dinamici, le tensioni v e v rappresentano le variazioni dei valori statici ( e ) e sono pertanto indicate con caratteri minuscoli. In tabella sono riportati i valori tipici dei parametri considerati. Con riferimento alle trasformazioni che è possibile effettuare su circuiti lineari, per il JFET è possibile considerare un modello per piccolo segnale in cui compare un circuito equivalente di Thevenin, comprendente un generatore di tensione pilotato con in serie un resistore il cui valore r d è ottenuto in base alla definizione sopra riportata. La tensione del generatore è legata alla tensione tra gate e source tramite un fattore di amplificazione µ definito come: µ I cost Si dimostra che è valida la relazione µ g m r d g m / g o In Fig.11-b è riportato un modello per il JFET che risulta valido fino alle alte frequenze. A differenza del modello valido per basse frequenze, in questo caso gli effetti delle tre capacità interelettrodiche non sono più trascurabili. In figura vengono pure riportate le due resistenze

18 . 18 r S ed r che tengono conto delle zone neutre presenti rispettivamente in prossimità del source e del drain. Considerando lo schema equivalente del JFET alle alte frequenze, si definisce come massima frequenza di lavoro la frequenza di taglio f T, per la quale la corrente d ingresso del dispositivo è uguale alla corrente di drain quando questo elettrodo è cortocircuitato sul source. Trascurando le due resistenze in serie r S ed r, la corrente di ingresso si può esprimere come: in [ CS + C ] v g f [ CS C ] v g i ω π + La corrente di uscita in condizioni di cortocircuito vale, con piccole approssimazioni: i g out m v g i conseguenza, la frequenza alla quale le due correnti sono eguali è data da: f T π g ( C + C ) all espressione di g m ottenuta in precedenza, si ricava che il valore massimo teorico che tale parametro può assumere è pari a I /. Inoltre, con riferimento alla struttura planare di Fig.1e supponendo un canale completamente svuotato di spessore a, si può impiegare la seguente relazione per esprimere le due capacità di gate: C S + C Semplificando l espressione di I / si ottiene: S m ε S L Z a e pertanto: I Z µ n q N a Z µ n q N q N a L ε S L ε S 3 a f T Z µ n q N a µ n q N ε S L Z π L π L a ε S a dalla quale si vede che per avere un JFET che raggiunga alte frequenze di lavoro, è necessario che la lunghezza L del canale sia piccola (canale corto) e che il materiale abbia µ n elevata, come nel caso dell arseniuro di gallio (aas) ispositivi MESFET. La struttura in sezione di un MESFET a canale n, realizzato in tecnologia planare, è rappresentata in Fig.1. Come si può notare, tale struttura è molto simile a quella del JFET.

19 . 19 La principale differenza consiste nel fatto che la giunzione di gate non è più di tipo p-n ma è una giunzione metallo-semiconduttore (giunzione Schottky). Source ( S ) ate ( ) rain ( ) n + n + zona di svuotamento c a n a l e strato epitassiale di tipo n substrato semi-isolante Fig. 1 - Sezione di un MESFET a canale n in assenza di polarizzazione La tecnologia MESFET, sviluppata a partire dal 1966, viene comunemente impiegata per la realizzazione di dispositivi ad effetto di campo su materiali semiconduttori realizzati con elementi appartenenti ai gruppi III -, quali aas, In e loro composti. Tali materiali risultano interessanti per la realizzazione di dispositivi in quanto caratterizzati da valori di mobilità elettronica notevolmente superiori a quelli del Si. Tuttavia, a causa della difficoltà nel produrre dei composti isolanti basati su tali materiali, da un punto di vista tecnologico è difficile realizzare su di essi delle interfacce isolante-semiconduttore della qualità necessaria al funzionamento di un dispositivo FET. ossono essere invece ottenute delle giunzioni Schottky di elevata qualità. Un altro vantaggio derivante dall'impiego di semiconduttori III - è la disponibilità di substrati cosiddetti "semi-isolanti", sui quali accrescere epitassialmente lo strato ad alta mobilità che costituisce il canale. Tali substrati vengono realizzati drogando il materiale con impurità (ad es. ferro) che generano dei livelli localizzati al centro della banda proibita. In tale modo il livello di Fermi E F resta bloccato (pinned) in prossimità del livello intrinseco E i e la concentrazione dei portatori liberi, sia p sia n, è paragonabile a n i, facendo sì che la resistività del materiale raggiunga valori elevatissimi. Ne consegue che gli effetti delle capacità presenti tra substrato ed elettrodi e tra substrato e canale risultano minimizzati (le capacità risultano collegate in serie tra loro tramite delle resistenze di valore elevatissimo). Una ulteriore possibilità consiste nel realizzare dispositivi ad "eterogiunzione", così detti perché la struttura impiegata è costituita da un certo numero di strati di semiconduttori diversi, composti sempre con elementi appartenenti ai gruppi III -. In tal modo è possibile scegliere opportunamente il materiale che costituisce il canale, che deve avere elevata mobilità, ottenendo anche degli effetti di confinamento dei portatori, sfruttando le diverse

20 . 0 ampiezze della banda proibita nei diversi materiali. A questa famiglia di dispositivi appartengono ad esempio gli HEMT (High Electron Mobility Transistors). Si vuol infine far notare che, basandosi sull'opportuna scelta dei materiali e sullo spessore del canale, oltre ai dispositivi a canale normalmente aperto (in cui, come per i JFET, a 0 è presente un canale conduttore), sono possibili dei dispositivi a canale normalmente chiuso. In tali dispositivi il canale risulta strozzato già con tensione di gate nulla. Il loro funzionamento avverrà allora rendendo positiva la tensione di gate (nel caso di canale n), pur mantenendola al di sotto della tensione di soglia γ della giunzione. er ogni altro aspetto dei dispositivi MESFET, ed in particolare per le reti di polarizzazione, resta valido quanto già detto a proposito dei JFET Sistemi M.O.S. I sistemi MOS (Metal-Oxide-Semiconductor), cui appartengono i dispositivi MOSFET che verranno descritti in seguito, hanno un ruolo fondamentale nella moderna tecnologia microelettronica. La comprensione del loro funzionamento ha reso possibile il miglioramento della progettazione dei circuiti integrati, delle loro prestazioni e soprattutto il raggiungimento dell'integrazione a larghissima scala (LSI, ery Large Scale of Integration). E 0 E 0 E C q Φ m q χ E 0 q χ s q Φ s E F E g 8e E C E E F metallo silicio (tipo p) E SiO Fig iagramma a bande per l'alluminio, il biossido ed il silicio. Affronteremo lo studio del dispositivo MOSFET richiamando i diagrammi a bande dei tre materiali, il metallo, l'isolante ed il semiconduttore, che compongono la struttura MOS, impiegata per realizzare l elettrodo di controllo (gate).

21 . 1 I materiali comunemente impiegati nella tecnologia MOS sono l'alluminio (metallo), il biossido di silicio (dielettrico) ed il silicio (semiconduttore). In tempi recenti l alluminio è stato quasi completamente sostituito da polisilicio ad alto drogaggio. In Fig.13 sono riportati separatamente i diagrammi a bande per ciascuno dei tre materiali costituenti la giunzione. er l'alluminio il lavoro di estrazione qφ m vale 4,1 e. er il silicio drogato p un valore tipico di qφ s è 5 e. L affinità elettronica q χ s per il silicio è di 4,15 e, mentre per l'sio q χ vale 0,95 e. Si consideri adesso cosa succede in seguito alla formazione del sistema MOS, ottenuto accostando idealmente i tre materiali. er poter giungere ad un modello sufficientemente semplice della giunzione MOS, è conveniente assumere le seguenti ipotesi: a) E 0 è una funzione continua del punto; b) la struttura del reticolo cristallino non viene alterata dalle discontinuità, per cui non sono presenti stati energetici localizzati alle interfacce e possono usarsi i diagrammi a bande validi all interno dei materiali; c) anche se il biossido di silicio (ottenuto per ossidazione termica esponendo la faccia di Si ad un flusso di O in ambiente ad alta temperatura) è allo stato amorfo, si assume valido per esso il diagramma a bande relativo al SiO cristallino. All equilibrio il livello di Fermi tenderà ad allinearsi in tutto il sistema, con il trasferimento di elettroni dal materiale con minore valore del lavoro di estrazione a quello con il maggiore e più precisamente, in questo caso, dal metallo (M) al semiconduttore (S). ato che è impossibile che tale trasferimento avvenga attraverso l'sio (ottimo isolante), ne consegue che le condizioni di equilibrio si possono raggiungere solo se M ed S sono collegati elettricamente dall esterno, come in Fig.14. cariche fisse p M O S (Al) (SiO ) (Si) Fig Sistema MOS in condizioni di cortocircuito opo l'iniziale passaggio di elettroni dal metallo al semiconduttore, all equilibrio nel metallo si formerà, in prossimità dell interfaccia M/SiO, uno strato superficiale di cariche

22 . positive (all interno il metallo è equipotenziale). i conseguenza nel semiconduttore si avrà la formazione, in prossimità dell'interfaccia SiO /Si, di una zona svuotata in cui sono presenti un egual numero di cariche fisse negative. Tali cariche sono costituite da ioni accettori N A non più saturati da altrettante lacune, essendosi queste ricombinate nel semiconduttore con gli elettroni provenienti dal metallo in prossimità del contatto esterno. zona svuotata E 0 E 0 0,6e 0,3e 3,15e 3,e E C E F E F E metallo SiO silicio (tipo p) d ox Fig iagramma a bande del sistema MOS in assenza di polarizzazione. In tali condizioni lo strato di SiO, al cui interno non è presente alcuna carica mobile, sostiene una caduta di potenziale Q/C OX, dove con C OX si è indicata la capacità dello strato di dielettrico SiO di spessore d OX. Tale caduta ha un valore tipico pari a 0,6, che è una parte del salto di potenziale Φ m - Φ s 0,9 dovuto ai differenti lavori di estrazione del metallo e del semiconduttore prescelti. I restanti 0,3 si ritroveranno nel semiconduttore e precisamente ai capi della zona svuotata di cariche mobili affacciata al SiO. E' quindi possibile tracciare, nelle ipotesi assunte, il diagramma a bande del sistema MOS in assenza di polarizzazione esterna (Fig.15). Come si può notare, il diagramma a bande è simile a quello incontrato nelle giunzioni M-S. Tuttavia, in questo caso, la presenza dell ossido causa una diminuzione del campo elettrico nel semiconduttore, in quanto è aumentata la distanza tra le cariche superficiali. Inoltre, mentre nelle giunzioni M-S gli elettroni possono passare attraverso la giunzione, nei sistemi MOS l isolante non permette lo scorrimento degli elettroni attraverso il sistema. Le barriere che gli elettroni incontrano nelle due direzioni sono rispettivamente di 3,15 e (M S) e 3, e (S M).

23 Sistema MOS in presenza di polarizzazione esterna. Come si è visto in Fig.15, il sistema MOS forma un condensatore le cui armature sono costituite una dal metallo e l'altra dal semiconduttore, separate dallo strato dielettrico di SiO. Tale condensatore, che tiene conto delle due capacità in serie, C OX e C (capacità di barriera), è carico ad una tensione pari alla differenza tra i lavori di estrazione qφ m e qφ s. Se si applica una tensione dall esterno il sistema non è più in equilibrio, per cui i livelli di Fermi in M ed S si disallineano. Nel caso esaminato, se si applica una differenza di potenziale con il segno negativo su M ed il segno positivo su S, tale tensione contrasta quella che nasce all equilibrio per effetto della differenza dei lavori di estrazione. In questo modo si riduce la carica scoperta presente nel semiconduttore in condizioni di equilibrio. E 0 E 0 p M SiO S E F 3,15e 0,9e 3,e E C E F E metallo silicio (p) 0,9 SiO Fig Sistema MOS in condizioni di bande piatte. Esiste un particolare valore FB (flat band) che compensa esattamente la differenza Φ m - Φ s. Con la scelta dei materiali effettuata, FB 0.9 con il polo negativo su M (Fig.16). In tal caso non c è carica immagazzinata nel condensatore e quindi non c è campo elettrico al suo interno; in queste condizioni il diagramma a bande è piatto. Ovviamente FB dipende, a parità di coppia M-S, soltanto dal drogaggio del semiconduttore. Continuando ad aumentare la d.d.p. (con il - su M), per > FB i livelli energetici in S si abbassano ulteriormente e nel diagramma si genera una concavità verso l'alto (Fig.17). Infatti il condensatore MOS inizierà ad immagazzinare carica positiva alla superficie del silicio. Tale carica è costituita da un aumento di concentrazione delle lacune che vengono generate in questa zona per effetto termico (gli elettroni sono subito allontanati dalla presenza del campo elettrico, per cui la probabilità di ricombinazione è bassa). In queste condizioni, la superficie del S ha una densità di lacune p superiore a N A ; questa condizione è detta di accumulazione superficiale e lo spessore del semiconduttore che contiene l aumento di lacune è detto strato di accumulazione.

24 M SiO S > 0,9 E 0 E F metallo q strato di accumulazione (lacune) E 0 E C E F E silicio (tipo p) SiO Fig Sistema MOS in condizioni di accumulazione superficiale. oiché la regione di accumulazione è una regione di carica spaziale composta da portatori liberi, l equazione di oisson può essere risolta in maniera analoga a quanto già visto per i contatti ohmici di tipo Schottky. Anche in questo caso è possibile collegare la lunghezza di ebye L allo spessore dello strato di accumulazione. Ad esempio, imponendo p 10 N A si ottiene un valore tipico per L di circa 400 Å. Si ricordi che metà della carica spaziale dovuta ai portatori liberi è contenuta entro dalla superficie di separazione tra SiO e Si. volte la lunghezza di ebye a partire Condizioni di svuotamento e di arricchimento con inversione. Si è visto che con tensione nulla applicata dall'esterno tra M ed S, il MOS immagazzina una carica negativa sulla superficie del Si affacciata all SiO e carica positiva sulla superficie del M. Questo fenomeno è spiegato dalla presenza di una tensione positiva interna tra M ed S dovuta ai differenti valori del lavoro di estrazione. Applicando dall esterno una tensione con il positivo su M ed il negativo su S, la tensione positiva complessiva ai capi del condensatore MOS aumenta. Cresce la carica positiva su M e quella negativa nel S. Il semiconduttore, in prossimità della interfaccia con l'sio, si svuota sempre di più di cariche maggioritarie. Cresce quindi lo spessore x p della zona di svuotamento. Continuando ad aumentare in modulo la tensione applicata, il campo alla interfaccia ossido-semiconduttore cresce; lo strato di semiconduttore, già svuotato delle cariche maggioritarie in prossimità dell'interfaccia con l'ossido, si popola in tale zona di elettroni generati termicamente ovvero richiamati dalle zone di source e di drain dal potenziale

25 . 5 negativo indotto sotto lo strato di SiO. In tal caso, l'equilibrio all'interno del Si comporta che il livello di Fermi E F intersechi il livello intrinseco E i e si avvicini ad E C, creando uno "strato invertito" di cariche mobili, cioè arricchito di elettroni liberi (Fig.18). Lo strato invertito, creato dalla tensione, è detto così in quanto contiene più elettroni che lacune ed è posto in una zona di semiconduttore drogato con atomi accettori. La conseguenza dell'inversione è la creazione di una giunzione n-p all'interno del semiconduttore, posta in prossimità dell'interfaccia con il SiO. strato a conducibilità di tipo n (cariche mobili) regione di svuotamento (ioni fissi N A ) zona svuotata E M SiO S E 0 E F q strato di inversione (elettroni) E C E i E F E metallo silicio (tipo p) SiO Fig Sistema MOS in condizioni di inversione. Riassumendo, anche se il comportamento del sistema MOS è quello di un condensatore (non lineare), le varie forme in cui può trovarsi lo strato di semiconduttore a contatto con l'ossido, al variare della tensione applicata tra M ed S, influenzano molto le caratteristiche elettriche di questo strato. Nella condizione di accumulazione, lo strato di semicondutore è ad alta conducibilità di tipo p ed è connesso elettricamente con il substrato sottostante. Nella condizione di svuotamento, lo strato praticamente non conduce. Nella condizione di arricchimento con inversione, esso è nuovamente ad alta conducibilità (di tipo n), ma isolato elettricamente dal sottostante substrato. Misure della capacità presentata dalla struttura MOS, per piccoli segnali ed al variare della polarizzazione, fanno luce sui tre tipi di funzionamento descritti.

26 ispositivi MOSFET. I dispositivi MOSFET (Metal-Oxide-Semiconductor Field Effect Transistor) sono spesso chiamati IFET (Insulated ate FET), per distinguerli dai JFET (Junction FET). L'idea alla base del MOSFET è nata prima ( 193) del transistore bipolare, ma è stata realizzata successivamente solo per difficoltà tecnologiche relative alla fabbricazione di interfacce di alta qualità. I simboli circuitali dei dispositivi MOSFET, per i due tipi a canale n e p, sono riportati in Fig.19. In essi è presente un quarto elettrodo B connesso al substrato (bulk). al drogaggio di quest ultimo dipende l orientamento della freccia posta sull elettrodo. B B S MOSFET a canale p (MOS) S MOSFET a canale n (NMOS) Fig Simboli circuitali dei dispositivi MOSFET. La struttura base per un dispositivo NMOS planare è riportata in sezione in Fig.0. Le regioni n + di source e di drain, realizzate per diffusione o per impiantazione ionica nel substrato di tipo p, risultano elettricamente isolate tra di loro, a meno che non si crei una situazione di inversione nello strato di materiale di tipo p al di sotto del contatto di gate. In tal caso si ottiene un canale indotto di tipo n tra source e drain, la cui conducibilità dipende della tensione tra gate e substrato. La distanza L tra le regioni di source e di drain lungo la direzione y viene detta "lunghezza del canale" ed è in genere dell'ordine del micron (oggi anche inferiore al micron). La "larghezza del canale" Z, nella direzione ortogonale al foglio, viene scelta in modo da avere una data conduttanza. Lo spessore dello strato di SiO è dell'ordine di 100 nm. oiché il dispositivo è simmetrico, si può distinguere il terminale di source da quello di drain soltanto in presenza di corrente. ate ( ) SiO y Source ( S ) rain ( ) x n + n + L substrato (bulk) di tipo p Bulk ( B ) Fig. 0 Sezione della struttura base di un dispositivo NMOS.

27 . 7 Se, con una opportuna scelta dei materiali e dei drogaggi, la condizione di inversione è raggiunta con tensione nulla tra gate e bulk, il MOSFET è del tipo cosiddetto a svuotamento (depletion), nel senso che per controllare la conducibilità del canale il MOSFET viene polarizzato in modo da passare da una condizione di inversione ad una di svuotamento del canale stesso. Nella maggior parte dei casi di impiego dei dispositivi MOSFET nei circuiti integrati è invece necessario applicare una opportuna tensione tra gate e bulk per indurre una condizione di inversione, formando così un canale di tipo n nel semiconduttore; in tal caso il MOSFET è del tipo ad arricchimento (enhancement). Ci occuperemo più in dettaglio di questo ultimo tipo che è appunto il più usato. Si noti che, in entrambi i casi, il canale indotto è totalmente isolato dal substrato, a causa della presenza della zona svuotata. Non occorrono quindi diffusioni di isolamento per separare elettricamente tra di loro i vari dispositivi, il che consente di avvicinarli e di raggiungere un elevato numero di dispositivi per unità di superficie. Si osservi infine che la principale differenza tra un dispositivo JFET ed uno MOSFET consiste nel fatto che nel primo il canale tra source e drain è sempre fisicamente presente grazie alla particolare struttura del dispositivo; nel secondo invece il canale viene indotto dalla applicazione di una tensione all'elettrodo di gate Caratteristica I - del MOSFET. Come indicato nel disegno relativo alla sezione della sua struttura base (Fig.0), il MOSFET è un dispositivo a 4 terminali, per cui è possibile imporre indipendentemente l'una dall'altra le tensioni applicate tra i vari terminali. Tuttavia, nella maggior parte delle applicazioni, i terminali di source e di substrato (bulk) sono collegati assieme e posti ad un potenziale di riferimento che può essere il potenziale di massa ( S B 0 ). er il corretto funzionamento del MOSFET, il substrato deve formare con le regioni di source e di drain delle giunzioni polarizzate inversamente. Il drain viene polarizzato positivamente rispetto al source ( > 0 ), in modo che la giunzione substrato-drain risulti fortemente polarizzata inversamente. Nel caso della giunzione substrato-source, una tensione di polarizzazione nulla rappresenta una condizione limite di polarizzazione inversa perfettamente tollerabile, essendo comunque nulla la corrente che percorre tale giunzione. Come accennato in precedenza, il funzionamento del MOSFET si basa sulla capacità di indurre una condizione di inversione al di sotto del gate. Un'analisi dettagliata sulla struttura MOS mostra che, affinché si verifichi l'inizio di una forte inversione (condizione definita da n s N A, dove n s è la concentrazione di carica indotta nella zona di inversione) è necessario che raggiunga un certo valore T, detta "tensione di soglia", il cui valore dipende da vari

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