Omero e la questione omerica

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1 Omero e la questione omerica L'indagine sulla esistenza storica di Omero, sulla composizione e la diffusione della sua opera si è esercitata lungo interi secoli di cultura europea, sia sul fronte della ricerca filologica, storica e archeologica sia su quello della critica letteraria e della riflessione estetica. Le origini della questione omerica Furono gli eruditi alessandrini ad affrontare per primi il problema. I cosiddetti separatisti(chorízontes), tenendo conto delle discrepanze tra Iliade e Odissea, negarono la loro attribuzione a un solo poeta, ma furono confutati però dal grande Aristarco, il critico più autorevole dell'epoca. Una conciliazione fra le due tesi fu proposta dall'anonimo autore del trattato Sul sublime, che attribuì l'iliade, in cui domina l'impeto delle passioni, alla giovinezza del poeta e l'odissea, caratterizzata dalla distesa armonia della narrazione, alla vecchiaia del medesimo poeta. La questione omerica: dall'ottocento ai giorni nostri È nel Settecento che, la discussione sull'esistenza di Omero si riaccese con particolare fervore, in Francia con F. Hédelin abate d'aubignac (1715) e in Italia con G.B. Vico (1730). Entrambi negarono l'esistenza storica del poeta, ma approdarono a esiti critici opposti: d'aubignac giunse a una radicale condanna della poesia omerica in nome della sua supposta rozzezza; Vico ne esaltò la grandezza, intendendola come espressione della fantasia creatrice dell'intero popolo greco, nella fase della sua fiorente giovinezza. Il tedesco F.A. Wolfpose per primo (1795) la questione in termini scientifici e considerò Omero come un punto di partenza : il nucleo iniziale della sua opera, diffusa oralmente, si sarebbe accresciuto con l'apporto di amplificazioni anonime successive. Essenziale fu il contributo della filologia tedesca dell'ottocento (K. Lachmann, A. Kirchhoff) che con metodologie differenti, confortate tuttavia da uguale sottigliezza di ricerca, sostenne in vario modo la teoria detta analitica, volta cioè all'individuazione dei nuclei originari dei due poemi, dissolvendone l'unità. Nel Novecento prevalse la tesi dell'unità compositiva dei poemi omerici, che pure presuppongono un lungo processo di formazione e una stratificazione, articolata nel tempo. La cosiddetta tesi neounitaria è tuttora prevalente: essa salvaguarda la sostanziale unità di ciascuno dei due poemi, pur composti in momenti diversi. Negli anni Cinquanta M. Ventris ha dimostrato (con l'interpretazione delle tavolette di Cnosso e Pilo) l'esistenza già nel sec. XII a.c. di una scrittura sillabica, già sostanzialmente greca, determinando una svolta nella ricerca posteriore: alcuni studiosi infatti accolgono, se pure come eventualità, la tesi di una redazione già originariamente scritta di parte, se non di tutta, l'opera omerica. Le più antiche testimonianze che la letteratura greca possa offrire sono due delle opere forse più famose ed apprezzate di ogni tempo dall umanità intera: l Iliade e l Odissea; si tratta di poemi caratterizzati da una architettura talmente complessa e da una così grande

2 perfezione stilistica, che ci risulta sinceramente impossibile collocarli all origine di una tradizione letteraria senza presupporre che siano esistite esperienze letterarie anteriori, non sopravvissute fino a noi. E tuttavia corretto affermare che si tratta delle prime opere letterarie greche che ci siano giunte attraverso la scrittura: infatti dovevano essere indubbiamente esistite produzioni precedenti, appartenenti ad una letteratura prevalentemente orale, le cui tracce sono individuabili nella materia stessa dei poemi omerici e in genere della letteratura di età arcaica, ma che risultano altrimenti perdute per sempre. Gli autori ed i divulgatori di queste opere vengono generalmente individuati nei rapsodi o aedi, che erano i professionisti della declamazione orale, in genere itineranti, nell'ellade antica, veri e propri esclusivi detentori - attraverso l'opera di memorizzazione e rielaborazione della tradizione orale - di un materiale letterario che di volta in volta organizzavano e modificavano in base ai gusti e alle specifiche esigenze del loro pubblico. Gli antichi si erano resi conto senza dubbio che fosse necessario riferirsi ad una tradizione poetica precedente alle prime attestazioni letterarie, ed avevano cercato di colmare le lacune delle origini con figure leggendarie di cantori. In questa produzione letteraria preomerica sono rintracciabili dei generi, tuttavia la materia trattata è per lo più tratta dal mito, e tale ricostruzione è condotta in via ipotetica sulla base degli stessi poemi omerici e ciclici, delle opere di Esiodo, della poesia lirica corale e monodica, della tragedia del V secolo, e più in generale sulla base della religiosità dei Greci dell età arcaica. L epica arcaica, che trova sicuramente un vero e proprio vertice nell'iliade e nell'odissea, è rappresentata da due autori famosissimi nella storia della letteratura mondiale di tutti i tempi, divenuti poi riferimenti costanti di tutta la letteratura greca in ogni epoca: Omero ed Esiodo. In particolare, i poemi omerici possono essere considerati l unica attestazione scritta della poesia eroica degli aedi e dei rapsodi: essi riescono ad unificare in una eccezionale rielaborazione tutto il bagaglio di miti e di leggende elaborato per secoli dalla letteratura pre-omerica, e anzi proprio sono la testimonianza di tale elaborazione. Dalla stessa letteratura epica di età arcaica possiamo apprendere che gli aedi vivevano nei palazzi dei re, come ospiti fissi, benvoluti e rispettati - possiamo riferirci alla figura di Odisseo alla reggia dei Feaci: il suo ruolo è del tutto simile a quello di un rapsodo, se si prescinde dalle circostanze fortunose del suo arrivo sull'isola di Nausicaa. L argomento del loro canto non era limitato esclusivamente alla sola esaltazione degli eroi, ma veniva anche a cantare, ad esempio, gli amori di Ares e di Afrodite o la genesi degli dei. Questo materiale, come non riesce difficile immaginare, si arricchì e si ampliò progressivamente nel tempo, fino ad assumere la sua forma letteraria definitiva e a diventare il genere letterario definito epos. La lingua dell epos è quasi interamente ionica, commista tuttavia di elementi eolici, e si avvia a divenire la prima lingua letteraria dell Ellade; il metro di cui si fa uso, l esametro, è destinato anch esso a diventare canonico per la narrazione delle gesta eroiche. Un'altra caratteristica tipica dell epos è l'uso di formule ricorrenti, attribuite più o meno strettamente all uno o all altro personaggio, o proprie di specifiche situazioni, in punti ben precisi del verso. Si tratta di una caratteristica che l epos eredita dalla tecnica dei rapsodi, che avevano la necessità di utilizzarle per poter memorizzare più facilmente il vastissimo materiale poetico che declamavano.

3 La tradizione classica attesta che la più antica redazione scritta dell Iliade e dell Odissea fu realizzata nel VI secolo a.c. ad Atene per iniziativa del tiranno Pisistrato e di suo figlio Ipparco: si trattava di quella che potremmo definire una sorta di edizione ufficiale, che ebbe infine il sopravvento col sulle altre già esistenti. A partire dal III secolo a.c. e fino al 150 a.c., vennero edite delle edizioni critiche dei due poemi, ad opera di filologi alessandrini, come Zenodoto di Efeso, Aristofane di Bisanzio e Aristarco di Samotracia, che lavoravano nell ambito di grandi istituzioni culturali come la Biblioteca e il Museo, sorte ad Alessandria d Egitto su espresso desiderio dei sovrani della dinastia Tolemaica. I filologi si occuparono di ripartire Iliade e Odissea ciascuna in ventiquattro libri, esattamente quante erano le lettere del nuovo alfabeto attico, ed impiegarono le maiuscole per la prima opera e le minuscole per la seconda: le comodità di consultazione, di citazione e di rimando furono subito evidenti. Il lavoro di questi studiosi consistette sostanzialmente in un'opera di rigorosissima conservazione, volta a conservare inalterate nel testo anche parti di autenticità dubbia, limitandosi tuttavia a contrassegnarle mediante un segno grafico speciale, l obelos. I filologi si occuparono anche del delicato lavoro di atetesi, cioè di espunzione dei versi spuri. Sebbene la loro opera risultò infine davvero fondamentale per la preservazione del testo omerico, i filologi alessandrini contribuirono tuttavia a distruggerne definitivamente il carattere originario di poesia destinata alla recitazione e quindi indissolubilmente legata all oralità. Dalla coesistenza di questi due elementi, redazione pisistratea e composizione orale, oltre che dall incertezza dei dati sulla composizione, ed insomma da tutta la serie di problemi connessi all'origine ed all'autore dei due poemi, prese avvio e venne a svilupparsi la cosiddetta questione omerica, che, malgrado l opera di molti studiosi, resta a tutt oggi un problema in gran parte insoluto. I separatisti Nel V secolo a.c. due grammatici, Xenone ed Ellanico (detti successivamente oi corizontes, cioè i separatisti ), effettuando un analisi interna dei due poemi e riscontrandovi evidenti discrepanze di contenuto e di stile, presero a sostenere che solo l Iliade potesse essere opera di Omero, mentre l Odissea doveva essere obbligatoriamente considerata opera di un altro poeta, quasi sicuramente più tardo. Il problema fu largamente dibattuto nell antichità: mentre Aristarco di Samotracia, direttore della Biblioteca di Alessandria, volle rifiutare le teorie dei separatisti, nel I secolo d.c. l anonimo autore del trattato Sul Sublime in un passo divenuto celebre - propone di considerare l Iliade come un opera giovanile del poeta e l Odissea come un opera della sua maturità, considerando Achille nell Iliade l espressione della forza e degli ideali della gioventù, e Odisseo nell Odissea, invece, la testimonianza di una età del poeta più pacata e matura: l Anonimo si spinge oltre, affermando che l Iliade per i suoi tratti assomiglia ad una tragedia, l Odissea a sua volta ad una commedia. La questione omerica in età moderna: d Aubignac e Vico Nella seconda metà del XVII secolo, alla corte di Luigi XIV, re di Francia, partendo dal pregiudizio, decisamente in auge allora, che l arte dei moderni fosse superiore a quella

4 degli antichi ed inserendosi nella celeberrima "Querelle des Anciens et des Modernes", François Hédelin, abate d Aubignac, sostenne in un suo scritto, pubblicato poi postumo nel 1715, che Omero non fosse mai veramente esistito e che l Iliade non consistesse in altro che una raccolta di canti composti in epoche diverse, unificati successivamente nella redazione scritta attribuita a Pisistrato: queste furono le sue "congetture accademiche", datate Il d Aubignac giustificò la sua teoria sostenendo che all epoca di Omero la scrittura non esisteva ancora, e quindi un poema così lungo non poteva assolutamente essere stato tramandato interamente a memoria; tuttavia egli si guardò bene dal determinare quale fosse l epoca di Omero. Nel 1744, il filosofo napoletano Giambattista Vico volle dedicare alla questione omerica il III capitolo dei suoi Principii di una Scienza Nuova, intitolato "Discoverta del vero Omero". Anche Vico negava decisamente consistenza storica alla figura del poeta e sosteneva che le opere lui attribuite dovevano essere considerate piuttosto "l espressione del patrimonio collettivo dei ricordi del popolo greco nel suo tempo favoloso. L Odissea, inoltre, era da considerarsi espressione di una civiltà meno primitiva e più recente. Nel 1795 il filologo tedesco Friedrich August Wolf pubblicò i Prolegomena ad Homerum, e parve finalmente che la disamina del problema venisse a subire una svolta secondo criteri di maggior rigore scientifico; in realtà, Wolf non si discostò molto dalle teorie proposte dal d Aubignac e giunse alla conclusione che ai tempi di Omero non esisteva la scrittura. Sostenne inoltre che i poemi omerici fossero opera di più di un aedo, in un tempo che potremmo chiamare l'età eroica del popolo greco e che tali poemi, costituiti da un assemblaggio di canti della cultura orale dei rapsodi, fossero stati riuniti e trascritti solo nella definitiva redazione di Pisistrato. Per valutare appieno queste affermazioni, non possiamo ignorare tuttavia l'ambiente culturale europeo dell epoca in cui venne formulata questa teoria: ci si trovava in un periodo di pre-romanticismo, che, come è noto, costituì una sorta di culla della visione dell età primitiva come luogo privilegiato della nascita e dello sviluppo di una poesia pura, priva di qualunque condizionamento manieristico. Le tesi del Wolf ebbero dunque un vasto seguito e diedero successivamente origine ad una corrente di pensiero che portò alle estreme conseguenze il metodo analitico, che si proponeva di rilevare nei due poemi qualsiasi elemento a sostegno della tesi antiunitaria. La critica antiunitaria Georg Zoega e Friedrich Gottlieb Welcker, dopo Wolf, cercarono di individuare il rapporto fra i poemi omerici e quelli del cosiddetto Ciclo (serie di composizioni oggi purtroppo perdute, che narravano sia gli antefatti che gli avvenimenti successivi a quelli raccontati nei due poemi omerici). Anche questi ultimi postulavano l esistenza di un materiale molto vasto che costituiva l'antico patrimonio degli aedi e dei rapsodi: l Iliade e l Odissea sarebbero state composte in epoca più recente, attingendo proprio a questo materiale. Fra il XVIII e il XIX secolo il tedesco Karl Friedrich Hermann e l inglese George Grote avanzarono poi l ipotesi dell esistenza di due canti eroici originari, uno dedicato all ira di Achille e uno al ritorno di Odisseo: questi nuclei leggendari sarebbero poi stati ampliati fino alla forma attuale attraverso generazioni di rapsodi; i due studiosi presero proprio da quest ipotesi lo spunto per l esame dei testi omerici. Tra la fine del 800 e gli inizi del 900 il

5 celebre studioso tedesco Ulrich Wilamovitz tentò di conciliare i risultati della teoria analitica con l esistenza di un poeta unico: sostenne che l Iliade doveva essere stata composta verso l VIII secolo a.c. da un poeta di lingua ionica, che avrebbe attinto alla tradizione rapsodica e che in seguito la sua opera sarebbe stata ampliata da altri, fino a raggiungere l estensione attuale. La critica unitaria Il primo quarto del Novecento è stato caratterizzato da una vivace reazione alle teorie precedentemente enunciate, a favore dell unitarismo. La tesi secondo la quale i due poemi sarebbero stati opera di un solo poeta ebbe l appoggio di vari studiosi, fra cui C. Rothe, J. A. Scott e J. T. Sheppard; però appare più sostenuta da entusiastica ammirazione per Omero che da solide basi scientifiche e da un attenta analisi critica. La tesi moralistica Un punto di vista decisamente originale sulla questione omerica è stato fornito, già a partire dal 1928, dagli studi dell americano Millman Parry: quest'ultimo, attraverso l analisi del linguaggio dell Iliade, fece emergere le caratteristiche di formularità, ovvero ripetizione di parole o frasi che compaiono molte volte in situazioni analoghe, come epiteti umani e divini, inizio e conclusione di discorsi, modo di interpellare e di rispondere, indicazioni temporali e formule di transizione del discorso, e le volle attribuire ad una fase orale della composizione, dovuta ai rapsodi, che avrebbero tramandato così i due poemi fino al momento della loro redazione scritta. La tesi del Parry ha buone basi che le vengono anche dal confronto con la tradizione dei cantori popolari attivi tuttora presso popoli al di fuori dell ambito della cultura greca ad esempio possiamo citare le leggende popolari trasmesse nel mondo serbo-croato, di cui Parry si occupò, mostrando nel 1934 che un cantore era in grado di improvvisare un poema di dimensioni paragonabili a quelle dell'odissea o dell'iliade improvvisando sulla base di formule mnemoniche - offrendo una visione antropologica, oltre che filologica.

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