PRIORITÀ NELL IGIENE E SICUREZZA DEL LAVORO IN PIEMONTE

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1 PRIORITÀ NELL IGIENE E SICUREZZA DEL LAVORO IN PIEMONTE A cura di Angelo d Errico Servizio Epidemiologia ASL TO3 Regione Piemonte Hanno collaborato: Antonella Bena 1 Marco Dalmasso 1 Umberto Falcone 2 Osvaldo Pasqualini 1 Denis Quarta 1 Dario Mirabelli 3 Giuseppe Costa 4 1 Servizio Epidemiologia ASL TO3 Regione Piemonte 2 DORS Centro di Documentazione Regionale per la Salute 3 Centro di Prevenzione Oncologica Regione Piemonte 4 Dipartimento di Sanità Pubblica e Microbiologia Università di Torino 2005

2 INTRODUZIONE... 3 CANCEROGENI... 6 Frequenza dei tumori... 6 Rischio attribuibile... 7 Diffusione dell esposizione... 8 Stima della popolazione esposta... 9 Stima del numero di tumori attribuibili Prevenibilità MALATTIE MUSCOLOSCHELETRICHE Frequenza Rischio attribuibile Diffusione dell esposizione e delle patologie associate Stima del numero di patologie attribuibili Prevenibilità STRESS OCCUPAZIONALE Frequenza delle patologie associate Rischio attribuibile Diffusione dell esposizione Stima del numero di patologie attribuibili Prevenibilità RUMORE E VIBRAZIONI Rumore Frequenza di ipoacusia e rischio attribuibile Diffusione dell esposizione Stima del numero di patologie attribuibili Prevenibilità Vibrazioni Frequenza delle patologie associate e rischio attribuibile Diffusione dell esposizione Stima del numero di patologie attribuibili Prevenibilità POLVERI, FUMI, GAS, VAPORI Frequenza di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) Rischio attribuibile Diffusione dell esposizione Stima del numero di BPCO attribuibili Prevenibilità ASMA OCCUPAZIONALE Frequenza Rischio attribuibile Diffusione dell esposizione e dell asma professionale Stima del numero di casi di asma attribuibili Prevenibilità ESITI RIPRODUTTIVI Frequenza degli esiti riproduttivi Rischio attribuibile all occupazione Diffusione degli esiti riproduttivi per settore Stima del numero di casi attribuibili Prevenibilità INFORTUNI SUL LAVORO Frequenza e gravità degli infortuni Diffusione degli infortuni per settore Prevenibilità CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA... 32

3 INTRODUZIONE Al fine di condurre una politica di riduzione dell esposizione a rischi lavorativi potenzialmente dannosi per la salute in un territorio, appare necessario identificare quali siano i fattori di rischio su cui intervenire prioritariamente, oltre che in quali settori produttivi e in quali aree essi siano maggiormente concentrati. I criteri che guidano la selezione dei fattori di rischio a questo scopo sono molteplici, e includono principalmente la diffusione e la frequenza dell esposizione tra gli addetti, l occorrenza e la severità delle patologie ad essa associate, la loro prevenibilità e i relativi costi per la prevenzione. A questi si aggiungono criteri di tipo etico, come l equità nella distribuzione dei danni da lavoro e l accettabilità del loro costo sociale, che non verranno qui presi in considerazione. La selezione delle priorità viene generalmente effettuata da Agenzie nazionali o internazionali per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (OSH), che, dopo una preliminare revisione dei dati disponibili e della letteratura tematica, selezionano un ampia lista di rischi; questa viene successivamente ridotta attraverso la discussione di esperti e di rappresentanti delle organizzazioni sindacali, imprenditoriali, del pubblico, etc., utilizzando criteri che vengono discussi e alla fine condivisi dall insieme del gruppo di lavoro. Le fonti informative utilizzate a questo scopo sono rappresentate essenzialmente da dati di sorveglianza sulla salute occupazionale (indicatori di mortalità, morbosità, invalidità lavorativa, malattie professionali e infortuni, altre patologie associate al lavoro, assenze per malattia, sintomi) e sull esposizione a rischi professionali (prevalenza e intensità di esposizione a fattori fisici, chimici, ergonomici, psicologici, psicosociali), oltre che da studi epidemiologici analitici. Questo processo per l individuazione delle priorità è quello seguito per esempio dall Occupational Safety & Health Agency statunitense (OSHA) e dall Health & Safety Executive britannico (HSE), di cui sono presentati nelle tabelle 1 e 2 i principali criteri, relativi rispettivamente ai danni e ai rischi da lavoro, utilizzati per l identificazione delle priorità di intervento. Tabella 1 - Criteri per l individuazione delle priorità di intervento danni da lavoro GRAVITÀ DELLA PATOLOGIA letalità (numero di morti / numero di malati) invalidità permanente (numero invalidi / numero di malati) assenze dal lavoro (per malattia o invalidità temporanea) danni alla progenie FREQUENZA DELLA PATOLOGIA incidenza (numero di nuovi malati / popolazione anno) mortalità (numero morti / popolazione anno) prevalenza (numero di malati / popolazione) TREND DELLA PATOLOGIA aumento / diminuzione dell occorrenza COSTO PER LA COLLETTIVITÀ investimento complessivo necessario a ridurre o eliminare la patologia costo del problema se lasciato senza soluzione rapporto costo/beneficio della soluzione

4 Tabella 2 - Criteri per l individuazione delle priorità di intervento rischi da lavoro MATURITÀ DELLA RELAZIONE CAUSALE TRA ESPOSIZIONE E PATOLOGIA livello di conoscenza delle conseguenze dell esposizione FORZA DELL ASSOCIAZIONE TRA ESPOSIZIONE E PATOLOGIA rischio di sviluppare la patologia tra i soggetti esposti ad un agente o adibiti ad una lavorazione rispetto ai non esposti FRAZIONE ATTRIBUIBILE ALL ESPOSIZIONE proporzione dei casi di malattia dovuti all esposizione DIFFUSIONE DELL ESPOSIZIONE proporzione di lavoratori esposti al rischio PREVENIBILITÀ DELL ESPOSIZIONE può essere ridotta con i metodi e i provvedimenti disponibili? Attraverso un percorso diverso da quello sopra descritto, l Agenzia Europea per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro (EU-OSHA) ha indicato le priorità di intervento e ricerca per il triennio nei paesi membri. Questo processo è stato caratterizzato: da un lato dall utilizzo di varie fonti informative, che comprendevano indagini europee e nazionali sulle condizioni di vita e di lavoro e sulla salute percepita (Fondazione Europea di Dublino; indagini nazionali in Germania, Gran Bretagna, Olanda, Francia, Paesi Scandinavi), sullo stato dell occupazione e delle imprese, e su infortuni e malattie professionali (Eurostat); dall altro dalla consultazione tramite questionario di focal points nazionali EU-OSHA (in Italia rappresentato dall ISPESL) e di esperti, parti sociali, regioni autonome ed enti assicurativi statutari dei paesi membri. Analizzando le risposte dei focal points nazionali, i rischi occupazionali riferiti come prioritari con maggiore frequenza erano, in ordine decrescente, i cancerogeni chimici, lo stress, gli sforzi fisici (inclusa la movimentazione dei carichi), i movimenti ripetuti, il rumore e le vibrazioni, la sicurezza delle macchine, l asbesto, i campi elettromagnetici a bassa frequenza, il rischio di cadute dall alto e i solventi organici. Tra i settori produttivi indicati come prioritari dai centri di riferimento nazionali si citano le costruzioni, la sanità, l agricoltura, i trasporti, l industria alimentare e lo smaltimento rifiuti, seguiti dall industria chimica e da quella del legno. Naturalmente, la distribuzione geografica dei rischi occupazionali non è uniforme, ma dipende dalla struttura produttiva di ogni area, che ne condiziona la prevalenza delle esposizioni, in relazione alla diffusione delle lavorazioni svolte nell area considerata. Ciò significa che un rischio può essere particolarmente rilevante in un certo territorio, ma essere di scarsa importanza in un altro, per il fatto che in quest ultimo i settori produttivi o le lavorazioni dove è prevalente l esposizione a quel fattore di rischio sono poco diffusi. Anche differenze di sviluppo tecnologico all interno di uno stesso comparto produttivo influenzano la rilevanza dei rischi cui sono esposti gli addetti; per esempio, in un determinato settore i cancerogeni possono essere considerati un fattore di rischio importante in aree in cui la diffusione e l intensità di esposizione siano elevate, pur essendo valutati come un rischio di rilevanza marginale qualora sia l intensità, sia il numero degli addetti esposti siano state fortemente ridotti da precedenti interventi preventivi. Per questi motivi appare necessario che in una regione l analisi delle priorità di intervento sui rischi lavorativi venga effettuata sulla base di informazioni disponibili per quell area sulla struttura produttiva del territorio, sulla distribuzione per settore e occupazione della popolazione in esso residente, nonché sull occorrenza di infortuni e di patologie potenzialmente derivanti dall esposizione a tali rischi. Nell ambito del corso di formazione sulla progettazione e conduzione di piani di comparto, organizzato dalla Regione Piemonte nel 2002, è stato effettuato un censimento delle priorità percepite dagli operatori SPreSAL piemontesi. Questa indagine ha evidenziato che i fattori di rischio percepiti come più rilevanti erano gli agenti chimici, tra cui soprattutto quelli cancerogeni, la movimentazione manuale dei carichi e lo stress, mentre tra le patologie da lavoro spiccavano per frequenza le malattie muscoloscheletriche, gli infortuni e le allergopatie da lavoro. I comparti produttivi indicati come aree

5 prioritarie di intervento sono risultati l edilizia e i trasporti, principalmente per quanto riguarda il rischio infortunistico, seguiti dall industria metalmeccanica, dalla costruzione e manutenzione di strade e dal settore alimentare. Una lista dei principali rischi e danni da lavoro, redatta sulla base sia delle priorità identificate dalle principali agenzie OSH, sia di quelle percepite dagli operatori SPreSAL del Piemonte, comprenderebbe le seguenti priorità preventive, costituite da un misto di patologie da lavoro e di fattori di rischio occupazionali: cancerogeni; malattie muscoloscheletriche da sforzi ripetuti e da movimentazione di carichi; stress; rumore; vibrazioni; polveri, fumi, gas, vapori; asma professionale; esiti riproduttivi; infortuni. Tali priorità verranno di seguito discusse in relazione alla frequenza delle malattie potenzialmente associate ai fattori di rischio identificati, al livello di conoscenza sul loro nesso causale nella letteratura specializzata, alla proporzione di malattia attribuibile ai vari fattori di rischio, alla diffusione dell esposizione nella popolazione occupata e alla prevenibilità dell esposizione a tali fattori. Sono state utilizzate fonti informative locali per contribuire a stimare l entità delle esposizioni occupazionali nella popolazione piemontese e dei danni potenzialmente associati. In dettaglio: - il numero di addetti per settore produttivo, età e sesso è stato ricavato dai dati del Censimento Istat 2001 sull industria e l artigianato, e da quelli del Censimento 2000 sull agricoltura; - le prevalenze di esposizione a vari fattori di rischio nella popolazione occupata della regione sono stati desunti da un indagine della CGIL sulle condizioni di lavoro e di vita; questa survey era stata condotta in provincia di Torino su un campione di 4500 iscritti, che non era rappresentativo in senso campionario statistico della popolazione occupata del Piemonte, per cui le prevalenze di esposizione non necessariamente rifletterebbero quelle dell intera regione. Ciò nonostante, l indagine costituisce l unica esperienza in Piemonte condotta su un numero consistente di lavoratori impiegati in un ampio spettro di settori produttivi, categorie e mansioni. La distribuzione per comparto di appartenenza dei soggetti intervistati è riportata in Tabella 3; si evidenzia che la maggioranza dei lavoratori è concentrata in alcuni settori, come la produzione e distribuzione di energia elettrica e di gas, l industria metalmeccanica e quella della gomma, dove è probabilmente piu elevata la proporzione di iscritti, mentre altri settori che pure hanno un elevato numero di addetti sono scarsamente rappresentati, tra cui l edilizia, l industria del legno e dei mobili, la ristorazione, il commercio, il settore dei servizi; - le prevalenze di malattie o disturbi a bassa o nulla letalità, e che comportano scarsa ospedalizzazione (disturbi muscoloscheletrici, asma, depressione, bronchite cronica) sono state tratte dai dati dell indagine sulla salute Istat 2000, che comprendeva un campione rappresentativo della popolazione piemontese di soggetti, oltre che dalla citata indagine CGIL; inoltre, il numero di portatori di malattia coronarica e di disturbi depressivi è stato stimato per mezzo dell archivio regionale delle prescrizioni farmaceutiche, utilizzando come indicatori di queste patologie l assunzione di nitrati e di antidepressivi, rispettivamente; - la mortalità e la morbosità per tumori, malattie cardiovascolari e respiratorie sono state esaminate utilizzando rispettivamente la banca dati regionale della mortalità, relativamente agli anni , e l archivio regionale dei ricoveri ospedalieri del 2000; - come dati sugli infortuni sono stati considerati quelli di eventi accaduti nel 2002 e riconosciuti dall INAIL, mentre per le malattie professionali si sono prese in esame quelle denunciate nel 2000 e riconosciute entro il 2003.

6 Tabella 3 - Distribuzione dei soggetti intervistati nell indagine CGIL sulle condizioni di lavoro di e di vita (1999) per comparto produttivo dell azienda d appartenenza Comparto Freqenza Percentuale Produzione e distribuzione energia elettrica ,5 Produzione parti e accessori per autoveicoli ,5 Produzione. autoveicoli 383 8,5 distribuzione gas naturali 320 7,1 Gomma 270 6,0 Produzione carrozzerie per autoveicoli 265 5,9 Stampaggio, lavorazioni meccaniche e trattamento superficiale metalli 260 5,8 Tessile e cuoio 152 3,4 Poste e telecomunicazioni 150 3,3 Editoria e stampa 130 2,9 Alimentare 121 2,7 Chimica 121 2,7 Costruzione di macchine 120 2,7 Servizi finanziari 119 2,6 Laminazione, trafilatura e fusione metalli 106 2,4 Trasporti e attività connesse 102 2,3 Produzione calce, cemento e abrasivi 88 2,0 Plastica 64 1,4 Vetro 63 1,4 Carta e cartone 57 1,3 Raccolta rifiuti e depurazione acque di scarico 55 1,2 Produzione aerei e veicoli spaziali 51 1,1 Captazione, depurazione e distribuzione acqua potabile 47 1,0 Produzione cavi, motori e apparecchi elettrici 39 0,9 Produzione parti e accessori per biciclette 25 0,6 Produzione gioielleria e oreficeria 23 0,5 Legno 22 0,5 Recupero e preparazione per riciclaggio rifiuti 20 0,4 Edilizia e genio civile 19 0,4 Altro 189 4,2 TOTALE ,0 CANCEROGENI Frequenza dei tumori I tumori maligni costituiscono un importante causa di morte, rappresentando quasi un terzo di tutti i decessi che si verificano nella popolazione. In Piemonte nel periodo sono deceduti per tumori maschi e donne di età superiore a 20 anni (su un totale di decessi per tutte le cause pari a nei maschi e nelle femmine), con un tasso grezzo annuale di 432 decessi per abitanti tra gli uomini e di 303 tra le donne. Nel triennio l incidenza grezza di tumori maligni nei soggetti con più di 20 anni, stimata sulla base dei primi ricoveri nell archivio regionale delle dimissioni ospedaliere, era di 910 per maschi ( nuovi casi) e di 737 per abitanti tra le femmine ( casi). I tumori maligni che sono stati associati più consistentemente all occupazione, a parte il mesotelioma pleurico, sono il tumore del polmone e quello della vescica; è bene menzionare inoltre alcuni tumori con accertato e particolarmente forte nesso causale con l esposizione, ma con incidenza piuttosto bassa, come l angiosarcoma epatico e i tumori naso-sinusali. Riguardo al primo, uno studio di coorte condotto in Italia ha calcolato un rischio relativo di 21 volte tra gli esposti a cloruro di vinile, rispetto ai non esposti, il cui tasso di mortalità era pari a 3,0 per (Pirastu et al., 2003). Per i tumori dei seni paranasali, i dati di mortalità e ospedalizzazione relativi al periodo mostravano in Piemonte un tasso grezzo di mortalità pari a 0,7 e 0,3 per tra maschi e femmine di età superiore a 20 anni, rispettivamente, mentre il tasso grezzo di incidenza nel era uguale a 3,3 per tra i maschi e 1,6 tra le femmine di età corrispondente.

7 La mortalità per tumore del polmone nel periodo nei soggetti con più di 20 anni era di 127 per tra gli uomini (6.568 decessi nel triennio) e di 27 per tra le donne (1.499 decessi); per quello della vescica il tasso grezzo di mortalità era di 20,8 negli uomini (1.075 morti) e di 5,4 per nelle donne (306 decessi). Dall archivio delle dimissioni ospedalieri si stimava nel periodo un incidenza di tumore del polmone di 157 per (7.981 primi ricoveri) negli uomini di oltre 20 anni, mentre tra le donne di età corrispondente era di 40,1 (2227 primi ricoveri). Sempre la stessa fonte informativa mostrava tra i maschi un incidenza di tumore della vescica di 118 per (5.975 nuovi ricoveri) e tra le donne di 26,2 per (1.455 casi). Rischio attribuibile Secondo stime autorevoli effettuate negli ultimi anni, i tumori di origine professionali rappresenterebbero circa il 4-10% del totale dei tumori (Doll & Peto, 1981; Markowitz et al., 1989; Leigh et al., 1997; Harvard Report on Cancer Prevention, 1996), anche se, data la latenza media della maggior parte di tumori (circa 20 anni o più), tali stime del rischio attribuibile erano conseguenti a prevalenze ed intensità di esposizione a cancerogeni proprie degli anni Da allora, sia il rinnovamento tecnologico della maggior parte dei settori industriali, sia il miglioramento nel controllo dell esposizione a cancerogeni, dovuto anche agli interventi di vigilanza, sia la loro sostituzione con prodotti non cancerogeni imposta dal decreto legislativo 626/94, hanno probabilmente concorso ad una riduzione della loro diffusione e del livello di esposizione in ambiente di lavoro. Non sono disponibili, tuttavia, documentate survey che dimostrino dove e quanto un eventuale riduzione delle esposizioni si sia verificata. Riguardo al tumore del polmone, un recente studio multicentrico caso-controllo (Richiardi et al., 2004), condotto a Torino e nel Veneto, ha stimato una frazione attribuibile all esposizione occupazionale a cancerogeni del 9,5% negli uomini (IC 95% 6-13%), che è consistente con quella ottenuta in Germania (9%) (Abbey et al., 1999) nell ambito di uno studio multicentrico europeo; stime sui dati italiani raccolti nell ambito dello stesso studio hanno evidenziato un rischio attribuibile all occupazione dell 8% in area ad alta industrializzazione, che scende fino ad approssimarsi allo 0% in aree non industrializzate (Simonato et al., 2000). Non sono invece disponibili stime della frazione attribuibile all occupazione tra le donne, anche se è presumibile sia inferiore a quella calcolata per gli uomini. Per il cancro della vescica la proporzione attribuibile alla professione sarebbe inferiore, cioè di circa il 3-4% tra gli uomini (d Avanzo et al., 1995; Kogevinas et al., 2003), mentre sono scarse le informazioni relative alle donne. Uno studio finlandese, che ha cercato di stimare la quota della mortalità attribuibile a fattori di rischio occupazionali a livello nazionale (Nurminen & Karjalainen, 2001), ha calcolato per i tumori le seguenti frazioni eziologiche: Sede tumorale Fattori di rischio considerati Rischio attribuibile all occupazione asbesto, silice cristallina, fumi di 29% uomini, 5% donne, Polmone saldatura (escluso inox), scarichi motori 14% negli uomini attribuibile ad asbesto; diesel, radon, cadmio, nickel, cromo, 2% e 3% in uomini e donne rispettivamente arsenico, piombo attribuibili a ETS Prostata erbicidi, polveri di metalli 6% Pancreas solventi clorurati, nickel, IPA, silice cristallina, insetticidi cloro-organici, 13% uomini, 3% donne solventi alifatici e aromatici Vescica amine aromatiche, piombo, solventi aromatici, IPA, scarichi motori diesel 14% uomini, 1% donne Mammella radiazioni ionizzanti 2% Leucemia mieloide acuta benzene (AML) e non-linfocitica Leucemia linfatica cronicacampi elettromagnetici a bassa frequenza Tutte le sedi tutti gli agenti (compreso ETS) 18% uomini 2% donne 8% tutti 14% uomini, 2% donne A Torino, nell ambito dello Studio Longitudinale Torinese è stato stimato che il 4,5% della mortalità per tumore del polmone, relativa al periodo , sarebbe attribuibile a fattori di rischio occupazionali solitamente oggetto di interventi di prevenzione primaria (olii minerali, fumi di saldatura, fumi di fonderia, silice, asbesto, solventi) (Mamo et al., 2005).

8 Diffusione dell esposizione Una stima sulla prevalenza di esposizione a sostanze cancerogene sul lavoro in Piemonte è stata effettuata nell ambito del progetto CAREX, che ha avuto come scopo di calcolare il numero di lavoratori esposti ai principali cancerogeni, noti o sospetti tali, nei paesi dell Unione Europea, per nazione, attività economica e agente (Kauppinen et al., 2000). A causa della mancanza di dati nazionali sulla prevalenza di esposti sono state utilizzate le stime prodotte in Finlandia e negli USA, adattate da esperti nazionali alla situazione locale (Mirabelli, 1999). Nella stima condotta in Piemonte sono stati presi in considerazione i cancerogeni classificati in classe 1 IARC (sicuramente cancerogeni per l uomo), ad eccezione di farmaci, virus, aflatossine e di alcuni agenti la cui presenza in ambiente di lavoro non è più attuale (4-aminobifenile, benzidina, β-naftilamina, BCME/CMME); sono stati anche inclusi alcuni agenti appartenenti alla classe 2A (probabilmente cancerogeni per l uomo), che sulla base dell esperienza degli esperti potrebbero avere ancora una significativa presenza in ambiente di lavoro, mentre sono stati esclusi il fumo passivo di tabacco e la radiazione solare, perché esposizioni non controllabili sui luoghi di lavoro con tradizionali misure di igiene del lavoro; anche l amianto è stato escluso perché non sono più applicabili le stime CAREX dopo l entrata in vigore del bando all uso dell amianto nel Tra i settori produttivi con la maggiore prevalenza di esposizione a cancerogeni, si evidenzia che l industria estrattiva e la produzione dei mobili presentano un prevalenza superiore al 100%, cosa dovuta al fatto che in questo calcolo la proporzione di esposti ad ogni singolo agente è stata sommata per tutti gli agenti considerati. Tra gli altri comparti con la maggiore esposizione a cancerogeni vi sarebbero l industria ceramica e del vetro, la lavorazione del legno, la metallurgia, la lavorazione di minerali non metalliferi, lo smaltimento dei rifiuti, i trasporti terrestri e su acqua, l edilizia, la produzione di derivati del petrolio e del carbone. Tabella 4 Proporzione di esposizioni (anche multiple) a cancerogeni secondo CAREX, per settore produttivo in Italia nel 1993 Descrizione comparto CAREX Tutte le esposizioni a cancerogeni Estrazione di minerali metalliferi 196,3% Altra industria estrattiva 111,7% Produzione di mobili, eccetto metallici 105,9% Produzione di ceramiche 81,4% Produzione di legno, prodotti in legno e sughero, eccetto i mobili 65,1% Produzioni di altri prodotti minerali non metallici 64,5% Trasporti su acqua 58,1% Industria di base del ferro e dell'acciaio 57,1% Servizio di smaltimento rifiuti e simili 51,0% Edilizia 50,6% Produzione di vetro e oggetti in vetro 45,8% Produzione di derivati vari del petrolio e del carbone 41,9% Produzione di manufatti in gomma 41,8% Trasporti terrestri 40,2% Produzione di oggetti in metallo, tranne macchinari 38,7% Trasporti aerei 36,1% Produzione di calzature 32,1% Produzione di altri prodotti chimici 30,2% Produzione di prodotti chimici industriali 29,4% Produzione di bevande 29,3% Produzione di macchinari tranne quelli elettrici 28,6% Produzione di mezzi di trasporto 24,8% Raffinerie di petrolio 24,3% Produzione di cuoio e oggetti in cuoio 23,8% Produzione di manufatti in plastica non altrimenti classificati 23,0% Produzione di petrolio greggio e di gas naturale 21,6% Captazione e distribuzione dell'acqua 21,5% Ricerca e istituti scientifici 20,2% Fonderie di metalli non ferrosi 18,6%

9 Descrizione comparto CAREX Tutte le esposizioni a cancerogeni Servizi per i trasporti 17,7% Elettricità, gas e vapore 15,4% Commercio all'ingrosso, al dettaglio, alberghi, ristoranti, bar 12,7% Produzione di carta e prodotti in carta 11,9% Altre industrie manifatturiere 10,1% Produzione di strumenti fotografici e ottici 9,7% Produzione di tessili 9,6% Finanziaria, assicurazioni, immobiliari e affari 9,3% Produzione di macchinari elettrici 8,3% Produzione di abbigliamento tranne le calzature 7,5% Stampa, editoria e industrie correlate 6,6% Manifattura del tabacco 4,2% Produzione di alimenti 3,9% Stima della popolazione esposta Combinando le stime di prevalenza di esposizione ottenute da CAREX con la struttura produttiva della regione Piemonte fornita dal censimento Istat 2001, appare possibile stimare la diffusione dell esposizione a cancerogeni nei settori produttivi del territorio regionale. Ne risulta che lavoratori sarebbero esposti a cancerogeni in Piemonte, su una popolazione occupata di quasi un lavoratori, cioè circa il 14%. Tuttavia, alcuni dei cancerogeni considerati, come discusso sopra, sono contemporaneamente presenti in molte lavorazioni o condizioni di lavoro, i cui addetti sono quindi esposti ad agenti multipli, cosa che porterebbe ad una riduzione della stima del numero di esposti complessivi ad uno o più cancerogeni. Inoltre, le stime di CAREX risalgono ai primi anni 90, cioè a prima dell introduzione della 626/94, che imponeva, ove possibile, la sostituzione dei cancerogeni nei cicli produttivi; è presumibile che, a dieci anni dall emanazione della legge, la diffusione dell esposizione si sia almeno in parte ridotta. Considerando l insieme degli agenti cancerogeni, i settori produttivi che presentavano al censimento 2001 il maggior numero di esposti (almeno 1.000) erano i servizi alla persona (che includono lavanderie, parrucchieri, estetisti, servizi mortuari e domestici), l edilizia, diversi sottogruppi dell industria metalmeccanica (produzione di oggetti in metallo, di macchine meccaniche ed elettriche, e di mezzi di trasporto), i trasporti terrestri e i servizi ad essi connessi, la lavorazione del legno e la produzione mobili, l estrazione e la lavorazione di minerali non metallici, l industria metallurgica, il settore della gomma e della plastica, il commercio all ingrosso, l industria tessile e dell abbigliamento, la produzione di alimenti e bevande, il settore chimico, lo smaltimento rifiuti, la stampa ed editoria, la produzione e distribuzione di elettricità, gas e vapore, e la lavorazione del vetro. Tra gli agenti con il più alto numero di esposti vi erano gli scarichi di motori diesel (circa esposti), il piombo (24.700), il benzene (circa esposti), la polvere di legno ( esposti), la silice (21.100), il cromo esavalente (17.800), gli idrocarburi policlici aromatici (15.700), i composti del nichel (10.300), il percloroetilene e il tricloroetilene (9.400 e rispettivamente), la formaldeide (8.000) e lo stirene (6.000), che complessivamente rappresentano il 90% di tutte le esposizioni a sostanze cancerogene. Comunque l esposizione ad alcuni cancerogeni deriva dallo svolgimento della propria attività all aperto, o in condizioni di lavoro che sono soggette agli effetti dell inquinamento urbano in misura superiore a quella del resto della popolazione, cosa che ne limita gli interventi preventivi per ridurne il livello di esposizione. Per esempio, la quasi totalità di esposti a benzene lo è per esposizione a traffico veicolare urbano, tra cui gli addetti dei servizi alla persona, del commercio e della ristorazione, e dei trasporti terrestri. Similmente, degli oltre quarantamila esposti a scarichi di motori diesel, quasi lo sono per esposizione al traffico veicolare, appartenendo agli stessi settori citati sopra. Anche riguardo agli IPA, si stima che almeno un quinto degli esposti lo siano in realtà solo in virtù dell inquinamento urbano, risultando impiegati nei trasporti terrestri, nei servizi alla persona o nel commercio. Inoltre, appare verosimile che a 13 anni dall introduzione del Decreto Legislativo 277/91 sia la diffusione dell esposizione a piombo, sia il livello di esposizione in ambiente di lavoro si siano notevolmente ridotti nella maggior parte dei settori produttivi. Di difficile interpretazione è, tra l altro, l attribuzione di un elevato numero di esposti a piombo nel settore dei servizi alla persona, che costituiscono circa un quarto degli esposti complessivi a questo metallo.

10 Stima del numero di tumori attribuibili Sulla base delle informazioni disponibili sulla morbosità e mortalità per tumori in Piemonte, applicando una frazione attribuibile alla professione del 4%, si calcola che circa 500 decessi occorsi per tumori maligni ogni anno sarebbero dovuti ad esposizione ad agenti cancerogeni sul lavoro, mentre il corrispondente numero di nuovi casi sarebbe di circa Probabilmente, per le considerazioni svolte sopra, questo valore appare sovrastimato; comunque, anche supponendo una frazione attribuibile alle esposizioni attuali dell 1% negli uomini e dello 0,5% nelle donne, il numero di nuovi casi di tumore dovuti all occupazione sarebbe di circa 220 all anno, da cui deriverebbero circa 100 decessi. Considerando solo i tumori del polmone e della vescica negli uomini, e applicandovi le stime della frazione attribuibile osservate negli studi citati (8% per quello del polmone e 3% per quello della vescica), ne risulterebbe che circa 213 nuovi casi di tumore del polmone all anno siano dovuti all esposizione a cancerogeni sul lavoro, insieme a 175 decessi per questa causa, e altri 60 casi di tumore della vescica, con 11 decessi. A ciò si dovrebbe aggiungere una consistente quota dei mesoteliomi maligni diagnosticati ogni anno tra i residenti in Piemonte, che assommano a circa 110, se si includono solo i casi con conferma istologica della diagnosi, e salgono a , se si accettano anche quelli con conferma citologica o con diagnosi esclusivamente clinico-radiologica. In Piemonte i casi di tumore professionale denunciati nel 2000 e riconosciuti dall INAIL entro il 2003 erano 42, che si ritiene costituiscano solo una piccola frazione dei casi di tumore originati a causa dell esposizione occupazionale a cancerogeni. Tra questi vi erano 5 tumori del polmone, 20 mesoteliomi pleurici e 2 peritoneali, 12 tumori della vescica, 2 tumori delle cavità nasali e un tumore dell orofaringe. Prevenibilità Il Coordinamento Tecnico per la Sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Province autonome ha emanato linee guida per la Protezione da agenti cancerogeni e/o mutageni, cui si rimanda. In questo documento sono trattati: criteri da utilizzare per ridurre sino ad eliminare, l esposizione dei lavoratori a cancerogeni e/o mutageni; criteri da utilizzare per valutare l esposizione dei lavoratori a cancerogeni e/o mutageni dopo l adozione delle misure di prevenzione; modalità per introdurre nella pratica le migliori informazioni scientifiche disponibili sui cancerogeni e/o mutageni occupazionali, ad integrazione di quanto strettamente previsto dalle norme vigenti; significato da assegnare alle soglie di esposizione proposte; valore scientifico e pratico della nozione di lavoratore ipersuscettibile ; limiti ed opportunità di sorveglianza sanitaria e registrazione dei lavoratori esposti; obiettivi proponibili per la registrazione dei tumori professionali. MALATTIE MUSCOLOSCHELETRICHE Le malattie muscoloscheletriche (MSDs) comprendono un ampio spettro di patologie infiammatorie e degenerative che colpiscono muscoli, tendini, legamenti, articolazioni, nervi periferici, e strutture vascolari. Includono sindromi cliniche come le infiammazioni osteo-tendinee e articolari (tenosinovite, epicondilite, borsite), i disturbi da compressione nervosa (sindrome del tunnel carpale, lombosciatalgia) e le osteoartrosi, ma anche disturbi come la mialgia, il dolore lombare e altre sindromi dolorose regionali non attribuibili a patologie conosciute. Le regioni più comunemente colpite sono il tratto lombo-sacrale del rachide, il collo, la spalla, l avambraccio e la mano. Tra i principali fattori di rischio in ambiente di lavoro, consistenti associazioni sono state osservate in vari studi epidemiologici tra rischio di sviluppare MSDs e movimentazione e sollevamento di carichi, mantenimento di posture scomode, movimenti ripetuti, elevati ritmi di lavoro, sforzi vigorosi, vibrazioni e fattori psicosociali (per revisioni vedi Hagberg et al., 1995; van der Windt et al., 2000; Bernard, 1997; Grieco et al., 1998). I rischi fisici che contribuiscono, o si ritiene possano contribuire, alla genesi di MSDs dell arto superiore sono categorizzabili in fattori di rischio principali e modificanti (Bernard, 1997): i primi comprendono esposizioni come la forza, la postura, la ripetitività e le vibrazioni, mentre i secondi includono fattori quali la durata, i tempi di recupero e l esposizione al freddo, che si ritiene possano aggravare il danno alle strutture provocato dai fattori principali.

11 Frequenza Le MSDs costituiscono una grande proporzione delle malattie professionali compensabili in molti paesi, rappresentando un terzo o più di tutte le malattie da lavoro negli USA, nei paesi scandinavi e in Giappone (National Research Council & Institute of Medicine, 2001; Pope, 1991; Sjoogard & Soogard, 1998). Tanaka et al. (2001) hanno stimato che circa il 40% delle MSDs dell arto superiore nella popolazione occupata degli USA sarebbero dovute ad esposizioni in ambiente di lavoro, il che significherebbe oltre persone affette ogni anno. Questa cifra concorda con i dati riportati dal Bureau of Labor Statistics per il 2001, i quali mostrano che negli USA, su un milione e mezzo di infortuni e malattie professionali avvenuti nel settore privato e comportanti assenza dal lavoro, erano disturbi muscoloscheletrici (BLS, 2003). Una stima ancora superiore è stata ottenuta da uno studio sulle MSDs condotto dal National Academy of Science statunitense (National Research Council & Institute of Medicine, 2001), che ha calcolato che piu di un milione di lavoratori negli USA perdono giornate lavorative ogni anno per disturbi all arto superiore o alla schiena dovuti al lavoro, con un costo annuale di 50 miliardi di dollari. Sempre negli USA, i dati sugli infortuni sul lavoro e le malattie professionali del 1996 mostravano che, mentre la mediana delle assenze dal lavoro era per l insieme dei lavoratori di circa 5 giorni all anno, in quelli affetti da MSDs era di 25 giorni (BLS, 1998). In Gran Bretagna è stato stimato che 4,2 milioni di giornate lavorative erano state perse nel 1995 per MSDs al collo e all arto superiore, con una media di 13 giorni per lavoratore (HSE, 1999). La severità e la durata di queste patologie sono piuttosto variabili. In uno studio sui casi compensati per MSDs dell arto superiore nello stato di Washington dal 1987 al 1989, il 17,5% dei casi con sindrome del tunnel carpale aveva assenze dal lavoro per malattia superiori ai 6 mesi, il 12% superiori ad un anno, mentre il 7,4% superiori a 2 anni (Cheadle et al., 1994). Riguardo al mal di schiena, in un indagine canadese il 50% di lavoratori era ritornato al lavoro nel giro di un mese, il 75% entro tre mesi e l 87% entro sei mesi (Williams et al., 1998). La prevalenza di artrosi/artrite riferita nell indagine Istat sulla salute era del 17,2%, quindi decisamente inferiore a quella complessiva osservata nel campione CGIL relativa ai dolori articolari (31%), mentre sempre nell indagine Istat la proporzione di soggetti affetti da lombosciatalgia era dell 8,7%. Dati sulla prevalenza e l incidenza di MSDs dell arto superiore nella popolazione generale non sono disponibili per il Piemonte, né per l Italia. Tra le ricerche effettuate in altri paesi, uno studio svedese, condotto nella popolazione generale su soggetti di età anni, ha osservato una prevalenza di dolore cronico all arto superiore associato ad impotenza funzionale del 21% (IC 95%: 19,2-22,5%), con prevalenze del 15,5% per la spalla e il braccio, del 7,3% per il gomito e l avambraccio e del 10% per la mano e il polso (Gummesson et al., 2003). Inoltre, sui dati della seconda Survey Nazionale sulla Medicina Generale in Olanda del 2001 (Bot et al., 2005), comprendenti una popolazione di quasi 400 mila soggetti, è stata stimata un incidenza annua di disturbi a carico dell arto superiore del 6,5%, che era più elevata nelle donne (7,6%) che negli uomini (5,6%), ed una prevalenza del 15% (12% tra gli uomini e 17% tra le donne). Neppure riguardo al mal di schiena si riscontrano stime di prevalenza e incidenza nella popolazione generale italiana, a parte le già citate stime ottenute nelle indagini condotte da CGIL e da ISTAT. In Spagna una stima di prevalenza di dolore lombo-sacrale del 14,8% (IC 95%: 12,2-17,4%) è stata ottenuta su un campione nazionale rappresentativo della popolazione generale (Carmona et al., 2001); inoltre, il 41% dei casi che riferivano mal di schiena aveva preso antiinfiammatori non-steroidei per almeno un mese nell anno precedente all intervista, cosa che suggerirebbe una discreta gravità dei sintomi associati in questo gruppo di casi, mentre l 8% dei soggetti che lamentavano mal di schiena percepiva una rendita per invalidità. In Gran Bretagna, un indagine condotta su oltre soggetti con più di 15 anni di età iscritti nelle liste di medicina generale ha stimato una prevalenza di mal di schiena (definito come dolore alla schiena per almeno una settimana nell ultimo mese) pari al 24,5% tra le donne e al 21,3% tra gli uomini (Webb et al., 2003). Un altro studio inglese, condotto su un campione di circa 5000 soggetti con più di 25 anni intervistati nel 1996 e nel 2000, ha calcolato una prevalenza di mal di schiena cronico del 16% nel 1996, che saliva al 27,3% nell intervista del 2000, ed un tasso grezzo di incidenza del 5% all anno (Smith et al., 2004). Una simile incidenza è stata calcolata da uno studio canadese basato sui dati longitudinali di due indagini nazionali sulla salute ( e ), che ha stimato un incidenza annuale di mal di schiena del 4,5%, con un tasso più alto nelle donne (4,7%) che negli uomini (4,2%) (Kopec et al., 2004).

12 Rischio attribuibile Il citato studio della National Academy of Science, che ha incluso nella sua revisione circa ricerche sulle MSDs da lavoro, ha osservato forti associazioni tra MSDs ed esposizione occupazionale a fattori ergonomici (National Research Council & Institute of Medicine, 2001), anche tenendo conto di differenze di età, sesso, massa corporea (BMI), fumo, attività ricreative ed altre caratteristiche individuali. Sulla base dei rischi osservati e delle prevalenze di esposizione della popolazione occupata, considerando soprattutto i risultati di 170 studi considerati di migliore qualità metodologica, gli autori hanno calcolato la frazione attribuibile ad ogni tipo di esposizione, seppure con ampi range di incertezza; il numero di studi negativi e positivi che hanno soddisfatto i criteri di qualità metodologica per essere considerati, insieme alla frazione attribuibile per ogni esposizione, sono riportati nelle tabelle 3 e 4, tratte dal documento citato, rispettivamente relative al mal di schiena e ai disturbi all arto superiore. Tabella 3 Tabella 4 Tra i fattori ergonomici, elevate proporzioni di soggetti affetti da mal di schiena, anche superiori al 50%, risultavano attribuibili alla movimentazione di materiale, a frequenti movimenti di flessione e torsione del busto, ad elevata intensità dello sforzo fisico, a posture statiche non neutre e a vibrazioni a carico del rachide, mentre tra i fattori psicosociali le maggiori frazioni eziologiche erano associate ad alti ritmi di lavoro, a lavoro monotono, a scarso supporto sociale e a bassa soddisfazione sul lavoro. Per quanto riguarda le MSDs dell arto superiore, i fattori ergonomici con la piu alta quota attribuibile erano la ripetitività e l intensità dello sforzo fisico, oltre alle vibrazioni, mentre alte richieste psicologiche, basso livello di controllo sul proprio lavoro, scarso supporto sociale e poche opportunità di fare delle pause erano i determinanti psicosociali piu importanti. È stata comunque dimostrata un elevata correlazione tra fattori ergonomici e psicosociali in ambiente di lavoro, per cui appare difficile separare la frazione di malattie muscoloscheletriche attribuibile ai due gruppi di fattori. Infatti, da un lato entrambi discendono dalla stessa organizzazione del lavoro, che determina una contemporanea esposizione di molti lavoratori a rischi sia ergonomici, come alti ritmi di lavoro, movimenti ripetuti, pause insufficienti, sia psicosociali, come monotonia e scarso controllo sul processo di lavoro; d altra parte, alcune delle domande utilizzate per valutare l esposizione a rischi egonomici e psicosociali in parte si sovrappongono, cosa che, secondo alcuni, spiegherebbe la loro correlazione. Per questo motivo non verrà fatta una stima del numero di casi di MSDs dovuti in Piemonte a stress, ma il loro numero sarà stimato solo sulla base del rischio attribuibile ai fattori ergonomici e alle vibrazioni. Nell unico studio realizzato in Piemonte su una MSD dell arto superiore, la sindrome del tunnel carpale, era stato stimato che il 35% dei casi affetti da questa patologia erano verosimilmente attribuibili al lavoro (Bena et al., 2004).

13 Diffusione dell esposizione e delle patologie associate Dai dati dell indagine della Fondazione Europea di Dublino del 2000, si rileva che il 32% dei lavoratori intervistati riferiva di svolgere brevi compiti ripetitivi, il 57% di compiere movimenti ripetuti della mano o del braccio (Paoli e Merllie, 2001) e il 56% di lavorare a ritmi molto elevati. Tra i fattori di rischio per le MSDs disponibili nell indagine CGIL, il 36% dei lavoratori riferiva di sollevare pesi eccessivi nell insieme del campione (48% tra gli operai), il 47% dichiarava di lavorare in posture scomode o incongrue (56% tra gli operai), mentre la prevalenza di esposizione a vibrazioni era del 31% (39% tra gli operai). L incidenza di MSDs in alcuni settori produttivi e in alcune mansioni è fino a 3-4 volte superiore a quella della popolazione occupata; negli USA i settori a più alto rischio comprendono la sanità, i trasporti aerei, l industria mineraria, quella alimentare, la concia delle pelli e la produzione di mezzi di trasporto, di mobili, di manufatti elettrici ed elettronici, di elettrodomestici, di tessuti, di abbigliamento e di scarpe (Bernard, 1997). MSDs a carico dell arto superiore hanno alta prevalenza anche in occupazioni che implicano un elevato impegno manuale, come in alcune mansioni impiegatizie, nello smistamento della posta, nel settore delle pulizie e in quello del confezionamento. I disturbi a carico del rachide mostrano invece elevata incidenza tra i camionisti, i magazzinieri, i facchini aeroportuali, i lavoratori del settore costruzioni, le infermiere ed altri addetti della sanità. Nei dati dell ultima indagine della Fondazione Europea di Dublino sulle condizioni di salute e di lavoro dei lavoratori europei (Paoli e Merllie, 2001) si osservava un alta prevalenza di disturbi all apparato muscoloscheletrico, visto che il 33% riferiva mal di schiena, il 23% dolori al collo o alle spalle, il 13% agli arti superiori e il 12% a quelli inferiori. In Italia, i dati dell INAIL relativi alle MSDs dell arto superiore nel periodo mostrano un notevole incremento sia delle malattie denunciate, sia di quelle riconosciute, che nel 2000 sono piu di mille e rappresentano oltre il 50% delle MSDs denunciate (Colombini et al., 2003). Circa un quarto delle MSDs denunciate nel 2000 proveniva dal Piemonte, che risultava al secondo posto per numero di denunce, dopo l Emilia-Romagna; le piu frequenti patologie denunciate erano la sindrome del tunnel carpale (56%), le tendiniti del polso, della mano e della spalla (19%), le epicondiliti (10%), e le ernie e discoartrosi (7%). Tra le MSDs riconosciute, il 39% derivava dal settore metalmeccanico, l 11% dal settore tessile e dell abbigliamento, il 9,5% dall industria alimentare, il 4,6% da quella ceramica, il 4% dall edilizia, il 2,4% dalla lavorazione del legno, il 2,2% dal settore calzaturiero, il 2% da quello dei trasporti. Nell indagine piemontese della CGIL la prevalenza riferita di dolori alle articolazioni era del 31% nell insieme del campione (27% tra gli uomini e 43% tra le donne), che saliva al 35% tra i lavoratori di categoria operaia (31% tra gli uomini e 53% tra le donne); tra gli operai, i settori produttivi con le prevalenze piu alte, tra quelli con almeno 10 esposti, riguardavano il settore alimentare (50%), i servizi connessi ai trasporti (44%), la lavorazione della pelle, del cuoio e la produzione di calzature (44%), la produzione di manufatti in plastica (43%), l industria conciaria (40%), il genio civile (40%), la produzione di mezzi di trasporto (39%), la produzione e distribuzione di energia elettrica (39%) e la fabbricazione di materiale elettrico ed elettronico (39%). Per quanto riguarda il mal di schiena, nell intero campione il 44% riferiva di esserne affetto (42% tra gli uomini e 51% tra le donne), mentre tra gli operai la sua prevalenza era del 48% (46% tra gli uomini e 59% tra le donne). Sempre tra gli operai, i settori produttivi più colpiti (con almeno 10 esposti) erano il genio civile (67%), l industria alimentare (65%), la meccanica di precisione (63%), i trasporti su strada di viaggiatori (63%), la lavorazione della pelle, del cuoio e la produzione di calzature (59%), il settore delle materie plastiche (57%) e la sanità (52%). Stima del numero di patologie attribuibili Considerando le stime di incidenza e di prevalenza per mal di schiena più conservative tra quelle citate, cioè una prevalenza del 15% e un incidenza del 4,5%, ne deriverebbe che il numero casi prevalenti nella popolazione occupata piemontese sarebbe circa e quello di nuovi casi circa all anno; applicando a questi numeri i valori inferiori del range della stima del rischio attribuibile riportati in tabella 3, che rappresentano una stima conservativa della frazione eziologica, si calcola che, tra i casi prevalenti, circa siano dovuti alla movimentazione di materiale, a frequente flessione e torsione del busto, a sforzi molto intensi, a posture incongrue e a vibrazioni trasmesse al rachide. Dei casi incidenti di mal di schiena, circa nuovi casi sarebbero dovuti alla movimentazione di materiale, a frequente flessione e torsione del busto, a sforzi molto intensi, a posture incongrue e a vibrazioni trasmesse al rachide. Questi fattori di rischio sono spesso presenti contemporaneamente in una stessa mansione, per cui la somma dei casi prevalenti o incidenti attribuibili al rischio ergonomico rappresenta sicuramente una sovrastima. Tuttavia, si nota che il numero di nuovi casi attesi ogni anno, attribuibili al solo fattore di rischio ergonomico con la frazione attribuibile più bassa (range inferiore pari

14 all 11% per la movimentazione di materiale) è molto elevato, con oltre nuovi casi all anno, nonostante questo valore rappresenti molto probabilmente una sottostima. Per le MSDs dell arto superiore le stime più conservative indicano che la loro prevalenza è di circa il 15% e la loro incidenza del 6%, per cui il numero di casi prevalenti tra gli occupati in Piemonte sarebbe di circa e quello di nuovi casi di quasi all anno. Applicando i valori inferiori di range del rischio attribuibile (Tabella 4), si stima che circa casi prevalenti e nuovi casi all anno siano dovuti all esposizione a movimenti ripetuti, mentre l esposizione a sforzi intensi sarebbe causa di circa casi prevalenti e nuovi casi all anno; inoltre circa 110 mila casi prevalenti e casi incidenti sarebbero attribuibili alla vibrazioni trasmesse all arto superiore. Come per il mal di schiena, la somma dei casi attribuibili ai diversi fattori di rischio rappresenta sicuramente una sovrastima per il sovrapporsi di queste esposizioni a carico di stessi lavoratori, anche se la stima annuale dei nuovi casi dovuti all esposizione anche ad un solo fattore di rischio appare davvero molto elevata. Comunque, si sottolinea che, dei casi ospedalizzati di tunnel carpale in Piemonte, i quali rappresentano la sola frazione dei casi più gravi e invalidanti, circa casi all anno in Piemonte sarebbero dovuti al lavoro, sulla base del rischio attribuibile all occupazione stimato da Bena et al. (2004). Prevenibilità Diversi studi hanno condotto revisioni sull efficacia degli interventi preventivi per ridurre l occorrenza di MSDs. Westgaard & Winkel (1997), che hanno revisionato 92 studi di intervento su fattori di rischio occupazionali per le MSDs, hanno concluso che gli interventi sulla cultura dell organizzazione, quelli che agiscono sui fattori modificanti il rischio (come fisioterapia, promozione della salute, tecniche di rilassamento) e quelli che intervengono su aspetti diversi (biomeccanici, organizzativi e comportamentali) sarebbero i più efficaci nel ridurre il rischio di MSDs, mentre la sola riduzione del carico biomeccanico non produrrebbe riduzioni consistenti del rischio. Queste conclusioni concordano con quelle espresse da Silverstein & Clark (2004), Karsh et al. (2001) e Amell & Kumar (2002), che nelle loro revisioni sull efficacia degli interventi per le MSDs hanno pure osservato maggiori possibilità di ridurre il rischio per mezzo di interventi multipli, che comprendano sia la riprogettazione di postazioni di lavoro, sia cambiamenti dell organizzazione, sia interventi di promozione della salute. La revisione della National Academy of Science (National Research Council & Institute of Medicine, 2001), citata sopra, conclude affermando che è previsto un aumento dell occorrenza di MSDs nel futuro dovuto a mutamenti nella tipologia e nell organizzazione del lavoro, all invecchiamento della forzalavoro e al crescente numero di donne che entrano in occupazioni comportanti movimentazione di materiali o lavoro al computer; inoltre, secondo gli autori dello studio, la prevenzione di queste malattie mediante la riduzione delle esposizioni è non solo possibile, ma produce significativi risparmi per i datori di lavoro e contemporaneamente riduce l esperienza di disabilità dei lavoratori. Un gruppo di lavoro piemontese ha redatto nel 1997 le Linee guida in materia di rischi da vibrazioni e da movimenti e sforzi ripetuti degli arti superiori, disponibile sul sito della Regione Piemonte Sicuri di essere sicuri, in cui sono contenute indicazioni riguardanti il quadro normativo di riferimento, la valutazione del rischio ergonomico e da vibrazioni mano-braccio, la sorveglianza sanitaria e gli interventi di prevenzione primaria volti a ridurre l esposizione a questi fattori di rischio. Un recente documento di Consenso di un gruppo di lavoro nazionale, composto da esperti dell INAIL, dell ISPESL e dell unità di ricerca EPM (Colombini et al., 2003), individua le lavorazioni dove è presumibile l esposizione a fattori di rischio per le MSDs, identificando altresì le caratteristiche dell attività lavorativa comportanti livelli di esposizione a ripetitività, uso di forza, mantenimento di posture incongrue e impatti ripetuti oltre i quali è necessario compiere un accurata valutazione dell esposizione a rischi ergonomici; esso fornisce anche indicazioni sulla sorveglianza sanitaria e informazioni sull efficacia della prevenzione primaria e secondaria a fattori ergonomici. Sono stati proposti diversi metodi per la valutazione dell esposizione a fattori ergonomici, le cui caratteristiche sono state esaminate e discusse in dettaglio da Li & Buckle (1999), tra cui alcuni basati sull osservazione diretta o di sequenze videoregistrate, altri sulla misurazione manuale o strumentale, altri ancora su questionari somministrati ai lavoratori. Uno studio italiano ha provato a confrontare quattro dei metodi disponibili (Strain Index, ACGIH, OREGE, Check list OCRA), ottenendo risultati abbastanza sovrapponibili in situazioni di rischio assente o elevato, ma contrastanti in caso di rischio lieve o moderato (Apostoli et al., 2004); nei casi discordanti la Check list OCRA appariva meno sensibile degli altri metodi nell identificare condizioni di rischio o situazioni suscettibili di un approfondimento valutativo. 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