AGGIORNAMENTO IN TEMA DI TERAPIA DELLE MALATTIE ENDOCRINE

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II POLO DELLE SCIENZE E DELLE TECNOLOGIE PER LA VITA FACOLTA DI MEDICINA E CHIRURGIA DIPARTIMENTO DI ENDOCRINOLOGIA ED ONCOLOGIA MOLECOLARE E CLINICA AGGIORNAMENTO IN TEMA DI TERAPIA DELLE MALATTIE ENDOCRINE Presidenti Prof. Gaetano Lombardi, Prof. Lucio Zarrilli Responsabile scientifico Prof.ssa Annamaria Colao Napoli, 20/21 Marzo 2009 Centro Congressi Federico II PROGRAMMA & ABSTRACTS

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3 PRESENTAZIONE Cari colleghi e amici, ho il piacere di darvi il benvenuto al Forum Aggiornamenti in tema di terapia delle malattie endocrine, e ringrazio tutti coloro che hanno entusiasticamente aderito a tale iniziativa. L evento, articolato in un programma che tocca tutte le patologie endocrine principali, ha lo scopo di rivedere i percorsi diagnostici terapeutici per consentire una omogeneità di comportamenti tra tutti gli attori del percorso salute in regione Campania (MG, specialisti ambulatoriali, specialisti ospedalieri e universitari) ma anche di porsi come momento di incontro che permetta scambi di opinioni personali. In occasione del Forum verra inoltre lanciato il progetto Ca.R.E. (Campania Rete Endocrinologia), sito web telematico, che si prefigge un triplice scopo: offrire a tutti i colleghi che operano sul territorio campano uno strumento che permetta in tempo reale di consultare una delle strutture di II e III livello operanti nel territorio campano per programmare eventuali indagini diagnostiche o terapie mediche o chirurgiche; costituire registri di patologie rare e di sorveglianza di farmaci speciali; consentire un rapido arruolamento di pazienti in trials di terapie innovative. Spero che la nostra categoria possa trarre giovamento da tali iniziative e, per fare il punto sui risultati delle attivita che verranno svolte nell anno, vi do appuntamento per la prossima edizione del Forum il 26 e 27 marzo 2010! Annamaria Colao Napoli, 20/21 Marzo 2009 Centro Congressi Federico II 3

4 PROGRAMMA SCIENTIFICO

5 PROGRAMMA SCIENTIFICO VENERDÌ 20 MARZO Riunione Commissione SIE Campania Registrazione dei partecipanti AULA MAGNA Saluto delle Autorità SIMPOSIO 1 - LE TIREOPATIE Moderatori: E. Consiglio, G. Fenzi Gli ipotiroidismi B. Biondi Gli ipertiroidismi P. Macchia Il carcinoma differenziato M. Vitale Il follow-up del carcinoma tiroideo D. Salvatore Discussione CASI CLINICI 1 (SESSIONI PARALLELE) AULA MAGNA Le ipercalcemie Moderatori: F. Carpenito, S. Settembrini Relatore: A. Ciccarelli Critici: G. Amabile, V. Bassi, M. Dorato, M. Guarino AULA A Il carcinoma surrenalico Moderatori: A. Coppola, L. De Franciscis Relatore: R. Rossi Critici: M. Coscione, M. Gigante, D. Lionello Napoli, 20/21 Marzo 2009 Centro Congressi Federico II 5

6 PROGRAMMA SCIENTIFICO VENERDÌ 20 MARZO AULA B Il carcinoma midollare della tiroide Moderatori: F. Di Rella, G. Lupoli Relatore: Critici: G. Vitale R. Fittipaldi, G. Pisano, R. Ponticelli, E.Rossi AULA C Le obesità ipotalamiche Moderatori: G. D Avanzo, S. Di Maio Relatore: A. Rossi Critici: A. Leo, A. Pagano, L. Quagliozzi, C. Rinaldi Lunch AULA MAGNA SIMPOSIO 2 - I PROBLEMI APERTI IN ANDROLOGIA Moderatori: M. Agrusta, A. Bellastella AGGIORNAMENTO IN TEMA DI TERAPIA DELLE MALATTIE ENDOCRINE La disfunzione erettile S. Zarrilli Ipogonadismo maschile A.A. Sinisi I transessualismi M. De Rosa L infertilità maschile R. Pivonello Discussione CASI CLINICI 2 (SESSIONI PARALLELE) AULA MAGNA Le tiroiditi Moderatori: A. Di Sarno, P. Giordano Relatore: Critici: F. Fonderico B. Amalfi, M. Aversano, G. B. Ghidella, P. Giordano, S. Pagliara, F. Parlato, M. Tenuta, G. Torino

7 PROGRAMMA SCIENTIFICO VENERDÌ 20 MARZO AULA A Il deficit di GH in età di transizione Moderatori: L. Perrone, M. Salerno Relatore: Critici: P. Marzullo G. De Filippo, S. Gioia, M. Iodice, D. Montedoro AULA B La gestione della terapia con ipoglicemizzanti orali Moderatori: G. Brighina, O. Vaccaro Relatore: Critici: M. Masulli E. Angrisani, A. Cocca, E. Iervolino, L. Landolfi, A. Luciano, P. Lanzetta AULA C La resistenza agli ormoni tiroidei Moderatori: S. Longobardi, M. Rotondi Relatore: Critici: AULA MAGNA M. Ferrara V. Cannavale, G. Lupoli, L. Pagano, M. Pulcrano SIMPOSIO 3 - L OSTEOPOROSI Moderatori: D. Caggiano, A. Colao Epidemiologia L. Vuolo La terapia con farmaci antiriassorbitivi V. Nuzzo La terapia con farmaci anabolici C. Di Somma Antiestrogeni ed osteoporosi E. Rossi Discussione Napoli, 20/21 Marzo 2009 Centro Congressi Federico II 7

8 PROGRAMMA SCIENTIFICO SABATO 21 MARZO AULA MAGNA TAVOLA ROTONDA 1 - SINDROME METABOLICA ED ENDOCRINOPATIE Moderatori: D. Giugliano, R. Volpe La classificazione K. Esposito L insulino resistenza B. Capaldo L obesita : nuovi approcci farmacologici S. Savastano L ipercorticosurrenalismo M. Filippella La PCOS F. Orio jr. Discussione LETTURA - IL DIABETE MELLITO Moderatore: G. Lombardi Relatore: G. Riccardi TAVOLA ROTONDA 2 - I TUMORI IPOFISARI Moderatori: D. Ferone, F. Orio AGGIORNAMENTO IN TEMA DI TERAPIA DELLE MALATTIE ENDOCRINE Dati dall agenzia regionale sanità T. Spinosa Il prolattinoma D. Pasquali L acromegalia R. Auriemma La sindrome di Cushing M.C. De Martino Gli adenomi ipofisari non funzionanti S. Iorio Le ipofisiti A. De Bellis Discussione

9 PROGRAMMA SCIENTIFICO SABATO 21 MARZO CASI CLINICI 3 (SESSIONI PARALLELE) AULA MAGNA La terapia insulinica nel paziente acuto Moderatori: P. Contaldi, F. Prisco Relatore: Critici: M. Parillo A. Basso, G. Campanile, V. Castellano, S. De Riu, N. Milano, C. Scurini AULA A I tumori neuroendocrini Moderatori: P. Sabatino, I. Ventre Relatore: A. Faggiano Critici: M. Klain, C. Luongo, P. Tommaselli AULA B Le dislipidemie Moderatori: A. Rivellese, F. Scavuzzo Relatore: E. Lapice Critici: M. Biondi, G. Cerbone, M. Riccio AULA C Le osteoporosi secondarie Moderatori: B. Merola, V. Novizio Relatore: Critici: AULA MAGNA F. Rota E. Cascone, C. Cozzi, D. De Brasi, C. Fariello, A. Panico TAVOLA ROTONDA - UTILITÀ DI UNA RETE TELEMATICA PER GLI ENDOCRINOLOGI DELLA REGIONE CAMPANIA Moderatore: A. Colao Napoli, 20/21 Marzo 2009 Centro Congressi Federico II 9

10 PROGRAMMA SCIENTIFICO SABATO 21 MARZO Epidemiologia D. Caggiano Percorsi diagnostico-terapeutici R. Volpe Registri di patologie rare A.A. Sinisi Il progetto Ca.R.E. A. Colao Discussione e conclusione dei lavori Distribuzione materiale didattico per la verifica dell apprendimento AGGIORNAMENTO IN TEMA DI TERAPIA DELLE MALATTIE ENDOCRINE 10

11 ABSTRACTS

12 ABSTRACTS LETTURA IL DIABETE MELLITO Gabriele Riccardi Dipartimento di diabetologia e malattie del metabolismo Università degli Studi di Napoli Federico II Abstract non pervenuto ABSTRACTS / simposi SIMPOSIO 1 - Le tireopatie L IPOTIROIDISMO Bernadette Biondi Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica - Università degli Studi di Napoli Federico II AGGIORNAMENTO IN TEMA DI TERAPIA DELLE MALATTIE ENDOCRINE 12 L ipotiroidismo è una condizione clinica che si sviluppa per un insufficiente azione degli ormoni tiroide sui tessuti dell organismo. La tiroidite cronica autoimmune di Hashimoto, la terapia con iodio radioattivo per un pregresso ipertiroidismo, la chirurgia tiroidea o la terapia radiante esterna del collo, rappresentano le cause più frequenti di ipotiroidismo primitivo dell adulto. Più raro è l ipotiroidismo centrale in cui il difetto è localizzato a livello ipotalamico o ipofisario con seguente ridotta stimolazione della tiroide, L ipotiroidismo subclinico è una patologia caratterizzata da livelli sierici del TSH superiori ai limiti della norma, in presenza di ormoni tiroidei nel range della normalità. Questa condizione clinica è prevalente nel 4-10% nella popolazione generale e nel 7-26% nella popolazione anziana L ipotiroidismo subclinico, un tempo considerato una condizione di ipotiroidismo compensato, attualmente viene considerato una patologia tiroidea con possibili conseguenze sulla qualità di vita e sulle aspettative di vita, qualora non tempestivamente terapeutizzato mediante dosi sostitutive di L-tiroxina. Il rischio cardiovascolare è particolarmente elevato nei pazienti con ipotiroidismo subclinico per la possibilità di alterazione nei parametri cardiovascolari e per l aumentato rischio di aterosclerosi. Tra i fattori di rischio per aterosclerosi un ruolo importante sembra essere svolto dall ipertensione, dalla disfunzione endoteliale, dalla dislipidemia, dalla alterazione dei parametri di coagulazione. La terapia con tiroxina riesce a prevenire o a correggere l aumetato rischio cardiovascolare associato a tale patologia, nonché a migliorare la qualità di vita, i disturbi psichici, cognitivi e muscolari. Il trattamento dell ipotiroidismo subclinico è imperativo in gravidanza per i gravi effetti collaterali che può indurre nel nascituro.

13 ABSTRACTS / simposi SIMPOSIO 1 - Le tireopatie GLI IPERTIROIDISMI Paolo Emidio Macchia Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica - Università degli Studi di Napoli Federico II Il termine ipertiroidismo si riferisce a tutte le situazioni cliniche associate ad un maggiore funzionamento della ghiandola tiroidea con iperproduzione degli ormoni tiroidei. Clinicamente si caratterizza per la presenza di un iperattività a carico dei vari organi ed apparati, mentre dal punto di vista laboratoristico gli ipertiroidismi si presentano con elevati valori di FT3 e/o FT4 circolanti associati ad una riduzione delle concentrazioni di TSH nelle forme primitive, o a valori di TSH nella norma o aumentati nelle forme secondarie o terziarie. Dal punto di vista terapeutico è assolutamente necessario distinguere tra le forme di ipertiroidismo propriamente dette, in cui la patologia è legata ad una reale iperproduzione degli ormoni tiroidei, dalle forme di tireotossicosi, in cui, nonostante il quadro clinico/laboratoristico sia sovrapponibile, il meccanismo patogenetico è associato ad un aumento degli ormoni tiroidei non dovuto ad una neosintesi degli stessi. La diagnosi differenziale tra le due forme si basa sulla scintigrafia tiroidea che presenta una captazione elevata nelle prime forme ed una captazione ridotta nelle tireotossicosi. Nelle tireotossicosi il trattamento di scelta è legato alla rimozione della causa, ove possibile, eventualmente associata ad una terapia di tipo sintomatico, come l uso di farmaci betabloccanti, con il fine di limitare gli effetti periferici, soprattutto cardiaci, causati dall aumento degli ormoni tiroidei circolanti. Nel caso degli ipertiroidismi propriamente detti si può ricorrere, in associazione alla terapia sintomatica, anche ad un trattamento eziologico con farmaci o procedure terapeutiche atte a limitare la produzione di ormoni tiroidei. I farmaci di scelta da utilizzare sono rappresentati dai farmaci antitiroidei, in particolare il propiltiouracile ed il metimazolo. Stoicamente, in Italia, era non possibile ottenere il propiltiouracile, che doveva essere acquistato dalle farmacie internazionali, mentre da circa due anni, è possibile utilizzare anche il propiltiouracile effettuando una specifica richiesta presso le farmacie ospedaliere. La terapia con farmaci antitiroidei va praticata per almeno due anni a dosi scalari nei pazienti affetti da ipertiroidismo da morbo di Basedow, e dopo tale periodo è possibile provare a sospendere il farmaco, in quanto in circa il 15% dei casi si ottiene una remissione completa della malattia. Nel caso degli ipertiroidismi da gozzo nodulare (uni- o multinodulare) tossico i farmaci antitiroidei vanno somministrati al fine di riportare la funzione tiroidea nella norma, ma la loro sospensione si associa ad una ripresa della sintomatologia e dell ipertiroidismo, Sarà quindi necessario, in questi casi, ricorrere ad un trattamento definitivo quale la terapia con 131I o il trattamento chirurgico. Napoli, 20/21 Marzo 2009 Centro Congressi Federico II 13

14 ABSTRACTS / simposi SIMPOSIO 1 - Le tireopatie IL CARCINOMA DIFFERENZIATO Mario Vitale Dipartimento Assistenziale di Endocrinologia ed Oncologia Clinica - Università degli Studi di Napoli Federico II AGGIORNAMENTO IN TEMA DI TERAPIA DELLE MALATTIE ENDOCRINE 14 Il carcinoma differenziato della tiroide (CDT) è la più frequente neoplasia delle ghiandole endocrine ed ha un incidenza annuale pari a 3,4/ donne e 1,2/ uomini. La sua incidenza in Italia è maggiore rispetto alla media mondiale, attestandosi sui valori di 15,5 e 5,2/ donne e uomini rispettivamente. Da rilevare anche che negli ultimi anni l incidenza del CTD è andata progressivamente aumentando, raddoppiando nell ultimo ventennio. Questo aumento riguarda soprattutto i carcinomi più piccoli, cioè quelli di diametro inferiore a 1 cm (micro carcinomi), suggerendo che questo aumento sia la conseguenza di una più diffusa applicazione delle metodiche ecografiche. Nonostante la relativamente alta diffusione del CDT, la sua mortalità è estremamente bassa attestandosi intorno allo 0,6/ individui all anno. Questa bassissima mortalità è il risultato di due fattori: la bassa aggressività di questa neoplasia e la nostra capacità di eseguire una diagnosi, una terapia e un follow-up efficaci. La classificazione istopatologia del CDT di origine epiteliale comprende il carcinoma papillifero e il più raro carcinoma follicolare, mentre il carcinoma midollare deriva dalle cellule parafollicolari. Il CDT si presenta come un nodulo, spesso senza alcuna sintomatologia, qualche volta con sintomi legati alla compressione del collo o dei nervi laringei ricorrenti. Più spesso, per CDT di piccole dimensioni, è l ecografia del collo o dei vasi sopra aortici che ne rivela la presenza. L ecografia fornisce utili informazioni sulle dimensioni, sulla natura cistica o solida e sul grado di vascolarizzazione dei noduli tiroidei, ma non consente di eseguire una diagnosi sulla loro natura, sufficientemente sicura da determinare il successivo approccio terapeutico. Pertanto, per i noduli di dimensioni 1 cm, è necessario eseguire l agoaspirato con ago sottile (FNAB) e analizzare il materiale al microscopio. L esame citologico può fornire diverse risposte: nodulo benigno, nodulo maligno, neoplasia follicolare, nodulo sospetto di carcinoma papillare o materiale inadeguato. Purtroppo, solo il 80-85% dei FNAB forniscono una delle prime due risposte, mentre nel 15-20% dei casi il risultato rimane incerto. L accuratezza del FNAB è fortemente dipendente dall esperienza dell anatomopatologo, ma circa il 50% delle diagnosi incerte risultano essere dei carcinomi. Per tale motivo, nel caso di un FNAB ripetutamente non diagnostico si rende necessaria una tiroidectomia a scopo diagnostico. La ricerca di marcatori tumorali quali galectina-3 o oncogeni quali RET/PTC e BRAFV600E, possono contribuire alla scelta terapeutica e soprattutto al tipo di intervento chirurgico da eseguire. Infatti in caso di carcinoma è opportuna una tiroidectomia totale con svuotamento del compartimento linfonodale centrale, mentre per la tiroidectomia diagnostica in un gozzo mono-nodulare è sufficiente la lobectomia con istmectomia. In caso di esami molecolari positivi, si potrà

15 ABSTRACTS / simposi SIMPOSIO 1 - Le tireopatie procedere direttamente con la chirurgia più radicale. Dopo la tiroidectomia, è opportuno eseguire un trattamento con 131-Iodio (terapia radio metabolica). Questo trattamento elimina i piccoli residui di tessuto tiroideo eventualmente rimasti e consente un più agevole follow-up della malattia. Infatti il follow-up del CDT è basato sulla ricerca di tireoglobulina (TG) nel sangue, che deve essere assente dopo terapia radio metabolica e che se presente è indice della ripresentazione della malattia. Dopo la dose di 131-Iodio è possibile anche eseguire una scintigrafia totale corporea. Questa può evidenziare la presenza di eventuali metastasi tumorali. Dopo il trattamento radiometabolico, il paziente inizia il trattamento sostitutivo con ormone tiroideo per via orale (levotiroxina, L-T4) che verrà assunta per tutta la vita. Benché le cellule del CDT siano parzialmente sdifferenziate, la loro proliferazione è ancora dipendente dal TSH e per tale motivo l inibizione di questo ormone riduce il tasso di recidive e aumenta la sopravvivenza del paziente. L adeguatezza della terapia deve essere monitorata periodicamente mediante dosaggio del TSH e degli ormoni tiroidei liberi. Il follow-up del CDT ha lo scopo di valutare la corretta inibizione della secrezione del TSH e evidenziare in modo precoce la persistenza o la recidiva della malattia. Le recidive di malattia sono più frequenti nei primi anni, tuttavia possono presentarsi anche molti anni dopo il trattamento primario e per tale motivo il follow-up deve essere proseguito per tutta la vita del paziente. Il follow-up del CDT prevede periodicamente la valutazione del TSH, l esame clinico, l ecografia del collo e il dosaggio della TG. Una metodica diagnostica più recente è la PET-TC. Il suo costo e la sua efficacia ne limitano per il momento l applicazione in quei casi nei quali la TG è presente nel siero ma non è possibile visualizzarne la sede di provenienza. La palpazione della loggia tiroidea e del collo e l ecografia vengono eseguite per la ricerca di linfoadenopatie cervicali. In particola risulta utile l ecografia che, valutando i caratteri di ecogenicità, il rapporto tra i diametri, la vascolarizzazione e le variazioni di dimensioni nel tempo, aiuta il medico a identificare precocemente linfonodi metastatizzati. Quando i caratteri clinici-ecografici del linfonodo orientano verso la metastatizzazione ma la TG sierica è negativa, è possibile eseguire il dosaggio della TG nell agoaspirato linfonodale ottenuto con ago sottile e sotto attenta guida ecografica. Tale dosaggio, della proteina o del mrna, è particolarmente efficace nell identificare la presenza di cellule tumorali e non viene significativamente influenzato dalla eventuale presenza nel siero di anticorpi anti TG. Il dosaggio della TG sierica è uno degli indicatori più efficaci nel follow-up del CDT. Il dosaggio della TG nel siero è abitualmente eseguito con metodi radioimmunologici o di immunochemiluminescenza che consentono il dosaggio fino ad una concentrazione di 1 ng/ml. Questo dosaggio però risente della eventuale presenza di anticorpi anti TG nel siero, pertanto è sempre necessario dosare ed escludere la presenza di questi ultimi. La massima efficacia del dosaggio della TG sierica si ottiene stimolando con TSH le eventuali cellule tumorali presenti. La stimolazione si ottiene con due procedure. La prima consiste nell interruzione della terapia soppressiva del TSH per un tempo sufficiente a che Napoli, 20/21 Marzo 2009 Centro Congressi Federico II 15

16 ABSTRACTS / simposi SIMPOSIO 1 - Le tireopatie questo raggiunga una concentrazione superiore a 50 mui/ml. Questa pratica è semplice ed economica ma presenta l inconveniente non trascurabile di indurre temporaneo ipotiroidismo con ripercussioni negative sullo stato di benessere del paziente, sulla sua qualità di vita e sulle attività lavorative. Alla sospensione della terapia con L-T4 si è aggiunta la possibilità di stimolare la produzione di TG mediante la somministrazione di TSH umano ricombinante. Senza la necessità di interruzione della terapia con L-T4, questo ormone viene somministrato in due giorni consecutivi in modo da stimolare la produzione di TG che viene quindi dosata. Al dosaggio della TG, stimolata mediante sospensione della L-T4 o con TSH ricombinante, si può aggiungere la scintigrafia totale corporea con 131-Iodio. Questo esame può essere utile per visualizzare delle aree di accumulo anomalo, ma è meno sensibile del dosaggio della Tg. Solo l 80% dei pazienti con livelli sierici di TG superiori a 40 ng/ml dopo sospensione della terapia soppressiva del TSH presentano lesioni cervicali o extra-cervicali evidenziabili mediante scintigrafia totale corporea. Per tale motivo la scintigrafia totale corporea non è più consigliata nel protocollo standard del follow-up del CDT se non in casi selezionati e quando, accertata la presenza di TG si voglia visualizzare la sede di recidiva della malattia e verificarne la captazione per un più mirato trattamento chirurgico. AGGIORNAMENTO IN TEMA DI TERAPIA DELLE MALATTIE ENDOCRINE 16

17 ABSTRACTS / simposi SIMPOSIO 1 - Le tireopatie LA TERAPIA DEI CARCINOMI TIROIDEI Domenico Salvatore Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica -Università degli Studi di Napoli Federico II La patologia nodulare tiroidea rappresenta una delle malattie endocrine di più frequente riscontro, soprattutto nei paesi in cui la profilassi con iodio non viene attuata. Nonostante questa elevata incidenza, solo una piccola percentuale di noduli tiroidei è rappresentata da tumori maligni. Tra questi gli istotipi ben differenziati sono i più frequenti ed hanno una lenta evoluzione. Inoltre la trasformazione maligna di un nodulo benigno è un evento eccezionale. La terapia chirurgica rappresenta il trattamento iniziale di tutti i carcinomi tiroidei, seguita dall ablazione del residuo tiroideo con 131I. Anche se i carcinomi differenziati della tiroide hanno una crescita molto lenta e sono solitamente curabili, recidivano nel 20-40% dei casi e si sdifferenziano nel 5% dei casi. La chemioterapia e la radioterapia convenzionale ha uno scarso effetto sui tumori tiroidei avanzati, pertanto tali tumori costituiscono un dilemma terapeutico ed un area di ricerca molto critica. La Targeted therapy (terapia bersaglio), una nuova generazione di trattamenti antitumorali, ha come scopo quello di interferire con una specifica molecola bersaglio, solitamente una proteina che si ritiene svolgere un ruolo critico nella crescita o nella progressione tumorale. Attualmente si stanno testando nuovi farmaci in studi in vitro ed in vivo ed alcuni di loro sono già utilizzati in diversi trials clinici, come per esempio piccole molecole che inibisco le tirosino chinasi. Napoli, 20/21 Marzo 2009 Centro Congressi Federico II 17

18 ABSTRACTS / simposi SIMPOSIO 2 - I problemi aperti in andrologia TRATTAMENTO MEDICO DELLA DISFUNZIONE ERETTILE Stefano Zarrilli Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica - Università degli Studi di Napoli Federico II AGGIORNAMENTO IN TEMA DI TERAPIA DELLE MALATTIE ENDOCRINE 18 L erezione è un evento neuro-vascolare modulato da fattori psicologici e ormonali. L iniziazione neuronale conseguente ad uno stimolo sessuale determina il rilascio di neurotrasmettitori dal nervo cavernoso e di fattori endoteliali dalle arterie cavernose con il conseguente rilassamento della muscolatura liscia arteriosa del tessuto erettile e l aumento del flusso ematico penieno. La coincidente occlusione del deflusso venoso blocca il sangue all interno dei corpi cavernosi, aumentando la pressione sanguigna peniena, portando quindi all erezione. L attività è sostenuta da molecole vasodilatatrici quali il biossido e l ossido nitrico (NO2/NO) che, attivando la guanilato ciclasi, portano alla formazione di cgmp responsabile del rilassamento muscolare; tale processo è mantenuto in adeguato equilibrio da un secondo enzima, la fosfodiesterasi-5, che trasforma il cgmp in GMP disattivando il processo di vasodilatazione con conseguente detumescenza peniena. La capacità di mantenere l erezione per un tempo prolungato, che travalica quello necessario a garantire l accoppiamento e la riproduzione, è una caratteristica dell essere umano. La Disfunzione Erettile (DE) è stata definita come persistente o ricorrente incapacità di ottenere o mantenere un erezione peniena adeguata per il completamento dell attività sessuale. Questa definizione ha sostituito il termine generico ed ormai desueto di impotenza, che si accompagnava a valenze psicologiche estremamente negative. I disturbi erettili sono molto diffusi: secondo alcune stime sono 152 milioni gli uomini che ne sono colpiti nel mondo. Solo una ristretta parte di pazienti affronta in maniera adeguata il problema, rivolgendosi ad uno specialista. Eseguendo, infatti, accurate indagini al manifestarsi del sintomo della DE, possono esserne diagnosticate le cause ed è possibile procedere ad un trattamento mirato di questo disturbo. Una DE può riconoscere una etiologia organica (vascolare, malattie sistemiche, diabete, cardiopatie, ipertensione, neurogena, ormonale, anatomica, strutturale o iatrogena), psicogena o, più frequentemente, mista, in cui su un impianto di base organico si instaura una problematica di carattere psicogeno. Le strategie terapeutiche prevedono trattamenti psico-sociali, medici e chirurgici. Obiettivo del trattamento è il ripristino di una soddisfacente vita sessuale. Dato l impatto emotivo di tale disturbo, il counseling psicoterapico è sempre consigliabile in questo tipo di pazienti. Il trattamento della DE organica deve essere mirato alla risoluzione del disturbo che ha generato tale sintomo. Pertanto, è essenziale che si proceda al trattamento della patologia di base responsabile di questo sintomo. Numerosi sono, poi, i trattamenti orientati al recupero di una piena e soddisfacente erezione. Negli anni 80 del secolo scorso la terapia iniettiva intracavernosa (FIC) ha consentito di ottenere le prime erezioni farmaco-mediate. La terapia FIC consiste nell iniezione nel

19 ABSTRACTS / simposi SIMPOSIO 2 - I problemi aperti in andrologia corpo cavernoso di farmaci vasoattivi quali Papaverina e Fentolamina. Successivamente si è aggiunto il trattamento con Prostaglandina E1 (PGE1) che può essere iniettivo (FIC) o intrauretrale con il deposito di prostaglandina in gel (alprostadil), mediante un applicatore direttamente nell uretra. Nei casi di ipogonadismo o in soggetti con livelli eccessivamente bassi di testosterone (T) è indicata la terapia sostitutiva con androgeni (ART). La formulazione più comunemente impiegata è quella a rilascio controllato di T (enantato, propionato, fenilpropionato, isocaproato). Utili sono anche la terapia orale con T (undecanoato), i gel transdermici, i cerotti e, più recentemente, le compresse gengivali per assorbimento attraverso la mucosa buccale. D acquisizione relativamente recente sono farmaci come l apomorfina sublinguale farmaco attivo a livello centrale che mima la risposta del cervello agli stimoli sessuali, e la yohimbina, un alfa-bloccante che esercita il proprio effetto direttamente sui tessuti penieni. Tra i trattamenti locali va ricordato il Vacuum Constriction Device (VCD) che consiste in un tubo di materiale plastico che aspira l aria attorno al pene creando un vuoto che determina afflusso di sangue nei corpi cavernosi. Il gold-standard nel trattamento della DE è rappresentato dagli inibitori della fosfodiesterasi 5 (PDE5-I). Sono, infatti, la prima classe di farmaci sicuri ed efficaci per la terapia orale della DE. Capostitipite di queste molecole è il sildenafil (1998) seguito da tadalafil e vardenafil (2003). Studi clinici controllati hanno dimostrato che i PDE5-I sono efficaci e ben tollerati. Tale osservazione è suffragata dall esperienza della pratica clinica. Benché l azione clinica possa manifestarsi fin dalla prima assunzione è importante educare il paziente sulla necessità di uno stimolo sessuale e sull utilizzo di un dosaggio adeguato. I risultati migliorano con le successive assunzioni. La somministrazione concomitante di questi farmaci con i nitrati è assolutamente controindicata. Infatti, entrambi agiscono sulla via NO/cGMP esiste quindi il rischio di una severa ipotensione. Rappresentano controindicazioni all uso di questi farmaci: malattie sistemiche gravi, attività sessuale sconsigliata, retinite pigmentosa, ulcera peptica, disturbi coagulativi, anemia falciforme, uso di alfa-bloccanti (ipertensione e IPB). Gli effetti collaterali possono essere: cefalea, dispepsia, arrossamento al volto, congestione nasale, alterazioni della visione, mialgia, dolore al dorso. Attualmente, allo studio ci sono nuove vie di somministrazione degli agenti vasoattivi che prevedono oltre alle vie transuretrale ed orale anche quella nasale. Sono, inoltre, oggetto di sperimentazione donatori dell NO e di neuropeptidi accessori (cgrp e VIP) e farmaci inibenti il sistema simpatico (alfa-bloccanti e inibitori del recettore dell endotelina-1). È possibile anche tentare una correzione dei processi degenerativi del tessuto cavernoso mediante infusione di PGE1 o neurotropine. Anche il trattamento tradizionale con i PDE5- I è stato rivisitato, per cui l obiettivo dei nuovi trattamenti è ottenere non tanto una protesi farmacologia, quanto una riabilitazione del meccanismo erettile. Un discorso a parte merita la terapia genica dei corpi cavernosi che prevede, fra l altro: l intervento su regioni geniche codificanti per le Inducible Nitric Oxide Synthase (inos); Napoli, 20/21 Marzo 2009 Centro Congressi Federico II 19

20 ABSTRACTS / simposi SIMPOSIO 2 - I problemi aperti in andrologia la somministrazione intracavernosa di Fattore di Crescita Endoteliale Vascolare (VEGF); il trapianto di cellule endoteliali di microvasi autologhi (MVEC). Questi trattamenti mirano alla realizzazione di un sistema sicuro, efficace e specifico per modificare la pressione intracavernosa on demand, eliminando la necessità di altre forme di terapia senza alterare le restanti funzioni peniene o la fisiologia degli altri organi e possono, a ragione, essere considerati la reale ultima frontiera terapeutica. IPOGONADISMO MASCHILE Antonio A. Sinisi Cattedra di Endocrinologia - Seconda Università di Napoli AGGIORNAMENTO IN TEMA DI TERAPIA DELLE MALATTIE ENDOCRINE 20 L ipogonadismo maschile è una condizione patologica in cui una mancanza di produzione d ormoni maschili e di testosterone in particolare, per disordini primitivamente testicolari (ipogonadismi primitivi o ipergonadotropi) o secondari a mancanza secretoria di varia natura dell asse ipotalamo-ipofisi per il settore gonadotropo (ipogonadismi secondari o ipogonadotropi) induce alterazioni fenotipiche caratteristiche la cui gravità e complessità dipendono dalle cause e dall età d esordio della patologia. Gli ipogonadismi secondari sono caratterizzati da deficit della funzione testicolare (leydigiana o tubulare o di entrambe) per alterazione o deficit della secrezione delle gonadotropine a causa di difetti congeniti o acquisiti, su base organica o funzionale, dell ipotalamo o/e dell ipofisi. Un ipogonadismo secondario può presentarsi come isolato (HHI) o associato ad altri difetti ipofisari. L HHI comprende un gruppo di condizioni eterogenee per gli aspetti eziologici, genetici e clinici ed e la forma piu frequente di ipogonadismo secondario, con una prevalenza di 1 a , ed. isolato e la conseguenza di un alterazione della secrezione delle gonadotropine per mancanza dello stimolo del GnRH o per alterazione della produzione ipofisaria di LH o FSH. L HHI puo essere apparentemente senza causa (idiopatico) o associato a difetti sensoriali come nella Sindrome di Kallmann (SK) o ad altri difetti del sistema nervoso come nelle forme sindromiche. Nel 30% dei casi sono state documentate alterazioni genetiche (geni KAL1, FGFR1, FGF8, PROK2, PROKR2, GnRHR, GPR54, NELF, LHbeta, DAX1, LEP, LEPR). Deficit multipli posono essere secondari a danni organici (tumori ipotalamo ipofisari, traumi etc) o congeniti da alterazione di geni (HESX-1, Prop1) che controllano l organogenesi dell ipofisi o la differenziazione delle cellule ipofsarie. Gli ipogonadismi primari sono un gruppo eterogeneo di condizioni dovute ad alterazioni primitive testicolari da cause congenite o acquisite, caratterizzate dal deficit androgenico con riduzione della secrezione o dell azione del testosterone, dal deficit della funzione tubulare, con alterazione della spermatogenesi, o da entrambi. Gli ipogonadismi primari sono anche definiti ipergonadotropi, in quanto si ha di solito un iperincrezione secondaria delle gonadotropine per riduzione del meccanismo di feedback negativo.la forma più frequente (1:500 nati maschi) è la sindrome di Klinefelter (SKl) che è dovuta ad aberrazione

21 ABSTRACTS / simposi SIMPOSIO 2 - I problemi aperti in andrologia cromosomica. Altre forme possono essere su base cromosomica (XX-male, XYYmale, disgenesie gonadiche miste, alterazioni etc,), genica (S.Noonan, S.Steinert, deficit steroidogenesi congeniti etc.) o acquisita (criptorchidismo, anorchia etc). La fisiopatologia e le manifestazioni cliniche varieranno a seconda del grado di interessamento del testicolo, dell eziologia e dell eta di insorgenza del difetto. I TRANSESSUALISMI Michele De Rosa Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica - Università degli Studi di Napoli Federico II La terapia medica del transessualismo ha come fine quello di trasformare il corpo del soggetto da trattare in maniera adatta alla sua psiche. E probabilmente, quindi, l unica terapia che mira non ad una restitutio ad integrum di alterazioni patologiche ma a modificare l omeostasi fisiologica del soggetto. Di ciò si deve tenere conto, sia da un punto di vista clinico, nell ottica di non indurre effetti collaterali, sia da un punto di vista medico-legale, poiché induce modificazioni del fenotipo anche se non definitive. Fondamentale in questi trattamenti è il real life test, durante il quale la terapia comincia a indurre quelle modificazioni del fenotipo, che servono a far sperimentare al soggetto il suo nuovo aspetto fisico. Nella ns. esperienza migliori risultati si ottengono, nella trasformazione M/F con i preparati estrogenici. A questi ultimi, e per abbassarne i dosaggi, conviene aggiungere il ciproterone acetato che blocca i recettori per gli androgeni. Infatti, alti dosaggi di estrogeni possono indurre un danno epatico e complicanze trombo-emboliche, per cui, prima e durante tale terapia, è sempre indispensabile monitorare gli indici della funzionalità epatica e della coagulabilità plasmatica. Spesso accade che, durante la terapia estrogenica, si innalzino i livelli plasmatici di HPRL. In questo caso, pur non essendo necessario sospendere la terapia al di sotto di certi livelli circolanti di tale ormone, è utile una valutazione più approfondita con prelievi seriati ed uno studio morfo-funzionale dell ipofisi. Nella trasformazione F/M, sicuramente più rara e con risultati finali meno soddisfacenti, qualunque preparato a base di testosterone è utile. Nella ns. esperienza preferiamo usare i preparati ad effetto ritardo poiché permettono un minor numero di somministrazioni e quindi una migliore compliance del soggetto da trattare. E, comunque, necessario nella terapia medica del transessualismo adeguare la terapia ad ogni singolo soggetto effettuando frequenti controlli clinici tenendo conto del suo benessere fisico e psichico. Napoli, 20/21 Marzo 2009 Centro Congressi Federico II 21

22 ABSTRACTS / simposi SIMPOSIO 2 - I problemi aperti in andrologia L INFERTILITÀ MASCHILE Rosario Pivonello Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica - Universita degli Studi di Napoli Federico II Definizione L infertilità è l impossibilità per una coppia di concepire un bambino dopo un anno di regolari rapporti sessuali non protetti e di frequenze adeguata. Circa il 30% dei casi di infertilità di coppia sono determinati da cause legate al partner maschile. Considerando i meccanismi alla base della fertilità maschile, una condizione di infertilità si concretizza in problematiche che alterano la normale produzione, maturazione, vitalità e liberazione degli spermatozoi. Numerosi fattori possono contribuire ad uno stato di infertilità. I principali possono essere suddivisi nei seguenti gruppi: 1)fattori che agiscono in una fase pre-testicolare, che alterano la quantità e/o la qualità delle cellule germinali: In questo gruppo rientranole patologie endocrine; 2)fattori che agiscono in una fase testicolare, che alterano il processo di produzione dello sperma. A questo gruppo appartengono le patologie genetiche e direttamente testicolari; 3)fattori che agiscono in una fase posttesticolare, durante il processo di fuoriuscita degli spermatozoi;tra questi sono comprese le problematiche legate all eiaculazione e alla fecondazione. Cause Tra le più comune cause di infertilità maschile, presenti anche in conbinazione tra loro, sono incluse: le alterazioni a carico del liquido seminale: oligospermia, astenospermia, teratospermia, il varicocele, le prostatiti, l eiaculazione retrograda con minore volume dell eiaculato, l ostruzione dei canali dell apparato riproduttivo, le patologie endocrine: iperprolattinemia, ipogonadismo, ipopituitarismo, le malattie sessualmente trasmesse, le infiammazioni genitali (ad es. epididimite, orchite partitica), i traumi scrotali e torsione testicolari, il criptorchidismo, la neuropatia diabetica, l obesità estrema, i disordini immunitari, le epatopatie, le nefropatie e l anemia falciforme. AGGIORNAMENTO IN TEMA DI TERAPIA DELLE MALATTIE ENDOCRINE 22 Diagnosi La diagnosi di infertilità si basa in primis sulla anamnesi riguardo eventuali difficoltà nel concepimento insorte nel passato e su eventuali episodi di lesione ai testicoli. questo si accompagna un esame fisico dell apparato genitale, dello scroto e dell area peritesticolare, attraverso il quale si possono identificare eventuali problematiche a carico dei testicoli, dello scroto, degli epididimi e del primo tratto dei deferenti, del pene, della prostata e vescicole seminali. Seguirà una serie di indagini laboratoristico-strumentali, che possiamo considerare di I livello: 1)analisi del liquido seminale (spermiogramma); 2) esami microbiologici (spermiocoltura, ricerca di chlamydiae trachomatis e mycoplasma urealiticum); 3)profilo ormonale (in particolare gonadotropine, testosterone, prolattina,

23 ABSTRACTS / simposi SIMPOSIO 2 - I problemi aperti in andrologia TSH ed eventuali altri ritenuti necessari); 3) un ecografia scrotale con color doppler dei funicoli spermatici per valutare la presenza di varicocele o di altre alterazioni testicolari. Successivamente potranno essere presi in considerazione ulteriori test del liquido seminale (es. ricerca di anticorpi antispermatozoo ), un approfondimento della situazione ormonale tramite eventuali tests da stimolo, un ecografia prostato-vescicolare, una serie di analisi di tipo genetico (es. cariotipo, ricerca di microdelezioni del cromosoma Y e mutazione del gene CFTR o altre se indicato). Se necessario, si potrà accedere ad una diagnostica ancora più invasiva come il citoaspirato o la biopsia testicolare. Terapia L obiettivo del trattamento è quello di raggiungere le condizioni migliori possibili per quello che riguarda la spermatogenesi e la qualità del seme. Se dagli esami, ad esempio, sono emerse infezioni genitali, occorrerà trattarle con adeguata terapia antibiotica e antinfiammatoria. Escluse o trattate queste, un approccio terapeutico importante è costituito dalla terapia ormonale, in particolare tramite l uso di gonodotropine (in particolare FSH). La terapia ormonale può essere utilizzata sia in modo razionale (in caso cioè di documentata carenza ormonale), sia in modo empirico, quando, pur senza un evidenza di deficit secretorio di gonadotropine, si sfrutta di fatto un effetto stimolatorio sulla spermatogenesi. Quest ultima situazione è di gran lunga la più frequente in clinica e trova indicazione in caso di ridotta spermatogenesi (cioè la situazione definita con il termine di oligospermia). Numerosi studi documentano l efficacia di tale trattamento; tuttavia rimangono al presente mal definiti i criteri di predittività di risposta a tale terapia. Un altro presidio terapeutico che si è rivelato efficace in studi clinici controllati per il trattamento dell infertilità maschile è costituito dagli antiossidanti mentre l intervento chirurgico è spesso risolutivo in caso di varicocele. L eventuale approccio alla tecniche di procreazione medicalmente assistita, dal punto di vista andrologico, va preso in considerazione principalmente quando, pur in presenza di una migliorata la qualità del seme la coppia non raggiunge comunque l obbiettivo della gravidanza in un arco di tempo ragionevole. Napoli, 20/21 Marzo 2009 Centro Congressi Federico II 23

24 ABSTRACTS / simposi SIMPOSIO 3 - L osteoporosi OSTEOPOROSI: EPIDEMIOLOGIA Laura Vuolo Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica Università Federico II di Napoli AGGIORNAMENTO IN TEMA DI TERAPIA DELLE MALATTIE ENDOCRINE L'osteoporosi è una malattia generalizzata dell osso, caratterizzata dalla riduzione quantitativa della massa ossea e dal danno microarhitetturale del tessuto osseo, cui conseguono l aumento della fragilità dello scheletro ed una maggiore suscettibilità alle fratture. L'osteoporosi deriva da uno squilibrio acquisito nel sistema di rimodellamento osseo, normalmente disciplinato dall azione combinata di più ormoni. Al giorno d'oggi l'osteoporosi rappresenta una patologia di rilevanza sociale, progressiva, potenzialmente invalidante, spesso asintomatica. Circa 200 milioni di individui nel mondo ne soffrono, con un rapporto tra i due sessi di 3:1. In Italia, 3.5 milioni di donne ed 1 milione di uomini, di età superiore ai 50 anni, sono osteoporotici. In particolare in Campania, su un totale di donne ben ne risultano affette (12%); mentre su uomini, sono osteoporotici (4%). Solo una donna su due affette da osteoporosi sa di esserlo. Stessa mancanza di consapevolezza riguarda un uomo su cinque. Il 50% delle persone che pensano di essere ammalate di osteoporosi non lo sono, mentre la metà di quelli realmente affetti dalla malattia non sa di esserlo. E quanto emerge da uno studio pilota condotto in Italia nell area di Firenze, svolto in collaborazione da Istituto superiore di sanità, Istat, Ars della Toscana e Asl di Firenze. Lo studio ha coinvolto persone di età compresa fra 35 e 74 anni appartenenti a 476 famiglie che rientravano nel campione della indagine Istat. Le indicazioni emerse, se proiettate alla realtà nazionale, risultano abbastanza divergenti da quelle fornite dall ultima indagine ISTAT secondo cui si dichiara ammalato di questa patologia solo il 4,7% della popolazione totale e il 17,5% delle persone con oltre 65 anni di età. Un più recente studio epidemiologico multicentrico nazionale, ESOPO, ha invece rilevato che il 23% delle donne di età superiore ai 40 anni e il 14% degli uomini di età superiore ai di 60 anni è affetto da osteoporosi. La conseguenza più rilevante di tale patologia è rappresentata dall aumento dell'incidenza delle fratture da fragilità, che si manifestano quando la perdita di massa ossea supera il 40% della massa totale; i siti più comunemente colpiti sono la colonna vertebrale nel tratto dorso-lombare e la regione femorale, meno comunemente il radio nella porzione distale. E stato calcolato che, superati i 50 anni di età, 1 donna su 2 ed 1 uomo su 8 sono destinati ad andare incontro ad almeno una frattura da fragilità ossea nel resto della vita. Questo dato è allarmante se si considera la pesante influenza di tali fratture sulla qualità della vita e sulla spesa sanitaria. 24

25 ABSTRACTS / simposi SIMPOSIO 3 - L osteoporosi LA TERAPIA CON FARMACI ANTIRIASSORBITIVI Vincenzo Nuzzo Dipartimento di Medicina ed Oncologia PO San Gennaro ASL Napoli1 Negli ultimi anni sono stati sviluppati e commercializzati numerosi farmaci per la terapia dell osteoporosi. L end point di tutte le terapie rimane la prevenzione dell evento fratturativo. In tal senso i bisfosfonati rimangono i farmaci con la più corposa documentazione di efficacia. Tali farmaci inibiscono l attività osteoclastica, riducono il riassorbimento e il turn over osseo con un conseguente incremento della massa ossea. I bisfosfonati, in particolare Alendronato e Residronato sono farmaci di prima scelta nel trattamento di tutte le forme di osteoporosi (post-menopausale, cortisonica, maschile). L utilizzo dei bisfosfonati negli anni ha evidenziato un elemento di criticità nella aderenza alla terapia. Tale elemento è particolarmente evidente in soggetti anziani sottoposti a plurime terapie con dosaggi multipli nell ambito della stessa giornata. Infatti, è dimostrato che Il 50% dei pazienti affetti da osteoporosi interrompe la terapia medica dopo mesi. Curtis, (J Bone Miner Res 2008) in un ampio gruppo di pazienti affetti da osteoporosi in terapia con bisfosfonati, ha evidenziato che l aderenza alla terapia ad una anno era del 44%, a due anni del 39% e a tre anni solo del 35%. Per tale motivo negli ultimi anni sono state sviluppate molecole e modalità di somministrazioni che consentissero una assunzione diradata nel tempo. In particolare si segnalano l Alendronato nella somministrazione settimanale, l Ibandronato somministrabile una volta al mese per la via orale ed ogni tre mesi endovena, il Residrinato da assumere due volte al mese ed infine lo Zolendronato utilizzabile in mono-somministrazione annuale. Il meccanismo di somministrazione intermittente si è dimostrato efficace per la caratteristiche intrinseche della biologia ossea. I farmaci con somministrazione intermittente hanno dimostrato una certa efficacia anche dopo la sospensione indicandoci una latenza d azione. In conclusione, abbiamo sicuramente a disposizione potenti farmaci nel trattamento dell osteoporosi, ma la aderenza alla terapia rimane un fattore determinante in una patologia che decorre spesso asintomatica nelle sue fasi iniziali. Scopo del medico, oltre quello di individuare il farmaco più efficace secondo le linee guida internazionali, è quello di ritagliare la terapia sul paziente. LA TERAPIA DELL OSTEOPOROSI CON FARMACI ANABOLICI Carolina Di Somma Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica - Università degli Studi di Napoli Federico II Il trattamento medico dell osteoporosi ha come obiettivo primario quello di ridurre le Napoli, 20/21 Marzo 2009 Centro Congressi Federico II 25

26 ABSTRACTS / simposi SIMPOSIO 3 - L osteoporosi AGGIORNAMENTO IN TEMA DI TERAPIA DELLE MALATTIE ENDOCRINE 26 fratture da fragilità. I farmaci anti-osteoporotici, finora distinti in inibitori del riassorbimento osseo e stimolatori della neoformazione ossea, sono stati recentemente classificati da Riggs e Parfitt in anti-catabolici ed anabolici sulla base del loro effetto sul rimodellamento osseo. Fino a poco tempo fa ci si avvaleva principalmente dei farmaci anti-catabolici e solo recentemente si sono resi disponibili farmaci ad azione anabolica o mista. I farmaci anabolici (PTH 1-34 e PTH 1-84) determinano un bilancio positivo a livello delle unità di rimodellamento (la quantità di osso formato è maggiore di quella riassorbita) con conseguente aumento della resistenza dell osso. Il trattamento con PTH dovrebbe comunque essere limitato alle pazienti con grave osteoporosi fratturativa, sia come trattamento iniziale che nelle pazienti che non rispondono alla terapia anti-fratturativa. Il ranelato di stronzio, molecola di recente introduzione, esercita un duplice meccanismo di azione sul metabolismo osseo: inibisce il riassorbimento, mediante un inibizione della differenziazione dei preosteoclasti in osteoclasti, e contemporaneamente promuove la neoformazione ossea, tramite una stimolazione della differenziazione dei preosteoblasti in osteoblasti. Questo nuovo armamentario terapeutico offre anche l opportunità di nuovi percorsi terapeutici basati sull uso combinato e/o sequenziale di farmaci anti-catabolici ed anabolici. Questa prospettiva è di particolare rilievo nel caso dell impiego del PTH. Dal momento che il trattamento con PTH è limitato nel tempo, la sua cessazione comporta una tendenza alla riduzione della massa ossea. E stato osservato che l istituzione di un farmaco anticatabolico dopo il trattamento con PTH determina un significativo aumento della massa ossea. Un evento più frequente nella pratica clinica è l inizio del trattamento con PTH al termine di un periodo di trattamento con farmaci anti-catabolici, ed in particolare in quei pazienti nei quali il trattamento con questi ultimi farmaci non ha prodotto i risultati aspettati. Recentemente è stato osservato che il pre-trattamento con inibitori del riassorbimento osseo non altera la risposta alla terapia con PTH, ma l efficacia del trattamento è del tutto sovrapponibile a quella che si osserva nei pazienti che precedentemente non hanno assunto alcuna terapia. ANTIESTROGENI ED OSTEOPOROSI Emanuela Rossi Unità Operativa S.C. di Oncologia Medica Dipartimento di Onco-Ematologia - Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale San Giuseppe Moscati, Avellino Il ruolo degli estrogeni nello sviluppo e nella proliferazione del carcinoma mammario è ormai consolidato. Strategie miranti a ridurre gli effetti degli estrogeni sui tessuti mammari sono state per lunghi anni l obiettivo primario della terapia endocrina. In postmenopausa gli estrogeni vengono prodotti dai tessuti periferici per aromatizzazione degli androgeni,

27 ABSTRACTS / simposi SIMPOSIO 3 - L osteoporosi prevalentemente surrenalici. L azione estrogenica quindi può essere ridotta o soppressa per l inibizione della conversione degli androgeni a estrogeni. In tal senso agiscono gli inibitori dell aromatasi (AI) che abbassano i livelli degli estrogeni inibendo l enzima aromatasi, responsabile della conversione degli androgeni in estrogeni. Per oltre 30 anni l antiestrogeno Tamoxifene (TAM), somministrato per 5 anni, ha rappresentato il trattamento adiuvante ormonale standard per il carcinoma mammario ormono-responsivo. La necessità di identificare farmaci più attivi e meglio tollerati e la dimostrata superiorità degli AI nella malattia avanzata, hanno portato a testare l uso di questi farmaci anche negli stadi più precoci di malattia. Sono stati condotti numerosi studi di terapia adiuvante con gli AI di terza generazione secondo le diverse strategie : upfront (AI per 5 anni) switch (2 anni di TAM, poi 3 anni di AI) extended (5 anni di TAM poi 5 anni di AI) e in tutti è stato dimostrato per gli AI un miglioramento della sopravvivenza libera da malattia (DFS), rispetto al TAM per 5 anni. Tuttavia l utilizzo degli AI non può prescindere da una valutazione accurata anche del profilo di tollerabilità di questi farmaci. Gli estrogeni svolgono un ruolo importante nel mantenimento della densità minerale ossea; pertanto, strategie terapeutiche in grado di ridurre i livelli di estrogeni possono potenzialmente ridurre anche la densità minerale ossea. La Nostra U.O., in collaborazione con l INT di Napoli, sta conducendo uno studio di fase III per confrontare gli effetti ossei del TAM vs Letrozolo, un AI di terza generazione non steroideo, come terapia adiuvante del carcinoma mammario ormono-responsivo (Hormonal adjuvant treatment Bone Effects HOBOE). Lo studio è in corso e gli effetti ossei di tali farmaci vengono valutati tramite prelievi per i marcatori di riassorbimento e formazione ossea e l esecuzione semestrale di MOC. Dati preliminari di confronto tra gli effetti endocrini dei farmaci in studio indicano inoltre che gli effetti endocrini del Letrozolo e del Tam sono significativamente differenti, con maggiore soppressione dell estradiolo e del cortisolo e livelli più alti di FSH, LH, progesterone e testosterone nelle pazienti trattate con Letrozolo sia in premenopausa (Rossi E et al, JCO Genn 08) che in postmenopausa (Rossi E et al JCO 09, in press). Gli effetti a lungo termine di queste diverse secrezioni ormonali ed le loro ripercussioni sul metabolismo osseo richiedono tuttavia ulteriori studi. Napoli, 20/21 Marzo 2009 Centro Congressi Federico II 27

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