Nota a Corte di Cassazione, Sez. II Penale, 12 ottobre 2011, ord. n A cura di Claudia Di Fiore

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1 Nota a Corte di Cassazione, Sez. II Penale, 12 ottobre 2011, ord. n A cura di Claudia Di Fiore SOMMARIO: 1. Premessa - 2. La vicenda processuale 3. Ricettazione ed incauto acquisto 4. L illecito amministrativo ex art. 1, comma 7, del D.L. n. 35/ Il concorso apparente di norme - 6. Gli orientamenti giuridici relativi ai rapporti tra l illecito amministrativo, ricettazione ed incauto acquisto 1. Con l ordinanza in commento, la Seconda Sezione penale della Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la trattazione di una tematica particolarmente controversa, relativa ai rapporti tra ricettazione, acquisto di cose di sospetta provenienza e l illecito amministrativo di cui all art. 1, comma 7, del D.L. 14 marzo 2005 n. 35, convertito con modificazioni nella legge 14 maggio 2005 n. 80, disposizioni convergenti sulla condotta di acquisto di merce contraffatta. In particolare, si tratta di stabilire se l illecito amministrativo possa essere considerato speciale solo rispetto alla contravvenzione di incauto acquisto, ovvero se possa ritenersi tale anche nei confronti del delitto di ricettazione. Pertanto, le Sezioni Unite sono chiamate a pronunciarsi sulla questione del concorso apparente di norme, affinché possano fornire ulteriori chiarimenti in ordine ai criteri per la sua risoluzione.

2 2. L imputato aveva tentato di acquistare su internet un orologio con marchio contraffatto prodotto in Cina, anche se non si era mai visto recapitare il pacco, che era stato sequestrato dalla dogana. Il Tribunale di Bergamo lo assolveva dal reato di tentata ricettazione, in quanto il fatto non è più previsto dalla legge come reato, essendo stato depenalizzato dall art. 1, comma 7, del D.L. n. 35/2005. Avverso tale decisione il Procuratore della Repubblica proponeva ricorso per Cassazione, poi convenuto in appello. La Corte d Appello di Brescia modificava la pronuncia di primo grado e, dopo aver concesso le attenuanti generiche e aver considerato la particolare tenuità del fatto, condannava l imputato, a due mesi di reclusione e a 200 Euro di multa per il reato di tentata ricettazione. Per tale motivo, il difensore dell imputato ricorreva in Cassazione dal momento che la legge 23 luglio 2009 n. 99, rimuovendo la clausola di sussidiarietà salvo che il fatto costituisca reato dall art. 1, comma 7, del D.L. 14 marzo 2005 n. 35, avrebbe depenalizzato la condotta di acquisto finale di prodotti con marchio contraffatto. Più precisamente tale modifica non avrebbe depenalizzato solamente la fattispecie di incauto acquisto (art. 712 c.p.), così come erroneamente affermato dalla Corte d Appello, ma anche il reato di ricettazione. Inoltre, il difensore osservava come dalla pagina internet interamente in inglese, non emergeva che si potesse trattare di contraffazione del marchio registrato, ma che fosse una semplice replica dell orologio, sussistendo in tal caso solamente l elemento soggettivo richiesto per la violazione amministrativa. Il ricorso veniva assegnato alla Seconda Sezione penale della Corte di Cassazione ed il Collegio, rilevando l esistenza di un contrasto interpretativo sulla questione sottoposta al suo esame, disponeva la trasmissione degli atti alle Sezioni Unite ai sensi dell art. 618 c.p.p.,

3 trattandosi di materia tanto delicata, che potenzialmente coinvolge migliaia di acquirenti di beni con marchi contraffatti. 3. Prima di entrare nel merito della questione, è opportuno soffermarsi sull analisi strutturale delle fattispecie di ricettazione ed incauto acquisto al fine di individuare il diverso ambito applicativo dei reati. Con la ricettazione, che si realizza attraverso l acquisto, la ricezione o l occultamento di cose "provenienti da qualsiasi delitto" ovvero l'intromissione in simili attività, il legislatore ha inteso colpire ogni acquisizione patrimoniale consapevolmente ottenuta o procurata in virtù di beni aventi origine delittuosa; in codesta visione e considerato altresì il fine di profitto nel quale si concreta il richiesto dolo specifico ("fine di procurare a sé o ad altri un profitto"), trova spiegazione l'inserimento della figura tra i reati contro il patrimonio, dovendosi al contempo riconoscere che la condotta tipica è idonea a rafforzare l'offesa arrecata con il fatto criminoso presupposto. Quest'ultimo, peraltro, può essere di qualsiasi natura e non necessariamente contro il patrimonio: il che è confermato dal termine "qualsiasi" (Cass. pen. Sez. Un., 7 giugno 2001, n ). Per quanto concerne l elemento soggettivo, è necessaria la volontarietà del fatto di acquistare, ricevere, occultare o intromettersi e deve sussistere la consapevolezza della provenienza illecita del denaro o delle cose: essa non deve necessariamente estendersi alla completa conoscenza delle circostanze di tempo, luogo e modo del reato presupposto, ma è sufficiente che qualsiasi persona di medio livello intellettuale sia in grado di ritenere certa la provenienza delittuosa della cosa mediante indizi rilevanti ed inequivocabili ( Cass. pen., sez. IV, 12 dicembre 2006, n. 4170; Cass. pen., sez. II, 19 aprile 2004 n ).

4 L acquisto di cose di sospetta provenienza, invece, in base all art. 712 c.p. punisce chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista, riceve a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato. La problematica dei rapporti tra ricettazione ed incauto acquisto è stata analizzata approfonditamente da autorevoli esponenti della dottrina. In particolare, per l Antolisei, l oggetto materiale dell incauto acquisto sarebbe costituito da cose di provenienza criminosa e da una situazione di sospetto sulla provenienza delle cose che può essere desunta in base alla qualità della cosa, alle condizioni dell offerente o al prezzo. La volontà di ricevere o acquistare la cosa e l inadempimento dell obbligo di accertarne la provenienza legittima rappresenterebbero l elemento soggettivo. Si configurerebbe invece il delitto di ricettazione quando ricorrono gli elementi del dolo diretto ed eventuale. Anche il Pettoello Mantovani si è espresso in tal senso, affermando che il discrimine tra i due reati sarebbe rappresentato solamente dall elemento soggettivo che consisterebbe nell ipotesi della ricettazione nel dolo diretto, quando vi è la certezza dell origine illecita, e nel dolo eventuale, nel caso di dubbio sulla provenienza delle cose. Di contro, la contravvenzione avrebbe carattere colposo e sussisterebbe quando vi è una condotta negligente nel percepire gli indici di sospetto delineati dalla norma. Altri studiosi hanno suggerito di interpretare l espressione proveniente da delitto come comprensivo sia dei delitti che delle contravvenzioni, intendendolo come illecito penale. Pur confermando il carattere colposo dell incauto acquisto, è stato tuttavia affermato che nella ricettazione assumerebbe rilevanza il solo dolo diretto, dal momento che la contravvenzione sembrerebbe idonea a ricomprendere al suo interno tutte

5 le ipotesi non rientranti nell area del dolo diretto e che il dubbio equivarrebbe a mancata conoscenza di un fatto già accaduto. Anche la giurisprudenza ha approfondito da tempo la questione relativa al discrimen tra il reato di ricettazione e quello di incauto acquisto. Secondo un orientamento certamente minoritario, nella ricettazione sarebbe necessario che il denaro o le cose acquistate, ricevute od occultate provengano da delitto, mentre nell incauto acquisto sarebbe sufficiente una situazione di sospetto qualificato sulla provenienza illecita, oggettivamente ipotizzabile per la qualità dei beni, per il loro prezzo o per la condizione dell offerente, a prescindere dalla percezione che ne abbia l imputato (Cass. pen. sez. II 16 luglio 1992 n. 8007; Cass. pen., sez. VI, 29 novembre 1993n ). Invece, l opposto filone interpretativo, certamente prevalente, ha ritenuto che il criterio discretivo tra ricettazione ed incauto acquisto sia rappresentato dall elemento soggettivo, che nella ricettazione è costituito dalla certezza della provenienza da delitto, mentre nella contravvenzione da un comportamento colposo consistente nel mancato accertamento della provenienza delittuosa (Cass. pen., sez. II, 9 giugno 1982 n. 5724). Tuttavia, l aspetto più problematico rimane l individuazione del diverso ambito applicativo dei reati nell ipotesi in cui il soggetto agente versi in uno stato psicologico di dubbio sulla provenienza della cosa che si accinge ad acquistare o a ricevere. Infatti, se sussiste certamente il reato di ricettazione nel caso in cui il soggetto agente sia certo della provenienza delittuosa della cosa e la contravvenzione di incauto acquisto nell ipotesi in cui non si rappresenti tale possibilità per negligenza, più difficile è l inquadramento del caso in cui il soggetto versi in uno stato intermedio tra il dolo diretto e la colpa.

6 Qualora si dovesse optare per la tesi della compatibilità tra dolo eventuale e ricettazione, l incauto acquisto disciplinerebbe solo le ipotesi colpose, mentre se si dovesse ritenere inammissibile il dolo eventuale, i casi di dubbio rientrerebbero nell area della contravvenzione. Da un lato, secondo l orientamento più risalente, la ricettazione sarebbe punibile solo a titolo di dolo diretto, dal momento che occorre, oltre al presupposto di fatto dell effettiva esistenza di un delitto da cui il denaro o le altre cose provengano, che l agente, al momento dell acquisto o della ricezione, pienamente consapevole dell origine delittuosa delle cose, volontariamente e coscientemente le abbia trasferite nella propria disponibilità, non essendo sufficiente che egli si sia rappresentata la possibilità di tale origine delittuosa per circostanze idonee a suscitare perplessità sulla lecita provenienza delle cose stesse (Cass. pen., sez. II, 2 luglio 1982, n. 1180). Pertanto, lo stato di dubbio ricadrebbe nell ambito della contravvenzione di incauto acquisto, sia nell ipotesi di mero sospetto, che nel caso dell accettazione del rischio sotto forma di dolo eventuale (Cass. pen., sez. II, 3 febbraio 2003 n. 5123). L opposto filone giurisprudenziale, invece, ha affermato che il reato di ricettazione può essere integrato in tutti i casi in cui la condotta dell agente sia sorretta da qualsiasi tipo di dolo, in quanto, essendo ogni delitto punibile a titolo di dolo, quest ultimo può assumere anche la forma di dolo eventuale. Infatti, confrontando il tenore letterale delle due norme non sembrerebbe che l art. 648 c.p. richieda che l agente si rappresenti come certa l illecita provenienza della res. Al riguardo, particolarmente rilevante sarebbe il testo dell art. 712 c.p., che sanziona non chi ha acquistato o ricevuto cose di cui sospetti la provenienza da reato, ma chi ha acquistato o ricevuto cose quando si abbia motivo di sospettare di tale provenienza. Il legislatore avrebbe configurato la contravvenzione di

7 incauto acquisto in termini di reato colposo, dal momento che avrebbe inteso punire la mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della res quando vi siano oggettive ragioni di sospetto sulla provenienza (Cass. pen., sez. II, 12 febbraio 1998, n. 3783; Cass. pen., sez. II, 2 aprile 2009, n ). Pertanto, quando dalla situazione fattuale si possa ritenere che non vi sia stata una semplice mancanza di diligenza ma una consapevole accettazione del rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, del tutto corretta risulta la configurabilità dell elemento soggettivo del delitto di ricettazione (Cass. pen., sez. II, 12 febbraio 1998, n. 3783), sotto forma di dolo eventuale. Sulla questione sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione con la nota sentenza n del 2010, in cui hanno ritenuto di non poter condividere nella loro assolutezza i due orientamenti, sottolineandone le relative insufficienze. Il Supremo Consesso ha contestato il primo filone giurisprudenziale, che ha eliminato dall ambito di operatività del reato di ricettazione il dolo eventuale, dal momento che è necessario distinguere il semplice sospetto da quelle situazioni soggettive che, pur non arrivando ad assumere la forma del dolo diretto, investono la provenienza della cosa in forme ben più impegnative di quella del mero sospetto. Infatti, la ratio della contravvenzione di incauto acquisto non è, come per il delitto di ricettazione, quella di punire l acquisto o la ricezione di cose di provenienza illecita, ma più semplicemente l acquisto di cose rispetto alle quali si abbia motivo di sospetto, senza aver compiuto i necessari accertamenti. Infatti, la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie non ritengono che, ai fini dell integrazione della contravvenzione di cui all art. 712 c.p., sia necessaria l effettiva provenienza delittuosa della cosa:

8 l incauto acquisto sussisterebbe anche quando, pur in presenza di motivi di sospetto, tale provenienza non venga accertata, dal momento che essa non rientra tra gli elementi di fattispecie descritti dall art. 712 c.p. Per tali motivi, le Sezioni Unite hanno affermato che la provenienza delittuosa non fa parte del relativo elemento soggettivo e che quindi non è sostenibile la tesi dell assorbimento nell incauto acquisto dei fatti di ricettazione sorretti da dolo eventuale. Sono i motivi di sospetto tipizzati, e non il sospetto,che caratterizzano l incauto acquisto, e sotto questo aspetto può dirsi che la differenza dalla ricettazione è strutturale. E possibile che nell agente venga ingenerato un sospetto, ma questo, quando ciò avviene, costituisce un fatto accidentale, che rimane estraneo alla struttura della contravvenzione. Per le Sezioni Unite, quindi, non sussistono argomentazioni in base alle quali nei casi di dolo eventuale dovrebbe ritenersi integrata la contravvenzione di incauto acquisto, dal momento che, essendo ogni delitto punibile a titolo di dolo e potendo esso assumere anche la forma di dolo eventuale, anche la ricettazione può essere punita a titolo di dolo eventuale. La Corte non ritiene di condividere neppure il secondo orientamento, che espungendo dalla fattispecie dell incauto acquisto le ipotesi di mero sospetto della provenienza delittuosa, estende eccessivamente l ambito di applicazione della ricettazione. Le Sezioni Unite, pertanto, mediando tra i due orientamenti, hanno ammesso la compatibilità del dolo eventuale con il delitto di ricettazione e hanno cercato di individuare l esatto criterio discretivo tra la ricettazione e l incauto acquisto, illustrando il relativo contenuto del dolo eventuale. In via preliminare, la Corte ha evidenziato che l elemento psicologico del reato è costituito da una componente rappresentativa e da una volitiva: la

9 prima deve riguardare il fatto nel suo complesso, quindi non solo l evento del reato, ma anche i suoi presupposti. Più precisamente, ai fini della sussistenza dell atteggiamento psicologico tipico del dolo eventuale, il soggetto agente deve rappresentarsi come certi o come possibili, non solo gli effetti della sua condotta, ma deve accettare anche l eventualità della provenienza delittuosa della cosa. L agente deve rappresentarsi come seriamente possibile l esistenza dei presupposti della condotta o la realizzazione dell evento e, nonostante ciò, decide di agire ugualmente, accettando il rischio di delinquere, pur di non rinunciare ai vantaggi che conseguono all azione. Alla luce di tali considerazioni, le Sezioni Unite hanno chiarito i contenuti del dolo eventuale, in quanto non può consistere in un mero sospetto sulla provenienza della cosa. Infatti si è affermato che occorrono per la ricettazione circostanze più consistenti di quelle che danno semplicemente motivo di sospettare che la cosa provenga da delitto, sicché un ragionevole convincimento che l agente ha consapevolmente accettato il rischio della provenienza delittuosa può trarsi solo dalla presenza di dati di fatto inequivoci, che rendano palese la concreta possibilità di una tale provenienza. In termini soggettivi ciò vuol dire che il dolo eventuale nella ricettazione richiede un atteggiamento psicologico che, pur non attingendo il livello della certezza, si colloca su un gradino immediatamente più alto di quello del mero sospetto, configurandosi in termini di rappresentazione da parte dell agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto (Cass. pen., Sez. Un., 30 marzo 2010 n ). Nel dolo eventuale, quindi, si richiederebbe un atteggiamento psicologico che non è costituito dal semplice motivo di sospetto, ma è necessaria una situazione fattuale che impone all agente una scelta consapevole tra l agire, accettando l eventualità di commettere una ricettazione, e il non

10 agire. Conclusivamente, le Sezioni Unite hanno sostenuto che il dolo eventuale rispetto alla ricettazione è ravvisabile quando l agente, rappresentandosi l eventualità della provenienza delittuosa della cosa, non avrebbe agito diversamente anche se di tale provenienza avesse avuta la certezza. L arresto delle Sezioni Unite permette di ricavare anche l ambito di applicabilità della contravvenzione di incauto acquisto. La ratio dell art. 712 c.p. è quella di sanzionare l acquisto o la ricezione di cose di cui si doveva sospettare la provenienza illecita senza aver effettuato i necessari accertamenti e non l acquisto o ricezione di cose di provenienza delittuosa. Dal punto di vista soggettivo, quindi, ciò che si rimprovera al soggetto agente è l atteggiamento negligente e di noncuranza nel verificare la provenienza della res, pur in presenza di oggettivi motivi di sospetto relativi alla provenienza. Invece, il delitto di ricettazione ricorre quando dalla situazione fattuale si possa ritenere che non vi sia stata solamente una mancanza di diligenza, ma una consapevole accettazione del rischio in ordine alla provenienza delittuosa della cosa acquistata o ricevuta. Il dolo eventuale della ricettazione è caratterizzato da un maggiore grado di adesione psicologica al fatto di reato rispetto al semplice sospetto della contravvenzione di incauto acquisto che può concretizzarsi in un atteggiamento di disattenzione. 4. Come sopra accennato, la questione rimessa alle Sezioni Unite ruota intorno alla corretta interpretazione dell art. 1, comma 7, del decreto legge 14 marzo 2005 n. 35, convertito con modificazioni nella legge 14 maggio 2005 n.80. Prima della modifica introdotta nel 2009, la disposizione stabiliva nella prima parte: Salvo che il fatto costituisca reato, è punito

11 con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a euro l acquisto o l accettazione, senza averne prima accertata la legittima provenienza, a qualsiasi titolo di cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà intellettuale. Quindi, per la presenza della clausola di sussidiarietà, risultava evidente l ambito di applicazione del reato di ricettazione, che poteva dirsi integrato nell ipotesi di sussistenza di tutti gli elementi della fattispecie delittuosa. Residuale, invece, era l applicazione dell illecito amministrativo, che ricorreva nel caso di chi acquistasse cose nella consapevolezza della loro provenienza illecita, ma non delittuosa, poiché in quest ultimo caso doveva ritenersi integrata la ricettazione. A seguito delle modifiche apportate dalla legge 23 luglio 2009 n. 99, l articolo è stato così sostituito: E punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro fino a 7000 euro l acquirente finale che acquista a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale. Come si può notare, la legge n. 99/2009 ha modificato la fattispecie e il trattamento sanzionatorio, ma ciò che più interessa nel caso di specie è la soppressione dell incipit salvo che il fatto costituisca reato : ciò rappresenta il nucleo fondamentale del ricorso in Cassazione del difensore dell imputato, secondo cui, nel caso di specie, sarebbe applicabile solamente l illecito amministrativo a causa della rimozione della clausola di sussidiarietà che avrebbe depenalizzato la condotta di acquisto di prodotti contraffatti.

12 La questione dei rapporti tra le fattispecie di ricettazione, incauto acquisto ed illecito amministrativo è stata già affrontata dalla Suprema Corte che, in una delle sue pronunce, si è preoccupata di chiarire la ratio della normativa speciale, rinvenibile nella volontà del legislatore di ampliare le possibilità di risposta all attività di contraffazione e di ricettazione di beni con marchi contraffatti ( Cass. pen., sez. II, 9 settembre 2009, n ). Peraltro, la sovrapponibilità tra il delitto, la contravvenzione e l illecito amministrativo ha dato luogo ad un concorso apparente di norme e ad un conseguente contrasto interpretativo, che secondo l ordinanza di rimessione, deve essere risolto alla luce del principio di specialità. 5. Prima di analizzare i due orientamenti giurisprudenziali, è necessario chiarire cosa si intende per concorso apparente di norme e quali sono i relativi criteri finora utilizzati per la sua risoluzione. La tematica si inserisce all interno del problema del concorso di reati, che si configura quando un soggetto agente è responsabile dell integrazione di più reati: esso può essere materiale, nell ipotesi di pluralità di condotte, o formale, nel caso di unicità della condotta. Il concorso apparente di norme ricorre quando sembra applicabile, nei confronti di un determinata condotta, una pluralità di disposizioni, mentre invece solamente una di esse può operare perchè altrimenti verrebbe addebitato più volte un accadimento unitariamente valutato dal punto di vista normativo, in contrasto col principio del ne bis in idem sostanziale posto a fondamento dell articolo 15 c.p. (Cass. pen., sez. Un., 7 giugno 2001, n ). I presupposti di tale conflitto sono, quindi, l esistenza di una medesima situazione di fatto e la apparente convergenza di una pluralità di norme che sembrano idonee a disciplinarla. Per questo motivo, bisogna individuare se si tratti di concorso reale o apparente mediante il

13 ricorso ai criteri di specialità, sussidiarietà e consunzione. Solamente il criterio di specialità risulta disciplinato dal codice penale, secondo cui: quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito, mentre invece gli altri due criteri sono stati elaborati dalla dottrina. La norma è speciale se, oltre a contenere tutti gli elementi costitutivi della norma generale, presenta ulteriori requisiti propri e caratteristici che hanno funzione specializzante. La giurisprudenza di legittimità si è spesso pronunciata sulla idoneità del principio di specialità a risolvere i problemi relativi al concorso apparente di norme. In alcune pronunce, il concetto di stessa materia è stato interpretato come identità del bene protetto dalle norme, in altre invece si è escluso il concorso apparente di norme sulla base del bene giuridico protetto dalle disposizioni apparentemente configgenti (Cass. pen., Sez. Un., 19 gennaio 2011 n. 1235). La giurisprudenza prevalente afferma che per stessa materia debba intendersi la stessa fattispecie astratta, lo stesso fatto tipico di reato nel quale si realizza l ipotesi di reato (Cass. pen., Sez. Un., 21 gennaio 2011, n. 1963), poiché il riferimento all interesse tutelato dalle norme incriminatrici non ha immediata rilevanza ai fini dell applicazione del principio di specialità, perché si può avere identità di interesse tutelato fra fattispecie del tutto diverse, come il furto e la truffa, offensive entrambe del patrimonio, e diversità di interesse tutelato tra fattispecie in evidente rapporto di specialità, come l ingiuria, offensiva dell onore, e l oltraggio a magistrato in udienza, offensivo del prestigio dell amministrazione della giustizia (Cass. pen., Sez. Un., 19 aprile 2007, n ).

14 Secondo una parte della giurisprudenza e della dottrina, il problema del concorso apparente di norme non può essere risolto ricorrendo al solo principio di specialità e per tale motivo, sarebbe necessario fare ricorso ad altri criteri, quello dell assorbimento o consunzione e quello della sussidiarietà. Il fondamento normativo di tale ricorso sarebbe costituito proprio dall art. 15 c.p., nella parte in cui dispone salvo che sia altrimenti stabilito. Altra parte della dottrina e giurisprudenza ritiene, invece, che l unico criterio applicabile sia quello della specialità. Il principio di consunzione esclude il concorso di reati nei casi in cui la realizzazione di un reato comporta, secondo l id quod plerumque accidit, quella di un secondo reato, che in base ad una valutazione normativosociale viene assorbito dal primo. E stato sostenuto che è consumante la norma il cui fatto comprende in sé il fatto previsto dalla norma consumata, e che perciò esaurisce l intero disvalore del fatto concreto. Il criterio di consunzione è basato, quindi, su un rapporto di valore tra le norme, in cui la valutazione negativa del fatto meno grave è già compresa nella norma che punisce il fatto più grave ed un eventuale applicazione di entrambe le norme comporterebbe una violazione del principio del ne bis in idem. Il principio di sussidiarietà sussiste invece tra norme che disciplinano gradi diversi di lesione di un medesimo bene giuridico, perciò, conseguentemente, l offesa minore rimane assorbita da quella maggiore e l applicazione di una disposizione rimane subordinata alla mancata applicazione dell altra. Spesso il legislatore adotta espressamente la clausola di riserva, mentre in altri casi la sussidiarietà si dovrebbe desumere implicitamente. Tuttavia, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ritenuto che i principi di sussidiarietà e consunzione sono tendenzialmente in contrasto

15 con il principio di legalità, in particolare con il principio di determinatezza e tassatività, perché fanno dipendere da incontrollabili valutazioni intuitive del giudice l applicazione di una norma penale (Cass. pen., Sez. Un., 20 dicembre 2005 n ). Pertanto, il principio di specialità rimarrebbe l unico criterio inconfutabile, essendo disciplinato dall art. 15 del codice penale. Tale criterio è applicabile anche in caso di concorso di norme tra fattispecie penali e violazioni amministrative, come nel caso di specie. Infatti, l art. 9 della legge 24 novembre 1981, n. 689, dispone che quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale. Si tratta di una significativa innovazione, in quanto il principio adottato in precedenza era, invece, quello del cumulo tra sanzione penale e sanzione amministrativa. In base alla attuale disciplina, quindi, una condotta, astrattamente riconducibile ad una fattispecie di reato, può integrare un illecito amministrativo nell ipotesi in cui siano presenti elementi specializzanti contenuti nella norma amministrativa. Alla luce di tale considerazione, la Seconda Sezione ha affermato nell ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite che, essendo stata eliminata la clausola di sussidiarietà dall art. 1, comma 7, del D.L. n. 35/2005, il problema dei rapporti tra l illecito amministrativo, la ricettazione e l incauto acquisto dovrebbe essere risolto mediante l applicazione del principio di specialità. 6. Sul tema sono emersi due orientamenti interpretativi. Secondo la prima tesi, l illecito amministrativo sarebbe speciale solo rispetto alla contravvenzione di incauto acquisto e non rispetto alla ricettazione. Infatti,

16 l art. 712 c.p. che punisce chi acquista a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato, risulterebbe generale rispetto alla violazione amministrativa, che sanziona l acquirente finale che acquista a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale. Come si può notare, la ratio dell illecito amministrativo è quella di sanzionare le stesse condotte della contravvenzione di incauto acquisto quando le cose provengano dalla violazione di illeciti specifici, tra i quali possono essere sicuramente incluse le norme in materia di contraffazione. Diversamente, il rapporto di specialità non sussisterebbe tra il delitto di ricettazione e l illecito ex art. 1, comma 7, del D.L. n. 35/2005, dal momento che la stessa ricettazione presenterebbe elementi specializzanti costituiti dalla provenienza delittuosa della cosa, dalla consapevolezza di tale provenienza e dal dolo specifico di ingiusto profitto. In aggiunta a ciò, sarebbe proprio l elemento psicologico ad impedire la sussistenza del rapporto di specialità tra la violazione amministrativa, che sanziona condotte colpose e il reato, punito a titolo di dolo. A tale tesi giuridica si oppone però un altra interpretazione, secondo cui l illecito amministrativo sarebbe speciale non solo rispetto all incauto acquisto, ma anche rispetto al delitto di ricettazione qualora le cose provenienti da reato siano il frutto della violazione delle norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale. A sostegno di tale tesi è stato affermato che tale seconda interpretazione sembrerebbe essere più conforme alla volontà del legislatore di escludere l applicazione di sanzioni penali all acquirente finale di prodotti con

17 marchi contraffatti o di origine e provenienza diversi da quella indicata. Inoltre, conseguenza della prima interpretazione sarebbe un eccessiva restrizione dell ambito di applicazione dell illecito amministrativo, circoscritto a casi di scuola, in quanto l acquirente finale di prodotti con segni falsi, non può ignorare, come nel caso dei venditori ambulanti, il fatto che la cosa rappresenti il frutto di una violazione delle norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale. Infine, è stato evidenziato come la violazione amministrativa sia solo apparentemente simile alla fattispecie di incauto acquisto, in quanto l elemento soggettivo della contravvenzione consiste nell avere motivo di sospetto, mentre nell illecito amministrativo l espressione inducano a ritenere potrebbe ben comprendere al suo interno sia le ipotesi di mero sospetto, sia quelle di consapevolezza della provenienza illecita del bene. Spetterà, quindi, alle Sezioni Unite il difficile compito di fornire una adeguata soluzione al contrasto interpretativo emerso con le conseguenti delucidazioni in ordine alla complessa questione del concorso apparente di norme e relativi principi applicabili.

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