STUDI, RICERCHE E INDAGINI PER CIRCOSCRIVERE LA PARASSITOSI CHE MINACCIA LE API E I LORO PRODOTTI. di Silvia Moronti *

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1 STUDI, RICERCHE E INDAGINI PER CIRCOSCRIVERE LA PARASSITOSI CHE MINACCIA LE API E I LORO PRODOTTI di Silvia Moronti * Il Varroa destructor è un acaro, parassita dell Apis cerana e dell Apis mellifera, che ha cominciato a diffondersi in occidente a partire dagli inizi del XX secolo, attraverso lo spostamento di alveari infetti, il commercio di api regine e la vendita di sciami di ignota provenienza, determinando una diffusione sempre più rapida della parassitosi. L espansione del Varroa destructor e l entità dei danni prodotti sulle api di tutto il mondo ha stimolato l avvio di numerosi programmi di ricerca. Una seria indagine sullo sviluppo e sulla relazione del Varroa con l ospite è in grado di fornire le informazioni più utili per l individuazione di tecniche di lotta efficaci e soprattutto innocue nei confronti delle api e dei loro prodotti. The Varroa destructor is a mite, a parasite of Apis cerana and Apis mellifera. This acarus began to spread in the Western world from the beginnings of the XXth century thanks to the movements of bee swarms from infected beehives, the trade of Queen bees and the sale of swarms of unknown origin. From then on parasitosis has spread rapidly. The expansion of the mite Varroa destructor and the entity of damage to bees worldwide have stimulated the beginning of several programmes of research. A serious survey of the development and the relations of the Varroa with its host could yield useful information to determine effective techniques to fight against the parasite which should above all prove innocuous for the bees and their products. Nelle regioni orientali della Russia il passaggio del Varroa dall ospite Apis cerana all Apis mellifera risale al 1905, in concomitanza dell inizio degli scambi commerciali favoriti dalla costruzione della ferrovia transiberiana da Mosca a Vladivostok. Si * Biologa, Scuola del Corpo forestale dello Stato di Cittaducale SILVÆ 189

2 presume che un simile cambiamento d ospite si sia affermato nella Russia orientale a partire dal 1952 nonché in Giappone nel 1957, anno in cui l Apis cerana importata dall Indonesia ebbe i primi contatti con l Apis mellifera presente sul posto dal 1877 (Smirnov A.M., 1978). Il commercio e lo scambio di api mellifere hanno contribuito successivamente a diffondere gli acari dal Giappone al Paraguay nel 1971 e al Brasile nel Un altra teoria sostiene che le prime api infestate arrivarono in America nel 1987 dalla Russia orientale attraverso l Europa (Oldroyd B.P., 1999). Figura 1 - Varroa destructor, acaro parassita di Apis mellifera A prescindere dal percorso di diffusione del Varroa, la situazione attuale dell America latina, soprattutto del Brasile, è certamente interessante e molto particolare. In questi Paesi infatti oltre alla presenza degli acari del ceppo giapponese e del ceppo coreano, occorre segnalare la coesistenza di due diverse specie di api. Unitamente alle Apis mellifera, 190 SILVÆ

3 introdotte nel continente americano solo nel XVII secolo con l obiettivo di migliorare la produzione di miele sino allora basata sui modesti raccolti ottenibili con api Melipone, è possibile trovare api c.d. africanizzate derivanti dall incrocio delle prime con api importate dall Africa, più resistenti al clima equatoriale. A tale proposito è interessante notare la maggiore tolleranza delle api africanizzate e delle api del miele del Brasile rispetto a quelle europee all acaro del ceppo giapponese (De Jong D. et al., 1987). La diffusione del Varroa è attualmente in espansione e non è escluso che riesca a raggiungere anche le colonie di api sino ad ora rimaste immuni, come quelle della Nuova Zelanda, dell Australia e di alcune regioni dell Africa (Oldroyd B.P., 1999). È infatti noto come alcune popolazioni di Varroa sull A. cerana sono state trovate in Australia (nel Torres Straits) e potrebbero diffondersi in seguito ad un cambio dell ospite (Oldroyd B.P., 1999). D altra parte anche l acaro Varroa che parassita popolazioni di A. cerana della Nuova Guinea e che sembra essere innocuo nei confronti dell A. mellifera (Anderson D.L., 1994), potrebbe venire a contatto con un ospite diverso e potrebbe evolversi in un ceppo virulento, oppure potrebbe rapportarsi con colonie di A. mellifera infestate. In sud America infine, dove la diffusione del parassita è abbastanza contenuta, il Varroa potrebbe espandersi enormemente nelle colonie di api se il ceppo giapponese dell acaro, che non ha mai provocato mortalità nelle colonie di api africanizzate e che sembra essere anche poco patogeno sulle api europee, divenisse meno competitivo del ceppo coreano più virulento con il quale esso convive (Oldroyd B.P., 1999). Morfologia Il Varroa è un acaro foretico ectoparassita, ovvero un parassita esterno che si avvale dell ospite come veicolo per i suoi spostamenti da una colonia all altra di api. Tale insetto invade intere covate di api operaie e di fuchi nelle quali si riproduce incidendo sulla sopravvivenza dell ospite con la produzione di effetti di varia intensità. SILVÆ 191

4 Studi recenti (Anderson D. et al., 2000) sul DNA mitocondriale di acari provenienti da diverse zone dell Asia, sembrano evidenziare l esistenza di cinque o sei specie sorelle del Varroa jacobsoni scoperto da Jacobson nel L acaro conosciuto con questo nome è in realtà appartenente alla specie Varroa destructor in grado di riprodursi sulla Apis mellifera a differenza della specie che ha conservato il nome di Varroa jacobsoni parassita esclusivo della Apis cerana. Morfologicamente la femmina del Varroa si presenta di colore rosso-brunastro, ellissoidale (forma adatta al parassitismo e alla foresia) con dimensioni di 1,5-2 mm di larghezza e 1-1,5 mm di lunghezza (Fries I. et al., 1994). Il maschio ha invece una forma più rotondeggiante, non adatta al parassitismo, è di colore bianco-grigiastro e possiede dimensioni inferiori rispetto alla femmina (Figura 2). Figura 2 - Femmina di Varroa adulta vista ventralmente (a sinistra) e anteriormente (a destra); maschio adulto visto ventralmente (in basso) L acaro presenta quattro paia di zampe robuste, ricoperte di peli e setole che terminano con una ventosa. L apparato boccale è di tipo pungente succhiante ed è provvisto di cheliceri, cioè lame dentate che lacerano il tegumento delle api e delle larve per permettere l estrazione dell emolinfa dell ospite. Nel maschio, come verrà spiegato successivamente, l apparato boccale non ha la funzione alimentare ma viene uti- 192 SILVÆ

5 lizzato al solo scopo riproduttivo. Nelle femmine, invece, l orifizio genitale è situato vicino alla placca genitoventrale. Si ritiene che il Varroa (così come altre specie parassite), a differenza della maggior parte delle specie degli acari delle api che è saprofaga o cleptofaga, si sia evoluto da acari predatori di api senza pungiglione (Meliponinae) appartenenti ad un gruppo comprendente dodici generi della famiglia Laelapidae (Eickwort G.C., 1994). Ciclo biologico L individuo chiave nello sviluppo del Varroa nelle celle di covata delle api del miele, è la femmina adulta fecondata. Questa si riproduce esclusivamente in una cella di covata, in genere dopo un periodo foretico. La femmina adulta sverna infatti sul corpo delle api operaie riunite in glomere ed inizia la propria attività riproduttiva quando le condizioni climatiche diventano idonee all apparire della prima covata delle api. La durata della fase foretica dipende, secondo gli apicoltori, da diversi fattori tra cui appunto le condizioni climatiche, il periodo dell anno (la foresia è più breve in primavera e più lunga in estate), le variazioni di umidità (il Varroa necessita di ambienti molto umidi). Durante la fase foretica, il Varroa si nutre dell emolinfa dell ape adulta introducendo i suoi stiletti boccali attraverso la cuticola. Il Varroa può vivere su tutte le api (a volte anche sulla regina) ma si è osservato che preferisce le api giovani, in particolare le nutrici, probabilmente perché si serve di queste per entrare nelle cellette prima dell opercolatura. L entrata nella cella deve avvenire in un momento ben preciso e costituisce quindi un passaggio critico nella vita del Varroa. Le fondatrici infestano la covata di api operaie e di fuchi rispettivamente nelle 15 ore e nelle 45 ore precedenti all opercolatura (Oldroyd B.P,. 1999). I fattori che provocano e che influenzano l entrata del Varroa nella covata non sono completamente noti, tuttavia l attrattività chimica sembra essere un fattore essenziale. Con l utilizzo dell olfattometro è stato infatti dimostrato in alcuni casi come il Varroa sia attratto maggiormente da un flusso di aria passato su un gruppo di larve di fuco piuttosto che da un flusso di aria pulita. Tale ipotesi non sembra però essere confermata da esperimenti si- SILVÆ 193

6 milari i quali non hanno portato a risultati analoghi. Nelle api operaie, comunque, la femmina adulta dell acaro, entrata nella cella, scivola lentamente tra la larva e la parete della cella stessa (Figura 3). Figura. 3 - Ciclo riproduttivo del Varroa in una cella di Apis mellifera operaia. La fondatrice, 60 ore circa dopo l opercolatura, depone il primo uovo sulla parete della cella. Tale uovo non fecondato darà origine ad un maschio mentre altre uova (cinque o più), deposte ad intervalli di circa 30 ore e fecondate, daranno vita a femmine. Le uova del Varroa si schiudono in poco più di 30 ore e le larve, passando attraverso le fasi di protoninfa e deutoninfa, subiscono una serie di trasformazioni sino al raggiungimento della forma adulta. 220 ore dopo l opercolatura il maschio e la prima femmina adulta si accoppiano vicino al cumulo fecale. Dopo poche ore anche le altre femmine saranno pronte per l accoppiamento. A 300 ore dall opercolazione, l ospite emerge dalla cella con la fondatrice e con le femmine fecondate mentre le femmine immature ed il maschio muoiono nella cella. In seguito all opercolazione, la fondatrice si immerge nel nutrimento destinato alla larva dell ape nel fondo della cella e vi rimane per circa 5 ore. La respirazione dell acaro avviene tramite strutture respiratorie modificate che permettono la sopravvivenza dell insetto anche nel cibo larvale. In questo intervallo di tempo la larva dell ape inizia a nutrirsi e successivamente si appresta alla tessitura del bozzolo. Il Varroa sale allora sulla larva e si nutre per la prima volta dell emolinfa dell ospite. Sembra inoltre che gli acari siano in grado di nutrirsi anche di piccole quantità di polline, gelatina reale e miele. Quando il bozzolo è tessuto, l ape entra in una fase preninfale immo- 194 SILVÆ

7 bile, durante la quale la Varroa fondatrice costruisce un accumulazione fecale. La fondatrice percorre tutta la parete della cella prima di scegliere un posto per defecare e per le defecazioni successive tornerà sempre nello stesso punto. Come vedremo, l accumulazione fecale rivestirà una grande importanza, sia per la fondatrice sia per la sua discendenza. Dopo essersi nutrita sull ape, la fondatrice, 60 ore circa dopo l opercolatura, depone il primo uovo sulla parete della cella proprio sotto all opercolo, luogo ove è improbabile che venga danneggiato dalla muta dell ospite. Tale uovo non fecondato darà origine ad un maschio mentre altre uova (cinque o più), deposte successivamente ad intervalli di circa 30 ore e precedentemente fecondate, daranno vita a femmine. Le uova del Varroa si schiudono entro ore e le larve, passando attraverso le fasi di protoninfa e deutoninfa, subiscono una serie di trasformazioni sino al raggiungimento della forma adulta. Il maschio adulto è pronto ad accoppiarsi già dopo 190 ore dalla deposizione. L accoppiamento avviene necessariamente con le femmine generate dalla stessa fondatrice non appena queste abbiano raggiunto la maturità (Donze G. et al., 1994). Il luogo prescelto per l accoppiamento con la prima femmina è quasi sempre vicino al punto di accumulazione fecale, il quale pertanto sembra rivestire una importanza nodale nel favorire l incontro tra gli acari. Quando anche la seconda figlia raggiunge la maturità, il maschio lascia subito la prima per accoppiarvisi, e ciò si ripete sino a quando tutte le femmine della covata non abbiano raggiunto la maturità e siano state fecondate. Contrariamente a quanto si supponeva in passato, è stato osservato che la femmina di Varroa può essere fecondata solo nella cella dove è nata giacché subito dopo l accoppiamento una parte del suo apparato genitale regredisce al punto di impedire ogni possibilità di accoppiamento futuro. Dunque, se in una cella il maschio dovesse morire prima dell accoppiamento, le femmine rimarranno necessariamente e irreversibilmente sterili e non fecondate. Nel momento in cui l ape sfarfalla le femmine adulte fecondate, così come la fondatrice, usciranno dalla cella con l ape stessa iniziando una fase foretica. Le figlie ancora immature, invece, non possedendo un appa- SILVÆ 195

8 rato boccale sufficiente a forare il tegumento delle api, sopravviveranno solo per poco tempo dopo lo sfarfallamento dell ape. Anche i maschi del Varroa sono destinati a morire dopo lo sfarfallamento dell ape in quanto il loro apparato boccale, modificato per l accoppiamento e per il trasporto degli spermatozoi, è troppo delicato e debole per arrivare a lacerare la cuticola dell insetto. Il numero di cicli di riproduzione di una femmina di Varroa è ancora oggetto di discussione. In condizioni artificiali, si è potuto dimostrare che una fondatrice può superare gli 8 cicli, anche se normalmente questa non va oltre gli 1,5-3 cicli (Martin S.J. et al., 1997). Relazione ospite-parassita L Apis cerana, ospite originario del Varroa diffuso nelle regioni dell Asia sudorientale, intrattiene un rapporto equilibrato con l acaro. Grazie a diversi meccanismi di difesa propri di queste api ancora in fase di studio, l acaro riesce a riprodursi soltanto in misura limitata su questi ospiti e prevalentemente nelle covate di fuchi (Oldroyd B.P., 1999). Poiché nelle colonie delle Apis cerana non sempre la covata dei fuchi è presente, e se presente risulta comunque molto limitata, gli acari trovandosi nell impossibilità di riprodursi, devono necessariamente sopravvivere foreticamente sulle api operaie. Interessante è notare come la capacità del Varroa di riprodursi e di diffondersi in altre celle dopo lo sfarfallamento dell ospite sia ridotta del 28% nelle celle dei fuchi rispetto a quelle delle api mellifere operaie. I fuchi inoltre sembrano spesso in grado di identificare ed eliminare direttamente il parassita, con un comportamento da considerare alla stregua di un fattore di tolleranza (Fries I. et al., 1996). Si noti infine che pure gli acari che parassitano le Apis mellifera preferiscono le celle di fuco sebbene siano in grado di riprodursi efficacemente anche nelle celle delle api operaie (Martin S.J., 1995). Come detto, non è chiaro il meccanismo di attrattività della covata anche se, da un punto di vista chimico, questo sembra essere più intenso nelle celle di fuco (Le Conte et al., 1989). È però certo come l acaro che indirizzi la propria scelta verso tali cellette, risulti sicuramente favorito nella fase riproduttiva visto che in 196 SILVÆ

9 esse il tempo di opercolatura è decisamente maggiore rispetto a quello delle covate di operaie. Ed infatti normalmente da una cella di fuco possono fuoriuscire da due a quattro Varroa feconde, a differenza delle celle di operaie in cui solo una o due femmine feconde normalmente seguono le api nello farfallamento. Sebbene il rapporto tra il Varroa e l Ape cerana non abbia conseguenze patogene, l effetto del parassita sulle api mellifere è catastrofico principalmente a causa della diffusione di microrganismi e virosi che penetrano attraverso le ferite prodotte dalla lacerazione dei tessuti delle api. Sembra infatti che il Varroa sia vettore ed attivatore di diversi virus, in particolare del virus delle ali deformi e della paralisi acuta. Il virus delle ali deformi ha una progressione lenta mentre il virus della paralisi acuta determina la morte delle api colpite nel giro di pochi giorni. Il Varroa non solo determina il trasferimento dei virus dalle api malate a quelle sane, ma con la propria saliva sembra indurre un immunodeficienza nell ape ospite la quale non è quindi più in grado di opporre ai virus efficaci barriere difensive. Ricerche per arginare la diffusione dell acaro Purtroppo i trattamenti chimici utilizzati per arginare la diffusione dell acaro non hanno costituito la soluzione definitiva al problema varroasi soprattutto per l elevato rischio di sviluppo di resistenza del parassita agli acaricidi utilizzati. Infatti i trattamenti determinano automaticamente la selezione di eventuali mutanti capaci di sopravvivere. È auspicabile invece che la ricerca sull argomento venga indirizzata soprattutto ad approfondire lo studio di ceppi di api resistenti al Varroa, cercando in tal modo di individuare i fattori che stimolano e determinano la tolleranza al parassita. Ad esempio, una breve durata di opercolatura è stata spesso indicata come un importante fattore di tolleranza delle api al parassita. In particolare, studi sulla cronologia dello sviluppo dell acaro hanno dimostrato che la maggior parte delle api mellifere operaie fuoriescono dalla cella dopo circa 280 ore dall opercolazione, mentre la prima femmina adulta di acaro appare dopo circa 233 ore dalla chiusura dell opercolo e la seconda dopo 258 ore (Rosenkranz P. e Engles W., 1994). Per tal motivo due o tre femmine SILVÆ 197

10 del Varroa possono accoppiarsi ed essere fecondate prima dello sfarfallamento dell ape. Basandosi su questi studi, si potrebbe arrivare a selezionare geneticamente dei ceppi di A. mellifera con tempi di sviluppo più corti con un conseguente influsso frenante sull aumento delle popolazioni di acari. Studi recenti hanno tuttavia minimizzato l importanza del periodo c.d. di postcapping sulle dinamiche di riproduzione del parassita (Martin S., 1998). Nella lotta contro il Varroa potrebbe sicuramente rivelarsi utile ampliare le conoscenze circa i casi di mortalità dei maschi degli acari, molto numerosi nell A. mellifera. Questo significherebbe infatti ottenere femmine non fertili non in grado di riprodursi, neanche nelle celle di ospiti nuovi (Martin S. et al., 1997). La sterilità delle femmine del Varroa come probabile fattore di tolleranza al parassita è stata analizzata anche in colonie di api africanizzate del Messico le quali sembrano possedere una discreta resistenza agli attacchi dell insetto. Il tasso di fertilità si è rilevato tuttavia relativamente costante sia nelle colonie di api africanizzate, sia in quelle europee tanto da non permettere di spiegare per questa via la riscontrata tolleranza di alcuni ceppi di api nei confronti dei parassiti. Ulteriori approfondimenti meriterebbe anche il meccanismo di attrattività della covata. Comprendere in che modo la ridotta attrattività di una covata vada ad influire sulle possibilità di riproduzione del Varroa porterebbe da un lato a spiegare la tolleranza di alcune colonie di api, dall altro contribuirebbe alla elaborazione di un efficace strategia di lotta contro l acaro. A tale proposito infatti occorre ricordare come sia stata osservata una inferiore attrattività delle covate di api africanizzate del Messico, tolleranti al Varroa, rispetto a quella delle covate delle api europee. Una ricerca in questa direzione nonché lo studio comparativo sulle sostanze chimiche e sugli ormoni prodotti dalle larve e dagli adulti delle api, potrebbero dunque fornire elementi fondamentali per la lotta al parassita. Su questa linea Anderson e Fuchs (1998) hanno evidenziato come api del miele australiane, attaccate dagli acari presenti su popolazioni di api diffuse in Germania, non venissero invece infestate da acari della Nuova Guinea. 198 SILVÆ

11 La differenza osservata non è stata attribuita in tale situazione a differenze ambientali bensì direttamente all incapacità di alcuni ceppi di Varroa di riconoscere il segnale ormonale dell ospite che spinge la femmina adulta del parassita alla deposizione delle uova. Purtroppo, anche se sono state avanzate ipotesi sugli ormoni di crescita della larva (Hanel H. et al., 1986) e sul kairomone (Oldroyd B.P., 2000), si è ancora lontani dal dimostrare quali siano le modalità di azione delle sostanze attivanti tale meccanismo. Unitamente ai fattori sopra esaminati, il comportamento di auto-pulizia ed allo-pulizia (spulciamento) riscontrato in alcuni ceppi di api potrebbe essere considerato un ulteriore determinante fattore di tolleranza. Al riguardo è stato infatti osservato che nell ape africanizzata del Messico la tendenza allo spulciamento sia molto più evidente rispetto a quella delle api europee. Sul punto è stato però recentemente dimostrato come tale comportamento si risolva per il Varroa principalmente in un cambio d ape e non, come era stato suggerito inizialmente, in un eliminazione dell acaro. Per questo motivo è doveroso segnalare che molti autori contestano l importanza dello spulciamento come elemento di ricerca per la sconfitta del Varroa. Un fattore di tolleranza al Varroa degno di maggiore interesse sembra invece essere il comportamento di pulizia della covata e della cella infestata da parte delle api. Le api africanizzate del Messico mostrano marcatamente tale comportamento il quale risulta presente in maniera evidente anche nei fuchi delle api cerane. Individuando le basi genetiche e chimiche di tale atteggiamento, si potrebbe giungere a selezionare dei ceppi di api resistenti al Varroa. Infine, nella ricerca potrebbero essere valutati altri fattori fino ad ora poco considerati riguardanti le dinamiche delle popolazioni dell acaro. Ad esempio, quanti più Varroa invadono la stessa celletta, tanto più il numero di discendenti per ogni parassita diminuisce per il probabile effetto di fattori inibenti rilasciati dalla larva dell ape o dal Varroa stesso. Tali fattori, se identificati, potrebbero essere utilmente impiegati per ridurre il tasso riproduttivo dell acaro e contenere l infestazione. Un ulteriore soluzione contro le varroasi potrebbe consistere nella messa a punto anche di un controllo biologico virale. SILVÆ 199

12 L individuazione di un virus patogeno in grado di sviluppare una attività tossica diretta selettivamente contro l acaro parassita potrebbe infatti contribuire in modo definitivo alla soluzione del problema (Van der Geest L.P. et al., 2000). Molti sono dunque i campi della ricerca che necessiterebbero di una maggiore attenzione e di un più ampio approfondimento, in primo luogo lo studio della biologia, del comportamento del Varroa e del rapporto ospite-parassita, punti sicuramente nodali per l individuazione di una soluzione efficiente e radicale delle varroasi. Bibliografia ANDERSON, D.L. (1994) - Non-reproduction of Varroa jacobsoni in: Apis mellifera colonies in Papua New Guinea and Indonesia. Apidologie 25: In: Oldroyd B.P. (1999) Coevolution while you wait: Varroa jacobsoni, a new parasite of western honeybees. Tree 14: ANDERSON, D.L. - FUCHS, S. (1998) - Two genetically distinct populations of Varroa jacobsoni with contrasting reproductive abilities on Apis mellifera. Journal of Apicolture Research. In: OLDROYD, B.P. (1999) - Coevolution while you wait: Varroa jacobsoni, a new parasite of western honeybees. Tree 14: ANDERSON, D.L. - TRUEMAN, J.W.H. (2000) - Varroa jacobsoni (Acari: Varroidae) is more than one species. Exp Appl Acarol 24: DE JONG,D.- SOARES, A.E.E. (1997) - An isolated population of italian bees that has survived Varroa jacobsoni infestation without treatment for over 12 years. Am. Bee Journal 137: In: OLDROYD, B.P. (1999) - Coevolution while you wait: Varroa jacobsoni, a new parasite of western honeybees. Tree 14: DONZE,G.- GUERIN, P.M. (1994) - Behavioral attributes and parental care of Varroa mites parasitizing honeybee brood. Behavioural Ecol. and Sociobiol. 34: In: OLDROYD, B.P. (1999) - Coevolution while you wait: Varroa jacobsoni, a new parasite of western honeybees. Tree 14: SILVÆ

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