REGIONE LAZIO AZIENDA OSPEDALIERA COMPLESSO OSPEDALIERO SAN GIOVANNI ADDOLORATA

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2 PREFAZIONE Il presente documento è stato elaborato dal Dott. Ivano Massari e dal Dott. Marco Simone del Servizio di Prevenzione e Protezione Aziendale, sotto la super visione della Responsabile SPP Dott.ssa Francesca Pofi, in ottemperanza a quanto prescritto dall art. 36 del D.Lgs. 81/08 ed è indirizzato a tutti i dipendenti di questa Azienda Ospedaliera al fine di fornire un informazione sui principali rischi di natura occupazionale presenti nelle attività proprie dei lavoratori della Sanità. Quanto esposto è frutto della Valutazione dei rischi effettuata all interno della nostra Azienda, dell esame dei dettati normativi e dell applicazione delle procedure interne, tenendo conto della letteratura tecnico scientifica in materia. Lo scopo del lavoro è quello di fornire al dipendente, al momento del suo inserimento lavorativo, elementi per una corretta informazione sui rischi professionali; tale documento consegnato ed illustrato dettagliatamente all interessato, da parte del SPP, non è da considerarsi esaustivo dei temi proposti, ma intende porsi come ausilio per la prevenzione dei rischi professionali prevalenti nell attività quotidiana e fornire alcune indicazioni sugli accorgimenti per lavorare in sicurezza, con un azione preventiva partecipata come indicato dalla normativa. A tale documento seguiranno approfondimenti formativi con corsi specifici sui rischi a cui è esposto il lavoratore. Settembre

3 INDICE C A P I T O L O 1 Gli attori della prevenzione pag. 7 Il Datore di lavoro I Dirigenti, i Preposti, i Lavoratori, loro compiti, Il Servizio di Prevenzione e Protezione (S.P.P.), i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (R.L.S.), Il Medico Competente C A P I T O L O 2 I fattori di rischio in sanità ( e non solo ) pag. 16 Definizione I fattori di rischio C A P I T O L O 3 Il rischio biologico pag. 18 Definizione Agente biologico Microrganismo Coltura cellulare Classificazione agenti biologici Danni potenziali Rischio effettivo e rischio potenziale Infezioni trasmissibili per via parenterale Infezioni trasmissibili per via aerea. Infezioni trasmissibili per via enterale (ingestione) Infezioni trasmissibili per contatto cutaneo Misure di prevenzione e protezione C A P I T O L O 4 Il rischio chimico pag. 25 Definizione I simboli Le etichette Le sostanze chimiche pericolose presenti in ambiente sanitario Effetti o danni per la salute Il rischio Misure di prevenzione e protezione I Rischi speciali 3

4 C A P I T O L O 5 Il rischio chimico - biologico derivato dai rifiuti sanitari pag. 31 Definizione Classificazione dei rischi Presidi sanitari acuminati o taglienti Rifiuti sanitari a rischio infettivo Rischio chimico Rischi per la salute negli operatori Misure di prevenzione e protezione C A P I T O L O 6 Il rischio Fisico: pag Rumore, 2. Laser, 3. Radiazioni ionizzanti, 4. Radiazioni ultraviolette, 5. Ultrasuoni, 6. Radiofrequenze e microonde. C A P I T O L O 7 Il rischio ergonomico nella movimentazione manuale ed assistita dei carichi Definizione Aspetti fisiopatologici e rischi lavorativi Misure di prevenzione e protezione La prevenzione della lombalgia pag.51 C A P I T O L O 8 Rischio da ambiente di lavoro: pag Illuminazione, 2. Microclima, 3. Condizionamento aria, 4. Inquinamento indoor, 5. Spazi. C A P I T O L O 9 Il rischio da allergie pag. 56 Definizione I fattori di rischio Misure di prevenzione e protezione 4

5 C A P I T O L O 10 Rischio da uso di videoterminali pag. 58 Definizione Rischi evidenziati dalla analisi Ambiente di lavoro Postazione di lavoro Misure di prevenzione C A P I T O L O 11 Rischio architettonico e strutturale pag. 70 Definizione Tipi di rischio Misure di prevenzione e protezione Misure comportamentali C A P I T O L O 12 Rischi per la salute legati a stampanti laser fotocopiatrici e toner pag. 72 Premessa Emissioni di stampanti laser e fotocopiatrici Caratteristiche delle emissioni di stampanti laser e fotocopiatrici Disturbi della salute Conclusioni Misure di Prevenzione e Protezione Provvedimenti in caso di esposizione elevata a polvere di toner C A P I T O L O 13 Rischio elettrico pag. 77 Generalità Effetti dovuti al passaggio della corrente elettrica sul corpo umano Misure comportamentali da utilizzare nei luoghi di lavoro C A P I T O L O 14 Procedura per la lotta antincendio pag. 81 Procedura per l evacuazione: istruzioni per i lavoratori La Gestione delle Emergenze L organizzazione delle squadre di emergenza 5

6 C A P I T O L O 15 I rischi trasversali (Stress lavoro-correlato) pag. 83 Definizione Il rischio psicologico e da stress Sindrome del BURN-OUT Il mobbing Il rischio psicosociale sul lavoro Il processo di mobbing Alla ricerca di soluzioni antimobbing C A P I T O L O 16 Rischio derivante dall esposizione al fumo passivo pag. 90 Generalità Misure di prevenzione e protezione La competenza dei dirigenti in ordine all'applicazione del divieto di fumo C A P I T O L O 17 Dispositivi di Protezione Individuale e presidi medici di protezione pag. 91 Definizione I dispositivi di protezione individuale (dpi) Dispositivi di protezione individuale e presidi medici di protezione : CODICE A - Protezione delle vie respiratorie CODICE B - Protezione degli occhi e del volto CODICE C - Protezione delle mani e degli arti superiori CODICE D - Protezione dei piedi e degli arti inferiori CODICE F - Protezione del capo CODICE G - Protezione del corpo KIT di EMERGENZA per rischio da agenti biologici C A P I T O L O 18 Le forme e i colori della sicurezza pag. 97 I segnali della sicurezza Segnali di obbligo Segnali di divieto Segnali di pericolo Segnali antincendio Segnali di sicurezza Segnali di informazione CONCLUSIONI pag

7 CAPITOLO 1 Gli attori della prevenzione Il D.Lgs. 81/08 definisce con precisione le misure generali che devono essere adottate per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori; in sintesi queste sono: La valutazione dei rischi; La programmazione della prevenzione; L abbattimento/contenimento dei rischi attraverso: Eliminazione (in relazione alle conoscenze ed al progresso tecnico/scientifico); Riduzione al minimo (ove non sia possibile l eliminazione); Sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o lo è di meno; Limitazione del numero dei lavoratori esposti; Misure di protezione collettiva e individuale; Segnaletica di sicurezza; Regolare manutenzione; Misure di emergenza. L informazione e la formazione; La sorveglianza sanitaria. La prevenzione diventa funzione essenziale di ogni azienda all edificazione della quale sono chiamate, a diverso titolo, tutte le figure aziendali. 7

8 Nello specifico i nuovi attori della prevenzione sono chiamati a svolgere le sotto riportate funzioni: Datore di lavoro: (Direttore Generale Dott. Gian Luigi Bracciale) Per Datore di Lavoro si intende il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l assetto dell organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell organizzazione stessa o dell unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell ubicazione e dell ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo di vertice medesimo. Dirigenti: (Dirigenti Responsabili di Centri di Responsabilità) I Dirigenti sono persone dipendenti che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura degli incarichi, attuano le direttive del Datore di Lavoro organizzando l attività lavorativa e vigilando su di essa. Preposti: Persone dipendenti che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti dei poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell incarico conferitogli (Capo Sala, Capo Tecnico, Capo Ufficio, ecc.) sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori. Lavoratori: Operatori titolari di rapporto di lavoro. Obblighi del datore di lavoro non delegabili: designare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione; valutare tutti i rischi ed elaborare un apposito documento, come previsto dall Art. 28, avvalendosi della collaborazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione e del medico competente, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; Obblighi del datore di lavoro e del dirigente: nominare il medico competente nei casi in cui è obbligatoria la sorveglianza sanitaria; individuare le misure di prevenzione e protezione; custodire in azienda il suddetto documento; adottare le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori; designare i lavoratori addetti al servizio antincendio ed ai servizi di emergenza; aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi; 8

9 affidare i compiti ai lavoratori in relazione alle loro capacità ed alla loro salute; fornire ai lavoratori le procedure di sicurezza per lo svolgimento delle attività lavorative loro affidate; fornire ai lavoratori gli adeguati mezzi di protezione; fare in modo che soltanto i lavoratori che hanno avuto adeguate istruzioni possano accedere alle zone che li espongono a rischio grave o specifico; richiedere ai lavoratori l'osservanza delle norme di sicurezza e l uso dei mezzi di protezione; richiedere al medico competente l osservanza dei suoi obblighi; adottare le misure di controllo per il rischio in caso di emergenza e istruire i lavoratori sull abbandono del posto di lavoro in caso di pericolo grave o di emergenza; informare i lavoratori, in caso di pericolo grave o immediato, circa il rischio stesso e circa le misure di prevenzione; si deve astenere, salvo casi eccezionali, dal chiedere ai lavoratori di riprendere il lavoro in situazioni in cui persista uno stato di pericolo; permettere ai lavoratori di verificare, tramite il rappresentante per la sicurezza l applicazione delle misure di prevenzione; prendere misure di prevenzione per evitare rischi per la popolazione ed inquinamento dell ambiente; tenere il registro degli infortuni; consultare il rappresentante per la sicurezza sulla valutazione dei rischi, sulla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nell unità produttiva, sulla designazione degli addetti al servizio di protezione, prevenzione e sull organizzazione della formazione in materia di sicurezza per i lavoratori; adottare le misure necessarie per far fronte alle situazioni di emergenza; ripetere la valutazione dei rischi ed aggiornare il relativo documento in caso di modifiche del processo produttivo, di utilizzo di nuove macchine, attrezzature o sostanze pericolose. Il datore di lavoro continua ad essere responsabile dell attuazione delle misure di sicurezza e delle norme relative alla corretta informazione dei lavoratori circa i rischi collegati alle mansioni da essi svolte, nonché dalla loro formazione, anche nel caso in cui deleghi altre persone ad operare in sua vece (dirigenti e preposti). Obblighi dei preposti: In riferimento alle attività competenze, indicate all articolo 3, i preposti, secondo le loro attribuzioni e devono: sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti; verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico; richiedere l osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa; 9

10 informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione; astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato; segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta; frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall articolo 37. Il datore di lavoro può delegare dirigenti o preposti a svolgere in sua vece alcuni adempimenti a carico e la delega è ammessa con i seguenti limiti e condizioni: che essa risulti da atto scritto recante data certa; che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate; che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate; che essa attribuisca al delegato l autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate; che la delega sia accettata dal delegato per iscritto. Alla delega deve essere data adeguata e tempestiva pubblicità e non esclude l obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. La vigilanza si esplica anche attraverso i sistemi di verifica e controllo. È altresì possibile la sub-delega. La sub-delega da parte di un dirigente, di un capo ufficio, di un capo direttore, etc., è ammissibile in materia di prevenzione e protezione a condizioni che si deleghi anche la conseguente capacità di spesa; il subdelegato è responsabile in via concorrente od in esclusiva solo quando dispone di tale effettiva capacità di spesa. È evidente che occorre valutare attentamente e puntualmente per ciascuna divisione, direzione, settore, reparto, etc., il sistema di deleghe in materia di prevenzione e sicurezza. Al datore di lavoro rimane l obbligo alla sorveglianza sull operato del delegato. Obblighi dei Lavoratori Anche i lavoratori hanno precisi obblighi in fatto di sicurezza. Essi debbono prendersi cura della loro salute e di quella delle altre persone presenti nei luoghi di lavoro, conformemente alla propria formazione, alle istruzioni ricevute ed ai mezzi messi a disposizione dal datore di lavoro. I lavoratori sono tenuti a: contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; 10

11 osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale; utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonché i dispositivi di sicurezza; utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione; segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi (DPI) nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo; non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori; partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro; sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente. Il Servizio di Prevenzione e Protezione Aziendale Responsabile SPP: Dott.ssa Francesca Pofi Addetti SPP: TdP Francesco Arcaro, CPSE Capo Sala Ivano Massari, CTP Marco Simone, CTP Fabrizio Longhi, CPS Infermiere Guido Agli, Op. Tec. Pietro Longo. Compiti del servizio di prevenzione e protezione Il servizio di prevenzione e protezione organizzato dal datore di lavoro nell Azienda provvede a: all individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell organizzazione aziendale; ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui all articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure; ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali; a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori; a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, nonché alla riunione periodica di cui all articolo 35; fornire ai lavoratori le informazioni dovute in materia di prevenzione e protezione. Affinché il servizio di prevenzione e protezione possa svolgere i suoi compiti, il datore di lavoro fornisce ad esso informazioni in merito alla descrizione degli impianti e dei processi produttivi; la natura dei rischi; l organizzazione del lavoro, la programmazione e l attuazione delle misure preventive e protettive; 11

12 la descrizione degli impianti e dei processi produttivi; i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza. Il servizio di prevenzione e protezione è utilizzato dal datore di lavoro per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro. Pertanto, deve essere messo in condizione di operare efficacemente attraverso tutte le possibili informazioni sulla natura dei processi organizzativi e produttivi e sui cambiamenti o variazioni che si verificano nel tempo. Gestione delle emergenze Le emergenze verificabili in un luogo di lavoro e per le quali il legislatore ha dato una espressa regolazione sono: rischio di incendio; pronto soccorso; evacuazione in caso di necessità ed emergenza. Per cui la legge dispone che il datore di lavoro designi squadre di lavoratori con compiti di primo intervento ed elabori il piano di emergenza ed evacuazione. Nella nostra Azienda sono stati formati e designati un numero di lavoratori (187) destinati a comporre le squadre destinate alla gestione delle emergenze; inoltre è stato elaborato dal Servizio di Prevenzione e Protezione uno specifico Piano di Emergenza ed Evacuazione, che contiene tra l altro le procedure, le istruzioni, l organizzazione, ecc. adottate per la tutela dei lavoratori e dei terzi presenti nei luoghi di lavoro. Addetti alle squadre per la gestione delle emergenze Allo stato attuale, in funzione delle modifiche organizzative ( es nuova dislocazione ai piani degli addetti all emergenza), saranno programmati sia nuovi corsi di formazione (per integrare il personale già formato e nominato) degli Addetti Antincendio sia un corso di aggiornamento in materia di antincendio per ogni unità operativa con supporto didattico on-line. I Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) Aziendali Nominativi: Sig. Valter Abramo, Sig. Francesco Giancola, Sig Roberto Loriga, Sig. Massimo Mattei, Sig. Franco Ricci, Sig. Romolo Truglia, Sig. Fabio Vulpiani, Sig. Franco Zumpano. Attribuzioni del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza 1. Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni; é consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unità produttiva; é consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti al servizio di prevenzione, alla attività di prevenzione incendi, al primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente; é consultato in merito all organizzazione della formazione di cui all articolo 37; 12

13 riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti alle sostanze ed ai preparati pericolosi, alle macchine, agli impianti, alla organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni ed alle malattie professionali; riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza; riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a quella prevista dall articolo 37; promuove l elaborazione, l individuazione e l attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l integrità fisica dei lavoratori; formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti, dalle quali é, di norma, sentito; partecipa alla riunione periodica di cui all articolo 35; fa proposte in merito alla attività di prevenzione; avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività; può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro. 2. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi e degli spazi necessari per l esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli, anche tramite l accesso ai dati, di cui all articolo 18, comma 1, lettera r), contenuti in applicazioni informatiche. Non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali. 3. Le modalità per l esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale. 4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua richiesta e per l espletamento della sua funzione, riceve copia del documento di cui all articolo 17, comma 1, lettera a). 5. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dei lavoratori rispettivamente del datore di lavoro committente e delle imprese appaltatrici, su loro richiesta e per l espletamento della loro funzione, ricevono copia del documento di valutazione dei rischi di cui all articolo 26, comma Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza é tenuto al rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e del segreto industriale relativamente alle informazioni contenute nel documento di valutazione dei rischi e nel documento di valutazione dei rischi di cui all articolo 26, comma 3, nonché al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell esercizio delle funzioni. 7. L esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza é incompatibile con la nomina di responsabile o addetto al servizio di prevenzione e protezione. Il designato quale rappresentante per la sicurezza deve avere la consapevolezza che il suo ruolo è fondamentale per una corretta applicazione delle norme di tutela della salute e dell integrità fisica dei lavoratori. Egli dovrà svolgere una funzione prevalentemente collaborativa con il datore di lavoro, con il servizio di prevenzione e protezione, con il medico competente e con tutte le altre figure, interne ed esterne all impresa, che siano in qualche modo coinvolte nel processo di salvaguardia della salute e della sicurezza. 13

14 Sarà, dunque, necessario che dedichi grande attenzione alla conoscenza delle fondamentali norme in materia di sicurezza, che si sottoponga con scrupolo ai corsi di formazione che saranno a lui riservati e che abbia un costante rapporto con i suoi compagni di lavoro. Proprio nei confronti dei lavoratori il rappresentante della sicurezza deve svolgere anche un ruolo di stimolo per fare in modo che si crei una diffusa e generalizzata sensibilità ai temi della sicurezza e della salute. Svolge, inoltre, un ruolo attivo nel promuovere ed indirizzare le attività formative e deve farsi portavoce delle esigenze in materia di sicurezza dei lavoratori della sua azienda o della sua unità produttiva. Medico Competente: Dott. Amleto Pasquale Preite Per ogni lavoratore sottoposto alla propria sorveglianza sanitaria il Medico Competente deve: effettuare gli accertamenti sanitari ritenuti necessari (sia preventivi che periodici); effettuare visite mediche su richiesta dei lavoratori solo se giustificate sulla base dei rischi professionali; informare gli stessi lavoratori degli accertamenti svolti e, se specificatamente richiesto, rilasciargli copia dei risultati, previa illustrazione del loro significato; istituire sia una cartella sanitaria e sia una cartella di rischio, con salvaguardia del segreto professionale. Obblighi del Medico Competente Il medico competente: collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro. Collabora inoltre alla attuazione e valorizzazione di programmi volontari di promozione della salute, secondo i principi della responsabilità sociale; programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati; istituisce, aggiorna e custodisce, sotto la propria responsabilità, una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria; tale cartella è conservata con salvaguardia del segreto professionale e, salvo il tempo strettamente necessario per l esecuzione della sorveglianza sanitaria e la trascrizione dei relativi risultati, presso il luogo di custodia concordato al momento della nomina del medico competente; consegna al datore di lavoro, alla cessazione dell incarico, la documentazione sanitaria in suo possesso, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo del 30 giugno 2003, n. 196, e con salvaguardia del segreto professionale; consegna al lavoratore, alla cessazione del rapporto di lavoro, copia della cartella sanitaria e di rischio, e gli fornisce le informazioni necessarie relative alla conservazione della medesima; l originale della cartella sanitaria e di rischio va conservata, nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, da parte del datore di lavoro, per almeno dieci anni, salvo il diverso termine previsto da altre disposizioni del presente decreto; fornisce informazioni ai lavoratori sul significato della sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad 14

15 accertamenti sanitari anche dopo la cessazione della attività che comporta l esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; informa ogni lavoratore interessato dei risultati della sorveglianza sanitaria di cui all articolo 41 e, a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria; comunica per iscritto, in occasione delle riunioni di cui all articolo 35, al datore di lavoro, al responsabile del servizio di prevenzione protezione dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori; visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all anno o a cadenza diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi; la indicazione di una periodicità diversa dall annuale deve essere comunicata al datore di lavoro ai fini della sua annotazione nel documento di valutazione dei rischi; partecipa alla programmazione del controllo dell esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria; comunica, mediante autocertificazione, il possesso dei titoli e requisiti di cui all articolo 38 al Ministero della salute entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. 15

16 CAPITOLO 2 I fattori di rischio in sanità ( e non solo ) Definizione Il RISCHIO è la probabilità che si verifichi un determinato fenomeno, nella fattispecie un evento che può comportare un danno all integrità psico-fisica dell operatore durante l attività lavorativa. L entità del RISCHIO è definita dalla probabilità che si verifichi un evento negativo rapportata alla gravità del danno che ne può derivare all operatore. La VALUTAZIONE del RISCHIO predisposta ai sensi degli articoli 28 e 29 del D.Lgs. 81/08 e rivisitata periodicamente, in conseguenza di modificazioni ai processi lavorativi, identifica e quantifica laddove tecnicamente e scientificamente possibile le situazioni che comportano presenza di rischi lavorativi residui. L INFORTUNIO: rappresenta spesso il concatenarsi di eventi sfavorevoli che hanno provocato un danno all operatore. Lo studio delle cause di infortunio rappresenta una fonte importante di informazioni per l implementazione, ove possibile, di misure di prevenzione utili alla riduzione della probabilità di accadimento di incidenti e conseguentemente di eventi infortunistici. 16

17 I fattori di rischio L assistenza sanitaria è una attività complessa nella quale gli operatori sono chiamati a svolgere una molteplicità di funzioni e ciò li espone a svariati rischi professionali: legati all ambiente (impianti, strutture, apparecchiature) all organizzazione del lavoro (es lavoro a turno) all attività sanitaria propria (assistenza al malato). Sono di seguito riportati i principali rischi lavorativi identificati nelle varie realtà aziendali: RISCHIO BIOLOGICO RISCHIO CHIMICO RISCHI DERIVANTI DAI RIFIUTI SANITARI (biologico/chimico) RISCHIO FISICO RISCHIO ERGONOMICO (nella movimentazione manuale ed assistita dei carichi) RISCHIO DA AMBIENTE DI LAVORO RISCHIO DA ALLERGIE RISCHIO DA USO DI VIDEOTERMINALI RISCHIO ARCHITETTONICO E STRUTTURALE RISCHIO PER LA SALUTE LEGATO ALLE STAMPANTI LASER RISCHIO ELETTRICO RISCHIO INCENDIO (procedura per la lotta antincendio) RISCHI TRASVERSALI RISCHIO DERIVANTE DALL ESPOSIZIONE AL FUMO PASSIVO 17

18 CAPITOLO 3 Il rischio biologico Definizione L esposizione ad agenti infettanti può causare infezione e malattia. Le conseguenze possono essere diverse in relazione alla natura dell agente, alla via di infezione ed alla recettività dell ospite. L infezione può essere localizzata o generalizzata e i sintomi possono comparire dopo pochi giorni o dopo mesi o anni. Le conseguenze possono essere lievi o molto gravi, temporanee o persistenti. Diversi microrganismi vengono considerati scarsamente patogeni o innocui, ma spesso anche questi possono provocare malattia in soggetti deboli o immunodepressi. Le colture possono contaminarsi accidentalmente con microrganismi patogeni o essere etichettate erroneamente, per cui tutti i microrganismi, e non solo quelli riconosciuti come patogeni, dovrebbero essere maneggiati con attenzione. Qualsiasi materiale biologico può contenere agenti infettanti, pertanto sono sottoposti al rischio tutti i laboratori che lavorano campioni biologici e non soltanto quelli microbiologici. Agente biologico Qualsiasi microorganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni. Microrganismo Qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o di trasferire materiale genetico. Coltura cellulare Il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi pluricellulari. Il D.Lgs. 81/08 affronta in maniera specifica il rischio conseguente all esposizione ad agenti biologici, non solo per le attività che ne comportano l utilizzo diretto ( uso deliberato) ma anche per quelle in cui la loro presenza è occasionale ( esposizione potenziale), come nell attività assistenziale nei luoghi di ricovero e cura. Tutti gli ambienti di lavoro ove vengono svolti interventi sanitari presentano un rischio di potenziale esposizione ad agenti biologici. Gli Operatori Sanitari durante l attività lavorativa corrono il rischio potenziale di acquisire infezioni da agenti biologici patogeni venendo a contatto con i pazienti o con i loro liquidi biologici. La conoscenza del rischio biologico e degli agenti biologici che lo determinano, della loro modalità di trasmissione e delle precauzioni standard da adottare e il loro rigoroso rispetto sono le principali misure di prevenzione ( consultare linee guida per il controllo del rischio biologico e la prevenzione del contagio professionale presenti in intranet SPP-Rischio biologico). 18

19 In ambiente ospedaliero i microrganismi patogeni pericolosi con i quali gli operatori sanitari entrano più frequentemente in contatto sono: Virus dell epatite B (HBV); Virus dell epatite C (HCV); Virus dell AIDS (HIV); Micobacterium tubercolosis (tubercolosi); Tali agenti biologici, tutti appartenenti al gruppo 3 della sotto indicata classificazione, possono causare malattie gravi e costituiscono un serio rischio per i lavoratori. L art. 268 della normativa sopracitata classifica gli agenti biologici in quattro gruppi, in ordine crescente in base al rischio di infezione. D. Lgs. 81 (art.268) CLASSIFICAZIONE DEGLI AGENTI BIOLOGICI (L allegato XLVI del D.Lgs. contiene l elenco degli agenti biologici classificati). AGENTE BIOLOGICO DEL GRUPPO 1 Basso rischio individuale e collettivo. Agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani. AGENTE BIOLOGICO DEL GRUPPO 2 Moderato rischio individuale e collettivo. Agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; poco probabile che si propaghi nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche. Es.: C. tetani, K. pneumoniae, S. enteritidis, Enterovirus. AGENTE BIOLOGICO DEL GRUPPO 3 Elevato rischio individuale e basso rischio collettivo. Agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituire un serio rischio per i lavoratori; può propagarsi nella comunità; ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche. Es.: M. tuberculosis, Virus della sindrome di immunodeficienza umana (AIDS), B. melitensis, Y. Pestis. AGENTE BIOLOGICO DEL GRUPPO 4 Elevato rischio individuale e collettivo. Agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituire un serio rischio per i lavoratori; può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili di norma efficaci misure profilattiche o terapeutiche. Es.: Arenavirus, Virus Ebola, Virus Marburg. Danni potenziali Gli operatori della sanità, in misura diversa in relazione alla mansione svolta sono soggetti al rischio di contatto accidentale con liquidi biologici potenzialmente contaminati quali: sangue, liquido peritoneale, pleurico, sinoviale, amniotico e colture virali. La contaminazione può avvenire per contatto accidentale di cute o mucose o soprattutto attraverso punture, tagli o ferite causati da presidi appuntiti o taglienti normalmente utilizzati nell attività assistenziale (aghi, bisturi, ecc.) e per via aerea (per es.: tbc polmonare) attraverso le minute goccioline, dette anche droplet, generate da colpi di tosse, starnuti ecc.. 19

20 I banchi da lavoro, la strumentazione, il vestiario e le superfici in genere possono rimanere contaminati per diversi giorni nel caso siano in causa germi sporigeni. Il contatto con microrganismo patogeno non sempre è sufficiente a provocare un infezione che dipende da vari fattori, alcuni dipendenti dal soggetto e altri dall agente patogeno, ma anche dalla modalità con cui si è verificato l incidente. È opportuno ricordare che la cute integra è già un ottima barriera protettiva e quindi in caso di incidente è fondamentale valutare la tipologia espositiva. In ogni caso è importante considerare ogni situazione come potenzialmente a rischio di lesione o di esposizione a sangue o altro materiale potenzialmente infetto, pertanto ove possibile: attuare metodi sicuri per l uso e lo smaltimento di strumenti medici appuntiti e rifiuti contaminanti ( la pratica di ri-incappucciare l ago è assolutamente vietata) usare dispositivi medici dotati di meccanismi di sicurezza usare i Dispositivi di protezione individuali L utilizzo corretto di Dispositivi di Protezione Individuale abbassa notevolmente il rischio di contagio, è comunque indispensabile utilizzare con attenzione la strumentazione in vetro e gli oggetti acuminati, prevenendo qualsiasi minima escoriazione, mantenere l ambiente pulito ed ordinato, effettuare con la massima attenzione la manipolazione dei microrganismi e/o del materiale biologico ed in caso di dispersione accidentale di materiale biologico su banchi di lavoro o sul pavimento, cospargere con disinfettante. Il rischio Il rischio biologico può essere effettivo o potenziale. Rischio effettivo: È presente in quelle attività in cui avviene un uso deliberato o intenzionale di agenti biologici quali: le attività di ricerca o sperimentazione le attività del Laboratorio le prove biologiche su animali o cellule Rischio potenziale: Nelle attività in cui la presenza di agenti biologici è un evenienza possibile, vi è un potenziale rischio di esposizione agli agenti biologici. La maggior parte delle strutture sanitarie è compresa in questa seconda categoria: Ospedali; Strutture territoriali; Attività domiciliari. Tutti i soggetti a cui viene fornita assistenza sanitaria unitamente ai relativi effetti personali, devono essere considerati potenzialmente infetti ed infettanti. 20

21 I momenti e le situazioni a maggiore rischio sono le seguenti ( verificare le azioni a rischio linee guida SIMLII e ministero del salute): tutte le attività che comportano l utilizzo di oggetti appuntiti e/o taglienti: iniezioni intramuscolari, prelievi, terapie infusionali. lo smaltimento di aghi, taglienti, biancheria e rifiuti; la detersione e disinfezione di materiale tagliente; la manipolazione e trasporto di materiale biologico (sangue, feci, urine, espettorato ecc.); le attività chirurgiche, incluse le medicazioni; le attività di laboratorio quali pipettamento, striscio su vetrini, utilizzo di apparecchiature diagnostiche potenzialmente contaminate, utilizzo di vetreria; tutte le manovre invasive compiute sul paziente, cioè l accesso a tessuti, cavità ed organi del paziente. Gli operatori sanitari possono contrarre infezioni, in seguito all esposizione ad agenti biologici in ambito lavorativo, per via: parenterale ( contatto accidentale con liquidi biologici infetti) aerea enterale (per ingestione) cutanea Infezioni trasmissibili per via parenterale Tali infezioni (tra le più pericolose e frequenti ricordiamo quelle da epatite virale B e C e da HIV) possono instaurarsi in seguito al contatto accidentale con liquidi biologici infetti. Le modalità d infezione più frequenti sono le seguenti: Lesioni della cute non protetta o non adeguatamente protetta provocate da aghi, bisturi o da altri strumenti contaminati. Contaminazione della mucosa degli occhi e/o della bocca mediante lo schizzo di liquidi biologici contaminati. Infezione mediante il contatto della cute delle mani caratterizzata da lesioni o abrasioni con materiale contaminato. Il personale a maggior rischio espositivo è rappresentato da medici, biologi, infermieri, ed altro personale (tecnici e personale ausiliario). Le attività lavorative a maggior rischio sono: i prelievi ematici, l applicazione e rimozione delle fleboclisi, il trattamento emodialitico, gli interventi chirurgici, le operazioni di pulizia e di smaltimento dei rifiuti in ambito ospedaliero, ed in generale, tutte le manovre invasive ove per manovra invasiva si intende l accesso a tessuti, cavità ed organi in cui sia necessario il superamento della barriera mucocutanea. Il rischio di infezione in ambito lavorativo può essere favorito da: Manovre e procedure non corrette quali il reincappucciamento di aghi contaminati, l infissione dell ago nel deflussore o nei raccordi della flebo, l uso non corretto dei contenitori di sicurezza per lo smaltimento di aghi e taglienti (contenitori troppo pieni, allontanamento di aghi e taglienti in sacchetti di plastica facilmente perforabili). 21

22 Mancato utilizzo di Dispositivi di Protezione Individuali, DPI (guanti, mascherina, occhiali, visiera paraschizzi ecc ). Un cenno particolare va fatto al rischio di contrarre il tetano, tossinfezione che si può contrarre mediante ferite anche di lieve entità con taglienti contaminati dalla spora tetanica da parte del personale non protetto (in particolare personale ausiliario e addetto alle cucine e personale addetto ai servizi tecnici e ai magazzini sanitari). La vaccinazione antitetanica costituisce insieme alle immunoglobine l unico intervento preventivo nei confronti di questa tossinfezione. Infezioni trasmissibili per via aerea L infezione per via aerea può avvenire direttamente attraverso le goccioline di saliva emesse da pazienti (droplets) con i colpi di tosse, starnuti o con la normale conversazione. La patologia più temibile per gli operatori sanitari è la tubercolosi polmonare. Altre malattie molto importanti sono la meningite, la polmonite e la sepsi batterica, l infezione da Streptococco beta emolitico di gruppo A e infezioni virali da Adenovirus, influenza, parotite epidemica, rosolia. Il personale a maggior rischio espositivo è rappresentato da medici, infermieri e personale ausiliario impiegato nei reparti di malattie infettive e nei reparti di pediatria. L utilizzo di Dispositivi di Protezione Individuali (mascherina) e la copertura vaccinale nei confronti delle malattie principali (tubercolosi, rosolia, meningite, influenza) consente la riduzione del rischio. Infezioni trasmissibili per via enterale (ingestione) Attualmente la malattia di maggior importanza dal punto di vista epidemiologico è l epatite virale A. Il personale a maggior rischio espositivo è rappresentato da medici, infermieri e ausiliari dei reparti di degenza, addetti allo smaltimento dei rifiuti solidi e liquidi ospedalieri, addetti alla manutenzione degli impianti ospedalieri. La protezione avviene mediante l accurato lavaggio delle mani, l utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale (guanti); la prevenzione si esegue con la vaccinazione antiepatite A. Infezioni trasmissibili per contatto cutaneo Alcune infezioni possono diffondersi attraverso un contagio cutaneo direttamente (da cute a cute) o indirettamente (attraverso oggetti come gli effetti letterecci) da pazienti infetti con agenti biologici infettivi che vivono e si replicano negli strati della pelle. Il personale a maggior rischio espositivo è rappresentato da medici, infermieri e ausiliari dei reparti di degenza. La protezione avviene mediante l accurato lavaggio delle mani e l utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale (guanti). 22

23 Misure di prevenzione e protezione La prevenzione del rischio biologico si attua in particolar modo attraverso l applicazione dei protocolli e procedure specifiche vigenti in Azienda. Le precauzioni universali sono state emanate in Italia nel 1989 e sono state rese obbligatorie nel 1990 (DM 28/09/90). Sono misure da adottare per prevenire l esposizione parenterale, cutanea e mucosa nei casi in cui si preveda un contatto accidentale con liquidi biologici. Sono quindi indirizzate a tutti gli operatori sanitari e devono essere applicate a tutti i pazienti sia durante l esecuzione di procedure assistenziali, diagnostiche e terapeutiche sia quando si manipolano strumenti o attrezzature che possono essere contaminate da materiale biologico. L uso di abbigliamento di protezione, dei DPI per la protezione delle mani ed arti superiori, degli occhiali di protezione, dei sistemi per la protezione dell apparato respiratorio e del viso sono fattori determinanti nel contenimento del rischio potenziale. I guanti di protezione sono presenti in tipologie e materiali costruttivi diversi a cui corrispondono diverse indicazioni d uso. Devono essere usati nella taglia idonea per permettere maggiore sensibilità e destrezza nel movimento. Allo scopo di prevenire reazioni irritative o allergiche è preferibile utilizzare i guanti depolverati (anche se indossabili con minor facilità) o privi di lattice in presenza di allergia a detto agente. Abbigliamento: (camici, casacche, manicotti, etc.) devono essere indossati per procedure assistenziali che possono causare imbrattamento esteso; disponibili in tipologie diverse, monouso (in tessuto/non tessuto) o in tessuto (di solito cotone) con protezione frontale, collo alto, polsi stretti e chiusura nella parte posteriore. Protezione per occhi - Disponibili in forme di: mascherine con visiera, schermi facciali, occhiali; la trasmissione di patogeni quali HBV, HCV e HIV è stata ampiamente dimostrata specialmente durante interventi chirurgici, irrigazioni, estubazioni, uso di apparecchiature con sangue sotto pressione, a seguito di massicce contaminazioni di mucose, tra le quali la più a rischio è senza dubbio quella congiuntivale. Gli occhiali da vista non garantiscono una protezione adeguata perché non coprono sufficientemente l occhio. Gli occhiali protettivi sono studiati in modo da avere superficie protettiva più estesa (superiori e laterali, e qualche modello può essere indossato anche sopra a quelli da vista). Protezione delle vie respiratorie e del viso - I sistemi accessibili sono le mascherine chirurgiche monouso, nate per la tutela del paziente e che hanno scarsa efficacia per la protezione degli operatori da agenti biologici a trasmissione aerea (ad esempio tubercolosi) per i quali sono indispensabili mascherine (Facciali Filtranti) di tipo FFP2 o FFP3 a seconda dell attività svolta. Queste maschere, non monouso, assicurano una protezione per un tempo variabile, rilevabile dalle informazioni che la ditta produttrice riporta sulla confezione del dispositivo e dalle condizioni d uso e ambientali. Vaccinazione del personale sanitario - La vaccinazione antiepatite B è tra le più efficaci, in grado di dare una risposta anticorporale proteggente in circa il 95% dei casi. E sicura, e va incentivata al massimo tra gli operatori sanitari. 23

24 La vaccinazione antitubercolare, ora non più obbligatoria per legge per tutti gli operatori sanitari, è rimasta d obbligo solamente per chi opera in ambiente sanitario ad alto rischio di esposizione a ceppi multifarmacoresistenti oppure che, in caso di cuticonversione, presenti controindicazioni all uso della terapia preventiva (DPR 465/01). Tale vaccinazione è da ritenersi poco adeguata a proteggere gli operatori sanitari dal rischio di malattia tubercolare professionale (indice di cuticonversione del 50-70%), pertanto sono sempre da rispettare, anche dai soggetti vaccinati, le norme di precauzione dal contagio da agenti infettivi air borne come nel caso di contatto con pazienti sicuramente o potenzialmente infetti di tubercolosi. È fortemente consigliata, per gli operatori sanitari, anche la vaccinazione anti-influenzale, da ripetersi annualmente. È d obbligo la vaccinazione antitetanica per il personale addetto alle manutenzioni, alle pulizie; è raccomandata per personale del DEA (Pronto Soccorso). In ogni caso è opportuno attivare la procedura elaborata dal Medico Competente, Servizio di Prevenzione e Protezione e Direzione Sanitaria Aziendale in caso di infortunio da esposizione ad agente biologico. 24

25 CAPITOLO 4 Il rischio chimico Definizione Il rischio chimico è definito come la probabilità che una sostanza o un preparato allo stato solido, liquido o gassoso, presente durante l attività lavorativa, possa interagire con l organismo, generando effetti e/o danni per la salute. Sostanza Per sostanza si intende l elemento chimico e suoi composti allo stato naturale o ottenuto mediante lavorazione industriale, eventualmente contenente gli additivi necessari alla sua immissione sul mercato. Preparato Il preparato è, invece, il miscuglio o la soluzione, composta da due o più sostanze. Sostanza Pericolosa Con la denominazione di sostanza pericolosa si intende, sia la sostanza che il preparato, nonché il rifiuto ove pericoloso. La pericolosità di una sostanza è determinata dagli effetti nocivi che essa ha sull organismo umano. Alcune sostanze possono presentare dei rischi causati dalle loro caratteristiche intrinseche, quali, ad esempio, il rischio d esplosione, d incendio o d infiammabilità. L esposizione al rischio può essere accidentale, come nei casi ora menzionati, o abituale quando il lavoratore è esposto con frequenza alla sostanza pericolosa. Le sostanze e i preparati che vengono considerati pericolosi sono: gli esplosivi E ; i comburenti O (che a contatto con altre sostanze, provocano una forte reazione esotermica); gli estremamente infiammabili F+ ; i facilmente infiammabili F ; gli infiammabili; i molto tossici T+ ; i tossici T (che per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea possono comportare rischi gravi, acuti o cronici, ed anche la morte); i nocivi Xn (che per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono comportare rischi di gravità limitata); i corrosivi C ; gli irritanti Xi ; i sensibilizzanti; i cancerogeni; i mutageni (di agente chimico o fisico capace di indurre mutazioni genetiche); tossici per il ciclo produttivo. 25

26 I Simboli 26

27 Le etichette Le sostanze, opportunamente etichettate, devono essere conservate in contenitori e locali idonei. L imballaggio e l etichettatura delle sostanze pericolose sono disciplinati da apposite norme legislative. L etichetta deve riportare in modo sintetico il nome della sostanza, le proprietà fisico-chimiche, l indicazione e il simbolo di pericolosità. Vengono inoltre riportate in etichetta ulteriori informazioni relative ai rischi, in fase di utilizzo, ed ai consigli d uso. Queste ulteriori informazioni sono sintetizzate nella lettera R (ovvero di Rischio) e nella lettera S (consigli di Prudenza). Inoltre, tali lettere, sono sempre affiancate da un numero che evidenzia il grado di pericolo da cui ci dobbiamo difendere o il grado di attenzione da porre. Riportiamo qui sotto alcuni esempi di Rischio e consigli di Prudenza: R10 Infiammabile R22 Nocivo per ingestione R23 Tossico per inalazione R36 Irritante per gli occhi R45 Può provocare il cancro R49 Può provocare il cancro (per inalazione) S2 Conservare fuori dalla portata dei bambini S15 Conservare lontano dal calore S18 Manipolare ed aprire il recipiente con cautela S20 Non mangiare né bere durante l impiego S37 Usare guanti adatti S43 In caso di incendio usare S50 Non mescolare con. La legislazione considera sostanze cancerogene solo quelle con rischio R45 ed R49. Si dovrà prestare la massima attenzione anche durante la manipolazione di sostanze con rischio R46, R47 ed R48 (possibili alterazioni genetiche e gravi danni per la salute della prole). È inoltre prescritto che tutte le sostanze chimiche siano accompagnate, da parte di chi le produce e le commercializza, da una scheda di sicurezza, copia della quale deve essere disponibile sul luogo di utilizzo del prodotto. 27

28 Le sostanze chimiche pericolose presenti in ambiente sanitario Nelle strutture sanitarie possiamo elencare le seguenti possibili esposizione a sostanze chimiche pericolose: 28

29 Effetti o danni per la salute Le sostanze chimiche pericolose penetrano nel corpo umano attraverso: inalazione; ingestione; contatto con cute e mucose. Se l esposizione alla sostanza pericolosa è di breve durata e gli effetti nocivi sull organismo sono immediati, si ha il caso di intossicazione acuta. L intossicazione è di lunga durata o cronica se gli effetti della sostanza pericolosa si protraggono per lunghi periodi di tempo, ma l esposizione ad essa è di minime dosi. In questo caso gli effetti possono manifestarsi anche a distanza di molti anni e sono connessi sia al tipo di sostanza usata, che alla sensibilità dell uomo per essa. I danni sono legati: alle caratteristiche specifiche dell agente chimico; alla quantità assorbita; alla durata dell esposizione; alle condizioni di salute del soggetto. Il rischio Possiamo comunemente trovare gli agenti chimici sia nei disinfettanti (alcoli, aldeide glutarica e formica, cloro e suoi composti, ecc.) utilizzati per l antisepsi della cute, di strumenti, attrezzature e ambienti. A titolo esemplificativo sono di seguito riportate alcune categorie di sostanze più frequentemente utilizzate: Acidi e basi forti: (acido cloridrico, idrossido di sodio, ecc.) comunemente in uso nei laboratori nelle varie procedure analitiche, come conservanti, diluenti, etc.; Acidi organici: (acido formico, acetico, picrico, ecc.) l acido acetico e tricloroacetico sono frequentemente utilizzati per allestire preparati e per condurre l elettroforesi delle proteine; Aldeidi e chetoni: la formaldeide è tuttora il fissativo più usato; Alcoli, eteri alogenati: come solventi, etc.. Tutte queste sostanze possono contaminare l ambiente di lavoro sotto forma di gas e vapori (raramente come polveri) e rappresentare pertanto una fonte di rischio per la salute del personale sanitario. Misure di prevenzione e protezione La prevenzione si attua mediante il rispetto delle norme di sicurezza e l adozione di comportamenti adeguati riguardanti l ambiente, sostanze impiegate, strumenti e macchinari, sistemi di prevenzione ambientale, Dispositivi di Protezione Individuale. Al fine di ridurre l esposizione professionale ad agenti chimici pericolosi, possiamo intervenire tenendo in considerazione le misure generali per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori indicate dal D.Lgs. 81/08 art. 15: 29

30 Interventi alla sorgente: eliminazione, sostituzione o riduzione delle sostanze pericolose; modifiche alle procedure operative, privilegiando lavorazioni a ciclo chiuso; prevedere la sistematica manutenzione e pulizia delle attrezzature in uso; Sistemi di protezione collettiva: aspirazione localizzata e ventilazione generale; Interventi sugli operatori: riduzione dei tempi di esposizione; ottimizzazione della organizzazione del lavoro, uso dei dispositivi di protezione individuale, sorveglianza sanitaria, informazione e formazione. I Rischi speciali Rischio da anestetici per inalazione L inquinamento da anestetici per inalazione rappresenta uno dei potenziali rischi per la salute esistenti nelle sale operatorie. Gli anestetici volatili maggiormente usati nella pratica anestesiologica generale sono i composti alogenati di cui: l isofluorano (forane), e sevofluorane (sevorane) ed il desflorane; il protossido d azoto (N20), il cui utilizzo quasi va scomparendo. Gli alogenati sono composti liquidi che vengono somministrati al paziente sotto forma di miscele vaporizzate con l ossigeno in proporzioni variabili a seconda della fase dell anestesia (induzione e mantenimento). La presenza di anestetici nell aria ambiente può dipendere dalla struttura della sala operatoria e dai sistemi di erogazione degli anestetici. L esposizione degli operatori alle sostanze di cui sopra, anestetici volatili, viene valutato mediante un periodico monitoraggio ambientale (ossia la misura diretta dell anestetico nell aria della sala operatoria). Farmaci antineoplastici I farmaci usati in chemioterapia antitumorale costituiscono un gruppo eterogeneo di sostanze che inibiscono la proliferazione delle cellule dei tumori con meccanismi diversi, prevalentemente genotossici, ma non risparmiano i tessuti normali ad elevata capacità proliferativa (bulbo dei peli, epitelio intestinale, midollo osseo). I principali gruppi di chemioterapici antitumorali sono rappresentati da agenti alchilanti (ad esempio ciclofosfamide), antimetaboliti (ad esempio metotrexate), ed altri. La maggior parte di queste sostanze è risultata mutagena, cancerogena e teratogena in sistemi sperimentali. Alcuni farmaci, specialmente alchilanti, solo in combinazione, si sono dimostrati in grado di indurre seconde neoplasie, specialmente leucemie acute, in pazienti trattati. Queste sostanze devono pertanto essere manipolate con particolari accorgimenti per evitarne l inalazione e il contatto con la cute. In ambiente ospedaliero, i compiti che possono esporre a rischio di contatto e/o assorbimento di questi farmaci sono: manipolazione delle sostanze nella preparazione delle dosi da somministrare per infusione; somministrazione dei farmaci nei reparti o negli ambulatori oncologici. La presenza di opportuni metodi di prevenzione, specifici per la manipolazione di F.A. (quali preparazione delle dosi sotto cappa a flusso laminare verticale, uso di guanti, mascherine, occhiali) si è dimostrata efficace nell abolire l esposizione (in condizioni di applicazione controllata delle procedure si è riscontrata la negatività del test di mutagenesi urinaria e l assenza di farmaci nell urina). Formaldeide (soluzione acquosa) Nei laboratori di anatomia patologica la formalina è largamente usata per la fissazione di tessuti e la conservazione di pezzi anatomici. Deve il potere sterilizzante e fissativo alla sua elevata reattività con le macromolecole biologiche, in particolare con le proteine. La genotossicità della formaldeide è stata dimostrata in diversi sistemi sperimentali. 30

31 Nell animale da esperimento è risultata cancerogena per le cavità nasali (organo di primo contatto), mentre l evidenza di cancerogenicità per l uomo è limitata. Studi citogenetici nell uomo hanno dato risultati contrastanti. Infatti, data l elevata reattività con le proteine, è improbabile che la formaldeide venga assorbita. Per il composto citato sono predisposti sistemi per la prevenzione collettiva (sistemi aspiranti) o laddove non possibile sistemi di protezione individuale (facciali filtranti specifici). Usata in ambiente ospedaliero per la sterilizzazione di materiali ed attrezzature non diversamente trattabili, sviluppa un gas di odore pungente. 31

32 CAPITOLO 5 Il rischio chimico/biologico derivato dai rifiuti sanitari Definizione Il termine rifiuto sanitario è applicabile a qualunque materiale solido, liquido o gassoso che sia scartato in quanto inutile per ogni ulteriore utilizzo e che sia in qualche modo collegato con le attività di diagnosi, terapia e riabilitazione delle strutture sanitarie. In ambito sanitario, la raccolta, lo stoccaggio e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di igiene e sicurezza rappresentano un esigenza primaria e necessitano di una serie di operazioni che coinvolgono modalità organizzative, sistemi tecnologici e codici comportamentali per gli addetti. L attualità delle problematiche connesse con la gestione dei rifiuti ospedalieri è testimoniata anche dall entità dei volumi prodotti (stimati nell ordine di 0,5-1 Kg/paziente/die). Classificazione dei rischi e modalità di raccolta I rifiuti sanitari sono classificati secondo differenti categorie: Urbani e assimilabili agli urbani, quali quelli provenienti dai servizi generali, dagli uffici, magazzini, cucine; Speciali non pericolosi o pericolosi quali quelli provenienti dai reparti, sale operatorie, ambulatori, laboratori. I rifiuti provenienti da questi ultimi ambienti sono tutti speciali (per esempio anche i residui di cibo provenienti dai singoli reparti) in quanto potenzialmente infetti o infettivi o costituiti da materiali biologici o di medicazione, da residui farmaceutici o chimici. Alle diverse classi di rifiuti ospedalieri esattamente individuate, corrispondono diverse modalità di raccolta e smaltimento, delle quali qui di seguito vengono illustrate quelle più comunemente utilizzate in ambito ospedaliero. Presidi sanitari acuminati o taglienti (rasoi, bisturi, altri oggetti da taglio) Questi rifiuti devono essere raccolti in contenitori rigidi in polipropilene, specifici per taglienti, da lt. 3 o 6 o di capacità ancora inferiore. Questi contenitori una volta riempiti al massimo per ¾ e chiusi ermeticamente, devono essere messi nei contenitori per i rifiuti da lt. 60 utilizzati per gli altri rifiuti la cui raccolta e smaltimento richiede precauzioni particolari in funzione della prevenzione di infezioni. Rifiuti sanitari a rischio infettivo Sono considerati rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo tutti quei rifiuti che possono essere potenziali veicoli nella trasmissione di malattie infettive e che, pertanto, richiedono particolari precauzioni finalizzate alla prevenzione di infezioni. Rifiuti sanitari pericolosi (rischio biologico): quelli che provengono da ambienti di isolamento infettivo e sono venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico secreto od escreto dei pazienti isolati; oppure quelli che sono stati contaminati da: Sangue o altri liquidi biologici che contengano sangue in quantità tale da renderlo visibile; 32

33 Feci o urine, nel caso in cui sia ravvisata clinicamente dal medico che ha in cura il paziente una patologia trasmissibile attraverso tali escreti; Liquido seminale, secrezioni vaginali, liquido cerebro spinale, liquido sinoviale, liquido pleurico, liquido peritoneale, liquido pericardio o liquido amniotico. Il rischio biologico è determinato dalla presenza, variabile quali-quantitativamente a seconda dei casi, di microrganismi in grado di infettare i lavoratori addetti in qualsiasi punto della catena di raccolta e smaltimento. I rischi di natura infettiva connessi allo smaltimento del rifiuto sanitario sono essenzialmente conseguenti a ferite da taglio o da punta che interessano prevalentemente le mani, gli avambracci e gli arti inferiori; sembra opportuno sottolineare come, anche nel caso in cui l evento infortunistico non provochi l insorgenza di infezione, lo stesso determini comunque una sospensione temporanea dell attività lavorativa. Questi infortuni possono avere diverse cause, fra le più comuni possono essere annoverate: manipolazione non corretta del rifiuto, effettuata senza l ausilio dei presidi di protezione personale, utilizzo per la raccolta di contenitori non adeguati per dimensioni, scarsa resistenza agli urti ed alle lacerazioni, difettosa impermeabilizzazione ai liquidi, chiusura imperfetta o non a tenuta, prolungati tempi di conservazione dei rifiuti presso i servizi o in locali di stoccaggio non idonei, applicazione di tecniche scorrette di condizionamento. Parti anatomiche ed organi, incluse le sacche per il plasma e le sostanze per la conservazione del sangue e contenitori liquidi Questi rifiuti al momento vengono raccolti in contenitori rigidi in polipropilene da lt. 25 o 60, riportanti la dicitura altri rifiuti la cui raccolta e smaltimento richiede precauzioni particolari in funzione della prevenzione di infezioni - C.E.R I contenitori rigidi sono provvisti di sacco interno in polietilene di colore giallo con fibbia per la chiusura e tappo rigido per la chiusura provvisoria e definitiva, dotato di apposita guarnizione a tenuta di liquidi. Altri rifiuti la cui raccolta e smaltimento richiede precauzioni particolari in funzione della prevenzione di infezioni esclusi liquidi Questi rifiuti attualmente vengono raccolti in contenitori di cartone da lt.60, provvisti di sacco giallo interno in polietilene e rinforzo del fondo con vaschetta in cartonplast. I contenitori posseggono all esterno la dicitura altri rifiuti la cui raccolta e smaltimento richiede precauzioni particolari in funzione della prevenzione di infezioni - C.E.R I sacchi gialli contenuti all interno del contenitore rigido, non vanno mai separati dallo stesso al fine di altri utilizzi. Rischio chimico Il rischio chimico è connesso con l utilizzo di sostanze chimiche di diversa natura nell ambito dell attività sanitaria. Fra i composti maggiormente rappresentati nei rifiuti sanitari vanno ricordati: le sostanze in uso per la detergenza, disinfezione e sterilizzazione (aldeidi, alcoli, fenoli, derivati alogenati, di ammonio quaternario) ed i farmaci, con massima rilevanza nei confronti della manipolazione di farmaci antitumorali (citostatici). 33

34 I principali rifiuti costituenti rischio chimico sono i seguenti: Rischi per la salute negli operatori La gestione dei rifiuti ospedalieri comporta l esposizione ad una serie di agenti potenzialmente lesivi che possono essere suddivisi in fisici, chimici e biologici. Delle situazioni di rischio individuate, la principale risulta essere quella di natura biologica, seguita da quella chimica. 34

35 È infine presente, nel corso delle operazioni di movimentazione dei contenitori, un rischio di origine traumatica. Tra le figure professionali precedentemente individuate, la più esposta a tale tipologia di rischio appare verosimilmente quella dell ausiliario, nei confronti del quale l occorrenza di incidenti o infortuni è essenzialmente legata all affidabilità dei sistemi di smaltimento dei rifiuti. Misure di prevenzione e protezione Raccomandazioni da osservare per prevenire il rischio infettivo durante l attività lavorativa: per prevenire punture accidentali con aghi, questi non devono essere reincapucciati, piegati o rotti, ma riposti, per l eliminazione, in appositi contenitori resistenti alla perforazione e gli stessi devono essere collocati nelle vicinanze di chi esegue l operazione ed in posizione adeguata per favorirne l introduzione. per un corretto confezionamento finalizzato alla prevenzione di infezioni: Il contenuto dei recipienti non deve mai essere pressato per sfruttare meglio gli spazi, onde evitare possibili infortuni. Sulla parte superiore del contenitore, dopo essere stato chiuso, devono essere apposte in modo chiaro ed indelebile la data di chiusura ed il reparto di provenienza. I contenitori chiusi non devono essere riaperti. Per la chiusura dei contenitori devono essere utilizzati i necessari dispositivi di protezione individuali. 35

36 CAPITOLO 6 Il rischio fisico RUMORE L esposizione al rumore dei lavoratori rappresenta certamente uno dei rischi più ubiquitari e diffusi del mondo moderno industrializzato la cui entità è variabile a seconda della tipologia produttiva, dei reparti e delle mansioni. In ambito lavorativo gli effetti uditivi del rumore sono di tipo diverso e sono rappresentati essenzialmente dall ipoacusia da rumore, patologia determinata dall esposizione ad elevate intensità di rumore. L ipoacusia da rumore di natura professionale è certamente la malattia più frequentemente indennizzata dall INAIL. Il problema del rumore in ambiente ospedaliero presenta un duplice aspetto. Da un lato una limitata serie di lavoratori (quali addetti ai laboratori di meccanica e falegnameria, manutentori, conduttori di impianti tecnici, addetti alla lavanderia), esercitando continuamente lavorazioni nel corso delle quali è possibile la presenza dell inquinante a livelli anche elevati, risulta esposta a rischio specifico da rumore. Questi lavoratori devono essere sottoposti a sorveglianza igienico-sanitaria secondo quanto indicato nel decreto legislativo 81/08. Il secondo aspetto consiste nel fatto che emissioni sonore esterne e interne possono disturbare la quiete ed il riposo necessari soprattutto per i pazienti ad alto rischio. Definizione suono: è una variazione di pressione nell aria che determina un onda acustica a carattere regolare e periodico in grado di provocare una sensazione uditiva. rumore: viene distinto dal suono perché generato da onde acustiche a carattere irregolare e non periodico percepite psicologicamente come sensazioni uditive sgradevoli e fastidiose. Caratteristiche del rumore Il rumore è caratterizzato da tre elementi: FREQUENZA: dipende dal numero di cicli o periodi (Hertz) che si succedono in un secondo. L orecchio umano percepisce frequenze comprese tra 16 Hz (suoni bassi) e Hz (suoni acuti). INTENSITÀ o AMPIEZZA: è la quantità di energia trasportata dall onda sonora per unità di superficie. L intensità delle onde sonore è misurata in decibel (db), che valuta il livello delle variazioni di pressione acustica relativamente alla capacità uditiva dell orecchio umano (db 0=livello minimo udibile a 1000 Hz; db 135=soglia del dolore). La scala in db è di tipo logaritmico in quanto variazioni di +3 db raddoppiano e di -3 db dimezzano l'intensità sonora. TIMBRO: è la qualità del suono, infatti, due suoni aventi la stessa frequenza ed intensità possono differire tra loro. Il timbro di un suono dipende dalla forma delle vibrazioni sonore. Misura del rumore Il fonometro è lo strumento più semplice a disposizione per la misura del rumore. Il circuito di ponderazione o pesatura A del fonometro ha la funzione di comportarsi, con le varie frequenze che lo compongono, nell identica maniera dell orecchio umano; sottostima le basse frequenze e sovrastima le alte e, pertanto, generalmente la misura del rumore viene espressa in dba. 36

37 Il parametro che si misura di solito con il fonometro è il livello equivalente continuo (Leq) che possiamo definire il valore in dba di un rumore continuo che tiene conto di tutte le variazioni di livello sonoro nel tempo, paragonandole ad un unico livello continuo avente pari energia (una sorta di valore medio della rumorosità). Il Leq moltiplicato per il tempo di esposizione misura il livello di esposizione (Lep) del lavoratore. Il rumore è ritenuto lesivo per l udito sopra gli 85 dbaleq. Sotto gli 80 dbaleq sono possibili effetti extrauditivi se esiste una suscettibilità individuale, oppure se vi sono condizioni di lavoro o di esposizione particolari. Effetti uditivi del rumore Spostamento temporaneo della soglia uditiva. Un suono o un rumore particolarmente intenso sono in grado di provocare un innalzamento della soglia uditiva rispetto a quella di riposo, seguito da un recupero della percezione uditiva che inizia al cessare dell'esposizione e si completa in circa 16 ore. Ipoacusia da trauma acustico cronico o ipoacusia da rumore. Dopo alcuni giorni dall inizio di un lavoro rumoroso, soprattutto alla fine della giornata lavorativa, possono comparire fischi o ronzii alle orecchie con sensazione di orecchio pieno, lieve cefalea, senso di intontimento. Successivamente questi sintomi tendono a scomparire tanto che il lavoratore esposto ha l impressione di abituarsi al rumore. Esaurita la resistenza dell apparato uditivo, si assiste ad un progressivo peggioramento della soglia uditiva; il lavoratore non sente più il ticchettio dell orologio e lo squillo del telefono (deficit per i suoni con frequenze alte). Successivamente il lavoratore prova difficoltà ad udire la voce dei familiari e dei colleghi di lavoro e chiede loro di parlare a voce più alta, ha bisogno di alzare il volume della radio e della televisione per comprendere bene le parole (deficit per i suoni con frequenze più basse). Il deficit uditivo fino a questo punto instauratosi è irreversibile e nella maggioranza dei casi non evolutivo una volta cessata l esposizione a rumore. Perdurando l esposizione a rumore e senza mezzi di protezione il deficit progredisce fino a che si raggiunge a distanza di qualche anno o di molti anni la sordità. Ipoacusia da trauma acustico acuto. Si instaura dopo esposizione ad un fronte sonoro di elevata intensità e di breve durata. È frequentemente monolaterale in quanto il capo fa da schermo all orecchio controlaterale. Si può verificare la rottura della membrana timpanica e le lesioni possono interessare sia l'orecchio medio che l'orecchio interno. Effetti extrauditivi del rumore I principali effetti extrauditivi del rumore segnalati a livello epidemiologico riguardano l'apparato cardiovascolare, con aumentata incidenza di ipertensione arteriosa, modificazioni elettrocardiografiche e della frequenza cardiaca sino all' infarto miocardico; l apparato gastroenterico con aumento di disturbi aspecifici e di ulcera duodenale. Non vanno sottovalutati gli effetti neuropsichici come l allungamento dei tempi di reazione, l aumentato numero di errori durante lo svolgimento del lavoro e l interferenza del rumore con la percezione di eventuali messaggi di pericolo, tutti fattori che possono aumentare il rischio di infortunio. 37

38 La Prevenzione Interventi sulla sorgente Eliminazione o sostituzione con macchine più silenziose; Modifiche per ridurne la rumorosità; Allontanamento. Interventi sulla propagazione Supporti antivibranti per il rumore trasmesso per via solida; Copertura integrale e parziale, barriere e schermi, silenziatori per il rumore diretto; Trattamento fonoassorbente per il rumore riflesso. Interventi sul lavoratore Isolamento in cabine silenti; Mezzi di protezione personale. Mezzi di protezione personale e criteri di scelta I protettori antirumore possono essere suddivisi in tre categorie: inserti, cuffie, caschi. inserti multiuso, (in gomma, plastica morbida, polimero espanso), capaci di attenuare l energia sonora di db. Gli inconvenienti per il lavoratore sono la difficoltà nel trovare la misura esatta e la difficoltà nel mantenerli puliti. inserti monouso, (in lanapiuma), capaci di attenuare l energia sonora di db, con l inconveniente che frammenti di lanapiuma possono rimanere nel condotto uditivo. cuffie antirumore e/o tappi, (composte da due coppe di materiale plastico rigido rivestito internamente da poliuretano espanso e bloccati da un archetto elastico di metallo passante sopra il vertice, dietro la nuca o sotto il mento) capaci di attenuare l energia sonora di db. Per essere efficaci devono avere un certo peso e aderire perfettamente alla cute periauricolare, inoltre, riscaldando il padiglione auricolare, non possono essere indossate per 8 ore di seguito. caschi, (di vario materiale, vengono utilizzati per proteggere tutto il cranio e non solo le orecchie). Sono normalmente dotati di sistema ricetrasmittente, per le comunicazioni verbali. Forniscono una attenuazione globale fino a 50 db. Vengono indossati per brevi periodi di tempo in quanto estremamente fastidiosi e ingombranti. Gli inserti sono generalmente meglio tollerati e possono essere portati anche per tutta la durata dell orario di lavoro. I caschi e le cuffie sono utili per esposizioni a livelli di rumorosità elevati, ma di breve durata, massimo 2 ore. La scelta dell audioprotettore, indirizzata dal livello di rumorosità ambientale, è determinata dalle condizioni uditive del soggetto e dai compiti lavorativi svolti. La consegna del protettore è individuale ed avviene tenendo conto delle indicazioni del personale sanitario, inoltre al lavoratore deve essere lasciato un margine di scelta tra i mezzi audioprotettivi con caratteristiche analoghe. 38

39 Limiti di esposizione: Sotto la soglia di 80 dba. Obbligo per il datore di lavoro di fare la valutazione del rischio rumore anche non strumentale; Tra 80 dba e 85 dba. La valutazione deve essere accompagnata da misurazioni strumentali del rumore; scatta l obbligo di informare e formare i lavoratori sui rischi uditivi, sulle misure di abbattimento e di protezione, sui i dispositivi protezione individuali, sui controlli sanitari, sui risultati della valutazione effettuata e fornire i dispositivi protezione individuali; Tra 85 dba e 87 dba in aggiunta al punto precedente. Viene attivata la formazione sull uso corretto dei DPI, sull uso delle macchine rumorose. I lavoratori sono obbligati all uso dei mezzi di protezione individuale. le aree interessate sono evidenziate con segnaletica. Vengono attuati controlli sanitari. Oltre la soglia di 87 dba, in aggiunta ai punti precedenti. Verifica che con l attenuazione del rumore con i dispositivi protezione individuali l esposizione dei lavoratori risulti inferiore alla soglia limite di 87 dba. LASER Definizione Il termine laser deriva dalle iniziali dell espressione inglese light amplification by stimulated emission of radiation e indica uno strumento in grado di produrre onde elettromagnetiche sia nel campo del visibile che in quello dell infrarosso e dell ultravioletto. Un dispositivo laser è costituito da 3 porzioni essenziali: un mezzo attivo, che può essere costituito da materiale solido, liquido o gassoso (laser solidi, liquidi o a gas); una sorgente di energia (sistema di pompaggio), utile per provocare l eccitazione degli atomi del materiale attivo, che può essere costituita da una lampada (pompaggio ottico), da sistemi elettrici (pompaggio elettrico) e da sistemi chimici (pompaggio chimico) o da un altro laser; un risuonatore ottico (cavità ottica) formato da 2 specchi che delimitano all esterno il mezzo attivo, di cui uno riflettente ed uno parzialmente riflettente. Caratteristiche peculiari dei laser sono: la possibilità di produrre radiazioni altamente energetiche da fonte di bassa potenza; la possibilità di produrre raggi unidirezionali propagantesi per linea retta; è opportuno infatti ricordare come le radiazioni luminose prodotte da una sorgente convenzionale si irradino in tutte le direzioni; la possibilità di ottenere radiazioni di lunghezza d onda unica; la possibilità di concentrare grandi intensità di energia su piccole superfici. Per queste caratteristiche il laser trova vasto impiego nel campo della dermatologia, della microchirurgia-oculistica, otorinolaringoiatrica e ginecologica e dell endoscopia chirurgica. 39

40 In funzione del tipo di azione svolta è possibile distinguere i laser impiegati in campo medicochirurgico in 3 tipi: laser propriamente chirurgici; laser fotocoagulatori; laser fotodinamici. I laser propriamente chirurgici di maggiore impiego sono il laser a CO 2, quello ad argon e quello Nd:YAG (Neodimium Yttrium Aluminum Garnet). I laser fotocoagulatori trovano impiego soprattutto in oftalmologia per il trattamento del distacco della retina, di piccole emorragie e di neovascolarizzazioni retiniche. I laser fotodinamici trovano impiego sulla base della proprietà, posseduta da alcune cellule, di fissare sostanze iniettate e di essere fotoattivabili in virtù della fotosensibilità posseduta nei confronti della lunghezza d onda laser impiegata; si tratta di un applicazione utilizzata soprattutto in campo oncologico e ancora in fase sperimentale. I danni conseguenti all esposizione alle radiazioni emesse dai laser sono fondamentalmente legati all effetto termico e interessano principalmente l'occhio e la cute. Gli effetti oculari dipendono dalla lunghezza d'onda della radiazione emessa: le radiazioni emesse nello spettro visibile sono assorbite elettivamente dall epitelio pigmentato retinico e possono provocare ustioni corioretiniche (effetto che è utilizzato anche a scopo terapeutico in oculistica nel trattamento di rotture retiniche o di lesioni corioretiniche); le radiazioni nel campo dell infrarosso e dell ultravioletto sono assorbite dagli annessi, dalla cornea, dal cristallino e dal corpo vitreo dove possono dare origine ad opacizzazioni. A carico della cute i danni vanno dall'eritema, alla bolla fino alla carbonizzazione del tessuto. Prevenzione Ai fini della prevenzione dei rischi da laser è necessario che non siano esposti soggetti maggiormente suscettibili in conseguenza di menomazioni in atto a carico dell occhio. La protezione ambientale del rischio si attua delimitando le zone in cui viene usato il laser, limitando l impiego di tali strumenti alle sole persone autorizzate, eliminando le superfici riflettenti nel locale in cui viene utilizzato il laser oppure evitando di indirizzare il fascio su superfici riflettenti. Inoltre è necessaria la schermatura del raggio. Fondamentale importanza riveste infine la protezione oculare che si realizza mediante l uso di lenti, adeguate al tipo di laser usato, che garantiscano una protezione anche laterale. 40

41 RADIAZIONI IONIZZANTI Definizione Le radiazioni ionizzanti sono onde elettromagnetiche o particelle subatomiche capaci di ionizzare la materia. Le più comuni radiazioni ionizzanti non corpuscolate sono rappresentate dai raggi X usati da molti anni nella diagnostica radiologica e oggi soprattutto nella tomografia assiale computerizzata (TAC). Le radiazioni corpuscolate nel settore sanitario sono rappresentate essenzialmente dalle radiazioni beta e gamma generate dall impiego di radionuclidi quali il tecnezio e lo iodio 131 per procedure diagnostiche e terapeutiche. Esse comportano il rischio di esposizione esterna e/o di contaminazione interna legata quest ultima all'assorbimento ed incorporamento di radionuclidi. Tra le unità di misura fondamentali della dosimetria radiobiologica va ricordata quella di esposizione che misura la quantità di ionizzazione prodotta in una massa unitaria di aria; la sua vecchia unità di misura, il rontgen ( R) è stata progressivamente sostituita dal coulomb/kg di aria (C/Kg); 1 C/Kg = 3876 R. La dose assorbita (D) misura la quantità di energia ceduta in una massa unitaria di tessuto; l unità di misura corrente è il gray (Gy) pari a 1 Joule/Kg, quella precedente era il RAD (Radiation Absorbed Dose) corrispondente a 1/100 di Gy (1Gy = 100 RAD). La dose equivalente (H) è una grandezza dosimetrica convenzionale ottenuta moltiplicando la dose assorbita D per un fattore di ponderazione per la radiazione WR (H = D x WR) che esprime la capacità della radiazione di generare effetti biologici nei tessuti non solo in rapporto all energia ceduta ma anche in rapporto al tipo di radiazione. L unità di misura è il sievert (Sv) che ha sostituito il REM (Radiation Equivalent Man) corrispondente a 1/100 di sievert (1Sv = 100 REM). Il fattore di ponderazione (WR) dei raggi X, gamma e beta è pari all unità, per cui per tali radiazioni la dose equivalente coincide con quella assorbita (H = D). Poiché l irradiazione del corpo umano non avviene sempre in maniera omogenea in quanto i vari tessuti hanno una diversa suscettibilità al danno radiobiologico, si è resa necessaria l introduzione di un altra unità di misura, la dose efficace (DE). La dose efficace esprime la probabilità che un organo irradiato possa subire un effetto stocastico rispetto al corpo intero; si misura in Sv e tiene conto di ulteriori fattori di ponderazione e WT specifici per i vari organi (DE = H x WT). Il personale sanitario esposto a radiazioni ionizzanti è quello che esplica la propria attività nei seguenti reparti: radiologia e radioterapia; medicina nucleare; emodinamica cardiovascolare; ortopedia (sala gessi e sala operatoria); endoscopia digestiva; endoscopia urologica; anestesia. Può essere occasionalmente esposto il personale sanitario che presta assistenza a pazienti sottoposti ad accertamenti diagnostici e/o terapeutici che prevedono l'impiego di radiazioni ionizzanti. 41

42 Il processo di ionizzazione può causare un danno al DNA cellulare. Tale danno se non adeguatamente riparato, può provocare la morte o una modificazione cellulare. Nel primo caso, se il numero di cellule morte è sufficientemente elevato ne può derivare una compromissione funzionale grave e clinicamente apprezzabile in un tessuto o organo. Nel secondo caso la cellula modificata è ancora in grado di riprodursi e può dare luogo, dopo un periodo di latenza di durata variabile ad una condizione di tipo neoplastico se quella modificata è una cellula somatica o a un danno nella progenie se viene interessata una cellula germinale. Gli effetti del primo tipo sono definiti deterministici, quelli del secondo tipo stocastici. Effetti deterministici: tali effetti possono conseguire ad esposizioni del corpo intero oppure ad irradiazioni parziali. L esposizione dell intero organismo (panirradiazione esterna o contaminazione interna) dà luogo a una sindrome molto grave legata a un danno irreversibile dei vari tessuti specie di quelli ad elevata proliferazione cellulare. Sono principalmente danneggiati il midollo osseo che mostra una depressione dell ematopoiesi con conseguente pancitopenia periferica e le mucose dell apparato digerente con conseguenti diarrea, emorragia intestinale, setticemia e shock; nei casi più gravi si ha un danno del tessuto cerebrale con coma e morte. La prognosi dipende dalla dose assorbita: dose assorbita superiore a 5-6 Gy: sopravvivenza impossibile; dose assorbita compresa tra 2 e 4,5 Gy: sopravvivenza possibile; dose assorbita compresa tra 1 e 2 Gy: sopravvivenza probabile; dose assorbita inferiore a 1 Gy: sopravvivenza virtualmente sicura. L irradiazione dell intero organismo con dosi più basse e refratte nel tempo determina invecchiamento precoce, riduzione della vita media degli esposti, alterazioni a carico della cute, delle gonadi, del midollo osseo, del cristallino. La cute presenta alterazioni distrofiche specie alle mani con appianamento dei solchi delle impronte dei polpastrelli, caduta dei peli, teleangectasie, formazione di verruche. A carico del sangue si possono osservare anemia cronica, leucopenia, piastrinopenia. A carico del cristallino può aversi cataratta. Le irradiazioni parziali possono dare luogo ad un effetto acuto (che insorge immediatamente dopo l irraggiamento) oppure a un effetto che insorge più tardivamente (per esposizione a piccole dosi per molto tempo). Quest ultima modalità è quella che può verificarsi nell esposizione professionale. L irradiazione parziale con alte dosi interessa principalmente la cute e le gonadi. Le alterazioni cutanee sono rappresentate da eritema, bolle e desquamazione con formazione di ulcere. L esposizione delle gonadi a dosi di 0,1-1 Gy provoca sterilità temporanea, dosi superiori a 5 Gy causano sterilità definitiva. Effetti stocastici: cioè di natura statistica e casuale si verificano quando una cellula, modificata dalla ionizzazione, conserva la capacità di dividersi, potendo dare luogo a una patologia neoplastica maligna. Per tali tipi di effetti non esiste una dose soglia. Le neoplasie che con maggiore probabilità conseguono a esposizione cronica a radiazioni ionizzanti sono le leucemie e i tumori cutanei. Studi epidemiologici hanno inoltre evidenziato un aumento del carcinoma della tiroide dopo irradiazione esterna e/o dopo contaminazione con I 131. Allo stesso modo è stato riscontrato negli esposti un eccesso di neoplasie ossee e della mammella. 42

43 Effetti ereditari Gli effetti delle radiazioni ionizzanti possono interessare, oltre al soggetto esposto, anche i suoi figli. Tali effetti sono conseguenti ad un danno indotto dalle radiazioni ionizzanti sul DNA delle cellule germinali oppure all'irradiazione del prodotto del concepimento durante la vita uterina. Gli effetti genetici consistono in: mutazioni geniche; aberrazioni cromosomiche. Le mutazioni geniche possono essere di tipo dominante o recessivo; nel primo caso l effetto si manifesta in tutti i discendenti, mentre nel secondo si evidenzia solo in una parte di essi. Le aberrazioni cromosomiche possono essere strutturali (traslocazioni, delezioni) o di numero. In caso di una esposizione del prodotto del concepimento durante la vita intrauterina ne può derivare: morte dell embrione o del feto; malformazioni e alterazioni della crescita; ritardo mentale; induzione di tumori maligni; effetti ereditari. Prevenzione Radioprotezione La radioprotezione è una disciplina di tipo preventivo a contenuto medico, fisico, tecnico e normativo che ha l'obiettivo di preservare lo stato di salute dei lavoratori riducendo i rischi sanitari da radiazioni ionizzanti nelle diverse attività che comportano l'esposizione a tali radiazioni. Sul piano operativo sono due le figure professionali incaricate della sorveglianza medica e di quella fisica della radioprotezione. La prima è quella del medico autorizzato, sancita dal DPR 185/64 e disciplinata dal DPR 1150/72, che prevede l applicazione di tale titolo solo a specialisti in medicina del lavoro, medicina nucleare o radiologia, previo superamento di un esame davanti ad una apposita commissione stabilita dal Ministero del Lavoro e da quello della Previdenza Sociale. La seconda figura professionale è quella dell esperto qualificato sancita dai medesimi decreti legislativi. Tale qualifica è riservata a fisici, tecnici, ingegneri dopo il superamento di una apposita prova di esame. Il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230 che sostituisce il suddetto DPR 185/64, limita l iscrizione nell elenco dei medici autorizzati ai soli medici competenti secondo quanto indicato nel D.Lgs. 277/91. Le principali grandezze dosimetriche di radioprotezione indicate dalla Raccomandazione ICRP (International Commission on Radiological Protection) n. 60 del 1990 sono: la dose media assorbita in un tessuto o organo (DT) ossia l'energia assorbita per unità di massa; la dose equivalente in un tessuto o organo (HT) ottenuta dal prodotto della dose assorbita per il fattore di ponderazione della radiazione (WR); 43

44 la dose efficace (DE) ottenuta pesando la dose equivalente con il fattore di ponderazione del tessuto (WT) e sommando quindi tutti i tessuti. L unità di misura della dose assorbita è il gray (Gy), mentre quella della dose equivalente e della dose efficace è il sievert (Sv). I limiti raccomandati dall IRCP n. 60 e ai quali si è adeguata la normativa nazionale con il D.Lgs. 230/95 sono indicati nella seguente tabella: LAVORATORI PUBBLICO Dose efficace 20 msv/anno 1 msv/anno DOSE EQUIVALENTE PER ORGANO Cristallino 150 msv/anno 15 msv/anno Pelle 500 msv/anno 50 msv/anno Mani e piedi 500 msv/anno 50 msv/anno Secondo quanto indicato nel D.Lgs. 230/95 la sorveglianza della radioprotezione è collegata alla presenza di aree classificate come zona controllata e zona sorvegliata anche presenti disgiuntamente e alla presenza di lavoratori classificati come esposti. Viene classificata zona controllata ogni area di lavoro in cui vi sia la possibilità per gli operatori di superare i seguenti valori di dose: 6 msv per esposizione globale o di dose efficace; i 3/10 di uno dei limiti di dose fissati per il cristallino, pelle, mani, avambracci, piedi e caviglie. Viene invece classificata zona sorvegliata ogni area di lavoro in cui sussiste il rischio per i lavoratori di superamento dei limiti di dose fissati per le persone del pubblico. I lavoratori esposti sono classificati in categoria A o B a seconda che per loro sussista, o meno, il rischio di superamento di uno dei limite di dose indicati per la definizione della zona controllata. La sorveglianza fisica della radioprotezione è compito, come precedentemente accennato, dell esperto qualificato il quale deve effettuare la delimitazione delle zone, deve effettuare le valutazioni delle esposizioni, nonché delle dosi individuali assorbite dai lavoratori professionalmente ed occasionalmente esposti, deve provvedere al controllo dell efficacia dei dispositivi tecnici di protezione e delle buone condizioni di funzionamento degli strumenti protezionistici di misura e del loro corretto impiego. La sorveglianza medica è invece compito del medico autorizzato. Più precisamente secondo la nuova legislazione la sorveglianza medica dei lavoratori classificati in categoria A deve essere effettuata semestralmente solo dal medico autorizzato. La sorveglianza medica dei lavoratori di categoria B può essere espletata anche dal medico competente con periodicità annuale. 44

45 La sorveglianza medica eccezionale resta di pertinenza esclusiva del medico autorizzato. La sorveglianza medica consiste in una serie di atti medici specifici di natura diagnostica, prognostica e terapeutica e viene effettuata mediante valutazioni di varia natura che riguardano complessivamente: l accertamento preventivo e la verifica periodica dell idoneità al lavoro, in base al rischio specifico cui il dipendente è esposto, nonché la programmazione e la valutazione degli accertamenti specialistici e di dosimetria biologica con trasmissione per iscritto dei giudizi di idoneità al datore di lavoro; l attività di intervento diagnostico e terapeutico in caso di sovraesposizione o contaminazione accidentale; l attività medico-legale riguardante gli archivi sanitari e dosimetrici obbligatori per legge, nonché le valutazioni, denunce e segnalazioni per eventuali infortuni e malattie professionali. Misure per il contenimento del rischio Nel caso di rischio di irradiazione esterna quale assistenza a pazienti non collaboranti che devono essere sottoposti ad esami o a terapia, l infermiere deve indossare il grembiule e i guanti di protezione piombati o collocarsi dietro uno schermo protettivo, cercando di evitare il fascio diretto dei raggi. Nel caso di assistenza a pazienti che hanno ricevuto radionuclidi a scopo diagnostico o terapeutico, specie nel caso di impiego di preparati di elevata radioattività, le misure cui attenersi per ridurre l esposizione sono l uso di guanti di protezione durante la manipolazione di liquidi biologici e degli indumenti personali e della biancheria, la raccolta degli escreti con opportuni accorgimenti, la delimitazione di un area di rispetto intorno al letto del paziente, la riduzione al minimo dei tempi di assistenza. RADIAZIONI ULTRAVIOLETTE Definizione I raggi ultravioletti sono onde elettromagnetiche a lunghezza d onda compresa fra 400 e 200 nm e rappresentano le onde non ionizzanti a minore lunghezza d onda. Sono presenti nello spettro solare e possono essere prodotte artificialmente mediante arco voltaico ad elettrodi di carbonio o mediante lampade a vapori di mercurio. L ozono assorbe l energia prodotta da radiazioni di lunghezza d onda inferiore a 280 nm. Per questo motivo le radiazioni ultraviolette C, ossia quelle che hanno lunghezza d onda compresa tra 280 e 200 nm e che risultano dannose per l organismo, sono fermate dalla barriera naturale dell ozono stesso. L attuale progressiva riduzione di questa barriera potrà, in un futuro, configurare un ulteriore fattore di rischio particolarmente per coloro che lavorano all aperto e rendere necessario sensibilizzare le popolazioni anche dal punto di vista non professionale (esposizioni a scopo estetico). In campo sanitario le radiazioni ultraviolette trovano applicazione nella sterilizzazione (lampade germicide) e nella diagnostica e terapia. La radiazione ultravioletta a corta lunghezza d onda (prevalentemente a 254 nm) emessa da lampade a vapori di mercurio trova largo impiego nella sterilizzazione dell aria all interno di ambienti confinati (sale operatorie, ecc.), di liquidi e di superfici di materiali. La sterilizzazione dell aria in ambienti confinati rappresenta l applicazione fondamentale delle lampade germicide, consentendo di ottenere risultati vantaggiosi anche nei casi in cui i risultati conseguiti con i consueti metodi di disinfezione non risultano soddisfacenti. 45

46 La sterilizzazione dei liquidi è condizionata essenzialmente dalla natura del liquido stesso, dalla sua capacità di trasmettere la radiazione UV a 250 nm, dall assenza di particelle in sospensione in grado di schermare gli agenti infettivi. La sterilizzazione di superfici richiede radiazioni UV ad elevata intensità ed a corta lunghezza d onda. Per questo motivo viene utilizzata un installazione posta in prossimità della superficie da trattare, che dovrebbe essere il meno rugosa possibile e priva di zone d ombra. In campo diagnostico e terapeutico la radiazione ultravioletta è impiegata soprattutto nel trattamento di patologie dermatologiche anche se il suo impiego si estende in altre applicazioni quali la fototerapia dell ittero neonatale e l odontoiatria. Le applicazioni dermatologiche comprendono essenzialmente la fototerapia delle malattie cutanee, la fotochemioterapia della psoriasi, la diagnosi delle fotodermatosi. Le applicazioni in odontoiatria consistono essenzialmente nell impiego di radiazioni UV per polimerizzare resine con cui sigillare cavità o ricostruire porzioni dentali mancanti. Infine le radiazioni ultraviolette di particolare lunghezza d onda trovano impiego in laboratorio per apparecchiature diagnostiche (fluorimetri, spettrofotometri). L effetto biologico sull uomo è condizionato dal fatto che pur avendo lunghezza d onda discretamente piccola queste radiazioni hanno un potere di penetrazione dei materiali biologici ridotto (alcuni decimi di millimetro). Pertanto gli effetti dell esposizione sono fondamentalmente a carico della cute e dell occhio con danni a breve e a lungo termine. A livello cutaneo possono provocare eritema ed influenzare lo stato di pigmentazione cutanea; per esposizioni intense e prolungate possono avere anche attività oncogena con l insorgenza di carcinomi basocellulari, spinocellulari e di melanomi maligni; le bande di raggi ultravioletti responsabili di questi effetti neoplastici hanno lunghezza d onda compresa tra 280 e 315 nm. A livello oculare possono causare congiuntiviti e cheratiti; alcune bande di raggi ultravioletti di lunghezza d onda superiore a 295 nm possono, attraverso la cornea, raggiungere il cristallino e provocare cataratta. Prevenzione Consiste nell adozione di adeguati sistemi di protezione ambientale (schermature delle sorgenti) e di protezione personale (occhiali idonei, guanti, indumenti). L ACGIH (American Conference Governmental Industrial Hygienist) ha stabilito che un irradiazione totale nell UV-A minore di 10 W/m 2 e un irradianza efficace nell'uv-b e UV-C minore di 1mW/m 2 non comportano rischi professionali da radiazioni ultraviolette per effetti a breve termine. Sarebbe inoltre utile non esporre i soggetti con una maggiore suscettibilità agli ultravioletti per difetti congeniti o acquisiti (albini, soggetti affetti da porfiria) o affetti da alterazioni oculari recidivanti o lesioni cutanee di tipo cronico. ULTRASUONI Definizione Gli ultrasuoni sono suoni con frequenza superiore a 20 KHz, non sono udibili dall orecchio umano in quanto mancano nell organo del Corti recettori idonei ad essere stimolati da frequenze così elevate. 46

47 Si distinguono in: Ultrasuoni a bassa frequenza ( KHz) usati per scopi industriali (pulitura di metalli e vetro); Ultrasuoni a media frequenza (100 KHz-1MHz) utilizzati in applicazioni terapeutiche in quanto produttori di ipertermia); Ultrasuoni ad alta frequenza (1-10MHz) impiegati in applicazioni mediche (ecografia e velocimetria). Gli ultrasuoni a bassa frequenza sono responsabili di effetti diversi a seconda che siano trasmessi al corpo umano attraverso la mano (riscaldamento locale e danno meccanico alla superficie epidermica; degenerazione della superficie ossea per esposizioni particolarmente intense e prolungate) o per via aerea con l insorgenza di una sintomatologia di tipo generale caratterizzata da astenia, nausea, vomito, vertigini, reazioni psicologiche. Prevenzione Sembrerebbe prudente non adibire ad attività esponenti ad ultrasuoni soggetti affetti da malattie croniche del sistema nervoso, da malattie endocrine e metaboliche, da otovestibolopatie, da ipo o ipertensione e quelli con pregressi traumi cranici. RADIOFREQUENZE E MICROONDE Definizione Sono radiazioni non ionizzanti con frequenza compresa tra 100 KHz e 300 GHz; fino a 300 MHz le radiazioni sono definite microonde, oltre tale limite radiofrequenze. Numerosi sono gli impieghi in ambito sanitario di queste radiazioni. La diatermia cioè il riscaldamento di tessuti superficiali sfruttando l effetto termico delle radiofrequenze (marconiterapia) o delle microonde (radarterapia) è sicuramente l impiego più comune: La marconiterapia è utilizzata soprattutto in fisioterapia per il trattamento di forme morbose a carico delle ossa e dei muscoli, del tipo artropatie, miositi, nevralgie, ecc.. La parte da trattare (polso, ginocchio, collo, gomito, ecc.) viene introdotta in un campo elettromagnetico variabile che, interagendo con i tessuti, produce un rialzo della temperatura locale tramite fenomeni di dissipazione termica. La radarterapia è anch essa utilizzata in fisioterapia per riscaldare i tessuti biologici esposti ad un campo elettromagnetico con frequenze del tipo microonde. Ulteriori usi sanitari delle radiofrequenze sono l ipertermia, impiegata come coadiuvante in alcuni protocolli terapeutici dei tumori e nel riscaldamento rapido di sangue e tessuti in occasione di trapianti d organo. Infine le radiofrequenze vengono impiegate nella diagnostica per immagini (la risonanza magnetica nucleare impiega radiofrequenze di particolare frequenza in campi magnetici statici). Infatti la risonanza magnetica nucleare (RMN) è una metodica che consente di ottenere informazioni bi e tridimensionali di varie sezioni del corpo attraverso l impiego di radiazioni non ionizzanti. 47

48 Inoltre le immagini presentano un evidente contrasto dei tessuti molli con la conseguente possibilità di avere una serie di informazioni sulle condizioni di svariati organi. La RMN risulta pertanto particolarmente indicata per la diagnosi di: patologie endocraniche (malformazioni, processi demineralizzanti, patologie vascolari, neoplasie, ecc.); patologie a carico della colonna vertebrale e del midollo spinale (ernia del disco, traumi, neoplasie, ecc.); patologie a carico del fegato, del rene, dell apparato cardiovascolare e del mediastino. Ai fini della realizzazione delle immagini, un tomografo a risonanza magnetica utilizza: un campo magnetico statico; un campo magnetico variabile nello spazio e nel tempo; un generatore a radiofrequenze. Il campo magnetico statico viene prodotto utilizzando diversi tipi di magneti (resistivi, permanenti, superconduttori); negli apparecchi di ultima generazione, la maggior parte dei magneti utilizzati è del tipo a superconduttore che consentono di raggiungere campi di valore superiore rispetto ai precedenti; il loro impiego comporta tuttavia la necessità di provvedere ad adeguati impianti di raffreddamento e di idonea dissipazione dell enorme energia immagazzinata in caso di spegnimento. Si ritiene che uno dei principali fattori che condiziona la comparsa degli effetti biologici sia l estensione e la distribuzione dell energia assorbita delle radiofrequenze e delle microonde; l assorbimento di tali radiazioni dipende dalla loro frequenza (massima tra 60 e 100 MHz), dalla forma, dimensioni e caratteristiche dielettriche del corpo irradiato. Le microonde vengono assorbite superficialmente mentre le frequenze più basse (onde radio) vengono assorbite dagli strati più profondi. I principali effetti biologici dipendono dal loro effetto termico e interessano il cristallino e le gonadi maschili. A carico del cristallino si può osservare cataratta con localizzazione posteriore. Le alterazioni gonadiche, che possono provocare anche sterilità, peraltro reversibile e su cui non tutti gli Autori concordano, sono caratterizzate da anomalie dell epitelio seminale e della spermiogenesi, che si riflettono nella diminuzione di numero e nella ridotta motilità degli spermatozoi. Tra gli effetti non termici si ricorda la sindrome neurastenica caratterizzata da debolezza, stancabilità, insonnia, bradicardia, ipotensione. Sono stati anche descritti effetti sul sistema emopoietico (riduzione del numero degli eritrociti, tendenza alla linfocitosi e all eosinofilia) e su quello endocrino (interferenza sulla funzionalità tiroidea, ipofisaria e surrenali). Non è ancora stata dimostrata con certezza l azione teratogena e cancerogena ipotizzata in passato. Infine va ricordata la capacità delle radiofrequenze e delle microonde di interferire sul funzionamento dei pacemaker cardiaci. 48

49 Per quanto riguarda l'impiego di apparecchiature RMN vanno anche menzionati i rischi relativi a: interferenza tra magnete e materiali metallici eventualmente posti all interno dell organismo; interferenza tra magnete e oggetti ferromagnetici eventualmente presenti nell'ambiente. Oggetti metallici tipo clips chirurgiche, valvole cardiache costruite prima del 1964 (da allora le valvole vengono realizzate con materiale non ferromagnetico), impianti ortopedici, impianti cocleari, corpi estranei (ad esempio presenza di schegge metalliche negli occhi), sono sottoposti ad uno spostamento da parte del magnete (proporzionale alla forza del campo) che può essere responsabile di torsioni e compressioni tissutali in grado di determinare conseguenze dannose come rotture vasali da torsione di clips chirurgiche intracraniche usate per il clampaggio di aneurismi. Il campo magnetico esercita una forza anche sugli oggetti eventualmente presenti nell ambiente, forza che decresce con il progressivo allontanamento dal magnete. Per questo motivo oggetti metallici come forbici, bisturi, cacciaviti, etc., posti nelle vicinanze del campo vengono attratti verso il centro del magnete comportandosi come dei proiettili in grado di creare incidenti sia nei pazienti che nel personale. Un altro rischio sia per i pazienti che per il personale è rappresentato dallo spegnimento accidentale del magnete che è di solito raffreddato con elio liquido; l elio gassoso, a temperatura ambiente, occupa 700 volte il volume dello stesso peso di elio liquido. Uno spegnimento accidentale può pertanto causare delle forti differenze di volume tra fase liquida e fase gassosa e perciò il contenitore dei criogeni deve essere sufficientemente robusto per contenere l aumento di pressione; inoltre l ambiente deve essere dotato di un adeguato ventilazione che consenta la rapida espulsione del gas in caso di fuoriuscita e permetta così di evitare il rischio di asfissia. Prevenzione Le misure idonee a ridurre i rischi conseguenti all impiego di tali radiazioni sono fondamentalmente legate al controllo della sorgente che deve obbedire alle norme di omologazione ed essere dotata delle prescrizioni di sicurezza nonché opportunamente schermata; lo spazio circostante la sorgente deve essere delimitato. Per quanto riguarda la schermatura, questa è in funzione del tipo di metallo impiegato e del suo spessore; tali schermi devono essere privi di fessure e devono evitare il convogliamento del campo a distanza attraverso i cavi di emissione. È inoltre importante la riduzione dei tempi di esposizione degli operatori. Per quanto riguarda l installazione di una apparecchiatura RMN, questa è disciplinata dal DPR del 29 nvembre1985. I limiti raccomandati per le esposizioni al campo magnetico statico non dovrebbero superare valori di due Tesla (il Tesla è l unità di misura dell induzione magnetica ed è pari a 1 weber/metroquadro; il weber è a sua volta l unità di misura del flusso magnetico ed è pari a 1 volt per secondo). Nella scelta di un idoneo sito di installazione è necessario prendere in considerazione una serie di accorgimenti aventi lo scopo di realizzare distanze di sicurezza da grossi oggetti metallici (condizionatori, generatori, ecc.) e da masse metalliche in movimento (ascensori, automobili, ecc.) e di assicurare inoltre un idonea schermatura della sorgente. 49

50 In caso di impianti RMN utilizzanti magneti superconduttori che necessitano di liquidi criogenici (He, N 2 ) è necessario avere a disposizione una serie di impianti: adeguata ventilazione; sistema di emergenza con allarme acustico nel caso di fuoriuscita accidentale dei gas; sistema automatico di chiusura dei condotti di adduzione dell elio e dell azoto; condotto di emergenza idoneo a garantire il ricambio totale dell aria. Per quanto riguarda la sorveglianza sanitaria sia in sede preassuntiva che di visite periodiche non esistono riferimenti legislativi. La frequenza degli accertamenti periodici è affidata al medico competente che deve tenere conto delle caratteristiche della sorgente e delle modalità dell esposizione. Il personale medico e paramedico deve essere opportunamente addestrato attraverso specifici corsi di informazione e formazione, al fine di acquisire una competenza valida ed una sensibilizzazione nei confronti della sicurezza legata all'impiego di apparati RMN. 50

51 CAPITOLO 7 Il rischio ergonomico nella movimentazione manuale ed assistita dei carichi Definizione Movimentazione manuale dei carichi Si intende l insieme di operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare o portare un carico, che, per le sue caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano tra l altro rischi di lesioni dorso-lombari. Aspetti fisiopatologici e rischi lavorativi La colonna vertebrale, si può immaginare suddivisa in molteplici unità funzionali, ciascuna formata da due vertebre adiacenti e dai tessuti interposti; per assolvere i suoi compiti deve a volte sottostare (vedi ambito sanitario) a condizioni biomeccaniche sfavorevoli sia per via di attività fisiche pesanti che per il mantenimento di posture fisse prolungate. Nella movimentazione e nel mantenimento della postura la zona lombare è l area con maggior sollecitazione biomeccanica. Un sollevamento di 20 Kg da terra, a schiena flessa, può comportare carichi discali lombari dai 200 Kg a oltre 300 Kg a seconda della presenza o meno anche di flessione delle ginocchia. All interno delle unità funzionali lombari, la struttura più sensibile a questi carichi assiali si è dimostrata essere la cartilagine limitante del piatto vertebrale; è in tale struttura che più facilmente si verificano per carichi assiali elevati delle microfratture, le quali a loro volta rappresentano il primo passo verso la possibile degenerazione sia della cartilagine che dell osso subcondrale. Allo stesso modo anche le fibre concentriche dell anulus fibroso dei dischi intervertebrali possono fissurarsi per carichi assiali e rotazionali elevati; in tale modo all interno delle fissurazioni migra in parte il materiale del nucleo polposo. La degenerazione associata a ripetuti stress compressivi è conseguenza dell alterazione dei meccanismi di nutrizione del disco che si basa su meccanismi di osmosi dai tessuti circostanti in quanto non è dotato di vasi propri. In letteratura è ormai riconosciuto il legame tra attività di movimentazione manuale di carichi e rischio di traumi e malattie muscolo scheletriche in particolare del rachide lombare. Secondo uno studio multicentrico recente coordinato dall EPM di Milano l occorrenza di lombalgie acute annuali nel personale infermieristico è superiore a quella riscontrata nella popolazione generale (2,3% gruppo di controllo contro 7,1% maschi e 8,5% femmine nel personale infermieristico). 51

52 Molteplici studi epidemiologici hanno dimostrato che i livelli di compressione sul disco, a cui si verificano microfratture, sono assai variabili in funzione di caratteristiche individuali, età, sesso; si sono altresì evidenziate incidenze crescenti di episodi lombalgici in lavoratori usualmente sottoposti a carichi lombari elevati (fino a frequenze di 10 volte superiori in coloro che sono sottoposti a carichi lombari superiori a 650 Kg). Lo stress meccanico lombare dipende dall entità del peso, dalla sua distanza dal corpo, dalla modalità e frequenza di sollevamento, ed è intervenendo su detti fattori che si può ridurre l eccesso di frequenza di lombalgie. La lombalgia è tra le prime cause di inabilità nella popolazione in età lavorativa. Alcune stime indicano che il 20% degli infortuni lavorativi avviene a livello del rachide lombare in occasione di attività di sollevamento di oggetti pesanti, eseguite in modo imprudente. Il NIOSH (National Institute of Occupational Safety and Health) negli U.S.A. pone tali patologie al secondo posto nella lista dei 10 problemi di salute più rilevanti nei luoghi di lavoro. Le affezioni muscolo-scheletriche sono di frequente riscontro nei lavoratori sanitari; infatti le situazioni del lavoro impongono sia l'assunzione di posture fisse prolungate (per es.: sale operatorie o s. gessi), sia il sollevamento (assistenza pazienti non autosufficienti) che il trasporto di carichi (azioni di traino-spinta barelle). Misure di prevenzione e protezione La prevenzione in questo caso non è facile; un paziente non è un qualsiasi oggetto pesante ma ha caratteristiche ed esigenze particolari di cui bisogna tener conto anche durante le operazioni di movimentazione per non fargli, oltre che non farsi, male ( es.: in particolare in pazienti nel post operatorio di reparti di chirurgia ed ortopedia, o pazienti geriatrici). Il datore di lavoro, in presenza di questo rischio, adotta le misure organizzative necessarie o ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori. Nel nostro contesto queste attrezzature sono costituite da carrelli di vario tipo e, per quanto concerne la movimentazione dei pazienti, da letti e barelle regolabili in altezza, spostabili agevolmente, sollevatori per pazienti e materiali, ausili minori (teli, piastre a basso attrito, etc.). In questa Azienda Sanitaria sono predisposte specifiche iniziative formative, teoriche e pratiche destinate all apprendimento di tecniche appropriate per una corretta movimentazione manuale di carichi con l uso degli ausili maggiori e minori. 52

53 Il gruppo di formatori è disponibile per chiarimenti su problemi per una mobilizzazione corretta di casi particolari ed è immediatamente contattabile attraverso il SPP. La prevenzione della lombalgia in operazioni che prevedono la movimentazione dei paziente Ha importanza fondamentale la postura dell operatore che deve assumere una posizione che consenta una ampia base di appoggio (mai piedi uniti, sempre adeguata distanza tra i due piedi con ginocchia in flessione; all occorrenza, per la mobilizzazione dei pazienti allettati, con un ginocchio flesso sul letto) per evitare lo sbilanciamento del proprio baricentro; avvicinare il più possibile al proprio corpo il carico da spostare; assicurare una buona presa, evitare le operazioni di movimentazione in iperestensione degli arti superiori ed il sollevamento da terra senza la flessione delle ginocchia; evitare inoltre i movimenti di torsione del busto con gambe ferme. Nella movimentazione, con l ausilio di attrezzature meccaniche o minori (telini, tavole, cinghie, ecc..), quando possibile, deve sempre essere attuata. Alcuni esempi di approccio con riferimento alla numerosità degli operatori addetti secondo le linee guida: SE IL PAZIENTE COLLABORA - Normalmente la movimentazione è effettuata da un operatore. Attenzione: nel caso di pazienti alti, obesi o poco collaboranti, è utile un secondo operatore che collabori allo spostamento del bacino con presa ai pantaloni. SE IL PAZIENTE NON COLLABORA - La movimentazione normalmente deve essere organizzata con due o più operatori secondo le linee guida acquisite con il corso di formazione. SPOSTAMENTO VERSO IL CUSCINO - 2 operatori. TRASLAZIONE DAL LETTO ALLA CARROZZINA - operatori da 2 a 4 in relazione al peso del paziente. TRASFERIMENTO DAL LETTO ALLA BARELLA - 2 operatori. Attenzione: in mancanza di telini ad alto scorrimento, si utilizzi un normale traverso. In questo caso gli operatori, eventualmente più di 2, durante la traslazione dovranno appoggiare un ginocchio sul bordo del letto. SOLLEVAMENTO DA TERRA: Si tratta di manovra d emergenza. Se disponibile utilizzare il sollevatore. In mancanza di sollevatore si consigliano le seguenti manovre con l impiego di due o più operatori: due operatori sollevano il busto del paziente; uno dei due operatori si pone accovacciato dietro al paziente, pone le braccia dello stesso in posizione conserte ed effettua la presa crociata; il secondo operatore, in posizione accovacciata, afferra gli arti inferiori sostenendoli nel cavo popliteo; agendo in modo sincrono i due operatori sollevano il paziente facendo forza sui propri arti inferiori, mantenendo i piedi divaricati ed il busto eretto; trasferiscono il paziente al letto o alla barella, nell adagiarlo flettono eventualmente le ginocchia. 53

54 CAPITOLO 8 Rischio da ambiente di lavoro ILLUMINAZIONE Una corretta illuminazione degli ambienti di lavoro è importante sia per le condizioni di comfort sia per la sicurezza. Una scarsa o eccessiva illuminazione, una non adeguata direzionalità e distribuzione dei flussi luminosi, la presenza di riflessi sulle superfici dei videoterminali, un eccessivo contrasto di luminosità sono tutti elementi che creano condizioni di disagio che producono stress fisico e mentale. Preferenza e priorità dovranno essere accordati all illuminazione naturale, mentre l illuminazione artificiale deve completare e supplire in modo ottimale quella naturale. Bisognerà dunque prestare attenzione alla scelta dei corpi illuminanti, le cui caratteristiche devono essere tali da raggiungere condizioni ottimali per rilanciare una carenza di apporto di luce naturale. Il problema della luce assume le caratteristiche di fattore di sicurezza antinfortunistica per quanto concerne i locali e le vie di comunicazione. Una scarsa illuminazione può generare condizione di rischio d infortunio, ad esempio: cadute causate da ostacoli poco visibili, o dalle scale. Anche uno scarto eccessivo d intensità luminosa (ad esempio tra i locali comunicanti), può provocare fenomeni di abbagliamento. MICROCLIMA Condizioni microclimatiche non idonee possono generare condizioni di malessere psicofisico, che si manifestano con la sensazione di affaticamento e disagio, presenza di disturbi fisici, sino a vere e proprie forme di patologie. I fattori microclimatici principali sono: la temperatura, l umidità dell aria, le condizioni di areazione. Un giusto equilibrio di tali fattori crea le condizioni di benessere. La temperatura dovrà essere adeguata alle esigenze dell organismo umano infatti le condizioni di benessere sono generalmente assicurate nell intervallo di temperatura tra i 18 C ed i 23 C, e dipendono da fattori quali l umidità, l areazione e l utilizzazione prevista dei locali (di lavoro, di riposo, impianti sanitari, etc.). L umidità dell aria non deve essere né troppo bassa né troppo alta, l umidità relativa dovrebbe non essere compresa tra il 40% ed il 60%. La ventilazione dovrà essere sufficiente, assicurando un adeguata velocità dell aria (in modo da assicurare un buon ricambio, evitando correnti d aria moleste), un accurata pulizia delle condotte (per evitare presenza di sedimenti che possono inquinare e comportare pericolo per la salute), un adeguata manutenzione periodica del filtraggio. In caso di locali condizionati bisognerà accertarsi che l aria estiva non sia troppo fredda in modo da evitare sbalzi termici; la differenza tra temperatura interna ed esterna non dovrebbe superare i 7 C. CONDIZIONAMENTO ARIA Gli impianti per la climatizzazione sono destinati a svolgere le funzioni di controllo delle condizioni termiche e di umidità dell'aria, di ricambio controllato dell'aria e di cattura per filtrazione di polveri e altre particelle trasportate. La semplicità delle soluzioni tecniche deve essere compatibile con una gestione controllata e duratura. In pratica esistono molti casi in cui l impianto per la climatizzazione non svolge in modo adeguato nessuna delle funzioni ad esso attribuite, e per giunta trasporta o diventa fonte di rumore, vibrazioni, contaminanti microbiologici, polveri e gas. 54

55 I microorganismi che possono proliferare in vari punti degli impianti di condizionamento sono causa di epidemie o casi isolati di legionellosi e di alveoliti allergiche estrinseche da actinomiceti termofili; è probabile che anche la cosiddetta febbre degli umidificatori o del lunedì caratterizzata da una sintomatologia simil-influenzale che compare tipicamente il primo giorno della settimana lavorativa per regredire successivamente, sia una forma acuta di polmonite di ipersensibilità scatenata dalla diffusione, con la riaccensione degli impianti, di microorganismi che avevano avuto modo di proliferare durante la pausa del fine settimana. La patologia più tipica legata alla qualità dell aria è la Sick Building Syndrome o sindrome dell edificio malato. È caratterizzata da disturbi a livello oculare e delle prime vie aeree (secchezza oculare e faringea, stenosi nasale o rinorrea, iperreattività aspecifica di queste mucose), cutaneo (secchezza, irritazione), nervoso (intontimento, cefalea), sensoriale (alterazioni dell olfatto e del gusto). I sintomi sono di solito lievi, si presentano con frequenza almeno settimanale, migliorano con l allontanamento dal lavoro. Numerose indagini hanno evidenziato che questa sindrome è più frequente negli uffici situati in edifici di tipo moderno con aria condizionata, a paragone di quelli collocati in costruzioni tradizionali con ventilazione naturale. La patogenesi dei disturbi non è chiara, anche se nella maggior parte dei casi sono da escludere fenomeni di tipo allergico. I disturbi sono essenzialmente da ricondurre alle caratteristiche dell ambiente lavorativo che potrebbero essere migliorate mediante una progettazione più attenta alle variabili umane oltre che a quelle tecnologico-costruttive, un maggior numero di ricambi d aria, una più accurata manutenzione ed il conferimento della possibilità di controllo diretto delle variabili ambientali agli individui che vi soggiornano. INQUINAMENTO INDOOR I contaminanti dell aria sono svariati e dipendono da più fattori come la struttura dei posti di lavoro (locali sovraffollati, insufficiente ricambio d aria, presenza di moquette, mobili nuovi, ecc.), la presenza di macchinari (ad esempio le fotocopiatrici), gli impianti di condizionamento (possibilità di inquinamento da batteri, muffe e virus in impianti privi di accurata manutenzione) e i comportamenti (fumo di tabacco, scarse condizioni di pulizia con presenza di polveri, etc.). SPAZI È necessario che il lavoro si svolga in uno spazio adeguato che assicuri le condizioni di igiene, salute, sicurezza e benessere. La superficie del pavimento, l altezza ed il volume d aria devono essere adeguati allo svolgimento del lavoro e bisogna inoltre assicurare la necessaria libertà di movimento, dimensionando opportunamente i locali e la sistemazione degli arredi e macchinari. Il problema riveste particolare importanza negli ambienti di lavoro con posti di lavoro multipli, sia per gli aspetti ambientali già accennati, sia per quelli comportamentali legati alla convivenza forzata che possono amplificare gli stessi aspetti ambientali (contemporanea presenza di fattori ambientali, quali rumore, conversazioni telefoniche, etc.). Le misure adottate sono state indirizzate a superare il tutto mediante misure organizzative, procedurali e richiamando il personale a misure comportamentali consone. 55

56 CAPITOLO 9 Il rischio da allergie Definizione Il nostro sistema immunitario aiuta l organismo a difendersi dagli attacchi da parte di agenti infettivi o da sostanze tossiche. In alcuni soggetti il sistema immunitario nel reagire contro gli agenti infettivi e tossici (detti allergeni) con i quali si possono avere dei contatti durante l attività lavorativa, può avere reazioni abnormi, immediate e violente, che vengono definite allergie. Le reazione allergiche possono manifestarsi coinvolgendo diversi apparati; la pelle (dermatite da contatto), gli occhi (congiuntivite allergica), le vie respiratorie (rinite allergica, alveolite allergica, schock anafilattico). Gli allergeni possono venire a contatto con l organismo per via aerea, alimentare, intestinale, cutanea ed altre forme. I fattori di rischio I principali fattori di rischio allergologico finora identificati sono di origine animale (acari, larve ecc.), vegetale (latice, farine, pollini...), funghi e batteri, ed allergeni chimici. Fra le sostanze di sintesi chimica i detergenti e, in particolare, i disinfettanti rappresentano uno dei fattori di rischio più rilevanti in questo settore a causa della loro ampia utilizzazione e della numerosità del personale esposto. Fra i disinfettanti sono da sottolineare in particolare glutaraldeide, sali di ammonio quaternario, formaldeide e clorammina-t, utilizzati per la disinfezione della cute, per la sterilizzazione di strumenti chirurgici e odontoiatrici, cateteri, endoscopi. In generale, pur rappresentando l uso di queste sostanze ovviamente un rischio per tutto il personale del settore, il rischio maggiore, per l uso di detergenti, è soprattutto del personale ausiliario e del personale operante in sala operatoria, mentre per l uso di disinfettanti, il rischio è maggiore per il personale infermieristico, per parte del personale delle sale operatorie e dei reparti di endoscopia. I detergenti e i disinfettanti sono noti da tempo come causa di dermatite da contatto sia di natura irritativa che di natura allergica alle mani, ai polsi e agli avambracci; alcuni disinfettanti sono stati recentemente descritti anche come causa di asma professionale. Il latice presente nei guanti chirurgici è forse attualmente il fattore di rischio più rilevante per patologie allergiche nel settore sanitario, sia per l ampia utilizzazione sia per l elevato potere allergogeno. È potenzialmente esposto al rischio tutto il personale sanitario che indossa regolarmente i guanti di latice o che svolge la sua attività in ambienti confinati in cui tali guanti vengono estesamente utilizzati anche in assenza di un contatto diretto con essi. 56

57 Infatti, poiché le particelle di latice possono aderire alle particelle di polvere lubrificante (amido di mais) contenuta all interno dei guanti stessi, esse possono liberarsi nell aria al momento dell apertura della confezione sigillata in cui i guanti sono contenuti e scatenare reazioni da inalazione. Prodotti contenenti latice in oggetti per uso medico e odontoiatrico: Guanti chirurgici; Cateteri vescicali; Palloni (ad esempio tipo Ambu); Maschere anestesiologiche; Tubi endotracheali; Cateteri per clisteri di bario; Cannule per uso intravenoso; Tourniquets, cerotti; Apparecchi ortodontici in gomma. Le manifestazioni cliniche da sensilibizzazione a latice possono essere di diversa gravità: da manifestazioni locali come dermatite da contatto, a manifestazioni sistemiche a carico di cute e mucose (orticaria generalizzata, edema angioneurotico al volto, soprattutto alle palpebre e alle labbra, o in altre sedi fino a edema della glottide e difficoltà respiratoria ingravescente), a carico dell apparato respiratorio (asma e rinite) e dell occhio (congiuntivite), cardiovascolari/ipotensioni, tachicardia, collasso, fino ad un vero e proprio shock anafilattico. Misure di prevenzione e protezione I programmi di prevenzione del rischio allergico in ambiente sanitario comprendono provvedimenti di prevenzione primaria sull ambiente di lavoro e misure di prevenzione secondaria sull uomo. Poiché il riconoscimento del settore sanitario come settore a rischio allergico complesso è relativamente recente, le misure più opportune di prevenzione primaria sull ambiente sono tutt oggi allo studio, soprattutto per le patologie respiratorie. Più definite, invece, sono le misure di prevenzione della dermatite da contatto. Esse riguardano, da una parte, l adozione di pratiche di comportamento che minimizzino i fattori favorenti la sensibilizzazione, dall altra l adozione di guanti il più possibile ipoallergenici fin dall inizio dell attività lavorativa. A questi provvedimenti di prevenzione primaria vanno affiancate misure di prevenzione individuale. Per ciò che riguarda le pratiche di comportamento va evitato l uso di detergenti-antisettici a ph non fisiologico ad azione irritante in quanto l irritazione della cute favorisce l insorgenza di sensibilizzazione. Parimenti, devono essere evitate le pratiche di eccessiva detersione e strofinio delle mani e degli avambracci in quanto lesive del film idrolipidico che protegge la cute, poiché l integrità del mantello cutaneo è essenziale per minimizzare il passaggio di allergeni agli strati più profondi della cute. Nel caso di allergopatie cutanee, l operatore deve prestare particolare attenzione a segni di disidratazione o macerazione, pruriti, sensazione di bruciore. La precoce identificazione e trattamento delle patologie cutanee è molto importante per prevenire la cronicizzazione delle malattie. Il Medico Competente effettua la diagnosi clinica ed eventuali test biologi o cutanei (RAST Test, PRICK Test). 57

58 CAPITOLO 10 Rischio da uso di videoterminali Definizione Trattasi delle attività lavorative comportanti l uso di attrezzature munite di videoterminali (VDT), ai sensi dell art. 172 del D.Lgs. 81/08, Come precisato dall art. 173 del D.Lgs. 81/08, si intende per: Videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato; Posto di lavoro: l insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, incluso il mouse, il software per l interfaccia uomo/macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché l ambiente di lavoro immediatamente circostante; Lavoratore: il lavoratore che utilizza un attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all art. 175 dello stesso D.Lgs. 81/08. Rischi evidenziati dall analisi Ai sensi dell art. 174 del D.Lgs. 81/08, sono state analizzati attentamente i posti di lavoro degli addetti all utilizzo dei VDT e, verificando attentamente l attività lavorativa degli stessi, sono stati riscontrati e valutati, con il metodo indicato nella relazione introduttiva, i rischi riportati nella seguente tabella: La tecnica di produzione delle immagini sullo schermo è tale per cui dall apparecchio vengono generate, oltre alla luce visibile, radiazioni elettromagnetiche di varia lunghezza d onda di debole intensità e difficilmente apprezzabili con gli strumenti di misura, come è ormai dimostrato da una serie numerosa di rilevazioni su apparecchi diversi per marca, modello e stato di manutenzione. Il lavoro del videoterminalista può comportare un pericolo per la salute in relazione alla durata dell esposizione, alle caratteristiche del lavoro svolto, alle caratteristiche dell hardware e del software, alle caratteristiche del posto di lavoro e dell ambiente. Effetti sulla salute legati al lavoro con una unità video sono dimostrabili per quanto concerne i disturbi oculovisivi, i disturbi muscolo-scheletrici e, in minore misura, le reazioni da stress. 58

59 I disturbi all apparato visivo sono dovuti essenzialmente ad un elevata sollecitazione e all affaticamento degli occhi. L apparato oculare è sollecitato per i seguenti motivi: sforzo accomodativo e adattativo (distanze e livelli di luminosità sempre differenti); posizionamento non corretto dello schermo rispetto alle finestre e ad altre sorgenti luminose; ciò causa abbagliamenti, riflessi fastidiosi e un maggiore contrasto chiaro-scuro; sfarfallio dei caratteri e dello sfondo, soprattutto con gli schermi di vecchia generazione; cattiva visualizzazione di singoli caratteri, frasi o di intere porzioni di testo; desktop disordinato e sfruttato in maniera insoddisfacente. I dolori al collo e alle articolazioni sono imputabili a: posizione sedentaria protratta o postura scorretta; spazio insufficiente per la tastiera e il mouse; mancanza di ausili di lavoro ergonomici (ad es. poggiapiedi, poggiapolsi per tastiera e mouse); altezza della sedia non perfettamente idonea o del tutto inidonea alle caratteristiche fisiche dell utente; schermo collocato in posizione rialzata; uso di occhiali non idonei o ridotta capacità visiva (l uso di occhiali progressivi non adatti può, infatti, costringere il lavoratore ad assumere una posizione incongrua con la testa). Principali misure di prevenzione ed istruzioni Le caratteristiche delle apparecchiature e in particolare dei videoterminali, dei sedili, dei sistemi di illuminazione sono studiati da tempo e ciò ha permesso di definire standard, norme e indicazioni preventive. In questo senso si è indirizzato anche il D.Lgs. 81/08, nel quale si precisa che ambienti, posti di lavoro e videoterminali siano sottoposti a verifiche e che siano effettuati controlli periodici di alcune variabili come quelle posturali, quelle microclimatiche, illuminotecniche ed ambientali generali. A tale proposito, l allegato XXXIV dello stesso D.Lgs. 81/08, fornisce i requisiti minimi delle attrezzature di lavoro, che sono stati rispettati, come precisato nel seguito. È inoltre stato previsto un adeguato piano di sorveglianza sanitaria con programmazione di un accurata visita preventiva eventualmente integrata da una valutazione oftalmologica estesa a tutte le funzioni sollecitate in questo tipo di attività. Di grande importanza sono le indicazioni correttive degli eventuali difetti visivi formulate dallo specialista in oftalmologia. I lavoratori addetti ai videoterminali saranno sottoposti a sorveglianza sanitaria periodica, per valutare l eventuale comparsa di alterazioni oculo-visive o generali riferibili al lavoro con videoterminali, come meglio dettagliato nella sezione specifica. Di fondamentale importanza, infine, la prevista informazione e formazione dei lavoratori addetti, come precisato nel seguito, nonché il previsto controllo periodico degli operatori, al fine di individuare difetti di postura o modalità operative e comportamentali difformi dai contenuti del presente documento. Requisiti ambiente di lavoro SPAZIO Come indicato al punto 2, lettera a) dell Allegato XXXIV del D.Lgs. 81/08, il posto di lavoro deve essere ben dimensionato e allestito in modo che vi sia spazio sufficiente per permettere cambiamenti di posizione e movimenti operativi. Tutte le postazioni di lavoro soddisfano tali requisiti, così come indicati nella fig

60 ILLUMINAZIONE Risultano rispettati i requisiti di illuminazione riportati al punto 2, lettera b), dell Allegato XXXIV del D.Lgs. 81/08, in quanto: L illuminazione generale e specifica (lampade da tavolo) garantisce un illuminamento sufficiente e un contrasto appropriato tra lo schermo e l ambiente circostante, tenuto conto delle caratteristiche del lavoro e delle esigenze visive dell utilizzatore. Sono stati evitati riflessi sullo schermo ed eccessivi contrasti di luminanza e abbagliamenti dell operatore, disponendo la postazione di lavoro in funzione dell ubicazione delle fonti di luce naturale e artificiale (in particolare tutte le postazioni sono state posizionate in modo da avere la luce naturale di fianco, come indicato nelle figure 2 e 3). Si è tenuto conto della posizione di finestre, pareti trasparenti o traslucide, pareti e attrezzature di colore chiaro che possono determinare fenomeni di abbagliamento diretto e/o indiretto e/o riflessi sullo schermo. Ove necessario, le finestre sono munite di un opportuno dispositivo di copertura regolabile per attenuare la luce diurna che illumina il posto di lavoro. Lo sguardo principale dell operatore deve essere parallelo alla finestra. La postazione di lavoro deve trovarsi possibilmente in una zona lontana dalle finestre oppure sul lato del posto di lavoro lontano dalle finestre. 60

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62 DISTANZA VISIVA Con gli schermi comunemente in uso è consigliabile una distanza visiva compresa tra 50 e 70 cm (vedi figura 1). Per gli schermi molto grandi, è consigliabile una distanza maggiore. RUMORE Il rumore emesso dalle attrezzature appartenenti al/ai posto/i di lavoro è stato preso in considerazione al momento della sistemazione delle postazioni di lavoro e dell acquisto delle attrezzature stesse, in particolare al fine di non perturbare l'attenzione e la comunicazione verbale (punto 2, lettera d), Allegato XXXIV, D.Lgs. 81/08). PARAMETRI MICROCLIMATICI Le condizioni microclimatiche non saranno causa di discomfort per i lavoratori e le attrezzature in dotazione al posto di lavoro, di buona qualità, non producono un eccesso di calore che possa essere fonte di discomfort per i lavoratori (punto 2, lettera e), Allegato XXXIV, D.Lgs. 81/08). RADIAZIONI Tutte le radiazioni, eccezione fatta per la parte visibile dello spettro elettromagnetico, devono essere ridotte a livelli trascurabili dal punto di vista della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori (punto 2, lettera f), Allegato XXXIV, D.Lgs. 81/08). Gli schermi piatti non emettono radiazioni pericolose e anche quelli tradizionali attualmente in commercio non destano preoccupazioni. In base alle conoscenze attuali, essi non rappresentano un pericolo per la salute, neppure per le donne in gravidanza. L impiego di speciali filtri allo scopo di ridurre le radiazioni è stato, quindi, ritenuto inutile. IRRAGGIAMENTO TERMICO Sia gli schermi che le unità centrali producono calore che poi deve essere smaltito aerando adeguatamente i locali. L elevata presenza di schermi in un locale impone quindi una maggiore ventilazione. Occorre tenere presente che anche l unità centrale produce calore. Poiché il calore prodotto da uno schermo piatto è circa un terzo di quello emesso da uno schermo tradizionale, ai fini del miglioramento delle condizioni di lavoro, si prevede la progressiva sostituzione dei monitor tradizionali con schermi piatti. I lavoratori addetti dovranno provvedere ad areare regolarmente i locali di lavoro. In inverno sarà sufficiente tenere le finestre aperte per pochi minuti in modo da cambiare l aria in tutto il locale. In estate può bastare un piccolo ventilatore per dare ristoro. UMIDITÀ Il calore generato dai VDT può rendere l aria asciutta, ed alcuni portatori di lenti a contatto provano disagio per tale circostanza. Si farà in modo, quindi, di ottenere e mantenere un umidità soddisfacente per garantire il confort generale dei lavoratori ed il fastidio possibile per i portatori di lenti a contatto. 62

63 INTERFACCIA ELABORATORE-UOMO All atto dell elaborazione, della scelta, dell acquisto del software, o allorché questo venga modificato, come anche nel definire le mansioni che implicano l utilizzazione di unità videoterminali, si terrà conto dei seguenti fattori (punto 3), Allegato XXXIV, D.Lgs. 81/08): il software dovrà essere adeguato alla mansione da svolgere e di facile uso adeguato al livello di conoscenza e di esperienza dell utilizzatore nessun dispositivo di controllo quantitativo o qualitativo verrà utilizzato all insaputa dei lavoratori; il software dovrà essere strutturato in modo tale da fornire ai lavoratori indicazioni comprensibili sul corretto svolgimento dell attività; i sistemi devono fornire l informazione di un formato e ad un ritmo adeguato agli operatori; i principi dell ergonomia devono essere applicati in particolare all elaborazione dell informazione da parte dell uomo. ATTREZZATURA DI LAVORO L utilizzazione in sé del VDT non sarà fonte di rischio per i lavoratori addetti che disporranno, come precisato nel seguito, di schermi moderni e adatti alle attività lavorative, così come di arredi stabili, facilmente pulibili e soprattutto regolabili, in modo da poter adattare la postazione di lavoro alle proprie caratteristiche fisiche. Agli operatori addetti viene garantito di: poter lavorare anche in piedi; poter utilizzare occhiali adeguati, se necessario; poter fare delle pause e rilassarsi. Gli operatori dovranno segnalare eventuali malfunzionamenti o situazioni difformi da quanto specificato nel seguito. SCHERMO Come prescritto dall Allegato XXXIV del D.Lgs. 81/08, gli schermi del VDT in dotazione possiedono le seguenti caratteristiche minime (punto 1, lettera b, Allegato XXXIV, D.Lgs. 81/08): La risoluzione dello schermo è tale da garantire una buona definizione, una forma chiara, una grandezza sufficiente dei caratteri e, inoltre, uno spazio adeguato tra essi. L immagine sullo schermo risulta stabile; esente da farfallamento, tremolio o da altre forme di instabilità. La brillanza e/o il contrasto di luminanza tra i caratteri e lo sfondo dello schermo risultano facilmente regolabili da parte dell utilizzatore del videoterminale e facilmente adattabili alle condizioni ambientali. Lo schermo è orientabile ed inclinabile liberamente per adeguarsi facilmente alle esigenze dell utilizzatore. È possibile utilizzare un sostegno separato per lo schermo o un piano regolabile. Sullo schermo non devono essere presenti riflessi e riverberi che possano causare disturbi all utilizzatore durante lo svolgimento della propria attività. Lo schermo deve essere posizionato di fronte all operatore in maniera che, anche agendo su eventuali meccanismi di regolazione, lo spigolo superiore dello schermo sia posto un po più in basso dell orizzontale che passa per gli occhi dell operatore e ad una distanza degli occhi pari a circa cm, per i posti di lavoro in cui va assunta preferenzialmente la posizione seduta. 63

64 Il lavoratore addetto potrà: In caso di problemi con le dimensioni dei font del sistema, modificare le impostazioni del sistema operativo. TASTIERA E DISPOSITIVI DI PUNTAMENTO Come prescritto dal D.Lgs. 81/08, la tastiera ed il mouse facenti parte del VDT in dotazione possiedono le seguenti caratteristiche minime (punto 1, lettera c, Allegato XXXIV, D.Lgs. 81/08): La tastiera è separata dallo schermo, è facilmente regolabile ed è dotata di meccanismo di variazione della pendenza onde consentire al lavoratore di assumere una posizione confortevole e tale da non provocare l affaticamento delle braccia e delle mani. Lo spazio sul piano di lavoro è tale da consentire un appoggio degli avambracci davanti alla tastiera nel corso della digitazione, tenendo conto delle caratteristiche antropometriche dell operatore. La tastiera possiede una superficie opaca onde evitare i riflessi. La disposizione della tastiera e le caratteristiche dei tasti ne agevolano l uso. I simboli dei tasti presentano sufficiente contrasto e risultano leggibili dalla normale posizione di lavoro. Il mouse in dotazione alla postazione di lavoro viene posto sullo stesso piano della tastiera, in posizione facilmente raggiungibile e dispone di uno spazio adeguato per il suo uso. Il lavoratore addetto potrà: In caso di problemi o dolori ai polsi, richiedere al datore di lavoro di prevedere l acquisto di tastiere speciali e/o mouse ergonomici. Postazione di lavoro PIANO DI LAVORO Come previsto dal D.Lgs. 81/08, il piano di lavoro possiede le seguenti caratteristiche minime (punto 1, lettera d, Allegato XXXIV, D.Lgs. 81/08): Superficie a basso indice di riflessione, struttura stabile e di dimensioni sufficienti a permettere una disposizione flessibile dello schermo, della tastiera, dei documenti e del materiale accessorio, come indicato nella figura in basso, che riporta le misure standard: L altezza del piano di lavoro fissa o regolabile deve essere indicativamente compresa fra 70 e 80 cm. Lo spazio a disposizione deve permettere l alloggiamento e il movimento degli arti inferiori, nonché l ingresso del sedile e dei braccioli se presenti. La profondità del piano di lavoro deve essere tale da assicurare una adeguata distanza visiva dallo schermo. Il supporto per i documenti, ove previsto, deve essere stabile e regolabile e deve essere collocato in modo tale da ridurre al minimo i movimenti della testa e degli occhi. 64

65 SEDILE DI LAVORO Come previsto dal D.Lgs. 81/08, il sedile di lavoro possiede le seguenti caratteristiche minime (punto 1, lettera e, Allegato XXXIV, D.Lgs. 81/08): Il sedile di lavoro risulta stabile e permette all utilizzatore libertà nei movimenti, nonché l assunzione di una posizione comoda. Il sedile possiede altezza regolabile in maniera indipendente dallo schienale e dimensioni della seduta adeguate alle caratteristiche antropometriche dell utilizzatore. Lo schienale è adeguato alle caratteristiche antropometriche dell utilizzatore ed è dotato di regolazione dell altezza e dell inclinazione. Nell ambito di tali regolazioni l utilizzatore potrà fissare lo schienale nella posizione selezionata. Lo schienale e la seduta possiedono bordi smussati. I materiali, facilmente pulibili, presentano un livello di permeabilità tale da non compromettere il comfort del lavoratore. Il sedile è dotato di un meccanismo girevole per facilitare i cambi di posizione e può essere spostato agevolmente secondo le necessità dell utilizzatore. Un poggiapiedi sarà messo a disposizione di coloro che lo desiderino per far assumere una postura adeguata agli arti inferiori. Il poggiapiedi sarà tale da non spostarsi involontariamente durante il suo uso. 65

66 Stress psicofisico I lavoratori addetti all utilizzo di videoterminali a volte accusano disturbi da stress. Ciò deriva, molto spesso, da un incremento del ritmo di lavoro o da pressioni esterne per soddisfare determinate scadenze di lavoro, e non dall utilizzo in sé delle attrezzature munite di videoterminali. Per alcuni lavoratori addetti al VDT si riscontra, al contrario, una riduzione dello stress, in quanto il videoterminale rende il loro lavoro più facile o più interessante. Nel lavoro al videoterminale è possibile riscontrare una certa difficoltà degli operatori a seguire adeguatamente il continuo aggiornamento dei software. L attività al videoterminale richiede pertanto che essa sia preceduta da un adeguato periodo di formazione all uso dei programmi e procedure informatiche. Si raccomanda ai lavoratori, al riguardo: di seguire le indicazioni e la formazione ricevuti per l uso dei programmi e delle procedure informatiche; di utilizzare parte del tempo per acquisire le necessarie competenze ed abilità; di rispettare la corretta distribuzione delle pause; di utilizzare software per il quale si è avuta l informazione necessaria, ovvero facile da usare; In caso di anomalie del software e delle attrezzature l operatore potrà riferire al RLS per la soluzione del problema. Infine, si ricorda che la conoscenza del contesto in cui si colloca il risultato del lavoro al videoterminale, è un elemento utile per l attenuazione di uno dei possibili fattori di affaticamento mentale. Affaticamento visivo Si tratta di un sovraccarico dell apparato visivo. I sintomi sono bruciore, lacrimazione, secchezza oculare, senso di corpo estraneo, fastidio alla luce, dolore oculare e mal di testa, visione annebbiata o sdoppiata, frequente chiusura delle palpebre e stanchezza alla lettura. Sono disturbi che si manifestano in chi è sottoposto a stress visivo e possono causare vere e proprie malattie. 66

67 Oltre al corretto posizionamento della postazione ed ai requisiti già descritti per l attrezzatura di lavoro, per ridurre al minimo l affaticamento visivo degli addetti all utilizzo del VDT, verranno osservate le seguenti misure di prevenzione: Non avvicinarsi mai troppo al video per migliorare la visibilità dei caratteri (tenere presenti le corrette distanze già indicate); aumentare piuttosto il corpo dei caratteri od ingrandire la pagina sullo schermo. Soprattutto nel caso si adoperino lenti multifocali (progressive), è utile mantenere i testi cartacei alla medesima altezza rispetto al monitor, utilizzando un leggio portadocumenti posizionato il più vicino possibile al video e sempre di fronte all operatore. Per i portatori di occhiali: gli oggetti riflettenti dell ambiente, ma soprattutto il monitor, originano riflessi sia sulla superficie esterna sia su quella interna degli occhiali. Questi riflessi si sovrappongono sulla retina alle immagini visive e creano degli aloni fastidiosi. È buona norma utilizzare lenti trattate con filtri antiriflesso. Anche talune lenti colorate possono essere utili per ridurre la luce dello sfondo e migliorare il contrasto. Effettuare le previste pause: Il D.Lgs. 81/08, all art. 175, comma 3, prevede 15 minuti di pausa ogni 120 minuti di applicazione continuativa al VDT, durante la quale è consigliabile sgranchirsi le braccia e la schiena, senza impegnare gli occhi. Gli effetti più benefici si hanno quando, durante le pause, si rivolge lo sguardo su oggetti lontani, meglio se fuori dalla finestra Postura non corretta Per prevenire l insorgenza di disturbi muscolo-scheletrici i lavoratori dovranno: assumere la postura corretta di fronte al video, con piedi ben poggiati al pavimento e schiena poggiata allo schienale della sedia nel tratto lombare, regolando allo scopo l altezza della sedia e l inclinazione dello schienale. A tale scopo sono disponibili le diverse regolazioni (fig. 1); posizionare lo schermo del video di fronte in maniera che, anche agendo su eventuali meccanismi di regolazione, lo spigolo superiore dello schermo sia posto un po' più in basso dell orizzontale che passa per gli occhi dell operatore e ad una distanza dagli occhi pari a circa cm. (fig. 1); disporre la tastiera davanti allo schermo (fig. 1 e fig. 4) ed il mouse, od eventuali altri dispositivi di uso frequente, sullo stesso piano della tastiera ed in modo che siano facilmente raggiungibili; eseguire la digitazione e utilizzare il mouse evitando irrigidimenti delle dita e del polso, curando di tenere gli avambracci appoggiati sul piano di lavoro in modo da alleggerire la tensione dei muscoli del collo e delle spalle; evitare, per quanto possibile, posizioni di lavoro fisse per tempi prolungati. Nel caso ciò fosse inevitabile si raccomanda la pratica di frequenti esercizi di rilassamento (collo, schiena, arti superiori ed inferiori). Utilizzo di computer portatili Nel caso di utilizzo prolungato di computer portatili, come previsto dal punto 1, lettera f) dell Allegato XXXIV del D.Lgs. 81/08, verrà fornita al lavoratore una tastiera ed un mouse o altro dispositivo di puntamento esterni nonché di un idoneo supporto che consenta il corretto posizionamento dello schermo, (in alternativa potrà essere impiegato uno schermo separato, conforme a quello già descritto, collegato al notebook). 67

68 Lavoratrici in stato di gravidanza Come contemplato dal comma 1 dell art. 28 del D.Lgs. 81/08, la valutazione dei rischi ha riguardato anche quelli relativi alle lavoratrici in stato di gravidanza (secondo quanto previsto dal D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151). La tutela della salute lavoratrici madri attraverso l eliminazione o riduzione dell esposizione a fattori di rischio professionali per le gravide, per l embrione ed il feto, con particolare attenzione a fattori di rischio abortigeni, mutageni e teratogeni, ha comportato la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento fino a sette mesi dopo il parto, per le lavoratrici addette all utilizzo dei VDT. La valutazione ha tenuto conto anche dei movimenti, delle posizioni di lavoro, della fatica mentale e fisica e gli altri disagi fisici e mentali connessi con l attività svolta dalle predette lavoratrici durante l utilizzo dei VDT. L unico problema per le lavoratrici gestanti è legato all assunzione di variazioni posturali legate alla gravidanza che potrebbero favorire l insorgenza di disturbi dorso-lombari atti a giustificare la modifica temporanea delle condizioni o dell orario di lavoro. Studi specialistici hanno infatti dimostrato che il lavoro al VDT non comporta rischi o problemi particolari sia per la lavoratrice, sia per il nascituro. Pertanto, a seguito della suddetta valutazione, sono state individuate le seguenti misure di prevenzione e protezione da adottare: Alle lavoratrici gestanti saranno concesse maggiori pause di riposo (15 minuti ogni 60 minuti di lavoro al VDT) al fine di consentire cambiamenti posturali atti a prevenire la possibile insorgenza di disturbi dorsolombari. Verranno modificati i ritmi lavorativi, in modo che essi non siano eccessivi e, che non comportino una posizione particolarmente affaticante per la lavoratrice. Se richiesto dal medico competente, si predisporrà una modifica temporanea delle condizioni o dell orario di lavoro. Le lavoratrici addette ed il rappresentante per la sicurezza sono stati informati sui risultati della valutazione e sulle conseguenti misure adottate. N.B. L art. 12, comma 1, del D.Lgs. 151/2001 ha introdotto la facoltà, per le lavoratrici dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, di utilizzare in forma flessibile il periodo dell interdizione obbligatoria dal lavoro di cui all art. 4 della Legge 1204/71 (due mesi prima del parto e tre mesi dopo il parto), posticipando un mese dell astensione prima del parto al periodo successivo al parto. Per poter avvalersi di tale facoltà, la lavoratrice gestante dovrà presentare apposita domanda al datore di lavoro e all ente erogatore dell indennità di maternità (INPS), corredata da certificazione del medico ostetrico-ginecologo del SSN o con esso convenzionato la quale esprima una valutazione, sulla base delle informazioni fornite dalla lavoratrice sull attività svolta, circa la compatibilità delle mansioni e relative modalità svolgimento ai fini della tutela della salute della gestante e del nascituro e, qualora la lavoratrice sia adibita a mansione comportante l obbligo di sorveglianza sanitaria, un certificato del Medico Competente attestante l assenza di rischi per lo stato di gestazione. 68

69 Sorveglianza sanitaria Gli addetti all utilizzo dei VDT saranno sottoposti a sorveglianza sanitaria obbligatoria, come indicato all art. 176 del D.Lgs. 81/08, con particolare riferimento a: rischi per la vista e per gli occhi; rischi per l apparato muscolo-scheletrico. Salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa stabilita dal medico competente, la periodicità delle visite di controllo sarà: biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni o limitazioni e per i lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età; quinquennale negli altri casi. Per i casi di inidoneità temporanea il medico competente stabilirà il termine per la successiva visita di idoneità. Ai sensi del comma 5 dello stesso art. 176, il lavoratore potrà essere sottoposto a visita di controllo per i rischi sopra indicati a sua semplice richiesta, secondo le modalità previste all articolo 41, comma 2, lettera c), e cioè qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. Qualora l esito delle visite mediche ne evidenzi la necessità e non sia possibile utilizzare i dispositivi normali di correzione, ai lavoratori verranno forniti, a spese del Datore di Lavoro, i dispositivi speciali di correzione visiva, in funzione dell attività svolta. I lavoratori addetti ai videoterminali dovranno poi essere sottoposti a sorveglianza sanitaria periodica, per valutare l eventuale comparsa di alterazioni oculo-visive o generali riferibili al lavoro con videoterminali. Dispositivi di protezione individuale Se prescritte dal medico competente dovranno essere utilizzate lenti oftalmiche o altri dispositivi speciali di correzione visiva. Le lenti oftalmiche riducono l affaticamento visivo, bloccando al 100% le radiazioni UV fino a 400 nm e polarizzando la luce in modo da ottenere l eliminazione della maggior parte delle vibrazioni vettoriali delle onde non parallele all asse di polarizzazione; l apporto visivo riceve quindi una luce indiretta senza alterazioni della luminosità ambientale (riducendo notevolmente l affaticamento visivo). 69

70 CAPITOLO 11 Rischio architettonico e strutturale Definizione I rischi architettonici e strutturali derivano da carenze o dal mancato rispetto degli standard al momento della costruzione o sono dovuti a processi di invecchiamento e di degrado delle strutture e delle parti accessorie dei locali ed edifici destinati a luoghi di lavoro. Tipi di rischio Questi rischi possono interessare sia il singolo lavoratore che gruppi di lavoratori o la loro totalità. Appartengono a questa famiglia di rischio: le vie di esodo e le uscite di emergenza (soffitti, pavimenti, rivestimenti, maniglie, maniglioni antipanico); le scale (gradini, corrimano, finestre, etc.); le zone esterne (intonaci, componenti lapidei, infissi, etc.); le finestre, vetrate, porte, etc.. Misure di prevenzione e sicurezza La misura di prevenzione e protezione da adottare è quella della manutenzione periodica e programmata delle parti strutturali ed accessorie degli stabili. Misure comportamentali da adottare Corridoi e pavimenti: segnalare le sconnessioni, avvallamenti o dislivelli o buche; segnalare se sono scivolosi (soprattutto quelli da spazi esterni, quando bagnati); segnalare se sono interrotti da gradini isolati o poco visibili o da differenze di quota malamente raccordate; segnalare se ci sono fonti di inciampo (canaline, coprifili o altro); non deteriorare i pavimenti (per esempio di linoleum o moquette) con spostamenti di mobilio; tenere sgombri i corridoi. Vetri: segnalare le superfici vetrate o le porte a vetri poco visibili (segnali adesivi di attenzione); segnalare i vetri rotti e far provvedere alla loro immediata sostituzione. Scale: segnalare gradini scivolosi, sporchi, etc.; segnalare se non c è un illuminazione sufficiente e se ci sono zone d ombra; segnalare se nella scala ci sono punti d inciampo; tenere sgombre le scale. 70

71 Porte: segnalare se la porta apre direttamente su aree pericolose (porta che apre su strada carrabile, porta che apre su scala, etc.); segnalare se l apertura della porta ostruisce od ingombra il passaggio, soprattutto se è una via di fuga; segnalare se le porte che danno su vie di fuga non siano facilmente apribili in tutta la loro larghezza e se non si aprono nel verso della via di fuga, se possono rimanere chiuse per qualche motivo (chiusure elettriche, ecc.), se non sono dotate di maniglioni antipanico e se non sono costantemente tenute sgombre da mobili e da altri oggetti che ne potrebbero compromettere l uso; tenere sgombre le porte; segnalare l instabilità di porte; segnalare la presenza di porte su cui è indicato l obbligo di rimanere chiuse ma che non lo sono; tenere sgombre le uscite di sicurezza. Distacchi od instabilità: segnalare distacchi di materiali (controsoffitti, rivestimenti interni, intonaci, lastre, etc.); segnalare mobili od attrezzature poco stabili; segnalare arredi fissi poco stabili (corrimano, maniglioni, etc.); segnalare distacchi di persiane, sporti o finestre verso l esterno. Sicurezza: utilizzare le porte e le vie di esodo in maniera corretta e solo in caso di effettiva necessità. Accorgimenti per l handicap: segnalare le fonti principali di disagio per il personale con handicap particolari (motori o sensoriali); segnalare se non tutti i segnali di allarme sono insieme visivi ed acustici. 71

72 CAPITOLO 12 Rischi per la salute legati a stampanti laser, fotocopiatrici e toner Premessa Da qualche anno le polveri di toner, i composti organici volatili e l ozono emessi nell aria all interno dei locali attraverso la manipolazione e l uso di stampanti laser e fotocopiatrici, sono stati messi in relazione con alcuni disturbi. Nel processo di stampa e di fotocopia si svolgono processi chimici e fisici complessi, nel corso dei quali i componenti di toner e carta reagiscono sotto l effetto della luce e di temperature elevate. Queste reazioni possono liberare composti organici volatili di diverse classi chimiche, particelle piccolissime di toner e di carta, ma anche gas, che vengono rilasciati nell aria all interno dei locali. La qualità e la quantità (seppur modesta) di sostanze emesse sono determinate dal procedimento tecnico, dal tipo di toner e di carta utilizzato, dal modello e dall età dell apparecchio, dalla manutenzione e dalle condizioni ambientali. Emissioni di stampanti laser e fotocopiatrici Stampanti laser e fotocopiatrici possono emettere piccole quantità di polvere, composti organici volatili (COV) e ozono. Grazie al progresso tecnico, in molti dispositivi moderni (tecnica a transfer roller) oggi l ozono praticamente non è più presente. Per quanto riguarda le emissioni di polveri, possono essere sia polveri di carta, sia polveri di toner, anche se la percentuale delle polveri di carta è di gran lunga maggiore. I toner sono costituiti da piccolissime particelle di materia termoplastica (copolimeri stirolo-acrilato, nelle stampanti ad alto rendimento in parte poliestere), che si fissano sulla carta per fusione. Come pigmenti coloranti, nei toner neri si utilizza il nerofumo ( carbon black o nerofumo per uso industriale) o l ossido di ferro, nei toner in altri colori invece si utilizzano pigmenti organici. Oltre a questi componenti principali, i toner comprendono diversi coadiuvanti come cera, acido silicico (diossido di silicio amorfo come antiagglomerante) e, in parte, anche piccole quantità di sali metallici per controllare le proprietà elettromagnetiche. Il diametro delle particelle del toner è pari a 2-10 µm. I COV possono essere emessi dalla fusione del toner, ma anche dal riscaldamento della carta. I COV sono per esempio stirolo, toluolo, etilbenzolo, xilolo, fenoli, aldeidi e chetoni. L analisi della composizione chimica dei toner in commercio, eseguita con diverse tecniche, ha rivelato oltre a carbonio, ferro e rame anche piccole percentuali di diversi altri elementi. Si tratta essenzialmente di tracce (quantità nell ordine di ppm), di titanio, cobalto, nichel, cromo, zinco, stronzio, zirconio, cadmio, stagno, tellurio, tungsteno, tantalio e piombo. Caratteristiche delle emissioni di stampanti laser e fotocopiatrici Tossicità Le analisi sulla tossicità dei toner dimostrano che questi prodotti devono essere classificati nella categoria polveri granulari biopersistenti senza tossicità sostanziale specifica conosciuta (GBS). La polvere di toner, costituita principalmente da particelle polimeriche, si differenza dalle polveri fini atmosferiche: al contrario di queste ultime, infatti, il toner non è solubile in soluzioni acquose e quindi è persistente nei liquidi e nei tessuti biologici. La polvere di toner è una polvere respirabile, capace di penetrare fino agli alveoli polmonari e, con le stampanti in funzione, presenta percentuali nell ordine di <100 nm (polveri ultrafini) Per la sua composizione, la polvere di toner è una sostanza non biodisponibile e biologicamente ha un comportamento pressoché inerte. 72

73 In concentrazioni vicine a quelle reali, in caso di inalazione, ingestione e contatto con la pelle, la polvere di toner non presenta tossicità acuta specifica. In caso di accumulo di particelle di toner nel tessuto polmonare di animali da laboratorio dopo un inalazione di lunga durata di concentrazioni elevate di toner, sono state confermate polmoniti croniche e crescita del tessuto polmonare (fibrosi). I toner hanno un effetto cancerogeno? Per la valutazione delle proprietà cancerogene di una sostanza si applicano criteri come analisi epidemiologiche, frequenza del cancro in determinati gruppi professionali, sperimentazioni su animali con un azione simile a quella del posto di lavoro, dati sperimentali e misurazioni degli agenti nell aria ambiente. Finora, le polveri di toner sono state classificate dall ACGIH (American Conference of Governmental Industrial Hygienist - Cincinnati OH) come sostanza non cancerogena sia nell elenco svizzero dei valori limite, sia negli elenchi dei valori limite vigenti a livello internazionale. Gli studi di inalazione in vivo su ratti e criceti non hanno fornito indicazioni di un potenziale effetto cancerogeno. In uno studio (F. Pott. M. Roller) sui ratti, dopo la somministrazione diretta di diverse polveri a dosi elevate direttamente in trachea si è osservato un aumento di tumori ai polmoni. Tutte le polveri analizzate - ossia quelle senza rischio conosciuto - in questo studio hanno provocato un aumento di frequenza del tumore. I toner normalmente utilizzati oggi non sono mutageni (negativi al test di Ames). Gli studi più recenti condotti con metodi citogenetici sollevano la questione se le emissioni delle fotocopiatrici possano avere un effetto genotossico; a questo riguardo sono necessarie ulteriori indagini. Dal momento che l uso di stampanti laser e fotocopiatrici è connesso a una scarsa esposizione all inalazione di toner, non si devono temere effetti cancerogeni. Naturalmente non si può escludere un effetto cancerogeno delle polveri di toner, ma, allo stato attuale delle conoscenze, tale effetto non può essere giudicato probabile. Disturbi della salute La letteratura scientifica riporta rapporti su casi particolari e studi singoli relativi a disturbi dovuti a esposizione alla polvere di toner. Tra i lavoratori raramente possono verificarsi disturbi aspecifici, per esempio prurito e irritazione cutanea, bruciore agli occhi, tosse, dispnea, asma e mal di testa. Nei casi in cui sono stati effettuati test d ipersensibilità per dimostrare una reazione allergica degli impiegati verso i materiali impiegati per i toner o misurazioni delle funzionalità polmonare, generalmente non sono state confermate allergie. I malesseri menzionati devono essere valutati nel singolo caso come risposte aspecifiche allo stimolo, riconducibili o a condizioni di lavoro sfavorevoli o a una ipersensibilità individuale delle mucose. Nella letteratura scientifica sono stati descritti casi singoli di allergie documentate delle vie respiratorie superiori ( rinite allergica ) e delle vie respiratorie inferiori (asma bronchiale). I rapporti pubblicati sulla letteratura non scientifica a proposito di disturbi per la salute frequenti e in parte gravi generalmente sono documentati in modo insufficiente (predisposizioni e malattie preesistenti, mancanza di delucidazioni, valutazioni dell igiene del lavoro carenti). Le conclusioni degli autori sono state tratte sulla base delle descrizioni e delle impressioni soggettive degli impiegati oppure sono state registrate solo retrospettivamente attraverso un questionario. Attualmente, questi rapporti non consentono di dedurre una correlazione causale scientificamente ricostruibile tra l esposizione alla polvere di toner e gli effetti sulla salute descritti. 73

74 In circa 600 dipendenti con oltre 20 anni di esposizione alle polveri di toner legata all attività professionale (attività con contatto diretto con i toner nella produzione dei toner e nello sviluppo di fotocopiatrici e stampanti, nonché nei lavori di manutenzione e riparazione a fotocopiatrici e stampanti) non si è accertata nessuna correlazione rilevante tra l esposizione ai toner e le limitazioni della funzionalità polmonare rispetto alle persone non esposte. Allo stato attuale delle conoscenze, è poco probabile che attraverso l esposizione alle emissioni di fotocopiatrici e stampanti laser nell uomo siano provocate malattie polmonari interstiziali (malattie della struttura polmonare e pneumoconiosi). Nel febbraio 2007, l Università di Giessen ha condotto uno studio clinico, come integrazione dei risultati delle misurazioni su un gruppo di persone all interno degli uffici. Il controllo ha interessato 69 persone provenienti da quattro complessi di uffici: sono stati confrontati i risultati su 36 persone che accusavano disturbi correlati all ambiente di lavoro, 7 che si definivano danneggiate dai toner e 26 senza disturbi correlati all ambiente di lavoro. Sono stati ricercati indizi di allergie e di eventi infiammatori. È stato sottolineato che il metodo di selezione esclude una vera rappresentatività, dal momento che sono stati esortati a partecipare i soggetti da punti caldi. Le persone con disturbi della salute correlati all ambiente di lavoro non presentavano un tasso elevato di malattie preesistenti. Sulla base dei parametri selezionati (CRP, ossido di azoto nell aria espirata, anticorpi delle allergie) non sono stati osservati segni di reazioni infiammatorie delle vie respiratorie, di un infiammazione sistemica o di una tendenza aumentata alle allergie nei dipendenti con disturbi correlati all ambiente di lavoro. L Istituto federale per la valutazione dei rischi, in qualità di committente, ha ricordato che è difficile valutare se e in qual misura sono legati i disturbi soggettivi, i parametri oggettivi e i valori delle emissioni misurati e che, nel complesso, l analisi clinica non indicherebbe specifici problemi di salute dovuti alle emissioni dei toner. Questo studio pilota evidenzia che nelle persone impiegate in ufficio possono manifestarsi disturbi correlati all ambiente di lavoro, ma questi disturbi possono avere le cause più disparate. Sulla scorta dello studio pilota non è possibile fare affermazioni sulla frequenza dei disturbi correlati all ambiente di lavoro. Lo studio non fornisce alcuna indicazione che i lavoratori con disturbi correlati all ambiente di lavoro presentino segni di un infiammazione delle vie respiratorie, di un infiammazione sistemica o di un aumento di allergie. Conclusioni I toner sono composti da materie termoplastiche (particelle polimeriche), nelle quali sono legati i pigmenti. I diametri delle particelle si collocano generalmente nell ordine di 2-10 µm con valori medi di circa 5 µm. I toner devono essere classificati come polvere respirabile (capace di penetrare sino agli alveoli polmonari). Le particelle polimeriche non sono solubili in soluzioni acquose e quindi sono persistenti in fluidi e tessuti biologici. Sotto l aspetto biologico hanno un comportamento pressoché inerte. Nelle sperimentazioni sugli animali con concentrazioni vicine a quelle reali la loro tossicità è scarsa. I toner vengono quindi classificati nella categoria delle polveri granulari bio-persistenti senza tossicità sostanziale specifica conosciuta (GBS). Durante l uso, fotocopiatrici e stampanti emettono inoltre nell aria ambiente COV, ozono e altre sostanze come composti dello stagno e metalli pesanti. Le concentrazioni nell aria ambiente risultanti e misurate si collocano ampiamente al di sotto dei valori limite di esposizione professionale attualmente in vigore. Le analisi con bio-monitoraggio non hanno fornito segnali di una contaminazione interna più alta di metalli pesanti/solventi nelle persone che professionalmente hanno un contatto intensivo con stampanti laser e copiatrici. Non è stato chiarito quale peso vada attribuito all emissione transitoria di particelle ultrafini per pochi minuti all accensione delle stampanti laser. 74

75 I rapporti sui casi finora pubblicati dimostrano che le persone con una iperreattività aspecifica nasale o bronchiale possono sviluppare sintomi come starnuti, rinite, stimolo di tosse e disturbi respiratori. Generalmente, si tratta di reazioni aspecifiche di ipersensibilità dovute a un effetto irritativo delle emissioni. Tali reazioni sono eliminabili attraverso il miglioramento delle condizioni di igiene del lavoro. In letteratura, solo molto raramente sono documentate vere allergie delle vie respiratorie ai toner. Lo studio pilota dell Università di Giessen non ha fornito indicazioni di una reazione infiammatoria delle vie respiratorie, di una reazione infiammatoria generale o di un aumento di allergie nei lavoratori che riconducono i propri disturbi alle emissioni dei toner. I toner oggi utilizzati non sono mutageni. Nelle sperimentazioni su ratti e criceti con somministrazione di toner per via inalativa non si è osservato un aumento di tumori maligni. In un esperimento sui ratti, con instillazione diretta di elevate quantità di toner, si è osservato un aumento dei tumori polmonari. Si continua a studiare le indicazioni di un effetto genotossico delle emissioni delle stampanti. Un effetto cancerogeno non è naturalmente escluso, ma allo stato attuale dei dati non può essere ritenuto probabile. I valori limite di esposizione professionale non costituiscono un limite sicuro tra concentrazioni pericolose e innocue e i disturbi della salute - anche in caso di rispetto dei valori limite - non possono essere esclusi. Per questi dipendenti si devono trovare soluzioni individuali. Per esempio una migliore ventilazione dell ufficio o lo spostamento della stampante e/o della copiatrice in una stanza separata. Inoltre, soprattutto se si utilizzano stampanti e toner di vecchio tipo, bisogna provare a sostituirli con un apparecchio moderno e a basse emissioni oppure a cambiare il materiale del toner. In linea di massima, se si manifestano disturbi occorre verificare anche lo stato di manutenzione della copiatrice. Se i disturbi persistono anche dopo avere adottato i provvedimenti necessari, sono indicati ulteriori accertamenti relativi all igiene del lavoro e/o alla medicina del lavoro. Misure di Prevenzione e Protezione Rispettare scrupolosamente le istruzioni riportate nel manuale d uso del fabbricante; Collocare gli apparecchi in un locale idoneo e ben ventilato; Installare le apparecchiature di elevata potenza in un ambiente separato e, se necessario, dotare questo ambiente di un impianto di aspirazione locale; Non direzionare le bocchette di scarico dell aria verso le persone; Sottoporre gli apparecchi a manutenzione regolare; Optare per sistemi di toner chiusi; Sostituire le cartucce del toner secondo le indicazioni del fabbricante e non aprirle a forza; Rimuovere la sporcizia provocata dal toner con un panno umido; lavare le parti principali imbrattate dal toner con acqua e sapone; se il toner viene a contatto con gli occhi, lavare con acqua per 15 minuti. Se il toner viene a contatto con la bocca, sciacquarla con grandi quantità di acqua fredda. In linea di massima, non utilizzare acqua calda o bollente (i toner diventano appiccicosi); Eliminare scrupolosamente e con cautela la carta inceppata per non sollevare inutilmente polvere; Utilizzare guanti monouso per riempire la polvere di toner o i toner liquidi. 75

76 Provvedimenti in caso di esposizione elevata a polvere di toner (guasti, manutenzione e riparazione) Quando si sostituiscono le cartucce di stampa e durante la pulizia e la manutenzione degli apparecchi, si possono verificare brevi emissioni di polvere di toner. Le persone che svolgono queste attività frequentemente o abitualmente, pertanto, possono essere esposte in misura più massiccia alla polvere di toner. Per questa ragione, nei confronti di queste persone è necessario prendere i provvedimenti adeguati a ridurre l inalazione di polvere di toner. Le misure principali sono: pulizia degli apparecchi con un aspirapolvere testato, non pulire gli apparecchi soffiando con aria compressa. qualora si tema un emissione di polvere piuttosto forte: buona ventilazione; utilizzo di una mascherina del tipo FFP2; utilizzo di occhiali di protezione. pulizia dell area circostante l apparecchio con un panno umido al termine della manutenzione. indossare guanti di protezione adeguati (tenendo conto, tra l altro, del prodotto di pulizia utilizzato). 76

77 CAPITOLO 13 Rischio elettrico Premessa Il rischio elettrico è una delle cause primarie di infortunio mortale nei luoghi di lavoro ma anche all interno delle mura domestiche; pertanto è utile accennare alle modalità di contatto con elementi sotto tensione ed ai conseguenti effetti del passaggio della corrente elettrica sul corpo umano. Il contatto con parti elettriche in tensione può generalmente avvenire a causa d inefficienza dell impianto elettrico o per colpa di un guasto all isolamento delle macchine e degli utilizzatori elettrici e si possono verificare due tipi di contatto: Contatto diretto: Si verificherà un contatto diretto quando avviene un contatto con elementi ordinariamente in tensione, per esempio fili scoperti dell impianto elettrico. Contatto indiretto: Si verificherà un contatto indiretto quando avviene un contatto con elementi ordinariamente non in tensione nell uso corrente ma messi in tensione in conseguenza di un guasto dell impianto o di una macchina, per esempio la carcassa metallica di una lavatrice, o un armadio metallico. Effetti dovuti al passaggio della corrente elettrica sul corpo umano Il corpo umano è paragonabile ad un circuito elettrico, con resistenze non omogenee e non costanti nel tempo. Quando entra in contatto con un elemento in tensione, il nostro corpo si comporta come un conduttore e nel suo interno si verifica il passaggio della corrente elettrica. Per esempio la pelle, se asciutta, ha una resistenza abbastanza elevata mentre se sporca o umida ha una resistenza di 1/100 più bassa. La resistenza dell uomo è legata a numerosissimi parametri quali l età o il peso del soggetto e se lo stesso valore di tensione viene applicato a punti differenti si originano correnti differenti, perché ad ogni percorso corrisponde un diverso valore di resistenza. Conseguentemente la stessa tensione potrà provocare danni differenti se applicata a parti diverse. Contrazione muscolare e asfissia I muscoli sotto l azione dello stimolo elettrico si contraggono, per poi ritornare allo stato di riposo dopo che l impulso è terminato. Se però al primo stimolo ne segue un secondo, i due effetti possono sommarsi. In particolare, se la frequenza degli stimoli sorpassa un certo limite, gli effetti si fondono, il muscolo viene contratto completamente e rimane in tale stato fino al termine degli stimoli (tetanizzazione del muscolo). Il valore più elevato di corrente per cui il soggetto è in grado di lasciare la parte in tensione prende il nome di corrente di rilascio e questo valore varia da persona a persona, è minore nelle donne, nei bambini e nelle persone di basso peso corporeo, che sono in genere più vulnerabili agli effetti della corrente elettrica. Mediamente per la corrente di rilascio in corrente alternata a Hz può essere assunto il valore di 10 ma per le donne e di 15 ma per gli uomini, mentre in corrente continua i limiti, sono più elevati ed imprecisi (da 100 a 300 ma) e da questi dati si evidenzia come tale corrente sia meno pericolosa della corrente alternata. Correnti superiori a quella di rilascio producono difficoltà di respirazione (contrazione dei muscoli respiratori e paralisi dei centri nervosi che sovrintendono alla respirazione) e segni di asfissia (se la corrente perdura l infortunato perde conoscenza e può morire soffocato). 77

78 Fibrillazione ventricolare Il muscolo cardiaco si contrae ritmicamente 60/100 volte al minuto tramite impulsi elettrici naturali, se a queste normali correnti di tipo fisiologico si sovrappone una corrente elettrica esterna più grande, le fibre muscolari riceveranno impulsi elettrici sfalsati, non coordinati e non svolgeranno più correttamente i loro compiti (fibrillazione ventricolare). Lo stesso valore di corrente determina probabilità diverse di fibrillazione secondo il percorso, per cui i tragitti più pericolosi, a pari tensione, sono: mani/torace, mani/piedi. La fibrillazione ventricolare è un fenomeno reversibile qualora s intervenga tempestivamente con un apposito apparecchio chiamato defibrillatore, il quale attraverso due elettrodi applicati sul torace nella regione cardiaca del paziente, scarica un condensatore. Intervenire tempestivamente entro i primi tre minuti evita l insorgere di lesioni irreparabili al cuore ed al tessuto cerebrale. Questo intervallo di tempo può essere prolungato intervenendo con la respirazione bocca a bocca o con il massaggio cardiaco manuale. Ustioni Altro aspetto da non trascurare è quello legato al calore che si produce nel corpo umano quando si verifica il passaggio della corrente con conseguenti ustioni dei tessuti. Per tensioni non eccessivamente elevate, il fenomeno si manifesta soltanto localmente in prossimità delle zone di contatto (dita delle mani e dei piedi). Nel caso di contatto elettrico con elementi ad alta tensione si arriva alla completa carbonizzazione del corpo o parti di esso. La durata del passaggio della corrente attraverso il corpo influisce sulla gravità dell infortunio ed è strettamente legata alla tensione. Infatti anche correnti deboli, che durino per un tempo relativamente lungo, producono lesioni altrettanto gravi come la tensione più alta ed un tempo più breve. La durata prolungata può influire nel determinare la tetanizzazione dei muscoli respiratori con arresto del respiro per asfissia. Misure comportamentali da utilizzare nei luoghi di lavoro Le principali misure comportamentali da osservare in presenza d impianti elettrici sono: assicurasi che l apparecchio sia utilizzato secondo le istruzioni del costruttore laddove previste; collegare l apparecchio alla presa corrispondente e non adattarla o modificare la composizione; utilizzare un sola presa per ciascun apparecchio; chiedere se la presa è idonea a reggere l apparecchio (si potrebbe creare un riscaldamento ed un principio d incendio); non utilizzare stufe a resistenza elettrica in locali a maggior rischio in caso d incendio; l apparecchio dovrebbe essere dotato di certificazioni, omologazioni o garanzie all origine; segnalare parti che si logorano e che devono esser sostituite (spine, collegamenti, prese, lampade, etc.); evitare l uso di adattatori multipli (spine triple, etc.); se si utilizzano ciabatte, far verificare che il carico sopportato sia coerente con il circuito interessato, comunque non vanno utilizzate in serie e su ogni ciabatta non collegate altre tre spine di alimentazione; non staccare l apparecchio tirando il cavo di collegamento (sfilare la spina); 78

79 richiedere il controllo di apparecchi i cui siano entrati liquidi o che abbiano subito urti meccanici fuori dal normale; non porre liquidi sopra o in prossimità di apparecchi elettrici (vasi di fiori, contenitori di liquidi, etc.); non adoperare acqua per spegnere un principio d incendio di un componente elettrico; non toccare impianti o apparecchi elettrici con mani bagnate o se si è sudati o con parti delle mani ferite; non impedire la ventilazione dell apparecchio (in modo che possa raffreddarsi), specie con apparecchi sovrapposti; non esporre l apparecchio ad un irraggiamento solare tale da portare al surriscaldamento; segnalare lo scatto degli interruttori di protezione preferibilmente ricordando quanto e cosa si stava facendo; non utilizzare indifferentemente le prese a muro, i circuiti potrebbero avere caratteristiche assai diverse alle proprie esigenze; non toccare contemporaneamente più parti metalliche; non avere le scarpe bagnate; evitare di calpestare conduttori; se si ravvisa scossa nel toccare gli apparecchi segnalarlo immediatamente; se si sente odore di bruciato spegnere immediatamente l apparecchio o, se è possibile e si è addestrati, staccare l interruttore di protezione; se una persona subisce un contatto, prima di portarle aiuto, disattivare l alimentazione (spina o generatore del circuito) o chiedere che venga fatto immediatamente; per separare l infortunato dall apparecchio che ha provocato la scossa o con il quale è in contatto, utilizzare un attrezzo di legno (sedia) tenendo i piedi su un tappeto di gomma o su altro legno; se la persona non respira chiamare aiuto (medico) ed effettuare la respirazione bocca a bocca se si è addestrati per farla; segnalare se la manutenzione non viene effettuata periodicamente o dopo ogni richiesta; rispettare la segnaletica di sicurezza e le relative disposizioni presenti nei luoghi di lavoro. Impianto Elettrico È assolutamente vietata qualsiasi manomissione dell impianto elettrico e qualsiasi intervento non autorizzato. Non smontare mai il PC e non aprire il contenitore per effettuare riparazioni o altro. Per eventuali interventi (espansioni, cambio di schede, ecc.) occorrerà rivolgersi al personale a ciò addetto o all assistenza tecnica. Non togliere la spina dalla presa tirando il filo: si potrebbe rompere il cavo o l involucro della spina rendendo accessibili le parti in tensione; se la spina non esce, evitare di tirare con forza eccessiva, perché si potrebbe strappare la presa dal muro; 79

80 Quando una spina si rompe occorre farla sostituire con una nuova marchiata IMQ (Istituto italiano del Marchio di Qualità). Non tentare di ripararla con nastro isolante o con l adesivo. È un rischio inutile! Informare immediatamente il responsabile. Non attaccare più di un apparecchio elettrico a una sola presa: in questo modo si evita che la presa si surriscaldi con pericolo di corto circuito e incendio; situazioni che vedono installati più adattatori multipli, uno sull altro, sono espressamente vietate. Se indispensabili, e previa autorizzazione del responsabile della sicurezza, usare sempre adattatori e prolunghe idonei a sopportare la corrente assorbita dagli apparecchi utilizzatori. Su tutte le prese e le ciabatte è riportata l'indicazione della corrente, in Ampere (A), o della potenza massima, in Watt (W). Spine di tipo tedesco (Schuko): possono essere inserite in prese di tipo italiano solo tramite un adattatore che trasferisce il collegamento di terra effettuato mediante le lamine laterali ad uno spinotto centrale; è assolutamente vietato l inserimento a forza delle spine Schuko nelle prese di tipo italiano. Infatti, in tale caso dal collegamento verrebbe esclusa la messa a terra. 80

81 CAPITOLO 14 Procedura per la lotta antincendio L Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata è dotata di un apposito PIANO antincendio e per la gestione delle emergenze. Chiunque individui un incendio in atto, per quanto sia di minime proporzioni, deve dare immediatamente l allarme affinché possano portarsi sul posto gli addetti alla squadra di emergenza. Subito interviene l addetto alla prevenzione incendi (se lo stima domabile con un estintore) agendo in accordo alla formazione ricevuta ed al piano di evacuazione (procedure, istruzioni, etc.) nel seguente modo: strappa la fascetta del sigillo; aziona la valvola di pressurizzazione; orienta il getto, da una distanza non superiore a 4 metri alla base delle fiamme tenendosi sopravvento o, se è all interno di un locale, nel punto più vicino all uscita; l addetto antincendio, dopo aver diramato l allarme, attua la procedure antincendio stabilite. Qualora esista il rischio di propagazione, l addetto alla squadra di emergenza incaricato provveda affinché: i lavoratori possano, in caso di pericolo grave ed immediato che non può essere evitato, cessare la loro attività, mettersi al sicuro ed abbandonare il luogo di lavoro; RICORDARE: Per incendi di natura elettrica non si deve MAI intervenire impiegando acqua o schiuma, a meno che prima non si provveda ad interrompere l alimentazione elettrica a monte ed a valle del tratto di impianto interessato allo sviluppo dell incendio. È in ogni caso possibile intervenire subito con estintori ad anidride carbonica ed a polvere. Procedura per l evacuazione: istruzioni per i lavoratori Alla diramazione dell allarme i lavoratori devono attenersi alle seguenti indicazioni minime, salvo diverse indicazioni fornite dagli addetti alla squadra di emergenza: Mantenere la calma, non urlare, allontanarsi dal posto di lavoro senza spingere; disporsi in fila onde permettere un deflusso ordinato mantenendo una minima distanza di sicurezza dalla persona che precede. Non portare con se oggetti che per la loro natura o dimensione possano essere di intralcio durante l evacuazione. Preoccuparsi di far allontanare eventuali persone portatrici di handicap, donne in gravidanza, persone occasionalmente presenti nell edificio. Cercare di individuare in che punto dell edificio si è verificato il pericolo (incendio, crollo, etc.). Utilizzare le vie di fuga che non conducono verso la zona colpita dall incendio. 81

82 Se l ambiente è invaso dal fumo bisogna ripararsi le vie respiratorie con dei fazzoletti, cercare di trattenere il respiro, camminare ricurvi in avanti (il fumo si concentra verso l alto). Se si è sicuri che non ci sia nessun altra persona dietro di sé è bene chiudere le porte in modo da limitare la propagazione dell incendio. Non utilizzare mai l ascensore. Se si è costretti a percorrere un tragitto in presenza di fiamme è bene bagnare gli indumenti che si indossano, bagnarsi i capelli o coprirli e utilizzare un estintore per aprirsi un varco tra le fiamme. Una volta raggiunto il punto di raduno prescelto (ad esempio il cortile interno) provvedere all appello delle persone presenti per verificare se tutti si sono messi in salvo. Agevolare l arrivo e l intervento delle squadre di soccorso. L organizzazione delle squadre di emergenza Per interventi interni per le emergenze (pronto soccorso, evacuazione di emergenza, rischio incendio) sono state identificate le squadre di lavoratori addetti. Dette squadre sono state sottoposte a formazione ed addestramento specifico e periodico, in accordo a quanto previsto dalla legge. La Gestione delle Emergenze Per la risoluzione delle situazioni di emergenza previste dal D.Lgs. 81/08, del DM 10/03/98 e del DM 18/09/2002, è necessario fare riferimento al Documento per l organizzazione del piano di emergenza predisposto dal Servizio di Prevenzione e Protezione Aziendale (SPP). 82

83 CAPITOLO 15 I rischi trasversali (stress lavoro-correlato) Premessa L approvazione del D.Lgs. 81/08 in materia di sicurezza negli ambienti di lavoro, introduce l obbligo di valutazione dello stress lavoro correlato in tutte le aziende secondo i contenuti dell Accordo Interconfederale per il recepimento dell accordo quadro europeo sullo stress lavoro correlato concluso l 8 ottobre 2004 tra UNICE/UEAPME, CEEP E CES - 9 giugno L Accordo quadro europeo mira a promuovere la crescita di consapevolezza e comprensione dello stress da parte dei datori di lavoro, dei lavoratori e dei loro rappresentanti alzando l attenzione sui segnali che potrebbero denotare problemi di stress lavoro-correlato. Lo scopo della valutazione del rischio stress lavoro correlato è quello di guidare e sostenere datori di lavoro e lavoratori nella riduzione del rischio attraverso l analisi degli indicatori oggettivi aziendali e l eventuale rilevazione delle condizioni di stress percepito dai lavoratori. La valutazione, come per tutti gli altri rischi, deve essere effettuata dal Datore di Lavoro, che ne ha la responsabilità. Sempre in analogia con gli altri rischi è previsto il coinvolgimento delle figure aziendali come RSPP, RLS, MC, oltre ad eventuali altri soggetti interni/esterni indicati dalle organizzazioni. Definizione Lo stato di benessere dell individuo non è determinato semplicemente dalla sua piena efficienza fisica, ma anche dal mantenimento di un equilibrio psichico, sia interiore sia nell ambito del sociale. Ogni volta che tale equilibrio è turbato, la persona si trova in uno stato di disagio, cui risponde con una reazione adattativa. In particolare, quando l ambiente esterno pone richieste e oneri che sollecitano l individuo a fornire prestazioni superiori al normale si crea una situazione di squilibrio che può essere definita con il termine di stress. Lo stress è quindi una reazione non specifica dell organismo quando deve affrontare un esigenza e adattarsi ad una novità. Una delle situazioni in cui s innescano con maggiore facilità condizioni di stress è quella lavorativa e tra le professioni maggiormente a rischio vi sono senz altro quelle sanitarie, in cui il personale si trova costantemente esposto a rapporti sociali obbligati (con i pazienti, con i familiari, con i colleghi) a prescindere dal proprio stato e dalla propria capacità emotiva; tali rapporti comportano inoltre anche oneri di responsabilità che sconfinano nella sfera etico-morale. Il rischio psicologico e da stress Lo stress lavorativo si determina quando le capacità di una persona non sono adeguate rispetto al tipo e al livello delle richieste lavorative. Il tipo di reazione ad una situazione dipende anche dalla personalità del soggetto; lo stesso tipo di lavoro può risultare soddisfacente, monotono o complesso in personalità diverse. 83

84 I disturbi che si manifestano sono di tipo psicologico e psicosomatico: mal di testa; tensione nervosa; irritabilità; stanchezza eccessiva; insonnia; digestione difficile; ansia; depressione. Le conseguenze dello stress si manifestano a tre livelli: al livello di operatore, di utente, e a livello sociale. Nell operatore si registrano varie alterazioni comportamentali, somatiche e psicologiche. I disturbi più frequentemente accusati, sono un alterazione sia della quantità sia della qualità del sonno. Si sono viste inoltre alcune alterazioni quali aumento della pressione diastolica, alterazione del ritmo cardiaco, turbe gastrointestinali, obesità, disturbi della sfera sessuale e stati di ansia. Si è visto inoltre che nel settore sanitario vi è un significativo aumento dell incidenza di individui che fanno uso e talora abuso di alcool, fumo di sigaretta e psicofarmaci. A livello di utenza la presenza di stress influisce negativamente sul rapporto con i pazienti e i familiari. 84

85 Sindrome del BURN-OUT Il termine burn-out, sotto il quale alcuni autori inquadrano tutta la fenomenologia relativa allo stress di origine professionale dell operatore sanitario, indica una sindrome caratterizzata da esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale che può insorgere prevalentemente in coloro che svolgono attività lavorative di aiuto, cioè quelle nel campo del sociale, che richiedono un forte coinvolgimento emotivo e radicate motivazioni personali. Il burn-out si manifesta come conseguenza della sproporzione tra le richieste esterne, di stretta natura lavorativa, le richieste interne, ossia l insieme degli obiettivi, valori e doveri propri del singolo soggetto, e le risorse disponibili del singolo operatore. Il soggetto attraversa, solitamente all inizio dell attività lavorativa, un periodo di impegno ed entusiasmo, durante il quale non risparmia energie; successivamente, quando viene percepito lo squilibrio tra la richiesta emotiva del lavoro e le risorse dell individuo da dedicarvi, inizia la prima fase del burn-out (fase dello stress), cui segue una risposta emotiva, in cui prevalenti sono le sensazioni di tensione, stanchezza, esaurimento e logorio (fase della tensione nervosa); la terza e ultima fase (fase della conclusione difensiva) è caratterizzata da modificazioni del comportamento e dell atteggiamento. I segni e i sintomi del burn-out sono diversi e variabili: possono essere l alta resistenza ad andare al lavoro ogni giorno, la sensazione di fallimento, sentimenti di rabbia e risentimento, scoraggiamento e indifferenza, perdita di sentimenti positivi verso i pazienti, notevole affaticamento dopo il lavoro, problemi di insonnia, rigidità di pensiero e resistenza al cambiamento, eccessivo uso di farmaci, conflitti familiari e coniugali, alto assenteismo. Le conseguenze si ripercuotono sia nell ambito lavorativo sia in quello della sfera personale. Si osserva che episodi di assenteismo, un aumento della frequenza delle interruzioni, un elevato turnover, la critica nei confronti dell utente e dell organizzazione lavorativa, sono fenomeni frequenti. Gli interventi per ridurre il burn-out sono divisibili in due grosse categorie: 85

86 Il mobbing Il lavoro, spesso vissuto solo come necessità quotidiana, rappresenta potenzialmente anche un'importante componente della vita di molte persone: un mezzo di realizzazione, di sfida di sé, delle proprie capacità e talvolta persino di distrazione da problemi personali. A volte però il contesto lavorativo può trasformarsi in un luogo scomodo, in cui vengono messe in atto continue aggressioni e vessazioni che possono demotivare, attaccare la salute psicofisica e persino il Sé e il senso di autostima delle vittime di comportamenti mobbizzanti. Il mobbing: dai gruppi di animali ai gruppi di uomini Il termine inglese mobbing nasce dal verbo to mob che significa assalire in massa. L immagine di quanto viene osservato nel contesto di studi dell etologia, in relazione allo studio del comportamento di aggressione di gruppi di animali, spesso di piccole dimensioni, che si uniscono per attaccarne uno di grossa taglia, è stata trasferita ben presto al comportamento umano. Mob è attualmente usato come sostantivo per designare una folla dedita a vandalismo o sommossa e inizialmente fu Konrad Lorenz (1971) che adottò tale parola in ornitologia per descrivere una coalizione di uccelli della stessa specie che attaccano uno dei membri considerati pericolosi per la comunità, allontanandolo o perfino uccidendolo attraverso un azione definita appunto di mobbing. In seguito il medico Heinemann usò per breve tempo lo stesso termine per designare un comportamento infantile umano, osservato inizialmente in ambiente scolastico, che consisteva nell aggressione di un bambino da parte di un gruppo di coetanei, quello che in seguito alle prime ricerche sistematiche su di esso, fu rinominato col termine attualmente ancora in uso di bullismo. Lo stesso studioso svedese, all inizio degli anni Ottanta, definì mobbing anche un comportamento adulto, simile a quello riscontrato a scuola, applicando tale terminologia questa volta al contesto del lavoro in cui si riscontravano attacchi da parte di gruppi di adulti verso uno dei propri colleghi. Oggi l uso del termine avviene anche in senso più ampio per riferirsi a varie forme di fastidio sul lavoro comprendenti sia quelle messe in atto da gruppi, tipologie più simili al bullying, che quelle messe in atto da singoli, come le molestie, definite anche con termini più specifici come harassment, bossing o employee abuse. Le strategie per la vessazione dei lavoratori La principale classificazione delle tipologie di mobbing fa riferimento ai ruoli, ma comprende due categorie che possono provocare ugualmente disagio e che possono comprendere simili metodi di persecuzione e molestia più o meno subdoli. Esiste innanzitutto il cosiddetto mobbing gerarchico o verticale, agito da superiori verso dei propri lavoratori sottoposti. Questi ultimi possono essere relegati a ricoprire incarichi umilianti oggettivamente o in relazione alla propria professionalità (dequalificazione), mentre possono essere sottratte mansioni gratificanti ai mobbizzati, può venir tolta loro progressivamente ogni autonomia decisionale o, al contrario, li si può mettere in difficoltà assegnandogli continuamente incarichi lontani dalle proprie competenze, in modo da metterli a rischio di errori e di conseguenti rimproveri o lamentele. Essi vengono spesso sottoposti a richiami pubblicamente o per iscritto, anche per piccolezze o per comportamenti consentiti ad altri o, se assenti, vengono abitualmente segnalati per ricevere il controllo del medico fiscale. Agli stessi vengono assegnati uffici e attrezzature di lavoro di scarsa qualità rispetto al contesto aziendale e al ruolo ricoperto, con ambienti distanti oppure piccoli e scarsamente illuminati, con telefoni, computer e stampante che si guastano spesso, sedie e scrivanie scomode e l autorizzazione (più o meno esplicita) ad altro personale di far uso abituale della postazione del mobbizzato o di spostare o far sparire oggetti personali o materiale di lavoro dal tavolo o dalla cassettiera della vittima, soprattutto in sua assenza. 86

87 Altri comportamenti di mobbing riguardano anche l incoraggiare o autorizzare comportamenti di disturbo alla salute della vittima, come l uso inadeguato di climatizzatori, regolati a temperature troppo alte o troppo basse, nonostante lamentati effetti sul proprio benessere e sulla capacità lavorativa o ancora l utilizzo di deodoranti o di detergenti ambientali che contengono allergeni segnalati dal lavoratore sottoposto a mobbing o l autorizzazione di altri colleghi di stanza a fumare in ufficio. Si può vessare anche elargendo minori remunerazioni economiche rispetto a colleghi che svolgono lo stesso lavoro, bocciando costantemente ogni proposta o richiesta verbale o scritta o ancora attraverso comportamenti di controllo eccessivo sulle pause, sulle attività svolte o sugli orari di entrata ed uscita. In genere le motivazioni che spingono a mobbizzare in questo caso possono riguardare antipatie personali, valutazioni di incompetenza o di improduttività del lavoratore o, al contrario, paura che egli possa prendere il proprio posto dirigenziale, fino a vendette per rifiuti relativi a proposte sessuali o conseguenti alla negazione della copertura di operazioni illegali. Il fine del comportamento vessatorio di questo tipo può essere quello di indurre il lavoratore a licenziarsi da sé dal momento che non viene più considerato adeguato o utile al raggiungimento degli obiettivi dell organizzazione: si parla in questo caso di mobbing strategico. Si parla invece di mobbing emozionale quando esso è semplicemente legato alla prepotenza di un superiore che mira a dimostrare la capacità di imporre al lavoratore subordinato il proprio potere e la propria supremazia oppure quando il comportamento è alimentato da opinioni diverse rispetto a razza, cultura, religione o altri aspetti di vita. Il mobbing orizzontale invece è messo in atto dai colleghi, in forme che possono comportare l isolamento sociale, la mancanza di collaborazione che non permette di svolgere i propri compiti, o perfino attacchi alla salute fisica simili a quelli descritti nella tipologia gerarchica, nonché comportamenti in grado di minare l equilibrio psicologico attraverso umiliazioni personali e ferite alla propria stima di Sé. Si può agire tale mobbing ambientale fumando abitualmente nonostante le regole limitanti e le richieste di rispettarle, oppure con altre invasioni e comportamenti di controllo dell ambiente, con atteggiamenti di critica ripetuta o tentativi di discredito, nonché con manipolazioni delle informazioni sia legate al lavoro che da attività aziendali extralavorative (es. feste aziendali) da cui può essere esclusa la vittima di mobbing. Il rischio psicosociale sul lavoro Le ricerche di psicologia del lavoro mostrano che esistono alcuni fattori di rischio psicosociale che possono incoraggiare il mobbing che vanno valutati per garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori. Tra questi ultimi, un fattore importante può essere la predominanza di un genere sessuale in un ambiente di lavoro, dal momento che possono innescarsi coalizioni nei confronti delle minoranze. I dati statistici mostrano una lieve prevalenza del mobbing sulle donne, soprattutto in contesti territoriali dove la cultura non è ancora abbastanza aperta al lavoro femminile o all attribuzione alle donne di incarichi di responsabilità. Un altro aspetto molto importante è la presenza di una cultura organizzativa a rischio in cui esistono dei cosiddetti fattori di facilitazione al problema tra cui i più comuni sono una cultura organizzativa tollerante, una politica del personale insufficiente con presenza di leadership stressanti o inadeguate a limitare i fattori di tensione. In particolare sono considerati comportamenti organizzativi che possono agevolare il mobbing: lo svuotamento di mansioni con tendenza a non assegnare compiti lavorativi, producendo inattività forzata e senso di inutilità; la tendenza a predisporre costantemente trasferimenti o trasferte non strettamente connessi alla mansione ricoperta o legati alla normale vita lavorativa; 87

88 propensione ad attribuire incarichi eccessivi rispetto ai tempi disponibili, alle competenze o alla presenza di disagi fisici o psichici; l esercizio ripetuto di forme di controllo su ogni lavoro anche minimo svolto dal personale. Anche l organizzazione della dimensione ambientale può rappresentare un fattore di rischio di mobbing, soprattutto per ciò che riguarda la cattiva gestione degli spazi o l istituzione di sedi lavorative particolarmente difficili da raggiungere. I casi più frequenti di segnalazione del problema sottolineano l esistenza di aree lavorative più predisposte ad essere colpite dal fenomeno, che comprendono organizzazioni in cui il controllo dirigenziale è affidato a più di una gerarchia, con grande dispersione nella verifica dei segnali di rischio, ossia dei conflitti costanti che possono rappresentare l anticamera del mobbing. Secondo i dati epidemiologici tali caratteristiche appartengono soprattutto ai contesti di scuole, università, ospedali e istituzioni religiose. Il processo di mobbing I comportamenti precedentemente indicati di conflitto in una certa misura possono essere parte naturale della vita lavorativa; nel mobbing l aggressione diventa abituale e la comunicazione verbale e non verbale diventa sistematicamente ostile, generando così dei chiari segnali di riconoscimento del mobbing che riguardano: la sistematicità delle azioni vessatorie che, per parlare di mobbing, devono essere messe in atto in modo abituale e continuativo per almeno sei mesi; la tendenza a disarmare la vittima, ponendola in condizioni di sentirsi impotente e incapace di controllare la propria quotidianità lavorativa, privandola di punti di riferimento e di stabilità; la compromissione della reputazione della vittima che può destabilizzare fortemente il suo equilibrio psicologico; la compromissione della prestazione lavorativa del mobbizzato che non si trova in condizioni di utilizzare le proprie capacità e quindi si trova in posizioni a rischio di rimproveri, di errori che possono danneggiare l azienda, se stesso o terzi. Il mobbing è comunque un fenomeno complesso, difficile da delimitare che può trasformarsi nel tempo: per tale ragione si preferisce parlare di processo di mobbing, rintracciando nel suo cambiamento, sebbene diverso di situazione in situazione, delle grandi fasi comuni (tabella 1). Alla ricerca di soluzioni antimobbing Per quanto riguarda la nostra Azienda è particolarmente importante monitorare costantemente i rischi di mobbing, soprattutto controllando e mediando i conflitti, gestendoli con eventuali cambiamenti di incarico o spostamenti ambientali. Per i mobbizzati il primo passo necessario spesso è quello di acquisire consapevolezza del problema e del fatto che esso non dipende da proprie colpe, come spesso il contesto tende a fargli pensare. È particolarmente importante fare riferimento ad altre risorse extralavorative e, in misura preventiva, non investire tutta la propria vita sul lavoro. È utile sapere che rabbia, impotenza, senso di colpa e disperazione possono essere molto forti e che un aiuto professionale può essere utile anche dopo che la situazione è cambiata, dal momento che i segni di lunghi periodi di mobbing possono rappresentare dei veri e propri traumi che feriscono la propria sicurezza e la propria autostima. 88

89 89

90 CAPITOLO 16 Rischio derivante dall esposizione al fumo passivo Premessa La pericolosità per la salute umana derivante dall esposizione al fumo di sigarette e di altri prodotti contenenti tabacco (sigaro e pipa) è già da numerosi anni provata a livello mondiale. Le valutazioni mediche inoltre indicano e sottolineano la pericolosità del fumo passivo ancora maggiore del fumo attivo anche in considerazione del fatto che ne risultano esposti non solo i fumatori stessi, ma anche tutte le altre persone che respirano l aria contaminata da fumo passivo. A conferma di quanto sopra, intorno alla metà del 2002 il fumo passivo è stato catalogato dallo IARC (International Agency on Research for Cancer) come cancerogeno di 1 categoria, inquadramento che attribuisce proprietà cancerogene al fumo stesso. La competenza dei dirigenti in ordine all'applicazione del divieto di fumo Spetta al datore di lavoro far rispettare il divieto di fumo nei luoghi di lavoro. I dirigenti preposti al controllo del divieto di fumo devono essere nominati con atto formale dal datore di lavoro. Spetta ad essi, quindi, predisporre o far predisporre i cartelli di divieto completi delle indicazioni fissate dalla legge: indicazione della norma che impone il divieto (legge n. 3/2003); sanzioni applicabili; soggetto cui spetta vigilare sull osservanza del divieto e ad accertare le infrazioni (nominativo del dirigente, con atto formale, alla vigilanza sul divieto di fumo nonché all accertamento dell infrazione nei locali ove è posto il cartello di divieto, o, ove non si sia proceduto a nomina specifica, il nome del dirigente responsabile della struttura pubblica ai sensi di legge e dei regolamenti). Ove non ricevano riscontro al rispetto del divieto da parte del trasgressore, hanno l obbligo di fare rapporto all autorità competente, che, come si è detto, è, nella maggior parte dei casi, il prefetto, affinché irroghi la sanzione. Misure di prevenzione e protezione In linea con l entrata in vigore della legge sul divieto di fumo in tutti i luoghi di lavoro sono state disposte le seguenti misure: il divieto generalizzato di fumo in tutti i luoghi di lavoro e locali al chiuso; una specifica circolare/informativa a tutti i dipendenti; apposto in tutti i luoghi e locali di lavoro apposita segnaletica in accordo a quanto stabilito dalla legge n. 3/03 per informare i lavoratori sul rischio del fumo, in generale, ma anche di quello passivo; sensibilizzare i lavoratori alla conoscenza del rischio ed al rispetto della procedura definita in occasione dei corsi di informazione e formazione; emettere una specifica procedura di sicurezza per regolare tutte le materie e regolamentare l attuazione del rispetto del divieto di fumare, ivi inclusa la designazione dei dirigenti preposti alla vigilanza. L estensione del divieto a tutti i luoghi di lavoro al chiuso si ritiene essere misura indispensabile ed unica applicabile nella fattispecie, in linea con le misure generali di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori previste dall art. 15 del D.Lgs. 81/08. Tale divieto riveste carattere di disposizione in materia di sicurezza e salute dei lavoratori fornita dal Datore di Lavoro e dovrà pertanto essere rispettata da tutti i lavoratori e fatta rispettare dagli incaricati. 90

91 CAPITOLO 17 Dispositivi di Protezione Individuale e Presidi Medici di Protezione Definizione Si intende per Dispositivo di Protezione Individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi presenti in ambiente di lavoro. Non sono dispositivi di protezione individuale gli indumenti ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore. Un DPI deve essere predisposto per proteggere il lavoratore dallo specifico rischio presente nell ambiente di lavoro e quindi alla base della scelta del DPI deve esserci la valutazione dei rischi. I dispositivi di protezione individuali sono impiegati quando i rischi non possono essere evitati o ridotti in misura sufficiente da provvedimenti tecnici di prevenzione (bonifica ambientale). La scelta dei DPI viene effettuata considerando: il tipo di esposizione (contatto umido, aerosol, polvere) il livello di rischio, la frequenza, la durata dell esposizione, la situazione lavorativa, il confort, la semplicità d uso e la vestibilità. I Dispositivi di Protezione Individuale (dpi) I DPI forniti in Azienda sono conformi alla normativa EN, taluni classificati come DPI ai sensi del D.Lgs. 475/92 e con marcatura CE. La confezione di ogni singolo DPI è provvista di una nota informativa rilasciata obbligatoriamente dal fabbricante, contenente tra l altro in modo dettagliato e facilmente comprensibile: le istruzioni di impiego, di pulizia, di manutenzione, di deposito, di revisione e di disinfezione/sterilizzazione se previste, le classi di protezione adeguate a diversi livelli di rischio e i corrispondenti limiti di utilizzo, la data ed il termine di scadenza del DPI e di alcuni componenti, se previsto. I Presidi Medici di Protezione (guanti, calzari, camici ecc.) sono conformi alle esigenze e approvvigionati secondo le procedure per l attività di programmazione e gestione degli acquisti di beni, servizi e tecnologie, e con il supporto della commissione per la valutazione qualitativa dei presidi e tecnologie. I lavoratori sono obbligati a utilizzare correttamente tali dispositivi, ad averne cura e a non apportarvi modifiche, segnalando difetti o inconvenienti specifici ai propri responsabili. Dispositivi di Protezione Individuale e Presidi Medici di Protezione. Di seguito riportiamo delle tabelle (alle quali, per praticità, è stata assegnata una nostra codifica) dei principali dispositivi di protezione in relazione ai rischi lavorativi (RISCHIO CHIMICO E BIOLOGICO) trattati nel presente lavoro e reperibili nelle UU.OO./Servizi. 91

92 CODICE A - Protezione delle vie respiratorie 92

93 CODICE B - Protezione degli occhi e del volto 93

94 CODICE C - Protezione delle mani e degli arti superiori I guanti in gomma, oltre al latice contengono svariati additivi chimici, come ad esempio i tiuramici, i carbammati, i mercaptobenzotiazoli o le tirouree, capaci di causare sensibilizzazione di tipo ritardato ed eczemi da contatto. 94

95 I sottoguanti in filo sono indicati soprattutto per casi di dermatite irritativi. CODICE D - Protezione dei piedi e degli arti inferiori CODICE F - Protezione del capo 95

96 CODICE G - Protezione del corpo KIT di EMERGENZA per rischio da agenti biologici Al Pronto Soccorso (DEA: accessibile 24h/24h) sono disponibili dei Pacchetti di Emergenza che contengono tutto il materiale occorrente per intervento sanitario in presenza di potenziale rischio biologico tra cui: Bioterrorismo, SARS etc, nonché per emergenza, vigilanza, ispezioni. La scelta della tipologia dei DPI nelle fasi di approvvigionamento, l utilizzo degli stessi avviene anche con il supporto, per quanto di competenza, del SPP e del MC. Richieste, proposte segnalazioni varie ed eventuali problematiche è auspicabile che giungano oltre che ai referenti delle UU.OO., alla Farmacia e al SPP che ne fa strumento per perfezionare il sistema di scelta qualitativa dei dispositivi sulle tante offerte che il mercato propone. 96

97 CAPITOLO 18 Le forme e i colori della sicurezza I SEGNALI sono importantissimi nei luoghi di lavoro. La forma e i colori dei cartelli sono elementi utilizzati per avvertirti immediatamente di un pericolo, di un divieto, di un obbligo o per darti una informazione essenziale. Chiedi sempre il significato di un cartello, di un segnale o di un simbolo che non conosci. La forma e i colori dei cartelli cambiano a seconda del loro messaggio: i segnali di divieto sono sempre rossi; i segnali che indicano dei comportamenti da tenere obbligatoriamente sono azzurri; i segnali di avvertimento o di attenzione sono gialli o giallo-arancio; i segnali di salvataggio o di soccorso che indicano le uscite, i materiali, i percorsi sono verdi; i segnali antincendio che indicano dove sono le attrezzature antincendio sono bianchi e rossi; i segnali gestuali indicano quali sono le manovre corrette da fare. SEGNALI DI OBBLIGO 97

98 SEGNALI DI DIVIETO 98

99 SEGNALI DI PERICOLO 99

100 SEGNALI ANTINCENDIO 100

101 SEGNALI DI SICUREZZA 101

102 SEGNALI DI INFORMAZIONE 102

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