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1 2). L ascrizione successiva o derivata Dopo aver presentato il modo ordinario di ascrizione ad una Chiesa sui iuris, tramite la ricezione del battesimo, ora verrà illustrato un altro modo di ascrizione ad una Chiesa sui iuris in base alla quale il soggetto diventa titolare di specifici diritti e doveri. Si tratta del passaggio legittimo da una Chiesa sui iuris, nella quale l interessato è stato battezzato, ad un altra Chiesa sui iuris, diversa da quella di origine. Il passaggio è previsto dal Supremo Legislatore e diventa oggetto di studio perché è un atto giuridico che influisce sulla validità e liceità dei successivi atti giuridici posti in essere dai fedeli. Innanzitutto è necessario tener presente che il Supremo Legislatore (unico per il diritto universale della Chiesa cattolica) prevede, nell attuale legislazione orientale, la norma canonica che proibisce severamente di compiere delle azioni nell intera Chiesa cattolica che possano togliere la stima ad altre Chiese sui iuris e che possano quindi far sorgere tra i fedeli cattolici il desiderio di allontanarsi dalla propria Chiesa sui iuris per passare ad una altra Chiesa sui iuris. Quanto enunciato non trova un canone corrispondente nella legislazione latina. Si tratta del divieto di proselitismo che può essere considerato il risultato della mancanza di formazione teologica e canonica tra i fedeli. Can. 31: Nessuno presuma di indurre in alcun modo qualunque fedele cristiano a passare a un altra Chiesa sui iuris. Tali azioni dei fedeli sono anche oggetto del diritto penale che prevede, nell eventualità che siano compiute, l applicazione di una pena adeguata: Can. 1465: Colui che, esercitando un ufficio, un ministero o altro incarico nella Chiesa, a qualunque Chiesa sui iuris egli sia ascritto, anche alla Chiesa latina, avrà osato indurre in qualunque modo qualsiasi fedele cristiano al passaggio a un altra Chiesa sui iuris contro il can. 31, sia punito con una pena adeguata. Ciò che preme sottolineare è che l appartenenza dei fedeli a qualsiasi Chiesa sui iuris, dentro alla Chiesa cattolica, deve comportare l uguaglianza e il rispetto di tutti i fedeli cristiani ed ha lo stesso valore giuridico e teologico per tutta la Chiesa cattolica, perché in questo modo Essa esprime la propria ricchezza tramite la Sua unità nella diversità. Proprio questo è stato sottolineato da papa Giovanni Paolo II nella Costituzione Apostolica Sacri canoni di promulgazione del CCEO, ovvero che la Chiesa cattolica riunita da un unico Spirito, deve respirare come con due polmoni, dell Oriente e dell Occidente, e ardere nella carità di Cristo come con un solo cuore composto da due ventricoli. La legislazione orientale da parte sua, dando un grande significato a tutte le Chiese sui iuris della Chiesa cattolica (sia latina che orientali), sottolinea la necessità di custodire fedelmente e diligentemente tutti i riti orientali che trovano le proprie fonti nelle cinque tradizioni d Oriente.

2 Can. 41: I fedeli cristiani di qualsiasi Chiesa sui iuris, anche della Chiesa latina, che per ragione di ufficio, di ministero o di incarico hanno relazioni frequenti con i fedeli cristiani di un altra Chiesa sui iuris, siano formati accuratamente nella conoscenza e nella venerazione del rito della stessa Chiesa, secondo l importanza dell ufficio, del ministero o dell incarico che adempiono. a) Passaggio ad un'altra Chiesa sui iuris (can. 32 CCEO; can CIC) diverso territorio geografico (can. 32 1, 1 CCEO; can CIC) il motivo. Qualsiasi atto umano ha i suoi motivi ed è indirizzato a raggiungere un certo scopo. Anche in ambito ecclesiastico spesso vengono posti in essere, da parte dei fedeli, vari atti che riguardano il loro stato canonico e che devono essere motivati. Ora ci occuperemo del passaggio, ovvero del cambiamento dell appartenenza ecclesiastica ad una Chiesa sui iuris. Come già detto, l appartenenza originaria deriva dal ricevimento del battesimo tramite il quale il battezzando diventa membro di una Chiesa sui iuris (can. 29 1, 1 CCEO; can CIC) e comincia ad essere soggetto alla legge ecclesiastica (can CCEO; can. 11 CIC). Un approfondito studio del primo paragrafo del can CCEO presenta un assoluto divieto, prescritto dal Supremo Legislatore, di passare dalla propria Chiesa di origine ad un'altra senza i debiti permessi rilasciati dallo stesso Legislatore. Le fonti che sono state utilizzate per la redazione del canone, dimostrano che i vari autori a livello universale (i Papi e i Dicasteri della Curia Romana) hanno cercato, tramite l insegnamento dottrinale e legislativo, di proteggere i riti orientali e di proibire ai fedeli di cambiare il proprio Rito. Per passare in un altra Chiesa sui iuris devono essere infatti presenti debite motivazioni presentate alla competente autorità ecclesiastica. Can. 32 1: Nessuno può passare validamente a un altra Chiesa sui iuris senza il consenso della Sede Apostolica. i soggetti. Il canone inizia con il pronome personale nessuno e, anche se non è indicato espressamente, in un primo momento può dare l impressione di riferirsi solo ai fedeli laici. Un approfondito studio del canone invece permette di constatare che il riferimento ai soggetti deve essere inteso in senso largo e considerando tuttavia solo le persone fisiche nella Chiesa, ovvero tutti i fedeli cattolici, siano essi chierici, laici o religiosi. Vengono escluse, invece, le persone giuridiche. Può accadere che queste ultime, per motivi pastorali svolgano un attività pastorale nel territorio di una Chiesa sui iuris che è diversa dalla propria. Ciò succede, per esempio ad un Istituto di vita consacrata di una Chiesa sui iuris, che gode del diritto di aprire un monastero, una casa ma anche una provincia che successivamente segue il diritto della Chiesa sui iuris alla quale è stata ascritta la stessa persona giuridica con l atto di erezione (can. 423 CCEO). Per quanto riguarda le persone fisiche, i fedeli cristiani che vogliono compiere il passaggio ad altra Chiesa sui iuris, la legislazione canonica richiede che essi siano battezzati nella Chiesa cattolica, ma non richiede la maggiore età per compiere tale atto giuridico. 2

3 È vero che il termine passaggio, inteso come pratica amministrativa della Chiesa, nella maggior parte dei casi viene applicato nei confronti dei fedeli laici. Questa affermazione si può desumere considerando la prassi della Curia Romana seguita dalla Congregazione per le Chiese Orientali, competente in questa materia. In riferimento ai fedeli chierici si deve tener presente che è raro che essi vogliono cambiare la propria appartenenza ecclesiastica per essere ascritti ad un altra Chiesa sui iuris. Quando i chierici lo richiedono possono ottenere l indulto di biritualismo o l adattamento al rito latino. Il primo, l indulto di biritualismo è un atto amministrativo rilasciato dalla Congregazione per le Chiese Orientali ad un sacerdote (orientale o latino) per celebrare in un rito liturgico diverso dal proprio purché il sacerdote sia in possesso della conoscenza pratica del rito diverso e vi siano motivi che giustificano la richiesta. Esso viene concesso, per esempio, per celebrare il Culto Divino a vantaggio dei fedeli orientali cattolici presenti nella parrocchia latina o, nel caso di un sacerdote orientale cattolico, per permettergli di collaborare nel servizio ministeriale della Chiesa latina. Questa autorizzazione non comporta l automatica concessione, in via ordinaria, di amministrare il sacramento della crismazione del Santo Myron. Il presbitero continua pertanto ad avere la necessità di ottenere la delega dal proprio Vescovo diocesano (can. 882, can CIC; can CCEO). Per comprendere meglio la questione possiamo aiutarci con alcuni esempi. Ipotizziamo il caso in cui un sacerdote latino viene chiamato a svolgere la cura pastorale nei confronti dei fedeli orientali. Questo può avvenire nei seguenti casi: (A) a norma del can CIC viene nominato dal proprio Vescovo diocesano come cappellano o parroco proprio per fedeli orientali cattolici (B) o quando viene designato dal Vescovo eparchiale dagli stessi fedeli orientali cattolici come parroco proprio (can CCEO). In questi casi il sacerdote che appartiene alla Chiesa latina, deve ottenere l indulto di biritualismo dalla Congregazione per le Chiese Orientali e la facoltà di amministrare la crismazione del santo myron dal proprio Vescovo diocesano. Qui occorre ricordare il fatto, che tale presbitero è autorizzato ad amministrare il sacramento della crismazione esclusivamente nei confronti dei fedeli orientali cattolici per il quali ha ottenuto questa facoltà, quindi non può, in casi ordinari, conferirlo ai fedeli latini (can. 133, can CIC; can CCEO). Invece (C) nell ipotesi in cui il ministro latino svolga l ufficio in una parrocchia latina, su base del domicilio o quasi-domicilio ottiene la giurisdizione anche sui fedeli orientali cattolici presenti nel territorio della sua parrocchia (can CIC; can CCEO). Qui occorre però sottolineare che questa potestà: (a) non include la facoltà di benedire il matrimonio tra due fedeli orientali cattolici residenti nel suo territorio e (b) e non include neppure il diritto di amministrare la crismazione del santo myron. Inoltre essere in possesso dell indulto di biritualismo che abilita la persona di celebrare in un rito diverso non comporta il passaggio canonico in questa Chiesa sui iuris, in quanto il chierico continua ad essere assoggettato alla Chiesa sui iuris di origine. Questa situazione è stata prevista dalla legislazione canonica della Chiesa cattolica sia latina (can CIC) che orientale (can. 38 CCEO). 3

4 Un'altra questione, che riguarda non solo i ministri sacri, ma anche gli altri fedeli cristiani, si ha nel caso in cui fedeli orientali esprimano il desiderio di essere (o già siano) membri di Istituti religiosi latini. In questa ipotesi si verifica il così detto adattamento al rito latino. Anche in questa situazione non si tratta di un passaggio (cambiamento della Chiesa sui iuris), ma soltanto di un adattamento. Questo significa che il chierico o il religioso rimane fedele della propria Chiesa sui iuris di origine, ma agli atti giuridici a cui partecipa viene applicato il diritto della Chiesa sui iuris alla quale egli ha chiesto l adattamento. Un esempio si ha nel caso di un fedele battezzato in una Chiesa cattolica orientale che esprime il desiderio di diventare sacerdote. Viene accolto nel seminario latino dove successivamente è formato e vive pertanto in un ambiente che è diverso dal proprio, tanto da dimenticare di essere stato battezzato in una Chiesa orientale cattolica in quanto è sempre stato considerato come un fedele latino. Egli, prima di ricevere l ordine sacro, viene a conoscenza del fatto che è un fedele di origine orientale. In questa situazione il Vescovo diocesano (latino) non lo può ordinare senza il permesso della Sede Apostolica (can ; can CIC; can CCEO). Per fare chiarezza il rettore del seminario deve scrivere alla Congregazione per le Chiese Orientali chiedendo la regolarizzazione della situazione che avviene con il ricevimento da parte del candidato del documento che prescrive che egli continua ad essere fedele orientale ma adattato al rito latino. Una situazione simile si verifica spesso quando un Istituto religioso di una Chiesa sui iuris accoglie un fedele di un'altra Chiesa sui iuris. Per ammettere il fedele al noviziato tramite le promesse fatte dei voti temporanei o perpetui occorre ottenere la previa licenza dalla Congregazione per le Chiese Orientali (can. 451; can ; can CCEO). In caso contrario, quando non vengono osservate le norme canoniche indicate, i superiori di questi Istituti devono scrivere alla Congregazione per le Chiese Orientali per regolarizzare la situazione. Essa conferisce un documento con il quale concede di conformarsi in tutto al rito latino, comunque rimanendo ascritto alla propria Chiesa sui iuris. Può capitare che tale membro, dopo aver professato i voti temporanei o perpetui in un Istituto religioso, o sia stato incorporato definitivamente in una Società di Vita Apostolica e abbia ottenuto il diritto d adattamento al rito latino, decida di separarsi definitivamente dall Istituto o dalla Società o che ne venga dimesso secondo le norme prescritte dal CIC (cann CIC). Qui occorre tener presente che uscita dall istituto non significa anche abbandono automatico della Chiesa sui iuris alla quale l interessato, in precedenza, ha ottenuto il diritto di adattarsi. l organo competente a concedere il passaggio. Il canone prescrive in modo esplicito che la potestà esclusiva di concedere il permesso per il cambiamento della Chiesa sui iuris spetti solamente ad un unica autorità: la Sede Apostolica. Sono quindi escluse le altre autorità ecclesiastiche inferiori, per esempio il Vescovo eparchiale o il Gerarca del luogo, in quanto non è prevista questa loro autorità dal diritto canonico comune. Il riferimento alla Sede Apostolica per rilasciare il permesso al relativo passaggio è obbligatorio e non facoltativo e viene richiesto ad validitatem, non ad liceitatem per l atto giuridico. Tramite la riserva assoluta del consenso alla Sede Apostolica viene sottolineato anche il significato e il valore giuridico della Chiesa sui iuris che non viene più assimilata al rito che è soltanto uno dei patrimoni di questa Chiesa. gli effetti. Quando si tratta del passaggio delle persone sposate che hanno dei figli, le conseguenze giuridiche di tale passaggio si estendono, oltre che ai genitori, anche ai loro figli 4

5 al di sotto dei quattordici anni di età. A questa condizione, quindi, con l avvenuto passaggio dei genitori ad un'altra Chiesa sui iuris vengono ascritti anche i loro figli (can. 34 CCEO). Un altro effetto canonico che sorge dal passaggio ad un altra Chiesa sui iuris è la clausola vetita tamen sacrorum Ordinum receptione. Essa viene aggiunta nell indulto rilasciato dalla Congregazione per le Chiese Orientali quando si tratta di un fedele latino che vuole passare ad una Chiesa orientale cattolica. Ovviamente, la Sede Apostolica, in un secondo tempo, potrebbe revocare la clausola dietro richiesta del Gerarca del luogo nella cui eparchia è ascritto l interessato. Tutti questi effetti giuridici, a norma del can. 37 e del can CCEO, che riguardano lo stato canonico dei fedeli, devono essere annotati nel libro del battesimo. È opportuno ricordare che questa annotazione deve essere fatta sia nel libro della parrocchia del battesimo che nella nuova parrocchia della Chiesa sui iuris alla quale il fedele o i fedeli (se vi sono dei figli) si sono ascritti e dove hanno acquistato il domicilio o quasi-domicilio (cfr. can. 912 CCEO). Riassumendo, si deve constatare che, riguardo al can CCEO, il passaggio da una Chiesa sui iuris ad un altra che si trova in luoghi geografici diversi, può essere fatta da tutti i fedeli cattolici ma soltanto per gravi motivi, e dopo aver ricevuto il permesso dalla Congregazione per le Chiese Orientali. stesso territorio geografico (can. 32 2; can , 1 CIC) Il can CCEO, non trova corrispondenza nel can , 1 CIC, modificando in parte il processo di passaggio ad un'altra Chiesa sui iuris e introducendo un requisito necessario ad validitatem per l atto di passaggio, ovvero il principio di territorialità. È il caso in cui il passaggio avvenga all interno di un territorio geografico (un paese) dove due Vescovi eparchiali/diocesani svolgono la stessa giurisdizione, in questo caso il consenso dalla Sede Apostolica si presume. Abbiamo già visto che, nei casi ordinari, dove si considerano diversi territori geografici, per il passaggio valido da una Chiesa sui iuris ad un altra si richiede il consenso dalla Sede Apostolica. Il secondo paragrafo del can. 32 prevede invece casi straordinari nei quali il passaggio avviene nello stesso territorio geografico. In questa ipotesi il Supremo Legislatore stabilisce un'altra norma, la quale prevede che il permesso non debba essere chiesto alla Sede Apostolica, perché esso viene presunto se sono presenti due requisiti: il primo, che le due Chiese sui iuris, sia quella da cui si chiede il passaggio che quella verso la quale avviene il passaggio, abbiano nello stesso territorio una propria eparchia o diocesi e il secondo, che i Vescovi eparchiali o diocesani interessati acconsentano per iscritto al passaggio. Per es. in Polonia, dove esiste la gerarchia greco-cattolica ucraina e la gerarchia latina, se un fedele ascritto ad una eparchia della Chiesa greco-cattolica ucraina chiede di passare alla Chiesa latina del suo domicilio, il consenso della Sede Apostolica si presume, purché il Vescovo eparchiale orientale a quo e il Vescovo latino diocesano ad quem acconsentano per iscritto al passaggio. Subito vorrei accennare ad un problema: riguardo l applicazione di questo canone e del principio da esso introdotto nella vita della Chiesa (il così detto presunto consenso) è sorta 5

6 una grande discussione in merito tra i canonisti orientali cattolici. Alcuni di loro sostengono, che questo tipo di passaggio del fedele ad un'altra Chiesa sui iuris, previsto nel can CCEO, si deve intendere come passaggio ad una Chiesa orientale cattolica e non alla Chiesa latina. Invece, altri esperti in diritto canonico orientale ritengono, che sotto l espressione della Chiesa sui iuris usata nel canone trattato deve essere considerata anche la Chiesa latina. Secondo questa tesi un fedele orientale cattolico avendo ricevuto i permessi dei due Vescovi eparchiali che svolgono nello stesso territorio geografico la propria giurisdizione può passare alla Chiesa latina. La legislazione canonica della Chiesa latina (can , 1 CIC) non prevede questa possibilità per i fedeli latini. Perciò per regolare la disciplina della Chiesa cattolica in questa materia è stato pubblicato un rescritto della Segretaria di Stato datato 26 novembre 1992 che permette ai fedeli latini, dopo aver applicato le stesse prescrizioni richieste nella legislazione orientale, di passare ad un altra Chiesa sui iuris. Quindi se un fedele latino chiede di passare ad una Chiesa orientale sui iuris avente nello stesso territorio la propria eparchia, il consenso della Sede Apostolica si presume, purché il Vescovo orientale e il Vescovo latino acconsentano per iscritto al passaggio. Negli altri casi, cioè quando le relative gerarchie si trovano in due territori diversi, questa grazia viene concessa dalla Congregazione per le Chiese Orientali. E quando si tratta un fedele di sesso maschile spesso questo Dicastero della Curia romana rilasciando tale documento aggiunge la clausola con la quale proibisce all interessato di ricevere gli ordini sacri. Ovviamente quando si parla di passaggio ad un'altra Chiesa sui iuris non si può intendere il passaggio alla Chiesa Ortodossa. Questo significherebbe abbandono della fede della Chiesa cattolica che viene anche sanzionato con una pena canonica (cfr CCEO; can CIC). Parlando del passaggio di un fedele cristiano in un'altra Chiesa sui iuris si può notare che l iniziativa di tale atto giuridico deve provenire dal fedele stesso e un punto decisivo è la volontà dell interessato di passare sotto la giurisdizione di un'altra Chiesa sui iuris. Da un punto di vista formale, come abbiamo visto, per compiere tale atto giuridico il Supremo Legislatore richiede i requisiti sopra menzionati. Da un punto di vista pratico si presenta anche un altro elemento determinante che può essere giustificato sulla base dell insegnamento del Concilio Vaticano II Orientalium Ecclesiarum, 4 e del can CCEO, ovvero la volontà personale dell autorità ecclesiastica che acconsenta per iscritto a tale passaggio. Con l espressione volontà personale si devono intendere i motivi che vengono analizzati dal Vescovo eparchiale in base ai quali si forma la convinzione personale dell autorità ecclesiastica che sostiene la concessione di tale permesso. Essi possono essere sia esteriori (come il ritorno alla confessione dei genitori o il bene comune della famiglia), che interiori (come il bene spirituale dell interessato). In qualsiasi caso devono essere presenti motivazioni che portano alla salus animarum. Quindi si può constatare che gli elementi costitutivi per la validità dell atto, come il territorio della giurisdizione dei due Vescovi, il desiderio e la motivazione dell interessato, non sono sufficienti per il passaggio, perché è necessaria la presenza di un altro elemento: la volontà dell autorità ecclesiastica, che diventa determinante per tale atto giuridico. 6

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