Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (Mn) tra V e IV millennio a.c. Una comunità neolitica nei circuiti padani e veneti

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1 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (Mn) tra V e IV millennio a.c. A CURA DI RAFFAELLA POGGIANI KELLER

2 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (Mn) tra V e IV millennio a.c. a cura di Raffaella Poggiani Keller

3 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. a cura di Raffaella Poggiani Keller Progetto di ricerca Coordinamento scientifico Raffaella Poggiani Keller già Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia Coordinamento organizzativo Emilio Crosato Associazione Culturale Amici di Castellaro Contributi scientifici Monica Abbiati Responsabile Unità operativa Valorizzazione Aree e Parchi archeologici e Complessi monumentali Marco Baioni Museo Archeologico Platina, Piadena Fabio Bona Paleontologo Nicola Cappellozza SAP Società Archeologica s.r.l., Mantova Daniela Castagna SAP Società Archeologica s.r.l., Mantova Elisabetta Castiglioni Laboratorio di Archeobiologia dei Musei Civici di Como Alberto Crosato Archeologo Emilio Crosato Associazione culturale Amici di Castellaro Domenico Lo Vetro Dipartimento di Storia, Archeologia, Geografia, Arte e Spettacolo - Sezione Archeologia, Università degli Studi di Firenze; Museo e Istituto Fiorentino di Preistoria P. Graziosi Fabio Martini Dipartimento di Storia, Archeologia, Geografia, Arte e Spettacolo - Sezione Archeologia, Università degli Studi di Firenze; Museo e Istituto Fiorentino di Preistoria P. Graziosi Adalberto Piccoli Museo Archeologico dell Alto Mantovano, Cavriana Raffaella Poggiani Keller già Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia Paolo Rondini Università degli Studi di Pavia Mauro Rottoli Laboratorio di Archeobiologia dei Musei Civici di Como James Tirabassi Museo del Po, Revere Raffaella Tremolada Archeologa Marco Zanon Laboratorio di Palinologia e Paleoecologia CNR-IDPA, Milano; Christian-Albrechts-Universität Institut für Ur- und Frühgeschichte Kiel, Germania Documentazione di scavo Archivio Fotografico Soprintendenza Fotografie aeree BAMSphoto Rodella Montichiari (Bs) Disegno reperti Lapo Baglioni (I. litica) Daniela Castagna (ceramica) Paolo Rondini (ceramica e I. ossea di Tosina) Fotografie Domenico Lo Vetro (I. litica) Paolo Rondini (ceramica e I. ossea) SAP Società Archelogica s.r.l. Toni Lodigiani Emilio Crosato INQUADRAMENTO TOPOGRAFICO Riccardo Benedetti Cura editoriale Alberto Crosato Grafica e impaginazione Alberto Crosato, Simone Tagliani STAMPA Grafiche Tagliani Stampa e Comunicazione per Acherdo Edizioni Calcinato (Bs), Dicembre 2014 PUBBLICAZIONE A CURA DI Associazione Culturale Amici di Castellaro Via Castello, Castellaro Lagusello - Monzambano (Mn) Si ringrazia il Museo Archeologico dell Alto Mantovano per la collaborazione

4 Indice Prefazioni Introduzione Tosina, una valorizzazione condivisa Monica Abbiati Occasione e storia delle ricerche a Tosina Raffaella Poggiani Keller Le forme del territorio Nicola Cappellozza Tosina in epoca moderna: toponomastica, cartografia storica e interventi contemporanei Alberto Crosato Le ricerche Le indagini archeologiche nel sito preistorico di Tosina Raffaella Poggiani Keller, Daniela Castagna, Nicola Cappellozza La ricognizione di superficie 2011 nel sito di Tosina Alberto Crosato, Raffaella Tremolada I materiali Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza Domenico Lo Vetro Scheda di approfondimento 1: le pietre focaie Domenico Lo Vetro Scheda di approfondimento 2: i ciottoli con incisioni a cerchi concentrici Domenico Lo Vetro, Fabio Martini Il vasellame ceramico di Tosina e altri manfuatti. Ricognizione preliminare Raffaella Poggiani Keller Strumenti e oggetti d ornamento in ceramica e materia dura animale Raffaella Poggiani Keller Una rifrequentazione del sito di Tosina nell età del Bronzo? Indizi Paolo Rondini Le risorse faunistiche La fauna del sito di Tosina Fabio Bona Aspetti paleoambientali Prime analisi palinologiche Marco Zanon I resti carpologici dall abitato di Tosina Elisabetta Castiglioni, Mauro Rottoli Considerazioni cronologico-culturali Le datazioni 14 C dall abitato di Tosina Elisabetta Castiglioni, Mauro Rottoli Tosina di Monzambano: prime considerazioni su cronologia e aspetti culturali Raffaella Poggiani Keller pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. ìpag ì167

5 Il contesto territoriale mantovano nel Neolitico Altri siti neolitici nell Alto Mantovano: Cavriana e Solferino Adalberto Piccoli Il Neolitico nel territorio mantovano: i siti di Bagnolo San Vito e San Giorgio Daniela Castagna Il Neolitico nel territorio mantovano: il sito di Levata di Curtatone Marco Baioni, James Tirabassi Esperienze educative Attività didattiche e divulgative sulle ricerche nel sito di Tosina Raffaella Tremolada Il contesto territoriale e urbanistico attuale Colli, borghi, luoghi della memoria. Le colline moreniche mantovane del Garda Alberto Crosato, Emilio Crosato pag. pag. pag. pag. pag

6 Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza Domenico Lo Vetro Le ricerche sistematiche di scavo e le raccolte di superficie effettuate nel sito di Tosina hanno fino ad oggi restituito circa reperti in pietra. Il lotto più corposo è costituito dai reperti rinvenuti in superficie; ne sono stati al momento classificati circa 6 mila provenienti soprattutto dall Area 2. Sono invece poco meno di un migliaio i reperti rinvenuti durante le indagini stratigrafiche. Lo studio di queste industrie ha preso in considerazione i caratteri litologici, tecnologici e tipologici integrati da osservazioni relative all usura, basate su analisi autoptiche e a basso ingrandimento. Le industrie in pietra scheggiata Le industrie scheggiate degli scavi 2007 e I manufatti in pietra scheggiata provenienti dagli scavi stratigrafici (Settori A e B) ammontano complessivamente a 948 reperti tra nuclei, prodotti di pieno dèbitage, scarti di lavorazione (in senso lato) e manufatti ritoccati; sono compresi anche alcuni blocchetti di materia prima che si ritiene siano stati introdotti nell abitato come riserva di materia prima non utilizzata (tab. 1). Delle due fasi di vita finora rilevate nell abitato è numericamente più consistente la fase 1 (565 reperti di cui 166 manufatti ritoccati) rispetto alla fase successiva (383 reperti di cui 141 ritoccati) 1. Al di là della differenza quantitativa, tra le due fasi non si osservano differenze sostanziali nella composizione degli insiemi litici e nel rapporto tra le diverse categorie di reperti; soprattutto se si considerano i soli prodotti di piena produzione (lame/ lamelle, schegge laminari e schegge) osserviamo che la stragrande maggioranza dei supporti (non ritoccati e ritoccati) è composta dalla categoria delle lame/lamelle (75-80% circa dei prodotti). Questa omogeneità nella composizione degli insiemi litici delle due fasi trova riscontro, come si dirà più avanti, anche negli aspetti tecno-tipologici sebbene si osservino alcuni elementi che potrebbero indicare una leggera evoluzione della litotecnica al passaggio tra le due fasi. Alla luce di quanto esposto le caratteristiche delle industrie delle due fasi saranno illustrate complessivamente avendo cura di sottolineare le eventuali differenze significative ai fini di una lettura in senso evolutivo della produzione litica. 67 Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza Tab. 1. Tosina. Industria in pietra scheggiata: conteggio dei reperti provenienti dai livelli in posto. 1 Le industrie litiche della fase 1 provengono dalle USS 110, 107, 139, 144, 140, 118, 115, 125, 119, 133, 132; quelle della fase 2 dalle USS 105, 101, 102, 108.

7 68 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. La produzione litica scheggiata: materie prime e tecnologia Sebbene lo studio per la determinazione delle materie prime litiche sia tuttora in corso, i dati preliminari basati sull analisi delle caratteristiche macroscopiche (tessitura, colore, cortice) permettono di riferire la stragrande maggioranza dei manufatti litici rinvenuti nella sequenza stratigrafica di Tosina ai litotipi di ottima qualità presenti nelle formazioni giurassiche e cretaciche dei rilievi prealpini immediatamente ad Est del Lago di Garda (Lessinia occidentale e Monte Baldo) (fig. 48). I caratteri cromatici e tessiturali dei manufatti riferibili alle selci dell area veneto-trentina rientrano nella variabilità dei litotipi presenti nelle formazioni di questa regione (Barfield 1987; 1990; 1999; Bertola, Cusinato 2005; Barbieri et al. 2013). Le industrie litiche della Tosina sembrano realizzate prevalentemente su selci della formazione della Maiolica (o Biancone) e secondariamente della Scaglia variegata, mentre minoritari sono i reperti attribuibili alla formazione della Scaglia rossa e ad altre formazioni la cui provenienza non è stata ancora determinata. Tra le selci appartenenti alla formazione del Biancone, prevalgono quelle traslucide o semitraslucide, caratterizzate dai tipici flocculi biancastri, di colore grigio chiaro, miele e nocciola scuro, ma bisogna rilevare che sono molti i reperti interessati da patine e alterazione cromatica superficiale dovuta a fattori postdeposizionali. I pochi elementi corticati presentano in maggioranza superfici naturali a basso grado di alterazione che suggeriscono uno sfruttamento preferenziale di noduli e frammenti di lista/ arnione provenienti da areali di raccolta prossimi agli affioramenti d origine. Tali affioramenti sono distanti almeno km in linea d aria dal sito di Tosina. Alla Scaglia Variegata sono relativi alcuni litotipi di aspetto generalmente opaco di colore verde-oliva e verde-grigiastro. Alcune selci opache di colore rosso di varia tonalità sono probabilmente da attribuire alla formazione della Scaglia Rossa. Litotipi riferibili alle medesime formazioni venete potevano essere reperiti occasionalmente anche nei depositi morenici del Garda sottoforma di ciottoli e blocchetti dalle superfici arrotondate trasportati dal ghiacciaio al tempo delle glaciazioni (Cremaschi 1981), tuttavia tra le industrie provenienti dagli scavi stratigrafici non sono stati rinvenuti manufatti attribuibili con certezza a questo tipo di supporti. Fig. 48. Tosina. Provenienza delle materie prime litiche.

8 69 Fig. 49. Tosina. Industria litica scheggiata. Schema ipotetico della sequenza di riduzione dei nuclei carenoidi a cresta. A scopo esemplificativo si mostrano tre nuclei (da US 105 e dalle raccolte di superficie), ciascuno appartenente ad una diversa fase di sfruttamento. I reperti non sono in scala. A) nodulo o blocco di materia prima sgrossato e messo in forma prima dell introduzione nel sito; B) fase terminale di messa in forma del nucleo (vista laterale e frontale): apertura del piano di percussione e rifinitura della cresta potevano essere effettuate nel sito; C) inizializzazione dell estrazione mediante distacco della lama a cresta; D) nucleo in fase di pieno sfruttamento; E) nucleo in fase di sfruttamento molto avanzata, le dimensioni del blocco sono notevolmente ridotte, i distacchi lamellari invadono anche i fianchi del nucleo. Per quanto riguarda le modalità di approvvigionamento sembra plausibile l ipotesi che buona parte della selce di origine veneta arrivasse nel sito come prefome o nuclei già pronti per l estrazione a giudicare dal basso numero sia di prodotti corticati riferibili alle fasi iniziali di sgrossamento dei blocchi sia di schegge di messa in forma dei nuclei, anche in rapporto al numero di prodotti di piena produzione. Modalità di scheggiatura e sistemi tecnici della produzione laminare La produzione in pietra scheggiata di Tosina è basata su schemi operativi finalizzati ad ottenere supporti laminari destinati a realizzare una gamma variegata di strumenti. La produzione di schegge appare molto limitata e in buona parte legata alle fasi di gestione e di sfruttamento terminale di nuclei a lame, come documentato anche da molti residui di nuclei di taglia ridotta che recano impronte di distacchi relative ad un estrazione di schegge (sia larghe sia laminari) successiva al riorientamento dell originario nucleo a lame. Solo rari reperti, originati da nuclei a sfruttamento centripeto, documentano l adozione occasionale di uno schema di riduzione finalizzato all estrazione di corte schegge (fig. 52, 18). La scheggiatura laminare è orientata alla confezione di due categorie principali di prodotti: a) lame e lamelle di buona fattura, simmetriche a lati paralleli o subparalleli tendenzialmente rettilinei, sezione trapezoidale e triangolare, spessore variabile ma generalmente contenuto (fig. 50, 2-3, 6-11; fig. 51, 3-6); b) lame, e secondariamente lamelle, generalmente Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza

9 70 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. larghe e robuste a sezione triangolare e trapezoidale irregolare, poco simmetriche o asimmetriche, con lati subparalleli a profilo leggermente curvo o sinuoso, (fig. 50, 4-5; fig. 52, 14-17). La prima categoria di prodotti costituisce il risultato di una produzione laminare specializzata che si basa prevalentemente sull utilizzo di noduli e blocchi di selce della formazione del Biancone mediante l attuazione di un sistema tecnico standardizzato. Tale produzione è legata allo sfruttamento di nuclei a cresta carenoidi, con un piano di percussione liscio, stretto e molto inclinato come quelli rinvenuti in superficie (fig. 56). I nuclei sono accuratamente messi informa mediante una lavorazione bifacciale che talvolta coinvolge l intero volume del blocco di partenza (fig. 49; fig. 50, 1; Fig. 51, 1-2; fig. 56; fig. 57). L estrazione laminare sembra prevalentemente condotta a percussione indiretta anche se alcune lame regolari presentano stigmate compatibili con l uso della percussione tenera, verosimilmente organica (Pelegrin 2000) (fig. 50, 11), e altre ancora potrebbero essere correlate alla tecnica a pressione (fig. 50, 6-10; fig.51, 5-6). I nuclei pronti per essere sfruttati presentano una sola superficie di percussione liscia a sagoma ogivale stretta e lunga; il piano è molto inclinato e presenta talvolta un andamento longitudinale. L apertura del piano è realizzata mediante il distacco di una calotta o una scheggia tabulare con un colpo ortogonale al piano di estrazione inferto precedentemente alla creazione della cresta (fig. 49, B). La cresta, che presenta un andamento curvo in norma laterale e un profilo quasi rettilineo o poco sinuoso in norma frontale, è realizzata mediante ampi distacchi che spesso invadono i due fianchi del nucleo; il profilo della cresta è di norma regolarizzato con distacchi minuti che si sovrappongono alle impronte più ampie dei distacchi precedenti. I fianchi del nucleo sono in alcuni casi quasi interamente elaborati con ampi distacchi di schegge piatte che occupano le superfici laterali; talvolta uno o entrambi i fianchi possono presentare estese superfici corticate. La cornice del nucleo è accuratamente preparata lungo tutto il suo profilo mediante una fitta serie di microdistacchi adiacenti che sono visibili sulla superficie di estrazione. Avviato con l asportazione della lama a cresta (che presenta generalmente un profilo ventrale ricurvo), lo sfruttamento del nucleo è al principio esclusivamente frontale. La tavola laminare dopo i primi distacchi si mantiene piuttosto stretta, il piano di estrazione arretra a seguito di corte sequenze di distacchi che ad un certo momento possono estendersi sui fianchi dando luogo verso la fase finale di sfruttamento ad una estrazione lamellare di tipo semitornante. Durante la fase di estrazione, prima di avviare una nuova sequenza di distacchi laminari si procede alla regolarizzazione e rafforzamento della cornice del nucleo mediante microdistacchi (talvolta associati ad abrasione) che si originano dal piano di percussione e che sono visibili sulla parte prossimale della tavola laminare. Tale sistema di messa in forma e sfruttamento dei nuclei garantisce una produzione in serie di supporti lamino-lamellari piuttosto standardizzati limitando la necessità di ricorrere a continue operazioni di gestione e rimessa in forma delle superfici del nucleo stesso anche grazie alla bassa frequenza di incidenti (riflessioni) durante la fase di estrazione. La produzione di lame e lamelle attribuibili a questa catena operativa è di tipo unimodale ciò vuol dire che la differenza di taglia dei supporti è conseguenza della progressiva riduzione del nucleo. Non si esclude, tuttavia, che differenze di modulo dei supporti possano anche essere determinate in parte dalle dimensioni del blocco di origine, come sembrerebbero dimostrare alcuni nuclei a cresta non sfruttati, di dimensioni più ridotte rispetto ad altri, che sono stati rinvenuti tra i materiali raccolti in superficie (fig. 56, 1). Le lame (lunghe in media mm e larghe mm ca.) e le lamelle (lunghezza inferiore a 50 mm, larghe mediamente 8-10 mm ca.) frutto di questa produzione presentano caratteristiche ricorrenti che li rendono facilmente riconoscibili: morfologia simmetrica piuttosto slanciata a lati paralleli, sezione trapezoidale e triangolare simmetrica, nervature regolari, talloni lisci molto piccoli (alcuni quasi puntiformi), sistematica preparazione della parte prossimale dorsale, mediante microdistacchi, anche lamellari che dal tallone convergono verso l asse mediano della lama, imputabile alla accurata preparazione della cornice del nucleo precedente all estrazione del supporto laminare. Questa operazione determina in molti casi una morfologia rastremata (a profilo triangolare o ogivale) della porzione prossimale della lama/lamella (fig. 50, 9-11; fig. 51, 3-4; fig. 54, 4, 10). Alcuni prodotti laminari a sezione trapezoidale con le medesime caratteristiche a quelle sopradescritte (talloni lisci, preparazione accurata della cornice con distacchi lamellari, talloni rastremati) ma di fattura elevata, caratterizzati da nervature dorsali e lati ben rettilinei e spessore contenuto, potrebbero indicare l utilizzo della tecnica a pressione (fig. 350, 6-10; fig. 53, 5-6; fig. 54, 9). Al momento non è possibile determinare con certezza se l utilizzo della tecnica a pressione intervenga nel corso del me-

10 desimo processo produttivo descritto sopra o se sia pertinente ad uno schema operativo indipendente. Da entrambe le fasi della sequenza stratigrafica provengono alcune lame a cresta a profilo ventrale curvo e nuclei (uno per ciascuna fase) riferibili a questa catena operativa. I nuclei, a un solo piano di percussione liscio e molto inclinato, sono stati abbandonati in fase terminale di sfruttamento, in entrambi i casi è visibile il caratteristico trattamento della cornice (fig. 50, 1; fig. 51, 1). Come si dirà più avanti sono numerosi invece i nuclei carenoidi a cresta con un piano di percussione liscio e inclinato rinvenuti nelle raccolte di superficie. Si tratta di nuclei piuttosto standardizzati nella morfologia e nelle dimensioni, ritrovati intatti o in fase di sfruttamento (figg ). Il numero di prodotti corticati, rinvenuti sia in strato sia in superficie, che potrebbero essere relativi allo sgrossamento e messa in forma di questi nuclei, arisulta piuttosto basso anche in rapporto all alto numero 71 Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza Fig. 50. Tosina. Industria litica scheggiata dalla fase 1. 1 nucleo; 2, 3, 5-11 lame e lamelle intere e frammentarie; 4 rimontaggio di lame e lamelle appartenenti allo stesso nucleo (scala 1:1 eccetto n. 11, scala 2:1).

11 72 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. di prodotti di pieno débitage; ciò farebbe supporre che la preparazione dei nuclei a cresta non avvenisse nel sito ma probabilmente altrove, forse in prossimità dei depositi di raccolta della materia prima. Nello strumentario di entrambe le fasi della Tosina i prodotti e sottoprodotti del dèbitage riferibili a questo schema laminare sono destinati a coprire l intera gamma dello strumentario ritoccato. I prodotti di pieno dèbitage, lame simmetriche a sezione triangolare e trapezoidale, sono prevalentemente destinate alla confezione di bulini, troncature (anche su lamella), becchi assiali e raschiatoi lunghi, e secondariamente denticolati (soprattutto incavi e raschiatoi) (figg ) Anche alcuni strumenti specializzati come i trancianti trasversali sono ricavati da tali supporti laminari (fig. 52, 13), questo dato è confermato anche da alcuni trancianti trasversali raccolti in superficie che recano nervature e negativi riferibili a supporti a sezione triangolare (fig. 59, 17, 20-22, 24). Le robuste schegge tabulari ottenute dalle fasi di ripristino dei piani di percussione sono utilizzate per realizzare alcuni grattatoi di grossa taglia (fig. 52, 3). La seconda categoria di prodotti laminari, meno simmetrici e tendenzialmente più larghi (mediamente mm) e robusti rispetto a quelli illustrati sopra, è minoritaria in termini di quantità sia negli insiemi litici in strato sia in quelli in giacitura secondaria. Questa produzione appare il frutto di un sistema di riduzione, basato su un procedimento meno raffinato di quello descritto in precedenza, che non sembra legato allo sfruttamento di litologie specifiche sebbene tutte di buona qualità (prevalentemente Biancone, e Scaglia Variegata). Caratteri ricorrenti dei supporti laminari sono: talloni lisci ad ampiezza ridotta, generalmente poco inclinati, sistematica e profonda abrasione della porzione prossimale, bulbi poco prominenti, presenza di labbro lungo la congiunzione tra bulbo e tallone imputabile all uso del percussore organico. Questa produzione sembra impostata sulla riduzione di nuclei prismatici ad un piano di percussione liscio poco inclinato. Pochi frammenti di lame a cresta a faccia ventrale rettilinea con profilo della cre- Fig. 51. Tosina. Industria litica scheggiata dalla fase nuclei; 3-6 lame e lamelle; 5 lamella con incavo e piquant trièdre (scala 1:1).

12 sta piuttosto sinuoso potrebbero essere riferiti alla fase di inizializzazione di questi nuclei. La generale scarsità di supporti di messa in forma fa supporre anche in questo caso una preparazione dei blocchi precedente all introduzione nel sito, a meno che questa non avvenisse in altre aree dell abitato. Anche tra i materiali raccolti in superficie non sono stati individuati al momento supporti di messa in forma che possano essere con certezza attribuiti a questa produzione ma uno studio specifico su queste collezioni è attualmente in corso. Dalla fase 1 (US 110) proviene una serie di prodotti laminari tutti riferibili al medesimo nucleo; il rimontaggio di 8 di questi supporti laminari documenta almeno due distinte fasi di sfruttamento del nucleo (fig. 50, 4). Alla prima fase di riduzione (documentata da una sola lama di pieno débitage) utilizzata per la produzione di lame larghe di lunghezza superiore a 6 cm segue, dopo la rotazione del blocco, una seconda fase di estrazione (documentata da 7 elementi in tutto) contraddistinta da brevi sequenze di estrazione in successione finalizzate all estrazione di lame di modulo più piccolo e lamelle. L uso della percussione organica tenera è riscontrabile in entrambe le fasi di sfruttamento. Le lame prodotte con questo sistema di scheggiatura sono utilizzate soprattutto per confezionare bulini, troncature, raschiatoi lunghi e denticolati (fig. 52, 14-17; fig. 53, 3, 5). Aspetti tipologici Le due fasi presentano caratteri tipologici, stilistici e strutturali piuttosto omogenei. La fisionomia dei due complessi è determinata dalla discreta standardizzazione morfodimensionale della produzione laminare frutto di un sistema produttivo caratterizzato da un alto grado di predeterminazione. La stragrande maggioranza degli strumenti ritoccati è realizzata, infatti, su supporto laminare (talvolta lamellare) a morfologia solitamente simmetrica (lame e lamelle di categoria a, vedi paragrafo precedente). Lo strumentario su scheggia è realizzato in parte su sottoprodotti della scheggiatura laminare e in misura marginale su schegge riconducibili a schemi di estrazione centripeti. Schegge di gestione dei nuclei per le quali non è possibile risalire allo schema operativo d origine, sono utilizzate occasionalmente per strumenti come raschiatoi corti e denticolati bulini e troncature. L assetto strutturale (Laplace 1964) di entrambe le fasi è determinato da bulini, troncature, raschiatoi lunghi e denticolati, che presentano valori percentuali quasi equivalenti che si mantengono pressoché stabili al passaggio tra la prima e la seconda fase (tab. 2). L insieme dei ritoccati è composto da 166 strumenti (pari a 176 tipi primari) nella fase 1 e 141 (pari a 143 tipi primari) nella fase 2. Bulini: sono realizzati prevalentemente su lame di pieno débitage di larghezza compresa tra 12 e 16 mm, generalmente piuttosto simmetriche a sezione triangolare e trapezoidale, qualche esemplare è ottenuto su lama simmetrica più larga e robusta (fig. 52, 1-2; fig. 54, 1; fig. 55, 1-2). Nella fase 2 sono più numerosi gli esemplari su lama a spessore ridotto (3-4 mm) e si rarefanno quelli su lama larga e asimmetrica. Solo raramente sono utilizzate schegge (fig. 54, 3) e lame, larghe e spesse, riferibili alle fasi di gestione dei nuclei (fig. 53, 3). Per quanto riguarda gli aspetti tipologici sono presenti sia tipi semplici che su frattura e su ritocco. Nella fase 2 prevalgono numericamente i tipi su frattura seguiti dai tipi semplici e su ritocco; i diedri sono per lo più rettilinei e normali, ottenuti con colpi generalmente unici, sia corti sia lunghi. Nella fase 2 sono più frequenti i bulini con distacchi sottili molto stretti confezionati su lame a spessore ridotto. Sono ricorrenti i bulini sia multipli sia gemini (fig. 54, 2; 55, 2) o in associazione con altri tipi primari (grattatoi, troncature e becchi) (fig. 54, 8). Le dimensioni 2 dei bulini in entrambe le fasi rientrano soprattutto nel modulo delle lamelle (26-50 mm), sono rari i manufatti di lunghezza superiore a 50 mm; in fase 2 si assiste ad una maggiore standardizzazione nella lunghezza che si attesta soprattutto tra 30 e 46 mm. Grattatoi: in entrambe le fasi sono presenti esclusivamente i tipi frontali, prevalentemente lunghi, anche carenoidi (fig. 52, 3-4; fig. 54, 4-6; fig. 55, 3). Prodotti di gestione come schegge tabulari larghe e spesse e lame a cresta robuste sono i supporti privilegiati per confezionare i grattatoi come nel caso di un esemplare realizzato su una grande tablette estratta per ripristinare il piano di percussione di un nucleo probabilmente del tipo carenoide a cresta (fig. 54, 6). Sono rari i casi in cui sono utilizzate lame di pieno dèbitage (fig. 54, 4). Le dimensioni dei Grattatoi sono prevalentemente di modulo medio ( mm). Su alcuni reperti la faccia ventrale è interessata da ritocchi inversi scagliosi finalizzati probabilmente all assottigliamento del supporto (fig. 51, 3). Troncature: come i bulini anche le troncature 73 Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza 2 Per la tipometria dei manufatti ritoccati si fa riferimento a LAPLACE 1968, BAGOLINI 1968 e MARTINI 1975.

13 sono ottenute prevalentemente da lame di pieno débitage dalla morfologia simmetrica. Sono preferiti i supporti robusti anche dalla morfologia stretta e slanciata (fig. 54, 11; fig. 55, 4). Non mancano esemplari sia su lamella di spessore più contenuto (fig. 54, 10) sia su lama larga (fig. 53, 5; fig. 54, 9; fig. 55, 5) anche a sagoma poco simmetrica; sono poco frequenti gli esemplari su scheggia. Il gruppo è composto prevalentemente dai tipi a ritocco profondo, sia normale (T2) sia obliquo (T3), accompagnati da alcuni a lavorazione marginale (T1), pochi esemplari presentano un ritocco molto periferico (inframarginale) che potrebbe essere imputabile all uso. Sono presenti troncature multiple e in associazione con altri tipi primari (due bulini e un becco). Le 74 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. Fig. 52. Tosina. Industria litica scheggiata dalla fase 1. Strumenti ritoccati. 1-2 bulini; 3-4 grattatoi; 5 troncatura; 6 becco; 7 punta a dorso; 8 frammento di pezzo foliato bifacciale; 9-12 cuspidi di freccia foliate peduncolate; 13 geometrico foliato (tranciante trasversale) in fase di lavorazione; raschiatoi lunghi; denticolati (scala 1:1).

14 75 Fig. 53. Tosina. Industria litica scheggiata dalla fase 1. Strumenti ritoccati. 1-3 bulini; 4-5 troncature; 6 Becco; 7 punta a dorso; 8 geometrico (tranciante trasversale); 9-10 denticolati (scala 1:1, disegni di Lapo Baglioni). dimensioni sono generalmente piccole (26-50 mm) ma si registrano elementi su lama di lunghezza maggiore. Becchi: in entrambe le fasi la selezione dei supporti per la produzione dei becchi appare differenziata in relazione al tipo primario, per i becchi non assiali (Bc1) sono utilizzate schegge asimmetriche, sottoprodotti della scheggiatura laminare; gli apici sono talvolta ben evidenziati e mostrano tracce dovuto all uso. I becchi assiali sono invece prevalentemente realizzati su lame e lamelle, tra questi si distinguono un elemento di buona fattura a lavorazione accurata, bilaterale e ritocco piatto inverso con troncatura basale (fig. 53, 6), e un esemplare su lamella sottile alla cui estremità è stato realizzato un apice esile ma ben evidenziato (fig. 54, 7). Tre esemplari sono in associazione con altre tipologie: un bulino (fig. 54, 8), una troncatura, un incavo. Punte a dorso: sono presenti solo nella prima fase. Tre punte a dorso totale (PD4) simili anche nelle dimensioni (comprese tra 34 e 43 mm) sono caratterizzate da ritocchi bilaterali totali ben marcati, gli apici sono sempre interessati da un ritocco piatto inverso e mostrano evidenti tracce di abrasione e politura riconducibili all uso mediante movimento rotatorio imputabile all utilizzo come perforatori (fig. 52, 7; fig.53, 7). Lame a dorso: un solo esemplare, una lama a cran (LD3) frammentaria su microlamella simmetrica a spessore contenuto. Il ritocco è parziale e poco profondo. Frammenti di dorso: dalla fase 1 un frammento prossimale di lama robusta a sezione trapezoidale; dalla fase 2 un probabile frammento di lama a dorso (LD2) o punta a dorso parziale (PD2) su lama slanciata di buona fattura a lati paralleli, il ritocco distale è interrotto dalla frattura. Geometrici: dalla prima fase proviene un triangolo (Gm4) ricavato da una scheggia larga e sottile mediante due troncature oblique eseguite a ritocco Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza

15 76 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. Tab. 2. Tosina. Industria in pietra scheggiata: struttura tipologica degli strumenti provenienti dai livelli in posto.

16 erto bipolare che si incontrano a formare un vero e proprio peduncolo (fig. 53, 8). Morfologia peduncolata e dimensioni lo rendono affine ai trancianti trasversali a sagoma triangolare, realizzati con ritocco piatto (classificati come geometrici foliati, secondo la tipologia Laplace,) presenti in altri contesti tardoneolitici dell Italia settentrionale. Un trapezio (Gm5) ipermicrolitico realizzato su porzione mediana di una lama stretta a sezione trapezoidale proviene dalla fase 2. Le troncature, entrambe parziali, sono differenziate, concava quella prossimale mentre quella distale, realizzata a ritocco inverso poco accurato, è caratterizzata da una discontinuità angolare. Foliati: dalla fase più antica provengono un frammento di foliato bifacciale (F5), quattro cuspidi peduncolate (F7) e un tranciante trasversale (F9). Del pezzo foliato bifacciale (F5) si conserva solo la porzione mediana (fig. 51, 8), potrebbe trattarsi di una piccola lama di pugnale dalla forma lanceolata. La lavorazione è caratterizzata da distacchi lamellari lunghi con margini a profilo sinuoso. Lungo i margini si osservano alcuni distacchi dovuti probabilmente all uso. Le punte di freccia (F7), quasi tutte frammentare sono di dimensioni ridotte, realizzate sia a partire da supporti laminari che da piccole schegge spesse. Questa categoria di manufatti appare estremamente variabile sia nella morfologia che nella lavorazione. Prevalgono i pezzi a lavorazione bifacciale coprente a spalle normali piuttosto pronunciate. Tra questi un esemplare (fig. 52, 9) è caratterizzato da una punta lunga e molto slanciata e un peduncolo estremamente stretto e corto; un secondo elemento (fig. 52, 11), mancante delle due estremità, ha la cuspide di forma triangolare corta e un peduncolo largo, le spalle sono differenziate, una è rettilinea normale, l altra è concava con l estremità rivolta verso il basso. Del terzo esemplare (fig. 52, 10) si conserva solo la punta (interessata da alcuni distacchi termoclastici) dalla forma triangolare poco slanciata. La quarta punta peduncolata manca della porzione apicale (fig. 52, 12), è realizzata su una lama robusta a sezione triangolare; la fattura appare piuttosto sommaria, il ritocco, infatti, è presente solo sulla porzione basale ed interessa il peduncolo, molto corto e stretto, e le spalle, concave e poco pronunciate. Alla fase 2 sono pertinenti tre troncature a ritocco piatto (F1) e una cuspide a base concava (F6). Le troncature sono realizzate su lama di cui una di buona fattura a sezione trapezoidale e lati leggermente convergenti, le altre due sono più larghe e poco slanciate. Il ritocco è sempre molto poco invadente, in un caso bifacciale, in due casi inverso. Il primo dei tre esemplari presenta un margine con ritocco complementare marginale e una leggera lustratura dovuta probabilmente all utilizzo come elemento di falcetto (fig. 55, 6). La punta di freccia a base concava (F6) è probabilmente frutto di un ripristino di una cuspide peduncolata la cui base, successivamente alla rottura del peduncolo, è stata sommariamente ripresa con un ritocco inverso concavo (fig. 54, 12). L apice è mancante a causa di distacchi causati dall impatto. Lo strumento ha la sezione piano-convessa, una morfologia slanciata e le alette (di cui una frammentaria) pronunciate e rivolte verso il basso. La lavorazione è quasi coprente e accurata sulla faccia superiore, la faccia inferiore è quasi del tutto risparmiata dal ritocco ad eccezione dei bordi laterali e delle alette (ritocco molto corto) e della base. La morfologia di questo strumento è inusuale nei contesti tardoneolitici in area padana dove queste tipologie a base concava si diffonderanno a partire dal periodo di passaggio tra l età del Rame e la prima età del Bronzo. Lo stesso vale per le alette pronunciate rivolte verso il basso che caratterizzano anche le morfologie peduncolate della locale età del Bronzo. Non si esclude pertanto che questo reperto possa essere un elemento intrusivo proveniente da eventuali livelli soprastanti smantellati dai lavori agricoli. La presenza di una fase di frequentazione risalente alla prima età del Bronzo è indiziata da alcuni reperti litici rinvenuti in superficie (vedi infra) tuttavia bisogna ricordare che, al momento, nè tra le industrie litiche nè tra la ceramica proveniente dagli scavi stratigrafici sono stati rinvenuti altri elementi riferibili ad una fase postneolitica. Il tranciante trasversale (F9) è ricavato dalla porzione prossimale di una lama a sezione triangolare; il ritocco, inverso, molto marginale e parziale interessa solo la porzione del peduncolo, si tratta probabilmente di uno strumento abbandonato in corso di lavorazione (fig. 52, 13). Raschiatoi lunghi: in entrambe le fasi sono ottenuti su lame di pieno débitage dalla morfologia piuttosto simmetrica a lati paralleli di larghezza compresa tra 12 e 15 mm; la lunghezza non è determinabile in quanto sono tutti frammentari ma si segnalano alcuni esemplari di lunghezza superiore a 40 mm. Nella prima fase sono ben rappresentati anche gli esemplari su lama larga (ca mm) e asimmetrica talvolta di spessore e lunghezza considerevole (ca mm) (fig. 52, 14-15) che scompariranno invece nella fase successiva dove si registra un aumento di elementi su lamella (larghezze 77 Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza

17 ca mm) a sezione triangolare e trapezoidale anche di spessore ridotto. In questa fase si registra anche un buon numero di lame di larghezza compresa tra 15 e 20 mm e lunghezza compresa tra 45 e 60 mm ca. tra le quali spiccano alcuni esemplari su prodotti di buona fattura insieme ad alcune lame a sagoma asimmetrica. La lavorazione è quasi sempre molto periferica (L0 e L1 prevalenti) e parziale. Due elementi, uno per fase, presentano tracce di lustratura riconducibile al taglio di sostanze vegetali. Raschiatoi corti: sono realizzati su schegge riferibili alla fase di gestione dei nuclei (schegge semicorticali, sottoprodotti della scheggiatura laminare) alle quali si uniscono schegge e schegge laminari di piena produzione. Morfologia, spessore e dimensioni dei supporti sono molto variabili. I pezzi integri e quelli dalle dimensioni ricostruibili della fase 78 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. Fig. 54. Tosina. Industria litica scheggiata dalla fase 2. Strumenti ritoccati. 1-3 bulini; 4-6 grattatoi; 7 becco; 8 strumento composto (becco opposto a bulino); 9-11 troncature; 12, cuspide foliata, la base concava è il risultato del ripristino dopo la frattura del peduncolo; 13 strumento di tecnica campignana; denticolati (scala 1:1).

18 1 sono riferibili soprattutto al modulo tipometrico delle piccole dimensioni (26-50 mm), mentre nella fase 2 si osserva una prevalenza di pezzi di taglia microlitica (non oltre 25 mm di lunghezza). La lavorazione è quasi sempre sommaria, parziale e molto periferica (R0 e R1 prevalenti). Un raschiatoio profondo della fase 1 è realizzato su un residuo di nucleo, il ritocco, totale e piuttosto accurato, interessa il margine distale del nucleo. Frammenti di raschiatoio corto/lungo: una porzione prossimale di lama o scheggia laminare a ritocco marginale. Frammento di strumento a ritocco semplice: dalla fase 2 un frammento indeterminabile con ritocco semierto profondo. Schegge a ritocco erto: pochi reperti su scheggia a ritocco sia marginale sia profondo. Per quanto riguarda i supporti e la lavorazione vale quanto detto sopra per i raschiatoi corti. Denticolati: si registra una grande variabilità sia nella morfologia che nelle dimensioni dei supporti. Il gruppo è costituito principalmente da incavi (D1) e raschiatoi denticolati (D2), e da rari grattatoi denticolati (D4). Incavi e raschiatoi denticolati sono realizzati sia su lama sia su scheggia (fig. 53, 10; fig. 54, 15; fig. 55, 7-8); tra gli esemplari su lama si segnalano alcuni pezzi su lama slanciata a sezione trapezoidale e triangolare (prevalenti nella fase 2) (fig. 53, 9; fig. 54, 14; fig. 55, 9), e altri su lama larga e asimmetrica (fig. 51, 16-17). La lavorazione è variabile, sia profonda con incavi ben marcati sia poco profonda o marginale. Tra i tipi su scheggia, nella fase 2, spicca un raschiatoio denticolato di dimensioni considerevoli in rapporto allo standard tipometrico di questa industria, il ritocco è inverso a denticolazione molto marcata a formare un margine festonato (fig. 54, 15). I rari grattatoi denticolati sono ottenuti da robuste schegge di gestione dei nuclei (fig. 52, 18). Pezzi scagliati: sono presenti solo nella fase più recente: due pezzi scagliati semplici (E1) di piccola taglia su scheggia laminare a lavorazione sommaria. Diversi: dalla fase 2 proviene un frammento distale di uno strumento ottenuto da un supporto 79 Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza Fig. 55. Tosina. Industria litica scheggiata dalla fase 2. Strumenti ritoccati. 1-2 bulini; 3 grattatoio; 4-5 troncature; 6 troncatura foliata utilizzata come elemento di falcetto; 7-9 denticolati (scala 1:1, disegni di Lapo Baglioni).

19 80 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. massiccio. La lavorazione bifacciale e coprente è realizzata con distacchi ampi e scagliosi. Lo strumento è riferibile alla categoria degli strumenti di tecnica campignana (fig. 54, 13). Le industrie litiche delle raccolte di superficie Dei circa reperti in pietra provenienti dalle raccolte di superficie sono stati al momento suddivisi e classificati circa 6000 reperti in pietra scheggiata e circa una trentina in pietra non scheggiata, raccolti prevalentemente nell Area 2 e in minor misura dall Area 1. Lo studio di questo lotto di reperti, sebbene non ancora concluso, ha rivelato un grande potenziale informativo integrando in maniera significativa i dati acquisiti con i manufatti litici rinvenuti in strato. In entrambe le aree la maggioranza dei reperti è costituita da supporti non ritoccati, categoria che comprende prodotti di pieno dèbitage (lame, lamelle e schegge) e scarti di produzione (prodotti relativi alla fase di messa in forma e gestione dei nuclei, residui e frammenti indeterminabili) (tab. 3). Tra i supporti non ritoccati appare significativa la quantità di prodotti laminari tra cui lame e lamelle a sezione triangolare e trapezoidale di buona fattura. Non è trascurabile, sebbene percentualmente poco incisiva, la quantità di nuclei in maggioranza riferibili a sistemi di produzione laminare. Una buona percentuale è rappresentata dai ritoccati tra cui si contano numerosi reperti particolarmente diagnostici ai fini di una attribuzione crono-culturale (tab. 4). Per quanto riguarda le materie prime, allo stesso modo delle industrie provenienti dagli scavi stratigrafici, prevalgono nettamente le classi litologiche riferibili alle formazioni della piattaforma venetotrentina e in particolare Maiolica e, secondariamente, Scaglia Variegata. Pochi reperti tra cui alcuni nuclei su ciottolo documentano lo sfruttamento, per quanto marginale, di radiolariti la cui provenienza potrebbe essere rintracciata nelle formazioni che si estendono ad Ovest del Lago di Garda lungo il bacino prealpino lombardo. Nel campione dei reperti raccolti in superficie fino ad ora classificati sono stati inoltre rinvenuti 4 reperti in ossidiana (un nucleo, una lamella e due schegge) (fig. 58, 8-9), una presenza significativa, sebbene sporadica, che attesta contatti con ambiti culturali peninsulari. Come sarà illustrato in dettaglio più avanti, numerosi manufatti rinvenuti in superficie sono riconducibili per caratteristiche, tecno-morfologiche, tipologiche e dimensionali ai medesimi sistemi produttivi riconosciuti nelle industrie dei livelli tardoneolitici in posto. Lo studio di tali reperti ha permesso di integrare le informazioni provenienti dai materiali in giacitura primaria ed ha contribuito a definire meglio i caratteri della produzione litica neolitica di Tosina. Pochi manufatti, soprattutto ritoccati, permettono inoltre di ampliare l arco cronologico di frequentazione del sito fino all antica età del Bronzo (vedi infra). Tra i prodotti della scheggiatura sono molti i reperti utili all individuazione dei procedimenti tecnici e alla ricostruzione delle catene operative. Tra questi elementi sono particolarmente significativi i nuclei carenoidi a cresta ad un piano di percussione liscio, stretto e inclinato (alcuni dei quali non sfruttati) (figg ), le lame a cresta di inizializzazione dei nuclei e le numerose lame e lamelle di piena Tab. 3. Tosina. Industria in pietra scheggiata: conteggio del campione dei reperti classificati provenienti dalle raccolte di superficie.

20 81 Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza Fig. 56. Tosina. Industria litica scheggiata proveniente dalle prospezioni di superficie sistematiche effettuate nel 2006 e Nuclei carenoidi a cresta non sfruttati (scala 1:1).

21 82 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. produzione tra cui si riconoscono anche alcuni prodotti laminari con caratteristiche compatibili con la tecnica di distacco a pressione. Queste diverse categorie di manufatti sono riferibili al medesimo sistema produttivo individuato nelle industrie litiche rinvenute in strato associate alla ceramica della Lagozza. Lo stesso si può affermare per i manufatti ritoccati, buona parte di questi sono attribuibili per caratteri tipologici al Neolitco tardo e in particolare al locale aspetto della Lagozza. Anche l assetto della struttura tipologica (tab. 4), per quanto questa possa valere trattandosi di insiemi litici raccolti in superficie, non si discosta molto da quello delle industrie rinvenute in strato: prevalenza di troncature, raschiatoi lunghi e denticolati ma si registra una minore incidenza dei bulini e un tenore maggiore di raschiatoi corti, foliati e grattatoi. All ambito della Cultura della Lagozza possono essere riferiti numerosi strumenti relativi ad alcune tipologie specifiche come: - i trancianti trasversali, di forma triangolare o con peduncolo più o meno sviluppato, questi ultimi realizzati prevalentemente su porzione di lama a sezione triangolare e trapezoidale (fig. 59, 16-26); - alcune varianti di punta di freccia peduncolata tra cui quella a morfologia losangica (fig. 59, 1); - bulini, becchi assiali, troncature a ritocco profondo, raschiatoi lunghi (soprattutto a ritocco periferico) e denticolati (incavi e raschiatoi), tutti realizzati su lama e lamella di piena produzione, simmetriche a sezione triangolare e trapezoidale (fig. 58, 3-6); - grattatoi a fronte ben arcuata e ritocco laterale ottenuti su supporto spesso, anche di grandi dimensioni, talvolta realizzati su robusti supporti tabulari (schegge di gestione delle superfici dei nuclei) (fig. 58, 1). Tra i materiali raccolti in superficie alcuni strumenti a ritocco foliato coprente bifacciale a sagoma cordiforme e amigdalare (fig. 59, 13-15) potrebbero rimandare alle tipologie del terzo stile della cultura VBQ (vedi per esempio Rocca di Rivoli: Barfield, Bagolini 1976), per quanto si tratti di tipi che perdurano anche durante l età del Rame. Alla tradizione VBQ potrebbero essere attribuiti anche rari grattatoi su scheggia con fronte espansa (fig. 58, 2). Ad epoche sicuramente successive al Neolitico sono da attribuire alcune cuspidi peduncolate che per caratteristiche morfo-dimensionali sono assimilabili a tipologie che in area padano-alpina si Tab. 4. Tosina. Industria in pietra scheggiata: struttura tipologica del campione dei manufatti ritoccati provenienti dalle raccolte di superficie.

22 83 Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza Fig. 57. Tosina. Industria litica scheggiata proveniente dalle prospezioni di superficie sistematiche effettuate nel 2006 e Nuclei carenoidi a cresta in corso di sfruttamento (scala 1:1).

23 84 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. Fig. 58. Tosina. Industria litica scheggiata proveniente dalle prospezioni di superficie sistematiche effettuate nel 2006 e grattatoio carenoide frontale su scheggia di apertura del piano di percussione di un nucleo carenoide a cresta; 2 grattatoio frontale; 3 bulino su frattura; 4 becco assiale; 5-6 troncature; 7 tranchet campignanoide; 8 frammento di lamella in ossidiana; 9 residuo di nucleo in ossidiana; 10 elemento di falcetto a sagoma rettangolare, nel riquadro dettaglio del margine con lustratura (scala 1:1).

24 85 Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza Fig. 59. Tosina. Industria litica scheggiata proveniente dalle prospezioni di superficie sistematiche effettuate nel 2006 e cuspidi di freccia foliate peduncolate; 11 punta di freccia foliata a base concava; 12 punta di freccia foliata losangica; pezzi foliati a morfologia amigdalare e cordiforme; geometrici foliati a tranciante trasversale di forma triangolare; geometrici foliati a tranciante trasversale con peduncolo (scala 1:1).

25 86 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. diffonderanno durante l Eneolitico e in particolare con il Campaniforme (fig. 59, 2-6) e la prima età del Bronzo (fig. 59, 7-10). All antica età del Bronzo sono inoltre da attribuire una punta foliata a base concava (fig. 59, 11) e una lama di falcetto a sagoma rettangolare a ritocco foliato coprente bifacciale (fig. 58, 10) che presenta su un margine la caratteristica lustratura (per la bibliografia di riferimento sulle industrie litiche del Campaniforme e dell età del Bronzo in area padana si vedano Lo Vetro 2007 e Lo Vetro 2008). Altre categorie tipologiche presenti in questo lotto non permettono invece un attribuzione crono-culturale precisa poiché la loro diffusione in area padana è attestata a partire dalle fasi terminali del Neolitico e si protrae anche nelle epoche successive: - punte foliate a morfologia losangica allungata (a base triangolare) (fig. 59, 12) che potrebbero essere attribuite all età del Rame ma che richiamano anche tipi presenti in contesti tardoneolitici. - strumenti a lavorazione bifacciale, generalmente coprente, riferibili alla cosiddetta tecnica campignana. Tra questi si segnalano due tranchet (fig. 58, 7). - strumenti su lama molto robusta a lavorazione solitamente bifacciale molto invadente o coprente che conferisce al supporto una sezione triangolare (fig. 60). Le estremità di questi strumenti appaiono visibilmente smussate, e mostrano superfici abrase e polite da imputare verosimilmente ad azioni di percussione e sfregatura contro superfici dure (fig. 60, 9). Sulla base di osservazioni macroscopiche e al confronto con altri manufatti simili da contesti preistorici italiani ed europei noti in letteratura è lecito supporre che questi strumenti fossero utilizzati come pietra focaia (vedi scheda di approfondimento). Fig. 60. Tosina. Industria litica scheggiata proveniente dalle prospezioni di superficie sistematiche effettuate nel 2006 e Strumenti con estremità abrase interpretate come pietre focaie (scala 1:1).

26 Le pietre focaie Domenico Lo Vetro SCHEDA DI APPROFONDIMENTO 1 Tra i reperti in pietra raccolti in superficie sul sito di Tosina sono stati riconosciuti fino ad oggi 15 manufatti in selce che sono interpretabili come pietre focaie (comunemente definite anche acciarini ), ossia strumenti utilizzati per l accensione del fuoco (fig. 60). Questi manufatti hanno caratteri tecno-morfologici e dimensionali piuttosto standardizzati. Sono ricavati generalmente da lame molto robuste a sezione triangolare, lavorate con ritocco ad ampi distacchi e presentano almeno una delle due estremità sensibilmente modificata dall usura. Altri di forma tozza e massiccia, sembrano ottenuti da schegge spesse. Alcuni reperti sembrano realizzati su spesse lame a cresta (fig. 60, 2). La fattura di alcuni strumenti più elaborati, a lavorazione bifacciale, è affine a quelli di tecnica campignana (fig. 60, 3), altri potrebbero essere assimilati ai grattatoi carenoidi (fig. 60, 1, 5, 8). L estremità attiva ha un profilo solitamente convesso o quasi appuntito con il vertice smussato, su di essa sono visibili, anche ad occhio nudo, estese aree polite ed evidenti tracce di abrasione causate da un continuo e ripetuto utilizzo mediante percussione e sfregamento contro una superficie dura (fig. 60, 9). Dopo il lavoro pioneristico di Catherine Perlés (1977) sull uso del fuoco nella preistoria, specifiche ricerche, condotte con approccio sperimentale, hanno affrontato lo studio di manufatti in selce provenienti soprattutto dalla Francia, dall Italia e dall Europa centro-settentrionale, documentando l utilizzo delle pietre focaie dal Paleolitico superiore fino all età del Bronzo (Nieszery 1992; Collina Girard 1993 e 1998; Beugnier e Pétrequin 1997; Chelidonio 1996; Stapert e Johansen 1999; Pawlik A.F. 2004). Gli studi convergono sull interpretazione di questi manufatti come utensili utilizzati per l accensione del fuoco: lo strumento in selce percosso o sfregato contro un blocchetto di solfuro naturale di ferro, come marcassite o pirite, genera delle scintille utili ad infiammare l esca fomentaria, per esempio un fungo come il Fomes fomentarius. È probabile che tali manufatti venissero immanicati in manici di legno o corno/osso, come documentato da rare evidenze archeologiche (Isolino Virginia), ma la sperimentazione con copie affini ai manufatti archeologici dimostra che lo strumento in selce poteva essere usato anche impugnandolo direttamente con una mano, nel caso le dimensioni lo consentissero. I manufatti rinvenuti a Tosina hanno caratteristiche simili a quelli noti in letteratura sia per quanto riguarda il supporto utilizzato (lame robuste in selce) sia per il tipo di lavorazione (ritocco profondo, talvolta bifacciale) sia per tipo e localizzazione delle tracce d uso. In Italia settentrionale la documentazione archeologica relativa alle pietre focaie è costituita da alcune evidenze, quasi tutte provenienti da siti lombardi e veneti, ed è riferibile soprattutto al Neolitico finale e all età del Rame. L interpretazione di questi manufatti come pietre focaie si basa quasi esclusivamente sulla presenza di evidenti usure da abrasione e percussione localizzate su una o entrambe le estremità e sulle caratteristiche morfodimensionali. Alla fine del Neolitico sono riferibili 4 reperti in selce provenienti dai livelli della palafitta dell Isolino Virginia di Varese; due sono inseriti in manici in corno e altri due recano tracce di mastice per l immanicatura (Maviglia ; Chelidonio 1996); tutti presentano l estremità sensibilmente abrasa. Un esemplare su lama spessa e slanciata a sezione triangolare è stato rinvenuto nel sito Chassey de La Maddalena di Chiomonte (Torino) (Bertone 2002). In area lombardo-veneta i rinvenimenti sono più numerosi che altrove (qui ne citeremo solo una parte) e si riferiscono soprattutto all età del Rame. Si tratta di manufatti rinvenuti sia in contesto abitativo sia funerario. Sette reperti sono stati rinvenuti a Riparo Valtenesi (Barfield 2007), questi provengono in maggioranza dai livelli connessi alle pratiche funerarie, come a Tosina si osserva una certa variabilità sia morfodimensionale con forme più slanciate accompagnate da altre più tozze. Dalla tomba n. 40 della Necropoli di Remedello di Sotto proviene un reperto simile a quello dell Isolino, una spessa selce immanicata in un palco di corno di cervo, l estremità dello strumento appare fortemente smussata (Colini, 1898). Altri rinvenimenti di pietre focaie si segnalano in contesti abitativi databili con certezza all età del Rame; tra questi: Monte Covolo-scavi , un reperto frammentario dai livelli con ceramica White Ware (Lo Vetro 2004) e uno dalla morfologia slanciata, a lavorazione bifacciale accurata, dagli orizzonti con ceramica campaniforme (Lo Vetro 2008). Probabilmente ascrivibili al Campaniforme sono un elemento proveniente dalla cavernetta di Ca dei Grii, nel territorio di Brescia (Biagi e Marchello 1970), morfologicamente molto affine a quello di Monte Covolo, e un esemplare ritrovato a La Nasa di Cerro nel Veronese (Chelidonio 1999). Rilevante è inoltre il ritrovamento tra l attrezzatura della Mummia del Similaun di una sorta di marsupio contenente frammenti di fungo fomentario con cristalli di pirite insieme ad un grattatoio su una robusta lama di selce che si presume fosse destinato ad essere utilizzato come pietra focaia (Chelidonio 1999). L uso della selce per la produzione di pietre focaie si è protratto in Europa (Gran Bretagna, Francia, Italia settentrionale) fino ad epoca recente; ancora nella seconda metà del 1800 nel Veronese erano attive alcune officine specializzate nella lavorazione della selce per far funzionare fucili e acciarini in ferro (Chelidonio 1988). 87 Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza

27 88 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. Le industrie in pietra scheggiata di Tosina: un contributo alla conoscenza della produzione litica della cultura della Lagozza In una visione complessiva che tiene conto sia dei reperti rinvenuti in giacitura primaria sia di quelli raccolti in superficie possiamo riassumere così i principali caratteri delle industrie litiche scheggiate di Tosina riferibili al Neolitico tardo e in particolare alla cultura della Lagozza: 1) utilizzo quasi esclusivo di materie prime di ottima qualità provenienti dalla piattaforma venetotrentina e probabilmente in particolare dalla Lessinia meridionale i cui depositi selciferi più prossimi al sito distano circa km in linea d aria; 2) una catena operativa principale ad alto investimento tecnico finalizzata alla produzione in serie di supporti laminari simmetrici di buona qualità. Questa catena operativa è basata su un débitage ad alto grado di predeterminazione messo in atto su nuclei carenoidi a cresta a un piano di percussione liscio inclinato, dalla morfologia standardizzata. 3) una produzione laminare secondaria, a minor investimento tecnico rispetto alla prima, attestata da alcune lame asimmetriche anche larghe; 4) una produzione occasionale di schegge riferibile a schemi di sfruttamento centripeto; 5) strumentario litico in buona parte ottenuto su lame di buona fattura estratte dai nuclei carenoidi a cresta. Questi supporti sono utilizzati prevalentemente per confezionare bulini, troncature, raschiatoi lunghi e denticolati. Oltre a queste tipologie sono presenti altri tipi diagnostici ai fini di un inquadramento crono-culturale dell insieme litico: trancianti trasversali (quasi tutti rinvenuti in superficie), grattatoi a fronte, punte foliate peduncolate a lavorazione poco invadente, becchi e punte a dorso. Nell ambito delle conoscenze attuali sulle produzioni litiche del Neolitico tardo dell Italia settentrionale le industrie litiche scheggiate di Tosina contribuiscono in maniera significativa alla delineazione delle caratteristiche peculiari della litotecnica lagozziana e permettono di identificare un aspetto produttivo, ancora poco noto se non in maniera generica, legato alla diffusione della cultura della Lagozza in area lombardo-veneta. La poche datazioni assolute disponibili individuano un segmento cronologico ben definito (tra la fine del V e il primo quarto del IV millennio a.c.) che nel Nord della penisola prelude il passaggio all età del Rame. I confronti più significativi si hanno soprattutto in ambito locale con alcune industrie litiche provenienti da contesti abitativi del Bresciano e del Veronese ascrivibili all ambito culturale della Lagozza con elementi VBQ. La medesima catena operativa e gli stessi procedimenti tecnici individuati a Tosina, relativi ad una produzione in serie di lame di ottima qualità basata sullo sfruttamento della selce veronese, sono documentati a Monte Covolo (Lo Vetro 2002 e 2004; Poggiani Keller et al. 2002; Poggiani Keller et al. 2010; Lo Vetro dati inediti). Soprattutto nella prima delle tre fasi della sequenza tardoneolitica di Monte Covolo, dove la produzione ceramica di tipo Lagozza è associata a rari elementi VBQ, si osserva una massiccia presenza di prodotti lamino-lamellari in selce della piattaforma veneta perfettamente confrontabili per caratteristiche tecniche e dimensionali a quelli del sito mantovano e riferibili a nuclei carenoidi a cresta verosimilmente introdotti nel sito pronti per essere sfruttati. Da un livello della fase 1 di Monte Covolo provengono inoltre due nuclei carenoidi a cresta (di cui uno non sfruttato e l altro in fase iniziale di sfruttamento) dello stesso tipo di quelli rinvenuti a Tosina. Nello stesso areale questo tipo di produzione laminare, sempre basata su materie prime delle Prealpi venete occidentali, sembra riconoscibile anche alla Rocca di Manerba (Barfied et al. 2002), e Riparo Valtenesi (Barfield 2007) e pare attestata anche nei territori a Sud-Est del Lago di Garda, a Ronchetrin di Gazzo Veronese (Chelidonio 1989) e all Olmo di Nogara (Salzani et al. 1995). Le assonanze con alcuni dei siti citati non si limitano solo agli aspetti tecnologici ma, come vedremo in seguito, si riscontrano anche nella fisionomia tipologica e negli assetti strutturali. Nell area che comprende la sponda sud-occidentale del Lago di Garda, la regione benacense meridionale e il territorio vicentino sono noti ritrovamenti di nuclei carenoidi a cresta (pubblicati come trancianti ) affini a quelli di Tosina e di Monte Covolo (Broglio 1968; Biagi, Coltorti 1981; Chelidonio 1984 che per primo ha riconosciuto questi reperti come nuclei) 3. Di questi uno è stato rinvenuto in strato alla Rocca di Manerba, associato a ceramica di tipo Lagozza (Brogiolo 1973), gli altri, raccolti in 3 Gli altri reperti provengono da Barche di Solferino nel Mantovano (Piccoli in questo volume), Tre Tempi nel Veronese, Buso della Rana e Villa del Ferro nel Vicentino.

28 superficie, provengono per lo più da contesti tardoneolitici con presenza di elementi Lagozza e VBQ. Questi manufatti fanno supporre una circolazione diffusa di questi nuclei in selce lessinica, già messi in forma, che doveva coinvolgere probabilmente numerosi insediamenti nell area del lombardoveneto meridionale. La produzione laminare, imperniata sullo sfruttamento di questi nuclei ad un piano liscio molto inclinato e gestione sistematica e accurata della cornice denota delle similitudini con quella dello Chassey recente meridionale dove il sistema produttivo presenta però un maggiore grado di investimento tecnico poiché i nuclei in selce bionda venivano sottoposti a trattamento termico prima del distacco di lame/lamelle mediante l uso sistematico della pressione (Binder 1991) 4. La presenza di ossidiana documentata alla Tosina da soli 4 elementi rinvenuti in superficie potrebbe rappresentare un ulteriore elemento che accomuna l industria del sito mantovano e le industrie lagozziane dei siti della regione gardesana occidentale. Ossidiana di origine sarda è stata rinvenuta in strato associata a ceramica Lagozza a Monte Covolo (De Francesco et al. 2006, Lo Vetro 2004) e a Riparo Valtenesi (Barfield 2007). A questi ritrovamenti si aggiunge una lamella di ossidiana trovata fuori contesto alla Rocca di Manerba (Brogiolo 1973) ma probabilmente riferibile alla frequentazione Lagozza (Thorpe et al. 1979). La presenza sporadica di ossidiana sarda in questi e in altri siti, in contesti produttivi basati sulle risorse litiche venete, sembra attestare lo scarso interesse delle comunità lagozziane insediatesi nel territorio gardesano nei confronti del vetro vulcanico e una collocazione periferica dei siti della Lagozza nel sistema di circolazione dell ossidiana probabilmente dovuta all abbondante disponibilità di selce di ottima qualità proveniente dai Lessini (a tal proposito si rimanda a quanto proposto da L.H. Barfield in Thorpe et al. 1979). Guardando i contesti del Tardoneolitico della Lombardia centro-occidentale troviamo pochi elementi di confronto sia perché sono rare le segnalazioni di complessi litici tardoneolitici di certa attribuzione crono-culturale provenienti da contesti stratigrafici affidabili sia perché ancor meno sono le industrie per le quali si dispone di dati adeguati per un confronto dei caratteri tecno-tipologici ed economici. L industria litica di Ubiale Clanezzo-località Castello, nel territorio di Bergamo (Lo Vetro, Poggiani Keller 2006; Lo Vetro in corso di studio), è realizzata su materie prime locali di buona qualità e con sistemi tecnici (talloni faccettati, trattamento della cornice del nucleo quasi assente) differenti rispetto a quelli della Tosina sebbene tra le tecniche di estrazione laminare si riconoscano sia la percussione indiretta, sia la percussione diretta organica che la pressione, probabilmente eseguita alla mano (Lo Vetro dati inediti). La produzione lamino-lamellare basata sullo sfruttamento di piccoli noduli e ciottoli è orientata ad ottenere prodotti di buona fattura ma di larghezza e spessore inferiori rispetto alle lame della Tosina. In area varesina è possibile riscontrare alcune similitudini con l industria della Lagozza di Besnate sulla base dei pochi dati a nostra disposizione e del repertorio iconografico edito (Guerreschi 1967; Odone 1998). Tra i materiali editi si osservano numerose lame e lamelle simmetriche a sezione triangolare e prismatica e nervature parallele con caratteristiche (dimensioni, spessore contenuto, talloni rastremati, accurata preparazione della cornice) che potrebbero essere compatibili con i sistemi tecnici associabili ai nuclei carenoidi a cresta. Tuttavia nel sito e più in generale nel territorio di Varese non si ha notizia di rinvenimenti di nuclei di questo tipo. Per quanto riguarda l industria litica dell US 417 dell Isolino Virginia recentemente edita (Banchieri, Baglioni 2012) non disponiamo di elementi sufficienti per valutare gli aspetti tecnologici di dettaglio ma dalla documentazione iconografica sembra possibile ravvisare affinità tecnologiche e dimensionali più con il sistema riconosciuto a Ubiale Clanezzo che con quello individuato a Tosina. In merito al secondo sistema di produzione laminare, documentato a Tosina da lame larghe di fattura meno accurata, è probabile che questo sia da collegare alla tradizione tecnologica che in area padana, è attestata in contesti del VBQ recente e finale (Dal Santo 2003 e 2009b). Il ruolo di questi prodotti laminari appare marginale nell ambito della produzione litica di Tosina, ed al momento è difficile valutare il significato economico e culturale di questa produzione che a giudicare dal grado di investimento tecnico sembra connotarsi come una produzione di ambito domestico. 89 Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza 4 La tecnica del trattamento termico dei nuclei in selce allo scopo di facilitare il distacco mediante pressione (Inizan et al ) sembra al momento estranea al sapere tecnologico della Lagozza mentre sembra attestato in contesti Chassey dell area padana centrale come per esempio il sito del Botteghino in territorio parmense (Mazzieri, Dal Santo 2007).

29 90 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. Per quanto riguarda la composizione dello strumentario ritoccato, limitando i confronti alle industrie lagozziane provenienti da contesti in giacitura primaria scavati in tempi recenti, attualmente disponiamo di dati di dettaglio solo per Monte Covolo (scavi ), Ubiale Clanezzo e Isolino Virginia-US 417. Le strutture tipologiche delle industrie rinvenute in strato a Tosina presentano forti similitudini con quelle della sequenza tardoneolitica di Monte Covolo soprattutto per quanto riguarda le percentuali dei gruppi tipologici numericamente più consistenti, ossia bulini, troncature, raschiatoi lunghi e denticolati (con percentuali comprese tra 10 e 20% circa). Nel dettaglio, anche sul piano stilistico, si osservano ulteriori affinità tra i due siti: - presenza importante tra i bulini dei tipi su frattura e su ritocco, prevalentemente su lama simmetrica a sezione prismatica, con frequente ricorrenza di tipi multipli o in associazione con altri tipi primari; troncature su lama a ritocco profondo prevalenti sui tipi marginali; - alte percentuali di lame a ritocco marginale; - tra i grattatoi presenza quasi esclusiva dei tipi frontali con ritocco laterale, sia piatti sia carenoidi, anche di grossa taglia, con fronte ben arcuata, spesso realizzati su supporti di ravvivamento dei piani di percussione dei nuclei a lame; su alcuni di questi grattatoi si ravvisa un ritocco inverso scaglioso probabilmente finalizzato all assottigliamento del supporto o al ravvivamento della fronte; - presenza di punte a dorso bilaterale con usura apicale, probabilmente utilizzate come punta da trapano; - punte di freccia a peduncolo corto e lavorazione non coprente; presenza della variante a morfologia losangica con lati leggermente concavi, a Tosina rinvenuta solo tra i manufatti raccolti in superficie. - trancianti trasversali con lavorazione foliata, dalla morfologia allungata con peduncolo ben distinto più o meno pronunciato e spalle convesse; a Tosina questi manufatti, che a Monte Covolo sono presenti con elementi ben standardizzati, sono numerosi tra i materiali raccolti in superficie e mostrano una certa variabilità; - presenza sporadica (a Tosina un solo elemento in strato) di manufatti di tecnica campignana. A Monte Covolo la comparsa di singoli elementi campignanoidi si registra a partire dalla seconda fase, in un momento caratterizzato dalla presenza di ceramica tipo Breno. Forti affinità sul piano stilistico sono ravvisabili anche con l industria di Ronchetrin di Gazzo Veronese; tra i manufatti editi si riconoscono i medesimi tipi secondari riferibili alla comune matrice lagozziana: i trancianti trasversali con peduncolo più o meno pronunciato, la cuspide foliata a morfologia losangica, i bulini su frattura e su ritocco, anche multipli, realizzati su lame simmetriche, i grattatoi frontali a fronte ben arcuata, le troncature su lama e i raschiatoi lunghi anche a ritocco periferico. Sulla base dei disegni editi sembra che, come a Tosina, sia ridotta la presenza dei foliati, soprattutto delle tipologie più specializzate come i trancianti trasversali e le punte di freccia. Confronti puntuali possono essere proposti con i pochi manufatti ritoccati editi dell industria della Lagozza di Besnate. Le somiglianze tipologiche con le industrie di Tosina sembrano in parte determinate dall utilizzo di supporti laminari e simmetrici, affini anche nel modulo tipometrico, per confezionare alcune categorie di strumenti come raschiatoi lunghi e troncature. Ma anche la presenza di specifici tipi secondari tra le altre categorie tipologiche come i grattatoi frontali a ritocco laterale (tra cui alcuni di taglia più grande su supporto spesso) e i trancianti trasversali (morfologie triangolari e peduncolate) conferiscono al complesso litico varesino una fisionomia stilistica molto affine a quella di Tosina e degli altri siti lagozziani dell enclave lombardo-veneta. Solo l assenza di bulini alla Lagozza di Besnate sembra marcare una differenza importante con le industrie di questi siti. Come già osservato in merito agli aspetti tecnologici, anche sul piano tipologico appaiono meno stringenti i confronti con le industrie di Ubiale-Clanezzo (ma il numero di ritoccati al momento studiati è estremamente basso) e dell Isolino Virginia-US 417. Al di là di una generica similitudine a livello strutturale (prevalenza di troncature, raschiatoi lunghi e denticolati), sembrano evidenti le differenze sia per quanto riguarda la rarità in questi siti dei bulini, sia per la mancanza di tipi secondari caratteristici come i bulini su lama simmetrica, i grattatoi spessi a fronte ben arcuata, i trancianti trasversali peduncolati, le punte di freccia peduncolate. Anche sul piano tipologico e stilistico dunque le industrie litiche di Tosina sembrano accomunate a quelle di Monte Covolo e Ronchetrin di Gazzo Veronese da una fisionomia che, al pari degli aspetti tecnologici e produttivi, denota un carattere identitario, ascrivibile ad un aspetto della cultura della Lagozza riferibile ad un territorio circoscritto che, allo stato attuale delle conoscenze, si estende dalla

30 sponda bresciana del lago di Garda fino ai margini meridionali del Veronese. Oltre agli strumenti che fanno parte del bagaglio tipologico di derivazione chasseana (tra cui trancianti trasversali, cuspidi a sagoma losangica, strumenti a dorso e a ritocco erto), tra gli elementi che connotano maggiormente queste industrie e che le distinguono dagli altri complessi attribuiti alla sfera Chassey-Lagozza dell Italia settentrionale pare significativo il ruolo dei bulini sia dal punto di vista quantitativo (a Tosina e Monte Covolo percentuali intorno o superiori a 10%) che stilistico (utilizzo preferenziale di lame e lamelle simmetriche, stacchi unici anche stretti, abbondanza dei tipi su frattura e su ritocco, frequenza di tipi multipli e composti). L abbondanza dei bulini, estranea alle altre industrie dell ambito Chassey- Lagozza, ma anche lo stile di lavorazione e il tipo di supporto utilizzato rimandano ancora una volta alle industrie dello Chassey recente della Francia meridionale (Binder 1991) dove in alcuni siti è stato dimostrato come tali strumenti fossero destinati prevalentemente al trattamento di sostanze vegetali (Gassin, Astruc et al. 2006; Gassin, Leà et al. 2006), una interpretazione funzionale che potrebbe essere plausibile anche per i bulini di Tosina e probabilmente anche di Monte Covolo e Ronchetrin di Gazzo Veronese ma che resta da verificare con specifiche analisi tracceologiche. In accordo con quanto osservato in merito agli aspetti tecnologici, pare marginale nell assetto tipologico delle industrie litiche di Tosina l apporto della tradizione della cultura VBQ. A tal proposito va detto innanzitutto che alcune tipologie descritte sopra, come i grattatoi frontali a fronte molto arcuata e ritocco laterale o le troncature su lama, rientrano in un repertorio che, alla fine del Neolitico (più precisamente fine V - prima metà del IV mill. a.c.), accomuna le industrie Lagozza e VBQ dell area padano-alpina, quando elementi delle due sfere culturali compaiono all interno degli stessi contesti abitativi dando origine ad aspetti produttivi misti che in letteratura sono definiti Chassey- Lagozza con elementi VBQ o VBQ con elementi Chassey-Lagozza a secondo della collocazione territoriale del sito o della preminenza di l una o l altra componente 5. Tra i materiali in strato provenienti dai livelli della prima fase abitativa, oltre ai raschiatoi marginali su lama larga e asimmetrica, potrebbero essere riferiti ad un generico ambito VBQ avanzato le cuspidi di freccia peduncolate con spalle concave ad estremità leggermente rivolte verso il basso (fig. 52, 11), che trovano confronti in contesti cronologicamente più antichi (VBQ stile III) come Casatico di Marcaria (Biagi et al. 1983), nel Mantovano, e Bannia Palazzine di Sopra nel territorio di Pordenone (Dal Santo 2005; Visentini 2005). Tra i materiali raccolti in superficie alcuni pezzi foliati a ritocco coprente bifacciale e morforlogia amigdalare e cordiforme (fig. 59, 13-15) rimandano a tipi ben attestati alla Rocca di Rivoli (Barfield, Bagolini 1976) sebbene non si possa escludere, come già detto, che si tratti di reperti riferibili ad epoche più recenti (età del Rame?) non documentate nella sequenza in posto. Le industrie in pietra scheggiata di Tosina presentano nel loro complesso caratteri tecno-tipologici che, nell ambito della produzioni litiche associate ai complessi ceramici della Lagozza, permettono di identificare un sistema di produzione litica diffuso principalmente nella regione benacense meridionale e che si estende probabilmente fino ai monti Berici. Il fulcro di tale sistema produttivo, basato sull utilizzo di selci di ottima qualità delle Prealpi venete, e finalizzato alla produzione laminare in serie, è da collocare verosimilmente nelle aree montuose della Lessinia meridionale dove potevano essere impiantati veri e propri atelier specializzati preso i quali probabilmente si svolgevano anche le operazioni di sgrossatura dei blocchi e la messa in forma dei nuclei carenoidi a cresta. Questa ipotesi si basa principalmente sulle evidenze di Tosina e di Monte Covolo, dove è dimostrata l introduzione di nuclei carenoidi a cresta preformati e la produzione in situ di lame e lamelle che presuppongono un savoir faire specializzato. Tale ipotesi corroborata anche da altri ritrovamenti di nuclei carenoidi a cresta, in strato (Rocca di Manerba) e in superficie (siti del Mantovano, del Veronese e del Vicentino), necessita di conferme poiché sono ancora poco conosciute in Lessinia, e più in generale in area veneta, le evidenze riferibili ad attività estrattive e nessuna di queste è correlabile con certezza alla produzione di nuclei carenoidi a cresta di epoca tardoneolitica (Barfield 1990; Barfield, Chelidonio ; Barfield 1999; Chelidonio 2000; Chelidonio 2010). Tuttavia la disposizione dei siti e dei ritrovamenti riferibili alla cultura della Lagozza, con presenza di elementi riconducibili ad una produ- 91 Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza 5 Per gli aspetti di dettaglio sugli assetti crono-culturali della fine del Neolitico in Italia settentrionale si rimanda a Visentini 2006.

31 92 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. zione laminare attraverso lo sfruttamento di nuclei carenoidi a cresta, rende lecito supporre l esistenza una rete di produzione con manodopera specializzata che gestiva gli affioramenti di selce posti sui rilievi montuosi e un circuito di siti abitativi dislocati in pianura dove giungevano i nuclei carenoidi preformati e/o i prodotti finiti. Sebbene il numero di siti indagati e di complessi litici tardoneolitici adeguatamente analizzati in area lombardo-veneta non permetta eccessive speculazioni di tipo socioeconomico e territoriale, non sembra inopportuno in questa sede riproporre la tesi di L.H. Barfield (1990 e 1999 anche per la bibliografia relativa) che ipotizzava la presenza in Lessinia durante il Neolitico e l età del Rame di un sistema di siti dediti allo sfruttamento e alla diffusione della selce locale verso gli insediamenti posti in pianura. L esistenza di circuiti di scambio della selce della piattaforma veneta in Italia settentrionale è documentato sin dalle fasi iniziali del Neolitico, quando le zone di approvvigionamento della selce delle Prealpi Venete erano probabilmente sotto il controllo della Cultura di Fiorano (Pessina 1998) e appare verosimile che una qualche forma di gestione della circolazione della selce anche ad ampio raggio sia sopravvissuta anche successivamente con la Cultura VBQ (Barfiled 1999 e 2000; Mottes 2002) fino agli aspetti recenti di questa cultura, come sembrerebbe dimostrare l abbondanza di selce lessinica nel sito friulano di Bannia-Palazzine di Sopra (Dal Santo, Ferrari 2005; Dal Santo, Visentini 2005). Per quanto riguarda il Neolitico tardo, i primi dati sulle industrie litiche di Tosina aggiungono nuovi elementi di riflessione circa l esistenza di un circuito di siti finalizzato alla produzione e circolazione dei prodotti laminari in selce veneta attuato dalle comunità lagozziane. È probabile, inoltre, che la presenza di lame e lamelle di buona fattura in selce veronese, con talloni lisci e una accurata preparazione della porzione prossimale, nei siti più distanti dagli affioramenti delle prealpi venete, sia da correlare a questo sistema di circolazione il cui raggio di azione valicava i confini del territorio lombardo-veneto. Le evidenze di Spilamberto-sito VIII, in Emilia, e Palù di Livenza, in Friuli (Dal Santo 2003 e 2009a), lette in questo senso potrebbero ulteriormente documentare l esistenza di questa rete di diffusione probabilmente non limitata al solo approvvigionamento di risorse litiche di buona qualità ma volta anche alla circolazione di preforme e manufatti finiti e, perché no, di saperi tecnologici. Un sistema di questo tipo, fatte le dovute distinzioni, rimanda al modello proposto per lo Chassey della Francia meridionale, un modello basato sull esistenza di una rete di siti di cui facevano parte i cosiddetti siti produttori, stanziati nelle zone di produzione, con il compito di mettere in forma i nuclei e distribuire i prodotti finiti in selce bedouliana, e di siti consumatori posti ai margini della rete di diffusione (Gassin, Léa et al anche per la bibliografia relativa al tema). Le industrie litiche scheggiate di Tosina: alcune riflessioni conclusive Le industrie in pietra scheggiata di Tosina hanno una fisionomia generale che è tipica dei litocomplessi della cultura della Lagozza e più in generale degli aspetti industriali di derivazione occidentale (siano essi definiti Chassey o Chassey-Lagozza) documentati in Italia settentrionale durante il Neolitico recente e tardo. La presenza di una grande quantità di selce di ottima qualità, necessaria alla confezione di supporti laminari regolari e standardizzati, proveniente soprattutto dagli affioramenti del Biancone e della Scaglia Variegata, testimonia un accesso sistematico, diretto o indiretto, da parte delle comunità che abitavano il sito alle fonti di approvvigionamento della piattaforma veneta. Lo studio delle industrie litiche scheggiate di Tosina, sebbene non ancora concluso, permette di ipotizzare l esistenza di un circuito di diffusione di nuclei carenoidi a cresta preparati da maestranze specializzate in ateliers collocati verosimilmente in prossimità degli affioramenti selciferi della Lessinia. A Tosina la quantità di nuclei carenoidi a cresta (anche non sfruttati) e di prodotti laminari riferibili alla medesima catena operativa, in proporzioni mai documentate altrove per quanto riguarda le evidenze della cultura della Lagozza, potrebbe suggerire l ipotesi che l insediamento avesse un ruolo importante nell ambito di un sistema basato sulla circolazione di nuclei ottenuti con procedimenti standardizzati per la produzione laminare ad opera di specialisti. Resta da verificare se il sito di Tosina possa aver avuto un ruolo di smistamento di questi nuclei e/o dei prodotti laminari finalizzato a rifornire siti collocati a Sud-Ovest del distretto veronese distanti dalle aree di produzione o se tali industrie erano destinate a soddisfare il fabbisogno interno. La grande quantità di reperti scheggiati rinvenuti grazie alle sistematiche prospezioni di superficie potrebbe essere compatibile con una funzione del sito legata alla produzione di prodotti finiti

32 (soprattutto lame e lamelle) destinate al traffico e allo scambio. Un ruolo che Barfield aveva ipotizzato per la Rocca di Rivoli nell ambito del sistema di produzione e scambio della selce della cultura VBQ nell area compresa tra il Lago di Garda e la Valle dell Adige (Barfield 1999; 2000). Il modello proposto in questa sede, che prevede la presenza di ateliers di scheggiatura, collocati in prossimità degli affioramenti veneti dove venivano preconfezionati i nuclei, e di siti (come Tosina) dediti alla produzione di supporti laminari a partire dai nuclei carenoidi a cresta e alla distribuzione di questi prodotti, e forse anche di strumenti finiti, ha bisogno del supporto di ulteriori dati che potranno scaturire dagli studi specifici su scala territoriale appena avviati, indirizzati a meglio definire i procedimenti tecnici e gli aspetti funzionali dello strumentario litico e a caratterizzare in maniera più precisa gli areali di approvvigionamento delle materie prime scheggiabili. In questo quadro non è al momento possibile stabilire quanto abbiano influito sull eventuale funzione e sull assetto economico e sociale dell abitato neolitico di Tosina la relativa vicinanza agli affioramenti selciferi della Lessinia e una posizione geografica che poteva permettere al sito di fungere da raccordo tra i depositi della selce veneta e l area ad Ovest e a Sud del Garda. La stessa scelta del luogo sui cui fondare l insediamento potrebbe forse essere stata dettata dalle necessità di controllo e gestione del traffico della selce veronese da parte delle genti Lagozza. A tal proposito non sappiamo quanto l affermazione della cultura della Lagozza nell area benacense sud-occidentale, e più limitatamente nel Veronese (Ronchetrin del Gazzo, Olmo di Nogara), alla 93 Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza Fig. 61. Cartina dei siti citati nel testo: 1 Tosina di Monzambano, 2 Barche di Solferino, 3 Monte Covolo, 4 Riparo Valtenesi e Rocca di Manerba, 5 Remedello di Sotto, 6 Cavernetta Ca dei Grii, 7 Casatico di Marcaria, 8 Rocca di Rivoli, 9 La Nasa di Cerro Veronese, 10 Tre Tempi, 11 Quinzano, 12 Nogarole Rocca, 13 Olmo di Nogara, 14 Ronchetrin di Gazzo Veronese, 15 Buso della Rana, 16 Fimon Molino Casarotto, 17 Villa del Ferro, 18 Palù di Livenza, 19 Bannia - Palazzine di Sopra, 20 Spilamberto sito VIII, 21 Botteghino, 22 Ubiale Clanezzo, 23 Isolino di Varese e Pizzo di Bodio, 24 Lagozza di Besnate, 25 La Madddalena di Chiomonte.

33 94 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. fine del locale ciclo neolitico sia stata favorita da un processo di integrazione con gli ultimi gruppi VBQ, detentori fino a quel momento del controllo degli affioramenti della selce alpina (Ferrari et al. 2002, Dal Santo e Visentini 2005). La presenza di aspetti misti caratterizzati dalla compresenza di elementi VBQ e Lagozza nell area padano-alpina centro-orientale nelle fasi terminali del Neolitico potrebbe essere letta come il risultato di una progressiva integrazione tra le due sfere culturali incentivata anche dalla necessità di rifornimento di selce di buona qualità da parte dei gruppi Lagozza. Le industrie in pietra non scheggiata La parte più consistente dei reperti in pietra non scheggiata proviene dalle raccolte di superficie (oltre un centinaio di reperti tra i quali al momento sono stati riconosciuti una trentina di utensili lavorati o che presentano tracce di usura), mentre marginale è il contributo delle indagini stratigrafiche (5 reperti in tutto). Le materie prime Gli utensili sono ottenuti da ciottoli e blocchi di provenienza sia esogena sia locale e circumlocale (fig. 48). In via del tutto preliminare, in attesa di avviare le opportune analisi petrografiche, è possibile affermare che l utilizzo di rocce reperibili a breve distanza (soprattutto ciottoli di porfido e rocce granitoidi) è prevalente per i manufatti di uso domestico come macine e macinelli mentre le lame d ascia e di accetta e alcuni pestelli sembrano realizzati in pietra verde, termine con il quale si suole indicare soprattutto le litologie appartenenti alle metaofioliti di alta pressione (HP-metaofioliti), tra cui eclogiti, giadeiti, serpentiniti, provenienti prevalentemente dall area liguro-piemontese (D Amico 1998 e 2005). Alcuni pestelli e lisciatoi/levigatoi sembrano ricavati da ciottoli di basalto microcristallino e serpentinite la cui provenienza potrebbe essere locale (depositi morenici del Garda) o circumlocale (alveo del fiume Adige) (Lunardi 2003; Bertola et al. 2013), il colore di questi reperti, variabile dal verde, nelle diverse tonalità (serpentiniti), fino al nero (basalti), li rende esteticamente affini a quelli in pietra verde di provenienza occidentale. Alcuni ciottoli sono stati utilizzati senza alcuna modificazione preliminare delle superfici: è il caso, ad esempio, di pestelli e macinelli, strumenti ottenuti da ciottoli di dimensioni ridotte, facilmente impugnabili con una sola mano. Il supporto veniva utilizzato tal quale, scelto perché forma, dimensione, volume e peso lo rendevano idoneo all uso; questi strumenti sono riconoscibili grazie alle tracce d usura visibili ad occhio nudo sulle superfici. I materiali in giacitura primaria (scavi 2007 e 2012) Durante le indagini stratigrafiche condotte a Tosina sono stati rinvenuti 5 reperti in pietra non scheggiata, 3 dalla fase 1 (da US 139 e US 133) e 2 dalla fase 2 (da US 105). Ad eccezione di un ciottolo frammentario in pietra verde, per il quale le labili tracce visibili sulla superficie non permettono un attribuzione funzionale certa, questi reperti sono riferibili alla categoria degli strumenti abrasivi secondo la proposta di classificazione di Lunardi e Starnini (2013). Alla fase 1 appartengono due macinelli differenti per morfologia e dimensioni, il primo di dimensioni maggiori (lunghezza 18 cm ca.) ha morfologia subellittica asimmetrica e sezione piano convessa irregolare (fig. 62, 2). La faccia piana ha una superficie scabra interamente abrasa; la materia prima non è stata ancora determinata. Il secondo reperto (fig. 62, 1) è ricavato da un ciottolo di porfido (dimensione maggiore, 9 cm) di forma subcircolare e sezione piano-convessa. La superficie piana appare piuttosto levigata dall uso e leggermente depressa nell area centrale. Nessuno dei due reperti mostra tracce che possano essere attribuite alla messa in forma del supporto. Alla fase 2 sono pertinenti due lisciatoi/levigatoi di cui uno su piccolo ciottolo di pietra verde frammentario ad una estremità; verosimilmente la morfologia originaria doveva essere trapezoidale, la sezione è appiattita a profilo ellittico (fig. 62, 3). Sparsi sulle superfici piane sono presenti numerosi tratti incisi molto sottili e uno dei due vertici superstiti, quello ad angolo acuto, presenta evidenti tracce di abrasione. Il secondo esemplare (fig. 62, 4) è un ciottoletto (dimensione maggiore 5,6 cm) dalla morfologia subrettangolare con i lati corti convessi e sezione appiattita (spessore 1,3 cm). Entrambe le superfici piane e uno dei fianchi appaiono sensibilmente abrasi. I materiali delle raccolte di superficie Seguendo la proposta di classificazione di Lunardi e Starnini (2013) si illustrano alcuni tra i manufatti più significativi tra quelli raccolti in superficie: - Strumenti abrasivi: macine, macinelli, lisciatoi/ affilatoi, brunitoi. Due piccole macine (una in porfido, l altra in monzonite) (fig. 63, 1, 3) e un frammento di un esemplare più grande (materia non

34 determinata), presentano almeno una superficie piana leggermente depressa su cui si riconoscono ad occhio nudo estese aree sottoposte ad abrasione o politura dovute all usura. Due macinelli in porfido, uno frammentario di forma ellittica allungata (dimensione maggiore 12 cm) (fig. 63, 2), l altro di forma ovoidale (dimensione maggiore 9 cm) presentano una superficie piana lisciata dall usura e quella opposta convessa che non reca tracce né di usura né di lavorazione. Due lisciatoi/levigatoi ottenuti da piccoli ciottoli di cui uno probabilmente in pietra verde, l altro in materia prima di dubbia attribuzione (basalto microcristallino?). Entrambi i reperti presentano usure (strie, piccoli solchi, politure), distribuite sulle superfici piane e lungo i fianchi del supporto, determinate da operazioni di tipo abrasivo (fig. 63, 4). - Strumenti percussori: 4 pestelli/percussori in pietra verde (probabilmente ciottoli di eclogite e serpentinite) di forma oblunga, a sezione subcircolare ed ellittica, che presentano estese tracce di abrasione e picchiettature su una o entrambe le estremità (figg ). Due pestelli sembrano essere stati utilizzati anche come incudine (non sappiamo quale delle due funzioni sia precedente all altra) a giudicare dalla presenza di distacchi cuppelliformi e picchiettature localizzate al centro di una delle due facce piane (fig. 64, 2; fig. 68, 2). Tali tracce potrebbero essere imputabili alla percussione mediante strumento litico operata per frantumare sostanze vegetali o minerali ma anche per la lavorazione della selce (scheggiatura con percussione bipolare). - Strumenti da taglio: 5 asce/accette in pietra verde, due frammenti di porzione distale e tre ma- 95 Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza Fig. 62. Tosina. Industria litica non scheggiata. Dalla fase 1 (US 139) 1-2 macinelli. Dalla fase 2 (US 105) 3-4 lisciatoi/levigatoi (scala 1:2).

35 96 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. Fig. 63. Tosina. Industria litica non scheggiata proveniente dalle prospezioni di superficie sistematiche effettuate nel 2006 e , 3 macine; 2 macinello; 4 lisciatoio/levigatoio (scala 1:2).

36 97 Fig. 64. Tosina. Industria litica non scheggiata proveniente dalle prospezioni di superficie sistematiche effettuate nel 2006 e pestello; 2 ciottolo utilizzato come pestello e come incudine (scala 1:1). nufatti integri (fig. 66). Due degli esemplari integri sono di ottima fattura. La levigatura in entrambi i casi è parziale e risparmia ampie porzioni di superficie che sono interessate dalla bocciardatura, frutto di una messa in forma accurata del supporto mediante percussione delle superfici. Il primo manufatto, probabilmente una lama d accetta, è di piccole dimensioni (lunghezza 6,5 cm), ha forma trapezoidale e sezione appiattita subrettangolare (riferibile al tipo 2 della classificazione di Lunardi 2003), il tallone è stretto a base arrotondata, il tagliente è integro e ben affilato a profilo subrettilineo, i fianchi rettilinei (fig. 66, 2). Le due superfici maggiori appaiono ben levigate soprattutto lungo l area del tagliente mentre sui fianchi e sul tallone è visibile la bocciardatura. Il secondo reperto è una lama d ascia lunga 15 cm a morfologia triangolare allungata e sezione ovale (tipo 1 secondo Lunardi 2003), il tallone è molto stretto a base convessa, i fianchi curvi, il tagliente, in parte lacunoso, ha il profilo leggermente arcuato (fig. 66, 1). Su entrambe le superfici maggiori la levigatura è presente solo sulla porzione distale ed in parte su quella mediana, il resto è occupato da una fine bocciardatura. Su una delle due superfici maggiori, in prossimità del tagliente, sono visibili le impronte di due distacchi da impatto dovuti all utilizzo dello strumento. Il terzo manufatto (fig. 66, 3) è un ascia/accetta miniaturistica (dimensione maggiore 4 cm), in pietra verde realizzata su un supporto di bassa qualità condizionato da una fessurazione naturale che Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza

37 98 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. percorre una delle due superfici piane lungo l asse maggiore. Il reperto, di forma triangolare asimmetrica e sezione appiattita (spessore 1 cm) sembra essere stato ripristinato dopo una frattura laterale che ha interessato la porzione mediano-prossimale. La superficie di frattura laterale è ancora riconoscibile sebbene sia stata sottoposta ad una parziale levigatura. Altri reperti sono di difficile interpretazione, come ad esempio, nel caso di tre ciottoli (due dei quali frammentari), che presentano almeno una superficie attraversata da una linea incisa (fig. 67). Due sono in pietra verde (probabilmente sepertinite) il terzo in calcare. Dei tre il più interessante è il piccolo ciottolo in calcare di forma ellittica, nel quale ciascuna delle due superfici piane è attraversata a metà da un solco perpendicolare all asse maggiore (fig. 67, 2). Il solco più largo e profondo sembra ottenuto con un ripetuto movimento di va-e-vieni. Per questi manufatti non si esclude l ipotesi che i solchi possano avere una valenza non funzionale (affilatoio?) ma decorativa o simbolica 6. Infine, meritano una citazione due ciottoli incisi, recanti ciascuno un motivo circolare formato da tre cerchi concentrici incisi, il cui significato resta enigmatico (vedi scheda di approfondimento n. 2). Il primo (fig. 68, 1) è un piccolo ciottolo (dimensione maggiore 7,5 cm ca.), probabilmente in serpentinite, di forma subcircolare e sezione ellittica appiattita. Il segno è disposto al centro della superficie, i tre cerchi concentrici sono realizzati con solchi sottili (1 mm circa di larghezza) incisi mediante uno strumento probabilmente litico; i cerchi sono leggermente asimmetrici ma incisi a distanza regolare (compresa tra 2,5 e 3 mm c.a.); il diametro di ciascun cerchio misura rispettivamente, dal più grande al più piccolo, 15, 10 e 5 mm ca.. Il secondo reperto (fig. 68, 2) è un ciottolo frammentario in pietra verde non meglio determinabile, di dimensioni maggiori del primo (dimensione maggiore 9 cm ca.), rotto verosimilmente a metà, la cui forma originaria poteva essere subovoidale; la sezione Fig. 65. Tosina. Industria litica non scheggiata proveniente dalle prospezioni di superficie sistematiche effettuate nel 2006 e pestello; 2 ciottolo utilizzato come pestello e come incudine (scala 1:2). 6 A tale riguardo non sembra appropriato un paragone con i ciottoli incisi della Lagozza (Odone 1998) sui quali si osserva una complessità sintattica delle incisioni che non trova confronto nei reperti di Tosina.

38 99 Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza Fig. 66. Tosina. Industria litica non scheggiata proveniente dalle prospezioni di superficie sistematiche effettuate nel 2006 e asce/accette (scala 1:1, disegno del reperto n. 1 di Paolo Rondini).

39 del supporto è biconvessa. La frattura è in corrispondenza di una linea incisa che, come nel caso dei tre ciottli descritti in precedenza, attraversava la superficie istoriata lungo il suo asse minore. L incisione a cerchi concentrici si trova quasi a ridosso della linea incisa medesima ed è pressoché equidistante dai due lati lunghi del supporto. I segni sono realizzati con un tratto molto sottile (spessore inferiore al millimetro) e preciso. Il motivo è costituito da tre cerchi molto regolari e da otto segni lineari, 100 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. Fig. 67. Tosina. Industria litica non scheggiata proveniente dalle prospezioni di superficie sistematiche effettuate nel 2006 e Ciottoli con incisione lineare (scala 1:1).

40 rettilinei ed equidistanti, disposti a raggiera che si dipartono dal cerchio più piccolo e che attraversano i due cerchi più grandi fuoriuscendo con le loro estremità. Anche in questo caso i tre cerchi sono posti a distanza regolare, con intervallo di 4 mm ca. I tre cerchi hanno il diametro rispettivamente pari a 24, 14 e 6 mm ca.. La regolarità del segno e lo spessore estremamente sottile sia dei cerchi quanto dei segni rettilinei suggeriscono l utilizzo di una sottile punta metallica. I manufatti in pietra non scheggiata di Tosina nel quadro delle conoscenze dell Italia settentrionale L insieme dei manufatti in pietra non scheggiata, sebbene numericamente esiguo in rapporto alla grande quantità di manufatti scheggiati, fornisce preziose informazioni che integrano le conoscenze derivanti dallo studio dell industria scheggiata. Il lotto più corposo proviene dalle raccolte di superficie e pertanto non è possibile attribuire con certezza i singoli reperti ad un preciso ambito cronologico e culturale. Questi reperti contribuiscono a ricostruire alcune delle attività che si svolgevano nel sito, macine, macinelli, pestelli/percussori erano verosimilmente destinati soprattutto alla frantumazione dei cereali anche se non possiamo escludere che alcuni di questi utensili potessero servire per polverizzare altri materiali come ad esempio i minerali coloranti (ocra) come documentato in altri siti neolitici dell Italia settentrionale (Lunardi, Starnini 2013). Asce e accette erano finalizzati al taglio e in particolare alla lavorazione del legno. Lisciatoi/levigatoi sono riferibili alla rifinitura delle superfici di manufatti in osso, corno, pietra, legno e potevano essere usati anche per trattare le pelli conciate e le superfici dei vasi in ceramica. Ad eccezione della categoria delle asce/accette, manufatti che erano realizzati di solito con una lavorazione piuttosto elaborata, le altre tipologie di reperti (macine, macinelli, pestelli, lisciatoi etc.) sono troppo generiche per tentare un inquadramento crono-culturale anche perché solo raramente questi reperti sono il risultato di una lavorazione finalizzata alla messa in forma del supporto, per cui forma e dimensioni sono generalmente legate al blocco di partenza e non a specifiche catene operative che potrebbero fornire indizi sull epoca o sul relativo ambito culturale. In questo frangente non aiuta la mancanza di dati certi sulla litologia di alcuni reperti (le indagini petrografiche sono in programma) per i quali è possibile solo una determinazione generica come nel caso delle cosiddette pietre verdi. L attribuzione al Neolitico è tuttavia compatibile per la maggior parte di questi reperti che dunque potrebbero essere cronologicamente riferibili ai livelli abitativi messi in luce con gli scavi stratigrafici anche se non possiamo escludere una correlazione con altri ambiti cronologici (antica età del Bronzo) che a Tosina sono documentati da pochi manufatti in pietra scheggiata raccolti in superficie. In parte diverso è il caso delle lame d ascia/accetta. Questa categoria di manufatti a cui è riconosciuto un importante significato non solo economico-funzionale ma anche sociale e simbolico (sul tema si vedano i contributi in Venturino Gambari 1996) è stata oggetto di studi pluridisciplinari (tecno-tipologici, petrografici e funzionali) che hanno focalizzato l attenzione soprattutto su lame d ascia/accetta prevalentemente provenienti da contesti d abitato neolitici dell Italia settentrionale 7. Tuttavia un attribuzione crono-culturale precisa sulla base dei caratteri litologici e tecno-tiplogici non è possibile se non in termini generici al Neolitico. Le due tipologie di lame d ascia/accetta presenti anche tra le raccolte di superficie di Tosina, quella triangolare allungata a sezione ovale e quella corta a sezione appiattita, sono documentate in area lombardo-veneta (talvolta in associazione) a partire dal Neolitico antico e si protraggono durante la Cultura VBQ (Lunardi 2003; Starnini et al. 2004). In area veneta, con l Eneolitico, ma le evidenze sono meno numerose e spesso cronologicamente incerte, paiono diffondersi le forme più corte e massicce a sezione appiattita mentre spariscono quelle allungate a sezione ovale (Lunardi 2003). Per quanto riguarda la fase terminale del Neolitico, e in particolare per l ambito Lagozza, la documentazione archeologica risulta ad oggi carente. Sono difatti poche le evidenze edite coeve ai livelli di occupazione messi in luce a Tosina: lame d ascia/accetta a morfologia triangolare allungata affini a quella qui illustrate sono presenti alla Lagozza di Besnate (Guerreschi 1967; Odone 1998). Allo stato attuale delle conoscenze, non è possibile riconoscere eventuali differenze tipologiche tra 101 Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza 7 La letteratura su questo tema è molto ampia, per un repertorio bibliografico quasi esaustivo si rimanda a Lunardi, Starnini 2013 e a D Amico, Starnini 2013.

41 i due ambiti culturali che caratterizzano la fine del Neolitico, quello VBQ III stile e quello Lagozza anche a causa di una asimmetria nella documentazione archeologica che ad oggi solo raramente riguarda i contesti culturali riferibili all ambito Lagozza. In merito alle materie prime dei reperti in pietra non scheggiata, il sito di Tosina sembra pienamente inserito nel circuito delle cosiddette pietre verdi attivo a partire dal Neolitico antico. La presenza a Tosina di manufatti in eclogiti e serpentiniti di provenienza occidentale sembra indubitabile nonostante la cautela necessaria quando l attribuzione si basa su sole osservazioni di tipo macroscopico. Anche l ipotesi di utilizzo di materie prime raccolte in depositi più prossimi al sito (morene del Garda, bacino dell Adige) appare plausibile e compatibile con le evidenze di altri siti neolitici dell area padano-alpina orientale dove si registra l utilizzo, seppure talvolta marginale, di litologie locali come, ad esempio, per i singoli reperti rinvenuti nei siti VBQ di Quinzano (un frammento di tagliente, Lunardi 2003) e Fimon Molino Casarotto (un ciottolo usato come lisciatoio, Biagi, D Amico 2013). 102 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. Ringraziamenti Desidero ringraziare quanti, laureati e laureandi in Archeologia Preistorica dell Università di Firenze, hanno dato un importante contributo alla classificazione e sistemazione delle industrie litiche provenienti dalle raccolte di superficie, e in particolare: Eleonora Baglioni, Chiara Boni e Isabella Matera per la loro costanza e pazienza. Un grazie anche a Fabio Martini per aver revisionato il testo e per aver offerto spunti alle mie riflessioni. Mi è gradito ringraziare inoltre la dott.ssa Francesca Rizzini, geologa dell U.O. Autorità ambientale e progetti della Provincia di Mantova, per le informazioni in merito alla litologia dei depositi morenici del Garda. Un sentito e affettuoso ringraziamento ad Emilio e Alberto Crosato e agli amici dell Associazione Amici di Castellaro Lagusello e del Museo dell Alto Mantovano di Cavriana per il cordiale e sempre efficiente supporto. Un particolare ringraziamento va a Raffaella Poggiani Keller che con entusiasmo mi ha coinvolto nelle ricerche di Tosina.

42 SCHEDA DI APPROFONDIMENTO 2 I ciottoli con incisioni a cerchi concentrici Domenico Lo Vetro, Fabio Martini La simbologia del cerchio accompagna l uomo sin dalle sue prime manifestazioni iconografiche e a tale figura sono state affidate metafore nelle esperienze grafiche e nei gesti simbolici (ad esempio i cerchi magici). La linea unica, senza angoli, che si snoda senza interruzioni in un movimento infinito fa parte già dello scarno repertorio neandertaliano e compare su un supporto litico di Quneitra (Siria meridionale) in un motivo a centri concentrici; il segno cruciforme da Tata (Ungheria), anch esso neandertaliano, che attraversa la superficie del piccolo supporto circolare crea una identità tra supporto medesimo e segno in una percezione tridimensionale. L antichità di queste citazioni intende sottolineare la trasversalità cronoculturale dell iconografia in discorso, in altra parole la sua genericità. Si tratta di un segno grafico che non rimanda a forme riconoscibili ma che consente tuttavia, prescindendo dal suo significato, di evidenziare un procedimento concettuale primario rintracciabile in contesti figurativi diversificati geograficamente e diacronicamente. Tuttavia il motivo circolare, sia singolo sia concentrico come nel caso di Tosina, possiede una sua specializzazione che, in Italia settentrionale, è riconoscibile nell iconografia di segni (e non di forme ) di esperienze grafiche di alcuni contesti inseribili in un ampio arco temporale a partire dal Neolitico. Infatti in ambito padano-alpino rimanda a modelli noti sia nel repertorio iconografico dell arte rupestre della Val Camonica (Anati 1982; Priuli 1991, anche per una panoramica sulla variabilità del tema) sia in quello delle tavolette enigmatiche dell età del Bronzo (Piccoli e Laffranchini 2011), sia a quello delle pintaderas neolitiche (Cornaggia Castiglioni 1978, Serradimigni 2012, anche per una bibliografia aggiornata). I due ciottoli sono difficilmente contestualizzabili da un punto di vista crono-culturale, tuttavia a livello formale e compositivo possiamo segnalare alcune concordanze puntuali. Il segno del ciottolo di dimensioni più piccole (fig. 68, 1), in particolare, trova confronto in una tavoletta enigmatica proveniente da Nogarole Rocca (Verona) dove, tra gli altri segni, è presente un motivo con tre cerchi concentrici asimmetrici posti a distanza regolare l uno dall altro (Salzani 1997). Analogie formali si rilevano anche con le due pintaderas di forma circolare ritrovate una a di Pizzo di Bodio nei livelli VBQ II stile (Banchieri e Balista 1991) e l altra alla Rocca di Manerba, riferibile alla fase Lagozza (Barfield et al 2002). Il motivo del secondo ciottolo (fig. 68, 2) trova delle assonanze con numerose figure dell arte camuna dove si ripropone l associazione data da cerchi concentrici e segmenti disposti a raggiera che attraversano i cerchi convergendo al centro della figura. In alcuni casi il numero di cerchi e di segmenti è uguale a quello dell incisione di Tosina sebbene non sempre ciò corrisponda ad una stringente omologia, soprattutto quando nei motivi della Val Camonica la distanza tra i cerchi concentrici non è regolare. La datazione di questi motivi nel panorama dell arte rupestre della Valle Camonica non è circoscrivibile ad un preciso segmento cronologico ma si inserisce genericamente in un arco di tempo che si estende dall età del Rame all età del Bronzo. In tutte queste evidenze, diffuse all interno di contesti cronoculturali diversi, permane il medesimo procedimento: il motivo circolare crea un campo compositivo soggetto ad una misurazione, ad una delimitazione spaziale, la circonferenza crea una spazio chiuso, indifferenziato, la cui indeterminatezza può essere annullata dalla scansione ritmica di cerchi concentrici, dalla dinamicità di una raggiera più o meno elaborata, dal creare un punto di riferimento spaziale mediante la raffigurazione di un punto centrale o di un piccolo cerchio centrale. La regolarità formale e l identità concettuale della composizione portano alla configurazione di un progetto grafico la cui ripetitività lo trasporta sul piano del codice simbolico condiviso. Questo movimento ritmico di linee chiuse (cerchi) e aperte (raggiera) basato su un articolazione spaziale, sulla divisibilità della superficie del supporto in misure prefissate, su una graduazione di segni completi e interconnessi illustrano l esistenza di una costante metaforica applicata su diverse tipologie di evidenze archeologiche e correlata al conferimento di un marchio oppure a valori intrinseci del solo segno quale vettore di significati. 103 Le industrie litiche di Tosina: un contributo alla definizione dell identità culturale della Lagozza

43 104 Contadini, allevatori e artigiani a Tosina di Monzambano (MN) tra V e IV millennio a.c. Fig. 68. Tosina. Industria litica non scheggiata proveniente dalle prospezioni di superficie sistematiche effettuate nel 2006 e ciottolo con motivo inciso a cerchi concentrici; 2 ciottolo con motivo inciso a cerchi concentrici attraversato da segni lineari disposti a raggiera (scala 1:1).

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