Legge 15 luglio 1966 n Norme sui licenziamenti individuali (pubblicata nella G.U. n. 195 del 6 agosto 1966)
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- Gioacchino Vaccaro
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1 Licenziamento illegittimo dell apprendista senza risarcimento Renzo La Costa Al lavoratore apprendista illegittimamente licenziato durante il periodo di formazione, non spetta il risarcimento corrispondente alle retribuzioni che avrebbe conseguito sino al termine del periodo formativo, così come può accadere nei contratti a termine: tale licenziamento va invece assoggettato alle forme di tutela di cui all art. 8 della legge 604/1966 trattandosi di un rapporto a tempo indeterminato. Art. 8 Legge 15 luglio 1966 n. 604 Norme sui licenziamenti individuali (pubblicata nella G.U. n. 195 del 6 agosto 1966) (Testo aggiornato all art. 1 della L. n. 92/2012) Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro é tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro. La decisione assunta in tal senso è della Corte di Cassazione in ordinanza del Fatti di causa Con ricorso al Tribunale un dipendente di una società con qualifica di apprendista tornitore, impugnava il licenziamento intimatogli per ragioni disciplinari; chiedeva condannarsi il datore di lavoro al pagamento delle differenze di retribuzione maturate per lavoro straordinario, delle retribuzioni e del TFR che avrebbe percepito lavorando sino alla scadenza del contratto di apprendistato del danno derivato dalla mancata formazione. Il primo giudice accoglieva la domanda limitatamente al pagamento della indennità risarcitoria derivante dalla accertata illegittimità-inefficacia del licenziamento (oltre ventimila euro), respingendola nel resto. La Corte di Appello rigettava l'appello della società: osservava che correttamente il primo giudice aveva fatto discendere dalla illegittimità-inefficacia del licenziamento il risarcimento del danno nella misura delle retribuzioni che sarebbero maturate dal licenziamento al termine del contratto di apprendistato. La medesima società ricorreva per Cassazione, censurando la statuizione di
2 condanna conseguente alla dichiarata illegittimità del licenziamento. La ricorrente, sull'assunto di rientrare per requisito dimensionale nella area di applicazione dell'articolo 8 L. 604/1966, ha affermato doversi dare luogo alla tutela economica ivi prevista. Rilevava che nella fase formativa dell'apprendistato il regime del licenziamento, a seguito degli interventi additivi della Corte costituzionale* era quello previsto dalla legge 604/1966 per il lavoratore a tempo indeterminato. Il D.Igs. 276/2003 artt. 48 e 49 aveva poi codificato la irrecedibilità del datore di lavoro nel corso del periodo di apprendistato in assenza di giusta causa e giustificato motivo sicchè non potevano essere applicati nei casi di illegittimità del licenziamento i principi affermati in giurisprudenza in relazione alla diversa tipologia del contratto a termine. Il riconoscimento in sentenza del diritto del lavoratore-apprendista a percepire a titolo di danno conseguente al licenziamento illegittimo le retribuzioni maturande fino alla scadenza del periodo di apprendistato gli attribuiva di fatto una tutela più forte di quella che gli sarebbe stata riconosciuta in ipotesi di sussistenza di un ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Infatti, l'articolo, 1 comma 1, del DLgs. 167/2011, che definiva l'apprendistato come contratto «a tempo indeterminato», aveva fornito una interpretazione autentica della sua disciplina. Le motivazioni in sentenza Giova premettere ha esordito la Corte - che la fattispecie di causa è regolata ratione temporis dalla normativa di cui alla legge 19 gennaio 1955 n. 25, agli articoli 21 e 22 L. 56/1987, all' articolo 16 L. 196/1997, agli articoli da 47 a 53 D.L.vo 276/2003. Non si applica invece la disciplina introdotta dal Decreto Legislativo 14 settembre 2011, n. 167 che, all'articolo 1, nel definire l'apprendistato, ne ha riconosciuto la natura di rapporto a tempo indeterminato (qualificazione confermata anche dall'articolo 41 del decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 81, abrogativo del decreto legislativo 167/2011). Tuttavia, pur in mancanza di una statuizione espressa, deve affermarsi che anche il contratto di apprendistato disciplinato dalla L. 19 gennaio 1955, n. 25 dà origine ad un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. L'articolo 19 della legge 25/1955 prevede, infatti, che in caso di mancata disdetta a norma dell'art c.c. al termine del periodo di apprendistato l'apprendista sia «mantenuto in servizio» con la qualifica conseguita mediante le prove di idoneità e con il computo del periodo di apprendistato ai fini dell'anzianità di servizio del lavoratore. La stessa previsione normativa della disdetta ai sensi dell'art c.c., cioè con periodo di preavviso, corrisponde all'esigenza, propria di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, di evitare che la parte che subisce il recesso si trovi improvvisamente di fronte allo scioglimento del rapporto. Il contratto di apprendistato, pur nel regime normativo di cui alla legge 25/1955, è dunque un rapporto di lavoro a tempo indeterminato bi-fasico, nel quale la prima fase è contraddistinta da una causa mista (al normale scambio tra prestazione di lavoro e retribuzione si aggiunge, con funzione specializzante, lo scambio tra attività lavorativa e formazione professionale) mentre la seconda fase - soltanto eventuale, perché condizionata al mancato recesso ex art cod.civ. rientra nell'ordinario assetto del rapporto di lavoro subordinato. Tale qualificazione non è contraddetta dall'articolo 7 della legge 25/1955 a tenore del quale l'apprendistato non può avere una durata superiore a quella stabilita dai contratti collettivi di lavoro e, comunque, a cinque anni giacchè il termine finale della formazione professionale non identifica un termine di scadenza del contratto ma un termine di fase all'esito del quale, in assenza di disdetta, il rapporto (unico) continua con la causa tipica del lavoro subordinato. Il principio di diritto qui ribadito ha quale immediato effetto la inapplicabilità al contratto di apprendistato, in caso di licenziamento intervenuto in pendenza del periodo di
3 formazione, della disciplina relativa al licenziamento ante tempus nel rapporto di lavoro a termine.** Il legislatore ha infatti tipizzato le conseguenze derivanti dalla illegittimità del licenziamento (con disciplina applicabile anche all'apprendistato), secondo un regime sostitutivo e non alternativo rispetto a quello comune dell'inadempimento contrattuale sicchè quest'ultimo non può essere utilmente invocato dal lavoratore. Altra questione è quella della risarcibilità di danni ulteriori rispetto alla liquidazione prevista dalla legge (previa rituale allegazione in causa) questione che tuttavia non rileva in questa sede, avendo il giudice dell'appello liquidato esattamente il danno derivante dall' accertamento della «illegittimità-inefficacia» (così in sentenza) del licenziamento e rigettato,invece, le ulteriori domande di danno. Conclusivamente deve affermarsi che il giudice del merito ha falsamente applicato al rapporto di apprendistato una disciplina diversa da quella risultante dalla sua natura di rapporto a tempo indeterminato e dalle pronunzie di incostituzionalità della legge nr. 604/1966 numeri 169/1973 e 14/1970, affermando erroneamente in sentenza che il risarcimento del danno non fosse condizionato dalla qualificazione del contratto di apprendistato come contratto a tempo determinato o indeterminato. La Corte di merito non ha accertato, a seguito dell'erroneo inquadramento della azione, la dimensione occupazionale del datore di lavoro, la cui verifica diviene invece rilevante alla luce della affermata applicabilità della disciplina ordinaria del licenziamento illegittimo. La sentenza impugnata è stata quindi cassata e gli atti rinviati ad altro giudice, che provvederà a rinnovare il giudizio sul risarcimento del danno in applicazione del principio di diritto sopra esposto, previa verifica delle tutele applicabili in ragione della dimensione occupazionale. *sentenze del nr. 14 e nr. 169 ** tale conclusione è del resto imposta dalle sentenze additive di accoglimento della Corte Costituzionale del nr. 169 e del 4 febbraio 1970 nr. 14; per effetto delle citate pronunzie l'intero corpus di norme di cui alla legge 604/1966 è stato esteso al contratto di apprendistato, proprio sul presupposto della sua assimilabilità all'ordinario rapporto di lavoro. La caratterizzazione del rapporto di apprendistato quale rapporto subordinato a tempo indeterminato, ha vissuto un lungo percorso nella giurisprudenza prima sino al dlgs 167/2011. Antecedentemente al suddetto T.U. sull apprendistato, la giurisprudenza anche risalente che si era espressa in tal senso, venne recepita nella prassi amministrativa nell a risposta ad interpello del Ministero del Lavoro n. 79 del 12 novembre In tale occasione il Ministero precisava preliminarmente che la disciplina legale del contratto di lavoro a tempo determinato, contenuta nel D.Lgs. n. 368/2001, all art. 10, comma 1 esclude espressamente dal proprio campo di applicazione, tra gli altri, il rapporti di apprendistato. Va invece tenuta presente la definizione contenuta nell art. 2, comma 1, delle L. n. 25/1955 secondo cui l apprendistato è uno speciale rapporto di lavoro in forza del quale l imprenditore è obbligato ad impartire o a far impartire, nella sua impresa, all apprendista assunto alle sue dipendenze, l insegnamento necessario perché possa conseguire la capacità tecnica per diventare
4 lavoratore qualificato, utilizzandone l opera nell impresa medesima. Dalla lettura della disposizione citata emerge come il Legislatore abbia conferito al rapporto di apprendistato una peculiare struttura e natura giuridica, risultanti dal fondersi dei seguenti elementi: 1) un ordinario rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dalla reciprocità tra la prestazione lavorativa e la retribuzione ( apprendista assunto alle sue dipendenze ( ) utilizzandone l opera nell impresa medesima ); 2) un periodo di tirocinio finalizzato a fare acquisire all apprendista le capacità e conoscenze necessarie affinché questi consegua una qualifica professionale ( l imprenditore è obbligato ad impartire o a far impartire ( ) l insegnamento necessario perché possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato ). La funzione formativa, insieme a quella di scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione, contribuiscono, dunque, a caratterizzare la causa del contratto di apprendistato. Sotto questo profilo, nulla è mutato con l introduzione delle successive integrazioni e modifiche normative di cui all art. 21, L. n. 56/1987, all art. 16, L. n. 196/1997 ed agli artt , D.Lgs. n. 276/2003. Rimangono, tuttavia, sempre chiaramente distinti i due seguenti diversi momenti: 1) lo scadere del periodo di apprendistato in cui, non sussistendo più materia di addestramento professionale, è raggiunto l obiettivo formativo ed il datore di lavoro può recedere dal rapporto, ai sensi dell art c.c. (art. 19, L. n. 25/1955). Tale disdetta, avente natura di negozio unilaterale recettizio si atteggia, di fatto, come un recesso ad nutum, da considerarsi legittimo. Ove, invece, tale recesso non intervenga, il rapporto di lavoro prosegue, a tempo indeterminato, caratterizzato esclusivamente dallo scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione; 2) il periodo di svolgimento dell apprendistato, durante il quale il rapporto, pur nella sua specialità, è assimilabile all ordinario rapporto di lavoro, (v. anche art c.c.) per cui non sussiste alcun razionale motivo per giustificare l esclusione del rapporto di apprendistato dalla tutela di cui agli artt. 1-8, della L. n. 604/1966 ed in particolare degli artt. 6 e 8 (Corte Cost., 22 novembre 1973, n. 169). Anche sulla base di tali ultime considerazioni, la citata sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 10 della L. n. 604/1966 nella parte in cui esclude gli apprendisti dall applicabilità nei loro confronti della disciplina limitativa dei licenziamenti individuali, nel corso del rapporto di apprendistato. La pronuncia della Consulta ha, successivamente, trovato una coerente conferma nelle previsioni di cui agli artt. 48, comma 3, lett. c) e d) e 49, comma 4, lett. c) ed e), D.Lgs. n. 276/2003, secondo le quali il contratto di apprendistato è caratterizzato dalla possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato ai sensi di quanto disposto dall art del codice civile ed al divieto per il datore di lavoro di recedere dal contratto di apprendistato in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo. Alla luce di quanto sopra esposto, il Ministero concludeva con il doversi ritenere l apprendistato quale contratto di lavoro a tempo indeterminato, dal quale il datore di lavoro può recedere solo per giusta causa o giustificato motivo, anche anteriormente alla scadenza del termine per il compimento dell addestramento, senza incorrere negli obblighi risarcitori caratteristici del recesso ante tempus previsti per il contratto a tempo determinato. Tutto quanto sopra, veniva mutuato nell art. 2 del Dlgs 167/2011, trasposto nel più recente Dlgs 81/2015 di riordino delle tipologie contrattuali. Dlgs 81/2015 Art. 41
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