DINIEGO DI RINNOVO DELLA LOCAZIONE: PREVALE L USO EFFETTIVO.

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1 GUIDO BELLI DINIEGO DI RINNOVO DELLA LOCAZIONE: PREVALE L USO EFFETTIVO. Tribunale Roma, sez. VI civ., 17 novembre 2010 Con ricorso depositato il 9 aprile 2008 C.M. ha agito nei confronti di B.R. ed ha esposto: - aveva condotto in locazione l appartamento sito in Roma, via X 10 scala B, interno 35 giusto contratto di locazione ad uso abitativo avente decorrenza dal 17 novembre 2000, stipulato ai sensi dell'articolo 2, comma 3 legge 431/1998, con la signora S.Z., la quale agiva in nome proprio, giusta procura del di lei il figlio e proprietario R.B.; a seguito di un giudizio di intimazione di sfratto per finita locazione, il Tribunale di Roma dichiarava la soggezione del contratto alla durata prevista dall articolo 2, legge 431/1998; con lettera del 17 settembre 2003 R.B. inviava disdetta del contratto per la scadenza del 17 novembre 2003 dichiarando di dover destinare l immobile ad abitazione ed uso personale della madre, signora S.Z.; in esito al giudizio dinanzi al Tribunale di Roma promosso dalla ricorrente, il giudice dichiarava la legittimità del diniego di rinnovo per la scadenza del 17 novembre 2004 e per l effetto ordinava alla ricorrente di rilasciare l immobile fissando l inizio dell esecuzione al 15 settembre 2005; - il Sig. B., però, non appena riavuto l immobile, in data 6 ottobre 2006, invece di destinarlo all uso dichiarato nella lettera di diniego di rinnovo, ha mantenuto e continua a mantenere lo stesso in stato di abbandono, comunque vuoto di persone cose; è altresì risultato che il B. non ha mai spostato la propria residenza anagrafica dall immobile in questione, mentre la signora S.Z. non risulta essere mai stata iscritta nell'anagrafe della popolazione residente a Roma, essendo pertanto evidente che nei 12 mesi successivi alla data del rilascio nella quale il proprietario dell immobile è tornato nel pieno possesso dello stesso, la signora S.Z.G.F. non ha provveduto né a spostare la sua residenza né, tantomeno, ad andare ad abitare nell immobile di cui è causa, non concretizzando le intenzioni poste alla base della lettera di diniego di rinnovo. Ciò premesso, la parte ricorrente ha chiesto: - accertate e dichiarare la illegittimità del comportamento del signor R.B. per non avere il medesimo destinato l immobile ad abitazione della propria madre nei termini di legge, una volta ottenuta la restituzione dell immobile ai sensi dell articolo 3 legge 431/98 e con la messa in esecuzione del titolo esecutivo mediante Ufficiale Giudiziario, condannare il signor R.B., conseguentemente, ex articolo 3 comma terzo legge 431/98, a pagare alla ricorrente a titolo di risarcimento legale dei danni alla stessa subiti in ordine a quanto esposto, da quantificarsi in 50 mensilità da calcolarsi sulla base dell ultimo canone corrisposto, pari a euro 469,98 o in quella maggiore o mi-

2 nore somma ritenuta di giustizia e comunque non inferiore a 36 mensilità del canone richiamato. Con vittoria di spese competenze ed onorari. B.R. ha resistito alla domanda ed ha sostenuto che, successivamente al rilascio dell immobile in data 6 ottobre 2006, a causa delle degradanti condizioni in cui si trovava l immobile, si era reso necessario la realizzazione di lavori di ristrutturazione, tanto che il 14 dicembre 2006 aveva presentato al Comune di Roma, Municipio I, apposita Denuncia Inizio Attività; i lavori terminavano il 22 maggio 2007, come documentato presso l ufficio competente del Comune di Roma; tra la fine di maggio 2007 e l inizio del mese di giugno 2007, la madre del resistente, signora S.Z.G.F., si era trasferita nell appartamento di via X 10, dove vive tuttora, senza soluzione di continuità, come si evince dai verbali assembleari del condominio depositati in atti, dai bollettini di pagamento delle utenze, dal fatto che le stesse raccomandate inviate dall odierna ricorrente nonché il ricorso introduttivo del presente giudizio risultano ritirati personalmente proprio dalla signora S.Z.G.F., a nulla rilevando la circostanza che il resistente abbia mantenuto la propria residenza nell immobile in questione, pur svolgendo da anni la professione di avvocato a Barcellona, e che la signora S.Z.G.F. non abbia trasferito la propria residenza nell immobile in questione, dal momento che l invocato articolo 3, legge 431/1998 non assegna alcuna rilevanza alla residenza formale, rilevando unicamente l effettiva destinazione dell immobile all uso abitativo dichiarato, in quanto corrispondente ad uno dei casi previsti dal menzionato articolo 3. Ciò premesso, la parte resistente ha chiesto il rigetto della domanda, nonché la condanna della ricorrente al risarcimento del danno, da liquidarsi di equità attiva ex articolo 96 c.p.c. La causa, istruita con interrogatorio formale, prova per testi e produzione di documenti, è stata discussa e decisa all udienza del 17 novembre Motivi della decisione Il ricorso va respinto. L istruttoria espletata ha consentito di accertare, senza ombra di dubbio, che il resistente, entro i 12 mesi successivi al rilascio, da parte della ricorrente, dell immobile in questione, ha effettivamente destinato detto immobile all abitazione della propria madre, signora S.Z., in conformità a quanto dichiarato nella lettera di diniego di rinnovo alla prima scadenza del 17 settembre Infatti, il teste B. ha confermato di aver seguito i lavori di ristrutturazione dell appartamento che ebbero luogo da gennaio a maggio-giugno 2007, lavori nei quali è stata altresì fornita prova documentale mediante deposito delle comunicazioni di legge al Municipio I del Comune di Roma. Inoltre tutti gli altri testi, compresi quelli di parte ricorrente, e, in particolar modo, il teste P., che abita nell appartamento posto sullo stesso pianerottolo di quello per cui è causa, hanno confermato che, appena ultimate le ristrutturazioni nell appartamento, la signora Z. è venuta ad abitare e abita continuativamente nell appartamento in questione. La circostanza, d altronde, è provata dalla documentazione prodotta dal resistente, quali i verbali delle delibere assembleari, nonché i bollettini di pagamento delle utenze dell appartamento in questione dai quali risulta che la signora Z. abita continuativamente nell appartamento dal giugno Pertanto, la circostanza della mancata residenza anagrafica della Z. nell immobile in questione nel periodo in contestazione, pur costituendo una

3 presunzione del fatto posto a fondamento della domanda spiegata dalla parte ricorrente, deve ritenersi superata dalla piena prova fornita dal resistente, in ordine al fatto che, effettivamente, l immobile in questione è stato destinato ad abitazione della madre del resistente, come dichiarato nella lettera di disdetta del 17 settembre 2003, entro i dodici mesi successivi al rilascio dell immobile. D altra parte, il requisito anagrafico della residenza non è richiesto dall articolo 3, comma 5, legge 431/98 per integrare la fattispecie prospettata dalla ricorrente, in base alla quale la stessa ha formulato domanda di risarcimento del danno, essendo invece richiesto che il locatore abbia effettivamente adibito l immobile all uso per il quale ha esercitato facoltà di disdetta. La domanda di risarcimento del danno per lite temeraria spiegata dalla parte ricorrente va disattesa. E vero, infatti, che gli stessi testi introdotti dalla parte ricorrente hanno confermato la tesi sostenuta dal resistente e che la documentazione in atti indica, inequivocabilmente, che l immobile è stato effettivamente destinato, entro 12 mesi dal rilascio, all abitazione della signora Z. Tuttavia la parte ricorrente risulta aver fondato la propria domanda sulle risultanze del certificato anagrafico. Non può, a parere del giudicante, configurarsi a carico della stessa ricorrente la colpa grave per non aver effettuato ulteriori ricerche al fine di accertare dove, effettivamente, abitasse la signora Z. Le spese, liquidate come da notula, seguono la soccombenza. P.Q.M. definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da C.M. nei confronti di B.R., così provvede: 1. rigetta la domanda; 2. condanna la parte ricorrente al rimborso, in favore della parte resistente, delle spese sostenute per questo giudizio, liquidate in complessivi 8.115,30, di cui 12,80 per esborsi e 1746,00 per diritti. SOMMARIO: 1. Il fatto. 2. Il diniego di rinnovo dei contratti ad uso abitativo alla prima scadenza. 3. Il diniego di rinnovo dei contratti ad uso diverso alla prima scadenza. 4. Procedura di rilascio alla prima scadenza. 5. Mancato utilizzo dell immobile come dichiarato. 1. Il fatto. Il locatore di un appartamento comunica al conduttore, nelle forme di legge, la propria intenzione di non rinnovare il contratto alla prima scadenza, dovendo destinare detti locali ad abitazione ed uso personale della propria madre. Sennonché, secondo l'ex-conduttore, l'immobile non viene adibito alle esigenze dichiarate, ma, anzi, lasciato libero da persone.

4 Per questo motivo, il conduttore-ricorrente chiede al tribunale di Roma di accertare l illegittimità del comportamento tenuto dal proprietario dell immobile, per essere palesemente contrario al precetto dell art. 3, comma 3, della l. 431/1998 e, per l effetto, condannare lo stesso, a titolo di risarcimento del danno, al pagamento di 50 mensilità, di importo pari, ciascuna, all ultimo canone corrisposto (a sostegno delle proprie ragioni allega la circostanza del mancato trasferimento di residenza della madre del resistente nei locali di causa). Alla domanda resiste l ex-locatore, che sostiene di aver dovuto intraprendere ingenti opere di ristrutturazione dei locali, per essere stati gli stessi riconsegnati in un significativo stato di degrado. Lavori comunque ultimati nel termine di dodici mesi previsto dall art. 3, comma 3, della legge 431/1998 e per la cui prova deposita denuncia di inizio attività. Dalla documentazione allegata in giudizio si evince, anche, che la madre del resistente ha, effettivamente, occupato l appartamento oggetto di causa, sebbene senza soluzione di continuità. Il tribunale di Roma, investito della questione, respinge il ricorso. Dall istruttoria espletata emerge, «senza ombra di dubbio», che il resistente, entro i dodici mesi dal riacquisto della disponibilità dei locali, li ha «effettivamente destinati all abitazione della propria madre, in conformità a quanto dichiarato nella lettera di diniego di rinnovo». Gli stessi testimoni escussi hanno, del resto, confermato che la madre del resistente, ultimati i lavori di ristrutturazione, ha abitato «continuativamente» l appartamento de quo. Sul mancato trasferimento, da parte della madre del resistente, della propria residenza nei locali oggetto di causa, il giudice osserva come detta circostanza «pur costituendo una presunzione del fatto posto a fondamento della domanda spiegata dalla parte ricorrente, deve ritenersi superata dalla piena prova fornita dal resistente, in ordine al fatto che, effettivamente, l immobile in questione è stato destinato ad abitazione della madre del resistente, come dichiarato nella lettera di disdetta, entro i dodici mesi successivi al rilascio dell immobile», non essendo, del resto, il requisito della residenza anagrafica richiesto dall art. 3, comma 5, della legge 431/98.

5 za. 2. Il diniego di rinnovo dei contratti ad uso abitativo alla prima scaden- Come è noto, il legislatore, con la legge 9 dicembre 1998, n. 431, ha abrogato l art. 3 della l. 392/1978 (c.d. «legge sull equo canone»), che prevedeva il rinnovo tacito, in assenza di disdetta, del contratto di locazione per un quadriennio. La legge in esame, all art. 2, detta una nuova disciplina per la c.d. «disdetta», distinguendo a seconda che si tratti di contratti a canone libero, ovvero a canone concordato. Nel primo caso, cui è dedicato il comma 1, le parti possono stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni; decorso detto termine, vale a dire alla «prima scadenza», il contratto si rinnova per un ulteriore quadriennio, a meno che il locatore non abbia una «giusta causa» di recesso. Nel secondo caso, cui si riferisce il comma 3, le parti possono stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a tre anni, trascorsi i quali, in mancanza di accordo sul rinnovo, il contratto è prorogato di diritto per due anni, salva giusta causa di disdetta da parte del locatore. In entrambe le fattispecie, i motivi che legittimano il diniego di rinnovo sono dettagliatamente, e tassativamente, individuati dall art. 3. Il locatore può, infatti, avvalersi di tale facoltà quando: a) intenda destinare l immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado; b) (il locatore) persona giuridica, società o ente pubblico o comunque con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l immobile all esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità; c) il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune; d) l immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori;

6 e) l immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l integrale ristrutturazione, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni, ovvero, trattandosi di immobile sito all ultimo piano, il proprietario intenda eseguire sopraelevazioni a norma di legge e per eseguirle sia indispensabile, per ragioni tecniche, lo sgombero dell immobile stesso; f) senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l immobile senza giustificato motivo; g) il locatore intenda vendere l immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. Per quanto attiene, invece, alla disdetta dei contratti di locazione in corso alla data di entrata in vigore della legge 431/98, la Cassazione ha precisato che essi «possono essere validamente disdettati in base alle regole di cui all art. 3, l. 392/1978, ancorché il termine per comunicare la disdetta scada dopo il 30 dicembre 1998, mentre restano assoggettati alla nuova disciplina, ai sensi dell art. 2, u.c., l. 431/1998 se, nella vigenza di quest ultima, si rinnovano tacitamente per mancanza di una tempestiva disdetta in base alle vecchie regole» (Cass., 24 agosto 2007, n ). 3. Il diniego di rinnovo dei contratti ad uso «diverso» alla prima scadenza. Anche per i contratti ad uso diverso da quello abitativo, il locatore ha la facoltà di impedire la rinnovazione del contratto alla prima scadenza solo in presenza di «giusti motivi». Come è noto, la durata minima di questi contratti è di sei anni, decorsi i quali il rapporto si rinnova, tacitamente, di 6 anni in 6 anni; mentre, se l immobile è adibito ad attività alberghiere, il contratto non può avere durata inferiore ai nove anni, scaduti i quali esso si rinnova di 9 anni in 9 anni. Il locatore può recedere dal contratto alla prima scadenza quando egli intenda: a) adibire l immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta;

7 b) adibire l immobile all esercizio, in proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, di una delle attività indicate nell art. 27 della l. 392/1978, o, se si tratta di pubbliche amministrazioni, enti pubblici o di diritto pubblico, all esercizio di attività tendenti al conseguimento delle loro finalità istituzionali; c) demolire l immobile per ricostruirlo, ovvero procedere alla sua reintegrale ristrutturazione o completo restauro, ovvero eseguire su di esso un intervento sulla base di un programma comunale pluriennale di attuazione ai sensi delle leggi vigenti; d) ristrutturare l immobile al fine di rendere la superficie dei locali adibiti alla vendita conforme a quanto previsto nell art. 12 della l. 426/ Procedura di rilascio alla prima scadenza. Il locatore che intende ottenere il rilascio dell immobile alla prima scadenza non può ricorrere ai procedimenti di convalida della licenza o di sfratto per finita locazione di cui all art. 657 c.p.c., essendo essi percorribili solo se si tratta di scadenze successive alla prima. Primo incombente cui deve adempiere il locatore è comunicare, al conduttore, il diniego di rinnovo del contratto, specificando, a pena di nullità, il motivo di legge su cui si fonda. La disdetta deve essere inviata, mediante lettera raccomandata, entro precisi termini di decadenza: a) per le locazioni ad uso abitativo: almeno 6 mesi prima della scadenza (art. 4, l. 431/1998); b) per le locazioni ad uso diverso: almeno 12 mesi prima della scadenza ovvero 18 mesi per le locazioni alberghiere (art. 29, l. 392/1978). Se, alla scadenza, il locatore non ha riottenuto la disponibilità dell immobile, può rivolgersi all autorità giudiziaria per ottenere la condanna del conduttore al rilascio dell immobile, con una pronuncia immediatamente esecutiva. Atto introduttivo del giudizio è il ricorso, da depositare al tribunale del luogo ove si trova l immobile.

8 5. Mancato utilizzo dell immobile come dichiarato. Nelle locazioni abitative, il locatore che abbia ottenuto la liberazione dell immobile per uno dei motivi previsti dall art. 3 della l. 431/1998, deve adibirlo, entro 12 mesi dalla data in cui ha riacquistato la disponibilità, agli usi per i quali ha esercitato la facoltà di diniego di rinnovo. In difetto, il conduttore è legittimato ad agire in giudizio nei confronti del locatore, per ottenere, alternativamente, il ripristino del rapporto di locazione, alle stesse condizioni di cui al contratto disdetto, ovvero il risarcimento del danno, non inferiore a 36 mensilità di importo pari all ultimo canone percepito. Per le locazioni commerciali, invece, il locatore è tenuto ad adibire l immobile, entro 6 mesi, agli usi dichiarati nella disdetta. Diversamente, il conduttore può esigere dal locatore il ripristino del contratto, unitamente al rimborso delle spese di trasferimento e degli altri oneri sopportati, ovvero il risarcimento del danno patito, in misura non eccedente le 48 mensilità, oltre che in entrambi i casi il pagamento dell indennità per la perdita dell avviamento (art. 34, l. 392/1978).

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