IL GIUDICE PRIVATO NEL PROCESSO CIVILE ROMANO

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1 IL GIUDICE PRIVATO NEL PROCESSO CIVILE ROMANO OMAGGIO AD ALBERTO BURDESE a cura di LUIGI GAROFALO tomo secondo CEDAM CASA EDITRICE DOTT. ANTONIO MILANI 2012

2 PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA Copyright 2012 Wolters Kluwer Italia S.r.l. ISBN I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati per tutti i Paesi. Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941, n Le riproduzioni diverse da quelle sopra indicate (per uso non personale cioè, a titolo esemplificativo, commerciale, economico o professionale e/o oltre il limite del 15%) potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da EDISER Srl, società di servizi dell Associazione Italiana Editori, attraverso il marchio CLEARedi Centro Licenze e Autorizzazioni Riproduzioni Editoriali. Informazioni: L elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze. Stampato in Italia - Printed in Italy Fotocomposizione: Overtype - Castelfranco V.to (TV) Stampa: L.E.G.O. S.p.A. - Lavis (TN)

3 Francesco Fasolino POSTULARE IUDICEM

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5 Sommario: 1. Diffusione ed evoluzione dell espressione postulare nelle fonti. 2. Postulare iudicem (arbitrum) nella procedura per legis actiones. 3. Il processo formulare e la definizione ulpianea di postulare. 4. Il processo extra ordinem: il trasfondersi della postulatio nell actio. 1. Diffusione ed evoluzione dell espressione postulare nelle fonti. L espressione ius postulandi, correntemente impiegata per indicare la legittimazione processuale del difensore a compiere un determinato atto inerente il giudizio e, più in generale, la capacità di adire l autorità giudiziaria al fine di rivolgere ad essa istanze e compiere gli atti processuali necessari in rappresentanza della parte, è assai risalente nelle fonti antiche, sia letterarie che giuridiche, a testimonianza della sua rilevanza nell ambito dell esperienza giuridica romana. Come è stato messo in luce da un recente studio dedicato all evoluzione del significato di postulare/postulatio ed ai relativi impieghi tecnici nel corso della storia del processo 1, tali termini, la cui radice è rinvenibile nell espressione perk/prek, da cui scaturiscono, nella lingua latina, le espressioni prex, precor, posco, postulo (tutte accomunate dall idea di una domanda rivolta ad un autorità superiore), sono ricorrenti nelle fonti antiche nel significato, generico, di «domandare, chiedere con insistenza, pretendere qualcosa che si ritiene di meritare» 2 ma anche in quello, più specifico, chiaramente derivato dal pri- 1 Il riferimento è all interessante volume di V. Carro, Et ius et aequom postulas. Studio sull evoluzione del significato di postulare, Napoli, Si veda anche F. Leifer, voce Postulatio, in RE, XXII.1, Stuttgart, 1953, 874 ss. 2 Tale concetto era già chiaro a Varrone, come si può leggere in Serv. in Aen.

6 244 FRANCESCO FASOLINO mo, di «presentare una richiesta dinanzi ad un organo giudicante al fine di ottenere da questi un provvedimento cui si reputa di avere diritto» 3. Dunque, chi fa la postulatio è convinto di chiedere una cosa che gli spetta in quanto egli è nel giusto: in tale significato tecnico, di chiedere ciò che si considera un diritto ottenere, proprio dell ambito giuridico, il termine postulare è, invero, usato anche nelle fonti letterarie a partire dal III sec. a.c. 4 e già in Plauto (Stich. 423: Et ius et aequom postulas) e in Terenzio (Ad. 201: S<uo>m ius postulas). Tra le varie testimonianze della graduale configurazione di un significato tecnico-giuridico, particolarmente interessante, ai fini di questo studio, è quella contenuta nella commedia plautina Aulularia dove il verbo postulare viene utilizzato, chiaramente, nel senso di richiedere un provvedimento al pretore: 318 Infit ibi postulare plorans, eiulans, ut sibi liceret milvom vadarier: nella farsa, infatti, il protagonista, l avaro Euclione, ricorre al pretore perché gli venga concesso di citare in giudizio il nibbio che gli aveva sottratto del cibo 5. Tuttavia, è con Cicerone che abbiamo le testimonianze maggiormente numerose e significative di un utilizzo propriamente tecnico del verbo postulare, impiegato per indicare una richiesta al pretore volta ad ottenere un provvedimento o, più in generale, l atto del citare in giudizio (iudicium postulas ); basti qui ricordare Cic. Quinct. 13.9: tametsi causa postulat, tamen quia postulat, non flagitat, praeteribo; 29.4: Iste postulabat, ut procurator iudicatum solvi satis daret ; 30.4: poscere secundum Varronem est quotiens aliquid pro merito nostro deposcimus, petere vero est cum aliquid humiliter et cum precibus postulamus. 3 Per maggiori approfondimenti, si rinvia a VIR, voce Postulo, -are, IV.1, Berolini, 1985, 987 ss.; voce Postulo, in TLL, X.2.2, Stuttgart - Leipzig, 1982, 259 ss.; E. Forcellini, voce Prex, in Lexicon totius latinitatis, III, Patavii, 1965, 781 ss.; A. Berger, voce Postulare, in Encyclopedic Dictionary of Roman Law, Philadelphia, 1953, 639 ss.; E. Lévy, voce Postulatio, in Ergänzungs Index zu ius und leges, Weimar, 1930, 144; H. Heumann - E. Seckel, voce Postulare, in Handlexicon zu den Quellen des römischen Rechts, Jena, 1907, 442 s.; E. Benveniste, Le vocabulaire des institutions indo-européennes, II, Pouvoir, droit, religion, Paris, Per un ampia ed esaustiva rassegna delle opere dei poeti, dei comici, degli storiografi, dei grammatici, degli eruditi, dei retori e dei filosofi in cui viene utilizzato il termine postulare nella sua accezione generica ma con costante riferimento al chiedere con insistenza nella consapevolezza di chiedere ciò che spetta e pertanto si considera dovuto, cfr. V. Carro, Et ius, cit., 20 ss. 5 Per un uso di postulare evidentemente riferito alla richiesta rivolta ad un pretore, si ricorda anche Valerio Massimo : Licinius cognomine Hoplomachus a praetore postulavit

7 POSTULARE IUDICEM 245 A Cn. Dolabella denique praetore postulat ut sibi Quinctius iudicatum solvi satis det ex formula; 36.3: Cur a praetore postulares ut bona P. Quincti possideres; 61.11: Iudicium postulas; 63.1: Postulabam inquit ut sati daret ; Iniuria postulabas: ita videbare Non praetorem modo a quo ius impetraret invenire non potuit, atque adeo ne unde arbitratu quidem suo postularet; Cic. Tull. 39.1: Haec cum praetorem postulabas. 6 Nelle Institutiones di Gaio il verbo postulare viene ormai utilizzato nell accezione tecnica maggiormente compiuta, come si legge, ad esempio, in sed solet praetor postulantibus hereditariis creditoribus tempus constituere, intra quod, si velit, adeat hereditatem, si minus, ut liceat creditoribus, bona defuncti vendere: il pretore, su richiesta dei creditori ereditari, fissa un termine al chiamato entro il quale accettare l eredità, decorso invano il quale i creditori ereditari possono vendere i beni del defunto per soddisfarsi sul relativo ricavato. Ancora, in Gai 3.123, si legge che in base alla lex Cicereia, chi accettava sponsores o fidepromissores doveva pubblicamente dichiarare in anticipo quale fosse il debito per il quale riceveva le garanzie e quanti garanti avrebbe accettato; in caso contrario, ai garanti era permesso, entro trenta giorni, di chiedere un iudicium preliminare per accertare se fosse stata rispettata quella regola e, in caso negativo, di conseguenza, far dichiarare la loro liberazione dall obbligazione accessoria (successivamente la regola venne estesa nella prassi anche ai fideiussori): et nisi preaedixerit, permittitur sponsoribus et fidepromissoribus intra diem XXX praeiudicium postulare, quo queratur, an ex ea lege praedictum sit; et si iudicatum fuerit praedictum non esse, liberantur. Qua lege fideiussorum mentio nulla fit; sed in usu est, etiam si fideiussores accipiamus, praedicere. Nel quarto commentario delle Istituzioni il verbo postulare è ampiamente utilizzato da Gaio per descrivere il funzionamento del processo per legis actiones. In particolare, in Gai 4.12 il giurista, nell enunciare i cinque tipi di legis actiones fa espressa menzione di una procedura che si caratterizzava per la richiesta fatta al pretore di no- 6 Ma vedasi anche Prob. 4.8: te praetor iudicem arbitrumve postulo uti des.

8 246 FRANCESCO FASOLINO minare un iudex (legis actio per iudicis postulationem), procedura che poi più analiticamente egli descrive in 4.17: Per iudicis postulationem agebatur, si qua de re ita ageretut lex iussisset sicuti lex XII tabularum de eo quod ex stipulatione petitur. Eaque res talis fere erat. Qui agebat sic dicebat: ex sponsione te mihi X milia sestertium dare oportere aio: id postulo aias an neges. Adversarius dicebat non oportere. Actor dicebat: quando tu negas, te praetor iudicem sive arbitrum postulo uti des. Itaque in eo genere actionis sine poena quisque negabat. Item de hereditate dividenda inter coheredes eadem lex per iudicis postulationem agi iussit. Idem fecit lex Licinnia, si de aliqua re communi dividunda ageretur. Itaque nominata causa ex qua agebatur statim arbiter petebatur. Dunque, l actio per iudicis postulationem non poteva essere discrezionalmente utilizzata dall attore, ma poteva farsi ricorso ad essa solo quando una legge lo consentiva espressamente, come avveniva per l appunto nel caso di obbligazioni sorte ex stipulatione, ovvero in materia di divisione ereditaria, ovvero ancora in caso di scioglimento della comunione di beni. La procedura era caratterizzata da un estremo e rigoroso formalismo: l attore affermava solennemente, alla presenza della controparte e del pretore, il suo diritto a ricevere la prestazione e chiedeva altrettanto solennemente alla controparte di confermare oppure di negare il diritto da lui vantato. In caso di negazione dell adversarius, l attore allora invocava dal pretore la nomina di un iudex o di un arbitrum. Ma la postulatio iudicis ricorreva anche in un'altra ipotesi pure a- naliticamente descritta da Gaio in 4.17 b-18, dove si parla della legis actio per condictionem: Per condictionem ita agebatur: aio te mihi sestertiorum X milia dare oportere: id postulo, aias an neges adversarius dicebat non oportere. Actor dicebat: quando tu negas, in diem tricensimum tibi iudicis capinedi causa condico. Deinde die tricensimo ad iudicem capiendum praesto esse debebant. Condicere autem denuntiare est prisca lingua. 18. Itaque haec quidem actio proprie condictio vocabatur. Nam actor adversrio denuntiabat, ut ad iudicem capiendum die XXX adesset; nunc vero non proprie condictionem dicimus actionem in personame esse,

9 POSTULARE IUDICEM 247 qua intendimus dare nobis oportere. Nulla enim hoc tempore eo nomine denuntiatio fit. A seguito della negazione da parte del convenuto del buon diritto vantato dall attore, quest ultimo intimava alla controparte di ripresentarsi dinanzi al pretore di lì a trenta giorni per la datio iudicis. Lo stesso Gaio, peraltro, fa menzione del fatto che era discussa la ragione per la quale era stata introdotta questa ulteriore azione di legge, potendosi agire per ottenere l adempimento di una obbligazione di dare già con l actio sacramenti ovvero con quella per iudicis postulationem: Gai 4.20: Quare autem haec actio desiderata sit, cum de eo, quod nobis dari oportet, potuerit aut sacramento aut per iudicis postulationem agi, valde quaeritur. In 4.163, il giurista Gaio pone particolare attenzione alla postulatio rivolta al magistrato per la nomina di un arbitro: Namque si arbitrum postulaverit is, cum quo agitur, accipit formulam, quae appellatur arbitraria, et iudicis arbitrio si quid restitui vel exhiberi debeat, id sine periculo exhibet aut restituit et ita absolvitur; quod si nec restituat neque exhibeat, quanti ea res est, condemnatur. Sed et actor sine poena experitur cum eo, quem neque exhibere neque restituere quicquam oportet, praeterquam si calumniae iudicium ei oppositum fuerit decimae partis. Quamquam Proculo placuit non esse permittendum calumniae iudicio uti ei, qui arbitrium postulaverit, quasi hoc ipso confessus videatur restituere se vel exhibere debere. Sed alio iure utimur et recte; potius enim ut modestiore via litiget, arbitrum quisque petit, quam quia confitetur. Nel brano in esame la designazione dell arbitro viene chiesta dal convenuto al giudice tramite la formula cosiddetta «arbitraria» ed il giudicante gli ingiunge di restituire ovvero esibire all attore alcunché: il convenuto potrà, quindi, o ottemperare, ponendo in essere quanto richiestogli, e conseguentemente, essere assolto; oppure, in caso di i- nottemperanza all ordine del giudice, sarà condannato a pagare una somma pari al valore del quid che non è stato né restituito né esibito. Del resto, anche l attore non rischiava alcuna penale nel caso si accer-

10 248 FRANCESCO FASOLINO tasse che egli aveva agito per l esibizione o la restituzione contro qualcuno che non vi era in realtà tenuto, a meno che contro di lui non venisse intentato un giudizio per calunnia per la decima parte (del valore della controversia). Lo stesso Gaio ricorda che sul punto specifico era intervenuto anche il giurista Proculo, sostenendo che non dovesse consentirsi l esperimento del giudizio di calunnia a chi, avendo richiesto la nomina di un arbitro, avrebbe così implicitamente confessato di essere tenuto a restituire ovvero ad esibire quidquid. Ma il giurista, riportando l orientamento vigente al suo tempo (sed alio iure utimur et recte), si discosta dall opinione di Proculo, ritenendo che nella richiesta, rivolta al magistrato, di nominare un arbitro non possa ritenersi sottesa l intenzione di confessare un obbligazione a proprio carico, essendo essa piuttosto finalizzata ad ottenere un provvedimento ritenuto idoneo a risolvere con maggiore facilità e speditezza la controversia. Ancora, anche in Gai 4.186, ritroviamo un utilizzo del termine postulare in senso strettamente tecnico: Et si quidem iudicati depensive agetur, tanti fit vadimonium, quanti ea res erit; si vero ex ceteris causis, quanti actor iuraverit non calumniae causa postulare sibi vadimonium promittit Il giurista, nel passo in esame, precisa che il vadimonio dovrà corrispondere al valore della controversia nel caso di actio iudicati vel depensi; in ogni altra ipotesi esso sarà equivalente a quanto l attore abbia richiesto in giudizio, purché abbia prestato giuramento circa l onestà della richiesta medesima (non calumniae causa postulare). Non c è dubbio, tuttavia, che è nei Digesta di Giustiniano che ritroviamo un costante utilizzo dell espressione postulare in un accezione propriamente tecnica e specificamente indicante la richiesta di un determinato provvedimento fatta al magistrato. Basti pensare, tra gli altri, a: Ulp. 9 ad ed. D : postulare a procuratore actionem (interdictum); Ulp. 9 ad ed. D : postulare cognitionem; Ulp. 11 ad ed. D : postulare in integrum restitutionem; Ulp. 39 ad Sab. D : postulare tutorem; Ulp. 4 fideic. D pr: Postulare decretum adversus absentes; Paul. 3 sent. D : Postulare bonorum

11 POSTULARE IUDICEM 249 possessio; Iav. 3 epist. D : Postulare arbitrum; Ulp. 49 ad ed. D : postulationibus (in bonorum possessione) non dare; Ulp. 1 opin. D : Postulare iudicatum solvi satis. In tutti i passi sopra riportati, come è evidente, l atto del postulare è diretto ad ottenere un provvedimento strettamente necessario per la tutela in via giudiziaria di un diritto, e ciò non solo con riferimento al processo civile ma anche alla giurisdizione criminale (postulare aliquem crimininis), come si evince con chiarezza, ad esempio, dalle e- spressioni: postulare aliquem compilatae hereditatis, contenuta in Pap. 10 resp. D (33); rem adulterii quam vir iure mariti postulavit, in Pap. 4 resp. D ed anche in Ulp. 3 ad l. Iul. et Pap. D , Pap. 1 de adult. D , Ulp. 7 de off. proc. D , Pap. 1 de adult. D pr., Paul 5 sent. D pr.; adulterii crimen postulata mulier riportata in Pap. 4 resp. D ; capitis postulatus in Pap. 15 resp. D ; postulare adulteram in Ulp. 2 ad leg. Iul. de adult. D ; adulterii incesti postulari in Pap. 36 quaest. D Anzi è proprio con riferimento all ambito criminale che abbiamo la testimonianza più antica offertaci dalle XII Tavole riguardo al postulare: in Tab. 8.20, infatti, si fa menzione dell accusatio suspecti tutoris 7, un procedimento su base popolare finalizzato alla destituzione del tutore testamentario che avesse agito in danno del suo pupillo; in caso di condotta dovuta a negligenza o incapacità, poteva essere esercitata la postulatio suspecti tutoris che, pur se tesa come la precedente accusatio a rimuovere il tutore, tuttavia non comportava per quest ultimo l infamia. Con stretto riferimento alla richiesta di uno dei litigatores finalizzata ad ottenere un provvedimento funzionale all organizzazione ed allo svolgimento dello schema processuale, si tenga presente anche quanto si evince da: 7 Si parla di suspectum postulare tutorem vel curatorem, in Ulp. 35 ad ed. D e in Ulp. 35 ad ed. D

12 250 FRANCESCO FASOLINO Imp. Gordianus A. Candiano militi C.2.22(23).1 (a. 238): Si frater tuus, cum mutuam pecuniam acciperet, in patris fuit potestate nec iussu eius nec contra senatus consultum contractum est, propter lubricum aetatis adversus eam cautionem in integrum restitutionem potuit postulare. o ancora, in Imp. Gordianus A. Tryphoni militi C. 2.22(23).2 (a. 241): Filius familias, si minor viginti quinque annis pro extraneo fideiussit, in integrum restitutionem postulare non prohibetur. Sed et si pro patre suo fideiussor extitit eique diem suum functo non successit, in integrum restitutionem postulare potest. Imp. Alexander A. Polydeucae C pr. (a. 229): Compensationis aequitatem iure postulas. Non enim prius exsolvi quod debere te constiterit aequum est, quam petitioni mutuae responsum fuerit, eo magis, quod ea te persequi dicis, quae divortii causa amota quereris. Imp. Antoninus A. Atalantae C (a. 215): In locum tutoris defuncti vel in perpetuum relegati alium dari tutorem filiis tuis idoneum ex eadem provincia ab iudice competente postulas, qui secundum officium suum utilitatinbus eorum providebit. Imp. Gordianus A. Gaio C.2.19(20).3 (a. 238): Si vi vel metu fundum avus tuus distrahere coactus est, etiamsi maxime emptor eum alii vendidit, si tamen tu avo tuo heres extitisti, ut tibi reddito a te pretio restituatur, postquam placuit in rem quoque dari actionem, secundum formam perpetui edicti adito praeside provinciae poteris postulare Ancora, in Iul. 57 dig. D pr., si legge: Minor viginti quinque annis fundum vendidit Titio, eum Titius Seio; minor se in ea venditione circumscriptum dicit et impetrat cognitionem non tantum adversum Titium, sed etiam adversum Seium: seius postulabat apud praetorem utilem sibi de evictione stipulationem in Titium dari: ego dandam putabam. Respondi : iustam rem seius postulat: nam si ei fundus praetoria

13 POSTULARE IUDICEM 251 cognitione ablatus fuerit, aequum erit per eundem praetorem et evictionem restitui. Ma degni di rilievo sono anche: Ner. 3 reg. D : Feminae tutore dari non possunt, quia id munus masculorum est, nisi a principe filiorum tutelam speciliter postulent, ovvero Ulp. 39 ad Sab. D : Postulare tutorem videtur et qui per alium postulat: item nominare et qui per alium hoc idem facit, ovvero ancora Ulp. 70 ad ed. D : Quod ait praetor si actio de superficie postulabitur, causa cognita dabo, sic intellegendum est ut, si ad tempus quis superficiem conduxerit, negetur ei in rem actio. Et sane causa cognita ei, qui non ad modicumtempus conduxit superficiem, in rem actio competet. Anche nel codice teodosiano, del resto, è chiaro il riferimento alla postulatio come richiesta rivolta all autorità giurisdizionale per far valere un diritto: CTh : qui extraordinarium iudicium postulaverit ; CTh pr.: sed si qua res vel ius aliquod postuletur In definitiva, dalla sintetica rassegna delle fonti appena considerate, si può con certezza dedurre che, già nel sistema processuale delle legis actiones, l utilizzo del verbo postulare è senza dubbio tecnicogiuridico, nel senso di richiedere con insistenza ad un autorità giurisdizionale un provvedimento finalizzato ad ottenere qualcosa cui si ritiene di aver diritto 8. La presente ricerca, sulla scorta di queste premesse, intende approfondire il funzionamento della postulatio iudicis, in considerazione del ruolo centrale che ebbe nell economia del processo romano la nomina del iudex, provvedimento di pertinenza magistratuale che, originariamente rappresentando una particolare applicazione nell ambito della procedura delle legis actiones, quella per iudicis postulationem, divenne successivamente, con il processo formulare, momento 8 Cfr. anche O. Karlowa, Der römische Civilprozess zur Zeit der Legisactionen, Berlin, 1872, 50 ss.

14 252 FRANCESCO FASOLINO essenziale di snodo per l avvio a risoluzione della controversia, finché poi, con il consolidarsi della cognitio extra ordinem, connotantesi per un marcato elemento procedurale di tipo pubblicistico, con l assorbimento dei compiti del iudex privatus in quelli più ampi del funzionario imperiale giudicante, postulare diventa un espressione più genericamente riferita all atto del proporre una domanda giudiziale piuttosto che al richiedere uno specifico provvedimento magistratuale. Sulla relazione tra postulatio e domanda giudiziale, per l appunto, si soffermerà infine questo lavoro, in quanto emblematica dell approdo finale del significato tecnico-giuridico del verbo postulare nell ambito del più ampio percorso evolutivo del processo romano, secondo una visione unitaria che dalle legis actiones arriva alle cognitiones imperiali Postulare iudicem (arbitrum) nella procedura per legis actiones. Come ci è attestato da Gaio, nella legis actio sacramenti la domanda/intimazione in cui si estrinseca dapprincipio l agere è rivolta innanzitutto alla controparte processuale: l attore, infatti, alla presenza del magistrato proclamava solennemente il suo diritto, chiedendo contestualmente al convenuto di esprimersi circa il riconoscimento della situazione giuridica da egli vantata. In tal senso l enunciazione solenne dell attore era per l appunto l intentio, come ci ricorda Gaio in 4.41, secondo cui con essa l attore desiderium suum concludit. Come nella legis actio sacramenti, così anche in quella per condictionem l attività in cui si estrinsecava il postulare era diretta nei confronti del convenuto: mentre nella prima, tuttavia, l attore, dopo aver dichiarato la sua pretesa ed aver chiesto al convenuto se egli la riconoscesse o meno, ricevuto il rifiuto del convenuto, lo sfidava ad un giuramento solenne circa la esistenza e la titolarità della situazione giuridica intorno alla quale era sorta la controversia (Gai 4.16: quando tu iniuria vindicavisti aeris sacramenti te provoco ), nella seconda, 9 La letteratura da cui si prendono le mosse è, ovviamente, rappresentata da H. Lévy-Bruhl, Recherches sur les actiones de la loi, Paris, 1960; G. Scherillo, La legis actio per iudicis arbitrive postulationem e l origine del processo formulare, in Iura, XX, 1969, 5 ss. Si veda anche l ampia bibliografia riportata in V. Carro, Et ius, cit., 17, nt. 35.

15 POSTULARE IUDICEM 253 invece, egli intimava alla controparte un nuovo appuntamento in iure a trenta giorni, al fine di farsi assegnare dal magistrato un iudex: Gai 4.17b aio te mihi sestertiorum X milia dare oportere: id postulo aias an neges quando tu negas, in diem tricensimum tibi iudicis capiendi causa condico. Dunque, già in epoca almeno coeva alle XII tavole, il ruolo del magistrato giusdicente è quello di organizzare il processo in vista della risoluzione della controversia, in maniera cioè sostanzialmente non dissimile da quanto avverrà poi tipicamente nel processo formulare. Momento cruciale per l evoluzione della postulatio iudicis nel senso anzidetto è costituito senza dubbio dalla introduzione della legis actio per iudicis arbitrivi postulationem. Anch essa si svolgeva secondo lo schema consueto delle legis actiones: l attore, dopo aver enunciato la sua pretesa ed il relativo fondamento, aver chiesto al convenuto se questi riconoscesse o negasse il suo diritto, ed aver ricevuto una risposta negativa, si rivolgeva direttamente al magistrato, affermando: quando tu negas, te praetor iudicem (sive arbitrum) postulo uti des (Gai 4.17 a). Dunque, la controversia si spostava dalla contesa nel merito della lite per dirigersi su di un piano squisitamente procedurale, quello appunto diretto all adozione di un provvedimento magistratuale, cui si riteneva di aver diritto nell ambito della più generale pretesa di tutela per la situazione giuridica vantata, provvedimento funzionale ed indispensabile per la corretta impostazione ed il prosiequo del processo medesimo; in altri termini, secondo il formulario dell actio per iudicis postulationem, le parti non dialogavano più unicamente tra di loro alla presenza del magistrato: l intervento., per dir così, attivo di questi era pertanto provocato direttamente dall attore attraverso la formulazione di una richiesta formalmente e cronologicamente distinta da quella rivolta al convenuto, chiaramente espressa e mirante ad un provvedimento preciso e concreto: la nomina di un giudice al quale affidare il compito di dirimere la controversia Per approfondimenti si rinvia a M. Kaser - K. Hackl. Das römische Zivilprozessrecht, cit., 231 ss.; P. Jörs, Römische Rechtswissenschaft zur Zeit der Republik, Berlin, 1888, 221; E. Costa, Profilo storico del processo civile romano, Roma, 1918, 9 ss.

16 254 FRANCESCO FASOLINO La centralità del ruolo svolto dal iudex si evince anche da diverse, e talune anche risalenti, norme relative alle modalità di svolgimento delle relative funzioni. In Tab. 2.2, ad esempio, si disponeva che dovesse essere rinviato il giorno del giudizio qualora vi fosse un impedimento delle parti o del iudex per quella data: quid horum fuit vitum iudici arbitrove reove, eo die diffusus esto, disposizione ricordata anche Ulp. 74 ad ed. D :... etiam lex duodecim tabularum, si iudex vel alteruter ex litigatoribus morbo sontico impediatur, iubet diem iudicii esse diffusum. Gaio, poi, in 4.15 ci dice quale doveva essere il comportamento delle parti dinanzi al iudex: cum ad iudicem venerant antequam apud eum causam perorant solebant breviter ei et quasi per indicem rem exponere: quae dicebatur causae coniectio. Una formale postulatio al magistrato per la nomina del giudicante non è attestata delle fonti con riferimento alle altre tipologie di legis actiones; pertanto, come è stato condivisibilmente sostenuto 11, per una siffatta procedura, tanto formalmente rigorosa e solenne, deve ritenersi che la mancata predisposizione di un apposito formulario in relazione ad un determinato atto, significhi che esso, se pure possibile da un punto di vista meramente fattuale, fosse totalmente irrilevante dal punto di vista tecnico-giuridico in quanto, evidentemente, privo di una peculiare funzione ritenuta necessaria ai fini dello svolgimento del processo. In altri termini, sembra inverosimile che nelle altre legis actiones vi fosse una richiesta dell attore nei confronti del magistrato affinché organizzasse con atti concreti il giudizio in vista della tutela della pretesa dell attore: in esse, infatti, l intervento del magistrato era provocato solo indirettamente, scaturendo la necessitas iudicandi dal fatto che la contesa tra i litigatores aveva dato luogo alla reciproca sfida ad un sacro giuramento sulla fondatezza della propria pretesa, con la conseguenza che, evidentemente, una delle due parti era incorsa in uno spergiuro che doveva essere accertato e sanzionato. Come si è già avuto modo di vedere, Gaio, in 4.17, ci fa sapere che la legis actio per iudicis postulationem fu introdotta per le controversie aventi ad oggetto crediti derivanti da sponsio ovvero per le divisioni di eredità; successivamente, sulla base di una lex Licinnia, data- 11 V. Carro, Et ius, cit., 57.

17 POSTULARE IUDICEM 255 bile probabilmente verso la fine del III sec. a.c., essa fu estesa a tutte le tipologie di liti inerenti divisioni di beni. L introduzione della legis actio per iudicis postulationem segna, con specifico riferimento all ambito processuale una tappa importante del più generale percorso evolutivo dell ordinamento giuridico romano da una matrice fortemente sacrale ad una prospettiva via via sempre più, per dir così, laica. Se, infatti, con l actio sacramenti l intervento del iudex privatus è strettamente connesso alla trasformazione del sacramentum in mera pena patrimoniale, nella legis actio per iudicis postulationem la nomina del iudex (ovvero dell arbitro) rappresenta essa stessa l obiettivo principale intorno a cui ruota l intera azione: non a caso, ritengo, Gaio rimarca che sine poena quisque negabat; in altri termini, con la legis actio in commento il giudizio non è un effetto consequenziale ed indiretto della pronuncia del sacramentum ma rappresenta propriamente l oggetto della domanda della domanda processuale, quello che oggi verrebbe definito dalla dottrina il cd. petitum processuale (o formale) 12. Ed invero, come si evince dal racconto del giurista adrianeo, a seguito della negazione del proprio oportere da parte del convenuto, l attore, senza preliminarmente sfidare al giuramento la controparte, si rivolge contemporaneamente a questa ed al pretore (ma, in realtà, il destinatario principale dell istanza attorea appare il magistrato) per ottenere da questi la nomina immediata di un giudice (o di un arbitro). Che le parti mirassero ad ottenere principalmente ed essenzialmente la nomina di un organo giudicante che dovesse dirimere la lite tra di essi insorta, si evince ancora di più con riferimento a quei casi nei quali veniva chiesta la divisione dell hereditas ovvero della comproprietà: in tali ipotesi, infatti, non vi era alcuna contestazione circa l esistenza ovvero i limiti del diritto di erede o comproprietario (altrimenti avrebbe dovuto farsi ricorso alla legis actio sacramenti in rem): tant è vero che l attore non proclamava solennemente un suo diritto nei confronti del convenuto chiedendogli di confermare o negarne l esistenza e la portata, ma si limitava ad indicare il fondamento, non contestato, della propria posizione giuridica (la qualità di erede ovvero di condomino) e ad enunciare la volontà di procedere ad una divisione, operazione per il compimento della quale era richiesta la nomi- 12 In tal senso cfr. V. Carro, Et ius, cit., 59.

18 256 FRANCESCO FASOLINO na dell arbitro ( nominata causa ex qua agebatur statim petebatur); e benché Gaio non ci dica nulla di preciso al riguardo, è altamente probabile che gli altri coeredi o comproprietari chiedessero anch essi al magistrato giusdicente la nomina dell arbitro espressamente oppure attraverso un consenso implicitamente manifestato con il loro silenzio. Nelle controversie del tipo in esame, in definitiva, non si trattava di accertare una situazione giuridica ma di costituirne una nuova: e dunque sarebbe stato inadeguato un iudex, occorrendo invece un arbiter che svolgesse una funzione, maggiormente discrezionale, di stima e di valutazione, economica piuttosto e prima ancora che giuridica. 13 Si ritiene, non senza contrasti, che oltre a quelle appena menzionate, anche altre tipologie di controversie fossero devolute ad un arbitro: così, ad esempio, a proposito dell actio ex sponsione certae rei e dell actio incerti 14 ; per l actio acquae pluviae arcendae 15 ; l actio damni infecti 16 ; l actio finum regundorum 17, il procedimento nei confronti di colui che vindiciam falsam tulit 18 ; la vindicatio usus fructus (Ulp. 17 ad Sab. D ) e la vindicatio servitutis (Iav. 10 ex Cass. D ); ed infine, in riferimento all arbitrium liti aestimandae vale a dire il procedimento instaurato, dalle parti concordemente tra loro ovvero da una sola di esse, per attribuire un valore monetario alla cosa controversa qualora fosse incertum. 13 L arbiter rappresenterebbe, dunque, una species rispetto al più ampio genus del iudex, caratterizzandosi tipicamente per una più ampia libertà di apprezzamento: in tal senso A. Corbino, La struttura, cit. 137 ss. Peraltro, proprio per garantire un esercizio maggiormente ponderato di questa discrezionalità nel giudicare propria dell arbiter si giustifica la particolarità per la quale era possibile per il magistrato costituire un vero e proprio collegio di più arbitri, laddove il iudex era per definizione organo giudicante monocratico. 14 H. Lévy-Bruhl, Recherches, cit., 258 ss.; G. Broggini, Iudex arbiterve, Köln - Graz, 1957, 175, nt. 37 e 162, nt. 7. Contra invece G. Pugliese, Il processo civile romano. Lezioni sul processo, II, Milano, 1948/49, 353 ss.; E. Lévy, Neue Bruchstüche aus den Institutionen des Gaius, in ZSS, LIV, 1934, M. Sargenti, L actio aquae pluviae arcendae, Milano, 1940, 142; H. Burckhard, Die actio aquae pluviae arcendae, Erlangen, 1881, 479 ss. Cfr. Lab. 7 phit. a Paul. epit. D ; Alf. 4 dig. a Paul. epit. D A. Mozzillo, Contributo allo studio delle stipulationes praetoriae, Napoli, 1960, 54 ss. 17 G. Pugliese, Il processo, II, cit., 353 ss.; contra G.I. Luzzatto, Procedura civile romana, I, Esercizio dei diritti e difesa privata, Bologna, 1946, Nelle XII tavole 12.3 si legge che venivano nominati tre arbitri col compito di fructus duplione damnum decidere. Vedasi anche Fest. voce Vindiciae (Lindsay 516).

19 POSTULARE IUDICEM 257 Nell ambito del processo formulare, poi, il ruolo dell arbiter è attestato anche per i iudicia bonae fidei 19 nonché per alcuni dei iudicia arbitraria nei quali, prima della pronunzia della condanna, era data al convenuto la possibilità di restituire sulla base dell arbitrium de re restituenda. Ancora, di una postulatio arbitri è fatta menzione per il procedimento interdittale da Gaio in Alcuni studiosi hanno sostenuto che il lege agere per arbitri postulationem sia maggiormente risalente rispetto alla postulatio iudicis, e dunque anteriore alla legge delle XII Tavole, probabilmente databile già intorno alla seconda metà del VI secolo a.c., periodo storico nel quale vi fu un intenso sviluppo economico 21 : si sarebbe trattato, insomma, di una innovazione introdotta dalla giurisprudenza pontificale ed avrebbe rappresentato un anticipazione dell evoluzione strutturale rappresentata dalla divisione bifasica del processo e dalla conseguente utilizzazione di organi giudicanti privati, successivamente estesa poi anche al lege agere sacramento. In tal senso sembrerebbe deporre anche il dispositivo di una lex Pinaria che, per quanto specificamente concerneva l actio sacramenti, in tema di iudicis nominatio, avrebbe innovato differendo al trentesimo giorno tale nomina, dapprima effettuata dal magistrato titolare della iurisdictio immediatamente e senza necessità dell accordo delle parti; tuttavia non sono chiari i rapporti tra tale lex, da un lato, e la legis actio per iudicis postulationem e quella per condictionem, dall altro; in particolare non è possibile allo stato sapere se la legge abbia introdotto il cennato differimento per tutte e tre le azioni in questione ovvero se, come è più probabile, la lex Pinaria, abbia esteso alle altre due il regime della legis actio per condictionem Cic. De off ; Pap. 9 quaest. D ; Paul. 6 ad Sab. D ; Iav. 4 ex Cass. D ; Paul. 7 ad Sab. D ; Marcian. sing. resp. D ; Pap. 12 quaest. D ; Scaev. 25 dig. D Si è ritenuto plausibile che esistessero due tipi di legis actio per iudicis postulationem, uno diretto alla nomina di un iudex e l altro diretto alla nomina di un arbiter; e tuttavia non è da sottovalutare che per l istanza relativa alla nomina di quest ultimo Gaio non usa il verbo postulare bensì petere: per approfondimenti, si rinvia a V. Carro, Et ius, cit., 63 s. 21 Così G. Scherillo, La legis actio, cit., Per approfondimenti, cfr. A. Watson, Les ordalies, le sacramentum et la lex Pinaria, in RIDA, XXI, 1974, 323 ss.; nonché V. Carro, Et ius, cit., 67 s. e nt. 51.

20 258 FRANCESCO FASOLINO 3. Il processo formulare e la definizione ulpianea di postulare. Gaetano Scherillo, nel suo celebre saggio sulle origini della procedura formulare 23, ha sostenuto che proprio da una particolare applicazione dell actio per iudicis postulationem sarebbe sorto il processo formulare e che, in particolare, attraverso l applicazione della sponsio preiudicialis, consistente, come è noto, nella promessa prestata dal convenuto, su richiesta dell attore, dinanzi al magistrato e avente ad oggetto l obbligo di pagare una somma di denaro nell ipotesi che la pretesa dell attore risultasse fondata all esito del giudizio. Di tal guisa, essendo stato dalle parti dedotto nella sponsio il rapporto giuridico controverso, attraverso una legis actio in rem per sponsionem diveniva possibile per il giudice farne oggetto della propria valutazione, e ciò a prescindere dalla originaria connotazione del rapporto medesimo quale rapporto a carattere obbligatorio oppure reale; l utilizzo della sponsio diveniva così strumentale alla risoluzione della lite, avendo il iudex il compito di decidere se ricorressero o meno i presupposti per imporre al convenuto il pagamento della summa condemnationis. A tale specifico riguardo Gaio, in 4.93, dopo aver ricordato che era possibile agire in rem sia con la formula petitoria (quella cioè con la quale actor intendit rem suam esse) sia per sponsionem, nell illustrare quest ultima afferma che: Per sponsionem vero hoc modo agimus: provocamus adversarium tali sponsione: si homo quo de agitur ex iure Quiritium meus est, sestertium XXV nummorum dare spondes? Deinde formulam edimus, qua intendimus sponsionis summam nobis dare oportere; qua formula ita demum vincimus, si probaverimus rem nostram esse. Attraverso tale meccanismo, dunque, il giudice, pronunciandosi sull oportere ex sponsione, si pronunciava anche indirettamente sulla sussistenza del diritto reale controverso. Secondo lo Scherillo, pur non essendo espressamente menzionato da Gaio l agere per iudicis postulationem, l origine del processo formulare andrebbe collocata nel passaggio dall actio per sponsionem alla formula petitoria e proprio l actio per sponsionem rappresenterebbe 23 G. Scherillo, La legis actio, cit., passim.

21 POSTULARE IUDICEM 259 l anello di congiunzione tra la legis actio per iudicis postulationem ed il processo formulare. Quando, infatti, con l evolversi dei tempi, si rese necessaria la sostituzione del rigido e schematico sistema procedurale delle legis actiones con uno maggiormente flessibile ed adeguato, incentrato sull iniziativa del magistrato e sull intervento delle parti, queste ebbero la effettiva possibilità di sollecitare, attraverso la postulatio, la concessione da parte del magistrato di rimedi idonei a soddisfare le loro esigenze sostanziali e processuali 24. Fu così, pertanto, che nell ambito del processo pretorio, la postulatio giunse ad avere un ruolo maggiormente pregnante, assurgendo ad elemento distintivo e caratterizzante della stessa domanda giudiziale, approdo concettuale quest ultimo che è chiaramente evincibile nella definizione ulpianea di postulare contenuta in un noto passo, riferito appunto al processo pretorio: Ulp. 6 ad ed. D : Postulare est desiderium suum vel amici sui in iure apud eum, qui iurisdictioni praeest, exponere vel alterius desiderio contradicere. Anche altrove, sempre Ulpiano afferma che la postulatio è condizione per l instaurazione del giudizio: Ulp. 1 ad ed. D : Hoc autem iudicium certam condicionem habet, si postulatum est: ceterum qui non postulavit, experiri non potest. Postulare autem proprie hoc dicimus pro tribunali petere, non alibi. Come è noto, nella fase in iure del processo formulare veniva a delinearsi, sulla scorta del confronto tra la pretesa dell attore e la difesa del convenuto, il cd. iudicium, atto con il quale il pretore, mettendo sinteticamente in correlazione le dichiarazioni dei litigatores, delineava lo 24 Tale ipotesi ricostruttiva sarebbe confermata indirettamente anche dalla collocazione nei Digesta giustinianei del titolo de postulando (Ulp. 6, Paul. 5) successivamente al titolo de edendo (Ulp. 4, Paul. 3) e de in ius vocando (Ulp. 5, Paul. 4); i compilatori, in altri termini avrebbero seguito un criterio cronologico per rimarcare l origine pretoria della postulatio quale atto rivolto all autorità: al riguardo, cfr. M. Lemosse, Postulare dans la procedure romaine classique, in Études Romanistiques, XXVI, 1990, 19 ss. Nel senso predetto, da ultima, anche V. Carro, Et ius, cit., 178.

22 260 FRANCESCO FASOLINO schema che il iudex avrebbe dovuto seguire per giungere alla decisione della controversia. Con la litis contestatio, infine, previa intesa tra il magistrato e le parti circa la persona del iudex e i termini del iudicium, venivano fissati definitivamente nella formula i punti fondamentali della lite: così il magistrato procedeva alla datio iudicii e, a seguire, l attore ed il convenuto, rispettivamente, alla dictatio et acceptio iudicii. Il postulare di cui parla il giurista Ulpiano è, quindi, espressione complessivamente riferita all insieme delle attività che le parti svolgono dinanzi al magistrato: per quanto riguarda l attore, relativamente all esposizione della propria pretesa e del suo fondamento, oltre che all indicazione dell actio che egli intendeva esperire e della relativa formula, laddove esistente (editio actionis); per quanto concerne il convenuto, relativamente all attività da lui svolta, riconoscendo o, più di frequente, contestando la richiesta dell attore. Tale complesso di attività, in cui si estrinsecava per l appunto la postulatio, non poteva avere come soggetto di riferimento altri che il magistrato giusdicente al quale, appunto, le parti esponevano il proprio desiderium o, rispettivamente, lo contraddicevano. Soltanto, infatti, a condizione che l esposizione del desiderium avvenisse dinanzi al magistrato essa diveniva una vera e propria postulatio: postulare autem proprie hoc dicimus pro tribunali petere, non alibi. In tal senso, quindi, nel processo formulare vi è una rigorosa corrispondenza tra il desiderium exponere di Ulpiano e il desiderium concludere di Gaio o, detto in altri termini, tra il desiderium suum exponere in cui si sostanzia ormai la postulatio ulpianea ed il contenuto di quella parte della formula denominata intentio che, secondo Gaio, era ea pars formulae, qua actor desiderium suum concludit. Con il processo formulare, nella fase in iure la domanda dell attore era rivolta al convenuto ma, al contempo, e soprattutto, anche al magistrato che presiedeva allo svolgimento di essa; orbene, è proprio a questa seconda domanda che si attaglia, in particolare, la definizione di postulatio: mentre, infatti, al convenuto veniva richiesto, in buona sostanza, di riconoscere il rapporto giuridico sostanziale, era all organo giurisdizionale che si faceva una vera e propria istanza volta ad accertare l esistenza e la portata di tale rapporto, e a comminare di conseguenza la condemnatio, consistente nell obbligo di pagare una somma di denaro, per un valore equivalente (o in talune ipotesi, un multiplo) della res controversa. Alla verifica del buon diritto dell attore ed

23 POSTULARE IUDICEM 261 alla conseguente applicazione della condemnatio nei confronti del convenuto avrebbe provveduto il iudex, appositamente individuato dal magistrato. Nell agere per formulas, editio e postulatio erano pertanto due attività distinte dell attore: l una rivolta al convenuto, l altra al magistrato; ovviamente tale distinzione concettuale, teoricamente rigorosa, era nella pratica difficilmente individuabile, considerata la contestualità e l informalità della discussione tra le parti ed il magistrato che caratterizzava la fase in iure del processo. Con la postulatio l attore sollecitava al magistrato l adozione di un atto procedimentale con il quale, al contempo, venissero definitivamente fissate nella formula le posizioni delle parti processuali, concretizzandone le relative pretese. Essa, dunque, era diretta all emanazione di una serie di provvedimenti magistratuali aventi natura meramente preparatoria della risoluzione della controversia, essendo il giudizio nel merito attività riservata al iudex. Le fonti ci riportano diversi esempi, fra cui la postulatio actionis, vale a dire la concessione dell azione (Ulp. 6 ad ed. D ), l approvazione della formula proposta dall attore, la nomina del giudicante e la sollecitazione a questo a decidere la controversia sulla base della formula (Lex agr. 33,35: FIRA I, n. 8; Lex Rubria de Gall. Cisalp , , 23: FIRA I, n. 19). Ma oggetto della postulatio poteva essere anche la prestazione di una cautio (Ulp. 1 ad ed. D ), la concessione della bonorum possessio, l autorizzazione ad immettersi nel possesso dei beni dell avversario (missio in possessionem) e la restitutio in integrum. Anche il convenuto poteva a sua volta postulare, richiedendo ad esempio al magistrato l inserimento nella formula di una clausola utile alla sua difesa: si parlava allora di postulare exceptionem (Cic. inv ; ; de orat ; Tull ). Tuttavia il verbo postulare era usato anche per indicare in generale l attività del convenuto dinanzi al magistrato (Ulpiano dice, infatti, che postulare è vel alterius desiderio contradicere): nella discussione che seguiva alla editio giudiziale il convenuto poteva, infatti, liberamente indicare i fatti ed i motivi per i quali egli riteneva che l azione andasse denegata 25 (ad 25 Sulla base di Ulp. 6 ad ed. D pr. dove si parla di permittere ovvero di prohibere postulare, sembrerebbe doversi ricavare che la denegatio actionis si concretizzasse in un semplice atteggiamento omissivo di renitenza del magistrato anziché in de-

24 262 FRANCESCO FASOLINO esempio, perché improcedibile in quanto difettava la iurisdictio del magistrato adito, ovvero se le parti erano incapaci o inabili a postulare, oppure perché palesemente infondata) o respinta dal iudex (in tal caso era onere del convenuto postulare l inserzione nella formula delle pertinenti eccezioni, pena l impossibilità di farle valere nella fase apud iudicem. Se allora la postulatio viene a coincidere con l attività che le parti svolgono dinanzi al tribunale del magistrato, si comprende perché in D Ulpiano, subito dopo aver definito in cosa consistesse il postulare, passasse in rassegna i soggetti variamente limitati a compiere tale atto processuale, individuandoli nei minori di 17 anni, nelle debiles personae (sordi e ciechi), nelle donne e negli infames. Più precisamente, vengono indicate tre categorie di limitazioni: quelle di coloro cui è interdetto completamente la postulatio (i minori di 17 anni ed i sordi); quelle di coloro che possono postulare solo per se (i ciechi, le donne, coloro che avevano compiuto atti di libidine contro natura, ovvero erano stati condannati per delitto capitale, ovvero avessero combattuto per lucro contro animali feroci) e, infine, quelle di coloro che possono postulare solo pro se e per alcune determinate categorie di altri soggetti (gli infami). Non si trattava, va precisato, di un divieto dal quale scaturisse la incapacità di essere parte né tantomeno quella di compiere atti processuali quali la litis contestatio e pertanto l incapace non era tenuto a farsi sostituire da un cognitor ovvero da un curator ma, soltanto, era tenuto a servirsi di un altro soggetto (l advocatus) per poter rivolgere la postulatio al magistrato: l advocatus, dunque, non è un rappresentante delle parti come erano il procurator ed il cognitor, bensì un mero sostituto del soggetto inabilitato a postulare; del resto, le ragioni di tali limitazioni erano, infatti, connesse esclusivamente alla necessità di preservare e rispettare il decoro della funzione giurisdizionale del magistrato (suaque dignitatis tuendae et decoris sui causa, ne sine delectu passim apud se postuletur, come è detto espressamente in Ulp. 6 ad ed. D pr. Trattandosi di norme di ordine pubblico, ben si comcreti determinati: sul punto specifico si rinvia a V. Carro, Et ius, cit., 79 e ss. Più ampiamente sulla denegatio actionis: H. Ankum, Denegatio actionis, in ZSS, 102, 1985, 453 ss.; M. Lemosse, Editio actionis et procedure formulaire, in Labeo, 21, 1975, 45 ss.; A. Metro, La denegatio actionis, Milano, 1973; Id., ʽDenegare actionem, denegare persecutionem fideicommissi, in BIDR, 75, 1972, 133 ss.

25 POSTULARE IUDICEM 263 prende perché nelle fonti si dica espressamente che esse non sono superabili dall eventuale consenso della controparte a che il soggetto limitato effettuasse la postulatio: così Gai. 3 ad ed. prov. D Dunque, la limitazione della capacità di postulare pro se o pro aliis in considerazione di ragioni attinenti l età, il sesso, le condizioni fisiche, ma anche la buona reputazione, l onore personale, l onestà, la moralità fanno intendere che alla postulatio venne attribuita una chiara funzione filtrante 26 ; ciò appare particolarmente evidente in ambito criminale dove la postulatio si configura come una vera e propria autorizzazione ad accusare richiesta al magistrato da parte dell accusatore: in Tab. 8.20, in materia di accusatio suspecti tutoris, ad esempio, il magistrato verificava che non vi fossero incompatibilità e che sussistessero i requisiti di legge, tra cui in primis l onorabilità dell accusatore Il processo extra ordinem : il trasfondersi della postulatio nell actio. Nella cognitio extra ordinem l accentuazione del carattere pubblicistico della procedura, connaturale all attività di tipo inquisitorio svolta dal pubblico funzionario, comportò di conseguenza che la postulatio venne a coincidere con tutte le domande indirizzate al magistrato per ottenere un provvedimento giudiziario. In questo sistema, quindi, la postulatio divenne genericamente l atto con il quale si indirizzava la richiesta all autorità, la domanda giudiziale volta a chiedere un provvedimento del giudice al fine di ottenere la tutela giuridica predisposta dall ordinamento: in altri termini, postulare diventa un sinonimo di agere. Nella procedura della cd. litis denuntiatio dapprima (IV sec. d.c.), e in quella per libellum poi (metà del V sec. d.c.) 28, anche grazie alla trasformazione indotta dai 26 Sul punto, per tutti, approfonditamente, V. Carro, Et ius, cit., 82 ss. 27 Si vedano anche, in particolare, Plin. epist e ; Tac. Ann ; Cic. fam Per approfondimenti, sull uso del verbo postulare e dell espressione postulatio nell ambito del processo criminale e sulle limitazioni a promuovere l accusa si rinvia a V. Carro, Et ius, cit., 90 ss. 28 Per approfondimenti sulle due tipologie di citazioni in giudizio si rinvia a V. Carro, Et ius, cit., 159 ss. e ampia letteratura ivi citata.

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