2. Modelli diffusionali

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1 pag Modelli diffusionali 2.1. Definizioni Nello studio dell inquinamento atmosferico devono essere tenute in considerazione sia la scala temporale che quella spaziale ai fini della valutazione dell entità delle modificazioni e degli effetti provocati da emissioni in atmosfera di inquinanti, in termini di alterazione della qualità dell aria (impatto atmosferico). In generale, possono essere distinte le seguenti scale spaziali: microscala (aree interessate da condizioni di tipo micrometeorologico con distanze massime delle centinaia di metri: canopy urbana, street canyon etc.) scala urbana o locale (distanze dell ordine dei 10km, con interessamento dello strato limite superficiale, SBL) mesoscala o scala regionale (distanze massime entro i , fenomeni che interessano l intero strato limite atmosferico, PBL km) scala sinottica o planetaria (distanze come ordine di grandezza superiori ai 1000 km, con interesse dell intera troposfera ) Per quanto riguarda la scala temporale di riferimento, questa può variare anche di molto, in funzione del tipo di inquinante considerato. Ogni inquinante è infatti caratterizzato da un tempo di vita media, che rappresenta l intervallo di tempo durante il quale esso permane in atmosfera prima di essere rimosso per effetto di trasformazioni fisiche, chimiche, fotochimiche o ancora biologiche. Questo tempo, a seconda dell inquinante specifico, può variare da pochi secondi per le specie più reattive quali i radicali ad alcuni anni per specie più stabili. Altri fenomeni di inquinamento, possono a loro volta influenzare, indirettamente, i fenomeni di concentrazione di inquinanti in atmosfera. Ad esempio se si considera l effetto serra, che si manifesta con un innalzamento della temperatura terrestre a causa della presenza di anidride carbonica (CO 2 ), metano (CH 4 ), protossido di azoto (N 2 O), clorofluorocarburi (CFC) e vapore d acqua, si deve tenere conto che questo condiziona anche i trasferimenti di energia del sistema terra e quindi di fatto influenza gli equilibri fisico-chimici atmosferici che determinano le condizioni di diffusione, rimozione e trasformazione degli inquinanti in atmosfera. L atmosfera viene in genere suddivisa in cinque regioni principali (troposfera, stratosfera, mesosfera, termosfera, esosfera) separate tra loro da regioni di transizione con caratteristiche intermedie e individuate sulla base dell andamento della temperatura con la quota (gradiente termico verticale, come riportato in Figura 2.1), il quale è il risultato di complessi fenomeni fluidodinamici, chimici e radiativi. La troposfera è la regione più vicina alla superficie terrestre, nella quale la temperatura decresce progressivamente fino a circa 50 C in corrispondenza di una quota compresa tra i 6 e i 12 km, al variare della latitudine. In tale regione, la diminuzione media di temperatura con la quota è pari a circa 6,5 C/km.

2 Capitolo 2 Modelli diffusionali pag. 19 Figura Gradiente termico verticale in atmosfera La porzione della troposfera più vicina alla superficie terrestre è detta strato limite atmosferico o planetary boundary layer (PBL); in tale zona l atmosfera risente, in modo non trascurabile, delle variazioni di temperatura provocate dal ciclo di irraggiamento diurno, oltre che dalla viscosità di masse d aria in movimento (dovute all avvezione) e dalla rugosità della superficie terrestre. Questa sezione di atmosfera è caratterizzata dai fenomeni di tipo turbolento che sono alla base della diffusione (o dispersione) delle specie inquinanti emessi da attività sia naturali che antropiche. La troposfera è limitata superiormente da una regione di transizione chiamata tropopausa. Al di sopra di tale regione di transizione, ovvero nella stratosfera, si osserva un inversione del gradiente di temperatura, il quale raggiunge un massimo (intorno a 0 C) in corrispondenza della ozonosfera. La ozonosfera è caratterizzata da reazioni cicliche di formazione e distruzione dell ozono per riduzione e successiva ossidazione dell ossigeno molecolare. L'utilizzo di modelli matematici per lo studio dei fenomeni di diffusione di inquinanti in atmosfera si presenta oggi come una tecnica analitica e previsionale in continua evoluzione, al passo con il progredire della ricerca scientifica nel settore e con il miglioramento degli strumenti di calcolo e della conoscenza dei fenomeni fisici, chimici e biologici. L'approccio modellistico consente entro margini di affidabilità sempre più ampi, in relazione al particolare tipo di applicazione, la previsione dell'impatto atmosferico di nuove sorgenti, la redazione di documenti di V.I.A. "ante operam", la valutazione delle ricadute di inquinanti al

3 Capitolo 2 Modelli diffusionali pag. 20 suolo per un dato sistema di emissioni o ancora l'utilizzo per la quantificazione della qualità dell'aria. Nell'ambito della valutazione della qualità dell'aria ambiente, in conformità con la direttiva quadro europea 96/92 e con il D.Lgs. n.351/99, che la recepisce, la scelta dei modelli di dispersione degli inquinanti risulta una problematica di primaria importanza. In particolare nella normativa citata viene evidenziata la possibilità di utilizzo di modelli di qualità dell'aria per la valutazione in aree territoriali per le quali non sia economicamente e/o tecnicamente congruente l'utilizzo di sistemi di monitoraggio in campo (stazioni di misura fisse o mobili di qualità dell'aria). Lo studio della dinamica dei fenomeni diffusivi dell atmosfera mediante modelli matematici si propone come approccio risolutivo rispetto alle misure in campo ma necessita delle adeguate procedure di parametrizzazione dei diversi fenomeni fisici atmosferici, tipici delle diverse tipologie di sorgenti emissive e delle diverse condizioni meteorologiche oltre che dei fenomeni chimici e fotochimici. La parametrizzazione di tutte le diverse componenti del problema può essere effettuata sulla base di misure in campo reale o anche con lo studio di modelli in scala ridotta applicati in laboratori fluidodinamici adeguati quali gallerie del vento, gallerie idrauliche, tavole idrauliche rotanti etc.. I modelli matematici di dispersione presentano quindi comunque un aspetto di primaria importanza legato al margine di incertezza dei risultati, in parte attribuibili alle parametrizzazioni di origine sperimentali considerate (affette dalla specificità del modello sperimentale scelto) ed in parte dovuta anche alle necessarie semplificazioni del problema fisico dovute alla rappresentazione di scenari spesso complessi. La determinazione della validità dei risultati, in subordine alla definizione delle condizioni di applicabilità del modello matematico, costituisce un punto fondamentale nella messa a punto di un protocollo di impiego di modelli diffusionali atmosferici, che se trascurata o sottovalutata può portare a pesanti errori di valutazione. Ai fini di un corretta esecuzione di uno studio di modellistica diffusionale atmosferica si individuano quindi le seguenti fasi di lavoro: individuazione del caso di analisi e caratterizzazione di massima dei parametri fisici specifici; individuazione del o dei modelli di calcolo più idonei, sulla base di uno screening preesistente; messa a punto del modello o taratura (correzione delle parametrizzazioni variabili o comunque flessibili all'utente); esame dei risultati e verifica di eventuali incongruenze procedurali; verifica e validazione dei dati ottenuti sulla base di indagini in campo o in scala ridotta o per confronto con altri modelli precedentemente tarati e validati e presi a riferimento come campione di confronto.

4 Capitolo 2 Modelli diffusionali pag Parametrizzazione delle condizioni atmosferiche Ai fini della comprensione dei fenomeni di inquinamento dell atmosfera è necessario tener conto sia dei fenomeni chimici e fotochimici che determinano la trasformazione di inquinanti primari, sia dei fenomeni fisici che determinano la rimozione degli inquinanti sia dei primari che dei secondari. La caratterizzazione dei fenomeni fisici si rende necessaria non solo per la caratterizzazione della rimozione di specie inquinanti, ma anche per la definizione e la riproduzione delle condizioni di trasporto e diffusione delle specie presenti in atmosfera. La valutazione della qualità dell aria o piú in generale, la valutazione delle ricadute al suolo di inquinanti presenti in atmosfera, con effetti sugli ecosistemi, necessita quindi di una adeguata caratterizzazione dei parametri fisici che determinano lo stato del PBL. Per meglio comprendere l importanza dei fenomeni diffusionali basta considerare a titolo di esempio come gli effetti ambientali dovuti alle emissioni antropiche di ossidi di azoto, NO X, (specialmente nelle aree urbane ad alta densità di attività umane) rendono trascurabili gli effetti dovuti alle emissioni di origine naturale, pur essendo queste superiori di un ordine di grandezza a livello planetario. Infatti le emissioni antropiche concentrate in aree ristrette rendono gli effetti di dispersione per diffusione atmosferica non sufficienti a garantire condizioni di qualità dell aria adeguate, che si riescono ad avere a fronte di grandi emissioni di origine naturale. Lo strato limite atmosferico o PBL, è rappresentabile, al fine di semplificarne la comprensione, come la porzione di atmosfera dove ha luogo il ciclo di generazione, decadimento, trasformazione, diffusione e rimozione della gran parte delle specie inquinanti ed è caratterizzato da: scambi di momenti verticali (effetto della viscosità dell'aria); scambi di energia termica; effetti di miscelamento di masse d'aria. Lo spessore del PBL, definito anche friction-layer, è variabile con il tempo: durante il giorno raggiunge lo spessore maggiore (ordine del km) mentre durante la notte può assumere uno spessore anche molto esiguo (decine o centinaia di metri). La turbolenza che caratterizza lo strato limite atmosferico ha due origini:ù turbolenza dovuta alla movimentazione di masse d aria viscose su di una superficie rugosa (turbolenza meccanica); turbolenza dovuta agli effetti di riscaldamento/raffreddamento del suolo causati dai regimi diurni di irraggiamento solare e notturni di riammissione radiativa, che modificano gli equilibri termodinamici dell atmosfera (turbolenza convettiva). La determinazione della caratteristica turbolenta dello strato limite atmosferico è quindi funzione del variare di tutta una serie di parametri quali: rugosità del suolo, dipendente dall uso del suolo; grado di irraggiamento e proprietà del suolo (albedo, umidità, materiali); umidità relativa dell atmosfera; velocità del vento. Al variare di questi parametri è possibile verificare il modificarsi, sostanziale, di un parametro caratteristico che in fisica dell atmosfera è utilizzato come indicatore della turbolenza atmosferica, il gradiente termico atmosferico verticale. Lo strato limite atmosferico è distinto ulteriormente in tre sezioni:

5 Capitolo 2 Modelli diffusionali pag strato rugoso (esteso alla rugosità rappresentativa del suolo); 2. strato limite superficiale (SBL); 3. strato di Ekman. Lo strato rugoso corrisponde alla porzione di PBL dove sono assenti gli effetti di avvezione o trasporto e sono predominanti gli effetti di meteorologia locale, a causa della presenza di elementi fisici naturali o antropici che determinano la rugosità della superficie. Lo strato limite superficiale corrisponde ai primi strati del PBL e generalmente viene fatto corrispondere a circa il 10% del PBL stesso. Tale strato è caratterizzato da variazioni trascurabili dei flussi verticali, quindi sono considerati costanti il momento dovuto alla viscosità dell aria (tensione superficiale di attrito τ), il flusso di energia termica H e l umidità. All interno dello strato limite superficiale avvengono tutti i fenomeni di diffusione di sorgenti che hanno effetti su scala locale e mesoscala. Con il termine di gradiente termico verticale si definisce la variazione di temperatura dell atmosfera con la quota. Lo stato di equilibrio all interno del PBL (in assenza di avvezione) è raggiunto in condizioni di stratificazione termica al suolo, caratterizzata da temperature alla superficie inferiori alla quota e quindi gradiente termico verticale positivo: dt dz > 0 Tale condizione è tipica dei regimi notturni di emissione da parte del suolo dell energia accumulata durante il periodo di irraggiamento diurno. Al contrario durante i regimi diurni di irraggiamento solare, la temperatura del suolo è fortemente maggiore della temperatura atmosferica, creandosi quindi un gradiente termico verticale negativo: dt dz < 0 Corrispondente a condizioni convettive di masse d aria calde (poco dense e quindi galleggianti) che si spingono verso una condizione di equilibrio termodinamico salendo di quota generando quindi condizioni di turbolenza. Le variazioni locali di densità dell aria risultano infatti responsabili dei moti verticali delle masse d aria nell atmosfera. Tale turbolenza è tanto maggiore quanto maggiore è l entità dell irraggiamento e quindi il gradiente termico che si viene a creare e che influenza la forza di galleggiamento delle masse d aria prossime alla superficie. Per meglio comprendere la dipendenza dei fenomeni diffusivi di masse d aria inquinate all interno dell atmosfera, dal gradiente termico verticale è necessario introdurre un parametro chiamato gradiente termico adiabatico secco, Γ. Tale parametro indica la variazione di temperatura che si ha per una massa d aria secca (priva di umidità) che muova di moto verticale in assenza di scambi di massa e di calore (trasformazione stazionaria e adiabatica). Consideriamo allora un volume elementare di aria secca avente una temperatura superiore (e dunque densità inferiore) a quella dell aria circostante. Tale volume d aria sarà soggetto a una forza di galleggiamento che tende a muoverlo verso l alto, contrariamente al caso in cui questo abbia una temperatura inferiore a quella dell aria circostante, per cui esso tenderà a spostarsi verso il basso. Si assuma un asse z verticale orientato verso l alto e si considerino le azioni agenti sul volume elementare in un regime gravitazionale di cui sopra:

6 Capitolo 2 Modelli diffusionali pag. 23 da cui: p Ω ( p+ dp) Ω ρ g Ω dz= 0 dp= ρ g dz Si consideri quindi una trasformazione adiabatica per il volume unitario di aria considerato: k p v =cost il regime adiabatico rappresenta una condizione veritiero dato il valore molto basso della conduttività termica (K as = 5, kcal/(m C s)). Essendo: c k = c p v Nel caso di gas biatomici si ha c p = 7. R/2 e c v = 5. R/2, e dunque k = 1,4. Considerando la prima legge della termodinamica: δq e = du - δl = du + pdv Essendo l entalpia (funzione di stato) definita come: segue che : h = U + pv dh = du + p dv + v dp é possibile allora scrivere il primo principio (per sistemi aperti): δq e = dh - v dp considerando l espressione dell entalpia e che la trasformazione è adiabatica: δ Q e = c p d T - v d p = c p d p d T - ρ da cui: δq e = 0 cp dt = -g dz ovvero considerando sempre i gas biatomici: (dt/dz) = Γ = -g/cp Γ= g(k-1)/kr = -0,0098 C/m Questo equivale a dire che un volume d aria che si muove in direzione verticale, in assenza di scambi di massa e di calore con l aria circostante, riduce (in caso di aumento di quota) o aumenta (in caso di perdita di quota) circa 1 C ogni 100 metri.

7 Capitolo 2 Modelli diffusionali pag Definizione della stabilità atmosferica Lo studio del gradiente termico verticale nella troposfera consente di studiare le condizioni di stabilità o instabilità atmosferica. Ζ + z z Z + z z (T a ) 1 T a (T p ) 1 T p (T a ) 1 T a (T p ) 1 T p a) b) Z + z z T a (T p ) 1 (T a ) 1 T p c) Figura Gradienti di temperatura adiabatico, subadiabatico e superadiabatico Allo scopo, si faccia riferimento alla Figura 2.2 a), b), c), nella quale sono riportati gli andamenti del gradiente termico atmosferico di tipo adiabatico, subadiabatico (nel caso in cui il gradiente termico risulti inferiore a quello adiabatico) e superadiabatico (nel caso in cui il gradiente termico risulti superiore a quello adiabatico).

8 Capitolo 2 Modelli diffusionali pag. 25 Il volume d aria si trova in una condizione di atmosfera instabile nel primo caso (a)), neutra nel secondo caso (b)) e stabile nel terzo caso (c)). Si immagini di seguire l evoluzione di un volume elementare di aria che inizialmente si trovi in A e venga perturbato rispetto a tale posizione iniziale. Ipotizzando che lo spostamento imposto al volume elementare di aria sia sufficiente rapido, si può assumere che esso subisca una trasformazione di tipo adiabatico. Di conseguenza, supponendo che l aria atmosferica circostante il volume elementare sia caratterizzata da un gradiente di temperatura di tipo adiabatico, questo si troverà ad una temperatura T 0 + T a seguito di una perturbazione verso il basso e ad una temperatura T 0 - T uguale a seguito di una perturbazione verso l alto ( Figura 2.2 b)); in ogni caso, la temperatura del volume elementare di aria (e dunque anche la sua densità) risulterà uguale a quella dell aria circostante. La situazione ora descritta in cui il gradiente termico verticale è di tipo adiabatico rappresenta dunque una situazione di stabilità termica neutra (atmosfera neutra). Si supponga ora che l aria circostante sia caratterizzata da un gradiente termico di tipo subadiabatico ( Figura 2.2 c)) e che il volume elementare di aria inizialmente nella posizione A subisca ancora uno spostamento verso l alto o verso il basso talmente rapido da poter considerare che l evoluzione associata sia sempre di tipo adiabatico. Nel caso in cui il volume elementare di aria si sposti verso l alto di una quantità z, esso si troverà ad una temperatura minore rispetto all aria circostante, per cui, essendo caratterizzato da una densità maggiore, tenderà a riportarsi nella posizione iniziale. Nel caso invece in cui il volume elementare di aria venga spostato verso il basso ancora di una quantità z, esso si troverà ad una temperatura maggiore (e dunque a una densità minore) rispetto all aria circostante, per cui tenderà, anche in questo caso, a riportarsi nella posizione originaria. Nel caso di gradiente termico subadiabatico, l atmosfera viene quindi considerata stabile. Se l aria circostante ha un gradiente termico verticale di tipo superadiabatico ( Figura 2.2 a)), il volume elementare di aria che si muove verso l alto o verso il basso seguendo una trasformazione adiabatica si troverà rispettivamente ad una temperatura maggiore o minore rispetto a quella dell aria circostante e tenderà in entrambi i casi ad allontanarsi dalla posizione originaria. In tale situazione, qualsiasi perturbazione, seppur piccola, provoca il movimento verticale delle masse d aria. In tal caso, l atmosfera è detta instabile. Le diverse condizioni di stabilità atmosferica vengono solitamente rappresentate mediante una classificazione semplificata. La piú utilizzata è quella di Pasquill-Gifford che suddivide le diverse condizioni di turbolenza atmosferica in 6 diverse classi di stabilità: tre classi di instabilitá (A, B, C), una classe neutra (D) e due classi di stabilità (E, F).

9 Capitolo 2 Modelli diffusionali pag Definizione del profilo di vento troposferico Un altro parametro caratteristico dell atmosfera determinante per la caratterizzazione della turbolenza atmosferica è la velocità del vento o parametro di avvezione o di trasporto. In particolare per la caratterizzazione della turbolenza atmosferica è necessaria la determinazione del profilo verticale del vento, al fine di caratterizzare le condizioni di trasporto e diffusione degli inquinanti. Di seguito viene riportata una caratterizzazione del profilo verticale del vento in stato di atmosfera neutra. Riferendosi allo strato limite superficiale "surface boundary layer" (SBL), questo è caratterizzato dal fatto che sono trascurabili le variazioni di flussi verticali, quindi dalla costanza del flusso di momento (parametro tensione τ, caratteristico della viscosità del mezzo), del flusso di energia termica e del flusso di umidità. Sia la velocità del vento un generico vettore: r v =, ( u, v w) Avendo definito costante la tensione di Reynolds τ, varrà: r r v τ = K m ρ z essendo con K m il coefficiente di viscosità vorticoso (dipendente dalla quota) definito: K m = K a u * z dove con Ka si indica la costante di Von Karman (tipicamente posta uguale a 0,4) e con u* si indica la velocità di attrito (friction velocity) pari a: * u = τ ρ Ponendoci in condizioni semplificative, senza alterare il senso fisico del problema, per cui, la velocità del vento sia monodimensionale (u, 0, 0) e sia uniforme l andamento, ovvero costante il termine di rugosità, è possibile esprimere la tensione di Reynolds in forma di scalare: u τ = K m ρ z essendo u la sola componente del vettore velocità non nulla, per cui è possibile anche scrivere: * u u = z K z Consideriamo anche condizioni di gradiente di temperatura reale quasi adiabatico secco, ovvero condizioni atmosferiche neutre. Si definisce adesso la rugosità del suolo z 0 come l altezza alla quale la velocità del vento (o parametro di avvezione) è nullo, ovvero: a

10 Capitolo 2 Modelli diffusionali pag. 27 u(z 0 ) = 0 essendo u* e K a due costanti all'interno del surface boundary layer (SBL) si può integrare la (5.6) lungo z tra z 0 ed un'altezza z generica ed interna a tale strato (SBL) ottenendo così quello che viene anche definito come profilo logaritmico del vento: u = u K * a z ln z 0 Generalmente all espressione logaritmica del profilo di vento, si preferisce un profilo di vento di tipo esponenziale ricavato da parametrizzazioni rispetto alle diverse condizioni di instabilità atmosferica e di rugosità superficiale. L espressione scelta quindi è del tipo: u u 1 = con p costante lungo z, ma funzione della rugosità (z 0 ) e della stabilità atmosferica (dt/dz). A titolo di esempio si riporta una parametrizzazione comunemente utilizzata per la rappresentazione di profili di vento atmosferico (tabella 2.1). instabile neutra stabile Z 0 [m] A B C D E F Tabella Stima del parametro p per varie condizioni di stabilità atmosferica e di rugosità del suolo z z 1 p

11 Capitolo 2 Modelli diffusionali pag Tipologie di modelli diffusionali Lo studio del trasporto degli inquinanti atmosferici riveste un ruolo centrale per la individuazione delle aree (sistemi recettori) nelle quali essi possono esplicare i loro effetti negativi. In tal senso, la valutazione della qualità dell aria piú in generale delle ricadute al suolo di inquinanti si articola in diverse fasi (a seconda del tipo di modello) che possono essere riassunte complessivamente come segue: individuazione delle sorgenti di emissione, dei principali inquinanti e loro caratterizzazione; stima delle concentrazioni di inquinanti già presenti (background); valutazione delle condizioni meteorologiche tipiche dell area di diffusione nell area di interesse; caratterizzazione delle condizioni orografiche dell area di diffusione nell area di interesse; messa a punto del modello di trasporto e diffusione degli inquinanti; individuazione dei recettori finali (aree di ricaduta al suolo dell inquinante) e quantificazione delle intensità delle ricadute. I modelli di rappresentazione dei fenomeni di diffusione atmosferica si dividono in due diverse tipologie: modelli fisici: modelli tipici per la rappresentazione in scala (scala di laboratorio) di fenomeni di microscala o scala locale (ad esempio gallerie del vento o gallerie idrauliche) ma anche per caratterizzazione di fenomeni a scala regionale (tavole idrauliche rotanti, per lo studio dei fenomeni rotazionali, effetto di Coriolis); modelli matematici: algoritmi numerici o analitici rappresentativi dei fenomeni fisici, chimici e biologici che prendono parte alla diffusione e trasporto degli inquinanti in atmosfera e alla loro interazione con i sistemi (risoluzione di un set di equazioni). I modelli matematici numerici, permettono di ottenere soluzioni numeriche approssimate mediante metodologie di integrazioni numeriche. I modelli matematici analitici, permettono di ottenere soluzioni analitiche esatte o approssimate mediante l impiego di una serie di equazioni di tipo parametrico. I modelli matematici possono essere anche divisi in: modelli deterministici basati su descrizioni matematiche di tipo parametrico dei fenomeni fisici, chimici e biologici determinanti alla definizione delle relazioni causa effetto (emissioni da sorgenti - inquinamento); modelli statistici: basati su relazioni di tipo stocastico/statistico tra dati e misure di effetti disponibili I fenomeni che i modelli diffusionali devono prendere in considerazione e quindi rappresentare sono riassumibili nei seguenti: trasporto atmosferico; diffusione atmosferica turbolenta; reazioni atmosferiche chimiche e fotochimiche; effetti gravitazionali; deposizione al suolo e rimozione fisica e biologica. Una distinzione rispetto alle scale di trasporto e quindi alle scale spaziali di analisi necessita di una caratterizzazione preliminare in merito alle scale di riferimento spaziale di inquinamento: fenomeni di prossimità alle emissioni (<1 km dalla sorgente); ad esempio effetti dovuti a campi di trasporto di tipo tridimensionale per turbolenze aerodinamiche antropiche o naturali (effetto downwash);

12 Capitolo 2 Modelli diffusionali pag. 29 fenomeni di trasporto a breve raggio (<10 km dalla sorgente); ad esempio, effetti di massima ricaduta al suolo degli inquinanti primari da una sorgente elevata (camino); trasporti a medio raggio (tra i 10 km ed i 100 km); aree entro le quali le reazioni di carattere chimico diventano rilevanti e quindi devono essere prese in considerazione; effetti di trasporto a lungo raggio, regionale o transfrontaliero (>100 km); riferiti ad aree entro le quali i fenomeni di larga scala meteorologici quali deposizione e trasformazione anche biologica hanno luogo; effetti globali; fenomeni che hanno influenza sull intera atmosfera quali accumulazione di CO 2. Dal punto di vista metodologico lo studio della dispersione degli inquinanti in atmosfera può essere studiata secondo due diversi approcci modellistici di tipo deterministico: modello euleriano, nel quale si fa riferimento ad un sistema di assi cartesiani xyz fisso nel tempo mentre gli inquinanti si muovono secondo i parametri di diffusione e avvezione (sistema di riferimento assoluto); modello di tipo lagrangiano, nel quale il sistema di inquinanti (particelle o puff) sono caratterizzate mediante un sistema di riferimento cartesiano che si muove secondo i parametri di avvezione rispetto al quale sono caratterizzati i fenomeni diffusivi (sistema di riferimento relativo). Ai fini della chiarificazione dei concetti espressi anche nel proseguo del documento, si introduce una breve una lista di definizioni o di terminologia, basilari nel campo della modellistica diffusionale atmosferica. Modello diffusionale: codice di calcolo per la determinazione delle concentrazioni di inquinante nel quadro di un particolare scenario di emissioni. Modelli gaussiani: modelli che fanno riferimento allo schema gaussiano per la risoluzione dell'equazione della diffusione (Finzi & Brusasca 1991). Modelli a pennacchio: modelli semplici, che non considerano la segmentazione del pennacchio e richiedono limitate risorse di calcolo, adeguati per condizioni di stazionarietà delle emissioni. Modelli a puff: modelli che suddividono il pennacchio in emissioni di breve durata (puffs) e che consentono il trattamento di condizioni non omogenee nello spazio e nel tempo. Modelli lagrangiani a particelle: modelli che simulano la dispersione di un inquinate attraverso pseudo-particelle la cui dinamica nel dominio di calcolo è funzione del campo di vento locale. Modello raccomandato: codice di calcolo ritenuto particolarmente adeguato per una determinata applicazione da parte di una competente Commissione Scientifica. Sorgente: fonte di emissione di inquinanti, classificabile in puntuale, lineare, areale e volumetrica. Scala spaziale: dimensioni dell'area di studio dei fenomeni di diffusione di inquinanti, classificabile in "microscala" (locale), "mesoscala" (regionale), "macroscala" (nazionale e internazionale), "globale" (planetaria). Scala temporale: intervallo di riferimento per le simulazioni di calcolo, classificabile in semioraria, oraria, settimanale, mensile, annuale. Inquinanti primari: inquinanti emessi direttamente dalle sorgenti. Inquinanti secondari: inquinanti formatisi da inquinanti primari a seguito di reazioni chimiche e fotochimiche. Gas densi: gas con densità maggiore di quella dell'aria, per i quali l'attrazione gravitazionale può non essere trascurabile. Orografia complessa: orografia caratterizzata da quote del terreno superiori rispetto a quelle delle sorgenti. Fenomeni complessi: fenomeni di difficile trattazione teorica, quali la diffusione in presenza di orografia complessa e gli effetti fluidodinamici di "stack tip" e "building downwash", che

13 Capitolo 2 Modelli diffusionali pag. 30 determinano un abbassamento del pennacchio per la presenza degli ostacoli al flusso atmosferico costituiti rispettivamente dal camino e da edifici in prossimità delle sorgenti.

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