Ricerca di segnali di supersimmetria in eventi con un bosone Z, energia mancante e jets adronici con l esperimento CMS
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- Angelo Parente
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1 Università degli Studi di Firenze Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Fisica e Astrofisica Anno Accademico Ricerca di segnali di supersimmetria in eventi con un bosone Z, energia mancante e jets adronici con l esperimento CMS Search for signals of supersymmetry in events with a Z boson, missing energy and hadronic jets with the CMS experiment Relatore: Dott.ssa Elisabetta Gallo Correlatore: Dott. Vitaliano Ciulli Candidato: Filippo Bartolozzi 11 Dicembre 2012
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3 Indice Introduzione iv 1 La fisica al CERN Il CERN Il Large Hadron Collider (LHC) L esperimento Compact Muon Solenoid (CMS) Schema del rivelatore Il sistema di trigger Ricostruzione dei muoni a CMS Basi Teoriche Il Modello Standard La supersimmetria Nozioni Preliminari Sezione d urto Luminosità La fisica degli acceleratori Energia nel centro di massa Collisioni fra partoni Impulso trasverso e MET Rapidità e pseudorapidità Analisi dati Eventi analizzati Simulazione degli eventi e della risposta del rivelatore Processi considerati Segnale Fondo Problema nella ricostruzione della MET Ottimizzazione del rapporto segnale fondo Selezione sulla molteplicità dei jets adronici energetici Selezione sulla MET Selezione sulla variabile angolare φ ll ii
4 Selezione sulla massa invariante dei muoni Conclusioni Sommario A Cinematica relativistica 32 B Generatori Monte Carlo 33 iii
5 Introduzione Il Modello Standard delle particelle elementari è il frutto di anni di studi teorici e sperimentali, e riesce a spiegare una gran parte della fisica conosciuta. Le sue previsioni si sono rivelate in molti casi eccezionalmente accurate. Secondo questa teoria, la materia è composta in ultima analisi da 12 tipi di particelle, 6 leptoni e 6 quarks, che interagiscono fra loro attraverso 3 forze: la forza forte, la forze elettromagnetica e la forza debole. In particolare, l interazione avviene attraverso lo scambio di particelle, i bosoni di gauge, che agiscono da veri e propri mediatori dell interazione. Nonostante riesca a dare una spiegazione coerente per moltissimi fenomeni, non può esser vista come una teoria definitiva, in quanto contiene alcuni punti deboli che illustrerò in questo lavoro. Si rende dunque necessaria la teorizzazione di un nuovo modello capace di estendere il Modello Standard a tutti i fenomeni noti e spiegarne i punti oscuri. Negli anni varie teorie si sono avvicendate come tali ed una di queste è la Supersimmetria. Le teorie supersimmetriche prevedono l esistenza, per ogni particella conosciuta, di un partner supersimmetrico, che ne differisce per mezza unità di spin. La ricerca di segnali di supersimmetria è all ordine del giorno al Large Hadron Collider del CERN, in quanto alcuni modelli supersimmetrici, come SUSY LM4, suppongono che la massa di tali oggetti sia accessibile alle energie che si sviluppano nelle collisioni a LHC. In questo lavoro studio infatti un particolare processo di decadimento, predetto dal modello supersimmetrico SU SY LM 4, analizzando dati provenienti da collisioni protone-protone ad un energia nel centro di massa di 7 TeV raccolti all esperimento CMS nel Tramite opportuni tagli sulle variabili cinematiche, cerco di isolare il segnale cercato dal fondo costituito da processi del Modello Standard. Non trovando corrispondenza nei dati per il processo cercato, calcolo il confidence level al quale si può escludere il modello SUSY LM4. iv
6 Capitolo 1 La fisica al CERN 1.1 Il CERN Figura 1.1: Evento registrato a CMS, compatibile col decadimento di un bosone di Higgs in 2 bosoni Z. Il desiderio di lasciarsi alle spalle il terribile ricordo della Seconda Guerra Mondiale e di rimediare in qualche modo ai danni da essa causati portò alla nascita, nel 1954, del Centro Europeo per la Ricerca Nucleare, meglio noto come CERN, con sede a Ginevra. Sarebbe stata una collaborazione internazionale per la prima volta senza scopi militari, con unico fine il progresso scientifico e tecnologico dell umanità. Dapprima orientata all analisi dei fenomeni atomici e nucleari, ben presto la ricerca si orientò verso la fisica delle particelle, ramo che ancora rappresenta l obiettivo principale al CERN. Numerose sono le macchine ideate e costruite per lo studio della fisica delle alte energie, dal primo sincrociclotrone (SC) nel 1957, al primo collider per protoni (ISR) nel 1971, passando per il famoso Large Electron-Positron Collider (LEP) nel 1989, per arrivare al Large Hadron Collider (LHC), entrato in funzione nel 2008 e tuttora in presa dati. Di prim ordine sono anche le scoperte fatte al CERN, dalle correnti neutre, prima conferma della teoria elettrodebole, ai bosoni W e Z, che valsero il premio Nobel a Carlo Rubbia e Simon van der Meer nel 1984, alla prova della violazione diretta della parità CP (esperimenti NA31 e NA48), fino alla recente osservazione a LHC di un bosone con massa di circa 125 GeV, compatibile con il famoso bosone di Higgs (fig. 1.1, [1], [2]). 1
7 Figura 1.2: Schema dell impianto di accelerazione a LHC. 1.2 Il Large Hadron Collider (LHC) Il Large Hadron Collider, posto in un tunnel lungo circa 27 km sotto il confine fra Svizzera e Francia che già ospitò LEP, è l acceleratore di particelle più grande e potente del mondo. LHC al momento produce collisioni frontali fra fasci di particelle dello stesso tipo, protoni o ioni di piombo, ma in futuro sono programmate anche collisioni p-pb. L accelerazione delle particelle avviene a tappe successive (fig. 1.2). I protoni, ottenuti mediante stripping di elettroni da atomi di idrogeno contenuti in una bombola, vengono portati dal LINAC 2 ad un energia di 50 MeV ed iniettati nel Proton Synchrotron Booster (PSB), che li accelera fino a 1.4 GeV e li invia al Proton Synchrotron (PS); qui vengono ancora accelerati a 25 GeV ed entrano infine nel Super Proton Synchrotron (SPS), che li accelera fino a 450 GeV e li inietta in LHC. Dopo 20 minuti di ulteriore accelerazione tramite cavità a radiofrequenza, i protoni raggiungono una energia di 7 TeV (8 TeV nel 2012 e 14 TeV nel 2015), e sono pronti per collidere. Lo schema di accelerazione è lo stesso per gli ioni di piombo, che vengono ricavati riscaldando a 550 C un campione di piombo di purezza molto elevata; l energia finale raggiunta per nucleone è di 2.76 GeV. Le particelle scorrono in 2 linee di fascio parallele che si incrociano in 4 punti, presso i quali sono posti i rivelatori dei 4 esperimenti principali di LHC: CMS, ATLAS, LHCb e ALICE. I dati analizzati in questo lavoro sono stati raccolti dall esperimento CMS, che vado ad illustrare. 2
8 1.3 L esperimento Compact Muon Solenoid (CMS) Figura 1.3: Spaccato del rivelatore CMS. L esperimento CMS (fig. 1.3) si propone diversi obiettivi, dallo studio della fisica ad energie dell ordine del TeV, alla ricerca del bosone di Higgs e di evidenze di nuova fisica 1, allo studio delle collisioni fra ioni pesanti. La simmetria cilindrica del detector rispecchia il tentativo di ottenere il massimo di informazione da ogni collisione, rivelando quante più particelle possibile. Per realizzare questo obiettivo, il rivelatore è composto di varie parti, di struttura, dimensione e concezione diversa, ognuna destinata ad identificare e misurare un tipo specifico di particelle (fig. 1.4). 1 Con nuova fisica si indicano tutti quegli effetti non previsti dalle teorie già ritenute valide. 3
9 1.3.1 Schema del rivelatore Dall interno all esterno troviamo ([3]): Figura 1.4: Settore della sezione trasversa del Compact Muon Solenoid. Sono visibili tutte le parti che lo compongono, con le relative dimensioni. il tracciatore al silicio, che con una superficie sensibile di circa 200 m 2 è il più grande rivelatore al silicio mai costruito. Il tracciatore è disegnato per fornire un accurata ricostruzione delle traiettorie seguite dalle particelle cariche e per determinare la presenza di vertici secondari di interazione. Per ridurre la corrente di fuga 2 e i danni dovuti all altissimo flusso di particelle, il sistema è raffreddato ad una temperatura intorno ai C. La superficie cilindrica (barrel) del tracciatore presenta 13 strati concentrici di rivelatori. Nei 3 più interni troviamo detector a pixel, con una risoluzione spaziale di circa 20 µm, ed un ottima resistenza alla radiazione (ricordiamo che per ogni collisione abbiamo circa 00 tracce di particelle cariche con impulso trasverso maggiore di 1 GeV); i strati esterni sono invece equipaggiati con rivelatori a microstrip di silicio, con una risoluzione di circa 40 µm. Anche gli endcaps, cioè le basi della struttura cilindrica, seguono la stessa logica: per ogni base ci sono 2 dischi con detector a pixel e 12 con detector a microstrip. La progettazione e la costruzione del detector sono durate in totale circa 15 anni, e vi hanno partecipato 51 istituti, fra i quali l Università di Firenze; 2 La corrente di fuga, detta anche leakage current, è la corrente che scorre attraverso una zona isolante di un semiconduttore, dovuta ad effetto tunnel da parte di elettroni e lacune. 4
10 il calorimetro elettromagnetico (ECAL), che ha come scopo quello di misurare con precisione l energia di elettroni e fotoni. Tali particelle rilasciano infatti tutta la loro energia all interno dell ECAL: gli elettroni emettono una radiazione di frenamento (Bremsstrahlung) sotto forma di fotoni, e se questi ultimi sono abbastanza energetici possono dare vita a coppie elettrone-positrone, che a loro volta possono emettere radiazione. Il processo si ferma quando l energia delle particelle è sotto la soglia critica (alcuni MeV in questo caso), e lo sciame viene interamente assorbito nel calorimetro. Lo strumento in esame è composto di cristalli di tungstato di piombo (PbWO 4 ), il cui alto numero atomico Z fa sì che lo sciame elettromagnetico abbia dimensioni di pochi cm anche nel caso di elettroni o fotoni molto energetici. La vita media dei livelli eccitati per questo materiale è di circa 25 ns (paragonabile alla distanza temporale fra 2 collisioni susseguenti in LHC, la cui frequenza di collisione è di 40 MHz), ed è dunque capace di sopportare un alta frequenza di eventi senza confonderli fra loro. I cristalli del barrel sono accoppiati a fotodiodi a valanga per l amplificazione e trasmissione del segnale elettrico indotto dal passaggio di una particella. I fotodiodi hanno una superficie di 25 mm 2, ed un efficienza quantica del 75% a 430 nm, la stessa lunghezza d onda a cui si ha esattamente il massimo di trasmissione ottica da parte del PbWO 4. 3 I cristalli dei 2 endcaps sono invece accoppiati a fototriodi a vuoto (vacuum phototriodes), fotomoltiplicatori rivestiti di uno spesso strato di rame per permettere loro di funzionare senza interferenze anche in presenza di un campo magnetico di 4 Tesla; il calorimetro adronico (HCAL), che ha lo scopo di misurare l energia delle particelle adroniche prodotte durante le collisioni, e di identificare eventi in cui si ha assenza di impulso nel piano trasverso alla direzione di propagazione dei fasci nel sistema di riferimento del centro di massa. Se si sceglie, come è uso nella fisica delle particelle, un sistema di unità di misura in cui c= =1, impulso ed energia si trovano ad avere la stessa dimensione, e per questo l impulso trasverso mancante viene spesso chiamato missing transverse energy (MET) 4. Il calorimetro adronico è infatti costruito per essere quanto più possibile ermetico, cioè per coprire la massima quantità di angolo solido; la presenza di MET può in tal caso essere addebitata a particelle scarsamente interagenti con la materia (ad esempio neutrini), che sfuggono alla rivelazione 5. Gli adroni che passano per il calorimetro adronico perdono energia in modo simile agli elettroni nell ECAL, generando nuove particelle fino a che l energia di queste non è al di sotto di un valore critico, oltre il quale essa viene com- 3 In questa situazione, si dice che i fotodiodi matchano lo scintillatore. 4 Per il significato di MET, si veda il paragrafo La presenza di MET può essere causata anche da particelle che passano per le fessure fra i rivelatori, oppure a imperfezioni nella misurazione dell energia di quelle che vengono fermate. 5
11 pletamente assorbita e lo sciame si spegne. L HCAL è diviso in strati assorbitori di materiale non ferromagnetico (ottone, 70% Cu e 30% Zn), intervallati da mattonelle di scintillatore plastico accoppiato a fotomoltiplicatori ibridi, capaci di lavorare anche in presenza di un forte campo magnetico ([4]); il solenoide superconduttore, che assicura un campo magnetico omogeneo di circa 4 Tesla su tutto il volume del rivelatore, necessario per far curvare le particelle cariche, permettendo così di misurarne l impulso. Sappiamo infatti che una particella di massa m, carica q, impulso p e parametro di Lorents γ, se immersa in un campo magnetico di intensità B, è soggetta alla forza di Lorentz F = d p dt = q mγ ( p B) Nel caso in cui p B la particella descrive una traiettoria circolare, di raggio 6 R = p. qb Il campo magnetico si richiude in un giogo di ritorno in ferro, posto esternamente al solenoide. Nel magnete solenoidale scorrono circa 19 ka, ma essendo esso superconduttore, la resistenza equivalente del circuito è soltanto 0.1 mω. le camere per muoni (muon tracker), che hanno il compito di identificare i muoni e misurarne il momento. La decisione di introdurre un rivelatore specifico per muoni è dovuta all importanza, sia per la ricerca del bosone di Higgs, sia per la verifica di ulteriori teorie, di analizzare gli eventi in cui nello stato finale sono presenti tali particelle. Il tracciatore per muoni è formato da contatori proporzionali a gas: nel barrel e nei 2 endcaps troviamo rispettivamente camere a deriva (DT) e cathode strip chambers (CSC), schematizzate in fig. 1.5, per una superficie tracciante totale di m 2. Sia nel barrel che negli endcaps sono inoltre presenti delle resistive plate chambers (RPC). Le camere a deriva utilizzano come gas di riempimento una mistura di Argon e anidride carbonica nella proporzione 85% Ar - 15% CO 2, mentre le CSC usano una mistura di Ar(50%), CO 2 (40%) e CF 4 (%) Il sistema di trigger In LHC i fasci collidono 40 milioni di volte al secondo, e ad ogni scontro si generano circa 20 collisioni protone-protone. Questo rende ovviamente impossibile registrare 6 Per ottenere questa relazione basta imporre che l accelerazione centripeta della particella sia causata esclusivamente dalla forza di Lorentz. La relazione trovata vale anche per particelle ultrarelativistiche. 6
12 Figura 1.5: Schema delle camere a deriva e delle cathode strip chambers utilizzate nel tracciatore per muoni. Figura 1.6: Schema del sistema di trigger a CMS, a confronto con un trigger tradizionale articolato su 3 livelli. 7
13 i dati di tutti gli eventi; d altro canto, solo una piccola parte delle collisioni produce qualcosa di importante da analizzare. È dunque fondamentale introdurre un meccanismo di trigger, che permetta di selezionare e successivamente memorizzare soltanto la frazione di dati cui si è interessati. Il sistema di trigger di CMS è organizzato in 2 livelli ([3]): il Level 1 (L1) e l High Level Trigger (HLT), la cui azione combinata permette di arrivare ad un rate di scrittura dati di 300 Hz, circa 6 volte inferiore a quella di collisione dei fasci. Il trigger L1 (fig. 1.6) correla le informazioni provenienti dal Muon Trigger e dal Calorimeter Trigger, generatori primitivi di trigger dei singoli componenti del rivelatore, per procedere ad una prima selezione degli eventi. Se l energia rilasciata nei rivelatori e l impulso delle particelle sono superiori a certi valori, L1 mantiene il dato, inviandolo all HLT; la frequenza a questo livello è ancora di circa 0 khz. I dati di tutti i rivelatori vengono a questo punto trasferiti ad un sistema di acquisizione centrale, che tramite l Event Builder genera una prima ricostruzione dell evento, limitata alle parti necessarie per procedere ad una ulteriore selezione. La decisione finale sulla sorte dell evento spetta all Event Filter, che, dopo aver scelto i dati da conservare, li invia al sito di mass storage di CMS e successivamente al CERN Data Centre a Meyrin, dove vengono definitivamente immagazzinati. 1.4 Ricostruzione dei muoni a CMS La ricostruzione dei muoni prodotti da collisioni protone-protone a CMS avviene dapprima indipendentemente nel tracciatore interno e nelle camere per muoni. Dopodiché si possono seguire 2 metodi diversi per ricostruire i muoni ([5]). Il metodo outside-in parte dalle informazioni del tracciatore per muoni e cerca una traccia nel tracciatore interno che possa essere compatibile con quella di partenza. Il metodo inside-out agisce secondo la logica opposta: tutte le tracce nel tracciatore interno con p T > 0.5 GeV e p > 2.5 GeV sono ritenute possibili muoni. Prendendo poi in considerazione il campo magnetico, la perdita di energia prevista e la possibilità di scattering multiplo, si stima dove potrebbe essere passata la particella nelle camere per muoni. Se si trova, nelle CSC o nei DT, una qualche traccia vicina (cioè a circa 4 cm) a quella aspettata, la particella è effettivamente etichettata come muone. Il secondo metodo è più efficiente nel caso di particelle poco energetiche, in quanto basta una sola traccia nelle camere a muoni per l identificazione, mentre il primo richiede invece che la particella dia segnale in almeno 2 rivelatori diversi delle camere per muoni, e diventa efficiente soltanto per energie maggiori. 8
14 Capitolo 2 Basi Teoriche 2.1 Il Modello Standard Il Modello Standard (SM) ([6], [7]) è una teoria dei campi quantistica concepita nella seconda metà del secolo scorso e finalizzata a metà degli anni Settanta, dopo la scoperta dei quarks. La teoria si è accresciuta tramite gli sforzi di molti scienziati, grazie sia a nuovi risultati sperimentali, sia a nuovi contributi teorici. Fondamentalmente, lo SM descrive la materia come composta da 12 fermioni (fig. 2.1), 6 leptoni e 6 quarks, divisi in doppietti di massa crescente, detti generazioni. A questi si devono aggiungere 4 tipi di bosoni, detti bosoni di gauge, che hanno il ruolo di mediare le interazioni osservabili in natura. Per ognuna delle particelle dello SM esiste inoltre una antiparticella, con la stessa massa ma tutti i numeri quantici opposti. L insieme delle antiparticelle costituisce l antimateria. L importanza di questa teoria è dovuta Figura 2.1: Le particelle elementari nel Modello Standard. Sono riportati i valori delle masse (approssimativi per i quarks ed i neutrini), della carica e dello spin di ogni particella. ai notevoli successi nel campo della fisica delle particelle ed al suo alto potere predittivo. Lo SM riesce infatti a spiegare tre delle quattro interazioni esistenti: I l interazione forte, che lega i quarks fra loro rendendo possibile l esistenza di stati legati come il protone ed il neutrone. Ha come mediatori i gluoni, particel- 9
15 le a massa nulla ed elettricamente neutre, che però possiedono una carica detta di colore. Avendo massa nulla, l interazione ha raggio d azione infinito, ma l effetto residuo fra gli adroni, stati legati di quarks, è a corto raggio. Il fatto che le uniche particelle libere osservabili non abbiano carica di colore è noto come confinamento ed è una caratteristica propria della sola interazione forte; II l interazione elettromagnetica, che ha come mediatore il fotone, elettricamente neutro e con massa nulla; la forza ha dunque raggio d azione infinito; III l interazione debole, responsabile dei decadimenti radioattivi, i cui mediatori sono i bosoni W +, W e Z; essendo particelle molto massive 1, l interazione è a corto raggio 2. Nonostante lo SM permetta di spiegare una gran parte della fisica conosciuta, non può essere visto come un modello definitivo. Diversi sono infatti i punti deboli di questa teoria: non riesce a descrivere l interazione gravitazionale, né a raccordarsi con la relatività generale (ogni tentativo di risolvere le divergenze che spuntano nella quantizzazione del campo gravitazionale è infatti fallito); non prevede che i neutrini abbiano massa e che dunque possano cambiare specie nella loro evoluzione oscillando l uno nell altro (le oscillazioni dei neutrini sono state osservate per la prima volta nell esperimento di Super-Kamiokande nel 1998 [9]); non prevede l esistenza della materia oscura; non riesce a spiegare l asimmetria fra materia ed antimateria nell universo, che dovrebbero invece essersi formate in quantità uguali col big bang; esiste un problema di gerarchia: la gravità ha infatti un effetto circa 32 volte inferiore a quello della forza debole, ed è problematico sviluppare coerentemente una teoria che abbracci così tanti ordini di grandezza; la costruzione di una teoria di grande unificazione (GUT) prevede che le interazioni conosciute debbano essere in realtà manifestazioni diverse di un unica forza, visibile nella sua unità soltanto alla scala di energia alla quale le costanti di accoppiamento delle varie interazioni hanno lo stesso valore. Lo SM non riesce ad unificare le 3 interazioni descritte in precedenza (le rispettive costanti di accoppiamento non assumono lo stesso valore per alcun valore dell energia, vedasi più avanti la fig. 2.3), e non può essere dunque una teoria di grande unificazione; 1 Le masse misurate sono m Z = ( ±0.0021) GeV e m W = (80.385±0.015) GeV ([8]). 2 L interazione elettromagnetica e debole sono state unificate nel 1967 da Weinberg, Salam e Glashow, in una nuova interazione, chiamata elettrodebole.
16 nello SM, la formula della massa del bosone di Higgs presenta contributi quadratici divergenti dovuti alla propria auto-interazione; affinché i termini divergenti si cancellino esattamente fra loro, permettendo così all Higgs di avere una massa finita, è richiesta una scelta dei parametri da molti ritenuta inaccettabile. Sebbene formalmente possibile, non si vede infatti una ragione fisica perché ciò debba accadere; il Modello Standard non è considerata una teoria elegante; richiede infatti 19 costanti definite ad hoc, dal valore arbitrario. Tutte queste caratteristiche hanno portato alla nascita di molte teorie che cercano di superare il Modello Standard, le più famose delle quali sono la teoria delle stringhe e la supersimmetria. 2.2 La supersimmetria Figura 2.2: Le particelle previste nel Modello Standard e nel Minimal Supersimmetric Standard Model. Per tentare di estendere una teoria, innanzitutto si cercano delle simmetrie nella teoria stessa, ovvero gruppi di trasformazioni rispetto alle quali essa sia invariante. Le teorie supersimmetriche, generalmente indicate con la sigla SU SY, prevedono l esistenza di una simmetria rispetto ad un operatore che trasformi stati bosonici in fermionici della stessa energia, e viceversa. In questo lavoro prenderemo in considerazione soltanto il Minimal Supersimmetric Standard Model (MSSM), un estensione minimale del Modello Standard, che introduce il minor numero possibile di nuove particelle e di nuovi campi. In questo schema, ogni bosone di gauge ha un partner supersimmetrico (sparticella nel seguito) fermionico, chiamato gaugino, mentre ai leptoni ed ai quarks corrispondono dei bosoni, rispettivamente gli sleptoni e gli squarks (fig. 2.2). 11
17 Se la SUSY fosse una simmetria esatta della natura, le particelle supersimmetriche avrebbero esattamente la stessa massa di quelle conosciute. Poiché per il momento non è stato osservato alcuno degli oggetti che essa prevede, questo vuol dire che tali oggetti, se esistenti, dovrebbero possedere una massa maggiore di quelle raggiunte finora agli acceleratori. La simmetria in esame deve dunque essere rotta. Si pensa che la rottura avvenga spontaneamente tramite campi e particelle sconosciute, che non interagiscono con leptoni, quarks o bosoni di gauge. In un certo senso, è come se fossero presenti due settori, uno visibile (quello descritto dal MSSM) ed uno nascosto, che interagiscono fra loro tramite dei messaggeri medianti la rottura della simmetria. Questo meccanismo è chiamato soft SUSY breaking ([]). 3 L importanza della SUSY giace nel fatto che riesce a risolvere elegantemente quasi tutti i problemi dello SM sopra illustrati. Per prima cosa, in ogni teoria supersimmetrica spariscono automaticamente le divergenze quadratiche alla massa dell Higgs, in quanto le particelle dello SM ed i rispettivi partner supersimmetrici danno contributi uguali ma di segno opposto. Inoltre, le costanti di accoppiamento delle interazioni forte, elettromagnetica e debole raggiungono lo stesso valore ad un energia precisa ( 16 GeV), rendendo così possibile costruire una GUT partendo da una teoria supersimmetrica. Figura 2.3: Andamento delle costanti di accoppiamento in funzione dell energia nello Standard Model e nel Minimal Supersimmetric Standard Model. 3 Esistono diverse ipotesi riguardo alla interazione che rompa la simmetria. La più popolare fra queste è la Supergravità (SUGRA). 12
18 Per non essere in disaccordo con i dati sperimentali, che affermano la stabilità del protone 4, una possibilità 5 è quella di introdurre la conservazione, valida in tutti i processi (decadimenti, scattering...) di una quantità, la R parity, definita come R ( 1) 3(B L)+2S dove B, L ed S sono rispettivamente il numero barionico, leptonico e di spin di una particella. Poiché le sparticelle differiscono per mezza unità di spin dai loro partner dello SM, la parità R nei due casi è diversa. In particolare, le particelle standard hanno R = 1, mentre per le sparticelle vale R = 1. Sono evidenti le conseguenze di tale affermazione: se è stata prodotta una sparticella nello stato iniziale (R iniziale = 1), per conservare la R parity essa potrà decadere in una particella ed una sparticella (R tot = R particella R sparticella = 1 1 = 1), che potranno ulteriormente decadere. In ogni caso, nello stato finale avrò almeno una sparticella, il che implica l esistenza di almeno una sparticella stabile che, non essendo mai stata notata fino ad ora, deve interagire molto debolmente con la materia e con la radiazione elettromagnetica. Un simile oggetto, chiamato LSP (lightest supersymmetric particle), è un valido candidato per la materia oscura 6. Nonostante la SUSY presenti tutti questi lati positivi, non è ancora stata adottata come definitiva, in quanto presenta 5 parametri del tutto liberi: la massa scalare universale m 0, la massa del gaugino m 1/2, il rapporto fra i valori di aspettazione nel vuoto dei doppietti di Higgs tan(β), il segno del parametro di mixing dell Higgsino sign(µ) e una costante di accoppiamento trilineare scalare universale A 0 ([11], [12]). Verificare una teoria con tutti questi gradi di libertà è ovviamente alquanto complicato: la strategia seguita è quella di fissare i valori di tali parametri e cercare delle conferme sperimentali. Sebbene la mancata scoperta di segnali in accordo con le previsioni non comporti automaticamente l esclusione di tutta la SUSY, essa impone di vagliare un altra scelta dei parametri, allungando i tempi di verifica (o di esclusione) della teoria. In particolare, il modello preso in esame in questa discussione è SUSY LM4, che prevede per i parametri e per le masse delle sparticelle i valori riportati nelle tabelle 2.1 e 2.2. m 0 m 1/2 tan(β) sign(µ) A 0 2 GeV 285 GeV + 0 Tabella 2.1: Valore dei 5 parametri liberi nel modello LM4. 4 Per meglio dire, è stato definito un limite inferiore per la vita media del protone, dell ordine di 34 anni. 5 Facciamo notare che tale possibilità non è unica: esistono infatti modelli in cui è possibile violare la R parity, che però non prenderemo in considerazione. 6 Si suppone che la LSP non abbia infatti né carica elettromagnetica, né di colore. 13
19 ũ d s c b t L R ẽ µ τ ν e ν µ ν τ L R g χ 0 1 χ 0 2 χ 0 3 χ 0 4 χ + 1 χ h 0 H 0 A 0 H Tabella 2.2: Masse (in GeV) delle sparticelle nel modello LM4. Con questa scelta dei parametri, la teoria prevede la seguente catena di decadimenti 7 : g q +χ 0 2 +b χ 0 2 Z +χ 0 1 (Z e + +e ) (Z µ + +µ ) (Br = 6.5%) (Br = 0%) (Br = 6.7%) Nello stato finale di questa catena di decadimenti troviamo le particelle q, q, g e g; a causa del confinamento, questi oggetti non possono esistere individualmente, ma sono costretti a legarsi con altri partoni, dando origine ad adroni molto vicini fra loro, che formano un jet. Si osservi come in questi processi previsti dal MSSM, nello stato finale siano presenti 2 leptoni la cui massa invariante ha un valore vicino a quella del bosone Z, presenza di MET (dovuta alla sparticella χ 0 1, che è una buona candidata per LSP e che sfugge alla rivelazione) ed almeno 2 jets adronici. 7 Accanto alle formule dei decadimenti sono riportati i branching ratios dei processi in esame, ovvero la probabilità che essi si verifichino. La probabilità che avvengano tutti i decadimenti della catena è data dal prodotto dei branching ratios dei singoli processi. 14
20 Capitolo 3 Nozioni Preliminari 3.1 Sezione d urto La sezione d urto σ di un processo fisico è una grandezza che indica la probabilità che esso si verifichi. Da un punto di vista classico, una formula per la sezione d urto può essere ricavata nel modo seguente: supponiamo di avere un flusso Φ a di particelle a che incida su un bersaglio di area S formato da N x particelle (la densità superficiale è dunque N x S = N x ); supponiamo inoltre che si abbiano collisioni soltanto se le particelle del fascio cadono in una zona di area σ intorno alle particelle del bersaglio. La probabilità p che una particella del fascio collida con una del bersaglio è quindi σ p = N x = N S x σ. Il numero di particelle del fascio che collidono col bersaglio nell unità di tempo è: dn a dt = Φ a N x σ = σ = 1 dn a Φ a N x dt Il significato classico della sezione d urto è dunque quella di una superficie efficace all urto 1, e si misura in barn (1 barn = 1 b = 24 cm 2 ). Il significato quantistico della sezione d urto emerge invece quando si analizza lo scattering in approssimazione di Born, ed è legato alla conservazione delle correnti di probabilità. La relazione fra la sezione d urto ed il potenziale di scattering è la seguente ([13]): dσ dω = µ 2π 2 e i q r V( r )d 3 r 2 (3.1) dove q = p f p i, µ e V( r ) sono rispettivamente l impulso trasferito durante l urto, la massa ridotta del sistema particella-bersaglio ed il potenziale di scattering. 1 In realtà la σ si ottiene integrando nell angolo solido la sezione d urto differenziale dσ dω, definita dalla relazione d2 N a dt dω = Φ dσ a N x dω, dove d2 N a dt dω sono le particelle che dopo l urto col bersaglio finiscono, per unità di tempo, nell angolo solido infinitesimo compreso fra Ω e Ω+dΩ. 15
21 3.2 Luminosità Un parametro fondamentale per descrivere i collider è la luminosità, definita a partire dal rate R (numero di collisioni per unità di tempo) e dalla sezione d urto σ come: L = R σ Una formula semiqualitativa per ricavare la luminosità è la seguente. Supponiamo di avere nei fasci 2 pacchetti rispettivamente contenenti N 1 e N 2 particelle, che collidano l uno contro l altro frontalmente con frequenza f; supponiamo inoltre che A sia la sezione trasversale del fascio. Ricordando il significato classico di σ, la probabilità che una particella del primo pacchetto collida con una del secondo pacchetto è data da N 2σ. A Il numero totale di collisioni per unità di tempo quindi è: R = dn dt = fn 1N 2 σ A = L = f N 1N 2 A Nel caso in cui i pacchetti abbiano un profilo gaussiano lungo le direzioni trasverse a quella di propagazione, con larghezze rispettivamente σ x e σ y, la formula per la luminosità diventa: L = 1 4π fn 1N 2 (3.2) σ x σ y Un altra grandezza importante è la luminosità integrata L = t 2 t 1 L dt, misurata in barn 1. L utilità di L è immediatamente visibile. Il campione di dati che ho analizzato in questo lavoro è stato acquisito ad una luminosità integrata L = 5 fb 1 ed il processo fisico che ho studiato ha una sezione d urto di σ = pb = fb. Il numero di eventi legati a quel processo che ci si aspetta teoricamente di osservare ad una luminosità di 5 fb 1 è N eventi = Lσ = 8705 Se da un lato avere alta luminosità permette di poter osservare anche eventi molto rari, dall altro ad ogni scontro dei fasci si hanno più collisioni contemporaneamente: tale effetto si chiama pile up. I rivelatori di CMS hanno una segmentazione adeguata a riconoscere la presenza di pile up. 3.3 La fisica degli acceleratori Energia nel centro di massa Gli acceleratori che fanno scontrare particelle accelerate in sensi opposti prendono il nome di collider, per distinguerli dagli acceleratori a bersaglio fisso. Il vantaggio dei 16
22 collider rispetto a questi ultimi lo si vede se si calcola l energia disponibile durante la collisione nel centro di massa. Mettiamoci nel sistema di riferimento del laboratorio, e supponiamo dunque di avere 2 particelle di massa a riposo m ed energia cinetica T, i cui impulsi siano uguali in modulo e direzione, ma opposti in verso ( p 1 = p 2, p 1 = p 2 ). Supponiamo inoltre che T mc 2, e che dunque l energia delle particelle sia data sostanzialmente soltanto dalla loro energia cinetica: E = T. Questo è esattamente il caso dei collider. I quadrimpulsi del sistema fisico (vedere appendice A) nel sistema del laboratorio e del centro di massa 2 saranno: p LAB = (T 1 +T 2 )/c p 1x +p 2x p 1y +p 2y p 1z +p 2z p CM = E /c (3.3) Poiché la norma quadrata 3 dei quadrimpulsi è invariante e pari a m 2 c 2, le norme quadrate dei quadrimpulsi calcolate nel laboratorio e nel centro di massa devono essere uguali: p LAB 2 c 2 = (T 1 +T 2 ) 2 ( p 1 + p 2 ) 2 c 2 = p CM 2 c 2 = (E ) 2 Nel caso di un collider, il sistema del laboratorio coincide con quello del centro di massa in quanto p 1 = p 2. L espressione dunque si semplifica, ed otteniamo: (E ) 2 = (T 1 +T 2 ) 2 = (2T) 2 = (T TOT ) 2 Dunque vediamo che per moltiplicare di un fattore k l energia nel centro di massa bisogna moltipilcare dello stesso fattore l energia cinetica delle particelle. Nel caso del bersaglio fisso, p 2 = 0 nel laboratorio (si ha dunque E 2 = mc 2, E 1 T 1 mc 2 ), per cui da cui p LAB 2 c 2 = (E 1 +E 2 ) 2 ( p 1 + p 2 ) 2 c 2 = = ( p 1 ) 2 c 2 +m 2 c 4 +( p 2 ) 2 c 2 +m 2 c 4 +2E 1 E 2 ( p 1 ) 2 c 2 ( p 2 ) 2 c 2 2 p 1 p 2 c 2 = = 2 p 1 p 2 c 2 +2m 2 c 4 +2E 1 E 2 = 2m 2 c 4 +2E 1 E 2 = = 2m 2 c 4 +2E 1 mc 2 = 2mc 2 (E 1 +mc 2 ) 2mc 2 E 1 (E ) 2 = 2mc 2 E 1 = E E 1 T 1 Si vede quindi che per moltiplicare di un fattore k l energia nel centro di massa bisogna aumentare di k 2 volte l energia cinetica della particella accelerata contro il bersaglio. 2 Il sistema di riferimento del centro di massa è quello in cui le componenti spaziali del quadrimpulso totale sono nulle. 3 Per norma quadrata qui si intende la norma quadrata nello spazio di Minkowski a 4 componenti, definita come: x 2 = (x,x) g µν x µ x ν = x 2 0 x 2 1 x 2 2 x 2 3; g è chiamato tensore metrico. 17
23 Collisioni fra partoni Come sappiamo dallo SM, i protoni non sono particelle elementari, ma sono formati da 2 quarks up e da 1 quark down, detti partoni. Per studiare un oggetto microscopico, di solito vi si inviano contro particelle-sonda di energia adeguata, andando poi ad osservare gli effetti dello scattering fra queste ultime ed il bersaglio; con energia adeguata si intende che la lunghezza d onda di De Broglie delle particelle-sonda deve essere minore della scala di lunghezza alla quale avviene l effetto che si vuole studiare (preferibilmente molto minore, per ridurre gli effetti della diffrazione). Per vedere all interno di un protone, le particelle devono quindi avere un energia E c r protone 1 GeV. L energia dei protoni a LHC è dell ordine del TeV, per cui gli effetti dei quarks interni ai protoni sono perfettamente visibili. In particolare, le collisioni che osserviamo sono fra 2 quarks appartenenti a 2 protoni diversi, ognuno dei quali porta soltanto una frazione x, detta x di Bjorken, dell impulso originario del protone: p quark = xp protone Contando che l energia nel centro di massa è 4 s pp = (p 1 +p 2 ) 2 c 2 = E 2 1 +E E 1 E 2 ( p 1 ) 2 c 2 ( p 2 ) 2 c 2 2 p 1 p 2 c 2 = = 2E 1 E 2 +m 2 1c 4 +m 2 2c 4 2 p 1 p 2 c 2 2E 1 E 2 2 p 1 p 2 c 2 2E 1 E 2 +2E 1 E 2 = 4E 1 E 2 l energia in gioco nello scontro di 2 quarks è dunque s qq = (p quark1 +p quark2 ) 2 c 2 = (x 1 p 1 +x 2 p 2 ) 2 c 2 = = x 2 1E 2 1 +x 2 2E 2 +2x 1 x 2 E 1 E 2 x 2 1( p 1 ) 2 c 2 x 2 2( p 2 ) 2 c 2 2x 1 x 2 ( p 1 p 2 )c 2 = = x 2 1[E 2 1 ( p 1 ) 2 c 2 ]+x 2 2[E 2 2 ( p 2 ) 2 c 2 ]+2x 1 x 2 [E 1 E 2 ( p 1 p 2 )c 2 ] = = x 2 1m 2 1c 4 +x 2 2m 2 2c 4 +2x 1 x 2 (E 1 E 2 +E 1 E 2 ) 4x 1 x 2 E 1 E 2 = x 1 x 2 s pp Impulso trasverso e MET Nei collider adronici non si può misurare totalmente la componente longitudinale dell impulso delle particelle, ovvero quella lungo l asse di propagazione del fascio. Essendo sconosciute la x 1 e la x 2 di Bjorken dei 2 partoni che prendono parte all urto è infatti impossibile conoscere a priori il centro di massa effettivo. Facciamo notare inoltre che il valore dell impulso longitudinale varia se compiamo una trasformazione di Lorentz lungo il fascio. Circondando il punto di interazione di 4 Ricordiamo che per particelle ultrarelativistiche p 2 c 2 m 2 c 4 = E = p c. Poiché i partoni sono contropropaganti, ˆp 1 = ˆp 2 = ( p 1 p 2 )c 2 = p 1 p 2 c 2 = E 1 E 2. 18
24 rivelatori si può però misurare quasi perfettamente l impulso trasverso alla direzione (supponiamo z) di propagazione del fascio: p T = p 2 x +p 2 y che è invariante per le trasformazioni di Lorentz accennate sopra. Se negli stati finali sono presenti delle particelle che interagiscono molto debolmente con la materia e che possono dunque sfuggire alla rivelazione, come i neutrini ad esempio, l impulso trasverso complessivo ricostruito dai rivelatori può essere sbilanciato, mentre dovrebbe essere nullo, dato che si ha a che fare con collisioni frontali. Si definisce allora la Missing Transverse Energy (energia trasversa mancante) 5 : ( 2 ( ) 2 MET = N N pi) x + Rapidità e pseudorapidità i=0 Poiché gli eventi a LHC sono simmetrici nell angolo azimutale φ, per descriverli si usano preferibilmente le coordinate cilindriche ρ, θ e φ. Due variabili che è particolarmente conveniente introdurre sono la rapidità y e la pseudorapidità η y = 1 ( ) 2 ln E+pz E p z ( η = ln tan θ ) 2 che tendono a coincidere per particelle ultrarelativistiche 6. L interesse nell utilizzare la rapidità è dovuto principalmente al fatto che in una trasformazione di Lorentz, la rapidità di una particella varia per una costante: la differenza di rapidità fra due particelle rimane dunque la stessa dopo una tale trasformazione. i=0 p y i 5 Ricordiamo che scegliendo un sistema di unità di misura in cui c = = 1, come è uso nella fisica delle particelle, impulso ed energia hanno la stessa dimensione. 6 Per particelle ultrarelativistiche E = p, per cui y = 1 ( ) 2 ln E+pz = 1 ( ) ( ) 1+cosθ E p z 2 ln = 12 cos 2θ ( 1 cosθ ln 2 = ln tan θ ) = η sin 2 θ
25 Capitolo 4 Analisi dati 4.1 Eventi analizzati I dati analizzati sono stati acquisiti nel 2011 ad un energia nel centro di massa s = 7 TeV e ad una luminosità integrata pari a L = 5 fb 1. Come già accennato nel capitolo precedente, per l alta luminosità istantanea di LHC il pile up è un effetto importante. Nel 2011 ad esempio ad ogni scontro dei fasci si sono avute fino a 40 collisioni, con una media di circa. Di solito soltanto in una di queste collisioni si assiste ad un grande trasferimento di impulso trasverso, mentre nella quasi totalità degli eventi tale quantità è bassa. Il primo tipo di eventi è detto di hard scattering, il secondo di mimimum bias; la fisica interessante si manifesta soltanto nei primi. Nelle sezioni successive descrivo l analisi effettuata sui dati per isolare il segnale che intendo studiare. 4.2 Simulazione degli eventi e della risposta del rivelatore Per poter valutare gli effetti della selezione degli eventi, e confrontare i risultati con quanto ci si attende dalla teoria, si fa ricorso a campioni di eventi simulati. Si considerano quindi 2 quarks, ciascuno proveniente da un protone diverso, e si calcolano gli elementi della matrice di scattering per il processo che si vuole simulare, utilizzando tipicamente il metodo di Monte Carlo (MC) (si veda l appendice B). I partoni ed i leptoni che emergono dall hard scattering sono prodotti in accordo alle rispettive sezioni d urto conosciute, ed eventuali risonanze vengono poi fatte decadere (nel nostro caso, ad esempio, il bosone Z viene fatto decadere in 2 leptoni). Poiché per il confinamento i partoni (quark e gluoni) formatisi durante l urto non possono 20
26 esistere, e dunque essere osservati, liberi, da ultimo si simula la loro adronizzazione 1. Dopo aver generato l hard scattering si aggiunge un certo numero di eventi di minimum bias, in accordo con quanto osservato nei dati. Una volta generato l evento, si simula la risposta del rivelatore tramite il programma GEANT 4, che calcola step by step la probabilità di interazione delle particelle con le varie parti dei rivelatori, e dunque il segnale rilasciato in ciascuno di essi. 4.3 Processi considerati Segnale Allo scopo di verificare il modello SUSY LM4, ho studiato il segnale seguente (particolarmente interessante perché il suo stato finale si differenzia da quello di quasi tutti i processi dello SM, rendendo non difficile separare il segnale dal fondo): g q +χ 0 2 +b χ 0 2 Z +χ 0 1 (Z e + +e ) (Z µ + +µ ) Viste le caratteristiche di questa catena di decadimento, nella mia analisi ho considerato eventi nei quali fossero presenti: 2 muoni, provenienti dal decadimento di un bosone Z, con massa invariante 71 GeV < m ll < 111 GeV; almeno 2 jets, dovuti alla presenza di un quark nella catena di decadimento di ciascuno dei 2 gluini prodotti in coppia; energia trasversa mancante nel centro di massa, dovuta alla presenza di χ 0 1, candidato per LSP Fondo Il fondo principale è dato da processi Z+jets, in cui troviamo un bosone Z prodotto attraverso il processo Drell-Yan ([14]) e getti adronici dovuti alla initial state radiation ed alla final state radiation 2. Ho inoltre considerato tutti i processi con due 1 L adronizzazione non può essere trattata con la QCD perturbativa, e per la simulazione di questi processi si ricorre a metodi empirici, come il modello di Lund. 2 I partoni interni ai protoni emettono ed assorbono continuamente gluoni e quarks; se al momento dell hard scattering questi non sono stati tutti riassorbiti, nello stato finale saranno presenti 21
27 bosoni che hanno almeno due leptoni nello stato finale. I processi di fondo sono dunque i seguenti: Drell-Yan q q Z l+ l ZZ in 2l2q WZ in 2l2q WZ in 3lν WW in 2l2ν Z Z q + q +l+ l W Z q 1,W +q 2,W +l Z + l Z W Z l W +ν W +l Z + l Z W 1 W 2 l 1 +l 2 +ν 1 +ν 2 A questi si aggiunge anche il seguente processo (è possibile infatti confondere una particella all interno di un jet con il secondo leptone): W+jets in lν W l+ν Tutti i processi sopra elencati sono stati generati col programma Monte Carlo MadGraph. Come si vedrà in seguito, tramite opportuni criteri di selezione sulle variabili cinematiche, il contributo di questi processi si riduce notevolmente ed il fondo principale rimane il processo t t, in cui è presente una coppia top-antitop t t che decadono entrambi leptonicamente: { t W t t = + +b l + +ν l +b t W + b l + ν l + b Facciamo notare che, per quanto estremamente simile al segnale cercato, il t t se ne differenzia perché il sapore dei leptoni nello stato finale è scorrelato, mentre per il processo supersimmetrico cercato i leptoni hanno lo stesso sapore. I dati e gli eventi simulati che ho analizzato soddisfacevano alle seguenti richieste, dette di preselezione 3 ([15]): almeno un jet adronico con p T > 30 GeV almeno due leptoni con p T > 20 GeV dei jets, che costituiscono appunto la initial state radiation. Analogamente, dopo l urto si produce la final state radiation. 3 Si dicono di preselezione quelle richieste abbastanza mirate da eliminare gli eventi che non corrispondono a quelli cercati, ma che contemporaneamente sono abbastanza permissive da non ridurre troppo la statistica. Sugli eventi rimasti dopo tali richieste si va in seguito ad agire con selezioni più mirate per ottimizzare il rapporto eventi segnale (si veda la pagina seguente). eventifondo 22
28 Per questa analisi si è inoltre richiesto che i leptoni nello stato finale fossero muoni, così da eliminare buona parte del contributo del t t, e che la loro massa invariante m ll, definita come m ll = (E l1 +E l2 ) 2 ( p l1 + p l2 ) 2 non differisse per più di 20 GeV da quella del bosone Z 71 GeV < m ll < 111 GeV riducendo così il contributo dei processi in cui sono prodotti due leptoni che accidentalmente posseggono una massa invariante vicina a quella del bosone Z, ma che non provengono dal suo decadimento. Si è successivamente proceduto a compiere quelle selezioni che, volta volta, permettevano di ottenere un miglioramento più visibile nel rapporto fra eventi di segnale ed eventi di fondo. Supponendo infatti una distribuzione poissoniana per i conteggi, per minimizzare l incertezza statistica relativa del segnale (supponiamo che il numero di eventi di segnale sia molto minore di quello per il fondo: n segnale n fondo ) σ segnale segnale = ntotale n segnale = nfondo +n segnale n segnale = σ segnale segnale nfondo n segnale si deve massimizzare il rapporto fra eventi di segnale e radice quadrata degli eventi di fondo. 4.4 Problema nella ricostruzione della MET Nella parte alta della fig. 4.1 è riportato il numero di eventi in funzione della MET. I dati sono rappresentati con un punto e con le rispettive barre di errore, e sono confrontati con la somma complessiva degli eventi prodotti nelle simulazioni MC dei processi dello SM; il segnale di LM4 (ricordiamo che anche questo è prodotto tramite simulazioni MC) non è stato invece inserito nella somma ed è riportato separatamente nel grafico con una linea blu. Tutti i MC sono stati normalizzati alla luminosità effettiva di LHC usando la loro sezione d urto teorica. Per bassi valori della MET, il contributo principale è dato dai processi Z+jets; in tal caso la MET è dovuta a misurazioni errate dell impulso trasverso dei jets nel calorimetro adronico. In particolare, la sezione d urto del Drell-Yan è talmente elevata rispetto a quella degli altri processi che si trovano eventi dovuti a questo processo fino a 0 GeV. Per valori più alti della MET, il contributo dei processi Z+jets decresce rapidamente, mentre quello del t t, dovuto ai 2 neutrini presenti nello stato finale, diventa quello dominante. Visualizzando il numero di eventi in funzione della MET per i dati e per gli eventi simulati, notiamo una discrepanza per bassi valori di essa. 23
29 Events 4 Data 5.0/fb DY ttbar WW 3 WZ ZZ WJets WZto3lnu LM4 msugra Missing Transverse Energy [GeV] Data/MC Events Data 5.0/fb DY ttbar WW WZ ZZ WJets WZto3lnu LM4 msugra Missing Transverse Energy [GeV] Data/MC Figura 4.1: In alto: Grafico della MET. Si noti il leggero disaccordo tra i dati e gli eventi simulati. In basso: effetto della correzione con x = sulla MET. Nella parte bassa di ciascun grafico è riportato il rapporto fra dati ed eventi di fondo. 24
30 Events Data 5.0/fb DY ttbar WW WZ ZZ WJets WZto3lnu LM4 msugra Missing Transverse Energy [GeV] Data/MC Events Data 5.0/fb DY ttbar WW WZ ZZ WJets WZto3lnu LM4 msugra Missing Transverse Energy [GeV] Data/MC Figura 4.2: Effetto della correzione con x = 20 e x = 30 sulla MET. Nella parte bassa di ciascun grafico è riportato il rapporto fra dati ed eventi di fondo. 25
31 Ciò è imputabile a misurazioni errate delle energie dei jets adronici nel rivelatore; il simulatore Geant 4 suppone ottimisticamente una precisione migliore di quella effettiva per il calorimetro adronico. Ho cercato di migliorare quest effetto sotituendo a ciascuna delle componenti della MET per gli eventi simulati una quantità aleatoria distribuita gaussianamente fra il 0-x% ed il 0+x% di esse, con x=, 20, 30. Come si vede in fig. 4.2, il caso che riproduce meglio i dati è quello con x=20. L analisi è stata dunque svolta sugli eventi simulati dopo aver applicato questa particolare correzione. 4.5 Ottimizzazione del rapporto segnale fondo Selezione sulla molteplicità dei jets adronici energetici Nei processi Z+jets, i jets aggiuntivi sono dovuti all emissione di gluoni da parte di quarks. Questo è un processo la cui probabilità decresce esponenzialmente all aumentare del numero di gluoni emessi; in fig. 4.3 si può infatti osservare come, al crescere del numero dei jets, cali notevolmente il contributo dovuto allo SM, mentre il segnale rimane pressappoco costante. Per cercare di eliminare parte del contributo dovuto ai processi Z+jets, ho dunque richiesto che nello stato finale fossero presenti almeno 2 jets adronici energetici, cioè con p jet T > 50 GeV. Events Data 5.0/fb DY ttbar WW WZ ZZ WJets WZto3lnu LM4 msugra Number of energetic jets Figura 4.3: Numero di eventi in funzione del numero di jets con p T > 50 GeV. Selezione sulla MET Come era stato detto nella sezione e come era già visibile in figg. 4.1 e 4.2, a questo livello il fondo principale è costituito dal processo di Drell-Yan. 26
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