LECTIO DIVINA DOMENICA XXXII Tempo Ordinario Anno A 11 novembre 2017
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- Giuditta Perri
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1 LECTIO DIVINA Domenica XXXII per annum TESTI: Sap 6, Ts 4,13-18 Mt 25, 1-13 Dal libro della Sapienza Sap6,12-16 La sapienza è radiosa e indefettibile, facilmente è contemplata da chi l'ama e trovata da chiunque la ricerca. Previene, per farsi conoscere, quanti la desiderano. Chi si leva per essa di buon mattino non faticherà, la troverà seduta alla sua porta. Riflettere su di essa è perfezione di saggezza, chi veglia per lei sarà presto senza affanni. Essa medesima va in cerca di quanti sono degni di lei, appare loro ben disposta per le strade, va loro incontro con ogni benevolenza. Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai tessalonicesi 1Ts 4,13-18 Fratelli, non vogliamo lasciarvi nell'ignoranza circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza. Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui. Questo vi diciamo sulla parola del Signore: noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nubi, per andare incontro al Signore nell'aria, e così saremo sempre con il Signore. Confortatevi dunque a vicenda con queste parole. Dal Vangelo secondo Matteo Mt 25,1-13 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: "Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora. C è un bellissimo testo dello Zohar, un libro pubblicato nel XIII secolo dai Maestri Ebrei; che però risale ad una tradizione molto più antica, ne abbiamo testimonianze dello scrittore cristiano Origene; in questo libro c è una bellissima pagina, che io cito spesso quando introduco la lectio divina, in cui lo Zohar identifica il libro delle Scritture, quindi la Torah, con una sposa, della quale è innamorato il sapiente. È un interpretazione particolare del Cantico dei cantici. Abitualmente il Cantico dei cantici veniva interpretato come il libro che simboleggiava l innamoramento i Dio nei confronti del popolo di Israele: Dio era lo sposo, Israele la sposa, con tutto ciò che questo tipo di rapporto poteva far capire. in altre interpretazioni, sempre all interno della tradizione di Israele, si diceva che, invece, i personaggi del Cantico dovevano essere interpretati come il popolo di Israele, che era lo sposo e la terra di Israele, che era la sposa, quindi lo stesso tipo di rapporto che Dio PADRE INNOCENZO GARGANO OSB Camaldolese 1
2 viveva con Israele come sposo, doveva viverlo Israele nei confronti della terra, che gli era stata data da Dio, identificata con la terra dei Patriarchi. C era poi una terza interpretazione,secondo la quale lo sposo era il territorio di Israele e la sposa era Gerusalemme, per cui si poteva leggere per la terza volta il libro del Cantico dei Cantici con questo tipo di prospettiva. Infine, c è anche un altra interpretazione, in cui lo sposo è l insieme del popolo di Israele, che entra in Gerusalemme per incontrare la gloria di Dio, che è presente nel tempio santo, dove Dio aveva stabilito la sua dimora. In seguito venne una critica all interno di Israele a questo tipo di interpretazione, che sembrava non poter fare a meno di interpretare in Cantico in rapporto al possesso della terra, alla capitale Gerusalemme, al santuario. Tutto questo venne messo in crisi, quando i Romani riuscirono a debellare Israele, a distruggere Gerusalemme e a incendiare il tempio, con tutto ciò che ruotava intorno ad esso, non soltanto le suppellettili, ma anche i sacerdoti e i sacrifici. Quindi viene messa in discussione questa interpretazione legata alla storia e alla geografia. Venne fuori un saggio di Israele, Johanan ben Zakkai, che riuscì ad uscire dalla Gerusalemme assediata da Tito,fingendosi morto,quindi in una cassa da morto; una volta uscito fuori chiese a Tito di poter ricostituire l identità di Israele non più intorno al tempio, alla città, e neppure in relazione con la terra d Israele, ma intorno alla Torah. Pertanto, arrivò un ulteriore interpretazione del Cantico, in cui la sposa era la Torah e lo sposo era Israele e, soprattutto, i sapienti di Israele. per poter dare una prova della legittimità di questa interpretazione, ritorna questo testo del libro della Sapienza, che, però, è un testo cosiddetto deutero-canonico, cioè riconosciuto soltanto dalla tradizione ebraica ellenica,giudeo ellenica, non giudeo cristiana. e in questo testo del libro della Sapienza c è proprio la spiegazione di questo tipo di interpretazione nuova. L interpretazione suppone che la Torah si la Sapienza e il saggio sia colui che fa di tutto per incontrarsi con la Sapienza. Chi si alza di buon mattino per cercarla, non si affaticherà, la troverà seduta alla sua porta. Riflettere su di lei (cioè sulla Torah) è intelligenza perfetta. Chi veglia a causa sua, sarà presto senza affanni, perché lei stessa va in cerca di quelli che sono degni di lei, appare benevola per le strade e in ogni progetto va loro incontro. Dunque, il libro dello Zohar riprende questa tradizione: ecco, come dovrebbe vivere un autentico israelita; dovrebbe cercare di frequentare la casa della Torah, spiare, attraverso le fessure delle finestre, le grate delle finestre e lei, che a sua volta è accesa d more verso di lui, si mostrerà e poi sparirà per sollecitarlo a cercarlo ancora. E, se lui insiste nel cercarla attraverso le grate del suo palazzo, alla fine lei gli manderà un messaggio: Guarda, tu adesso puoi entrare, perché hai dimostrato con la tua fedeltà, con la tua perseveranza, di essere degno di conoscere il segreto del suo cuore. Da quel momento in poi furono marito e moglie e vissero felici e contenti, fino al regno di Dio. Dunque, è un interpretazione molto antica, che probabilmente risale al periodo della distruzione del tempio, che i cristiani hanno fatto propria, al punto che Origene non ha fatto altro che cambiare i soggetti, dicendo che lo sposo è Cristo e la sposa è la Chiesa, rovesciando i rapporti, per cui da Origene in poi i Padri della tradizione classica, patristica, interpreteranno lo sposo con Gesù e la sposa con la Chiesa. Tuttavia all interno di questa tradizione cristiana rimase anche l ultima interpretazione e cioè quella di considerare il libro delle Scritture, la Torah, come la sposa e il credente, che frequenta le Scritture e, proprio grazie alla frequentazione delle Scritture, incontra, intorno al pozzo delle Scritture, la fidanzata, che il servo di Abramo cercava come sposa per Isacco. Origene conclude: Vedete, dovete frequentare, come faceva Rebecca, i pozzi, perché, se voi siete perseveranti nel frequentare i pozzi delle Scritture, finalmente scoprirete il fidanzato, che Dio aveva preparato per voi. Ho fatto tutta questa premessa proprio per poter capire meglio questa pagina del Vangelo di Matteo. Nel Salmo 118, infatti, c è scritto: Lucerna pedibus meis Verbum tuum et lumen semitis meis, che significa: Lucerna ai miei piedi è la tua Parola e luce per il mio cammino. Con questo accostamento: la lucerna è il libro delle PADRE INNOCENZO GARGANO OSB Camaldolese 2
3 Scritture, ma la luce della lucerna è il contenuto del libro delle Scritture, un contenuto, però, che ha bisogno dell olio della fede per poter essere attivato, e, quindi, permettere alla lucerna di illuminare poi i passi dell uomo sulla terra. Che cosa questo può comportare nella interpretazione del testo? Io me lo sono chiesto, alla luce di questo versetto del salmo 118, e ho scoperto che si potrebbe leggere questo testo di Matteo, distinguendo tra coloro che si fermano unicamente alla lucerna in quanto tale, e coloro che, invece, insieme con la lucerna su preoccupano del contenuto della fede, che deve attivare la luce della lucerna. Distinguere, dunque tra coloro che nel leggere le Scritture si fermano unicamente alla lettera, dicevano i Padri della Chiesa, e coloro che, invece, andavano anche allo spirito, che si nasconde nella lettera. San Gregorio Magno diceva che il libro delle Scritture è come una pietra focaia: contiene il fuoco dentro, ma questo fuoco può essere scoperto soltanto con la perseveranza nel battere continuamente il testo biblico, quindi nel frequentarlo continuamente. Chi è che si procura una riserva, dopo che ha ricevuto nelle sue mani la lucerna? Proprio coloro che custodiscono la fede, una fede che si può custodire anche dormendo. Infatti, questo è uno dei paradossi, presenti in questa pagina. Cioè: sono tutte e dieci, vergini; tutte hanno ricevuta la lampada, o hanno la lampada, tutte e dieci si addormentano, dunque, tutte hanno ciò che era necessario per accogliere lo sposo. Ma alcune di loro, quelle chiamate morai, stolte, non riescono ad andare oltre il possesso del libro, in quanto libro, e le altre cinque, che, oltre ad avere il libro, portano con sé anche la riserva della fede, in piccoli vasi, perché non tutte hanno la stessa fede. la fede cresce in tutti coloro che si sono incamminati sulla strada della fede, ma saranno più o meno abbondanti nella riserva dell olio, quanto più daranno spazio alla fede. Dunque, la prima interpretazione potrebbe essere proprio questa: le lucerne sono le Scritture, ma le lucerne senza l olio, senza la fede che anima la carità, non riescono ad entrare dentro il significato più profondo delle Scritture; quindi, restano fuori dal regno, restano vittime della propria scelta di fermarsi unicamente alla lettera e di non andare in profondità nella comprensione del testo biblico. È questo che io, poi, ho cercato di far valere nelle mie lezioni al Pontificio Istituto Biblico, dove si preoccupano tutti, giustamente. di garantire il significato oggettivo, letterale e storico del testo, ma io dico i Padri della Chiesa non si fermano a questo. I Padri della Chiesa sono convinti che bisogna rapportarsi col testo, come lo sposo si rapporta alla sposa. Il che significa che il testo non è semplicemente un oggetto da analizzare, misurare, giudicare se dice il vero, se dice il falso, se dice ciò che può essere difeso storicamente, o no. Il testo biblico, dal momento che contiene in sé questo fuoco, che produce luce e calore, va accostato relazionandosi con lui, come se fosse una persona, che intende dialogare con un altra persona. Così ritroviamo la grande tradizione di Israele, la grande tradizione dei Padri e scopriamo che anche per noi il modo migliore di frequentare le Scritture è quello di relazionarsi con le Scritture, come lo sposo si relaziona con la sposa. Non che tutto il resto non si debba perseguire: la lucerna è pure un contenitore, che bisogna garantire, perché, se si rompe il contenitore, si perde anche il contenuto, senza, però, identificare il contenitore col contenuto. Per poter ovviare a questo tipo di rischio, l unica strada sembra che sia quella di non accontentarsi unicamente del contenitore, ma relazionarsi dall interno all interno, dallo spirito dell uomo allo Spirito di Dio, perché la comprensione, la conoscenza, è sempre una connaturalità. Eodem spiritu dicevano i Padri del Concilio Vaticano II: bisogna relazionarsi con le Scritture con lo stesso spirito, con cui le Scritture sono state date a noi. quindi, se noi riusciamo a fr incontrare, in modo singhenetico, in modo connaturale, il nostro spirito, con lo spirito delle Scritture, nasce la luce; il polo positivo e il polo negativo, quando s incontrano, danno luce. Questa luce è la comprensione delle Scritture. PADRE INNOCENZO GARGANO OSB Camaldolese 3
4 Ora, questa è una delle interpretazioni, perché, se voi leggete S. Agostino, in parte potete leggere anche S. Giovanni Crisostomo o Origene, vi accorgete che anche loro si sono poti l interrogativo su che cosa significasse questo olio e le risposte sono le più varie. La prima risposta è l accostamento tra eleos (benevolenza, misericordia) ed eleon, che significa olio. I due termini hanno la stessa radice e questo fatto permetteva di identificare l olio, di cui si parla nel testo del Vangelo di Matteo, con un cuore misericordioso, con un cuore che si lasci condurre dall amore, un cuore che si apre al rispetto, alla delicatezza e si rapporta con gli altri in modo tale da mantenere questa specie di continuum tra la misericordia di Dio, di cui parlano le Scritture, e la misericordia, di cui parliamo noi, quando ci rapportiamo tra noi. In questo senso, ciò che le vergini stolte non avevano era proprio la bina caritas, o la germana caritas, cioè la doppia carità, il doppio amore. non erano riuscite a rendersi conto che il cammino della fede comporta sempre questa duplicità dell amore, verso Dio, che ha dato la Scrittura e verso l altro, che è ciò di cui ti parla la Scrittura. Quindi, soltanto chi vive simultaneamente il primo e il secondo comandamento, riesce a tenerlo dentro per il momento opportuno, quando finalmente arriverà lo sposo. Sono affermazioni senz altro accettabili: l olio è la misericordia, l olio è la carità, che si porta nel cuore. Senza quest olio non si può permettere alla lampada di rimanere accesa per la venuta dello sposo. Questo significa che l unica possibilità che abbiamo per poter accedere al banchetto è quella di riuscire a portare con noi questa misericordia, che permette di riattivare la fiamma, quando arriverà lo sposo. Questa è la chiave. Due elementi della pagina, che abbiamo ascoltato, fanno molto discutere, e, probabilmente, sono due elementi, che l evangelista ha voluto sottolineare. il primo elemento è la risposta delle vergini sagge alle vergini stolte: Non possiamo prestarvi il nostro olio, che sembra in contraddizione con ciò che abbiamo detto prima. Non possiamo prestarvi il nostro olio; perché? Perché l amore suppone la libertà e la libertà si esplicita in una libertà di scelta; questa è la prudenza, che è mancata. È mancata, infatti, la prudenza, che avrebbe permesso alle vergini stolte che avevano il cosiddetto libero arbitrio l avevano tutte e dieci,- ma questo libero arbitrio comportava anche una libertà di scelta. Per cui da se stesse scelgono di dare fiducia o di toglierla. Di quale fiducia si tratta? Della fiducia che comunque lo sposo sarebbe arrivato e sarebbe arrivato, anche se tardava ad arrivare. Le vergini sagge danno fiducia allo sposo e gliene danno talmente tanta, che sono disposte ad attendere più a lungo di quello che umanamente si potrebbe pensare e, proprio perché danno questa fiducia, lo lasciano libero di arrivare quando egli ritiene di essere pronto per arrivare, e dunque collegare il suo essere pronto al loro farsi trovare pronte. Le stolte non hanno collegato questa fiducia con l essere pronte e, quando è arrivato lui, non le ha trovate pronte: hanno esercitato la loro libertà di scelta, ma l hanno esercitata alcune dando fiducia allo sposo che stava per arrivare, altre, invece, nella presunzione, nella pretesa che dovesse essere lo sposo ad adeguarsi a loro, non loro allo sposo, perché, secondo loro, avevano l olio sufficiente per arrivare soltanto a mezzanotte, egli comunque è arrivato a mezzanotte, e si sono trovate senza olio per mancanza di fiducia, perché pensavano che dovesse essere lo sposo ad adeguarsi a loro, e non loro allo sposo. C è anche qui un bel pensiero di San Gregorio Magno, che dice: I miracoli avvengono sempre, quando un cristiano prega; non è possibile che non avvengano, soprattutto se questa preghiera è fatta nel nome di Cristo, perché l ha promesso Lui. Come ti spieghi che poi questi miracoli non succedono? Risponde: Semplicemente per questo motivo, che la preghiera è una accoglienza della volontà di Dio nella nostra vita e, se noi accogliamo la volontà di Dio nella nostra vita, automaticamente, siccome la Sua è una volontà di salvezza e di amore, ti viene concesso ciò, di cui tu hai bisogno per essere salvato. Non è preghiera, invece, quando si pretende l opposto, cioè piegare la volontà di Dio alla nostra volontà; allora, a quel punto non abbiamo più la fede, ma PADRE INNOCENZO GARGANO OSB Camaldolese 4
5 abbiamo la religione. È chiaro che se noi pretendiamo di piegare Dio alla nostra volontà, noi non abbiamo il miracolo, che ci aspettiamo, perché non ci adeguiamo alla volontà di Dio. Questo è un modo di interpretare anche la famosa preghiera di Gesù nel Getsemani: era il Figlio, che si rivolgeva al Padre: Padre, se è possibile, a Te tutto è possibile, passi da me questo calice. Una, due, tre volte. Alla fine dice: Sia fatta la Tua volontà. E in questa adesione alla volontà del Padre nasce la possibilità della risurrezione, che viene direttamente da Dio, non viene dalle presunzioni o dalle pretese degli uomini. Quindi, è mancato l olio, è mancata questa connaturalità. È mancato questo dare fiducia ed, invece è stata pretesa una riduzione del tempo di Dio ai nostri tempi. Queste sono le altre vergini, cosiddette stolte; pretendere la riduzione della volontà di Dio alla nostra volontà, dei tempi di Dio ai nostri tempi. E si ritrovano che, quando finalmente arriva lo sposo, mentre loro sono andate a comprarsi l olio, lui non le conosce più; cioè non le riconosce, perché esse non si sono sintonizzate a lui, sincronizzate a lui, connaturate a lui: lo sposo non riesce a vedere nel loro volto il suo stesso volto. Se avesse potuto riconoscere il suo volto nel loro volto, anche loro sarebbero entrate, come tutte le altre. Questo è il primo interrogativo: come mai le vergini sagge non hanno potuto o voluto dare l olio alle altre? Semplicemente per questo: si tratta di una libertà di scelta; Dio non ti imporrà mai la Sua volontà, se tu non sei disposto ad accoglierla, ma se tu non sei disposto ad accoglierla, è ovvio che ti ritrovi fuori. Così il primo interrogativo, che faceva difficoltà, adesso si collega al secondo interrogativo: come mai queste insistono nel bussare, vogliono a tutti i costi entrare e si sentono dire: No, io non so chi siete, non vi riconosco come miei appartenenti. Anche se prima eravate tutte invitate a nozze, adesso non tutte potete entrare? È un gioco dialettico che Matteo utilizza, perché egli è abituato a gestire due situazioni opposte: quando arriverà la fine dei tempi, uno sarà preso, l altro lasciato oppure, quando ritorna il padrone, uno è un servo fedele, che ha proseguito a dare il cibo a tempo opportuno ai servi e l altro invece approfitta dell assenza del padrone per fare i suoi affari In tutti i modi c è una dualità; il servo buono e fedele e il servo infingardo. Così, alla fine del capitolo 25, Matteo, quando sono radunati tutti i popoli della terra, distinguerà tra capri e pecore: Venite a me, benedetti Lontano da me maledetti. Questo è un modo di scrivere di Matteo, ma al fondo di tutto c è questo messaggio: State attenti, perché il tempo che vi viene dato a disposizione, è il tempo utile per poter non fermarvi solo alla lettera della Scrittura, ma andare alla sua profondità, fino allo spirito; non fermarvi alle cose esterne, ma andare alle cose interne; non fermarvi alle prescrizioni del contenitore, ma cercare di raggiungere il contenuto. Vivete la gemina caritas, cioè un amore, che sia pienamente orizzontale e verticale, altrimenti perdete l una e l altra possibilità. È così che viene il sigillo finale del testo: Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora. Ed è l ultimo messaggio di Matteo, che è il messaggio di tutto il cosiddetto discorso escatologico. Non si tratta della fine del mondo, si tratta delle scelte personali. I teologi parlano di una escatologia, che riguarda l universo, che chi sa dopo quanti milioni di anni avverrà, ma si riferisce a questo segmento che coincide con la nostra vita personale. Anche qui, vorremmo essere noi a decidere quando vogliamo morir; è scontato che succeda così: sono io che voglio decidere, mentre sono ancor in vita, se proseguire ad essere in vita oppure no. Sono domande che si fanno oggi, ma ciò che ci sta dicendo Matteo è questo: Per quanto voi possiate pretendere di misurare la vostra vita, di decidere quando finisce, o quando comincia; al di là dell inizio o della fine, c è sempre questo riferimento a Colui che è oltre l inizio e oltre la fine, con il Quale, comunque dovrete confrontarvi. Se vi ritrova a propria immagine e somiglianza, che vi dato nel momento stesso in cui siete diventati uomini, bene; se no, voi andrete per un altra strada. PADRE INNOCENZO GARGANO OSB Camaldolese 5
6 Sono cose che ci fanno riflettere molto. La conseguenza, che ho tratta io, mentre leggevo questo testo, per prepararmi per voi: sono stato confermato in questa frequentazione delle Scritture, in questo tentativo di non fermarmi soltanto al testo, preso nella sua letterarietà, m ad andare in profondità e, naturalmente, sono stato sollecitato a relazionarmi col testo, da cuore a cuore, in modo da parlare col testo,come l amico parla all amico, oppure relazionarsi col testo, come lo sposo si relaziona alla sposa, e scoprire che ci sono delle profondità nel testo biblico, che non si possono capire con semplici schemi, più o meno critici, che ci portiamo dietro, ma si possono capire soltanto attraverso una relazione d amore. Se tu ami, sarai amato; ma tu ami, perché sei stato già amato: Lui ha amato per primo, e, proprio perché ha amato per primo, ti messo nelle mani questa lucerna, che è piena di luce, se tu l accogli, traccia il cammino giusto della vita PADRE INNOCENZO GARGANO OSB Camaldolese 6
LA RIFLESSIVITA' La Bibbia ci presenta spesso la persona riflessiva come saggia mentre quella che non lo è ce la presenta come stolta.
LA RIFLESSIVITA' La riflessività è il dono che aiuta ad andare fino in fondo alle cose, a vedere oltre le apparenze. E' il dono della profondità contro la superficialità, dell'interiorità contro l'esteriorità.
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