L EVOLUZIONE DELLA TUTELA DEL CONSUMATORE: DALLA PUBBLICITÀ ALLE PRATICHE COMMERCIALI

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1 Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea Magistrale in Comunicazione d impresa e comunicazione pubblica Tesi di Laurea in Diritto della comunicazione pubblicitaria L EVOLUZIONE DELLA TUTELA DEL CONSUMATORE: DALLA PUBBLICITÀ ALLE PRATICHE COMMERCIALI Relatore: Candidata: Chiar.mo Prof. Adriana Avagliano Virgilio D ANTONIO matr Correlatrice: Dott.ssa Chiara DI MARTINO Anno Accademico 08 09

2 Indice Premessa... 4 CAPITOLO I Origine e attuazione della disciplina sulle Pratiche commerciali scorrette 1. La pubblicità ingannevole nella direttiva Europea 84/ La pubblicità ingannevole: il Codice del Consumo nella versione vigente prima dell entrata in vigore dei Decreti Legislativi 2 agosto 07, 145 e L evoluzione della normativa negli anni 00: primi accenni alla direttiva 05/29/CE Il recepimento della direttiva comunitaria 05/29 in Italia Le particolarità del recepimento della direttiva 05/29/Ce: le scelte del legislatore e le relazioni con altre discipline normative con essa interferenti Il decreto legislativo 146/07 e i nuovi articoli del Codice del Consumo Le definizioni dell art. 18 del d.lgs. 6/05 e la nozione di diligenza professionale La nozione di consumatore e l idoneità di una pratica commerciale a falsare il comportamento economico del consumatore stesso Il consumatore medio come parametro di riferimento per le nuove norme del Codice del Consumo CAPITOLO II Le pratiche commerciali ingannevoli e le pratiche commerciali aggressive 1. Le pratiche commerciali ingannevoli e aggressive Le attività commerciali decettive: il primo comma dell art. sulle azioni ingannevoli Il primo elenco delle azioni ingannevoli nel Codice del consumo Il comma 2 dell art Il comma 3 dell articolo : prodotti pericolosi e sicurezza del consumatore Il comma 4 dell articolo : la sicurezza dei bambini e degli adolescenti Articolo del Codice del consumo: le omissioni ingannevoli, il primo comma Il comma 2 dell articolo : tra omissione e occultamento

3 Indice I comma 3, 4 e 5 : le caratteristiche del mezzo, i criteri tipici di valutazione della condotta omissiva e le informazioni comunitarie obbligatorie L allegato I della direttiva comunitaria 05/29 e la black list dell articolo del Codice del consumo L inganno relativo a marchi e codici di condotta L inganno sulla natura del prodotto L inganno relativo all assistenza post vendita L inganno relativo alla figura del venditore Le condotte decettive di natura propagandistica Le pratiche commerciali aggressive L articolo del Codice del consumo: gli elementi di valutazione dell aggressività di una pratica commerciale Le fattispecie concrete dell articolo : le pratiche moleste Le fattispecie concrete dell articolo : la coercizione Le fattispecie concrete dell articolo : l indebito condizionamento L allegato I della direttiva 05/29/CE e la seconda black list del Codice del consumo Analisi delle pratiche sempre aggressive Le pratiche minatorie Le pratiche petulanti Le pratiche defatiganti CAPITOLO III L Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato: analisi dei provvedimenti sulla tutela del consumatore dal 07 ad oggi. 1. Introduzione I poteri dell Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato Criteri di segmentazione e prime valutazioni Analisi degli illeciti più frequenti con esempi di procedimenti attivati Evoluzione delle pratiche commerciali scorrette nei settori merceologici Tutti gli illeciti dal 07 ad oggi Conclusioni Appendice

4 Indice Bibliografia

5 Premessa Premessa Il presente lavoro di tesi esamina l evoluzione della normativa europea e italiana in materia di tutela del consumatore e i rapporti che questi intrattiene con i professionisti. Si è ritenuto opportuno, prima di analizzare la situazione attuale, di studiare l ordinamento comunitario e nazionale che ha contraddistinto gli anni Novanta e il primo lustro di questo nuovo millennio. Si è fornita a tale scopo una rapida, ma chiara esegesi su definizioni fondamentali come quelle di pubblicità, pubblicità ingannevole e pubblicità comparativa al fine di chiarire al meglio i concetti che sono stati e, ancora oggi, sono alla base di questa importante disciplina. Non si è lasciato spazio, come ovvio, solo alle definizioni, ma soprattutto alle modalità con cui tali concetti sono stati disciplinati e regolamentati da parte del legislatore europeo ed italiano. Il cambiamento vero è proprio della disciplina si è avuto con la redazione della direttiva europea 05/29, la quale ha introdotto una nuova nozione: quella delle pratiche commerciali scorrette. Pratica commerciale è definita qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori (art. 18, lettera d del Codice del consumo). Una pratica commerciale è scorretta, invece, se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori (art., comma 2, del Codice del consumo). All interno del presente lavoro, dunque, è stata condotta una disamina critica e alquanto approfondita dell intero testo di questo provvedimento con l obiettivo di sciogliere i molti nodi problematici legati alle delicate questioni interpretative che esso ha suscitato e soprattutto di individuare le numerose e difficili scelte operate dal nostro legislatore per inserire in modo organico la nuova disciplina. È interessante, infatti, capire in che modo i decreti legislativi redatti per recepire le leggi della Comunità europea si siano integrati con le leggi e i princìpi già 4

6 Premessa vigenti nei diversi ambiti con i quali la direttiva 05/29 era destinata ad interferire, come ad esempio la concorrenza sleale, la pubblicità commerciale, la teoria del contratto e la responsabilità civile. Seppure, in più punti, si è evidenziato come la parte sostanziale della disciplina comunitaria sia stata oggetto di una pura e semplice trasposizione all interno del nostro ordinamento, senza, quindi, compiere il minimo sforzo di migliorare sul piano tecnico e linguistico la formulazione delle singole disposizioni o di adeguarne i contenuti al contesto di recepimento (il codice del consumo) si è proceduto, nel corso del primo capitolo, ad esaminare i decreti legislativi 145/07 e 146/07 che, a partire dal settembre 07, hanno dato attuazione alla legge comunitaria. La volontà di focalizzarsi sul consumatore e non sul professionista giustifica la scelta di concentrare lo studio sul secondo dei due decreti, il 146/07 e sulle modifiche sostanziali che questi ha provocato nella struttura del Codice del consumo. Il secondo capitolo, a tal fine, presenta un accurata disamina degli articoli - del decreto legislativo 6/05 inerenti alle pratiche commerciali ingannevoli e alle pratiche commerciali sleali, con una rilettura delle black list presenti nel Codice del consumo stesso. Il terzo capitolo è dedicato all Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, alla quale è affidato il compito di far applicare la normativa, con particolare riferimento alla descrizione dei provvedimenti finali e alle sanzioni amministrative inflitte dall Autorità stessa. Nel terzo capitolo si è operata una meticolosa classificazione dell operato dell Antitrust negli ultimi 3 anni (07-09) al fine di capire come siano cambiate le decisioni contestualmente alla modifica degli articoli del Codice del Consumo. In tabelle di immediata comprensione è possibile leggere la situazione italiana relativa alle pratiche commerciali scorrette con una focalizzazione sui settori merceologici colpiti dai provvedimenti, sulla quantificazione delle sanzioni applicate, ma soprattutto sulla tipologia di illeciti compiuti con maggiore frequenza, un dato questo ottenuto in base al numero di volte in cui si è fatto ricorso a determinate norme del decreto legislativo 6/05 per punire talune attività scorrette. In ultimo, in appendice, si è ritenuto opportuno riportare il testo della direttiva comunitaria 05/29 e il testo degli articoli del Codice del Consumo ampiamente analizzati nel corso del lavoro. È bene offrire la possibilità di un confronto diretto tra 5

7 Premessa l analisi testé fornita e la formalizzazione originaria della normativa per garantire una comprensione esaustiva di quanto descritto. Dopo aver delineato in linee generali il contenuto della tesi, voglio esprimere il mio più sincero grazie alla mia famiglia: a Mamma, a Super Papuzzo e ad Alessandra, senza il cui supporto, la pazienza e la preziosa collaborazione, tale risultato non sarebbe mai stato raggiunto. 6

8 Capitolo I Origine e attuazione della disciplina sulle Pratiche commerciali scorrette Sommario: 1. La pubblicità ingannevole nella direttiva Europea 84/ La pubblicità ingannevole: il Codice del Consumo nella versione vigente prima dell entrata in vigore dei Decreti Legislativi. 2 agosto 07, 145 e L evoluzione della normativa negli anni 00: primi accenni alla direttiva comunitaria 05/ Il recepimento della direttiva 05/29/Ce in Italia Le particolarità del recepimento della direttiva 05/29/Ce: le scelte del legislatore e le relazioni con altre discipline normative con essa interferenti. 2. Il decreto legislativo 146/07 e i nuovi articoli del Codice del Consumo Le definizioni dell art. 18 del d.lgs. 6/05 e la nozione di diligenza professionale La nozione di consumatore e l idoneità di una pratica commerciale a falsare il comportamento economico del consumatore stesso Il consumatore medio come parametro di riferimento per le nuove norme del Codice del Consumo. ******* 1. La pubblicità ingannevole nella direttiva Europea 84/450 Nel corso del presente lavoro di tesi, ed in particolare in questo primo capitolo, si prenderà in esame la trasformazione e l evoluzione delle norme europee ed italiane in materia di tutela del consumatore, degli scambi che questi intrattiene con i professionisti, e del rapporto fra gli stessi imprenditori, in una pura ottica concorrenziale. Un attenzione speciale, inoltre, sarà rivolta alla modalità con cui è stato formalizzato giuridicamente un nuovo concetto: quello di pratica commerciale sleale il quale, essendo stato introdotto di recente nella giurisprudenza nazionale ed europea, ha prodotto modifiche importanti nell ordinamento di questo settore. Il mercato in continua espansione e una concorrenza molto aspra tra le imprese ha amplificato il bisogno di quest ultime di individuare strategie di marketing sempre più puntuali e mirate, poste in essere attraverso l utilizzo di comunicazioni commerciali e forme pubblicitarie volte ad influenzare in maniera significativa il proprio target di riferimento. Il legislatore europeo, in considerazione dell importanza che hanno assunto le comunicazioni aziendali nell orientare la scelta dell acquisto di un bene da parte del consumatore, ha ritenuto necessario, nel 1984, attraverso l emanazione della direttiva 450, di determinare i criteri con i quali poter classificare una pubblicità come ingannevole. La direttiva comunitaria 84/450 Cee è stata recepita in Italia con il decreto legislativo 74/1992 con lo scopo, in base a quanto esplicitato nell articolo 1, di tutelare dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali i soggetti che esercitano 7

9 Capitolo I un'attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, i consumatori e, in genere, gli interessi del pubblico nella fruizione di messaggi pubblicitari, nonché di stabilire le condizioni di liceità della pubblicità comparativa. L articolo 1, appena citato, nel 1992 non conteneva nessun riferimento alla pubblicità comparativa, dal momento che in Italia non era considerata lecita, ma il decreto legislativo è stato modificato nel 00 con un altro decreto, il numero 67, sempre in accordo con le nuove disposizioni europee. La direttiva 97/55 Ce, infatti, ha modificato e ampliato i contenuti della 84/450 prevedendo e includendo nella normativa anche la pubblicità comparativa, definendone i parametri di liceità. La finalità del decreto legislativo del 1992 quindi è molto esplicita: con un unico corpus di articoli si intende garantire tutela in tre ambiti ben distinti e che sono, nello specifico, il singolo acquirente, i rapporti fra imprenditori e l interesse generale che si estrinseca nella collettività e nel mercato. È doveroso sottolineare questa impostazione che il legislatore italiano ed europeo avevano impartito all inizio per questo settore, perché, come si analizzerà in seguito, una delle trasformazioni più rilevanti del 07 consisterà proprio nel disintegrare questa unicità e operare una netta distinzione in base alla tipologia di soggetto che viene coinvolto in una pratica commerciale scorretta. Negli articoli successivi del decreto legislativo 74/1992 si rinvengono le definizioni di pubblicità e pubblicità ingannevole che è, senza dubbio, importante riportare per offrire una visione di quello che la norma mira a disciplinare. Per pubblicità si intende: qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso, in qualsiasi modo, nell'esercizio di un'attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere la vendita di beni mobili o immobili, la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi oppure la prestazione di opere o di servizi, mentre la decettività si manifesta per qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero che, per questo motivo, leda o possa ledere un concorrente. Con la redazione del decreto legislativo 6/05 in cui è contenuto il Codice del consumo, il titolo III del Codice stesso ha ospitato la normativa in materia di pubblicità ingannevole e comparativa ed, in piena risonanza con l allora vigente 8

10 Capitolo I normativa, si è posto sotto tutela qualsiasi soggetto, consumatore o impresa, ente pubblico o privato che potesse subire dei danni da una comunicazione non corretta La pubblicità ingannevole: il Codice del Consumo nella versione vigente prima dell entrata in vigore dei Decreti Legislativi 2 agosto 07, 145 e 146 Prima dell analisi della trasformazione della disciplina negli ultimi due anni, è bene passare brevemente in rassegna la composizione del Codice del Consumo al fine di capire meglio la vera portata dei cambiamenti introdotti dall Unione Europea. La sezione del decreto legislativo 6/05 che si analizzerà in questo paragrafo è il Titolo III denominato Pubblicità e altre comunicazioni commerciali, voluto fortemente dal legislatore italiano, il quale ha provveduto a distinguere e differenziare tali attività dalle restanti tipologie di tutela. All interno di questa sezione del Codice del Consumo erano riportati quasi pedissequamente i contenuti della direttiva comunitaria 84/450/Cee e del decreto legislativo 74/1992, ridotti, almeno da un punto di vista sistematico, nell orbita del diritto dei consumatori. L articolo 19 2 del decreto legislativo 6/05, prima delle modifiche che sono state apportate per il recepimento della direttiva comunitaria 05/29, conteneva la ratio legis dell intera sezione del Codice dedicata alla pubblicità ingannevole e comparativa 3. La normativa sulla pubblicità ingannevole disciplinata in questa sede, tende ad offrire una protezione onnicomprensiva: tutela, infatti, non solo l acquirente che può compiere scelte che altrimenti non avrebbe mai preso, ma anche quanti agendo nello svolgimento della propria attività commerciale non sono definibili come consumatori e sono suscettibili, in egual modo, di essere vittime di attività decettive. Si garantisce, in questo modo, protezione ai soggetti impegnati nell ultima fase del contatto con l utente finale, 1 Cfr. L.C. Ubertazzi, Concorrenza sleale e pubblicità, Cedam, Milano, 08 p L articolo 19 del Codice del Consumo, nella versione non modificata, recita che: Le disposizioni della presente sezione hanno lo scopo di tutelare dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali i soggetti che esercitano un attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, i consumatori e, in genere, gli interessi del pubblico nella fruizione di messaggi pubblicitari, nonché di stabilire le condizioni di liceità della pubblicità comparativa. 3 Cfr. S. Sica, V. D Antonio, Pubblicità ingannevole e comparativa, in Commentario del Codice del consumo inquadramento sistematico e prassi applicativa, a cura di P. Stanzione, G. Sciancalepore, 06, Ipsoa, p

11 Capitolo I ai fornitori e a tutti gli intermediari che lavorano all interno della filiera produttiva. Tali considerazioni determinano che, almeno da un punto di vista soggettivo, questa disciplina non coincide esclusivamente con il diritto dei consumatori poiché è applicabile a più tipologie di contratti, da quelli di consumo a quelli d impresa. All interno dell articolo del decreto si rinvengono tutte le definizioni 4 di pubblicità, da ingannevole a comparativa, che, di riflesso, sono state citate già nel paragrafo precedente, dal momento che sono le medesime presenti nel decreto legislativo 74/1992. Le nozioni hanno dei margini interpretativi davvero ampi, tanto che qualsiasi tipologia di comunicazione può essere inclusa all interno di questa classificazione: perfino la comunicazione istituzionale, in cui l invito alla fruizione di un oggetto o di un servizio è solo indiretta, ad esempio, è stata inclusa tra i messaggi soggetti a giudizio dall Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato così come sono incluse anche le sponsorizzazioni, le televendite e le telepromozioni. Sono escluse, invece, da questo elenco i messaggi diffusi senza scopo di lucro o la pubblicità sociale appartenente alla categoria di advocacy. La diffusione del messaggio, trattandosi, come appare ovvio, di forme di battage pubblicitario è conditio sine qua non per la formazione dell illecito. In linea con quanto modificato a partire dal settembre 07, inoltre, compaiono come elementi necessari alla definizione di un attività scorretta l idoneità della pubblicità a indurre in errore i destinatari di essa e, proprio a causa del carattere decettivo della comunicazione, il fatto che sia idonea a pregiudicare il comportamento economico del consumatore che riceve il messaggio. Volendo continuare ad individuare gli elementi che segnano una continuità nonostante i cambiamenti degli ultimi anni, si rileva come in primis, le fattispecie di illecito previste dalla norma hanno un carattere puramente oggettivo, dal momento che prescindono completamente dalle categorie colpevolistiche della colpa o del dolo 5, rendendo irrilevante l intenzionalità del professionista a diffondere informazioni mendaci al fine di qualificare una pubblicità come ingannevole e poi come sia necessaria la mera possibilità che un acquirente possa cadere in errore a rendere il messaggio idoneo ad essere inserito nel novero di quelli sanzionabili. Come parametro di riferimento per 4 L Articolo del Decreto Legislativo 6/05 assume le stesse funzioni che assurge l articolo 18 nel Codice del consumo come modificato dai decreti 145/07 e 146/07. 5 Cfr. S. Sica, V. D Antonio, Pubblicità ingannevole e comparativa, in op.cit, p

12 Capitolo I comprendere quanto una pubblicità possa generare comportamenti che senza di essa non avrebbero avuto luogo si è scelto in una prima istanza il target a cui è rivolta la comunicazione e poi si è introdotta la nozione di consumatore medio, una nozione questa che sarà ampiamente esaminata nel corso del presente capitolo in base alle più recenti concezioni. Nei restanti articoli che compongono questa sezione del Codice del consumo si rinvengono gli elementi utili per valutare la decettività di una pubblicità (art.), le condizioni di liceità della pubblicità comparativa (art.), le condizioni per la trasparenza della pubblicità (art.), la normativa sulla pubblicità di prodotti pericolosi per la salute e la sicurezza dei consumatori (art.) e quella sui bambini e adolescenti (art.). Gli articoli principali su cui si è basata la tutela del consumatore in questi anni sono essenzialmente l art. e l art. perché determinano le linee guida per la creazione della maggior parte dei messaggi pubblicitari e soprattutto indicano i criteri a cui deve rifarsi l Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nell emettere i propri giudizi. L articolo 6, infatti recita che: per determinare se la pubblicità sia ingannevole se ne devono considerare tutti gli elementi, con riguardo in particolare ai suoi riferimenti: a) alle caratteristiche dei beni o dei servizi, quali la loro disponibilità, la natura, l esecuzione, la composizione, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, l idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l origine geografica o commerciale, o i risultati che si possono ottenere con il loro uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove o controlli effettuati sui beni o sui servizi; b) al prezzo o al modo in cui questo viene calcolato ed alle condizioni alle quali i beni o i servizi vengono forniti; c) alla categoria, alle qualifiche e ai diritti dell operatore pubblicitario, quali l identità, il patrimonio, le capacità, i diritti di proprietà intellettuale e industriale, ogni altro diritto su beni immateriali relativi all impresa ed i premi o riconoscimenti. L articolo, invece, appare ancora più interessante dal momento che afferma: Per quanto riguarda il confronto, la pubblicità comparativa è lecita se sono soddisfatte le seguenti condizioni:a) non è ingannevole ai sensi della presente sezione; b) confronta beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi 6 Articolo del decreto legislativo 6/05, prima delle modifiche dei decreti legislativi 145/07 e 146/07. 11

13 Capitolo I obiettivi; c) confronta oggettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi; d) non ingenera confusione sul mercato fra l operatore pubblicitario ed un concorrente o tra i marchi, le denominazioni commerciali, altri segni distintivi, i beni o i servizi dell operatore pubblicitario e quelli di un concorrente; e) non causa discredito o denigrazione di marchi, denominazioni commerciali, altri segni distintivi, beni, servizi, attività o circostanze di un concorrente;f) per i prodotti recanti denominazione di origine, si riferisce in ogni caso a prodotti aventi la stessa denominazione; g) non trae indebitamente vantaggio dalla notorietà connessa al marchio, alla denominazione commerciale ovvero ad altro segno distintivo di un concorrente o alle denominazioni di origine di prodotti concorrenti; h) non presenta un bene o un servizio come imitazione o contraffazione di beni o servizi protetti da un marchio o da una denominazione commerciale depositati. 2. Il requisito della verificabilità di cui al comma 1, lettera c), si intende soddisfatto quando i dati addotti ad illustrazione della caratteristica del bene o servizio pubblicizzato sono suscettibili di dimostrazione. 3. Qualunque raffronto che fa riferimento a un offerta speciale deve indicare in modo chiaro e non equivoco il termine finale dell offerta oppure, nel caso in cui l offerta speciale non sia ancora cominciata, la data di inizio del periodo nel corso del quale si applicano il prezzo speciale o altre condizioni particolari o, se del caso, che l offerta speciale dipende dalla disponibilità dei beni e servizi. 7. Tutti questi articoli appena citati (dall articolo all articolo ), da quando hanno abbandonato questa collocazione nel Codice del Consumo a seguito delle modifiche provenienti dalla direttiva comunitaria, sono stati integralmente trascritti nel decreto legislativo 145/07 che regola esclusivamente i rapporti tra i professionisti e al quale i consumatori non possono appellarsi. Un analisi più approfondita di tali argomenti nella nuova collocazione prescinde dall obiettivo di questa tesi poiché il presente studio non si interessa dei professionisti, bensì solo dei consumatori e le basi sulle quali questi possono far valere i propri diritti. 7 Articolo del decreto legislativo 6/05, prima delle modifiche dei decreti legislativi 145/07 e 146/07. 12

14 Capitolo I 1.2. L evoluzione della normativa negli anni 00: primi accenni alla direttiva 05/29/CE La trasformazione di questa disciplina è cominciata nell ultimo decennio dal momento che si può iniziare ad intravedere un sostanziale cambiamento dello status quo con l emanazione del Libro verde sulla tutela dei consumatori nell Unione europea, COM (01) 531 def., del ). Le modifiche, stabilite dall Unione Europea, seguono tutte il medesimo principio: la protezione massima nei confronti del consumatore verso tutte le pratiche sleali, ivi compresa l informazione mendace, e l armonizzazione della disciplina in materia di tutela del consumatore. Il legislatore europeo ha costatato, infatti, che le divergenze fra le leggi degli stati membri, in questo settore, rappresentavano il maggior deterrente per uno sviluppo consono del commercio sia per gli imprenditori che per gli acquirenti. Gli imprenditori erano costretti ad adottare prassi commerciali e campagne pubblicitarie difformi in relazione al paese di riferimento adeguandone, di volta in volta, contenuti e promozioni, con un dispendio di risorse davvero troppo oneroso. Si è osservato, invece, che a frenare i consumatori ad effettuare compere al di fuori della propria nazione d origine era l inesperienza e l ignoranza delle leggi vigenti in altre realtà. La soluzione più idonea, quindi, per porre fine a tali problematiche si è rivelata quella di uniformare le leggi degli stati ed ottenere una disciplina quanto mai omogenea. È utile capire a questo proposito le prime considerazioni in merito effettuate dalla Commissione Europea presenti nel già citato Libro verde sulla tutela dei consumatori nell Unione europea poiché dai libri verdi spesso poi traggono origine i successivi sviluppi legislativi comunitari 8. I dibattiti con le parti interessate, che siano stati enti o individui, hanno portato all espressione di una serie di considerazioni importanti in termini sia politici che di carattere economico-giuridico. Il Libro verde sulla tutela dei consumatori nell Unione europea introduce, infatti, la locuzione di comunicazione commerciale 9 che riguarda tutte le forme di pubblicità, marketing diretto, sponsorizzazione, promozione delle vendite e relazioni pubbliche. Queste 8 Cfr. E. Minervini, L. Rossi Carleo (a cura di), Le pratiche commerciali sleali, Giuffrè, Milano, 07, pag Ivi, p.2 13

15 Capitolo I attività, seppure non trovino una formalizzazione e una distinzione da un punto di vista tecnico, almeno a livello giuridico, sono tutte accomunate dalla volontà di incentivare la circolazione dei beni e dei servizi nel mercato e quindi di fare, in un certo qual senso, pressione sul comportamento del consumatore. Il Parlamento Europeo, avendo rilevato anche le numerose reazioni positive da parte delle imprese e delle organizzazioni dei consumatori nel Seguito dato al libro sulla tutela dei consumatori nell Unione Europea dell 11 giugno del 02, nell aprile 04 approva la proposta di emendare una nuova direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali tra le imprese e il mercato interno. Il Parlamento, infatti, esaminando le indicazioni così come pervenute dalla Commissione, ne condivide i principi di base: occorre quindi individuare un divieto generale per tutte quelle pratiche commerciali che rientrino nella definizione di slealtà, progettando la redazione di una lista, una black list, che riporti esempi fulgidi di pratiche da considerarsi in ogni caso scorrette. Tutti questi lavori preparatori hanno portato alla definitiva realizzazione della direttiva 05/29/Ce che solo nel 07 è stata recepita nell ordinamento italiano. La direttiva può, per semplicità d analisi, dividersi in due parti: la prima parte che interessa gli articoli 2-13 e che contiene la nuova regolamentazione delle pratiche commerciali sleali mentre la seconda parte prevede la modifica di alcuni provvedimenti comunitari già vigenti, come, ad esempio, la precedente e menzionata direttiva sulla pubblicità ingannevole del 1984 e quella sulla pubblicità comparativa. La direttiva oggetto di studio riguarda le pratiche commerciali il cui intento diretto è quello di influenzare le decisioni di natura commerciale dei consumatori relative a prodotti. Non riguarda le pratiche commerciali realizzate principalmente per altri scopi, comprese ad esempio le comunicazioni commerciali rivolte agli investitori, come le relazioni annuali e le pubblicazioni promozionali delle aziende 10. La direttiva, infatti, tutela direttamente gli interessi dei consumatori e solo indirettamente le attività che possono danneggiare i concorrenti. Il legislatore europeo, seppur contempli l ipotesi che esistano nel settore pratiche commerciali che, per quanto non influenzino in maniera negativa il consumatore, possano ledere esclusivamente gli imprenditori, rimanda alla 10 Art.7 della CEE 29/05 14

16 Capitolo I Commissione il compito di promuovere un altra azione comunitaria al di fuori della direttiva 05/29 Ce che regoli queste altre fattispecie 11. A questo punto occorre capire come è formalizzata la nozione di pratica commerciale scorretta ai sensi dell art.2 lett D proprio perché è da questa definizione che sarà possibile individuare le differenze, le modifiche e le eventuali integrazioni con il concetto di pubblicità e di comunicazione commerciale. La pratica commerciale è definita come qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posto in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita, fornitura di un prodotto ai consumatori. 12. In una prima analisi appare evidente come il diritto si trovi spesso in difficoltà nel ricondurre i concetti che sono legati al mondo aziendale nei canoni del linguaggio formale e giuridico, e come spesso il legislatore finisca per fornire delle classificazioni troppo ampie e di una modesta utilità tecnica. Come si evince dalla formalizzazione della definizione di pratiche commerciali, infatti, aver accomunato nello stesso articolo termini quali marketing, comunicazione commerciale e pubblicità non aiuta chi legge ad individuare in modo semplice processi e funzioni distinte dell intera attività d impresa. Si nota, comunque, a partire dal 1984, in ambito europeo, fino al recepimento nel 07 in Italia dell ultima normativa, una graduale operazione di generalizzazione dei principi definitori e si è passati dalla protezione, alquanto contestualizzata, di messaggio pubblicitario ingannevole ad un più totalizzante tentativo di copertura dell intero processo negoziale fra il consumatore e l imprenditore. A conferma di ciò, i termini pratica commerciale e pubblicità sono in stretta relazione, 11 Art.8 della CEE 29/05 12 Nell articolo 18 del decreto legislativo 6/05 viene definita pratica commerciale scorretta qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posto in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita, fornitura di un prodotto ai consumatori. A differenza di quanto stabilito dall articolo 2 let.d del 05/29CE in cui la pratica commerciale è tale se direttamente connessa alla promozione e alla vendita, il legislatore italiano ha preferito utilizzare la dicitura in relazione a per includere in questo articolo qualsiasi atto del professionista idoneo a incidere nella sfera del consumatore, seppur di riflesso. Lasciare quanto previsto della direttiva europea, infatti, avrebbe potuto comportare l esclusione dal novero delle pratiche commerciali determinati atti di concorrenza sleale come ad esempio il boicottaggio o l abuso di posizione dominante. Cfr. Ubertazzi, op.cit., p.3. 15

17 Capitolo I ed anzi, il primo contiene il secondo 13. Una differenza importante tra le pratiche commerciali e le comunicazioni commerciali è rappresentata, inoltre, dal fatto che sono diversi i soggetti che vengono considerati destinatari di queste stesse e di riflesso anche quelli che vengono tutelati: da un lato, infatti, la direttiva 05/29 Ce disciplina le pratiche commerciali dirette ai consumatori finali lasciando fuori gli intermediari, mentre le comunicazioni commerciali si sa che tendono a influenzare rivenditori, opinion leader, e non solo i diretti interessati dei messaggi aziendali. Se prima del 05, quindi, non sussisteva questa differenziazione, attualmente, invece, le pratiche commerciali attengono alla protezione del solo consumatore, mentre la direttiva del 1984 è stata modificata restringendo la disciplina della pubblicità ingannevole al controllo del rapporto dei soli professionisti. L art.14 della 05/29 Ce, infatti, ha radicalmente cambiato l art.1 della 84/450 CEE che ora recita: la presente direttiva ha lo scopo di tutelare i professionisti dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali e di stabilire condizioni di liceità della pubblicità comparativa.. La direttiva 84/450/CEE, del 10 settembre 1984, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa, come è facile notare, è stata più volte modificata in modo sostanziale e dunque, per ragioni di chiarezza e razionalizzazione, il legislatore europeo ha ritenuto opportuno emanare, in data 12 dicembre 06, una nuova direttiva, la numero 114, in cui è stata codificata l intera disciplina sulla pubblicità ingannevole e su quella comparativa contenente tutte le modifiche apportate nel corso degli anni, potendo far ritenere abrogata la precedente direttiva del Volendo porre nuovamente l attenzione sulla direttiva più importante per l interesse del presente studio, quella del 05, è doveroso sottolineare che gli organi comunitari hanno previsto un doppio termine 14 per il recepimento della direttiva 29/05 Ce da parte degli stati membri dell Unione Europea. L art.19 della succitata direttiva stabilisce, infatti, che gli stati membri debbano adottare e pubblicare entro il 12 giugno 07 le disposizioni legislative indispensabili all adeguamento dell apparato 13 Cfr. M. Pratesi, Il punto di vista dell aziendalista, Pubblicità e altre comunicazioni commerciali: chiarimenti sui termini e tendenze evolutive in atto, in Codice del Consumo. Commentario a cura di Alpa e Rossi Carleo, Esi, Napoli, 05, p Cfr. G. De Cristofaro (a cura di), Pratiche commerciali scorrette e codice del consumo, Il recepimento della direttiva 05/29 Ce nel diritto italiano (decreti legislativi n145 e 146 del 2 agosto 07), Giappichelli editore, Torino, 08, p. 49 e ss. 16

18 Capitolo I normativo salvo poi applicarle e farle, dunque, entrare in vigore entro il termine ultimo del 12 dicembre A partire, appunto, da quest ultima data era prevista l entrata in vigore del nuovo sistema comunitario delle pratiche commerciali sebbene le disposizioni dell art.19 non siano state rispettate in modo omogeneo da tutti i Paesi considerando che nel mese di settembre del 08 non si erano uniformati ai dettami comunitari né la Germania, né il Lussemburgo e né la Spagna. I legislatori di ogni stato membro dell Unione Europea, comunque, si sono trovati di fronte a delle questioni importanti da risolvere per poter adeguatamente conformare il proprio ordinamento con quanto previsto dalla 05/29 Ce e, soprattutto, con poche opportunità di scelta, dal momento che la tensione ad armonizzare la dottrina in ogni paese aderente al patto, offriva loro ridottissimi margini di manovra e di autonomia. Il problema principale si è palesato all atto di optare tra la creazione di un corpus normativo unitario, organicamente inserito all interno di preesistenti leggi nel quale introdurre quindi le modifiche della direttiva, oppure di dare vita a due discipline separate (una per la tutela del consumatore dalle pratiche commerciali sleali e un altra che proteggesse i concorrenti dalla pubblicità ingannevole o dalla scorretta pubblicità comparativa). Un altra questione 16 di primaria importanza, inoltre, è rappresentata dalla necessità di concordare qualsiasi trasformazione dell ordinamento con le leggi vigenti in materia di concorrenza sleale e di tutela dei consumatori e che in Italia, ad esempio, riguardano, per la prima ipotesi, gli articoli del codice civile mentre, per la seconda, il decreto legislativo 6/05 in cui è contenuto il Codice del Consumo Il recepimento della direttiva comunitaria 05/29 in Italia. A questo punto è bene introdurre come la direttiva comunitaria del 05 sia stata recepita in Italia e con quali metodologie. Il legislatore italiano ha riformato l ordinamento nazionale attraverso l emanazione di due decreti legislativi, entrati in 15 Art.19 della direttiva 05/29 recita: Gli stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 12 giugno 07. Essi ne informano immediatamente la Commissione e comunicano senza indugio a quest ultima ogni eventuale successiva modifica. Essi applicano tali disposizioni entro il 12 dicembre 07. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono stabilite dagli Stati membri. 16 Cfr. De Cristofaro, op.cit, p

19 Capitolo I vigore nello stesso giorno, il 02/08/07, rispettivamente il 145 e il 146, che hanno tradotto in maniera quasi pedissequa la direttiva 05/29 Ce e il d.lgs. del ottobre 08, 1. Il primo di questi decreti 17 contiene la disciplina generale della pubblicità ingannevole e comparativa, in modo particolare le norme di recepimento della direttiva 84/450 Ce, come modificata dalla 97/55/Ce e dall art.14 della stessa direttiva 05/29/Ce. L intitolazione di questo decreto, Attuazione dell articolo 14 della direttiva 05/29/Ce che modifica la direttiva 84/450/Cee sulla pubblicità ingannevole, porta erroneamente a credere che al suo interno possano essere stati inseriti esclusivamente gli articoli necessari all adeguamento dell ordinamento italiano alla normativa, mentre, in realtà, in esso è stato trasposto l intero corpus che, in origine, era contenuto nel decreto legislativo 74 del 28 gennaio 1992 e già trasferito, in un primo tempo, negli articoli del d.lgs. 6/05, una trasposizione questa che ha stabilito la definitiva abrogazione del d.lgs. 74/1992. Nel decreto legislativo 146/07 18 si rinvengono, invece, le disposizioni di recepimento degli articoli 1-13 e della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, che, a breve, saranno analizzate nel dettaglio specificando anche la loro collocazione nell ambito dell ordinamento italiano. In questo decreto, inoltre, è presente un articolo, il numero 5 delle Disposizioni finali 19, che tende a ridurre la portata operativa di un provvedimento precedente, la legge 173/05, che disciplina le vendite piramidali, il quale, invece, avrebbe meritato di essere accorpato in maniera più omogenea all interno del novero delle pratiche commerciali sleali. La succitata legge del 05, infatti, è rimasta praticamente invariata, ma ha una valenza ormai solo su un piano formale e, 17 D.lgs. 145 del 2 agosto 07, recante Attuazione dell articolo 14 della direttiva 05/29/Ce che modifica la direttiva 84/450/Cee sulla pubblicità ingannevole. 18 D.lgs. 146 del 2 agosto 07, recante Attuazione della direttiva 05/29/Ce relativa alla pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica le direttive 84/450/Cee, 97/7/Ce, 98/27/Ce, 02/65/Ce, e il Regolamento (Ce) 06/ L art. 5 del d.lgs. 146/07, infatti, riporta che: Dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo gli articoli 5, comma 1, e 7, della legge 17 agosto 05, 173, recante disciplina della vendita diretta a domicilio e tutela del consumatore dalle forme di vendita piramidali, sono abrogati nella parte in cui riguardano forme di vendita piramidali tra consumatori e professionisti come definite all'articolo, comma 1, lettera p), del decreto legislativo 6 settembre 05, 6, recante Codice del consumo in cui e' previsto o ipotizzabile un contributo da parte di un consumatore come definito dall'articolo 18, comma 1, lettera a), del predetto codice. I suddetti articoli 5, comma 1, e 7, restano applicabili pertanto alle forme di promozione piramidale che coinvolgano qualsiasi persona fisica o giuridica che agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale. 18

20 Capitolo I come scritto poc anzi, si sarebbe potuto optare per un integrazione migliore all interno del decreto legislativo 6/005. Nel corso del presente capitolo, si osserverà in maniera più approfondita come il recepimento della direttiva europea da parte del legislatore italiano non sia esente da critiche poiché, in alcune occasioni, si è limitato a riportare nel nostro ordinamento termini che possono ritenersi appropriati se utilizzati in ambito comunitario, senza provvedere ad adattarli alle peculiarità dell ordinamento nazionale e con scarsa armonia con le previgenti leggi afferenti con tale disciplina. L attuazione della direttiva 05/29 Ce si è per così dire conclusa con l emanazione del d.lgs. del ottobre del 07, 1, che contiene le Disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 6 settembre 05, 6, recante Codice del Consumo poiché il Governo, sfruttando la delega conferita dall art. bis della legge 9/03 che conferiva il potere di modificare uno o più decreti legislativi per apportare correzioni e integrazioni, ha inserito gli articoli provenienti dal d.lgs. 146/07 nel d.lgs. 6/05. Il legislatore italiano ha deciso, infatti, di modificare i contenuti del Codice del consumo, estromettendo la disciplina sulla pubblicità ingannevole che prima era contenuta negli articoli del d.lgs. 6/05 e sostituire questi articoli con quanto disposto dalla normativa sulle pratiche commerciali sleali. Suscita perplessità, però, la collocazione delle disposizioni attuative degli articoli 1-13 della direttiva 05/29/Ce nell ambito del Titolo III della Seconda Parte del Codice del consumo intitolata Educazione, Informazione e Pubblicità poiché, dal momento che la definizione di pratica commerciale, come già più volte sottolineato, include qualsiasi condotta rivolta a promuovere l acquisto di beni e servizi ai consumatori ed è indubitabilmente legata alla stipulazione di contratti, sarebbe stato più consono e più coerente, per una questione sistematica e contenutistica, inserire tali articoli nella Parte III del d.lgs. 6/05 intitolata Il rapporto di consumo. La soluzione più idonea sarebbe stata probabilmente quella di introdurre le nuove disposizioni nell attuale Titolo II della Parte III, risolvendo contemporaneamente la questioni inerenti al precetto normativo proposto dall art.39 e Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 278 del 29 novembre 07. L articolo 39 del d.lgs. 6/05 recita: le attività commerciali sono improntate al rispetto dei principi di buona fede, di correttezza e di lealtà, valutati anche alla stregua delle esigenze di protezione delle categorie di consumatori. I principi di buona fede, correttezza e di lealtà rappresentano dei 19

21 Capitolo I che sarebbe stato, in questo caso, inglobato nelle modifiche in oggetto. L articolo 39 del codice del consumo, infatti, all atto della redazione del d.lgs. 6 nel 05, faceva già riferimento non ad atti o contratti, ma all intera attività commerciale, non considerando l esistenza di un rapporto contrattuale, e volendo tutelare il consumatore in ogni fase del processo di consumo. Si crea, invece, con questa scelta, una sorta di commistione con la direttiva europea più volte citata tanto da poter ravvisare nell articolo 39 una norma pensata dal legislatore nazionale per accogliere in modo più armonioso possibile la disciplina europea. È possibile, comunque, che il nostro legislatore abbia optato per questa collocazione poiché ha recepito la direttiva europea 05/29 dando maggior enfasi all aspetto meramente pubblicistico della normativa piuttosto che concentrarsi sui rapporti contrattuali tra consumatore e imprenditore. In effetti, la Parte II del Codice del Consumo detta una serie di norme di comportamento per la cui violazione vengono espressamente contemplate soltanto sanzioni amministrative pecuniarie, laddove per contro la Parte III reca un insieme di regole di natura privatistica. In conclusione di questo paragrafo, al di là di tutte le recriminazioni su possibili collocazioni migliori degli articoli succitati, il decreto 6/05, come modificato dal d.lgs. 146/07, fa sì che i contenuti del Titolo III della Parte II del Codice del Consumo siano i seguenti: il primo capo contiene le Disposizioni generali con gli artt. 18 e 19 in cui sono inserite una serie di definizioni e regole che determinano il rapporto con le altre discipline, il secondo capo, intitolato Pratiche commerciali scorrette (artt.-) al cui interno si rinvengono le norme di attuazione degli articoli 5-9 della direttiva, nell ultimo, il terzo capo (artt quarter) ospita le norme di recepimento degli articoli della 05/29/Ce. sinonimi, ma il problema si pone allorquando si vuole interpretare questa norma in relazione alla direttiva sulle pratiche commerciali sleali e alla singolare contaminazione che la 05/29/Ce opera tra buona fede oggettiva, ragionevolezza e diligenza nell art.5, comma 2, lettera a. Per il diritto italiano, infatti, diligenza e buona fede oggettiva non sono certamente dei sinonimi ed è addirittura sconosciuta la definizione di ragionevolezza se non per alcune eccezioni (art.117 del codice del Codice del Consumo). Il punto debole dell art.39, come si evince facilmente, è la totale assenza di sanzioni. Cfr. E. Minervini, L. Rossi Carleo (a cura di), op. cit, p. 80. Cfr F. Vigoriti, Verso l attuazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, in Europa e diritto privato, 07, pag.5 Cfr. De Cristofaro, op.cit, p.70

22 Capitolo I Le particolarità del recepimento della direttiva 05/29/Ce: le scelte del legislatore e le relazioni con altre discipline normative con essa interferenti. Nell ordinamento italiano si è rispettata, dunque, la diversificazione di tutela imposta dalla comunità europea, dal momento che si è realizzato un sistema bipolare di protezione, uno riservato esclusivamente al consumatore, con il decreto legislativo 146/07, e un altro che regola i rapporti con la concorrenza, sebbene la soluzione italiana presenti un indubbia originalità. Se da un lato, infatti, la parte sostanziale delle pratiche sleali e della pubblicità ingannevole e comparativa risulti completamente uniforme ai precetti contenuti nelle due discipline e sono ben evidenti le differenze, non può si può analogamente individuare un autonomia da un punto di vista procedimentale, dal momento che la competenza ad accertare le violazioni è stata attribuita, di fatto, alla stessa Autorità, l Autorità garante delle concorrenza e del mercato. Natura, entità, tipologia delle sanzioni sono le medesime sia in un caso che nell altro. A causa di ciò, dunque, si riduce drasticamente la portata pratica di queste normative poiché, sebbene la divisione teorica resti senza dubbio importante, si porta a confondere su un piano squisitamente operativo le applicazioni e le delimitazioni delle singole discipline. Un ulteriore sovrapposizione si verifica anche perché nel d.lgs. 146/07, come di seguito riportato nell art.27 co. 2 del Codice del consumo, si prevede che sia concessa l opportunità di chiedere l intervento dell Autorità garante della concorrenza e del mercato a chiunque ne abbia un interesse, che sia un singolo individuo o un organizzazione. Questa condizione comporta che il professionista, i cui affari o la propria reputazione non siano lesi da un comportamento concorrenziale scorretto riconducibile alla pubblicità ingannevole e a quanto tutelato dall apposito decreto legislativo 145/07, possa difendere i propri interessi appellandosi alla protezione offerta dal decreto legislativo 6/05. Un eventualità del genere non può considerarsi remota dal momento che è lecito che un imprenditore, piuttosto che ricorrere al giudice ordinario per far valere i propri diritti in base al codice di proprietà industriale, d.lgs. 30/05, o agli articoli del codice civile, preferisca, in Ibidem, p. 76 Si vedano nello specifico, artt.27 del Codice del Consumo e 8 del decreto legislativo 2 agosto

23 Capitolo I termini di spesa e di rapidità, grazie all apertura lasciata dal succitato articolo 27 co. 2, l iter previsto dall Antitrust. Questa suddivisione e questo tentativo di concedere piena autonomia alla disciplina in esame, inoltre, per quanto non si voglia criticare in pieno l impostazione del legislatore, appare poco funzionale poiché sono difficilmente immaginabili tanti casi in cui una lesione del comportamento economico del consumatore non danneggi, a sua volta, un possibile concorrente. È complesso individuare, infatti, ipotesi in cui si possa trovare applicazione solo una delle due normative e quindi l effetto più immediato di quella che può considerarsi come una sorta di idealizzazione legislativa, è il concretizzarsi di un surplus di procedure e di possibili rimedi che scaturiscono dallo stesso comportamento sleale. Oltre alla succitata problematica relativa alla possibile dislocazione della disciplina delle pratiche commerciali e dei rapporti concorrenziali in più ambiti normativi, è utile capire anche come le scelte del legislatore, nell applicare la direttiva 05/29/Ce, abbiano influito in settori normativi affini e preesistenti alle modifiche che si sono stabilite nel corso di questi ultimi due anni. Sono palesi, infatti, le interferenze con la teoria del contratto e quelle con la responsabilità civile dal momento che, come si analizzerà meglio nel paragrafo successivo, le pratiche commerciali mirano a tutelare tutti i rapporti posti in essere prima, durante e dopo un operazione commerciale assimilando, di conseguenza, sotto la propria tutela qualsiasi trattativa fino all adempimento di tutte le clausole contrattuali. L articolo 19 del d.lgs. 6/05 permette di affermare, dunque, che non è necessario che un operazione commerciale giunga a compimento per poterla definire come una pratica commerciale scorretta, bensì è sufficiente che questa stessa sia atta ad alterare o modificare, facendo leva su escamotage ingannevoli, le capacità decisionali del consumatore medio, pregiudicandone negativamente il comportamento economico. Quando il consumatore stipula il contratto può solo ricorrere a rimedi di carattere invalidatorio che gli consentano di svincolarsi da quanto sottoscritto e richiedere, ove ce ne sia la possibilità, eventuali risarcimenti danni. Nell ambito del codice civile e quindi non facendo Art.19 del decreto legislativo 6/05

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