I COSTI INDUSTRIALI DEL SERVIZIO DI GESTIONE
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1 I COSTI INDUSTRIALI DEL SERVIZIO DI GESTIONE DI IGIENE AMBIENTALE: INCIDENZA NELLA TARIFFA FINALE PER L UTENTE *** I COSTI INDUSTRIALI DEI SPL E LA TARIFFA NEL CONTESTO NAZIONALE *** COSTI INDUSTRIALI DEL SERVIZIO DI GESTIONE DEI RIFIUTI Il tema dei Costi Industriali dei Servizi Pubblici Locali, ed in particolare del servizio di gestione dei rifiuti, ha assunto un rilievo estremamente significativo. In via preliminare, si citano alcuni dati estratti dal Rapporto elaborato dall ISPRA sui rifiuti del 2012, che ha condotto un indagine specifica condotta su un campione di Comuni che hanno presentato la dichiarazione MUD 2010 sulla gestione del servizio per l anno sulla valutazione dei costi di gestione dei servizi di igiene urbana sostenuti dai Comuni italiani, comprendente il ciclo di gestione dei rifiuti urbani indifferenziati, le raccolte differenziate, lo spazzamento ed il lavaggio delle strade e gli altri servizi connessi in generale con la nettezza urbana. Nello specifico, gli indicatori economici del ciclo di gestione esaminati sono i seguenti: Percentuale di copertura dei costi complessivi del servizio, determinato come rapporto percentuale tra l importo dei proventi da TARSU e/o tariffa e l ammontare complessivo dei costi del servizio; Costo annuo pro-capite di gestione del ciclo dei rifiuti indifferenziati e per kg di rifiuto indifferenziato; Costo annuo pro-capite di gestione delle raccolte differenziate e per kg di rifiuto differenziato; Costo annuo totale pro-capite e per kg di rifiuto totale; Costi unitari per kg di materiale e pro-capite annuo per ciascuna delle principali frazioni merceologiche della raccolta differenziata.
2 In base ai dati elaborati dall ISPRA su un campione di Comuni (66, 2% del totale dei Comuni italiani) è emerso che il costo medio totale pro-capite annuo è pari a 143,26 euro per abitante. A livello di macroarea geografica, abbiamo che il costo totale risulta pari: 1) a 131,39 euro/abitante per anno al Nord; 2) a 176, 06 euro/abitante per il Centro; 3) a 143, 32 euro/abitante per il Sud. *** Ciò premesso, si evidenzia come il tema dei costi industriali risulti strettamente correlato alla determinazione della TARES. Il primo comma dell articolo 14 della legge 22 dicembre 2011, n. 214 (conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201: disposizioni urgenti per la crescita, l equità e il consolidamento dei conti pubblici) precisa espressamente che l istituzione dello stesso è destinata alla copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti. I commi 8 e 9 prevedono, infatti, che il nuovo tributo sia corrisposto: in base a tariffa riferita all anno solare e commisurata alla quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base dei criteri determinati dal D. P.R. 27 aprile
3 1999, n. 158 recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani. Il sopra richiamato Metodo Normalizzato è costituito da un insieme di regole, metodologie e prescrizioni per determinare, da un lato, i costi del servizio di gestione e, dall altro, l intera struttura tariffaria applicabile alle varie categorie di utenza, in maniera tale che il gettito complessivo che ne deriva copra tutti i costi del servizio. Ancor più nel dettaglio, la metodologia tariffaria si articola nelle seguenti fasi fondamentali: a) individuazione e classificazione dei costi del servizio; b) suddivisione dei costi tra fissi e variabili; c) ripartizione dei costi fissi e variabili in quote imputabili alle utenze domestiche e alle utenze non domestiche; d) calcolo delle voci tariffarie, fisse e variabili, da attribuire alle singole categorie di utenza, in base alle formule e ai coefficienti. Il Piano dei Costi rappresenta l indispensabile presupposto per le delibere tariffarie. Conseguentemente, la sua approvazione dovrà intervenire prima delle stesse. Si richiama, altresì, la previsione contenuta al comma 11, secondo cui: La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio di gestione dei rifiuti, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio. La tariffa è determinata ricomprendendo anche i costi di cui all articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n Con specifico riferimento ai costi del servizio, è necessari precisare che il punto 2, all. 1, del D. P. R. 158 del 1999 individua i costi da inserire nel PEF (Piano o Prospetto Economico/Finanziario), correlandoli alla loro natura di costi operativi di gestione, costi comuni e costi d uso del capitale. 1 Articolo 15 (Costi dello smaltimento dei rifiuti nelle discariche). Il prezzo corrispettivo per lo smaltimento in discarica deve coprire i costi di realizzazione e di esercizio dell'impianto, i costi sostenuti per la prestazione della garanzia finanziaria ed i costi stimati di chiusura, nonché i costi di gestione successiva alla chiusura per un periodo pari a quello indicato all'art. 10 comma 1, lettera i).
4 Il punto 2.1., dell allegato 1, del D. P. R. 158/1999, prescrive, altresì, che i costi operativi di gestione devono far riferimento alle seguenti voci di bilancio indicate dal d. lgs. 127/1991 (oggi trasfuso nell art c.c. relativo al conto economico delle società per azioni). Si segnala, altresì, che il comma 23 dell art. 14 del d.l. 201/2011, prevede che il piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti, sia redatto dal soggetto che svolge il servizio stesso e sia approvato dall Autorità Competente. *** Dal lato delle aziende, si segnala che a fronte dell incremento dei costi industriali del Servizio di Gestione dei Rifiuti, si consideri per esempio l incremento esponenziale che nel corso dell ultimo trienni ha caratterizzato il costo del carburante, non è corrisposto nella maggior parte dei casi un idoneo meccanismo di adeguamento della clausola di revisione periodica dei prezzi. Come noto, il tema degli adeguamenti dei prezzi nei contratti pubblici relativi a servizi o forniture è disciplinato all articolo 115 del codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163) ai sensi del quale: Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di un istruttoria
5 condotta dai dirigenti responsabili dell acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5. La predetta disposizione, oltre a prescrivere un riferimento normativo alla clausola revisionale, definisce anche i criteri ed i profili procedimentali per il corretto adeguamento dei corrispettivi. La norma, infatti, nel richiamare l articolo 7, comma 4, lettera c) ed il comma 5 del codice dei contratti pubblici assegna un ruolo particolarmente significativo all Osservatorio sui contratti pubblici istituito presso l Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture. Infatti, in virtù del richiamo all articolo 7, comma 4, lettera c), la sezione centrale dell Osservatorio. Tuttavia, ad oggi si è pervenuti ad una parziale ed insufficiente soluzione al problema della revisione delle tariffe attraverso l applicazione - in via suppletiva rispetto alla sopra menzionato sistema dei costi standard - dell Indice Nazionale dei Prezzi al Consumo per le Famiglie di Operai e Impiegati (FOI). A tal proposito si segnala che è convinzione condivisa dai vari operatori del mercato quella secondo cui l applicazione ditale indice risulta fortemente penalizzante, atteso che gli indici NIC (Indice dei prezzi al consumo per l intera collettività nazionale) ed il FOI sono calcolati sulla base dello stesso paniere, mai il peso attribuito a ogni prodotto è diverso a seconda dell importanza che rivestono nei consumi della popolazione di riferimento (nel caso del NIC, l intera popolazione italiana; nel caso del FOI, le famiglie che fanno capo a un operaio o a un impiegato). Ne deriva che l applicazione dell indice FOI risulta totalmente incongruo rispetto ai fattori di costo concretamente sostenuti dalle aziende per la fornitura dei servizi di igiene urbana. L Associazione è consapevole che, in tale contesto, secondo un orientamento giurisprudenziale è legittimo il ricorso all indice FOI ai fini della revisione dei prezzi. Tuttavia, sussistono fondate e rilevanti ragioni che, proprio in virtù delle peculiarità del settore rappresentato, legittimano l applicazione di differenti parametri statistici basati sulle principali voci di costo sostenute per l espletamento del servizio in favore della collettività. A tal proposito, si rileva come la stessa giurisprudenza ammetta che l istituto della revisione dei prezzi possa fuoriuscire dalla mera esigenza dell Amministrazione aggiudicante di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo, al fine di offrire tutela al contrapposto interesse dell impresa di non subire l alterazione dell equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che potrebbero verificarsi durante l arco del rapporto, essendo suscettibili quindi di indurre l impresa stessa ad una riduzione degli standard qualitativi delle prestazioni (Cons. Stato, Sez. V, 9 giugno 2008, n. 2786). Infatti, precisa la medesima giurisprudenza, l utilizzo del FOI non esonera la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto al fine di esprimere la propria determinazione discrezionale, ma segna il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall impresa, non può spingersi nella
6 determinazione del compenso revisionale. Tale eccezionalità che conseguentemente legittima una quantificazione del compenso revisionale mediante il ricorso a differenti parametri statistici va comunque intesa come ricorrenza di circostanze impreviste ed imprevedibili, ossia non sussistenti al momento della sottoscrizione del contratto e delle quali non era prevedibile l avveramento (TAR Puglia, Lecce, n. 898 del 7 aprile dicembre 2010). Proprio l aumento imprevisto ed imprevedibile di alcuni fattori di costo per le aziende che forniscono i servizi di igiene urbana integrano indiscutibilmente le sopra menzionate circostanze eccezionali in presenza delle quali la stazione appaltante ha il dovere di istruire il procedimento per la revisione dei prezzi e di evitare che gli incrementi ricadano in modo ingiustificato sulle imprese affidatarie di contratti pubblici. Pertanto, proprio al fine di offrire adeguata tutela all interesse delle imprese e, di conseguenza, agli interessi degli utenti finali - tanto sotto il profilo della qualità del servizio quanto sotto quello del contenimento del valore della tariffa - si suggerisce l applicazione di un sistema di revisione dei prezzi agganciato ai principali fattori di costo del servizio. *** TARIFFA NEL CONTESTO NAZIONALE Anche in relazione a tale aspetto, appare utile offrire qualche dato ricavato dal rapporto recentemente diffuso dall associazione di consumatori CITTADINANZATTIVA. Dall analisi dei dati, emerge: La gestione del ciclo dei rifiuti è emblematica delle tante contraddizioni di cui è vittima il nostro Paese: il servizio non migliora mentre i costi sopportati dalle famiglie sono sempre maggiori. In particolare, le tariffe aumentano di più nelle zone del Paese a più basso reddito: per esempio negli ultimi 5 anni (dal 2007 al 2012) sono aumentate mediamente del 48,5% in Campania. In effetti, da Sud a Nord, gli incrementi si registrano ovunque (superano il 20% in Calabria, Molise, Umbria e Liguria) a dimostrazione della mancanza di una politica nazionale della gestione dei rifiuti, capace di legare gli elementi di costo ad elementi di qualità del servizio, a tutto vantaggio di chi continua ad operare in assoluta assenza di trasparenza. La conseguenza di tutto ciò è che in Italia più del 50% dei rifiuti va ancora a finire in discarica, la raccolta differenziata stenta al Centro e al Sud e il coinvolgimento dei cittadini nella valutazione del servizio, previsto dal 2008, è ancora un utopia. L Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, ha svolto per la sesta annualità un indagine sui costi che i cittadini hanno sostenuto per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani nel corso del Le indagini dell Osservatorio riguardano tutti i capoluoghi di provincia italiani e vengono effettuate prendendo come riferimento una famiglia tipo composta da 3 persone, con un reddito lordo complessivo di euro ed una casa di proprietà di 100 metri quadri. Considerando i dati raccolti dall Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, nei capoluoghi di provincia italiani (eccetto Pesaro, nel cui caso non siamo riusciti ad
7 ottenere il dato relativo al 2012) relativamente all anno 2012, è possibile affermare che, in media, la nostra famiglia di riferimento, paga 253 euro in un anno per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Rispetto al 2011 l aumento è stato del 2,8%. Dal 2007 al 2012 l aumento è stato in media del 17,1%. La media annua più bassa (154 euro) è registrata in Molise mentre quella più alta in Campania (389 euro). Gli importi di seguito considerati sono tutti comprensivi di Iva (dove applicata) e addizionale provinciale (nel caso della TIA) e delle addizionali erariali e provinciali (nel caso della TARSU). Nel 2012, il 55% dei capoluoghi di provincia ha applicato la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) ed il 45% di essi ha applicato invece la tariffa di igiene ambientale (TIA). Il 55% dei capoluoghi di provincia che hanno applicato la TARSU è concentrato nelle regioni del Sud, il 28% in quelle del Nord ed il restante 17% in quelle Centrali. L Iva non è applicata soltanto dal 19% dei capoluoghi. Suddividendo i dati per area geografica si rileva che si spende di più al Sud ( 270), dove l aumento rispetto al 2011 è stato del 2,3% (+27% rispetto al 2007); seguono le regioni centrali ( 255) con un aumento dell 1,2% rispetto al 2011 (+19% rispetto al 2007) ed infine le aree settentrionali ( 234) con un +2,6% rispetto al 2011 (+15% rispetto al 2007). Le 10 città che si caratterizzano per una spesa annua più elevata sono le seguenti:
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12 Sempre in relazione alle novità introdotte a seguito dell istituzione della TARES, si evidenzia che le delibere tariffarie sono finalizzate a ripartire i costi indicati nel Piano Economico Finanziario tra gli utenti, in conformità alle regole contenute nel metodo, e pertanto determinare le voci tariffarie da applicare ai parametri imponibili. L approvazione delle tariffe del tributo è demandata al Consiglio Comunale in conformità al Piano Finanziario del servizio di gestione dei rifiuti, redatto dal soggetto che svolge il servizio ed approvato dall autorità competente. Ciò premesso, la prima operazione da compiere in questo senso è rappresentata dalla ripartizione tra i costi tra: 1) le utenze domestiche e non domestiche: costituite dalle abitazioni familiari, ulteriormente articolabile in sei sotto-categorie in relazione al numero degli abitanti; 2) le utenze non domestiche, invece, sono suddivise in relazione all attività svolta, individuandosi ben 21 tipologie nei comuni fino a abitanti e 30 tipologie nei comuni con popolazione superiore. Si rileva poi come l importo addebitato al singolo utente sarà composto dalla somma di due componenti: a) una parte fissa determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e ai relativi ammortamenti; b) una parte variabile, rapportata alla quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all entità dei costi di gestione. *** Un tema particolarmente delicato è rappresentato dall Assimilazione. A tal fine, si segnala che lo schema di regolamento TARES assegna ai Comuni il potere di assimilare i rifiuti speciali prodotti negli insediamenti abitativi e quelli adibiti allo svolgimento di attività economiche (agricole, agro-industriali, industriali, artigianali, commerciali, di servizi da attività sanitarie) ai rifiuti urbani seguendo: un criterio qualitativo (secondo cui sono assimilate ai rifiuti urbani le sostanze non pericolose inserite nell allegato A); un criterio quantitativo (non sono assimilati i rifiuti speciali prodotti da insediamenti produttivi che superano precisi rapporti tra quantità dei rifiuti prodotti e superficie produttiva, al netto di quella non suscettibile di produrre rifiuti, perché tali quantità non sono gestibili dal servizio comunale di raccolta). Restano assimilati i rifiuti che superano tali limiti quantitativi nei casi in cui il Comune definisca quali siano le misure organizzative atte a gestire tali rifiuti.
13 Il tema risulta estremamente complesso, atteso che lo schema di regolamento TARES prevede che siano i Comuni ad identificare i criteri per l assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, mentre la disciplina vigente del D. lgs. 152/2006 assegna alla competenza dello Stato, e non ai Comuni, la determinazione dei criteri qualitativi e quantitativi per l assimilazione ai rifiuti urbani (art. 195, comma 2, lettera e).
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