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1 OLTRE Il giornale dello spazio privato del SE' Quadrimestrale di psicologia, psicoterapia, psicoanalisi, ipnosi, sessuologia, neuropsicologia. Num Settem. / Dicem Registrazione al Tribunale Ordinario di Torino n del 06/04/ Dirett. responsabile: Dott. Ugo Langella - Psicologo, Psicoterapeuta - Iscritto all'ordine degli Psicologi ed all'albo degli Psicoterapeuti, Posizione 01/246 al 17/07/ Strada S. Maria RIVOLI (To) - Tel ugolangella@virgilio.it - Esente da pubblicità - Stampa in proprio - Pubblicazione gratuita. SOMMARIO (Il numero indica la pagina) 1 Il segreto di Henry Allingham - 2 Moderazione - 2 L affaticamento - 3 La mancanza di volontà - 5 Il rifiuto dello sforzo nel bambino - 5 Meglio sembrare abulico che - 6 Fra angoscia di morte e frustrazione - 7 La febbre del sabato sera - 7 Aggressività: la soglia auspicabile - 8 Un falso problema sessuale - 9 Le nostre paure - 10 Bambini su Internet: 10 consigli - 11 L angoscia di Capodanno - 12 Il curriculum di Ugo Langella IL SEGRETO DI H. ALLINGHAM Henry Allingham, nato a Clapton, sobborgo a sud di Londra il 6/06/1896, ha compiuto il suo 112 compleanno. Richiesto circa la natura del segreto di tanta longevità, pare abbia risposto: Semplicemente quello di aver sempre desiderato di vedere sorgere il sole. (Quotidiano La stampa del 7/06/2008, pag. 14). Considerato che ci si ammala e si muore in primo luogo in una qualche parte del cervello, quella risposta si commenta da sola. Quante volte nella vita, infatti, davanti a situazioni che ci appaiono insuperabili o insopportabili, senza arrivare a parlare esplicitamente di suicidio la fantasia di morire, se non proprio l aperto desiderio, ci sembra la via d uscita preferibile? E invece no. Nonostante tutto, a dispetto di tutto, bisogna continuare a desiderare con tutto sé stessi di voler vedere ancora sorgere il sole. Così ci insegna Henry Allingham! Ma parlava in senso metaforico? Se la risposta fosse si, apparirebbe banale. Per quanto l idea della morte possa apparire liberatoria, sono pochi, fortunatamente, a scegliere deliberatamente di darsela. Quindi, Henry si riferiva non solo al desiderio che sorgesse un nuovo giorno, ma che questo davvero incominciasse con il cielo azzurro e la sfera troneggiante del sole nello splendore dell aurora. Si può esserne certi, pensando che probabilmente aveva imparato a desiderare ardentemente questo panorama quando era pilota della Rnas, poi diventata Raf, nel corso delle due guerre mondiali quando, non essendo la tecnologia evoluta come oggi, la sopravvivenza nell uso del mezzo aereo era più che mai affidata alla massima visibilità che soltanto il sole e l assenza di nubi potevano consentire. Purtroppo, invece, molti individui nell alzarsi dal letto sperano che il cielo sia grigio e che piova, o che comunque il sole sia assente, poiché non hanno voglia di esprimere la vitalità necessaria per sostenere con gioia l intensità di quella luce. Forse ne tirerebbero fuori di più se dovessero partire per un viaggio, ma la noia della quotidianità che li aspetta non li stimola. E dire che la vita è così corta e gli anni corrono così in fretta avvicinando a velocità vertiginosa il momento della morte, che lasciarsi andare alla speranza che il cielo rifletta il buio che sentiamo dentro, dovrebbe essere considerato un reato di natura penale! Se così fosse, forse l interessato cercherebbe di fare uno sforzo su di sé per affrontare il tutto in 1

2 modo diverso, anziché andare a cercare freneticamente gli occhiali da sole, per difendersi già di primo mattino dalla violenza della vita. 2 MODERAZIONE Chang rispose con lentezza, quasi sussurrando le parole: Se dovessi dirvelo in breve potrei definire la nostra principale credenza così: moderazione. Noi inculchiamo la virtù di evitare eccessi di qualsiasi specie; persino, perdonatemi il paradosso, eccessi di virtù. Nella vallata che avete visto e dove parecchie migliaia di abitanti vivono sotto il controllo del nostro ordine monastico abbiamo sperimentato che questo principio è la fonte di uno speciale grado di felicità. Noi governiamo con moderata severità, e siamo soddisfatti di un obbedienza pure moderata. E posso assicurarvi che la nostra gente è moderatamente sobria, moderatamente casta e moderatamente onesta. Da: James Hilton - Orizzonte perduto - Mondadori 1954 L AFFATICAMENTO L affaticamento è un processo causato dal lavoro che comporta una diminuzione della capacità di prestazione. Si distingue un affaticamento fisico (muscolare) ed un affaticamento psichico (centrale). Durante il lavoro entrambe le forme appaiono associate ed è difficile operare una netta distinzione. Il lavoro fisico induce essenzialmente stanchezza muscolare, mentre un intensa attività mentale oppure un lavoro monotono portano a stanchezza prevalentemente centrale. Si deve distinguere nettamente l affaticamento dalla stanchezza, essendo quest ultima dovuta alla necessità di dormire. Il ristoro è il processo che si instaura quando si interrompe la prestazione, oppure la si riduce o la si sostituisce con un altra. Molte pause brevi sono meglio di poche pause lunghe. L affaticamento fisico è dovuto ad alcune modificazioni che avvengono nel muscolo scheletrico: esaurimento delle riserve energetiche ed accumulo di acido lattico, che conducono ad una diminuzione della capacità di prestazione. Nella fase di ricupero che segue ad uno sforzo fisico, vengono nuovamente ripristinate le riserve di energia e viene eliminato l acido lattico. L affaticamento psichico, (centrale) comporta una diminuzione delle prestazioni in seguito ad un alterato controllo del sistema nervoso centrale. Tra i sintomi tipici annoveriamo: un rallentamento nella trasmissione delle informazioni, cioè dei tempi di reazione, un impedimento delle attività di pensiero e delle capacità ed un alterazione della percezione sensoriale e delle funzioni sensitivo-motorie. Accanto all apatia, dovuta all affaticamento, ed alla debolezza, si possono osservare segni come irritabilità, tendenza alla depressione, paura immotivata, scarsità di iniziativa, fragilità emotiva. Cause di affaticamento psichico sono: 1) il lavoro intellettuale di lunga durata richiedente notevole concentrazione, elevata vivacità mentale ed abilità; 2) il lavoro fisico pesante; 3) il lavoro monotono svolto in condizioni sempre uguali; 4) il rumore, la cattiva illuminazione e gli stress termici; 5) i conflitti, le preoccupazioni e l assenza di interesse; 6) le malattie, i dolori e gli errori alimentari. L affaticamento centrale, al contrario di quello muscolare può scomparire in modo sorprendente, ad esempio quando: 1) l attività affaticante viene sostituita da un attività diversa; 2) cambia l ambiente; 3) l organismo passa in uno stato di allarme per un pericolo imminente o per paura; 4) viene risvegliato l interesse con nuove informazioni; 5) viene risolto un conflitto o un problema affettivo. La possibilità di una scomparsa repentina dell affaticamento intellettuale ci dice che sia l accumulo di sostanze cataboliche, sia l uso di sostanze energetiche non hanno alcun ruolo essenziale. (Integralmente tratto da: Schmidt-Thews - Fisiologia umana - Idelson - Pag. 739/740

3 LA MANCANZA DI VOLONTA A pagina 7 di OLTRE numero 7 avevamo già trattato l argomento sotto il titolo: Abulia & apatia & ipertensione. Il lettore che ne fosse interessato può richiedere quel numero via . Il nome scientifico della cosiddetta mancanza di volontà è ABULIA, che significa: mancanza della volontà di agire. Si tratta di un problema molto diffuso che riguarda tanto i giovani che i meno giovani, e che spesso viene affrontato ricorrendo a ricostituenti o ad antidepressivi. Sia gli uni che gli altri possono servire a risolvere temporaneamente la situazione, ma più per via autosuggestiva che reale. Purtroppo sui manuali di fisiologia, di psichiatria, psicoanalisi e psicologia i riferimenti all abulia si limitano alla traduzione sopra riportata. Manca una teoria generale sull argomento. Su internet si possono trovare siti che ne parlano, ma anziché fornire risposte, invitano l utente a scrivere il suo parere. Insomma: psichiatri e psicologi cercano lumi dalle persone alle quali dovrebbero darne. Quella che segue è la mia teoria generale, ottenuta attraverso il lavoro con i pazienti. Occorre premettere che l abulia è un modo sano di sentirsi quando ci si riposa, poiché costituisce la premessa del rilassamento. In tal caso non riposarsi per evitarla è preoccupante. L abulia è normale quando si è ammalati fisicamente, anche se tale pretesto si presta facilmente all abuso. E giustificabile durante il periodo mestruale, nei cambiamenti stagionali o a seguito di gravi malattie causate direttamente o indirettamente dall accumulo di fatica fisica e/o mentale. E comprensibile nella depressione seguente ad un lutto, in seguito ad una grande tensione o ad uno sforzo prolungato, o dopo una notte con frequenti risvegli. Quando ci sentiamo ragionevolmente riposati nel corpo e nella mente, proviamo una sensazione di piacevole benessere. Tale benessere è dovuto alla diminuzione della sensazione soggettiva di affaticamento con tutto il suo corollario di sintomatologia, e con essa alla diminuzione dell angoscia che l accompagna, che è angoscia di morte. A causa della memorizzazione ripetuta e rafforzata del rapporto causa-effetto: affaticamentoangoscia di morte, ne deriva che qualsiasi prospettiva di impegno, sia della mente che del corpo, tanto più se intenso e prolungato, anticipando l angoscia di morte determina uno stato mentale di rifiuto e disimpegno: l abulia. La prospettiva di non poter comunque respingere ciò che ci angoscia, genera uno stato di tipo depressivo, tipico, ad esempio, della domenica sera al pensiero del lunedì di studio o di lavoro, della fine delle festività caratterizzate da un lungo ponte, del ritorno dalle vacanze, soprattutto quando non ci si è riposati completamente. Tale stato depressivo accentua ulteriormente l abulia e sfocia nell apatia (assenza di desideri - indifferenza verso l'ambiente ed i suoi stimoli) (ecco perché generalmente si parla di abulia ed apatia). Quest ultima vorrebbe avere uno scopo difensivo di natura preventiva: ostacolare ed eventualmente distruggere in noi qualsiasi desiderio e/o bisogno in conseguenza del quale siamo spinti a metterci in moto per soddisfarlo, al fine di evitare l affaticamento e quindi l angoscia di morte che annullerebbero il godimento del beneficio ottenuto. Premesso che la fatica può essere di tipo muscolare, mentale (come applicazione della mente, ad esempio nello studio, nel ragionamento, nella lettura, nel calcolo, nel pensare, nel decidere, etc), psichico (come applicazione delle componenti psichiche, tipico delle relazioni sociali, affettive, emozionali, nonché di tutti i comportamenti tendenti al soddisfacimento di un qualche desiderio, compreso il corteggiamento), sensoriale (che è un misto di lavoro mentale, nervoso e muscolare), etc.; che qualsiasi tipo di affaticamento è causa di angoscia di morte al pensiero del logorio che comporta, tanto più se si tratta del raggiungimento di obbiettivi che richiedono l assunzione di responsabilità e di impegno elevati ed a lungo termine; considerato, come abbiamo visto, che l abulia e l apatia rivestono una funzione scoraggiante preventiva della fatica, e quindi dell angoscia di morte in quanto quest ultima 3

4 destabilizzante delle nostre facoltà mentali, la conseguenza di tutto ciò è un conflitto fra il voler o dover fare e la resistenza a farlo. La malattia o la morte potrebbero anche essere inconsciamente desiderate a scopo liberatorio, tanto più quando il da fare è un qualcosa di obbligato o necessario per evitare guai più grossi, che però annoia, deprime, non gratifica sufficientemente l autostima, stanca, o stanca facilmente a causa di questo insieme di fattori negativi. Cosa si ha da capire, a questo punto, è se l intolleranza dell angoscia sia giustificata poiché è davvero in gioco la sopravvivenza, o se sia dovuta ad una bassa soglia della sua tolleranza tipica della maggioranza dei casi, come avviene nei giovani, a volte anche per eccesso di protezionismo da parte dell ambiente, cioè dei genitori che hanno fatto di tutto e continuano, pur di evitare un autentica fatica ai loro figli poiché li sentono incapaci di sopportarla (probabilmente come loro stessi), perpetuando questa situazione. A volte la ragione è conseguente: il soggetto, abitualmente abulico, approfitta di una qualche voglia di fare per esaurire tutto in una volta quello che da tempo trascura, stancandosi talmente che la volta successiva gli sarà ancora più difficile ripartire. Tutto questo dovrebbe farci capire come la soluzione di questi problemi necessiti di un accurato dosaggio di chimica psichica fra coscienza ed inconscio, potenzialità, magia infantile, limiti, desideri, bisogni, paure, intolleranza della realtà, della dipendenza e della frustrazione, autosvalorizzazione e narcisismo, impazienza, perfezionismo e intolleranza dell angoscia dovuta alla fatica nel raggiungerlo, molto spesso invidia, davanti ai quali l abulia funziona da copertura. E il noto caso del gatto che si rincorre la coda, e solo un grande amore per qualcuno per il quale valga la pena rischiare può interrompere questo circuito perverso. In analisi dovrebbe essere l analista l oggetto di questo amore, affinché funzioni come fulcro, ma è proprio quella parte del paziente che non vorrebbe crescere che fa di tutto per evitare di costruire questo rapporto d amore, lamentandosi piuttosto di non essere aiutato abbastanza, anche se dentro di sé sa che non è vero. Per certo, l abulia non è una conseguenza della depressione, ma una delle possibili cause. Farla dipendere da essa impedisce di approfondirne il significato e va ad ulteriore vantaggio dell abulia stessa. E assai probabile che sotto l abulia vi sia dell autodistruttività, ma probabilmente solo a scopo ricattatorio verso un oggetto interno responsabile di pretendere la crescita dell individuo. Certo l autodistruttività si può anche esprimere attraverso il non fare, ma allora è autodistruttività e basta. Ma perché non vorremmo crescere? Crescere significa passare da un periodo in cui riversiamo la nostra libido prevalentemente sul nostro SE ad un altro in cui ci è richiesto di riversarla in gran parte sul mondo esterno, cosa che siamo costretti a fare quando siamo chiamati a soddisfare le esigenze della realtà ma che o vogliamo evitare, o ridurre allo stretto necessario. Al lavoro, ciattare, leggere il giornale, fumare, telefonare alla baby-sitter con la scusa di preoccuparci della salute del bambino, prendere caffè di troppo tanto per far passare il tempo, sono esempi in tal senso. E ovvio però che in quest ultimo caso a risentirne è la nostra autostima, e scegliere se privilegiare il SE o la propria autostima, se manca un fulcro che consente di mediare o se è insufficiente, costituisce la vera natura del conflitto di cui sopra abbiamo parlato. Ciò non significa affatto che nella crescita il SE vada sacrificato, comportamento che nell adulto è malato come il privilegiarlo esclusivamente, ma che pur ridimensionandolo si ottimizzi la sua irrinunciabile gratificazione al fine di renderla più efficace, a ulteriore vantaggio delle richieste della nostra parte adulta, che vanno anch esse ottimizzate, con un atteggiamento interno che la psicoanalisi chiama di depressione terapeutica. Sembrerebbe, infine, che vi sia un'altra causa di abulia molto diffusa nei giovani di oggi, dove l individuo esercita in tal modo una resistenza passiva nei confronti dei genitori che si sono sostituiti da sempre a lui. L unica libertà che gli è rimasta per proteggere la sua 4

5 identità, consisterebbe nel non fare. Questo comportamento anomalo dà luogo ad una serie di altri comportamenti anomali, spesso anche di tipo anoressico, che spingono i genitori ad accentuare la loro invadenza. Ad un esame più attento però, ci si accorge che le cose rientrano nel quadro generale dell abulia sopra descritto, e che tale atteggiamento dei genitori è espressione della proiezione sul figlio della loro intolleranza dell angoscia di morte davanti alle fatiche dell esistenza, accentuata dal peso della genitorialità. IL RIFIUTO DELLO SFORZO NEL BAMBINO L atteggiamento mentale dei bambini sottostà alla convinzione circa il possesso di una presunta magia, che la psicoanalisi chiama onnipotenza. (D ora in poi useremo un termine o l altro, ma sempre con lo stesso significato.) Non per nulla i libri su Harry Potter hanno avuto ed hanno tanto successo sia fra loro che fra molti adulti, nei quali evidentemente la magia ancora persiste. Se tale onnipotenza non esistesse il bambino sarebbe schiacciato dalla sensazione di impotenza davanti alle infinite difficoltà dell esistenza, non avendo alcuna capacità pratica di prevederle ed affrontarle. Con la crescita, tuttavia, ci si aspetta che tale magia vada diminuendo progressivamente man mano che da parte del bambino le capacità di controllo della realtà aumentano, e ciò avviene proprio attraverso l acquisizione di adeguate conoscenze circa il funzionamento del mondo esterno, che la scuola dovrebbe fornire. Il momento dell apprendimento rappresenta quindi il passaggio graduale dall onnipotenza alla realtà, caratterizzato da una continua resistenza della prima. Ma tale resistenza non va vista in termini morali, bensì come il risultato della paura dell ignoto, che la magia aiuta a fugare. E quindi comprensibile che al momento dell apprendimento scolastico, in cui il bambino apre un certo numero delle tantissime porte che dovrà aprire man mano che la crescita prosegue, angosciato, tenti di affrontare ancora una volta l ignoto come ha sempre fatto: attraverso la magia. Purtroppo, però, questa è destinata a fallire, da qui il panico che paralizza il suo cervello e la risposta: Non riesco!, che nel suo linguaggio significa: Non riesco poiché la mia magia non è più sufficiente, momento drammatico per lui, tanto più poiché per riuscire dovrebbe mobilitare le sue energie mentali in uno sforzo senza precedenti destinato a creargli angosce di morte, come abbiamo visto nell articolo: La mancanza di volontà, che se però oserà sfidare ne avrà una notevole ricaduta positiva sulla sua autostima. E il momento in cui il bambino trasmette all adulto tutta la sua angoscia. In tal caso è fondamentale incoraggiarlo a sostituire la magia con il ragionamento unitamente alla certezza che sopravviverà allo sforzo, attraverso strategie di cui è necessario che gli venga indicata l esecuzione passo passo, (per unità didattiche, che io preferisco chiamare unità elementari di apprendimento) prestando particolare attenzione ai passaggi in cui sembra incerto, che prima di proseguire vanno addestrati sino a quando appaiano solidamente acquisiti. Spesso gli adulti, a causa della loro impazienza o superficialità, saltano alcune unità elementari presumendo che il bambino sia in grado di acquisirle da solo, (cosa che solo alcuni riescono a fare) riprecipitandolo in caso negativo nell inutile magia, e subito dopo nell angoscia, e quindi nel rifiuto. MEGLIO SEMBRARE ABULICO CHE Preferiva che lo accusassero di essere abulico ( Pelandrone! ), piuttosto che dover ammettere: 1 Non l ho mai fatto! 2 Non sono capace! 3 Ho paura di farlo 5

6 poiché 4 Non ho capito come si fa [quindi ho paura di sbagliare] che lo facevano sentire diverso dagli altri, provare vergogna ed abbattevano la sua autostima. FRA ANGOSCIA DI MORTE E FRUSTRAZIONE Anche se mancano riscontri statistici a cui riferirsi, io sono del parere che pressoché a livello planetario gli esseri umani siano sempre più convinti della loro unicità e della irripetibilità della loro esistenza, ma che nello stesso tempo, pur assistendosi ad un crescente prolungamento della loro sopravvivenza fisica, a causa di un eccesso di scambio di informazioni di morte sia a livello individuale che collettivo ed un non minore eccesso di identificazione con gli altri, la somma di questi elementi si traduca in una diffusa, incombente e tangibile angoscia di morte, ed in un abbassamento della soglia di tolleranza di essa molto spesso del tutto irrazionale e solo frutto dell autosuggestione collettiva. Contemporaneamente, a causa dello stesso eccesso di informazione, si è bombardati da una esasperata esaltazione di individui, spesso per azioni e comportamenti scarsamente consistenti, ma che hanno come risultato la frustrazione di coloro che restano nell ombra, portandoli a smaniare per cercare a loro volta il modo per evidenziarsi. Ma darsi da fare in tal senso, tanto più in settori che richiedono costanza ed impegno nella preparazione e nell applicazione, logora, fa ammalare e quindi aumenta il rischio di morire prematuramente, portando il singolo a chiedersi se tutto ciò abbia un senso vista la brevità e precarietà della nostra esistenza. Laddove però prevalga quest ultima considerazione, il livello di autostima sembra abbassarsi spalancando così le porte alla frustrazione. Ne consegue che l uomo di oggi sembra vivere all interno di una dimensione la cui soglia superiore pare essere costituita dall angoscia di morte, e quella inferiore dalla frustrazione. Tutto il suo comportamento, cioè, sembra dettato dal bisogno di tenere alta la sua autostima in modo da non cadere nella frustrazione, cercando però, nello sforzo per riuscirci, di non raggiungere la soglia superiore, cioè non innescare l angoscia di morte. Paradossalmente, è proprio la tensione dovuta allo sforzo nel mantenere questo equilibrio la causa principale dello stress, con le possibili conseguenze negative che i mezzi di informazione vanno a gara nel metterci in guardia., e che finiscono soltanto per aumentare. Il fatto è, che anche se cerchiamo di risparmiarci per non morire presto, non è che ciò basti per metterci al sicuro, e quand anche riuscissimo a prolungare di qualche anno la nostra sopravvivenza sino ad invecchiare e diventare dei cretini assistiti dalla badante, comunque non potremmo evitare di morire come tutti gli esseri viventi. Il problema se affrontato da questa angolatura non consente comunque alcuna soluzione soddisfacente, tanto più se la conseguenza di questo risparmiarsi potrebbe tradursi in un basso livello di autostima, cioè in una frustrazione e insoddisfazione permanenti, non meno potenzialmente patogeni dello stress. Né mi sembra una buona soluzione ritirarsi in un convento. Occorre allora cambiare il punto di vista. Modi di dire: Un bel morir tutta la vita onora, oppure: Cosa conta, in punto di morte, è pensare di aver vissuto bene, sono sciocchezze. Al momento della morte saremo preoccupati e spaventati solo da questa, oppure non avremo nemmeno la forza, la voglia, la lucidità di preoccuparci di qualcos altro che non sia la fretta che tutto finisca, ma forse nemmeno di quello. In coma e basta. Cosa davvero conta quindi è l essere del tutto consapevoli che siamo vivi mentre stiamo vivendo, prima ancora di pensare alla soddisfazione di quello che stiamo facendo e, possibilmente anche impegnati a divertirci mentre lo stiamo facendo, in una continua sfida solo con noi stessi per accrescere la nostra autostima. E questa che davvero ci importa per essere soddisfatti di come viviamo; non la stima degli altri! Il piacere della vita sta nella continua lotta contro le pulsioni di morte che 6

7 premono dentro di noi. Non è pensabile quindi essere esenti dall angoscia mentre lottiamo contro di esse. Anzi, nel vivere, probabilmente il massimo livello di autostima lo possiamo raggiungere proprio nel riuscire a cavalcare quotidianamente una quantità ragionevole di angosce di morte, sapendoci fermare al momento giusto per ricaricarci. E bene che tutto questo insieme di percezioni e strategie mentre manovriamo il timone della nostra esistenza, con tutte le umane e legittime incertezze a cui possono dare luogo, rimangano esclusivamente nella nostra mente, poiché solo così potremo disporre di tutto il margine di manovra necessario. Alle persone che ci sono vicine e che ci amano, interessa soltanto vederci ragionevolmente sereni e con un elevato livello di autostima. LA FEBBRE DEL SABATO SERA Cosa frega all uscita dalla discoteca a tarda notte, non è solo l alcol o altro, ma l euforia al pensiero dell essere riusciti ad evitare l angoscia della solitudine del sabato sera. AGRESSIVITA : LA SOGLIA AUSPICABILE AGGRESSIVITA : la parola stessa evoca atteggiamenti socialmente giudicati inammissibili. Eppure si tratta di una valutazione scorretta, infatti, neppure i morti, sino a quando non sono ridotti completamente in cenere, sono biologicamente ad AGGRESSIVITA ZERO. Figurarsi i vivi! Cioè: esiste in noi una soglia minima di aggressività del tutto auspicabile, mentre essa comincia ad essere oggetto di riprovazione solo quando supera un certo livello. Il feto si serve dell aggressività (calci) per segnalare il disagio che prova quando la madre assume posizioni che lo infastidiscono. Il neonato urla per richiamare le attenzioni della madre, e se lei tarda urla ancora più forte. Man mano che il bambino cresce, le sue scenate costituiscono la sua più diffusa modalità di aggressione. Nel bambino piccolo le evacuazioni hanno una particolare valenza aggressiva. L accrescimento della tensione muscolare ed il suo uso nell assumere una posizione sempre più eretta, nonché la deambulazione, sono espressioni di tensione ergica, dice la psicologia, e tale tensione non è altro che una modalità aggressiva nei confronti del mondo. L esercizio della fonazione ed il suo tono sono a loro volta espressioni di aggressività, e lo sono in modo molto più evidente quando in tal modo pretende un qualcosa, e tanto più se gli viene negato. I primi anni di vita del bambino, quindi, sono caratterizzati da un elevata serie di comportamenti aggressivi, l assenza dei quali non deve passare inosservata poiché un bambino sano DEVE essere ragionevolmente aggressivo. Però, anche gli eccessi non devono passare inosservati poiché indicano che qualcosa non funziona, cosa che i genitori notano più facilmente dell opposto, anche se spesso non si rendono conto di esserne loro la causa. Andando avanti nel tempo, potremmo notare come all interno di una famiglia con più figli l aggressività sia ancora un elemento costante. La coabitazione stessa fra più persone, il dover dividere tutto, soprattutto i genitori con altri, (figurarsi il cibo!) crea aggressività. L aggressività sarà un elemento normale nella scuola materna e nella scuola dell obbligo. 7

8 Anche in questi contesti gli adulti dovranno vigilare per contenerne gli eccessi, ma dovranno preoccuparsi ancora di più di quei bambini incapaci di esprimere aggressività come la maggior parte dei compagni. E non è da credersi che le bambine siano da meno dei maschietti. L aggressività si esprimerà oltre che in tonalità e volume della voce, nella fluenza e ancora di più nella difficoltà di fluenza (balbuzie) del linguaggio, nell attività motoria e nel continuo bisogno di essa; trasparirà dai contenuti linguistici, dalle risposte ai genitori ed agli adulti in genere, nell uso esplicito delle mani e dei piedi, nella scrittura, nel disegno, nella voracità alimentare, nei sogni o per meglio dire: negli incubi, nella mancanza di pulizia, nella eventuale eccessiva masturbazione. Tutto ciò non può essere del tutto represso poiché si trasformerebbe in guai peggiori, ed a mio avviso probabilmente in quelle malattie degenerative ritenute incurabili. Certo non deve essere ignorato. Piuttosto, da parte degli adulti va contenuto in modo ragionevole, anche se è proprio questo contenimento la principale causa dell odio dei figli nei confronti dei genitori, odio che si attenuerà solo quando, a loro volta genitori, si troveranno a dover fare altrettanto. O prima, in analisi. UN FALSO PROBLEMA SESSUALE Quando avevo lo studio a Torino, in tempi diversi mi avevano consultato due maschi, l uno di circa 40 anni e l altro di poco oltre i 50, che si lamentavano di avere un normale desiderio sessuale ed una altrettanto normale erezione, ma che nel momento esatto in cui si accingevano alla penetrazione della partner, l erezione si riduceva. La cosa più spiacevole era che veniva accusata la partner di esserne in qualche modo responsabile, la qual cosa creava tensione nella coppia. Esaurita la serie canonica di domande che si fanno per sondare la presenza di questo o quel disturbo, nessuna ipotesi appariva privilegiata rispetto ad altre, né era proponibile un trattamento psicoterapeutico poiché, tutto sommato, agli interessati non sembrava un problema poi così grosso anche perché non costante, nè sussistevano i presupposti in termini di motivazione. Quindi, dopo una generica rassicurazione da parte mia, ci si lasciava anche se non del tutto soddisfatti, soprattutto io. Nello stesso tempo ero interdetto. Che talvolta si abbia una caduta di eccitazione e con essa una riduzione dell erezione può succedere per diversi motivi, e non è la fine del mondo. Del resto, questo bisogno di essere sempre dei tori che molti maschi hanno, a volte è una fissazione. La stanchezza, le preoccupazioni, un ritrovarsi psichico se non anche affettivo insufficienti prima dell intimità, possono produrre questo effetto e non è il caso di drammatizzare. Piuttosto, sarebbe meglio limitarsi a due coccole ed a rinviare la cosa a momenti migliori. Troppo spesso, infatti, il desiderio di fare sesso risponde ad altri bisogni, ad esempio scaricare l angoscia e/o l aggressività accumulata, ed è un peccato sprecarlo. Diciamocelo senza mezzi termini: per rispetto della donna che si ama, anziché fare sesso in tal modo sarebbe preferibile farsi una sega, e se si pensa che potrebbe scapparci un figlio, non ci si deve poi stupire se farà girare i coglioni! Ma tutto questo non spiega comunque il problema iniziale. Poco tempo fa, venni nuovamente interpellato per un disturbo simile a quello inizialmente descritto, questa volta da parte di un individuo molto più giovane. Avendo approfondito molto in questi ultimi anni temi quali: istinto di morte, pulsioni di morte, angosce di morte, la spiegazione mi apparve subito con immediata chiarezza, per cui potei descriverla con tale precisione che l interessato la condivise immediatamente. Si trattava e si tratta, all atto pratico, di un qualcosa di simile a quanto descritto in questo stesso numero circa l abulia. (Vedi: La mancanza di volontà ) Tutto andava bene sino a quando il maschio si godeva il piacere dell erezione e fantasticava la prossima soddisfazione del desiderio. Ma al momento della penetrazione che cosa accadeva? L aumento della pulsazione cardiaca, 8

9 della frequenza ed intensità respiratoria, della contrazione della muscolatura, unitamente al pensiero dell attività motoria incontrollata che si sviluppa nel corso dell atto sessuale sotto la spinta del desiderio, del piacere e del possesso dell oggetto d amore, sviluppavano angoscia di morte, aprendo davanti due strade: sfidarla o cederle, attenuando il desiderio con conseguente riduzione dell erezione. E evidente quindi, che il problema non era e non è di natura sessuale. Per certi versi potrebbe sembrare conseguenza della freudiana angoscia di castrazione, ma sono del parere che non occorra scomodare Freud. Almeno, non in questo caso. Nell intervista al soggetto grazie al quale arrivai a queste conclusioni, ottenni infatti la conferma che ciò accadeva anche in altri contesti, e che era dovuto ai fattori evidenziati a proposito dell abulia. Mi dedicai allora ad osservare il fenomeno anche nelle femmine in trattamento, e scopersi essere presente anche in alcune di esse sotto forma di vaginismo, aggravato dalla preoccupazione di una eventuale gravidanza, parto e di tutto quello che essere madri comporta per l ulteriore onere in termini di angosce di morte. LE NOSTRE PAURE Quando eravamo bambini, eravamo intimamente oppressi da tante irrazionali paure; anzi: lontano dai nostri genitori o dagli altri parenti stretti, eravamo una paura unica. Più eravamo piccoli e più queste paure erano intense, travolgenti, insopportabili. Crescendo, non è che queste paure siano scomparse, cancellate in noi. Semplicemente, sono soltanto sprofondate negli abissi della nostra mente da dove ogni tanto riemergono, sia quando siamo svegli, che nel dormiveglia, o attraverso i sogni. Da svegli le nostre paure riemergono quando mentalmente non siamo abbastanza presenti e vigili, siamo depressi, fisicamente ammalati, stanchi, a seguito di improvvisi spaventi, incidenti, traumi, quando i valori dei nostri parametri fisiologici sono anche solo temporaneamente alterati, nell invecchiamento, quando ci sentiamo diversi a causa dell assunzione di bevande alcoliche, sostanze stupefacenti, talvolta farmaci: quando cioè non abbiamo più, quale ne sia il motivo, il totale controllo della nostra mente, e cioè ancora: quando non è operante in noi l adulto / genitore quale mediatore fra noi e la realtà, come succedeva quando eravamo bambini. Quindi, tutte le volte che in noi la componente adulta come consapevolezza della nostra presenza nella realtà, prontezza nel coglierne o meglio ancora prevederne le richieste e soddisfarle, prevenendo anche le eventuali conseguenze qualora ciò non avvenisse, viene meno o non è abbastanza robusta o non lo è più, insorgono le stesse irrazionali paure di quando eravamo bambini. In gergo psicologico si parla di regressione dell IO, lasciando implicito il seguito: regressione dell IO ad uno stadio infantile di percezione della realtà. Quando ci troviamo in queste condizioni, che la solitudine accentua, siamo spinti a cercare sicurezza nelle persone con le quali abbiamo un intenso rapporto affettivo, negli amici, conoscenti, spesso attraverso i più diversi pretesti, in dio, nei medici, nelle forze dell ordine, nell aggregazione sociale, nei supermercati, nell ascolto della radio, nell accendere la televisione etc. secondo la natura e l intensità delle angosce da cui siamo oppressi. Le nostre paure possono essere irrazionali, ma come sopra abbiamo visto, anche razionali e giustificate. Quest ultime vanno affrontate nel modo più opportuno, ed il fatto che insorgano, ad esempio attraverso l improvvisa consapevolezza dei guai a cui possiamo andare incontro se non ci tuteliamo, sono un indice di sana maturità. Le paure irrazionali, invece, quand anche davvero tali, innanzitutto vanno inquadrate nel contesto in cui si sviluppano, di cui prima abbiamo descritto alcuni scenari. Successivamente occorre valutare la consistenza dell IO nel preciso momento in cui si presentano, provvedendo in tal caso a ripristinare la più totale presenza e vigilanza laddove carenti, riportando cioè l IO alle condizioni ottimali e facendo in modo da continuare a mantenerlo tale. 9

10 A volte però tali paure del tutto irrazionali proprio non sono, e sono suggerite dallo stato di allerta del SE che sente l IO non adeguato al presente o non adeguatamente proiettato in un ragionevole futuro. In tal caso è opportuno approfondirle in modo da poterlo verificare. Nel caso apparisse chiara tutta la loro inconsistenza, beh, non rimane che una cosa: distrarsi, senza dare alla cosa particolare peso. Succede. 10 BAMBINI SU INTERNET: 10 CONSIGLI Decalogo compilato dall Associazione Digital Kids, fondata nel 1998 da Giuseppe Romano e Stefania Garassini, sulla base di suggerimenti e consigli reperiti in rete. Il lavoro è stato da me aggiornato e dettagliato. In particolare: il punto 6 da: Se insistono a fine. Il punto 7, da: Allo stesso tempo a fine. Il punto 10 è stato reso operativo secondo Windows XP.. 1 Controllate ciò che i vostri figli fanno quando sono collegati e quali sono i loro interessi. Trasmettete loro il vostro interessamento per ciò che imparano in Internet e, se fossero più bravi di voi ad usare il computer, fatevi insegnare come funziona. 2 Collocate il computer in una stanza della vostra casa di accesso comune piuttosto che nella camera dei ragazzi, e rendete l uso di Internet un attività di famiglia, oppure usate il computer insieme ai vostri figli. 3 Proponete ai vostri figli mete e percorsi interessanti da seguire insieme, e passate del tempo on line con loro. Abituateli a riflettere e a discutere con voi su quello che hanno visto in rete. Aiutateli a non considerare Internet un mondo completamente staccato dal reale in cui immergersi. 4 Ricordate ai vostri figli che un amico frequentato in rete non sostituisce un vero amico in carne ed ossa. Ricordate loro che queste regole valgono anche quando accedono a Internet fuori casa: a scuola, in biblioteca, o dai loro amici. 5 Comunicate con i vostri figli a proposito di questioni legate al mondo della rete. Insegnate loro a non dare informazioni personali: nome, cognome, età, indirizzo, numero di telefono, numero di cellulare, reddito familiare; nome, indirizzo e orari della scuola; nome degli amici e loro numero di cellulare; a non usare la vostra carta di credito senza il vostro permesso. 6 Insegnate ai vostri figli a non accettare mai di incontrarsi personalmente e da soli con chi hanno conosciuto in rete, spiegando loro che gli sconosciuti così incontrati possono essere pericolosi tanto quanto quelli di cui ci si imbatte per strada. Se insistono per volerlo fare, considerato che a quel punto potrebbero farlo a vostra insaputa, approfondite con loro il perché. In ogni caso fatevi promettere che lo faranno solo se accompagnati da voi, e comportatevi con tutta la prudenza e la fermezza necessarie, informando in modo circostanziato, nel dubbio, anche le forze dell ordine. E sicuramente sospetto che degli adulti vogliano incontrare bambini o adolescenti conosciuti via Internet. Se invece si tratta di altri bambini o adolescenti, raccogliete tutte le informazioni necessarie a identificare la loro famiglia; contattatela, decidendo di incontrare i genitori contestualmente ai figli. Dopo questo incontro, se le frequentazioni on line continuano, continuate anche voi a mantenervi informati ed in regolare contatto con loro circa le attività in comune dei relativi figli o figlie,

11 verificando periodicamente con domande approfondite la veridicità delle narrazioni. L informazione totale è un diritto-dovere da parte dei genitori, e fa sentire i figli protetti. 7 Dite loro di non rispondere quando ricevono messaggi di posta elettronica di tipo volgare, offensivo, pericoloso o che comunque li mettano a disagio. Allo stesso tempo ricordate loro di usare un linguaggio corretto, tanto più con degli sconosciuti, poiché potrebbe essere da loro considerato come una forma di complicità e dare seguito a inviti e/o scambi di natura equivoca. Non abbiate paura di parlare apertamente ai vostri figli di quello che potrebbe loro succedere. E assai probabile, infatti, che con tutta la televisione che vedono e tutte le cose che sentono attraverso di essa, Telegiornali compresi, non solo certe cose le pensino, ma addirittura le desiderino se non altro per bisogno di protagonismo. Insomma: il genitore non deve solo sembrare protettivo nei confronti dei figli, ma deve esserlo realmente. 8 Spiegate ai vostri figli che può essere dannoso compilare moduli on line ed invitateli a consultarsi con voi. Prima di dare l assenso, verificate con attenzione tutte le condizioni in esso contenute, compresa quella relativa alla tutela della privacy. 9 Stabilite quanto tempo i vostri figli possono passare navigando su Internet e, soprattutto, non consideratelo un surrogato della baby-sitter, della televisione, della cassetta o del DVD, poiché comporta molti più pericoli essendo interattivo. 10 Come primo livello di difesa, potete ricorrere ai filtri esistenti nei sistemi operativi più aggiornati. Per Windows XP cliccare su: Pannello di controllo Opzioni Internet Protezioni Siti attendibili Siti (da indicare desumendoli da Internet. In tal modo si consente l accesso SOLO ai siti da voi predefiniti). Oppure, ritornando a Protezioni premendo Siti con restrizioni Livello personalizzato. Questa sezione servirebbe più che altro a proteggere il computer. Intervenendo però su diverse delle voci indicate, cosa che solo operatori esperti sanno fare, ci si garantirebbe anche dalla maggior parte dei siti pericolosi, poiché questi generalmente agiscono il più possibile nell anonimato. Desiderando impedire l accesso a siti relativi ad argomenti specifici quali: violenza, pornografia, etc: Pannello di controllo Opzioni Internet Contenuto Attiva: su quella pagina ci si può sbizzarrire. Prima di uscire ricordatevi di ciccare su APPLICA. Circa la Privacy: Pannello di controllo Opzioni Internet Privacy Livello di protezione: ALTA. L ANGOSCIA DI CAPODANNO Le feste di fine anno, superfluo dirlo, sono Natale e Capodanno. La più significativa è quest ultima, ma nello stesso tempo è strettamente legata alla precedente. E noto che l atmosfera natalizia è caratterizzata dal buonismo. Ma buonismo perché? Per via del Natale? No! Perché poi viene Capodanno. A Natale ci prepariamo per il Capodanno. E perché mai? Capodanno significa inizio di un qualcosa di nuovo, ma preceduto da un qualcosa che finisce, che muore. C è una nascita: l anno nuovo, ma è preceduta da una morte: l anno vecchio. La sequenza morte-nascita è espressione di cambiamento, di rinnovamento, ma ogni cambiamento crea sempre incertezza, dubbio, angoscia. Quindi, per questo insieme di cose il Capodanno crea angoscia. Sotto l euforia del Capodanno, si nasconde un altrettanta quantità di angoscia, che è poi l angoscia della vita. Siamo spaventati al pensiero di questo cambiamento, per cui il miglior antidoto è non solo non essere soli, ma essere in mezzo a molta gente, per condividere l angoscia rafforzandosi gli uni con gli altri. Chi invece è solo, si sente ancora più schiacciato dall angoscia. I Cristiani si radunano a pregare, poiché il credente chiede aiuto a Dio affinché lo aiuti a sopportarla. I 11

12 giovani trasformano tutta la loro angoscia in altrettanta euforia, che poi sfogano in modo molto spesso incontrollato. L euforia tutto sommato rappresenta una sorta di coraggio fittizio destinata a spaventare i fantasmi interni che creano angoscia, esattamente come nella giungla il rullio dei tamburi nelle notti di plenilunio. Tutto questo spiega la frenesia intrisa di paura con la quale si aspetta la mezzanotte del 31 dicembre. Poi anche questa arriva, e subito subentra una certa delusione, ma nello stesso tempo un grande sollievo: è passata anche questa volta. Ma intanto la mente è andata a quelli che non hanno più avuto davanti un Capodanno da passare, che si sono fermati a quello precedente, agli assenti, alle persone lontane, ed i sensi di colpa fanno sentire questa volta autenticamente, rispetto al Natale, il desiderio di essere più buoni, più tolleranti, che a Natale è forzato. Intanto la notte avanza. La festa poco per volta si spegne, e con l alba anche l angoscia, come i fantasmi, come i vampiri, ritorna nel buio degli anfratti del nostro inconscio. Abbiamo davanti altri 365 giorni, o almeno, si spera. E il nostro pensiero ritorna alla quotidianità, odiosa solo a pensarla, ma con un grandissimo pregio: è rassicurante. Magari durasse in eterno! Ma poi tra un anno ritornerà la grande paura. Ed in quel preciso momento in cui lo pensiamo tutto ci sembra senza senso, senza uno scopo, e solo il pensiero della salute, di un affetto, di un progetto, di una professione nei quali siamo immersi, o anche solo di un illusione ci salva dal buttarci dalla finestra o dalla ricerca di uno scontro frontale. O forse per qualcuno, anche soltanto l ultimo cd del cantante preferito o la prossima domenica del campionato di calcio. Intanto l esercito dell umanità avanza nel tempo, e intorno a noi, come sui campi di battaglia, gli esseri umani cadono uno ad uno, anche se la scomparsa della maggior parte di essi non fa notizia, come le nascite del resto, poiché lontani, o vicini ma sconosciuti. Un giorno anche noi non riusciremo più ad arrivare a Capodanno, ma ciò nonostante non dobbiamo scoraggiarci né smettere di resistere e di combattere, sia per essere di esempio che per dare tempo alle giovani leve di crescere e sostituirci. Per quanto non lo si ammetta facilmente, più o meno consciamente fra noi umani ci osserviamo per vedere chi, man mano che si invecchia, reagisce meglio o peggio alla morte che avanza, prendendo in qualche modo a modello i primi per rinforzare la nostra determinazione a fare altrettanto, combattendo invece in noi quello che vediamo nei secondi. Anche i più giovani lo fanno fra di loro pur tendendo a negarlo, e probabilmente accrescono la fiducia in sé stessi proprio nel sentirsi stimolati dalla capacità di reagire di noi, generazioni precedenti. Come dire che è tutto un guardarci nascere e morire, accomunati da una tacita e reciproca solidarietà anche se, quando ci incrociamo, è assai probabile che non ci salutiamo nemmeno. Ecco: tutto questo è concentrato in questa ricorrenza chiamata Capodanno. IL CURRICULUM DI UGO LANGELLA Ugo Langella e' nato ad Alba (Cuneo) il 25/6/1943. A Torino dal 1964, nell'estate 1994 ha trasferito studio e abitazione all'attuale indirizzo. Laureato in Pedagogia a Torino nel 1971, nel 79 si e' laureato in Psicologia a Padova. In analisi dal 1975 al 1981 a Milano dalla Dott. Myriam Fusini Doddoli della Societa' Psicoanalitica Italiana, negli anni 78 e 79 ha partecipato ai suoi gruppi di formazione e supervisione, quest'ultima continuata a Torino nel 79 con il Dott. Flegenheimer e dall'80 all'82 con il Dott. Levi, analisti della Societa' Psicoanalitica Italiana. Nel 1989 ha conseguito l'attestato di ipnotista presso il Centro Italiano di Ipnosi Clinica Sperimentale C.I.I.C.S. del Prof. Franco Granone. E' iscritto all'ordine degli Psicologi (posizione 01/246 - al 17/07/1989, data di prima costituzione ed all Albo degli Psicoterapeuti. Vuoi OLTRE per ? Chiedilo a ugolangella@virgilio.it. 12

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