REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

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1 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, in persona del dr. Umberto Lauro, all udienza , ha pronunciato la seguente: SENTENZA nella causa iscritta al n. 3440/2014 R.G., cui sono state riunite quelle iscritte ai nn. 3441, 3443, 3444 e 3445 R.G., vertente tra Di Meglio Angelo, Gentile Maurizio, Colella Vincenzo, Gennaro Nunzio Rodonto e Calise Francesco, tutti rapp.ti e difesi dagli avv.ti Lorenzo Bruno Molinaro e Maria Petrone, presso lo studio del primo elett.te domiciliati, in Barano d Ischia, alla piazza San Rocco n. 26, ricorrenti e Alilauro s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t. Lauro Salvatore, rapp.ta e difesa dall avv. Francesco Castellano, presso il cui studio elett.te domicilia, in Napoli, alla via Generale Orsini n. 42, resistente Conclusioni delle parti e ragioni della decisione 1. Premesso di essere dipendenti di Alilauro s.p.a. con qualifica di marinaio e di prestare la propria quotidiana attività sugli aliscafi che collegano l isola d Ischia alla città di Napoli, gli attori tutti, con distinti ricorsi successivamente riuniti, hanno impugnato la sanzione disciplinare della sospensione per 30 giorni dal turno particolare, loro comminata dalla società, a seguito di procedimento disciplinare, con provve-dimento del per inadempimento contrattuale, integrato dal rifiuto di svolgere, all atto dell imbarco, il controllo sul possesso del titolo di viaggio da parte del 1

2 passeggero e sulla corrispondenza tra quest ultimo e l intestatario del biglietto. I lavoratori evidenziano che la pretesa datoriale è infondata, in quanto il compito loro richiesto non rientra tra quelli contrattualmente previsti per i marinai, i giovanotti di coperta ed i mozzi. In particolare, deducono che la richiesta non può trovare fondamento sulla previsione dell articolo 6, comma 1, c.c.n.l. per gli equipaggi degli aliscafi e dei natanti veloci, secondo cui: «Il marittimo ha il dovere di mantenere condotta disciplinata, di uniformarsi alle prescrizioni delle leggi e regolamenti dello Stato per la Marina Mercantile, delle Autorità nazionali e di quelle consolari e locali nei porti all estero, di eseguire ogni legittimo ordine del Comandante e di ogni altro superiore per ciò che concerne il servizio e la sicurezza dell aliscafo, delle persone imbarcate, del carico e delle provviste». Non vi è dubbio alcuno, infatti, che essi ricorrenti, durante l orario di servizio, abbiano sempre mantenuto una condotta disciplinata e conforme alla legislazione statale e regolamentare vigente in materia, né risulta che essi si siano sottratti, anche una sola volta, ad ordini del Comandante. Precisano che il loro rifiuto, dopo l iniziale cooperazione prestata per evitare ritorsioni, non è dipeso da cattiva volontà, ma solo dalle minacce e ritorsioni spesso subite all atto dei controlli. Richiamano, espressamente, l aggressione di cui, in data , è rimasto vittima il ricorrente Calise Francesco, durante le operazioni di imbarco sull aliscafo Celestina (in partenza da Forio alle ore 15,40), violentemente colpito all addome da un energumeno che, non intendendo fare buon viso alla richiesta di esibire il documento di riconoscimento per un controllo sul diritto alla tariffa agevolata di residente, è passato alle vie di fatto colpendo il predetto Calise ed obbligandolo a ricorrere alle cure del presidio ospedaliero A. Rizzoli, con ricovero di tre giorni, attesa la gravità delle lesioni subite. Concludono per la declaratoria di illegittimità della sanzione e per l annullamento della stessa, con vittoria di spese e competenze di causa. Richiedono, inoltre, che alla società sia condannata ad astenersi per il futuro dal reiterare la condotta denunziata, integrante, per le sue modalità protratte nel tempo, anche l ipotesi di mobbing, nell accezione fornitane da Dottrina e giurisprudenza, in ricorso ampiamente richiamata. Il Calise Francesco, lamentando la sussistenza di una danno patrimoniale e non patrimoniale (biologico, morale ed esistenziale), chiede, in aggiunta alle richieste comuni, la condanna del datore di lavoro, ex articolo 2087 c.c., anche al risarcimento del danno predetto, per omessa predisposizione, da parte dello stesso, di tutte le cautele necessarie ad assicurare la sua sicurezza ed incolumità. 2

3 1.1. Instauratosi il contradditorio, la società si è costituita resistendo alla domanda e chiedendone il rigetto, con vittoria di spese e competenze di causa. Dopo aver evidenziato di non aver dato attuazione alla sanzione, entro il termine ultimo dell anno 2014, rivendica, poi, la legittimità del suo comportamento, richiamando quanto previsto da specifico accordo sottoscritto con le organizzazioni sindacali e, comunque, dagli articoli 6 e 7 c.c.n.l. di settore, da interpretarsi anche alla stregua del D.P.C.M ed in base alle norme previste dall articolo 3.3 del Regolamento (CE) n. 725/2004. Esclude che, nel proprio comportamento, possa ravvisarsi un ipotesi di mobbing per carenza degli elementi costitutivi della fattispecie. Conclude per il rigetto di tutte le domande formulate, con condanna dei ricorrenti alle spese del giudizio. 1.2 Tentata infruttuosamente la composizione bonaria della lite, la causa, tenuto conto delle difese svolte, è stata decisa senza espletamento di attività istruttoria, rivelatasi superflua Va, preliminarmente, dato atto che i ricorrenti Gentile Maurizio, Colella Vincenzo, Gennaro Nunzio Rodonto e Calise Francesco, in data odierna, hanno rinunciato alla domanda (vedi dichiarazione resa e sottoscritta in udienza ) Di conseguenza, il giudizio è stato dichiarato estinto con compensazione delle spese, come concordemente richiesto dalle parti stesse, in verbale (Cass. sentenza del ) 2. Relativamente al ricorrente Di Meglio Angelo, unico attore che ha rivendicato la decisione, si osserva che la mancata attuazione della sanzione nel termine previsto (anno 2014), in assenza di esplicita revoca del provvedimento ed in costanza di rapporto di lavoro, non determina il venir meno dell interesse ad agire dell attore, che ha pur sempre diritto a conoscere l ambito dei propri compiti e la legittimità del rifiuto alla svolgimento di quanto loro richiesto dalla società. 3. Deve, poi, evidenziarsi che, secondo i principi generali in tema di riparto degli oneri probatori (art c.c.), spetta al datore di lavoro la prova del denunciato inadempimento. 3

4 Nella fattispecie, stante la pacificità dei fatti materiali, la sussistenza di un obbligo dei lavoratori di provvedere alla verifica del possesso del titolo di viaggio per la corsa in partenza e della corrispondenza tra il possessore del biglietto e l intestatario dello stesso, anche al fine di controllare il diritto ad usufruire della tariffa agevolata prevista per i residenti. 3.1 Orbene, va rilevato, al riguardo, che la società non ha depositato in atti alcuna documentazione tra quelle richiamate a sostegno della legittimità del suo comportamento. Prima tra esse, il rivendicato e non meglio indicato accordo intercorso tra essa società e le organizzazioni sindacali di categoria, la cui stipula è contestata dalla controparte. Il compito di controllare, all atto dell imbarco, il possesso del titolo di viaggio ed il controllo delle generalità dei passeggeri non rientra, poi, tra i compiti propri dei marinai, secondo quanto è dato chiaramente evincere dall esame della contrattazione collettiva di settore depositata in atti da parte ricorrente (vedi declaratorie contrattuali). L obbligo predetto non può essere desunto nemmeno dalla previsione dell articolo 6, comma 1 c.c.n.l. per la quale il marittimo ha il dovere di eseguire ogni legittimo ordine del Comandante e di ogni altro superiore per ciò che concerne il servizio e la sicurezza dell aliscafo, delle persone imbarcate, del carico e delle provviste. Innanzitutto, perché, nel caso in esame, la richiesta proviene non dal comandante e/o da altro superiore, come diretta conseguenza di decisioni assunte nell esercizio della propria specifica funzione, cui sembra chiaramente riferirsi la norma, ma proviene, anche, se per caso, fosse stata rivolta per il tramite del comandante (circostanza, comunque, non emersa), direttamente dalla società, nell esercizio del potere orga-nizzativo datoriale. Tanto, trova conferma nel tenore della lettera di irrogazione della sanzione, ove, a pagina 1, ultimo periodo, la stessa azienda rivendica la paternità dell ordine. In ogni caso, ed indipendentemente da quanto precede, non può non osservarsi che il controllo, così come preteso dal datore di lavoro, è finalizzato al soddisfacimento di esigenze diverse da quelle previste dalla norma, risultando del tutto indifferente, rispetto alla sicurezza della navigazione, l accertamento della corrispondenza tra possessore del titolo e generalità del suo intestatario. Tale controllo è diretto al soddisfacimento di esigenze meramente economiche, quali sono quelli di accertare se l utente abbia o meno diritto ad usufruire della tratta a prezzo agevolato o meno. 4

5 Esigenze certamente legittime, ma assolutamente distinte da quelle indicate dalla norma posta dalla società a fondamento della sanzione comminata. Ininfluente, ai fini che qui interessano, e peraltro non provata, risulta la circostanza, genericamente dedotta, che il controllo richiesto sarebbe svolto dai dipendenti di altre società di navigazione. Nulla di rilevante aggiungono al dettato della norma contrattuale esaminata, il D.P.C.M e l articolo 3, comma 3, regolamento (CE) n. 725 del 2004 (in G.U. n. L 129 del 29/04/2004), solo genericamente richiamati dall azienda. In conclusione, alla stregua di tutte le ragioni esposte, singolarmente e complessivamente considerate, va escluso il contestato inadempimento contrattuale e va annullata, per la sua illegittimità, la sospensione irrogata. 4. Deve, però, evidenziarsi che la fattispecie non integra alcuna ipotesi di mobbing, cui si accenna in sede di conclusioni, alla stregua del carattere reiterato della richiesta di controllo. In merito, giova, sinteticamente, rilevare che, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale (ex plurimis, Cass. sez. lav. 17/01/14 n. 898 ed, in precedenza, Cass. sez. lav. 07/08/2013 n ; Cass. sez. lav. 25/07/2013 n ) per mobbing s intende una condotta del datore di lavoro che, in violazione degli obblighi di protezione di cui all'art c.c., consiste in reiterati e prolungati comportamenti ostili, di intenzionale discriminazione e di persecuzione psicologica, con mortificazione ed emarginazione del lavoratore. Ossia si intende - come già affermato dalla stessa Corte (Cass. sez. lav. 17 febbraio 2009, n. 3785) - una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili, che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l'emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità. Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro rilevano i seguenti elementi, il cui accertamento costituisce un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se logicamente e congruamente motivato: a) la molteplicità dei comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; 5

6 b) l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio. Elementi questi, che il lavoratore ha l'onere di provare, in applicazione del principio generale di cui all'art c.c., e che implicano la necessità di una valutazione rigorosa della sistematicità della condotta e della sussistenza dell'intento emulativo o persecutorio che deve sorreggerla. (Cass. sez. lav. 26/03/10 n. 7382). Delineato, sia pur sinteticamente, il quadro giurisprudenziale di riferimento, conforme del resto all elaborazione della più accreditata dottrina, deve osservarsi, alla stregua di una valutazione analitica e complessiva delle risultanze processuali, che parte ricorrente non ha assolto al predetto onere probatorio. L attore denuncia, nell atto introduttivo, un unico comportamento, assunto, peraltro, non certo con intenti persecutori ed ostili, ma solo sulla scorta di una normativa, rivelatasi, in questa sede, male interpretata. Va disattesa, pertanto, ogni richiesta collegata al dedotto, escluso fenomeno. 5. Tenuto conto della soccombenza, le spese di lite vanno poste a carico della società, con attribuzione ai procuratori anticipatari. P.Q.M. Il Tribunale, pronunciando sulle domande proposte da Di Meglio Angelo, Gentile Maurizio, Colella Vincenzo, Gennaro Nunzio Rodonto e Calise Francesco con distinti ricorsi del , successivamente riuniti, nei confronti Alilauro s.p.a., così provvede: - Dichiara estinto il giudizio ed il diritto per rinuncia alla domanda da parte di Gentile Maurizio, Colella Vincenzo, Gennaro Nunzio Rodonto e Calise Francesco; - Compensa le spese processuali tra i predetti attori e la società convenuta; - Dichiara illegittima ed annulla la sanzione della sospensione di gg. 30 irrogata a Di Meglio Angelo; 6

7 - Rigetta ogni altra domanda; - Condanna Alilauro s.p.a. al pagamento delle spese processuali sostenute dall attore, complessivamente liquidate in 1500,00 per compenso professionale, oltre iva, cpa e rimborso spese generali, nelle misure di legge, con attribuzione in favore dei procuratori in epigrafe indicati; - Fissa il termine di gg. 30 per deposito motivazione. Così deciso, in Napoli, in data Il giudice del lavoro dr. Umberto Lauro 7