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1 INDICE INTRODUZIONE CAPITOLO 1 - La distalizzazione classica Dispositivi extraorali: la TEO Dispositivi intraorali: A- Jones Jig B- Distalizzatore di Veltri C- Magneti D- Fast Back E- Arco Bimetrico Labiale di Wilson F- Molle ed Elastici G- Placca di Cetlin H- First Class I- Distal Jet J- Pendulum di Hilgers K- Lip Bumper Bibliografia Capitolo 1 CAPITOLO 2 - La distalizzazione su miniviti Miniviti: una necessità clinica Miniviti: descrizione del dispositivo Miniviti: scelta del sito: Siti Mascellari: - Sede Interradicolare - Sede palatale Miniviti. procedura clinica di Inserimento Miniviti: fallimenti Distal Jet su miniviti Pendulum su Miniviti Dual Force Distalizer

2 Sede interradicolare Valutazione dell efficacia dei dispositivi distalizzanti su TADs Bibliografia capitolo CAPITOLO 3 - Un dispositivo originale di distalizzazione su miniviti: descrizione e protocollo clinico - Descrizione del dispositivo HP 55 - Meccanismo a Distal- Jet 55 - Meccanismo a Fast Back 56 - Viti a 6 mm o 8 mm 57 Analisi del dispositivo HP 58 Procedura Clinica 59 - Primo Appuntamento: inserimento delle Miniviti 60 - Primo appuntamento : Impronte di Precisione 61 Procedure di Laboratorio - Realizzazione del dispositivo distalizzante 62 Gestione Clinica dell apparecchio - Secondo Appuntamento: applicazione dell apparecchio 65 - Appuntamenti successivi 65 CAPITOLO 4 - Casi clinici Caso clinico 1 Caso clinico 2 Caso clinico 3 Caso clinico CAPITOLO 5 Conclusioni 89 2

3 Tra due spiegazioni, scegli quella più chiara. Tra due forme, scegli quella più elementare. Tra due parole, quella più breve.". Eugenio D' Ors 3

4 Introduzione Le malocclusioni di II Classe costituiscono una porzione significativa dei pazienti che di solito si sottopongono ad un trattamento ortodontico. La moderna ortodonzia é alla continua ricerca di terapie sempre più rispettose del patrimonio biologico del paziente e quindi tende ad affermarsi un orientamento non estrattivo. Non estrarre significa però rinunciare ad una "fonte" immediata di spazio disponibile nelle arcate; da qui la necessità di avere a disposizione apparecchi che permettano il recupero o l incremento dello spazio, agendo sia in senso trasversale che in senso distale. La distalizzazione molare, che è una procedura ortodontica finalizzata ad aumentare il perimetro dell arcata superiore nei settori posteriori, sta diventando quindi una procedura sempre più comune nel trattamento delle II Classi (1). Questo tipo di terapia è consigliata nei soggetti normo o ipodivergenti, nei pazienti con morso coperto e/o profilo piatto, nei casi di agenesia dei terzi molari superiori o quando pazienti e/o genitori rifiutino il trattamento estrattivo e la distalizzazione sia una procedura eticamente accettabile dall operatore. È controindicata, invece, nei soggetti con una divergenza aumentata o con open bite scheletrico: infatti la distalizzazione dei molari può determinare un aumento della dimensione scheletrica verticale in seguito a estrusione degli elementi dentari posteriori, con ripercussioni negative sul piano occlusale e sulla posizione mandibolare. I molari superiori vengono distalizzati per correggere un rapporto molare di II Classe occlusale per poi retrarre i segmenti medio e frontale o per risolvere una discrepanza dento- alveolare. La distalizzazione risulta essere maggiormente efficace quando viene realizzata al termine del secondo periodo di permuta prima che sia erotto il secondo molare superiore. 4

5 Questo ci consente di avere una maggiore percentuale di successo nella distalizzazione e ci permette di sfruttare contemporaneamente il Lee- way space inferiore (2, 3). Realizzare la distalizzazione molare superiore prima che sia erotto il secondo molare significa ridurre notevolmente il tempo di trattamento e la necessità di ricorrere a trattamenti estrattivi (4). La diffusione della pratica della distalizzazione ha portato all evoluzione e alla progettazione di una grande varietà di dispositivi deputati a questa funzione. Si possono distinguere le apparecchiature distalizzanti in base alla loro comparsa storica, alla biomeccanica d azione, alla loro caratteristica di essere fissi o mobili, al tipo di forze impiegate e alla capacità o meno di non dipendere dalla attiva collaborazione del paziente. Nello specifico li classificheremo in relazione alla localizzazione della loro unità di ancoraggio, in dispositivi extraorali (o cranio- mascellari) e intraorali. Le apparecchiature extraorali (head gear, TEO) trovano il loro complesso di ancoraggio all esterno del cavo orale, scaricandovi le forze di reazione indesiderate; mentre quelle intraorali possono essere ulteriormente suddivise in intramascellari e intermascellari. Le prime agiscono all interno del mascellare superiore e tra queste ricordiamo molle e i fili NiTi, magneti, Jones Jig, Pendulum, Distal Jet, Fast Back, First Class, Lip Bumper (5, 6, 7, 8, 9, 10) mentre le seconde si avvalgono dell arcata mandibolare antagonista per questa funzione (Herbst, Jasper Jumper, Cantilever Bite Jumper, MARA, Eureka Spring, Forsus etc.) (11, 12). Tra le proprietà che il distalizzatore ideale dovrebbe possedere, ricordiamo: - nessuna collaborazione da parte del paziente - elevato controllo biomeccanico - perdita di ancoraggio minima - minor ingombro possibile - minime interferenze con masticazione, deglutizione e fonazione - nessuna compromissione estetica, - assenza di dolore o senso di tensione durante il movimento dentale 5

6 - attivazione agevole e "dosabile" da parte dell operatore - gestione del trattamento priva di rischi - autolimitazione del movimento ortodontico - tecnica di costruzione semplice - compatibilità con differenti tecniche ortodontiche - detersione facile 6

7 CAPITOLO 1 LA DISTALIZZAZIONE CLASSICA 7

8 Ecco quindi un breve excursus dei principali dispositivi utilizzati nelle ultime decadi per distalizzare i molari, ed effettuiamo un confronto evidenziandone limiti e vantaggi: Dispositivi Extraorali A- TEO (Trazione Extra Orale) Il problema che ha portato gli ortodontisti alla ricerca e utilizzazione degli ancoraggi extra- orali nasce dalla legge fisica a tutti nota per la quale ad ogni azione corrisponde una reazione uguale per intensità e contraria nella direzione. Quando è necessario spostare un dente o un gruppo di denti in qualsiasi direzione, non sempre è conveniente scaricare la reazione della forza esercitata su altri denti o altre parti della bocca. Pertanto si sono cercati punti di appoggio al di fuori del cavo orale, in grado di assorbire senza conseguenze questo tipo di reazione. Questi punti di ancoraggio extra- orale si sono trovati sulla parte posteriore, in alto e in avanti rispetto alla bocca, a seconda della direzione che si è voluto dare ai vettori delle forze applicate sui denti. L apparecchio extra orale pertanto risolve un grande problema, in quanto l unico movimento ottenibile è quello della forza applicata, dato che la reazione viene dissipata su un sistema di appoggio che non coinvolge elementi buccali. Analisi dell arco extra- orale L arco extra- orale si compone di un arco interno di 0,9-1 mm di diametro che va inserito nei tubi molari e fermato mesialmente a questi da uno stop o da una piega a baionetta o da una ansa ad U. L arco interno deve essere scostato dagli incisivi dai 5 8

9 agli 8 mm e fuoriuscire dalla bocca, quando è in tensione, all altezza della rima labiale. Vari accessori possono essere inseriti su questo arco: uncini per poter applicare degli elastici, uno o più speroni, un piano in acciaio o in plastica. L arco esterno è costituito da un filo, sempre in acciaio, con un diametro variabile da 1,4 a 1,8 mm a seconda che venga o meno utilizzato un rinforzo, reso solidale all arco interno per mezzo di una saldatura. Talvolta, al posto della saldatura, possono essere utilizzati altri dispositivi che rendono l arco esterno, rispetto a quello interno, snodato o anche disinseribile. La lunghezza dei bracci esterni è generalmente di circa 1 cm in piu` rispetto alla distale dell arco interno, ma tale lunghezza può e deve essere variata a seconda degli scopi del trattamento. Sia la lunghezza dei bracci che il loro orientamento rivestono un importanza fondamentale perchè influenzano direttamente la direzione dei vettori forza impiegati. La parte motrice è costituita dalla forza esercitata dagli elastici o da molle applicate ad un casco o ad una striscia di tela che funge da appoggio. (13) La TEO è un ottimo apparecchio ortopedico distalizzante, ma richiede anche un ottima collaborazione per raggiungere gli obiettivi prefissati. Questo è il meccanismo d azione: - si sceglie che tipo di trazione assegnare al nostro paziente, cervicale o alta, a seconda del quadro verticale presente: brachifacciale e normofacciale oppure dolicofacciale. - si sceglie il tipo di forza da applicare: leggera ( grammi) per ottenere il movimento del molare senza avere affetti ortopedici sul mascellare superiore; pesante ( grammi) per ottenere meno spostamento dentale e più effetto ortopedico (nelle seconde scheletriche con mascellare superiore avanzato). La trazione extraorale (baffo) deve essere portata per almeno 13 ore al giorno e questo comporta che deve essere messa ogni volta che il paziente entra in casa, anche solo per mezz ora, in modo da sommare le varie frazioni di ora ed arrivare, compresa la notte, alle fatidiche 13 ore. Questo deve essere fatto per tutti i giorni della settimana, in modo continuativo; se dovesse esserci un periodo di una settimana in cui la trazione non venisse inserita, questo risulterebbe deleterio sul progresso della terapia. Distalizzando i molari, la trazione extraorale, esercita una forza distalizzante anche sui premolari (e in maniera minore sui canini) attraverso le fibre transettali; è infatti comune osservare come i premolari si spostino indietro spontaneamente. 9

10 Dispositivi Intraorali Apparecchiature Intramascellari A- Jones Jig Il Jones Jig è un distalizzatore dei molari superiori che non richiede la cooperazione del paziente. Questo apparecchio distalizza i molari superiori operando nell ambito dell arcata mascellare. L apparecchio si compone di un arco palatino con bottone di Nance saldato a bande posizionate sui premolari (questa parte costituisce l ancoraggio); una cannula mesiale con uncino che scorre a telescopio su un filo sezionale vestibolare; una molla aperta in Ni- Ti a grammatura costante. La forza è ottenuta comprimendo parzialmente la porzione aperta della molla super- elastica in Nichel Titanio, che esercita grammi di forza, contro il meccanismo di ancoraggio composto dal bottone di Nance modificato, saldato alla banda del 2 premolare. Le forze sono basse e continue. La collaborazione del paziente non è più necessaria. Sebbene l apparecchio possa essere utilizzato durante qualsiasi fase del trattamento, ha particolare successo se usato all inizio dello stesso. Il paziente non necessita di brackets anteriori fino a che non viene corretta la posizione dei molari. Gli effetti indesiderati sono tipping distale dei molari, mesio inclinazioni premolari e l affondamento nella mucosa del bottone di Nance. (14, 15, 16, 17) 10

11 B- Distalizzatore di Veltri Si tratta di un distalizzatore mono e bilaterale, formato da una vite ad azione sagittale connessa da braccia alle bande dei sesti e quinti superiori. L attivazione prevede 1/4 di giro (0,2 mm) due volte alla settimana, che corrisponde ad una distalizzazione di circa 1,5mm al mese (si ritiene che l osteogenesi sia maggiore con forze intermittenti rispetto a quelle continue) Al termine della fase attiva il dispositivo viene bloccato come contenzione, rimuovendo i bracci anteriori. Le modifiche che possono essere apposte sono: ancoraggio a tripode per distalizzazione monolaterale; ferule vestibolari con uncini per trazione elastica intermascellare nelle II classi; bottone di Nance, saldato al corpo della vite, per dare maggior ancoraggio anteriore. L azione sul piano sagittale può essere eseguita bilateralmente o monolateralmente a seconda degli obiettivi: - Distalizzare i molari e aumentare il perimetro dell arcata nelle incongruenze dentoalveolari; - Distalizzare i molari e correggere i rapporti occlusali di II classe con elastici intermascellari tesi tra uncini applicati sull arco mascellare saldato vestibolarmente e arco inferiore saldato sulle bande dei molari; - Mesializzare la parte anteriore delle arcate superiori nelle III classi, in aggiunta all azione ortopedica esercitata da una maschera extraorale; (18) 11

12 C- Magneti Un innovazione importante nel campo dell ortodonzia è stata senza dubbio la distalizzazione con magneti al posto delle tradizionali forze meccaniche orali ed extraorali. Leghe di terre rare magnetici sono stati utilizzati in ortodonzia e sempre diversi autori hanno riportato risultati clinici di successo del trattamento di denti nell'uomo. (studi di Darendaliler, Sidney) Questo sistema sfrutta la forza esercitata (che varia dai 30 ai 150 grammi) dalla repulsione di due magneti posizionati con i poli di segno uguale l uno contro l altro. I magneti sono posti u un sezionale con il magnete mesiale libero di scorrere lungo di esso. Distalmente termina con un sistema a tre forche di cui una viene inserita nello slot dell attacco e le altre due legate assieme, assicurando il tutto alla banda ortodontica. Davanti al magnete mesiale è posto un giogo scorrevole su cui sono saldate due alette per la legatura. I poli di uguale segno tenderanno quindi a respingersi. Il magnete mesiale sarà mantenuto fermo dalla legatura mentre quello distale, che è libero di muoversi, verrà respinto in direzione distale spingendo quindi il dente (19,20,21). I magneti possono ridurre la necessità di collaborazione da parte del paziente perché forniscono una forza relativamente inesauribile di durata ed intensità appropriate. (22) Altra caratteristica peculiare dei magneti è quella del controllo tridimensionale: spostando le calamite verticalmente si può controllare, oltre alle componenti verticale e sagittale, anche la terza dimensione, quella trasversale. 12

13 D Fast Back Nel 2001 nasce il Fast Back (23,24,25), un interessante dispositivo ideato dal Dott. C. Lanteri e dall Odt. F. Francolini. Dal punto di vista della biomeccanica, il principio su cui si basa il Fast Back è quello di esercitare sui molari una forza continua di intensità costante e direzione predeterminata. La forza è generata da una molla in nichel Titanio superelastica ed è di 300 grammi, e attraverso questa si riescono ad ottenere forze leggere e costanti per i movimenti dentali, riducendo così il rischio di riassorbimenti radicolari o traumi parodontali, oltre a condizioni di comfort per il paziente. Il controllo ortodontico del movimento dentale è ottenuto tramite un filo (0.040 inch) a cui è data la forma in accordo all anatomia dell arcata superiore. Questo braccio è inserito in un tubo rotondo, di diametro 0.045, saldato al laser alla faccia palatina della banda molare per prevenire tipping dentale durante la distalizzazione e strutturato in modo da ottenere un movimento corporeo in una direzione predeterminata. Il dispositivo prevede uno stop ai movimenti dentali, il che permette di ottenere una distalizzazione molare perfettamente programmabile e autobloccante, che elimina il rischio di sovra attivazione. L attivazione del fast back viene eseguita attivando una molla di espansione nella direzione indicata dalle frecce impresse sulla superficie della molla stessa,, utilizzando una chiave specifica finchè la molla non è completamente attivata. In generale si stima un tempo di almeno 30 giorni per ottenere il movimento dentale desiderato. Questa molla deve essere caricata mediamente ogni quattro settimane. La stabilità dell area anteriore dell arcata superiore è garantita da un bottone di Nance che 13

14 include le componenti anteriori della molla stessa, le estensioni delle bande dei primi premolari e gli stop canini. Il fast back può essere mantenuto in bocca e usato come sistema di ancoraggio fino alla completa chiusura degli spazi. (26) E- Arco Biometrico Labiale di Wilson Nel tentativo di distalizzare i molari senza l ausilio della trazione extraorale, è stata sviluppata una tecnica che fa uso di molle ed elastici. La cooperazione è sempre richiesta, ma solo per l utilizzo degli elastici (giorno e notte) da portarsi con una sequenza molto particolare. Il Sistema è costituito dai seguenti componenti: l arco mascellare di Wilson, che presenta un diametro anteriore di 0,22 inch e posteriore di 0,40; anse distalizzanti a omega mesiali ai molari; uncino a livello canino per trazione intermascellare. L arco di Wilson si inserisce nei tubi per la trazione extraorale ed ha una molla che li spinge indietro e che è tenuta ferma mesialmente da un ansa dell arco stesso. Dunque non è compressa tra premolari e molari e pertanto non esercita nessuna spinta mesializzante sui premolari, che sono liberi di distalizzare in modo naturale, come con la trazione extraorale. L ansa a omega è modellata 3 mm davanti alla cannula molare, di modo che le molle aperte (0,10 x 0,45 inch di diametro e 5 mm di lunghezza) vengano compresse di 2mm, tra la ansa omega e la cannula molare, al primo inserimento. Ogni 21 giorni, deformando l omega senza rimuovere l arco, si riattiva la molla di 2mm, raggiungendo la prima classe molare mediamente in 4-6 mesi. La spinta in avanti la subiscono però gli incisivi, che dovranno essere tenuti in posizione dagli elastici di seconda classe. Infatti, nel protocollo di utilizzo dell arco di Wilson, prima dobbiamo preparare l arcata inferiore come ancoraggio, utilizzando anche un arco linguale, perché dovrà subire una spinta in avanti data dagli elastici per un periodo molto lungo (circa 1 anno e mezzo). Per affrontare ciò, l arcata inferiore deve almeno avere un filo dello spessore di 14

15 0,018 x 0,025 in acciaio, altrimenti perde subito ancoraggio. Una volta raggiunta la prima classe molare, gli elastici di seconda classe dovranno essere continuati per tutta la cura, visto che dovranno distalizzare i canini e poi correggere l overjet con l arretramento del gruppo incisivo. Dunque c è un grosso pedaggio da pagare in termini di ancoraggio per l arcata inferiore, che dovrà essere controllata per tutta la cura in modo da non subire spostamenti eccessivi in avanti. Gli elastici di seconda classe, inoltre, hanno anche degli effetti collaterali, soprattutto nell apertura del morso per l estrusione del molare inferiore. (27,28) F- Molle ed elastici La tecnica è molto simile all arco di Wilson, solo che la molla viene inserita direttamente nel filo e compressa tra molari e premolari. In questa maniera, il sistema è comunque meno efficiente perché i premolari non sono liberi di spostarsi indietro naturalmente ed anzi vengono spinti in avanti. Gli elastici, come con l arco di Wilson, servono a frenare la spinta in avanti dei premolari e si ancorano sull arcata inferiore che farà da ancoraggio. Il tempo del loro utilizzo è più lungo rispetto all arco di Wilson (devono distalizzare anche i premolari) ed i loro effetti collaterali sull arcata inferiore gli stessi (perdita di ancoraggio con vestibolarizzazione degli incisivi ed apertura del morso). L efficienza meccanica è inferiore all arco di Wilson, perché i premolari non distalizzano spontaneamente e vanno poi spostati con gli elastici.(14) 15

16 G Placca di Cetlin La placca di Cetlin è un apparecchio rimovibile superiore che, associato alla trazione extra orale, permette la distalizzazione dei molari superiori. E costituita da due ganci di Adams, posizionati sui primi premolari superiori; uno scudo anteriore, avente un anima costituita da un filo rettangolare 0,22 X 0,28 che interessa le superfici vestibolari degli incisivi superiori; un rialzo anteriore, utile per evitare interferenze occlusali; due molle ad occhiello con funzione distalizzante. Queste ultime sono parte fondamentale del dispositivo, ragion per cui devono essere eseguite seguendo scrupolosamente le indicazioni del Prof. Norman Cetlin: - Utilizzare per la costruzione un filo tondo 0,28 mm - Gli occhielli o elici devono avere un diametro di 5 mm e vanno posizionati distalmente rispetto al centro dei molari da distalizzare - Le porzioni terminali di tali molle devono essere poste mesialmente ai molari da distalizzare e il più vicino possibile alla gengiva. La placca di Cetlin è un apparecchio removibile e permette di ottenere una distalizzazione molare bilaterale, combinando l azione della TEO con quella delle molle; la scelta del tipo di TEO (bassa o alta) dipende ovviamente dal tipo di crescita scheletrica del soggetto. Cetlin ritiene che l 80% delle mal occlusioni presenti molari contratti e ruotati mesio- lingualmente e propone come sequenza terapeutica: prima di ruotare, espandere e distalizzare i sesti con una barra palatina, poi di applicare la TEO e la placca removibile per la distalizzazione. L attivazione della molla di 1-1,5 mm esercita una forza di 30 g e la TEO viene utilizzata con una fora ortodontica di 300 grammi (150 g per lato). Portando la TEO ore al giorno e costantemente la placca, si ottengono 5-6 mm di distalizzazione corporea molare in 6-8 mesi. Gli effetti indesiderati da controllare con questo dispositivo sono l inclinazione distale delle corone dei molari, l apertura del morso, la vestibolarizzazione degli incisivi per perdita di ancoraggio anteriore. (29,30) 16

17 H- First Class Si tratta di un distalizzatore per molari superiori ideato dall odontotecnico Parri e dai dottori Luppoli e Fortini (31,32,33). Il First Class è un sistema distalizzante, che permette il movimento dei sesti su un binario, evitando così indesiderate inclinazioni vestibolo- palatali. Può essere usato sia per distalizzazione mono che bi- laterale. E' composto da una parte stabilizzante (un esteso bottone di Nance), da una vite di attivazione per ogni lato da distalizzare e da una guida per la distalizzazione situata sul versante palatale, munita di molle in Nichel- Titanio. Per la costruzione, di solito, si adattano le bande a carico del 16/26 e del 15/25. Il First Class è un apparecchio particolarmente stabile e programmabile in fase di distalizzazione. Necessita della colla- borazione del genitore del paziente per l'attivazione delle viti vestibolari (due attivazioni al giorno) ma, durante l'impiego dello stesso, non è possibile utilizzare il brackettaggio vestibolare completo a causa della vite posta sulle superfici vestibolari di quinti e sesti 17

18 I- Distal Jet Il Distal jet è nato da un'idea del Dr. Carano e dall'odt. Testa ed è stato un apparecchio di notevole interesse sin dalla sua ideazione che risale al Il distal jet può essere mono o bilaterale. La componente attiva è costituita da un sistema telescopico palatino, formata da un filo libero di scorrere in un tubo guida (0,9 mm di diametro interno) per effetto di una molla in NiTi, compressa e bloccata da un morsetto con una vite di serraggio. La forza espressa dalla molla compressa è di grammi; gli autori consigliano di utilizzare 180 grammi in dentizione mista e 240 grammi in presenza di secondi molari già erotti. (34,35,36). L ancoraggio consta nel bottone centrale di Nance modificato, ancorato alle bande dei premolari e dei molari. L attivazione viene eseguita ogni 4-6 settimane, spostando distalmente il morsetto; al termine, il dispositivo viene trasformato in contenzione bloccando la vite centrale, mantenendo il bottone palatino e rimuovendo i bracci verso i premolari. La linea di azione del sistema telescopico palatino, rispetto ai sistemi vestibolari, si trova più vicino al centro di resistenza dentale (radice palatale dei molari superiori), fattore che determina una diminuzione di rotazioni ed inclinazioni distali, attriti e perdite di ancoraggio. Come analizza lo studio di Kinzinger e Diedrich (37), nella dimensione sagittale il distal jet permette di ottenere una distalizzazione molare buona, ma a causa dell applicazione palatale della forza distalizzante rispetto al centro di resistenza dei molari abbiamo anche rotazione indesiderata delle corone dei molari 18

19 J- Pendulum di Hilgers Creato dal Dr. James Hilgers nel 1991, è una apparecchiatura idonea alla distalizzazione mono o bilaterale dei primi e secondi molari. E probabilmente l apparecchio distalizzante più utilizzato nell ultima decade. ed è costituito dai seguenti elementi: - bottone palatino in resina acrilica (Nance) che funge da ancoraggio - appoggi metallici cementati sulla superficie occlusale dei premolari superiori - molle con elici orizzontali in filo tondo in titanio- molibdeno inserite nei tubi palatali dei molari da distalizzare Dai lavori proposti in letteratura (38,39,40,41) emerge che gli effetti di questa apparecchiatura sono: distalizzazione del primo molare superiore fino a 5 mm circa, inclinazione distale dello stesso di circa 8 gradi, mesializzazione di 2,5-3 mm e inclinazione mesiale di 1,5 mm del primo premolare superiore, intrusione del primo molare superiore di circa 0,7 mm e estrusione del primo premolare superiore di circa 1,5 mm, rotazioni dei molari, aumento dell altezza faciale inferiore anteriore, riduzione dell overbite e rotazione posteriore della mandibola. 19

20 K- Lip Bumper I paraurti labiali sono archi vestibolari costituiti da filo in acciaio rotondo (diametro 0,40 inch) con pieghe a baionetta da inserire come stop nei tubi molari e anse di compenso anteriori e posteriori di regolazione. La parte anteriore può essere rivestita di gomma o scudi di resina acrilica per ampliare il comfort del paziente ed aumentare la superficie su cui viene esercitata la forza. Gli effetti funzionali sono realizzati scaricando la pressione centripeta delle guance e delle labbra sull intera arcata dento- alveolare, ottenendo espansione sagittale e trasversale anteriore (vestibolarizzazione degli incisivi). Gli effetti meccanici si realizzano per trasmissione della forza ai soli molari di ancoraggio: derotazione e distalizzazione molare (espansione sagittale posteriore); controllo verticale (estrusione, intrusione); controllo della mesializzazione. Sono utilizzate varianti di lip bumper per l arcata superiore (upper bumper) per i settori anteriori: in corrispondenza del margine gengivale degli incisivi per controllare l effetto della pressione delle labbra ed espandere anteriormente la premaxilla; a livello degli incisivi inferiori per distalizzare i molari superiori (14,42) 20

21 Bibliografia Capitolo 1 1. E. Bolla, F. Muratore, A. Carano, J. Bowman. Evaluation of maxillary molar distalization with the Distal Jet: a comparison with other contemporary methods. Angle Orthodontist. 72(5): , Gianelly AAA, Strategy for nonextraction Class II treatment. Semin Orthod Mar;4(1): Gianelly AA. Leeway space and the resolution of crowding in the mixed dentition. Semin Orthod Sep;1(3): Gianelly AA. Crowding: timing of treatment. Angle orthodontist 1994; 64 (6): 415: Gianelly AA. Distal movement of the maxillary molars. Am J Orthod 1998;114: Kalra V. The K- Loop molar distalizing appliance. J Clin Orthod 1995;29: Blechman AM. Steger ER. A possible mechanism of action of repelling, molar distalizing magnets. Part I. Am J Orthod 1995,108: Jones RD, White JM. Rapid class II molar correction with an open- coil jig. J Clin Orthod 1992;26: Hilgers JJ. Pendulum appliance for Class- II non compliance therapy. J Clin Orthod 1992;26: Carano A, Testa M. The distal jet for upper molar distalization. J Clin Orthod 1996;30: Beccari S, Sfondrini G, Gandini P. La metodica Herbst e il Jusper Jumper nel trattamento ortodontico fisso. Ortognatodonzia Italiana 1992;4: Blackwood HO. Clinical management of the Jasper jumper. J Clin Orthod 1991;25: AA.V.V., Manuale di tecnica Ortodontica, Ed Martina, Montagna, Piras et al, L ortodonzia ed I suoi dispositivi, Elsevier Masson,

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24 41. Marrone D, Effetti dento- alveolari e articolari del Pendulum di Hilgers, Mondo Ortodontico 2/2008, XII simposio 42. Giuseppe Celentano, Annalisa Longobardi, Rosangela Cannavale, Letizia Perillo, Mandibular lip bumper for molar torque control, Progress in orthodontics 1 2 ( )

25 CAPITOLO 2 LA DISTALIZZAZIONE SU MINIVITI 25

26 Miniviti: una necessità clinica Actioni contrariam semper et æqualem esse reactionem: sive corporum duorum actiones in se mutuo semper esse æquales et in partes contrarias dirigi. Nella terza legge della dinamica, meglio conosciuta come il principio di azione e reazione, Newton spiega come ogni forza debba essere considerata un interazione tra corpi, ovvero tra un corpo A che esercita una forza su un corpo B ed un corpo B che simultaneamente esercita una forza uguale e contraria su un corpo A. La fisica newtoniana applicata all ortodonzia (e, più semplicemente, la pratica clinica) ci insegnano come la forza distalizzante applicata ad uno o più elementi dentari attraverso dispositivi intraorali comporti spesso un tipping distale degli stessi (non di rado accompagnato da rotazioni) più che un reale movimento corporeo, con un inevitabile perdita di ancoraggio della controparte anteriore. Ciò risulta non solo biomeccanicamente poco vantaggioso (in termini di efficacia ed efficienza), ma anche potenzialmente dannoso, in quanto espone gli elementi anteriori (dapprima protrusi e successivamente retratti) a movimenti di jiggling (o round- tripping). Inoltre, non bisogna dimenticare che la distalizzazione porta con sé ripercussioni sul piano verticale, scarsamente controllabili e spesso indesiderate. La possibilità di distalizzare avvalendosi di un ancoraggio scheletrico, un ancoraggio cosiddetto assoluto, permette idealmente di eliminare (o realisticamente limitare) gli aspetti negativi classici di un dispositivo distalizzante intraorale. Tuttavia, finché l ancoraggio scheletrico è rappresentato da una trazione extraorale, è chiaro che il risultato della terapia è totalmente paziente- dipendente, dipendente cioè da un paziente spesso poco collaborante, che si trova peraltro a gestire un dispositivo non propriamente comodo o quantomeno estetico. Alla luce di quanto sopra, ecco spiegata la grande enfasi con cui sono stati accolti i cosiddetti TADs (Temporary Anchorage Devices) in ambito ortodontico. Impianti, miniplacche e miniviti possono difatti fornire un ancoraggio scheletrico intraorale. Tra questi, le miniviti si sono presto distinte per versatilità e semplicità di utilizzo. Difatti, benché l utilizzo di impianti protesici convenzionali si sia espanso negli ultimi anni, il 26

27 loro utilizzo in ortodonzia resta fortemente limitato, in quanto gli scopi clinici e biomeccanici ortodontici vengono spesso a cozzare con la dimensione piuttosto larga di tali dispositivi, il numero ristretto di siti disponibili per il posizionamento, il lungo periodo di osteointegrazione di cui necessitano, e non da ultimo i costi in termini biologici (le eventuali complicanze chirurgiche) ed economici. (1,2,3) Le miniplacche si sono dimostrate un valido strumento di ancoraggio nella gestione tridimensionale del movimento dentale; tuttavia, esse richiedono un intervento chirurgico con apertura di un lembo sia per il posizionamento che per la rimozione, con la conseguente necessità di competenze specifiche, un periodo di guarigione prolungato, un certo discomfort per il paziente (4,5,6). Le miniviti, spesso citate in letteratura come mini- impianti, non richiedono atti chirurgici né per il posizionamento né per la rimozione, hanno dimensioni contenute tali da permettere anche un inserimento in sede interradicolare, costi economici e biologici molto contenuti con un minimo discomfort per il paziente. (7) Miniviti: descrizione del dispositivo Realizzate in titanio o in una lega di titanio ed alluminio o vanadio (materiali altamente biocompatibili), le miniviti hanno un diametro massimo variabile (incluse le spire del corpo intraosseo) tra 1,2 e 2,3 mm. Studi condotti da Poggio et al., Schnelle et al., Costa et al. (8) indicano che esso non dovrebbe superare 1,6 mm, in quanto tale dimensione correla con la stabilità della minivite. Quest ultima, infatti, è garantita dalla ritenzione meccanica primaria, e non dai meccanismi di osteointegrazione tipici di un impianto protesico tradizionale: risulta pertanto fondamentale lo spessore della corticale, tipicamente maggiore nei soggetti brachicefali (> 3 mm) e minore nei dolicocefali (<1 mm) (9). Attualmente non abbiamo informazioni precise circa la quantità di osso perimplantare necessaria a garantirne stabilità: i dati raccolti finora variano tra 0,5 mm e 2 mm. A livello interradicolare, è chiaramente lo spazio disponibile a dettare la misura massima del diametro della minivite. 27

28 La lunghezza del dispositivo si riferisce in genere al corpo filettato, e può variare dai 5 ai 14 mm: tuttavia, diversi studi sconsigliano miniviti di lunghezza superiore ai 10 mm (10). Come per quanto riguarda il diametro, anche la lunghezza dipende dalla quantità di osso disponibile nel sito prescelto, che, a seconda della regione considerata, può essere spesso dai 4 ai 16 mm. Nella scelta della lunghezza della vite da posizionare occorre valutare lo strato dei tessuti mucosi, che è in media 1,25 mm (ma può essere molto più spesso sul versante palatale). Questo è il motivo per cui il rapporto tra la lunghezza della testa della minivite (la parte extraossea) e il corpo filettato (la parte intraossea) non deve essere inferiore ad 1:1. La testa della minivite è la parte che si affaccia nel cavo orale. A seconda della sua forma (uncinata, rotonda, a occhiello, simil- slot, ) permette la funzionalizzazione della minivite stessa: ad essa possono essere infatti fissate legature metalliche, catenelle elastiche, fili ortodontici a sezione rotonda o rettangolare. Essa dovrebbe essere sufficientemente grande per permetterne un facile utilizzo da parte dell ortodontista, ma al tempo stesso piccola e compatta al fine di minimizzare il discomfort del paziente. Miniviti: scelta del sito Il sito ideale in cui posizionare una minivite dovrebbe soddisfare requisiti biomeccanici al fine di raggiungere gli scopi ortodontici prefissati, nonché requisiti anatomici tali da garantire stabilità del dispositivo e sicurezza di posizionamento. Per quanto riguarda la biomeccanica, la posizione della minivite deve essere congeniale alla costruzione del dispositivo distalizzante, permettendo peraltro eventuali alterazioni della biomeccanica prevista nel piano di trattamento. Il corpo intraosseo della minivite non deve essere sulla traiettoria del movimento dentale previsto, altrimenti limitato. Per quanto concerne l anatomia, il sito prescelto deve essere rivestito da gengiva aderente, e lo spessore di tale tessuto non deve essere eccessivo, pena la tendenza dei tessuti a ricoprire la testa della minivite. Il posizionamento in zone rivestite da mucosa orale risulta meno indicato, in quanto complica il mantenimento igienico del dispositivo, esponendolo ad un rischio maggiore di fallimenti. Lo spessore osseo del sito deve essere 28

29 tale da permettere l inserimento di almeno metà della lunghezza della minivite nella parte corticale, mantenendo accessibile la testa della stessa. Il sito ideale non deve essere localizzato in prossimità di strutture vitali o passibili di danneggiamento al fine di limitare le possibilità di danno iatrogeno. Inoltre, esso deve essere congeniale al paziente, ovvero in zone che non comportino particolare discomfort e con la minore visibilità possibile. Siti Mascellari. A livello del mascellare superiore, le miniviti possono essere inserite sia sul versante vestibolare, in posizione interradicolare, che sul versante palatale. - Sede interradicolare. La scelta di un sito interradicolare è determinata da 3 fattori: la biomeccanica del dispositivo prescelto, l anatomia del paziente e le dimensioni del mini- impianto. La difficoltà maggiore di un simile posizionamento è dettata dalla valutazione circa la disponibilità e qualità del tessuto osseo locale. Ludwig et al. (35) raccomandano di inserire la minivite il più apicalmente possibile all interno di uno spazio ideale compreso tra la cresta del margine osseo (invisibile) superiormente e la linea muco gengivale (visibile) inferiormente. Da mesiale verso distale le radici divergono apicalmente, determinando in tal modo uno spazio disponibile, ancorché ristretto, in cui alloggiare la minivite. Quest ultima dovrà pertanto avere un diametro sufficientemente piccolo per evitare il contatto con gli elementi dentari, ma al contempo sufficientemente grande da garantire stabilità primaria e capacità di carico: un diametro pari a 1,6 mm o 1,7 mm sembra essere un compromesso adeguato. In tal caso, risulterà accettabile un sito interradicolare ampio da 2,6 mm a 3,1 mm (incluso lo spessore dei tessuti parodontali), ottimale un sito di ampiezza superiore. In generale, è possibile calcolare lo spazio minimo necessario sommando il diametro della vite prescelta allo spessore osseo peri- implantare minimo necessario (0,5 mm per lato, quindi moltiplicato per 2) e ad un addizionale 0,5 mm (0,25 mm per lato) come garanzia di rispetto del parodonto. (fig. 1) 29

30 Fig. 1 A.Sito ideale di inserimento per miniviti posizionate a livello interradicolare (cerchio blu). Linea verde= punto di contatto interprossimale (visibile); linea nera= livello della cresta ossea (non visibile); linea rossa= bordo mucogengivale; freccia gialla= distanza tra il bordo mucogengivale e il punto di contatto interprossimale; freccia blu= distanza tra il punto di contatto interprossimale e il sito di inserimento ideale. B. Sito ideale di inserzione evidenziato ai raggi X (cerchio blu); linea verde= minima ampiezza ossea per sostenere una minivite (5mm per lato); linea rossa =diametro della minivite (1,6 mm); linea bianca= totale dello spazio interradicolare minimo necessario per applicare una minivite: 2,6 mm. Tramite analisi radiografiche tridimensionali con CBCT (Cone- Beam Computed Tomography) su pazienti di entrambi i sessi principalmente adolescenti/giovani adulti, Ludwig et al. hanno specificato la qualità dei siti interradicolari disponibili (ottimali, adeguati, non accettabili) rispetto ad un punto di riferimento superiore visibile quale il punto di contatto interdentale (fig. 2,3) 30

31 Fig. 2 Spazio osseo interdentale tra primo e secondo premolare inferiore. A: misure individuali interdentali raccolte calcolando l altezza verticale dal punto di contatto interprossimale all apice radicolare. B: rappresentazione grafica delle ampiezze interdentali necessarie all inserimento di miniviti implantari; rosso = sconsigliato; giallo = adeguato; verde= ottimale Fig. 3 Rappresentazione grafica della probabilità di sito adeguato (da 2,6 a 3,1 mm, giallo) o ottimo (maggiore di 3,1 mm, verde) per ogni spazio interdentale. Linea tratteggiata= livello del bordo mucogengivale. 31

32 Nel mascellare superiore risultano quindi preferibili come siti interradicolari lo spazio compreso tra gli incisivi centrali superiori e quello compreso tra il secondo premolare ed il primo molare. A differenza degli autori, Lee et al. e Hu et al. trovano indicato anche il sito compreso tra i 2 molari superiori. Ciò potrebbe essere spiegato dalla maggiore età (tendenzialmente adulta) dei pazienti analizzati da quest ultimi. A differenza del fattore cronol ogico, il genere non sembra influire sui livelli ossei interradicolari. È ancora da valutare l eventuale variabilità legata all etnia, alla dimensione e forma degli elementi dentali. Quando disponibili i dati CBCT, il sito ideale di posizionamento può essere facilmente identificato misurando la distanza dal punto di contatto interdentale. Tuttavia, la prescrizione di una CBCT non è giustificabile ai fini dell inserimento di una minivite. Se il fattore di magnificazione è noto, è possibile avvalersi di una ortopantomografia o di una radiografia periapicale. Il numero di siti disponibili può essere ampliato considerando un inserimento angolato del mini- impianto, con la testa emergente in gengiva aderente, e il corpo proiettato in muco gengivale a raggiungere uno spessore osseo adeguato. Nei casi in cui lo spessore osseo adeguato risultasse invece troppo distante rispetto alla lunghezza di una minivite, si potrebbe valutare il trattamento laser della mucosa orale simil- carotaggio o l uso di una mini- placca. L inserimento interradicolare di una minivite si accompagna al 25% di fallimenti. I rischi principali di un simile posizionamento sono rappresentati dal contatto con gli elementi adiacenti (danneggiamento radicolare o del parodonto) e dalla frattura in sede intraoperatoria del mini- impianto (dovuta alla scelta di una vite troppo sottile). Il contatto radicolare, dovuto a errori di valutazione circa lo spessore osseo o ad errori clinici di angolazione della vite, è tendenzialmente ritenuto innocuo grazie alle capacità rigenerative del cemento (11,12,13). In particolare, occorre eliminare subito la pressione della minivite sulla radice per agevolare una buona risposta post- traumatica del tessuto cementizio (14,15). È da notare inoltre che il contatto radicolare o la semplice prossimità radicolare comportano un ancoraggio meno stabile e pertanto un maggior rischio di fallimenti (16). 32

33 - Sede palatale. Le problematiche viste sopra possono essere evitate scegliendo di posizionare la minivite in un area rootless. Tali possono essere definite la tuberosità mascellare, la porzione inferiore dell arco zigomatico adiacente al mascellare superiore ed il palato duro. Tuttavia, la prima non può essere considerata una zona completamente scevra da rischi dal momento che essa si caratterizza per uno spesso strato di gengiva, e spesso è presente in sede il terzo molare, non erotto o parzialmente erotto (17). L inserimento nella porzione inferiore dell arco zigomatico porta con sé il rischio di perforare il seno mascellare (18). Pertanto, l unica alternativa valida alla sede interradicolare risulta essere il palato: in particolare, il palato anteriore soddisfa tutte le caratteristiche del sito ideale viste sopra. Questo rende ragione delle percentuali di successo elevatissime (prossime al 100%) riscontrabili in letteratura (19,20,21). La parte anteriore del palato duro è stato ampiamente analizzata. In letteratura sono stati utilizzati principalmente due protocolli per determinare le coordinate di inserimento delle miniviti in tale area: le misurazioni radiografiche sono state effettuate calcolando la distanza dalla parte distale del forame incisivo, mentre quelle anatomiche hanno utilizzato come riferimenti i punti di contatto tra canini, premolari e molari (misure verticali), e la sutura mediana del palato (misure orizzontali). Gli studi radiografici dimostrano che il maggiore spessore verticale osseo si trova 3-4 mm distalmente al forame incisivo in sede paramediana, ad una distanza di circa 3 mm dalla sutura palatale. (22,23,24,25). La sutura palatina mediana non rappresenta un sito ideale in quanto caratterizzato da uno spessore osseo particolarmente variabile: calcolato alla distanza di 3-4 mm dal forame palatino, esso spazia da 2,94 mm (26), a 5, 6 mm (27) fino a 9.04 mm (28). Anche l età cronologica di ossificazione della sutura è molto eterogenea, con un range che si estende dai 14 fino ai 40 anni (29). In particolare, tale sito è controindicato nel bambino, sia perché è centro di crescita, sia perché è ricco di connettivo, quindi garanzia di scarsa stabilità. 33

34 Baumgaertel (30) ha fornito pratiche indicazioni anatomiche, localizzando la target zone delle miniviti nella fascia compresa tra il punto di contatto canino- primo premolare e primo- secondo premolare in sede paramediana, 2 mm lateralmente alla sutura (clinicamente essa corrisponde alla parte immediatamente posteriore alla terza ruga palatale). Tali indicazioni concordano con le valutazioni radiografiche, tuttavia sono applicabili solo in casi con minimo disallineamento dentale. Ludwig e colleghi (fig. 4) riportano un utile griglia palatale di riferimento che permette di sovrapporre indicazioni radiografiche ed anatomiche. (figura 5), ed hanno misurato in tale zona uno spessore osseo medio pari a 8,303 ± 0,755 mm. Fig. 4. Analisi dei potenziali siti di inserimento a livello palatale (verde = ottimo; giallo= variabile a livello individuale; rosso= inutilizzabile o per lo spessore della mucosa o per motive vascolari; 34

35 Fig. 5A. Inserzione di minivite in sede palatale in senso perpendicolare alla superficie ossea. B. Ricostruzione tridimensionale che mostra l assenza di contatti della minivite con le radici Nel palato anteriore non solo la qualità e quantità ossea risultano ottimali, ma anche la qualità e quantità della gengiva palatale, con uno spessore medio altamente uniforme pari a circa 1,4 mm. Sia Crismani et al. (31) che Cousley et al. (32) hanno pubblicato delle linee guida per il posizionamento di miniviti nel palato anteriore. La minivite dovrebbe essere inserita perpendicolarmente alla volta palatale, inclinata verso le radici degli incisivi al fine di assicurare ottima ritenzione ed efficacia. Sebbene la visione clinica occlusale durante il posizionamento possa suggerire la possibilità di un contatto radicolare con essi, le scansioni tridimensionali mediante CBCT provano che tali preoccupazioni sono infondate (Ludiwig et al., figura 5B). Si tratta inoltre di una zona poco vascolarizzata, fatto che comporta il minimo rischio di danno iatrogeno. 35

36 Posteriormente, lo spessore osseo palatale decresce. Una valida alternativa è però rappresentata dall alveolo palatale tra secondo premolare e primo molare, dove la posizione favorevole della radice palatale del molare e l angolazione vestibolare del secondo premolare forniscono un ottimo spazio per posizionare le miniviti (ampio circa 5 mm), congiuntamente a spessori ossei corticali e gengivali adeguati. Poggio et al. (33) localizzano tale target zone 4-6 mm apicalmente alla cresta alveolare marginale, corrispondenti agli 8-9 mm calcolati apicalmente al punto di contatto interdentale da Ludwig et al.. I fattori di rischio in questa sede includono numerosi vasi sanguigni e fibre nervose, il possibile riscontro di un rivestimento mucoso particolarmente spesso. (34,35,36,37,38). (fig. 6) Fig. 6. La zona anteriore del palato ha una densità di vasi sanguigni minore di quella posteriore 36

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