Archeologia alla Ca Granda

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1 Archeologia alla Ca Granda GEMMA CHIESA SENA Scavi e ricerche nei cortili dell antico Ospedale Scavare all interno di un grandioso monumento architettonico con i metodi dell archeologia moderna è un occasione non comune che può riservare straordinarie sorprese scientifiche. È quello che è accaduto una decina di anni fa nei due chiostri quattrocenteschi della legnaia e della ghiacciaia dell antica Ca Granda, in occasione di lavori finalizzati al recupero di spazi funzionali per l Università degli Studi di Milano che ora occupa gli antichi edifici ospedalieri. Credo sia interessante ricordarne i risultati. Gli scavi sono stati condotti dagli archeologi della Statale che hanno la loro sede proprio in uno dei due cortili e che, per una volta, lavorarono proprio sotto casa. Gli scavi per evidenziare eventuali tracce archeologiche vennero eseguiti per incarico dalla Soprintendenza Archeologica della Lombardia, alla quale, come è noto, competono innanzitutto la tutela e la conservazione del nostro patrimonio archeologico. Come si sa, sono sempre notevolissime le difficoltà che sono presenti negli scavi urbani, in particolare in quelli contenuti in spazi ristretti, in questo caso i cortili. Infatti la limitatezza dello spazio disponibile consente di vedere solo piccole Lo scavo archeologico nei cortili della Ca Granda. parti della realtà antica. Ciò anche per la complessità dei problemi di comprensione di strutture sovrappostesi nel tempo e di cui spesso rimane molto poco. Tuttavia l intervento archeologico ha dato frutti inaspettati e ha permesso di riconoscere nei due cortili diverse fasi di frequentazione. Oltre a tracce della presenza romana, sono apparsi resti di età altomedioevale e medioevale precedenti la costruzione del Filarete, poi quelli, molto ben documentati, del cantiere quattrocentesco, infine le tracce della vita dell Ospitale nei secc. XVI-XIX, fino alle testimonianze della distruzione bellica del Sono così venuti alla luce resti di anfore romane utilizzate per consolidare il terreno secondo una tecnica costruttiva usata in diversi luoghi dell antica Mediolanum; scarse ma preziose tracce di edifici medioevali (forse quelli fatti demolire da Francesco Sforza per far luogo al nuovo ospedale da lui voluto). Sopra di essi erano posti i resti ben conservati del lavoro di costruzione dell Ospedale nel cortile della legnaia e resti di tracciati fognarii e di condutture d acqua nel cortile della ghiacciaia. Nel cortile, una interessante sorpresa: fra molti elementi strutturali abbandonati nelle fondazioni dell edificio, si è ritrovato uno splendido frammento di cornicione in cotto lavorato appositamente per le decorazioni delle grandi finestre a bifora del lato verso Largo Richini della fabbrica quattrocentesca. Il pezzo doveva essere stato non utilizzato per qualche ragione. Due monete di Francesco Sforza, forse perse da un operaio, sono un ulteriore testimonianza del momento costruttivo dell imponente edificio ospedaliero voluto dal Signore di Milano. Ma la documentazione più ricca risale al secolo XVII, quando il complesso dell Ospedale venne reso ancor più monumentale dall intervento del Richini e quando la comunità ospedaliera volle 32

2 dotarsi di nuove strutture (come piccoli forni, condutture d acqua, e numerosi pozzi per l approvvigionamento idrico in uso fino al XIX secolo): esse dovevano rendere la cura dei malati sempre più funzionale ed efficace. Durante lo scavo si è anche ricuperata una grande quantità di materiali da romani a ottocenteschi. Particolarmente numerosi sono stati i materiali di scarto ritrovati sotto la superficie dell area aperta rimasta a cortile nei due chiostri e risalenti agli ultimi secoli della vita dell Ospedale: frammenti della bella ceramica settecentesca e del vasellame dell 800 decorato dalla colombina nimbata o con la scritta Ave gratia plena, diventata il simbolo dell Ospedale; resti di ampolle o bottiglie medicinali in vetro; contenitori in metallo per usi varii. Le terraglie con marchi del XX secolo si riferiscono invece alle ultime fasi della vita dell Ospedale ed erano contenute all interno di uno strato di macerie dei bombardamenti della seconda guerra mondiale non del tutto asportate al momento della ricostruzione dell edificio per adattarlo a Università. Sono oggetti di vita comune che ci hanno tuttavia permesso di aggiungere preziose indicazioni reali alle notizie storiche sull attività giornaliera dell Ospedale, dalle sue innovative pratiche di preparazione dei medicinali e di gestione dei malati all attività della dispensa, con i problemi di carico e immagazzinaggio delle derrate, di conservazione e preparazione dei cibi, insomma tutta la multiforme vita quotidiana di un grande complesso assistenziale nel lungo periodo della sua vita. Uno straordinario recupero: le strutture al centro dei cortili All inizio del 600 risalgono le due grandiose strutture secentesche a pianta quasi circolare ritrovate al centro dei due cortili. La loro inaspettata riscoperta ci ha dato notizie di grande interesse sull architettura funzionale dell epoca e sulle caratteristiche della conduzione del grande Ospedale nel momento del suo massimo splendore. Si trattava di due strutture di servizio ma rivestite di una nobile forma monumentale che si accordava con l elegante architettura del grande edificio filaretiano. L accurata progettazione degli impianti Frammento di terraglia con la colombina dell Ospedale Maggiore. Ceramica graffita arcaica padana tardiva, forme aperte, XV secolo. 33

3 posti in posizione centrale (chiamati cellae nei documenti che li ricordano) negli spazi cortilati progettati dal Filarete rivela una grande attenzione a non impoverire l aspetto generale delle architetture mantenendo il concetto di estrema cura della forma architettonica anche quando doveva rivestire ambienti adibiti a semplici funzioni di servizio. La nevèra La struttura meglio interpretabile è quella a forma circolare posta al centro del cortile sudoccidentale detto appunto della ghiacciaia. ma ricordata nei documenti come nevèra. Si trattava di una costruzione pensata per poter accumulare grandi quantità di neve compressa che consentisse di avere un luogo fresco per conservare non solo gli alimenti ma anche le preparazioni mediche durante tutto l anno. Oggi conosciamo molte strutture di questo tipo, che si dovettero diffondere grandemente in importanti strutture come ospedali e conventi, ma divenire nel 700 di uso anche privato. La nevèra della Ca Granda è stata se non il primo, uno dei primi impianti del genere: esso permise all Ospedale di essere all avanguardia nelle cure mediche e nell assistenza ai malati. Un imponente esemplare, che riprende lo stesso concetto costruttivo dell edificio della Ca Granda, venne realizzato nell antico monastero cistercense di Sant Ambrogio, oggi Università Cattolica. Era chiamato conserva de giazzo. Un altra ghiacciaia è conservata nell abbazia di Morimondo. Fra le ghiacciaie private, di cui oggi esiste Foto della ghiacciaia all inizio del XX secolo. Frammento di cornice in cotto non utilizzato rinvenuto nello strato del cantiere filaretiano. ancora traccia, si possono ricordare quella dell antica Stazione di Posta di Saronno (oggi Casa Moranti) e di Albairate. Lo Scamozzi, nella sua Idea dell architetura universa (Venezia 1615) parla delle ghiacciaie come di strutture che possono assumere diverse forme in luoghi diversi, ad esempio essere o solo parzialmente o del tutto interrate (soluzione che allo Scamozzi appariva la più opportuna per mantenere meglio il fresco, ed è quella usata alla Ca Granda). All interno della ghiacciaia della Statale vi era un bacino cilindrico in cui veniva compressa a strati la neve talvolta coperta da strati di paglia per aumentarne la coibentazione. Il bacino era avvolto da un altra muratura ottagonale rivestita di un paramento lapideo in ceppo; nell intercapedine fra le due murature correva un ambulacro interrotto da scale che permettevano di percorrere tutta l altezza del bacino interno. Lungo il passaggio, al momento della messa a luce della struttura, erano ancora visibili i ganci a cui si appendevano le carni e altre derrate da conservare. Un pozzetto di scarico e grandi aperture consentivano di ridurre l umidità e di eliminare l acqua di fusione Il bacino era coperto fuori terra da una copertura a volta in mattoni e da un tetto a spioventi che era coronato da una pigna in pietra, come appare da vecchie fotografie precedenti gli anni 40 del XX secolo. La pigna fu fortunosamente ritrovata fra le macerie che riempivano il bacino della ghiacciaia. Il problema principale delle ghiacciaie era ovviamente quello del rifornimento di neve e delle modalità per stiparla dentro al bacino centrale. Ina- 34

4 spettatamente lo scavo ha permesso di ritrovare il sistema assai pratico utilizzato nella nevèra della Ca Granda e non noto in altri casi. Il sistema sfruttava la posizione privilegiata dell Ospedale che si affacciava direttamente sui Navigli e deve essere stato programmato poco tempo dopo la costruzione del corpo della ghiacciaia. Lo scavo archeologico ha messo in luce infatti un percorso sotterraneo, che metteva in comunicazione il bacino circolare della ghiacciaia nel cortile con alcuni vani sotterranei aperti verso la via d acqua, il Naviglio, lungo l odierna via Francesco Sforza. Il passaggio, di cui si era perso ogni traccia e che non compare in nessuna pianta dell Ospedale, doveva servire in inverno per portare la neve dai barconi sul Naviglio, direttamente e in modo molto funzionale, all inter- Angelo Inganni, ( ), Il ponte della Vittoria. Il trasporto di materiale dai barconi sul Naviglio davanti all Ospedale. 35

5 no della ghiacciaia. Ma da dove arrivava e come veniva trasportato il ghiaccio che serviva alla Ca Granda? Sappiamo che la raccolta e il commercio della neve e del ghiaccio erano attività così lucrose da venir regolamentate da apposite leggi fra il 600 e il 700. L Ospedale Maggiore, come altri Istituti caritatevoli, godeva di esenzione dalle notevoli tasse che gli impresari dovevano pagare al Governo per poter commerciare un prodotto considerato di pregio come la neve. Il ghiaccio, se la neve non cadeva in pianura, doveva essere prelevato dai più scoscesi e remoti monti del lago Maggiore, essere trasportato per via d acqua su barconi che entravano a Milano attraverso il Naviglio Grande e scaricavano nelle vicinanze del Ponte di Porta Romana, o, come oggi sappiamo, per le necessità dell Ospedale, presso l apertura sul Naviglio che portava direttamente alla nevèra. Il misterioso edificio del cortile della legnaia Più problematica e per qualche aspetto misteriosa si è rivelata la struttura posta nel cosiddetto cortile della legnaia. Era sicuramente d uso funzionale e simile per la forma monumentale al complesso della ghiacciaia, ma di essa non è stato facile scoprire l utilizzo antico. Si tratta di una costruzione ottagonale che si alza su eleganti arcate di fondazione (oggi divenute a vista) con poderosi pilastri angolari rivestiti in ceppo d Adda. All interno si trovavano due pozzi, uno centrale e uno laterale, e una sorta di piattaforma circolare che doveva servire ad una specifica attività non facilmente identificabile. Sappiamo che il cortile nelle piante più recenti dell Ospedale era indicato come cortile della legnaia. E che questo fosse stato il suo ultimo utilizzo è stato confermato dalle molte fascine e frammenti lignei ritrovati nei livelli più alti dello scavo, e da alcune fotografie prebelliche che rappresentano l alzato dell edificio, poi completamente distrutto, pieno di cataste lignee. Ma è probabile che la grandiosa costruzione ottagonale dovesse avere in origine una funzione diversa e più importante. Anche se la documentazione storica manca completamente, si potrebbe pensare ad un luogo di macello secentesco, la officina de beccaria del bestiame di proprietà dell Ospedale; la piattaforma circolare poteva essere adatta per questo uso. Ma forse già dal 700 il luogo divenne il deposito di legna, anche se sembra davvero strano che una struttura così curata e poderosa servisse solo per semplici attività di magazzino. Malgrado le cellae poste nei due cortili avessero, come ho detto, una loro non banale nobiltà architettonica, esse furono nei restauri postbellici completamente trascurate, lasciate ricoperte di macerie e dimenticate come ingombranti manomissioni dell elegante disegno architettonico dei cortili, che il Filarete aveva immaginato sgombri. Dall antico a oggi Ma torniamo a oggi. Per un Università disporre di spazi monumentali di alto valore storico e documentario è certamente un motivo di orgoglio ma anche di ineludibili responsabilità culturali. Il contrasto fra l importanza del rispetto del bene culturale e la necessità, altrettanto impegnativa, di provvedere a nuovi spazi per una comunità di studenti sempre più numerosa riprende il problema, più generale, che si prospetta ogni volta che nelle nostre città storiche si devono affrontare nuovi lavori necessari alla vita di oggi non danneggiando le opere archeologiche o monumentali presenti. L esempio della risistemazione, previo controllo archeologico, dei cortili della Ca Granda è in questo senso un modello: la collaborazione fra varie forze e l attenzione alla salvaguardia del patrimonio storico dell antico Ospedale e nello stesso tempo ai nuovi bisogni della vita universitaria, ha permesso una nuova frequentazione dei cortili arricchiti da una preziosa testimonianza dell attività di quello che per molti secoli è stato il cuore del sistema assistenziale milanese. Le strutture risistemate con nuove coperture sono oggi ricuperate e valorizzate nel loro significato storico. Le cellae rappresentavano un settore importante di un complesso non solo assistenziale ma anche economico funzionale al servizio della città. Con il loro recupero, e con quello dei materiali ritrovati, la nostra conoscenza delle strutture sussidiarie di servizio del grande edificio monumentale voluto da Francesco Sforza si è grandemente arricchita. Oggi ci è più facile immaginare come fosse 36

6 organizzata la vivace e complessa vita dell Ospedale, dalla cura dei malati al loro sostentamento, alla produzione e alla conservazione di quanto necessario per il razionale funzionamento della struttura. Una vera città nella città che il tempo ha in parte cancellato, ma che possiamo a poco a poco conoscere meglio. Note bibliografiche Gli studi sugli scavi e le ricerche sui cortili dell Ospedale Maggiore sono contenuti nel volume: Cellae in Hospitali exsistentes, gli scavi nei cortili della Ca Granda, Università degli Studi di Milano, Milano1998. Maioliche a decorazione policroma del XVII secolo. 37

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