Gentili ospiti e invitati, cari cooperatori e care cooperatrici, i temi, i problemi, i casi, i cambiamenti accaduti in questi quattro anni sono

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1 Gentili ospiti e invitati, cari cooperatori e care cooperatrici, i temi, i problemi, i casi, i cambiamenti accaduti in questi quattro anni sono talmente tanti che non è stato facile produrre e sintetizzare ciò che va detto in una introduzione ad una assemblea congressuale. Mi permetterete il fatto di aver cercato di selezionare e sicuramente non potrò raccontare tutto ciò che è successo. Altri colleghi e colleghe sicuramente arricchiranno con i loro punti di vista. A partire da domani avremo delle cose in più da fare, oggi dobbiamo rinnovare i nostri organismi, ridefinire un agenda di priorità associative per i prossimi mesi, discutere dello stato di salute dei settori e delle cooperative e, analizzarne le criticità e le opportunità, anche attraverso la voce e i pensieri, oltre che dei colleghi e delle colleghe, degli ospiti che interverranno nel corso della giornata e per voce del presidente di ACI e Legacoop Mauro Lusetti. L occasione di questa nostra assemblea congressuale straordinaria deve essere finalizzata a sviluppare alcune riflessioni di natura strutturale e strategica dell essere cooperatori e cooperatrici oggi e sulle sfide che ci aspettano. Dobbiamo, in altre parole, riuscire in un compito non facile. Darci un agenda di lavoro sul futuro della utilità economica e sociale della cooperazione nella società italiana, del contributo che questa soggettività distintiva del panorama imprenditoriale italiano può apportare al Paese per farlo uscire da una crisi che sembra non riguardare più solo l economia ma più in generale la società italiana, la sua tenuta civile e sociale. Ed è corretto non definirla crisi in senso stretto ma un processo profondo di trasformazione dei comportamenti degli attori dell economia e della società i cui esiti sono imprevisti e imprevedibili. Permettetemi di rivolgere anzitutto un ringraziamento alle colleghe e ai colleghi che hanno organizzato e partecipato a questi lavori e agli appuntamenti che nei mesi scorsi si sono succeduti. Ci sono state l assemblea congressuale della produzione e lavoro, il congresso della cooperazione di consumo, l assemblea di mandato di Legacoop servizi, l assemblea congressuale dei circoli cooperativi, il prossimo primo dicembre si terrà l assemblea congressuale di Legacoop abitanti. E stato un lavoro preparatorio e organizzativo straordinario che permette a tutti noi di partecipare attivamente alle discussioni in modo sufficientemente documentato, sono stati appuntamenti partecipati e nei quali le discussioni non sono mancate e non mancheranno. In quelle sedi abbiamo, insieme, iniziato a definire i perimetri ed i contenuti della nuova struttura organizzativa. 1

2 Si sono compiute scelte importanti che confermano maturità nei gruppi dirigenti e consapevolezza della eccezionalità della situazione oltre che un forte senso di responsabilità nel perseguire una strada che insieme ci siamo dati. Queste scelte apparentemente di natura solo organizzativa si fondano essenzialmente su due presupposti invece di natura politica e di visione associativa. Il primo consiste nel fatto che avviandoci a costruire l Alleanza delle Cooperative Italiane dobbiamo arrivare a quell appuntamento nelle migliori condizioni di razionalità ed efficacia della nostra azione concentrandoci sui fondamentali aspetti sociali e imprenditoriali che sono i veri motivi per i quali è nata l Aci. Il secondo è un aspetto ormai più che palese del nostro modo di essere e dei cambiamenti che dobbiamo produrre prima di tutto in noi stessi. Le risorse delle strutture associative devono essere orientate sempre di più al tema della promozione e meno a quello della rappresentanza in senso stretto. Si tratta, per tutto l Associazionismo cooperativo italiano, di definire nuovi strumenti e contenuti di una inedita attività di difesa, ridefinizione e promozione di un rinnovato protagonismo dell impresa cooperativa. Strumenti e politiche che favoriscano le cooperative nei loro percorsi di ristrutturazione e di riaffermazione della propria posizione nella società e nel mercato. Parlo di più efficacia negli strumenti finanziari, di sostegno ai processi di integrazione e di diversificazione, di aiuto ai percorsi di aggregazione virtuosa e per quelle realtà che ne necessitano di internazionalizzazione. In altre parole, e per usare un concetto caro a Mauro Lusetti, dobbiamo riposizionare la cooperazione italiana in uno scenario temporale adeguato, nel documento congressuale nazionale si parla di Cooperazione La cooperazione che noi oggi rappresentiamo non è già più quella di qualche anno fa e tutto lascia pensare che quella che vivremo nei prossimi anni sarà qualcosa di diverso ancora. Per questo, dobbiamo dare atto a Poletti, Marino e Altieri, i presidenti delle centrali cooperative più rappresentative di aver visto giusto quattro anni fa quando hanno promosso l ACI. 2

3 Nella nostra regione ci sono tutte le condizioni affinché questo percorso possa iniziare a produrre risultati concreti a partire dai prossimi mesi. Le visioni sono sufficientemente comuni, fondate su stima e condivisione non formali, e già oggi laddove questi punti di vista comuni si manifestano verso le istituzioni, le organizzazioni sindacali, le altre organizzazioni della società parlando con una voce sola aumentiamo i decibel del volume del nostro tono di voce e ci facciamo ascoltare meglio e in modo più chiaro, non solo per le gloriose bandiere che custodiamo. Le differenze che hanno diviso, e spesso hanno messo in competizione, la cooperazione italiana sono in larga misura svanite e le poche opinioni diverse che rimangono sapranno arricchire la nostra discussione e la nostra proposta alla società italiana. AGCI, Confcooperative e Legacoop, a differenza di quasi tutte le organizzazioni sociali hanno ben chiaro il fatto che tra le patologie di un Paese malato c è anche un sistema di rappresentanza ridondante, moltiplicatore di inutili ritualità oltre che di costi. A noi devono stare a cuore l interesse delle nostre cooperative e l idea di società e di impresa che vogliamo. Abbiamo l ambizione di essere gli interpreti e gli artefici, nelle nostre attività, di un contesto sociale fondato su inclusione, mutualismo, pluralismo, partecipazione. La costituzione dell Alleanza delle Cooperative Italiane quindi, anche in Lombardia, non sarà solo un atto formale ma è parte integrante del cambiamento che la cooperazione italiana deve produrre e che il Paese richiede. Il Paese soffre di una condizione economica e sociale di estrema difficoltà. Anche il 2014 si avvia a confermare la grave condizione di salute dell economia italiana. Ciascuno di noi, nel nostro operare quotidiano e nelle criticità che incontriamo, potrebbe esserne facile testimone. Un milione di persone che negli ultimi anni è stato espulso dal mercato del lavoro sono una cifra impressionante, ai quali si aggiungono il già elevato numero di 2.2mln di disoccupati, sono 4 su dieci i ragazzi e le ragazze che stabilmente non trovano un occupazione. I consumi sono crollati a livelli dei primi anni novanta, la effettiva capacità di reddito delle famiglie ha avuto un erosione significativa, l ammontare del debito pubblico e la sua continua evoluzione si è progressivamente divorato la capacità di fare 3

4 investimenti da parte delle stato e degli enti locali. Negli anni 70 il debito ammontava a circa il 50 del PIL, oggi siamo ben oltre il 100%. Negli ultimi sette anni l Italia ha perso il 25% della propria capacità industriale. E del tutto evidente che non vi è stata la volontà politica e la capacità di prevedere e di sostenere le misure e le riforme che il Paese attende ormai da lungo tempo. Per ciò è corretto parlare di fallimento di una classe dirigente. Perché in questi due decenni nessuna delle debolezze strutturali del Paese è stata rimossa. Il Governo guidato da Matteo Renzi ha suscitato aspettative di intervento e di cambiamento importanti. Confidiamo che quanto prima sappia corrispondere a queste attese. La sfiducia e il vero e proprio fastidio dei cittadini verso la politica e le istituzioni nasce, oltre che da episodi di malcostume, anche dall inconcludenza, dall incoerenza tra ciò che si dice e quello che si fa, dalla distanza tra ciò che si annuncia e i risultati concreti che si conseguono. Il Governo ora è atteso alla prova dei fatti. Su queste prove, Lavoro, Istituzioni, Fisco, Pubblica Amministrazione, Welfare, Giustizia, Scuola non si gioca solo la credibilità del Governo o del suo Presidente del Consiglio ma, e spero di sbagliarmi, buona parte del nostro futuro. Mi permetto sommessamente di far osservare due rischi. Il primo attiene ad un vizio tutto nazionale, laddove appunto si preferiscono gli annunci ai fatti. Per come siamo fatti noi cooperatori vale esattamente il principio inverso. Qualche propaganda in meno a favore di qualche fatto certo in più sarebbe già indice di serietà. Il secondo rischio attiene a una preoccupazione che mi sento di condividere. O da questa situazione di straordinaria pericolosità si esce tutti insieme, imprese, lavoratori e società o altrimenti i rischi di produrre degli effetti sistemici deflagranti ci sono tutti. Il paziente Italia richiede di essere maneggiato con cura, è vietato scherzare con il fuoco. Ciascuno deve fare i conti con i limiti e i ritardi accumulati e farli sino in fondo. Le strutture di rappresentanza e le imprese, le istituzioni e la politica, il sistema finanziario e bancario, le rappresentanze dei lavoratori. Chi più e chi meno ma tutti responsabilmente siamo obbligati a concorrere a questi processi di risanamento e di cambiamento. E semplicemente un illusione, peraltro piuttosto pericolosa, l idea di scatenare una battaglia, tutta dal sapore ideologico, per cambiare un articolo dello statuto dei lavoratori pensando di contribuire così a risolvere in modo strutturale la mancanza di lavoro. Nella legge di stabilità in discussione alle camere ci sono sicuramente provvedimenti che possono aiutare imprese e famiglie. 4

5 E apprezzabile la riduzione dell Irap, la decontribuzione per i neoassunti a tempo indeterminato x tre anni, i 15 miliardi di revisione della spesa dello Stato anche se sarebbe stato meglio distribuirli con più equità tra Stato, Regioni e Comuni, al prolungamento delle agevolazioni per ristrutturazioni edilizie e l efficienza energetica, alle varie misure di contrasto all evasione fiscale al recepimento di alcune direttive europee in particolare in materia di appalti pubblici. In un apposito documento l Alleanza delle Cooperative esprime riserve che condivido sul TFR in busta paga e sull aumento della tassazione sulla previdenza complementare, la dubbia copertura delle risorse stanziate per gli ammortizzatori sociali, l assenza di forti iniziative volte a semplificare e sburocratizzare l attività d impresa. Pur apprezzando questi sforzi ho i miei dubbi che l insieme di questi provvedimenti possano invertire più di tanto quegli indicatori economici. Anche le recenti stupide polemiche a seguito delle inondazioni che hanno messo in ginocchio interi territori, oltre che risultare offensive nei confronti delle persone che hanno perso la vita e dei loro famigliari, non fanno altro che rafforzare quei dubbi e quei rischi di cui parlavo. Sarebbe stato un bel gesto invece se le istituzioni di fronte a un disastro di queste proporzioni e che riguarda ormai l insieme della comunità nazionale avessero proposto alle organizzazioni di rappresentanza di tutto il sistema delle imprese di rinunciare a tutto il sistema di contributi e incentivi in favore di un programma straordinario per mettere in sicurezza il paese. E parliamo di qualche miliardo di euro. Sacrifici in cambio di lavoro, di lavoro utile. Alle volte mi chiedo il motivo per cui anche le cose più semplici non vengono fatte. Mi chiedo, per esempio, di fronte a questa enorme disoccupazione giovanile, e non solo, la spiegazione logica del perché non si voglia favorire l autoimprenditorialità attraverso un provvedimento rapido e semplice, di facile comprensione per tutti senza ricorrere al commercialista per capirlo: tutte le nuove imprese che nascono a far data da oggi per i primi cinque anni di vita hanno una tassazione pari a zero. Non so se sono io un ingenuo ma basterebbe davvero alle volte fare un giro nella normalità dei problemi che vivono le persone. Questi sono i fondamentali di un Paese che deve confrontarsi in sede europea ed è peraltro abbastanza evidente che una parte consistente dei nostri problemi possono 5

6 trovare una soluzione solo nella dimensione continentale. Iniziando a correggere una visione iperburocratica dell essere Unione, per favorire e armonizzare un impiego più fruttuoso degli investimenti comunitari per superare vincoli che oggi appaiono del tutto anacronistici. Al netto delle debolezze e dell affanno italiano, è decisivo superare vincoli e parametri in sede comunitaria pensati per un mondo che non c è più e che, alla prova della loro applicazione di questi anni di difficoltà, non hanno contribuito a risolvere nessuno dei problemi degli stati, delle imprese e delle persone che si sentono a pieno titolo cittadini europei. Abbiamo festeggiato, come tutti gli italiani, la nascita dell euro. Oggi a distanza di 15 anni si è insinuata in una parte non residuale dei nostri concittadini, qualcuno dice il 30%, la convinzione che per risolvere i problemi nazionali dobbiamo tornare alla lira. Non si può rispondere in modo burocratico e autoritario alla domanda in cambio di che cosa abbiamo ceduto la nostra sovranità monetaria? Ma si ha un idea della carestia che ha afflitto già molti nostri concittadini in Europa? Ma come si fa a non vedere che la concorrenza fiscale e di welfare tra i 18 Paesi dell area euro non potrà che produrre altre lacerazioni con il rischio che queste siano letali per la stessa Unione? In merito poi all anacronismo di alcuni asimmetrie di matrice comunitaria vorrei richiamare un fatto emblematico. La cooperazione italiana negli anni passati ha dovuto difendersi e gestire, insieme ai vari governi italiani, una procedura di infrazione per presunti aiuti di stato in favore di una particolare fiscalità cooperativa. L obiettivo erano le cooperative di consumo e le Banche di Credito Cooperativo. L Alleanza delle Cooperative Italiane ha affrontato questa fastidiosa procedura, con fatica, argomenti e un po di imposte in più ne ha gestito al meglio la sua chiusura. Oggi, in questi giorni, scopriamo che esiste un paese dell Unione Europea, almeno io lo scopro ora, dove è possibile far transitare delle attività economiche con un imposta dell 1% sui profitti realizzati in altri Paesi sempre aderenti all Unione. I principali utilizzatori e beneficiari sono state le banche, alcune grandi aziende multinazionali, italiane comprese, compresa una società italiana controllata da capitale pubblico!!! Quindi riassumendo noi abbiamo fronteggiato una procedura complicata per presunti aiuti di stato, per poche decine di milioni di euro, e negli stessi anni dal 2002 al 2010 sono stati disinvestiti da altri paesi, Italia compresa, per essere 6

7 trasferiti in Lussemburgo 215 miliardi di euro e pagare così una tassazione dell 1%. 215 miliardi di euro. L attuale Presidente della Commissione Europea Juncker, è la stessa persona che da primo ministro in Lussemburgo ha gestito e concluso queste operazioni. Lui dice che è tutto legale, e probabilmente è vero, ma è proprio questo il problema. Il problema non è se è legale o no. Il problema semmai è la credibilità stessa di un Unione Europea che convive con queste disgustose contraddizioni. Ma quale credibilità può avere una istituzione che tratta gli stessi attori che la compongono in modo così diverso. Il fatto che sia tuttora legale, o para-legale, eludere centinaia di miliardi di imposte sottratti ad altri Paesi membri della stessa Unione europea è un fatto sconcertante. Per tacere dell immissione di liquidità da parte della BCE verso il sistema bancario dei vari paesi membri per 300 mld di euro per aumentarne la capacità di credito che in realtà non ha prodotto alcun beneficio verso il mondo delle imprese, salvo che per risanare i conti delle stesse istituzioni finanziarie. Parliamo di quantità di risorse più che ingenti, direi gigantesche. La dimensione politica ed economica monetaria dell Unione vincerà sui vari populismi di ogni colore e matrice solo se saprà emanciparsi da queste ipocrisie e da queste vere e proprie ingiustizie. L idea di Europa che ci piace è fondata sulla fratellanza non sull egoismo, sulla trasparenza non sulle consorterie, sulla giustizia non sulla furbizia. Richiamo questi temi perché per l Italia non è ancora scongiurata, al di là delle chiacchere, l eventualità della Grecia. Nel 2012 l ONU ha celebrato la cooperazione come possibile risposta alle miserie che affliggono ancora una fetta rilevante delle persone che vivono su questo pianeta, lo ha giustamente fatto esaltandone i successi e i risultati in tutti i continenti. E arrivato il tempo per la cooperazione europea di far sentire la propria voce in modo autorevole e unitario per un programma straordinario su scala europea di crescita e di buona occupazione. E proprio questa estrema necessità di riformare questo Paese e l ineluttabile destino comune, che, mi portano a dire che la situazione del Paese deve essere maneggiata con cura e cautela. La mia è una preoccupazione non credo isolata. Ciascuno deve fare la sua parte a partire dal Governo nazionale. Alcuni anni fa, meritevoli colleghi (Bulgarelli), fecero una ricerca sul cosiddetto Album di famiglia, un campione di 241 grandi cooperative aderente a Legacoop di tutti i settori. Correva l anno 1988, vent anni dopo, nel 2008 su quel campione di 7

8 241 ne sono rimaste 119, non tanto perché scomparse ma anzitutto per fusioni e incorporazioni, nel 2013 cioè l anno scorso ne sono rimaste 97, e non tutte stanno bene. A fronte di risultati importanti con diverse cooperative cresciute oltre il 1mld di fatturato nell arco dei 25 anni, cioè , il dato interessante è che dall 88 al 2008 nonostante il numero di coop si sia dimezzato è raddoppiato il fatturato e più che triplicato il patrimonio netto. Dal 2008 al 2013 invece, nel cuore della crisi, il fatturato scende del 3% e il patrimonio netto dell 8%. In quel campione del 1988 c erano 12 coop lombarde, ne sono rimaste 3. Tra le lombarde c era anche la cooperativa Portabagagli Stazione Centrale. Una vera e propria rivoluzione, una selezione che ha espulso dal mercato una grande quantità di aziende e di persone. La salvezza per alcune è stata aggregarsi ad altri ma il dato di fondo è che la velocità dei cambiamenti è più forte delle nostre capacità di riposizionamento. E il cambiamento non è finito. Il problema, ovviamente non riguarda solo la cooperazione, ma l insieme del mondo imprenditoriale italiano, anche i nostri presunti campioni o ex campioni nazionali. Per fare un solo esempio Telecom Italia capitalizza in Borsa circa 50 miliardi di euro con 50mila dipendenti. L applicazione messaggistica per telefonia cellulari più nota con il nome di WhatsApp ha una capitalizzazione di poco inferiore a quella di Telecom con 500 dipendenti. Non so se si tratta di fenomeni di carattere speculativo e basta, in parte sicuramente lo sono, ma il fatto che ingenti quantità di risorse e investimenti approdano a questo tipo di attività piuttosto che su altre più tradizionali, anche se non ci riguarda direttamente, ci deve far riflettere. Ciò che invece ci riguarda direttamente è quello che abbiamo scritto nel documento preparatorio del nostro congresso: La cooperazione si è indebolita. Nello spessore imprenditoriale. Nel legame tra i soci e la cooperativa, la paura ha ristretto la partecipazione. Nei rapporti fra cooperative, nei rapporti tra associazione e associati, nella capacità progettuale sul futuro. Nei primi anni della crisi abbiamo saputo resistere meglio, in larga misura la cooperazione italiana rimane una realtà importante dell economia e della società ma riprendo il documento troppo spesso si è affermato un atteggiamento culturale attendista, restio ai cambiamenti. Nei 8

9 gruppi dirigenti aziendali e associativi ha prevalso il mantenimento dello status quo, che ha portato ad affrontare la crisi in ritardo aggravandone la situazione, dimenticando che la proprietà intergenerazionale della cooperativa richiede un pensiero lungo, impone di guardare alle generazioni nelle cui mani la cooperativa verrà affidata. Qui c è tutto ma proprio tutto dei problemi che abbiamo davanti a noi. Dai mutamenti prodotti da questa crisi occorre ripartire. Anzitutto riconoscendo il problema. Io non ho soluzioni pronte, ma il problema va riconosciuto per quello che è, per i rischi che si corrono, e per gli effetti sistemici che si possono produrre. Non si tratta di processare nessuno. Ma tra un collega che è in imbarazzato nel raccontare la preoccupazione per le sorti della sua cooperativa, facendosi carico anche dei possibili riflessi pubblici delle criticità che, nel caso, potrebbero riguardare tutta la cooperazione e alcuni colleghi che sorvolano, rimuovono, rappresentano a se stessi e agli altri un mondo che non c è, esiste una certa differenza. Questo secondo atteggiamento ci deve inquietare. E esattamente ciò che è propedeutico a produrre dei disastri, economici e sociali. Il problema non è l irruenza con la quale il sottoscritto cerca di provocare le discussioni. Il problema è la negazione del problema. Il problema è il ricorso all indebitamento continuo. Il problema è vivere la propria responsabilità protempore come autorità indiscussa. Non possiamo dedicare un minuto di troppo alle buone maniere inconcludenti, non ne abbiamo il tempo. Personalmente ne ho viste davvero parecchie in questi anni di situazioni così e ho deciso che è doveroso e giusto avere rispetto per tutti ma il politicamente corretto non ci serve a nulla. Dobbiamo invece, questo si, dedicare del tempo a discutere, anche ad appassionarci, di questo non dobbiamo avere paura. Ma serve concentrare queste energie per progettare le possibili soluzioni perché non saranno soluzioni facili e semplici. Le crisi che accompagnano la cooperazione nelle sue molteplici forme al pari delle imprese di capitali, sono cicliche, e un collega non deve sentirsi per questo un minorato se vive una situazione difficile, sia essa critica o anche prefallimentare. In questi anni abbiamo partecipato a diverse situazioni problematiche, in tutti i settori. Anche nelle strutture associative, anche in Lombardia, abbiamo avuto dei momenti di difficoltà. Dalle esperienze si devono trarre degli insegnamenti, di solito. Ma un conto è nascondere i problemi, occultarli, o scappare davanti alle difficoltà. Altro comportamento è cercare di condividerli, riconoscerli, assumersi le responsabilità e provare a trovare delle soluzioni. Richiamo questi elementi perché se alzassimo lo 9

10 sguardo potremo trovare ispirazione anche nel nostro campo per mutuare ciò che di buono hanno fatto altri settori in altri periodi di crisi. Alcuni colleghi che hanno partecipato alla ristrutturazione e al processo di aggregazione del settore delle cooperative di consumo negli anni 80 partivano da una semplice considerazione: le condizioni di mercato nel settore della distribuzione commerciale moderna, i cambiamenti di quel settore, avrebbero reso marginale quel settore cooperativo nel giro di pochi anni. Alcuni di loro, 30 anni fa, prevedevano addirittura la scomparsa di quel settore dal mondo della cooperazione se non fossero intervenute scelte straordinarie. Sono partiti da questa preoccupazione, riconoscendo il problema, e insieme hanno cominciato un lavoro faticoso, difficile, di coinvolgimento dei soci e dei gruppi dirigenti, arricchito di nuove competenze. Se questi colleghi avessero lasciato un punto vendita per ogni campanile, probabilmente ora avremo solo i campanili, senza più il punto vendita. Da allora ad oggi i risultati parlano chiaro. Solo in Lombardia Coop conta oltre un milione di soci, un patrimonio netto di svariate centinaia di milioni di euro, 5 mila dipendenti, un prestito sociale di 1 mld di euro con una liquidità dell 80%. Un marchio affermato nel mercato e nella società. Queste considerazioni penso possano riguardare tutti i settori, la cooperazione sociale, quella di lavoro, le attività culturali, la cooperazione agricola, ciascuno nella sua particolarità, ma nessuno si deve sentire al riparo per sempre dagli effetti imprevedibili di questa drammatica situazione. In tutto il territorio nazionale, e la Lombardia non ne è esclusa, oggi, nel settore dell edilizia, corriamo gli stessi rischi che allora ha corso la coop di consumo. O prendiamo atto che i rischi che corriamo e correremo sono ormai evidenti o gli effetti di questa situazione sono imprevedibili. Qui non c è nessuno tra di noi che ha soluzioni pronte all uso. Ma il peso del prestito, il numero di soci, la tenuta patrimoniale di diverse di queste aziende richiede una discussione chiara e delle scelte tempestive. In questa discussione abbiamo bisogno dei cooperatori di oggi e soprattutto di quelli del futuro, da loro, può venire la necessaria creatività e motivazione per affrontare le sfide impegnative che ci aspettano. Non tutte le realtà sono uguali, in questi ultimi anni alcune cooperative edilizie hanno saputo fare scelte in chiave preventiva molto positive che non le espongono a queste intemperie, ma il problema per una parte consistente delle altre c è in tutta 10

11 evidenza. La ritualità improduttiva non ci serve a niente, sarebbe da irresponsabili. Qui è in gioco la credibilità verso un importante pezzo della nostra cooperazione e la fiducia da parte di decine di migliaia di soci e di soci prestatori. Il prestito da soci nelle sole coop di abitanti vale, solo in Lombardia 650 milioni di euro. Ciò su cui dobbiamo concentrare i nostri sforzi presenti e futuri non è la conservazione del nostro posizionamento, rischia di essere la conservazione di qualcosa che non sarà più possibile conservare. La storia migliore della cooperazione, di ogni qualsivoglia natura mutualistica, utenza, lavoro, produttori o dettaglianti è stata la migliore quando ha saputo produrre cambiamenti, nel mercato che esiste non in quello che abbiamo conosciuto e che non tornerà più. La nostra legittimità sociale ce la danno i nostri soci e l utilità sociale che sappiamo produrre verso di loro e verso le comunità in cui operiamo. L esperienza, il valore e le attività di questo settore cooperativo è troppo importante per tutti, soprattutto in Lombardia, per non dedicarvi risorse adeguate, discussioni rigorose e competenze e strumenti da acquisire. La direzione nazionale di Legacoop, anche a seguito di alcuni casi particolarmente critici, ha approvato un regolamento più stringente sui vincoli del prestito, bene. Merito al Presidente Lusetti di aver portato a termine un iter iniziato un anno fa. Lì, in quel regolamento, ci sono i presupposti per costruire il progetto cui dovremo mettere mano. Senza limitare la discussione e la partecipazione, i problemi sono in larga misura comuni. Nuova cultura d impresa e nuova offerta di welfare e di servizi all abitare. Anche noi alle volte raccontiamo il valore della cooperazione italiana in modo indistinto, ma è un errore. Sappiamo bene infatti che in casi non rari, come dimostrano le recenti inchieste verso consorzi e cooperative di lavoro anche in Lombardia, che nella pratica quotidiana non è così. Sono diffusi esempi di cooperative, con molto fatturato e molti addetti, usate per false fatturazioni, lavoro nero, arricchimento personale e in qualche caso riciclaggio di denaro di dubbia provenienza. Soprattutto in alcuni settori le nostre cooperative, le persone che le guidano sono dei veri e propri eroi. Permettetemi di dirlo ma lo faccio con cognizione di causa, sono dirette da colleghi che andrebbero portati ad esempio anche nei confronti di quelle imprese di capitali che pubblicano bellissimi bilanci sociali salvo poi usare delle cooperative gestite da delinquenti per la fornitura di mano d opera con retribuzioni miserevoli. Queste persone che lavorano in queste realtà, costretti a lavorare in quelle condizioni, che pensiero volete che hanno della 11

12 cooperazione? Pensiamo davvero che siano così in grado di saperle distinguere? A queste persone dobbiamo provare a raccontare un altro mondo che esiste della cooperazione. Bene ha fatto la presidenza di Aci nazionale a decidere la costituzione di parte civile nei procedimenti giudiziari che riguarderanno queste realtà, che una volta, quando era il tempo del politicamente corretto, avremo definito spurie oggi occorre chiamarle con il loro nome. Sfruttatori di mano d opera e promotori di economia illegale. Dobbiamo sapere che la cooperazione in una parte non piccola dell opinione pubblica si è affermata come forma di impresa ingiusta, esattamente contro i principi per i quali siamo nati. Dobbiamo investire sui cooperatori di domani. I cooperatori che cercano con una fatica enorme ma con una passione non comune provano a gestire un bene confiscato alla mafia, e chiedono competenze non assistenza. E incredibilmente ci riescono. Li sta la forza dell idea cooperativa. Sta in quel gruppo di persone che si reinventano la propria esperienza di vita professionale aprendo una cooperativa sociale per gestire uno spazio che gli viene messo a disposizione, senza elemosine, da una cooperativa di abitanti per aprire un punto di ristorazione con attività culturali e aggregative per l infanzia e servizi di prossimità per i più anziani. E incredibilmente ci riescono. Le dinamiche di cambiamento di cui abbiamo bisogno devono partire dalla riaffermazione del principio della intergenerazionalità. Non possiamo essere il luogo dei pochi che decidono per conto di tanti, la cooperazione è democrazia e partecipazione, non possiamo essere una corporazione, la cooperazione è apertura mentale e inclusione. La sfida, almeno per una parte della cooperazione italiana, è nazionale ed internazionale nello stesso tempo. Lo è non solo perché esiste una giusta aspirazione di crescita, ma perché l economia, delle risorse e della conoscenza, funziona così. E l aspirazione ad una vita migliore di quella parte di umanità che guarda all Occidente come a un modello sociale e civile oltre che economico, e sono miliardi di persone, che producono il fatto che quelle politiche di espansione, quei capitali, quel desiderio di affermazione di quelle persone che si muovono ci arrivano in casa. La drammatica crisi del settore delle cooperative di produzione e lavoro è anche il riflesso di aver coltivato un idea provinciale del fare impresa. Le imprese di capitali degli stesse settori, che pure hanno segnato il passo nel mercato nazionale, 12

13 sono andate oltre confine, hanno investito, diversificato i rischi, acquisito nuovi mercati. Le nostre, non tutte, non hanno saputo riprogettare il loro futuro. Il dato a consuntivo è impressionante. Alcune di queste grandi cooperative, diverse delle quali hanno contribuito a realizzare cose importanti nella nostra regione, il più delle volte hanno interpretato la competizione come se fosse una competizione tra cooperative e in qualche caso tra territori, magari della stessa regione. Le crisi di queste cooperative, alcune di esse con storie secolari gloriose, ha generato guasti importanti anche in Lombardia. In questa organizzazione abbiamo sempre difeso un idea aperta di mercato, collaborazione tra cooperative e tra settori, anche di regioni diverse, ma le cooperative, seppure grandi e importanti, non sono tutte uguali. E i comportamenti delle persone, anche e forse soprattutto nei momenti di difficoltà, fanno la differenza. Questa porta, almeno questa è la mia opinione, non sarà sempre aperta, dipende da chi suona. Abbiamo visto gruppi dirigenti imbullonati al loro ruolo al punto di riuscire a far rovinare delle storie davvero esemplari per supponenza e insipienza, oltre che per difficoltà oggettive. La cooperativa non ha un padrone, ma un presidente protempore, un consiglio con un mandato a tempo e con delle responsabilità e un direttore va selezionato e giudicato per ciò che produce non per la supina fedeltà che garantisce. Nel desolante panorama economico italiano, la nostra regione fa un po storia a sé, desolante lo stesso ma un po meno. In Lombardia vivono diverse eccellenze nel campo accademico e della ricerca scientifica, Aeroporti e infrastrutture di collegamento di merci e persone sufficientemente efficienti, le amministrazioni pubbliche in larga parte garantiscono gestioni virtuose costando molto meno al cittadino e alle imprese che in buona parte d Italia e i pagamenti della pubblica amministrazione sono da molto tempo in media con i paesi europei. Il sistema delle camere di commercio ha usato in modo più oculato le risorse che da altre parti, così come per la sanità e i servizi socio assistenziali, anche per meriti conquistati sul campo dalla cooperazione sociale che non a caso è nata in questa regione, per lo più adeguati e ben gestiti. Un tessuto imprenditoriale comunque vivace. 55 giovani imprese al giorno con titolari che hanno meno di 35 anni, nuove imprese ogni anno. Ma la crisi ha picchiato duro anche qui. La disoccupazione in Lombardia è all 8%, anche nella provincia di Milano le cessazioni dal lavoro negli ultimi tre anni sono state di più che le assunzioni, 13

14 nell ultimo anno le ore di cassa integrazione autorizzate nella sola provincia di Milano sono passate da 9 a 12 milioni. Le imprese attive in Lombardia sono comunque molte, 815mila, anche se negli ultimi 12 mesi hanno chiuso attività imprenditoriali. Particolarmente colpiti i settori dell Industria, dell agricoltura e delle costruzioni. Dal 2008 al 13 sono più che raddoppiati i fallimenti delle imprese con sede legale nella nostra regione. Mi piace ricordare che nella nostra regione risiedono circa un milione di nostri concittadini che non sono nati in Italia. E mi piace ricordarlo perché se non fosse per loro, la quasi tenuta economica e sociale di questa regione sarebbe con un segno molto diverso. Tra i dati che dobbiamo avere ben chiari non è secondario quello relativo agli indici demografici, la Lombardia e il capoluogo Milano, si reggono, nelle loro capacità attrattive e di sviluppo anche grazie al ruolo importante delle persone straniere che vivono o qui si trasferiscono per ragioni di lavoro o di studio. La cooperazione lombarda di Legacoop, pur ridimensionata, mantiene una sua forza e una sua vivacità. Un milione e 400mila soci, 33mila occupati, più di mille cooperative attive e un fatturato di oltre 4mld. Dal 2009 ad oggi abbiamo 174 nuove adesioni e ogni anno più di cento gruppi di persone, giovani e meno giovani, verificano con noi la possibilità di realizzare in cooperativa il loro progetto di impresa. Dal 2009 ad oggi, e qui arriviamo alla nota dolente, 193 sono state le procedure non ordinarie che hanno riguardato nostre associate. In un perdurare di recessione economica, o comunque di crescita zero come nel caso della Lombardia, ormai pluriannuale nessuno ha santi in paradiso, neppure quelli ben nascosti, e non credo che servirebbero a molto. Come ci insegnano in modo esemplare le risposte profondamente diverse che abbiamo saputo dare davanti alle difficoltà, il bene più prezioso che abbiamo, che viene in cima e prima di tutto ciò che ho elencato precedentemente, quel bene sono i nostri soci. Siano essi consumatori, abitanti, lavoratori o dettaglianti. Sono loro che fanno la differenza. Casi scuola, che andrebbero raccontati ai corsi per i futuri imprenditori cooperativi, nelle loro debolezze e nelle loro virtù. Quanta distanza esiste tra quel gruppo di soci e socie che si riducono lo stipendio, tagliano ogni costo superfluo, magari anche parte dei contributi associativi e quelle situazioni dove non si riesce a rintracciare l origine delle strutture iper-costose, investimenti dissennati e 14

15 continuare a coltivare sogni di grandezza di un impero che fu. Siamo tutti cooperatori e cooperatrici, ci ispiriamo tutti a quegli stessi valori e principi di sobrietà e di responsabilità oppure abbiamo studiato su manuali diversi? Può accadere che un investimento sia sbagliato e che si commettano degli errori. Non può accadere che un gruppo di amministratori non sia perfettamente a conoscenza di operazioni che valgono milioni di euro. Diventa deflagrante quando questa cooperativa deve affrontare qualunque criticità, incluso un ragionevole ricambio dei propri gruppi dirigenti. Se vi parlo così è perché nelle numerose situazioni che diversi di noi hanno vissuto in questi anni abbiamo visto in qualche realtà comportamenti senza alcun senso della misura, ai quali invece è giusto porre tutti le dovute attenzioni. Parlare ora di aggregazioni, in assenza di una progettualità di sistema, lo dico anche se non mi piace molto questa definizione, di ristrutturazione della nostra offerta imprenditoriale, è parlare al vento. Le aggregazioni tra debolezze non fanno altro che estendere le difficoltà, come qualche caso anche in Lombardia ci ha indicato. Serve un metodo prima di un progetto, le persone giuste, una visione e gli strumenti di sostegno giusti. Qualcuno dirà ma non puoi parlarci solo di problemi. Vero. Ma se lo faccio è perché penso che non c è ancora la necessaria consapevolezza della serietà dei problemi che abbiamo sotto gli occhi. Un collega, uno dei migliori dirigenti cooperativi che ho conosciuto, durante una riunione della direzione di Legacoop Lombardia che si cimentava con l inizio di questa crisi fu profetico: disse non possiamo essere pessimisti, non rientra nelle possibilità di un dirigente cooperativo, dobbiamo essere molto preoccupati, questo si è un dovere per un dirigente cooperativo. E questi occhi vanno aperti. Già nelle assemblee di bilancio dei prossimi anni dovremo far fronte a situazioni inedite. Nessuno ha la ricetta scritta, non esiste un medico in grado di certificarla. Dobbiamo trovarla insieme e non è detto che ci riusciremo. Se volete un presidente che vi lisci il pelo e che non vi dice ciò che pensa allora io sono il presidente sbagliato. Non deciderò io il futuro delle cooperative, non voglio farlo io da solo, evitiamo di fare altri guai. Ciò che posso fare però lo farò, in tutte le sedi. A partire da riconoscere che stiamo assistendo al rischio di veder scomparire interi settori, in qualche caso con delle pericolosità sociali molto elevate. 15

16 Se dunque si conviene che ci sono scelte che vanno fatte e che non sono più rinviabili, sottolineo, non più rinviabili, di questo occorre discutere e dopo che abbiamo discusso, iniziare a percorrere questa strada insieme. Oltre al lavoro ordinario, che non sarà poco, abbiamo cercato di offrire anche alcuni spunti di partecipazione a iniziative che vogliono rivolgersi ad una platea più vasta di quella dei colleghi e delle colleghe che partecipano di più alla vita associativa. Parlo dei dieci progetti che abbiamo voluto chiamare Generazione>Cooperativa L idea è quella di generare opportunità, interesse, partecipazione e azione. A partire dagli amministratori sino ad arrivare a stimolare la partecipazione almeno di una parte dei corpi sociali. Alcuni progetti sono in fase avanzata altri meno. Il tentativo è quello di promuovere, non attraverso delle buone prediche ma con delle virtuose pratiche, concrete occasioni di cooperazione e di lavoro comune. L idea di fondo è quella di raccontarsi attraverso le buone cose che facciamo e che andremo a fare. I protagonisti dei progetti saranno le cooperative e i loro amministratori. Le strutture associative saranno dei facilitatori ma li ci sono spunti di partecipazione innovativi. E e sarà uno spazio nel quale vogliamo che le cooperatrici e i cooperatori siano i protagonisti, complementari alle loro attività d impresa, luoghi dove sperimentare percorsi di innovazione sociale e imprenditoriale. Ogni progetto sarà aperto alla partecipazione attiva di chiunque lo voglia. Sono progetti ben piantati nella concretezza anche se ispirati da bisogni presenti e futuri. Giovani e Lavoro, Comunità e Beni comuni, Expo Milano 2015, Legalità lotta alla corruzione e all economia criminale, Finanza e promozione di nuova imprenditorialità, Welfare e rete di prossimità, Pari opportunità e Intergenerazionalità, Comunicazione. Faremo il possibile per facilitare la partecipazione e i progetti saranno rendicontati e con obiettivi documentati a risultato. Le cinque parole chiave che uniscono il nostro lavoro ordinario con il tema della nuova progettualità saranno. CAMBIAMENTO, RESPONSABILITA, INTERGENERAZIONALITA, CREATIVITA IMPRENDITORIALE, UTILITA SOCIALE A Settembre di quest anno, alla convocazione di questo congresso, nella presidenza abbiamo condiviso l ipotesi di una mia ricandidatura. Abbiamo chiesto alla direzione di prorogare di un altro mandato la mia Presidenza, richiesta che è stata accolta. Ai colleghi e alle colleghe che hanno espresso questa loro opinione sono grato della 16

17 stima e dei giudizi che hanno voluto esprimere. A voi dico quello che ho detto e convenuto con loro. Il mandato, se sarà approvato dalla nuova direzione che eleggeremo oggi, sarà un mandato pieno. Ma nel prossimo mandato è contemplato, in cima, che si possa lavorare da subito per prefigurare un assetto innovativo. La mia opinione è che più di 8/10 anni in un ruolo come questo non si può e non si deve stare. Senza troppi giri di parole vi ho detto che starò il tempo che serve, ma anche per contribuire in tempi ragionevoli a scegliere un nuovo presidente. Ci tengo comunque a dire, che siamo in buone mani, la qualità, la partecipazione, e lo spessore delle discussioni che abbiamo avuto, e delle scelte che insieme abbiamo compiuto mi ha persuaso del fatto che Legacoop Lombardia ha un discreto numero di dirigenti, uomini e donne, competenti, capaci e coraggiosi. Siamo stati tra i primi in Italia a prevedere la prevalenza di dirigenti d azienda negli organismi, ci siamo liberati, anche con un po di dispiacere, di una sede costosa e poco funzionale e abbiamo deciso di destinare quelle risorse per le cooperative, abbiamo approvato, unici in Italia, un regolamento sui compensi particolarmente semplice e vincolante, abbiamo disegnato la trasformazione delle autonomie di settore in dipartimenti più funzionali per fare meglio quello di cui c è bisogno. Solo con un gruppo di persone di qualità tra Presidenza e Direzione è stato possibile farlo e sono orgoglioso di esserne stato, e di esserlo ancora per un po, anche il loro presidente. Nel 2015 saranno i 70 anni della lotta di liberazione dal fascismo, li stanno le radici della nostra libertà che è il bene più prezioso che abbiamo. La libertà di promuovere il benessere materiale e immateriale che in questo paese è stato possibile perché in quella lotta di liberazione, in quegli ideali, in quella partecipazione, nella statura morale e civile delle donne e degli uomini che si resero protagonisti di quello spirito e della costruzione della repubblica italiana, fino a rendere possibile per l Italia di essere uno dei grandi paesi di questo pianeta, lì c è tutta la modernità e il pensiero della cooperazione italiana del prossimo futuro. Il nostro futuro va progettato con coraggio ma senza sconnettersi con quella memoria perché lo spirito che ci serve non si distanzia molto da quello spirito lì. Mi piace allora concludere con un pensiero che non è mio ma di un grande italiano, partigiano quando si doveva esserlo, e pensatore e scrittore raffinato negli anni successivi, che ha contribuito in modo enorme alla rinascita culturale di questo Paese e del quale, sempre nel 2015, ricorre il 30 anniversario della morte. Scriveva Italo Calvino in una composizione che risale alla fine degli anni

18 La memoria conta veramente per gli individui, la collettività, le civiltà solo se tiene insieme l impronta del passato e il progetto del futuro, se permette di fare senza dimenticare quel che si voleva fare, di diventare senza smettere di essere, di essere senza smettere di diventare. In quattro righe c è l essenza di quello che dobbiamo costruire. 18

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