MALATTIA DI ALZHEIMER E NEUROIMMAGINI. P. Calvini

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1 MALATTIA DI ALZHEIMER E NEUROIMMAGINI P. Calvini Laboratorio di Fisica e Statistica Medica Sezione INFN e Dipartimento di Fisica Università degli Studi di Genova

2 ... ALCUNI FISICI Paolo Bosco Andrea Chincarini Gianluca Gemme Maria Antonietta Penco Sandro Squarcia Iniziative INFN Magic-5, MIND Genova, 12 settembre 2013

3 Neurofisiologia Clinica, Azienda S. Martino e altre strutture Neurofisiologia Clinica Guido Rodriguez Flavio M. Nobili Neuropsicologia Nicola Girtler Andrea Brugnolo Neuroladiologia Luca Roccatagliata Medicina Nucleare Arnoldo Piccardo Silvia Morbelli Alessandro Mignone Gianmario Sambuceti

4 LA MALATTIA DI ALZHEIMER (AD) La malattia di Alzheimer (Alzheimer s Disease, AD) rientra nella categoria delle demenze. All esordio i sintomi si manifestano generalmente sotto forma di deficit cognitivo lieve (Mild Cognitive Impairment, MCI) con specifico interessamento delle capacità mnesiche. All inizio il quadro sintomatologico ècomune a molte malattie degenerative del SNC. Una diagnosi di AD non è possibile a questo stadio.

5 La diagnosi differenziale di AD contro le altre possibilità può essere tentata solo negli stadi più avanzati. Spesso la parola definitiva viene dall esame istologico di reperti autoptici. Retrospettivamente (2 3 anni) si può eseguire una classificazione dei casi MCI in MCI-NC e MCI-C. Per gli MCI-C (MCI Converters) si èsuccessivamente avuta la (probabile) conversione ad AD. Per i casi MCI-NC (MCI Non Converters) non si è (ancora?) avuta la conversione ad AD.

6 LE DEMENZE SENILI (1) Nei paesi sviluppati, con l aumento della vita media, si assiste ad un apprezzabile incremento di quelle patologie degenerative del SNC che sono tipiche dell età avanzata. Gran parte di queste patologie presenta nella sua evoluzione un quadro clinico con caratteristiche comuni che porta ad inquadrarle nello schema delle DEMENZE SENILI.

7 LE DEMENZE SENILI (2) In generale, con DEMENZA s intende una sindrome clinica complessa che deriva dalla disfunzione di multipli sistemi cerebrali. Le principali manifestazioni cliniche della DEMENZA sono 1) la compromissione cognitiva, 2) i disturbi psicologici e comportamentali, 3) I disturbi fisici e motori.

8 Che cosa si intende per demenza? una compromissione significativa in almeno due domini cognitivi (uno è in genere la memoria) rispetto a persone della stessa età e con la stessa scolarità una compromissione significativa delle attività della vita quotidiana (usare il telefono, l autobus, il denaro) e delle attività sociali o lavorative riferite dal paziente o dall entourage familiare andamento peggiorativo + + i sintomi non cognitivi (alterazioni comportamentali o della personalità) non sempre sono presenti

9 LE DEMENZE SENILI (3) Tutte le malattie che causano DEMENZA si presentano quasi sempre nella fase precoce con uno stadio di MCI. Ogni malattia che porta a DEMENZA ha il suo peculiare MCI. D altra parte lo stato MCI non rappresenta sempre ed inequivocabilmente uno stadio destinato ad evolvere in DEMENZA.

10 Lo stato MCI può manifestarsi come -deficit cognitivo in un solo dominio cognitivo (single-domain MCI; amnestico oppure nonamnestico a seconda del coinvolgimento o meno della memoria) oppure come MCI (1) -deficit borderline in più domini cognitivi (multidomain MCI).

11 MCI (2) Lo stato MCI rappresenta una situazione di lieve carenza e, pertanto, non si ha né compromissione della capacità di svolgere le attività della vita quotidiana né scadimento della performance sociale e lavorativa. Lo stato MCI, indipendentemente da come andrà ad evolvere, non rappresenta di per sè uno stato di DEMENZA. L indovinare la possibile evoluzione dello stato MCI può essere di importanza fondamentale.

12 MCI (3) Nei soggetti MCI converters il quadro clinico evolve verso un qualche tipo di DEMENZA - single-domain MCI amnestico >> Alzheimer -single-domain MCI non amnestico >> D. frontotemporale, Lewy Body D., D. vascolare, Afasia Primaria, Parkinson D., Alzheimer -multi-domain MCI >> Alzheimer, D. Vascolare. Il conversion rate si aggira sul 10% all anno.

13 MCI (4) Però una percentuale di soggetti MCI presenta un quadro clinico con condizioni che restano stabili per anni ( non-converters ). Talvolta lo stato MCI è dovuto a patologie benigne o più controllabili delle DEMENZE (MCI psichiatrico, ad esempio). In alcuni casi si assiste al ritorno ad una (quasi) normalità!

14 L IMPORTANZA DI UNA DIAGNOSI PRECOCE Il riuscire a prevedere l evoluzione clinica di un soggetto MCI è di utilità fondamentale, in quanto permette di instaurare tempestivamente la terapia più opportuna ( se disponibile). Pure rilevanti sono le ricadute sociali, soprattutto quando si nutre la fondata speranza di poter recuperare un individuo nella sua integrità cognitiva e affettiva alla famiglia e alla società.

15 MCI AMNESTICI E ALZHEIMER I soggetti MCI amnestici sono quelli a maggior rischio di convertire in DEMENZA del tipo AD. D altra parte quelli amnestici, come tutti gli MCI, possono restare stabili oppure possono anche convertire in forme di DEMENZA non-ad. Nel caso dell AD esistono le evidenze che il manifestarsi dei sintomi della malattia rappresenta l evoluzione di un processo degenerativo iniziato decenni prima.

16 PROCESSI BIOCHIMICI ALL ORIGINE DELL AD 1) Deposizione di placche di beta-amiloide (A-beta) negli spazi extracellulari. Si tratta di aggregati di proteine mal conformate (misfolded protein aggregates). Questi aggregati, grandi e piccoli, hanno un effetto tossico nell ambiente extracellulare, soprattutto a danno delle connessioni sinaptiche. Si ha deafferentazione, i neuroni restano isolati e muoiono. 2) Formazione di grovigli neurofibrillari costituiti dalla proteina tau (τ) con localizzazione intracellulare.

17 AD: MECCANISMI DELLA FORMAZIONE DI A-β E DEI GROVIGLI NEUROFIBRILLARI Lancet 2002; 360:1759 N-term C-term (β-amyloid cleaving enzyme = β-secretase) extracellulare intracellulare

18 Congetture sulla patogenesi dell AD J Exp Med 2012; 209;

19 AD non è contagioso, diversamente dall encefalopatia spongiforme di Creutzfeldt-Jakob (CJE), tuttavia... J Exp Med 2012; 209;

20 ... in laboratorio si riescono ad indurre in topi geneticamente modificati processi di replicazione della fase misfolded di proteine coinvolte in patologie neurodegenerative. CJE AD PD AD J Exp Med 2012; 209;

21 ... altre ricerche... Ann Neurol 2011; 70;

22 ... danno i pattern di diffusione delle proteine misfolded. Ann Neurol 2011; 70;

23 Tuttavia, nonostante l apparente inesorabilità dei processi innescati dal pathogenic protein seeding, non tutti i soggetti sviluppano AD (o altro). - La barriera emato-encefalica (BBB) ha un ruolo nei processi di ingresso-uscita di A-beta dal tessuto cerebrale. Accumuli di A-beta potrebbero derivare dalla compromissione della funzionalità della BBB. - Esistono processi di neurogenesi, particolarmente attivi a livello ippocampale, che sono in grado di compensare almeno in parte perdite di neuroni. -Infine la plasticità neuronale (rimodellamento delle sinapsi) può compensare per danni localizzati.

24 La malattia di Alzheimer prima della demenza PNAS 2002;99:4135

25 STADI DELL ALZHEIMER (1) Secondo la teoria di Braak & Braak (1995) un flusso di dati passa dalla neocorteccia associativa alla regione entorinale e di lì all ippocampo, dove l informazione viene immagazzinata (memoria a breve termine). Esiste un percorso all indietro dalla zona di storage di materiale mnesico verso la neocorteccia. Le alterazioni degenerative dell AD iniziano a livello di corteccia entorinale e ippocampo e col passare degli anni si propagano alla neocorteccia.

26 STADI DELL ALZHEIMER (2) Pertanto questo circuito di andata e ritorno viene progressivamente compromesso fino alla sua totale distruzione. Le fasi iniziali di attacco al lobo temporale mesiale (corteccia entorinale e ippocampo) restano asintomatiche per decenni. Anche le fasi iniziali di interessamento della neocorteccia sono asintomatiche o generano MCI.

27 STADI DELL ALZHEIMER (3) I sintomi dell AD incominciano a manifestarsi quando gli effetti di deafferentazione tra lobo temporale mesiale e neocorteccia ed il successivo ipometabolismo neocorticale diventano importanti. Esistono meccanismi compensatori (neurogenesi e/o plasticità neuronale) che possono nascondere la progressione del danno per lunghi periodi (anni). L efficienza e resistenza di questi meccanismi di compensazione variano fortemente da individuo a individuo e dipendono anche dalla scolarità.

28 Come possiamo prevedere in anticipo se un paziente con MCI amnestico svilupperà l AD o no? Markers disponibili indicanti probabile conversione a AD 1) atrofia ippocampale e temporo-parietale (RM) 2) deficit funzionale nella corteccia associativa temporoparietale posteriore o nella regione del precuneo-cingolo posteriore (PET/SPECT) 3) aumento della tau (τ) iperfosforilata nel liquor (rachicentesi)

29 Come possiamo prevedere in anticipo se un paziente con MCI amnestico svilupperà AD o no? Markers in studio o in fase di sviluppo indicanti probabile conversione a AD -ridotta Aß amiloide nel liquor (rachicentesi) -aumento piastrinico della Amyloid Precursor Protein -aumento dell uptake dei traccianti ß-amiloide (PET) -radiofarmaci con uptake da ammassi neurofibrillari (PET) -riduzione NAA/aumento mioinositolo (spettroscopia RM) -alterata funzionalità ippocampale (fmri)

30 (anni)

31 MARKERS OGGI DISPONIBILI (1) Aumento della τ iperfosforilata nel liquor (3): indagine considerata troppo invasiva in quanto richiede rachicentesi Deficit funzionale nella corteccia associativa temporo-parietale posteriore o nella regione del precuneo-cingolo posteriore (2): SPECT la sua scadente risoluzione spaziale non produce un immagine di qualità adatta allo scopo di prevedere l eventuale conversione ad AD;

32 MARKERS OGGI DISPONIBILI (2) Deficit funzionale nella corteccia associativa temporo-parietale posteriore o nella regione del precuneo-cingolo posteriore (2): PET la mappa del metabolismo cerebrale di glucosio (tracciante FDG) in un soggetto MCI è di solito in grado di indicare la probabile conversione a AD anche 40 mesi prima del manifestarsi dei sintomi veri e propri della malattia. Difficoltà: l esame PET è costoso, gli scanner PET sono ancora relativamenti pochi ed impegnati al 90% del tempo in esami di carattere oncologico.

33 MARKERS OGGI DISPONIBILI (3) Atrofia ippocampale e temporo-parietale (1): RM l immagine strutturale (pesata T1) è in grado di evidenziare lo stato di atrofia cerebrale del soggetto MCI e permette indagini di carattere morfologico sull ippocampo e corteccia entorinale, ossia da dove ha avuto inizio la patologia. Pro: l esame RM non è invasivo e può essere eseguito a costi accettabili -gli scanner RM sono oggi abbastanza diffusi nel territorio al soggetto è richiesta una compliance relativamente ridotta rispetto alle altre opzioni diagnostiche.

34 MARKERS OGGI DISPONIBILI (4) Atrofia ippocampale e temporo-parietale (1): RM Contro: le abituali modalità di esecuzione delle scansioni RM non sempre sono ottimali allo scopo la sola valutazione dell atrofia cerebrale, che può essere eseguita rapidamente, non dà risultati conclusivi indicazioni decisive possono derivare dalla segmentazione dell ippocampo, operazione che richiede molto tempo, molta manualità e rilevante know-how.

35 L IPPOCAMPO Il complesso ippocampale, situato simmetricamente nei lobi temporali medi, fa parte del sistema limbico. Quello destro ha un ruolo fondamentale nei processi di memoria e di apprendimento. Con l avanzare dell età questa struttura va incontro a perdita di tessuto (atrofia) anche nei soggetti sani. Nei soggetti affetti da/o destinati a sviluppare AD all atrofia si aggiungono alterazioni più specifiche in determinati settori della struttura.

36 diversi gradi di atrofia

37 ippocampo con diversi gradi di atrofia

38 Differenze in spessore tra normali e soggetti AD: rosso= i normali hanno maggiore spessore degli AD blu= viceversa

39 Si ha l evidenza statistica che negli AD e nei soggetti MCI che evolveranno in AD le zone dell ippocampo ad essere interessate da una caratteristica perdita di tessuto sono la prima parte del Corno di Ammone (CA1) e il subiculum. Ma l ippocampo è una struttura molto piccola e risulta molto difficile rilevare se e dove piccole variazioni di volume si sono verificate.

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41 IL PROBLEMA (1) Il volume encefalico ècirca 1500 cm 3 mentre il volume dell ippocampo ècirca 3 cm 3 (nei soggetti giovani). La difficoltà di questo tipo di analisi consiste nel rilevare variazioni tissutali dell ordine del centinaio di mm 3 rispetto ad un paradigma di normalità in una scansione RM dell intera testa del soggetto.

42 IL PROBLEMA (2) Spesso i parametri di acquisizione della scansione RM non sono ottimizzati per indagini di questo tipo. Le acquisizioni sono quasi sempre sagittali, mentre le coronali sarebbero molto più idonee allo scopo. Inoltre lo stesso complesso ippocampale è una struttura 3D della quale risulta difficile (e anche controversa) la definizione dei bordi. Si incontra questa difficoltà sia nell esame di una RM che nella dissezione di un reperto autoptico.

43 IL METODO DELLE SCATOLE IPPOCAMPALI (1) Il complesso ippocampale è una struttura allungata in direzione antero-posteriore ed inclinata di circa 30 o verso il basso in avanti. Se l immagine RM viene ruotata in sagittale di un angolo opportuno, il complesso ippocampale può essere contenuto in un parallelepipedo orizzontale di 30 x 30 x 70 mm 3. La scatola ippocampale è la sotto-immagine RM contenuta in questo parallelepipedo.

44 l ippocampo ruotato in sagittale sta nella scatola

45 Orientazione alla Ohnishi

46 demarcazione delle scatole ippocampali

47 demarcazione delle scatole ippocampali

48 contenuto di una scatola ippocampale

49 IL METODO DELLE SCATOLE IPPOCAMPALI (2) Un immagine RM standard è circa 10 7 voxels ed occupa uno storage di circa 20 Mbytes. Il metodo proposto estrae in modalità automatica da una RM una scatola di voxels (63 cm 3 ) contenente l ippocampo e le strutture limitrofe. Lo storage richiesto da una scatola è dell ordine di 250 kbytes. La scatola contiene tutte le informazioni necessarie per l analisi statistica.

50 ESTRAZIONE DELLE SCATOLE (1) E stato messo a punto un algoritmo automatico di ricerca capace di estrarre da una qualsiasi RM la relativa coppia di scatole ippocampali. L algoritmo si basa su di alcuni prototipi di scatola prodotti in una fase preliminare di addestramento. Sulla base di un centinaio di immagini RM l algoritmo ha imparato a individuare le scatole. La ricerca è basata su un opportuna definizione di distanza tra due scatole, il prototipo ed il target.

51 ESTRAZIONE DELLE SCATOLE (2) quantificazione della similarità tra 2 scatole

52 ESTRAZIONE DELLE SCATOLE (3) ne segue una definizione di distanza

53 ESTRAZIONE DELLE SCATOLE (4) La fase di addestramento inizia con l estrazione manuale di una scatola da un immagine RM di un soggetto sano presa nell insieme di un centinaio di RM disponibili. L algoritmo, mediante tecniche di coregistrazione e cropping, cerca nelle rimanenti immagini RM la scatola più simile all esempio fornitogli. Adesso l algoritmo ha a disposizione due prototipi. Con i due prototipi l algoritmo va in caccia del terzo prototipo nell insieme delle RM restanti.

54 ESTRAZIONE DELLE SCATOLE (5) e così via Alla fine della fase di addestramento l algoritmo ha estratto tutte le scatole da tutte le RM ed ha pertanto a disposizione un centinaio di prototipi. Se si volesse cercare da una nuova immagine RM la relativa coppia di scatole si dovrebbe mettere in caccia il centinaio di prototipi a disposizione. NO! E COMPUTAZIONALMENTE TROPPO ONEROSO!

55 ESTRAZIONE DELLE SCATOLE (6) Si può provare che un numero di prototipi compreso tra 5 e 8 (per lato) è sufficiente ad individuare la coppia di scatole ippocampali in una qualunque immagine RM.

56 matrice disordinata delle distanze

57 ... maggiore ordine nella matrice

58 sezioni sagittali degli 8 capofila

59 la classe dei 7 sani + immagine media

60 sezioni sagittali delle 8 scatole medie

61 Evoluzione della tecnica e crescita del database

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75 Grazie per l attenzione

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