Ringrazio innanzitutto il Professor Barberi per avermi invitato a questo importante convegno. Io vorrei vivacizzare il mio intervento mostrandovi,
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- Rosa Bruno
- 8 anni fa
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1 Ringrazio innanzitutto il Professor Barberi per avermi invitato a questo importante convegno. Io vorrei vivacizzare il mio intervento mostrandovi, molto velocemente, alcune immagini. Nella prima slide vedete riprodotta una rappresentazione grafica della rete sismica nazionale: ogni pallina rossa è una stazione di rilevamento collegata via cavo telefonico dedicato ad una centrale situata a Roma dove effettuiamo tutte le analisi in tempo reale. Si tratta di una rete che funziona molto bene, anche se un po obsoleta perché ha circa 15 anni di età. Quella che vedete ora, invece, è una rete molto più avanzata dal punto di vista tecnologico che copre tutto il Mediterraneo e misura scosse in tutto il bacino del Mediterraneo: l abbiamo chiamata, infatti, Med-Net. Attraverso la strumentazione che vi ho mostrato, le due reti nazionali, la rete mediterranea, e in più aggiungendo un po di strumenti della rete mobile, stiamo monitorando e misurando, ad esempio, la sequenza che si sta verificando nel Faentino e nel Forlivese: le stelle rosse che vedete sul grafico rappresentano le cinque scosse principali che si sono verificate in questi giorni. Con queste reti siamo in grado di effettuare valutazioni epicentrali molto precise e vorrei che notaste l'andamento quasi a semi arco: la scossa più forte ha avuto magnitudo 4.5 ed una profondità più elevata delle altre per questo si è sentita un po' dappertutto. Nella parte inferiore dell immagine vedete il modello strutturale che è stato fatto della Pianura Padana, un modello fatto dall Agip perché in queste zone si è cercato spesso il petrolio, che ci consente un sostanziale accordo con quello che stiamo osservando. Da molto tempo, infatti, stiamo facendo ricerche storiche di varia natura in queste zone - come peraltro in altre aree del territorio - e qui in particolare, andiamo ad osservare alcuni aspetti geomorfologici come, ad esempio, l'andamento dei fiumi e certi sollevamenti che abbiamo osservato nella valle padana - in Istituto li chiamano montarozzi - che determinano anche una variazione dei fiumi e questi montarozzi sono collegati ad attività sismiche. In seguito alle nostre analisi, infatti, li stiamo collegandoli a veri e propri spostamenti all'interno della crosta dovuti a fenomeni sismici. Tutti i dati che abbiamo, dal punto di vista storico e dal punto di vista strumentale, ci consentono ormai di identificare l'italia come una grande struttura imperniata lungo la dorsale appenninica. Ogni segmento di questo arco rappresenta un terremoto: più grande è il segmento, più grande sostanzialmente è il terremoto. Come potete notare dalla costa adriatica parte una struttura di questo tipo che arriva fino alla Pianura Padana e poi gira a destra verso il Friuli. Ecco qui è una cosa interessante. In questa rappresentazione vedete, appunto, le scosse che abbiamo registrato in questi giorni nel rettangolo chiamato zona 1: il 5 maggi, contemporaneamente, anche se nessuno ci ha fatto caso, si è verificata una scossa di magnitudo 4.1 a largo di Pesaro e, all altro
2 vertice di questo rettangolo, l attività sismica che stiamo osservando in questi giorni. Come vedete, in questa zona ci sono cinque scosse di magnitudo superiore a 4. Ecco, questo segmento della zona 1 lo abbiamo individuato in risposta a quella che in Istituto chiamiamo la sfida Barberi. Circa tre anni fa, di fronte al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio, il professor Barberi invitò i sismologi, sulla base delle enorme quantità di dati accumulati negli ultimi vent anni - sia di natura strumentale che storica - e sulla base di considerazioni geodinamiche, ad individuare quelle che potevano essere le zone che nell arco dei prossimi 20/30 anni potevano essere colpite per prime da una attività sismica consistente. Non ci si chiedeva di fare una vera e propria previsione ma, sulla base di considerazioni, sulla base dei dati che avevamo per quanto incompleti, ci si chiedeva di indicare delle priorità utilizzando, appunto, considerazioni di tipo tecnico e non di altra natura. Questa è stata la nostra risposta, ed è interessante notare che l attività sismica che si sta osservando in questi giorni cade esattamente in quel segmento della zona 1. E ovvio che se l attività sismica fosse caduta fuori, oggi non l avrei mostrata! Naturalmente non stiamo facendo previsioni, ma il discorso che stiamo facendo è estremamente serio. Forse la risposta alla sfida Barberi è stata data in maniera affrettata, ma abbiamo organizzato e verrà finanziato un progetto, che coinvolge i ricercatori di tutte le strutture scientifiche italiane, avente proprio lo scopo di rispondere a questa domanda. Magari, fra uno o due anni, i segmenti saranno cambiati, ma è proprio per verificare questo che ci stiamo lavorando molto seriamente. Come vedete, abbiamo individuato 6 zone che, in realtà, sono sempre state sismiche, quindi non è che stiamo scoprendo niente. Quello che affermiamo, tuttavia, è che queste dovrebbero essere le prime ad essere colpite nell arco, appunto, di una trentina d anni. Vi sono dei punti interrogativi: dove ci sono quelli in blu significa che non sappiamo ma non siamo troppo preoccupati; dove ci sono quelli in rosso significa che non sappiamo ma siamo preoccupati. Speriamo, comunque, di eliminare molti di questi punti interrogativi proprio con questo grande progetto che sta partendo proprio in questi giorni. Accanto alle reti sismiche nazionali e del bacino mediterraneo, utilizziamo anche la rete sismica mondiale di cui facciamo parte, quella che si chiama: rete sismica globale. In questa slide vedete, per esempio, quali sono le stazioni che abbiamo utilizzato durante la crisi umbra, naturalmente soltanto per i terremoti più forti perché solo per terremoti superiori alla magnitudo 5 della scala Richter tutte le stazioni del mondo sono in grado di registrare l evento. Quando il segnale arriva così lontano è tutto, per così dire, ripulito e semplificato e possiamo quindi considerare la sorgente sismica come un punto, considerarla cioè, nelle approssimazioni che facciamo, da un punto
3 di vista matematico. Questo ci ha consentito di scoprire, ad esempio, che la scossa più forte, quella della mattina del 27 settembre 97, in realtà era doppia cioè erano due scosse estremamente ravvicinate. Nella slide successiva vedete una serie di palline che rappresentano tutte le soluzioni focali che siamo riusciti a determinare in maniera corretta. A vederle così naturalmente non significano niente, ma ci consentono di fare dei calcoli per valutare l andamento cinematico del Mediterraneo, valutare cioè quali zone si muovono rispetto a quali altre. Questo è un altro esempio di quello che facciamo. Siamo riusciti a determinare, digitalizzando antichi sismogrammi che abbiamo ritrovato in giro per il mondo, due delle scosse della sequenza che si ebbe nel Belice nel Questa è una zona per noi abbastanza misteriosa, nel senso che c è questa attività del 68, sostanzialmente improvvisa, e non sappiamo nient altro. Abbiamo poi affidato agli storici il compito di affrontare questo problema: sapendo che ci sono dei templi crollati a Selinunte, abbiamo chiesto se questi crolli potevano essere correlati ad eventuali terremoti del passato. Una ricostruzione analoga è stata fatta per il Friuli ed anche qui siamo riusciti a ricreare tutti i meccanismi focali del Friuli. Lo scopo del mio intervento è quello di dimostrare l importanza, la forza dei dati sismici, per capire la struttura della terra, l attività sismica stessa e il meccanismo focale dei terremoti. In questa slide, per esempio, vedete un utilizzo dei dati sismici per fare una tomografia della crosta terrestre, per vedere cosa c è dentro la terra. In alto vedete quel segmento a cuneo, è come se facessimo un taglio e andassimo a vedere cosa c è dentro. Le parti blu sono le parti fredde: sono le parti dove la velocità delle onde è più elevata, e siccome lo stato delle onde dipende esclusivamente dalle costanti elastiche del mezzo che attraversano, ecco che possiamo determinare quali sono le parti più fredde. Quella che vedete è chiaramente una zona di subduzione. Inoltre stiamo cercando di correlare l ipotesi che si ha sulla divisione delle placche nel Mediterraneo sulla base di dati di superficie e dati di profondità, un problema estremamente importante che sta alla base di tutto. Vedete in verde la separazione che viene fatta in base a considerazioni di superficie correlata con quello che vediamo in profondità. Le zone blu, ripeto, sono quelle più fredde, con caratteristiche meccaniche diverse dalle zone rosse che sono più calde. Come vedete c è una certa corrispondenza: la prima era a 150 km di profondità e questa a 600. Quindi, c è una sostanziale corrispondenza anche se, naturalmente, sono studi in evoluzione. Un altra delle attività che abbiamo fatto, e uno dei problemi che ci affascina ci interessa particolarmente, è il terremoto di Messina. Abbiamo rintracciato le stazioni funzionanti all epoca del terremoto di Messina, che lì vedete indicati con delle sigle; abbiamo trovato i sismogrammi; li abbiamo digitalizzati perché erano naturalmente non sono i sismogrammi di oggi, e siamo riusciti a
4 determinare alcune cose che consideriamo estremamente importanti. Considerando il margine di errore, possiamo sostanzialmente affermare che la scossa, stranamente, fu una, cioè non fu un evento a più scosse successive, magari staccate di un secondo l una e dall altra come per esempio si ebbe in Irpinia dove ce ne furono tre, bensì fu un unica scossa. La lunghezza della faglia fu di circa 45 km, il moto della frattura partì da sud e andò verso nord. Avendo tutti gli strumenti a nord, infatti, abbiamo la possibilità di verificare se la frattura si mosse verso nord o verso sud e in più possiamo rappresentare l andamento dello slipping in funzione della lunghezza. Uno dei problemi fondamentali che ci poniamo da sempre è quello di vedere come avviene il processo di liberazione dell energia che, in Italia è estremamente strano. Vedete, ad esempio, quello che succede a Faenza: c è uno spezzettamento continuo; abbiamo avuto cinque scosse ed una frattura complessiva di 4/5 km. Lo stesso è accaduto in Umbria. Ecco, questo è un fatto di grande interesse per chi si occupa di protezione civile, perché la gestione di queste lunghe sequenze - che sembrano tipicamente italiane -, è in tema di protezione civile una cosa talvolta devastante, anche perché, come ricordava giustamente il Professor Barberi, non è che in questi casi i mezzi di informazione aiutino anzi, drammatizzano sempre di più e alla fine non si capisce di cosa e con chi stiamo parlando. Questa immagine, si riferisce alla sequenza umbra, è una visione in tre dimensioni delle tre principali faglie, quelle zone bianche che vedete in basso, mentre tutti i puntini rossi sono gli epicentri delle scosse, o almeno di una certa parte delle scosse che abbiamo registrato. I segmenti rappresentano praticamente l'intersezione fra le varie faglie attivate e una superficie parallela alla superficie della terra, della zona interessata, a 5 chilometri di profondità. Su in alto vedete rappresentato con un quadrato rosso l'evento profondo che suscitò tanto interesse. Noi sostenemmo che non avrebbe creato nessun dramma ulteriore; naturalmente c'era chi sosteneva che invece si sarebbe scatenato il finimondo, ma ncora, ringraziando Dio, non è successo niente. Grazie alle analisi sui dati registrati siamo riusciti a determinare una cosa di grande rilievo: la direzione della frattura. Abbiamo notato, infatti, che certe scosse durante la sequenza umbra, venivano sentite estremamente bene a Roma, specialmente nei palazzi del potere che si trovano sui riporti alluvionali del Tevere, e quindi abbiamo cercato di capire perché in certi casi, invece, non si sentiva così bene. Questo è indicato nello schema: i segmenti blu sono le faglie e le frecce rosse sono le direzioni di propagazione. Questa rappresentazione indica la sismicità fino al giorno prima del terremoto del 1997; la seconda grande scossa è dopo sei mesi: come vedete, nell intervallo c'era sostanzialmente un attività scarsissima. Le quattro stelle rosse stanno ad indicare le quattro scosse più forti che si dovevano ancora verificare.
5 In questa grafica tutto si è riempito: ogni cerchietto rappresenta un terremoto. Questo tipo di analisi ci serve per spiegare cosa intendiamo per lacuna sismica che è uno degli aspetti che stiamo seguendo per rispondere alla sfida di Barberi. In particolare, adesso stiamo rianalizzando i dati della sequenza umbra. Nel grafico che vedete i puntini rappresentano l'attività sismica in una rappresentazione spazio-temporale. In ascissa c'è il tempo e in ordinata c'è lo spazio, praticamente l'appennino centrale, mentre nella colonna arancione ci sono i terremoti del passato. Sulla base di queste considerazioni, per esempio, possiamo immaginarci un gap, l esistenza di una lacuna sismica, cioè una zona che da tanto tempo non è stata colpita da un terremoto e che non c'è nessuna ragione per cui non debba esserne colpita, che ha una lunghezza, appunto, di una trentina di chilometri. Ed è una di quelle zone che abbiamo indicato all'interno della zona più grande; un'altra è oltre San Sepolcro. Queste sono misure ci dicono che se non c'è una attenta analisi dei terreni, e quindi non si fa una progettazione e una programmazione edilizia estremamente seria sulla base di questi dati, i danni di un evento sismico possono essere disastrosi. Qui ci sono tre tipi di terreno rappresentati con colori diversi: nella zona a destra in rosso, ad esempio, un terremoto ha un dato tipo di ampiezza in relazione alla capacità di amplificazione del terreno; lo stesso terremoto nella parte verde ha delle oscillazioni molto più grandi del terremoto nella parte rossa. Vedete in basso la scala: sono 100 metri, cioè nell'arco di 50/100 metri si può dover cambiare completamente il tipo di costruzione che si va a fare. Questo ci dà una misura della difficoltà ma anche, sostanzialmente, della possibilità di risolvere questo tipo di problema, e questi dati ormai sono facilmente ottenibili. Queste, ad esempio, sono le curve di alterazione che stiamo delineando, è un progetto sul quale stiamo lavorando da alcuni anni e presto forniremo nuove curve di alterazione. Un altra cosa estremamente importante è la paleosismologia, una tecnica che ci consente di andare a vedere tracce geologiche di passati terremoti. Tutto è nato quando, dopo il terremoto dell'irpinia, si scoprì che il terremoto aveva creato una scarpata di una cinquantina di centimetri. Allora siamo andati a vedere se esattamente nello stesso posto dove si era verificato il terremoto dell'irpinia, c'erano tracce di antichi terremoti in due zone vicine. Non entro in dettagli ma questo tipo di misure, che facciamo anche in Grecia in collaborazione con i greci e in California in collaborazione con i californiani, ci permettono di dire che nella stessa zona, il tempo che passa fra un terremoto e l'altro di pari entità, è molto grande, cioè esattamente la stessa zona ha bisogno di un tempo lunghissimo per ricreare le condizioni per avere un forte terremoto. E questo è un dato molto importante perché i dati storici, ovviamente, non sono così precisi, non ci consentono di fare queste affermazioni. Vi dicevo prima del processo di liberazione dell energia, ma un altro fatto importante è il processo di caricamento della zona sismica. Questo è un lavoro che abbiamo fatto con il Prof. Barberi. Si
6 tratta di un analisi tomografica dell Etna: abbiamo cioè utilizzato i dati sismici per capire il funzionamento dell Etna. Senza entrare nei dettagli: i punti bianchi sono gli ipocentri dei terremoti, e lì si vede un corpo caldo che si muove verso l alto. Questa slide ci illustra altri esercizi. Per esempio, ci siamo posti il problema se un terremoto può in qualche maniera influire sul Vesuvio, attivare cioè degli eventi eruttivi. Si tratta naturalmente di esercizi, di modelli costruiti su tutta una serie di assunzioni. Ebbene: date queste assunzioni la risposta è sì, ovvero che un attività sismica può attivare fenomeni eruttivi del Vesuvio. Ci siamo posti anche il problema inverso, ovvero se il Vesuvio può attivare i terremoti, e sembra di no. Come ho accennato, effettuiamo anche delle le attività storiche: la ricerca storica, infatti, è estremamente importante per capire tutta una serie di eventi. Qui sono indicati circa 44 terremoti che appariranno nella terza edizione del catalogo dei forti terremoti. Siamo partiti dai più grandi e stiamo via via scendendo con le magnitudo. Vorrei ritornare, però, al terremoto del Belice. Gli storici a cui abbiamo chiesto, la dott.ssa Guidoboldi e ai suoi collaboratori, di andare a vedere se c era qualche possibilità, cioè se in Belice c erano tracce di altri terremoti hanno effettuato le loro ricerche. Ad esempio, noi sappiamo che il tempio di Selinunte è crollato ma, poiché è stato rimesso a posto nell 800, non si riusciva a capire se fosse crollato per un verso o per l altro. Però uno storico dell arte del 1700 ha lasciato dei disegni di come si trovava prima che venisse rimesso a posto, e sulla base di queste informazioni abbiamo tracce, ma sono puramente ipotesi, di un terremoto che potrebbe essersi verificato tra il IV e il III secolo a.c., un altro fra il III e il V secolo d.c. e un altro ancora più vago nella determinazione dell età. Ma comunque continuano a lavorarci. Ancora, sempre degli storici hanno trovato questo disegno, coevo al terremoto del 1693 di Catania, un altro terremoto che ci interessa profondamente, e sulla base di tutta una serie di osservazioni che non vi saprei raccontare, si è scoperto che una scossa nuova, cioè prima di avere la scossa delle 13,30 di quel giorno, dell 11 gennaio 1693, ce ne fu un altra, più piccola, e questa fu evidenziata, perché aveva incrinato un campanile, un campanile importante che poi crollò successivamente. Si tratta di un tipo di ricerca estremamente importante perché se riuscissimo, come speriamo di fare, a determinare i meccanismi fondamentali della liberazione dell energia, questi sarebbero paletti utili per ricostruire, addirittura, il meccanismo focale di un terremoto del Comunque, quello in cui ci stiamo impegnando fortemente all interno dell Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, una delle attività che prevediamo nel piano triennale, è di realizzare un sistema informativo nazionale permanente sui fenomeni naturali di interesse geodinamico. Per esempio: sui terremoti, sulle eruzioni vulcaniche, sui maremoti, sulle modificazioni non antropiche
7 del paesaggio - appunto quei discorsi che facevo per la Val Padana -, e sui fluidi terresti, per esempio l esistenza di sorgenti termali e via dicendo. Abbiamo una quantità enorme di dati in questi istituti che citava prima il prof. Barberi e si tratta semplicemente - si fa per dire perché è una attività estremamente complessa e faticosa - di metterli a posto, ma questo porterà senz altro ad un risultato importante.
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