Decisione N del 29 settembre 2016

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1 IL COLLEGIO DI ROMA composto dai signori: (RM) SIRENA (RM) GRECO (RM) SCIUTO Presidente Membro designato dalla Banca d'italia Membro designato dalla Banca d'italia (RM) GRANATA Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari (RM) CHERTI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti Relatore GRANATA ENRICO Nella seduta del 03/08/2016 dopo aver esaminato: - il ricorso e la documentazione allegata - le controdeduzioni dell intermediario e la relativa documentazione - la relazione della Segreteria tecnica FATTO Con ricorso presentato in data , preceduto da reclamo del , i ricorrenti espongono che il ricorrente principale ha subito tra le ore 7:20 e le ore 7:45 del , mentre era in metropolitana unitamente alla cointestataria del ricorso, il furto del proprio portafogli, all interno del quale erano custodite una carta bancomat e una carta di credito, entrambe rilasciate a detto ricorrente dalla banca convenuta, oltre ad altri effetti personali. Alle ore 7:45 il ricorrente principale riceveva un primo sms sul proprio cellulare con cui la banca gli comunicava il blocco della carta di credito. Dopo circa un minuto, riceveva un secondo sms con cui la banca gli comunicava il blocco della carta bancomat. Si accorgeva solo allora di non essere più in possesso del proprio portafogli. Afferma di essersi immediatamente recato presso una filiale della banca convenuta e di essere stato ivi informato previa verifica dell estratto conto, cui entrambe le carte erano associate che erano state effettuate con la carta di credito quattro operazioni per un totale di euro 2.602,00. Pag. 2/6

2 Le operazioni erano state effettuate alle ore 7:25 (prelievo di 500,00), alle ore 7:27 (prelievo di 250,00), alle ore 7:34 (ricarica di 951,00) e alle ore 7:36 (ricarica di 901,00) del , a seguito delle quali la carta di credito era stata bloccata dalla banca. Veniva altresì informato che erano stati effettuati tre tentativi di utilizzo della carta bancomat attraverso la digitazione del PIN, a seguito dei quali tale carta era stata bloccata dalla banca. Alle ore 11:26 dello stesso giorno il ricorrente principale sporgeva denuncia di furto presso la locale stazione dei Carabinieri e in data comunicava alla banca convenuta di disconoscere le suddette operazioni, precisando di non aver mai ceduto il PIN a terzi né di averlo custodito nel portafogli. Aggiunge che in data le veniva comunicato dalla banca convenuta il riaddebito delle somme relative alle operazioni disconosciute in precedenza accreditate salvo buon fine - in quanto le stesse risultavano essere state effettuate tramite digitazione del codice segreto ed anteriormente al blocco, disposto alle ore 7:44 del I ricorrenti si dolgono del comportamento tenuto dalla banca, per aver provveduto a disporre il blocco della carta di credito solo dopo il quarto utilizzo non autorizzato. Sostengono che per i prelievi successivi al primo, a tutela del cliente, la banca dovrebbe attivare appropriate misure non sembrando sufficiente solo un sms finalizzate alla verifica del legittimo utilizzo dello strumento di pagamento nonché al tempestivo blocco dello stesso. Chiedono il rimborso di euro 2.602,00 relativo a quattro operazioni non autorizzate effettuate da ignoti con la carta di credito sottratta. Con controdeduzioni presentate in data la banca convenuta, premesso che il blocco dell operatività di entrambe le carte è stato disposto dalla banca stessa successivamente alle quattro operazioni disconosciute in base al sospetto di un uso fraudolento o non autorizzato e dandone comunicazione al ricorrente principale con sms, deduce che dette operazioni risultano essere state effettuate prima del blocco della carta, dotata di tecnologia microchip, tramite corretta digitazione del PIN. Sostiene che la colpa grave del ricorrente principale è desumibile dal brevissimo lasso di tempo intercorso fra il furto e le operazioni disconosciute nonché dalla riuscita delle operazioni al primo tentativo, nonostante la carta fosse dotata di tecnologia microchip. Tali elementi fanno presumere la presenza del PIN in prossimità della carta e quindi la grave violazione degli obblighi di custodia, in capo al titolare, dello strumento di pagamento e del dispositivo personalizzato di sicurezza. Chiede, in via principale, il rigetto del ricorso, perché immotivato e infondato; in via subordinata, laddove il ricorso fosse accolto, che sia applicato l articolo 1227 c.c. nonché sia tenuto conto della franchigia di cui all art. 12, comma 3, del D. Lgs. 11/2010. DIRITTO La responsabilità dell emittente di una carta di credito per il suo utilizzo non autorizzato è disciplinata dall art. 12 del D.Lgs. 27 gennaio 2010, n.11, il quale ha attuato nell ordinamento giuridico italiano la direttiva 2007/64/CE relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno europeo. Nel caso di specie, le operazioni contestate dai ricorrenti sono state effettuate, anteriormente al blocco disposto dalla banca resistente in base al sospetto di un uso fraudolento o non autorizzato della carta (comunicato alla ricorrente con sms), prima che i ricorrenti medesimi effettuassero la comunicazione del suo utilizzo Pag. 3/6

3 non autorizzato prevista dall art. 7, 1 comma, lett. b), del D.Lgs. n.11 del L art. 12, 3 comma, del medesimo decreto statuisce che «salvo il caso in cui abbia agito con dolo o colpa grave ovvero non abbia adottato le misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati che consentono l utilizzo dello strumento di pagamento, prima della comunicazione eseguita ai sensi dell art.7, 1 comma, lett. b), l utilizzatore medesimo può sopportare per un importo comunque non superiore complessivamente a 150,00 la perdita derivante dall utilizzo indebito dello strumento di pagamento conseguente al suo furto o smarrimento». Grava pertanto sull utilizzatore sia un obbligo di custodia relativo allo strumento di pagamento in sé, la cui disciplina puntuale trova sede nelle disposizioni negoziali in uso presso i vari intermediari nei rapporti con la clientela, sia, in parallelo, un obbligo ex lege che impone all utilizzatore l adozione di misure idonee atte a garantire la sicurezza dei dispositivi che consentono il regolare utilizzo dello strumento. Con la decisione n del 29 novembre 2013 il Collegio di coordinamento di questo Arbitro ha chiarito che: «nonostante il dato letterale taccia sul punto, deve ragionevolmente ritenersi che la mancata adozione delle misure idonee di sicurezza dei codici debba integrare anch essa un comportamento doloso o gravemente colposo». Trattandosi di un fatto impeditivo dell esercizio del diritto risarcitorio da parte del ricorrente, l onere di provare la colpa grave (o addirittura il dolo) di quest ultimo grava sull intermediario resistente, ai sensi dell art. 2697, 2 comma, c.c. Tale soluzione è stata espressamente affermata dal Collegio di coordinamento di questo Arbitro nella decisione n del 17 ottobre Secondo la giurisprudenza di legittimità, la colpa grave è costituita da una «straordinaria e inescusabile» imprudenza, negligenza o imperizia, la quale presuppone che sia stata violata non solo la diligenza ordinaria del buon padre di famiglia di cui all art. 1176, 1 comma, c.c., ma anche «quel grado minimo ed elementare di diligenza generalmente osservato da tutti» (Cass., 3 maggio 2011, n.913; Cass., 19 novembre 2001, n.14456). Questo Arbitro si è costantemente richiamato a tale orientamento giurisprudenziale, com è stato ribadito dalle già richiamate decisioni del Collegio di coordinamento n e n del Secondo quanto affermato dalla resistente, è presumibile ai sensi dell art. 2729, 1 comma, c.c. che parte ricorrente abbia con colpa grave violato l obbligazione di custodire diligentemente la carta nonché il PIN della propria carta di credito. Si deve anzitutto appurare se una presunzione del genere sia consentita dall art. 10, 2 comma, del d.lgs. n. 11 del 2010, il quale statuisce che, «quando l utilizzatore di servizi di pagamento neghi di aver autorizzato un operazione di pagamento eseguita, l utilizzazione di uno strumento di pagamento registrato dal prestatore di servizi di pagamento non è di per sé necessariamente sufficiente a dimostrare che l operazione sia stata autorizzata dall utilizzatore medesimo, né che questi non abbia adempiuto con dolo o colpa grave a uno o più degli obblighi di cui all art. 7». A tale proposito, il Collegio di coordinamento di questo Arbitro ha chiarito che: «L unica presunzione che appare vietata dalla richiamata disposizione è quella relativa all affermazione della colpa grave esclusivamente ricollegata all utilizzo della carta; da ciò ne discende, a contrario, che sia invece ammissibile tale presunzione, laddove sussista una serie di elementi di fatto particolarmente univoca e convergente, al punto che possa ragionevolmente ritenersi che l utilizzo fraudolento sia effettivamente riconducibile sul piano causale alla condotta dell utilizzatore» (decisioni sopra citate n e n del 2013). Ciò posto, il Collegio di coordinamento di questo Arbitro ha precisato che non può «ritenersi provata, neppure in via presuntiva, la colpa grave dell utilizzatore sulla base dei soli utilizzi fraudolenti in tempi alquanto ravvicinati rispetto al furto; v è infatti la necessità che siano esaminati, in relazione alla concreta fattispecie di volta in volta posta al vaglio dell Arbitro, ulteriori elementi di fatto che siano Pag. 4/6

4 per l appunto gravi, precisi e concordanti e in relazione ai quali vi sia un elevato grado di probabilità che detti utilizzi fraudolenti siano ascrivibili alla condotta gravemente colposa dell utilizzatore, il quale con il proprio comportamento abbia causalmente contribuito al verificarsi dell evento» (decisione n del 2013). In definitiva la valutazione della sussistenza di profili di colpa grave in capo all utilizzatore va compiuta alla luce di tutte le circostanze di fatto che, di volta in volta, caratterizzano il caso di specie, tenendo in considerazione gli obblighi di custodia dello strumento di pagamento e di adozione di misure idonee atte a garantire la sicurezza dei dispositivi che ne consentono il regolare utilizzo. Si osserva preliminarmente che le modalità di utilizzo della carta bancomat attraverso la digitazione del PIN, appaiono presumibilmente indicare, alla luce in particolare delle risultanze fornite dalla resistente che denotano l assenza di anomalie nell utilizzo dello strumento di pagamento, che l autore dei prelievi contestati fosse a conoscenza del codice segreto a fronte di un comportamento non sufficientemente accorto e diligente da parte del titolare ai fini del rispetto degli obblighi di custodia su di esso gravanti. In sostanza il comportamento del ricorrente principale evidenzia una violazione gravemente colposa degli obblighi di conservazione e di sicurezza dello strumento di pagamento e dei dispositivi connessi. Deve tuttavia rilevarsi che, per quanto la banca convenuta si sia attivata disponendo il blocco della carta in questione successivamente alla quarta operazione effettuata nel periodo intercorrente fra le 7:25 e le 7:36 del , nella vicenda in esame non risulta operativo il servizio di SMS alert. Secondo l orientamento consolidato di questo Collegio (cfr. ex multis, Dec. 2319/2014) la mancata disponibilità del servizio da parte della clientela configura un ipotesi di responsabilità da inadeguata organizzazione imputabile esclusivamente all intermediario resistente il quale, data la natura di misura di sicurezza del sistema di sms alert, non dovrebbe limitarsi a proporlo al cliente ma dovrebbe adottarlo in modo generalizzato. Come più volte statuito dall Arbitro Bancario Finanziario, (cfr. Collegio di Roma 5543/13), la mancata attivazione del servizio di sms-alert rappresenta un comportamento colposo dell intermediario, il quale non applicando automaticamente il servizio di avviso mediante sms su ciascuna delle carte di pagamento emesse e tuttora in circolazione non ha ottemperato all obbligo di diligenza professionale su di esso incombente (cfr. Cass. 24 settembre 2009, n ). Dalla documentazione in atti non risulta se la banca convenuta abbia effettivamente proposto al ricorrente principale l attivazione del servizio né risulta, soprattutto, che si sia munita di una specifica dichiarazione liberatoria del cliente che non intendeva avvalersi del servizio in parola. In definitiva parte resistente non può andar del tutto esente da colpa: qualora fosse stato attivato, il servizio di SMS alert avrebbe consentito al ricorrente principale di avvedersi tempestivamente degli iniziali utilizzi fraudolenti e quindi di evitare i successivi. Questo Collegio, ritenendo sussistere una concorrente responsabilità della banca resistente, ritiene che quest ultima debba corrispondere ai ricorrenti parte delle somme fraudolentemente sottratte per un ammontare che, a titolo equitativo, liquida in 900,00. P.Q.M. Il Collegio in parziale accoglimento del ricorso dispone che l intermediario corrisponda ai ricorrenti la somma di 900,00 liquidata a titolo equitativo. Pag. 5/6

5 Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l intermediario corrisponda alla Banca d Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla parte ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 6/6