STUDIO DEL BOSONE DI HIGGS NEL CANALE γγ CON IL RIVELATORE ATLAS AD LHC

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO Facoltà di Scienze MM.FF.NN. Corso di Laurea in Fisica STUDIO DEL BOSONE DI HIGGS NEL CANALE γγ CON IL RIVELATORE ATLAS AD LHC Codice P.A.C.S.: Bn Relatore: Prof. Luciano MANDELLI Correlatori: Dott.sa Donatella CAVALLI Dott. Paolo NASON Candidato: Massimo BETTINELLI anno accademico

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3 In memoria di DANIELE ALIPRANDI A 5 agosto 1973 Ω 12 agosto 2002 mio grande amico

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5 Sibylle gewidmet, für ihre Liebe und Geduld, e ai miei genitori, Germana e Giorgio, senza i quali nulla di tutto questo esisterebbe.

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7 Indice Ringraziamenti xiii Introduzione 1 1 Il bosone di Higgs Introduzione al Modello Standard Il meccanismo di Higgs Caso abeliano Caso non abeliano La massa del bosone di Higgs I decadimenti del bosone di Higgs Produzione del bosone di Higgs Scenari con più di un bosone di Higgs Il bosone di Higgs prima di LHC I risultati di LEP I risultati del Tevatron Conclusioni LHC ed il rivelatore ATLAS LHC L urto protone-protone ATLAS La fisica del bosone di Higgs con ATLAS Produzione del bosone di Higgs ad LHC Canali di decadimento del bosone di Higgs ad ATLAS La struttura di ATLAS Il rivelatore interno Il solenoide centrale La calorimetria in ATLAS Il calorimetro elettromagnetico Il calorimetro adronico v

8 vi INDICE Il calorimetro in avanti Lo spettrometro per muoni Il sistema di trigger e acquisizione dati Il trigger di primo livello Il trigger di secondo livello Il filtro d eventi Aspetti computazionali Studio mediante simulazione del decadimento H γγ Analisi del decadimento H γγ Struttura delle n-tuple Cinematica del bosone di Higgs e dei fotoni di decadimento Le conversioni nell inner detector Identificazione dei cluster Scelta della dimensione del cluster Determinazione della massa del bosone di Higgs Ricostruzione del vertice primario e correzione in θ Determinazione delle intercette Determinazione del vertice ricostruito Correzione dell angolo θ Risoluzione del calorimetro Determinazione della massa invariante del sistema γγ Termine costante della risoluzione in energia Sintesi finale m H = 100 GeV m H = 120 GeV Conclusioni 139 Appendice A. Relazioni trigonometriche tra le grandezze θ ed η 143 Appendice B. Il metodo dei minimi quadrati 147 Bibliografia 150

9 Elenco delle figure 1.1 Contorni nel piano m H m t Contorni nel piano m H m W Limiti di LEP per m H Risultati di Run I al Tevatron Vicoli su m H al Tevatron (Run II) Struttura di CMS Vista laterale di LHCb L esperimento ALICE Il rivelatore ATLAS Significanza nel decadimento del bosone di Higgs Esempio di decadimento dorato, H ZZ e + e µ + µ L inner detector Spessore del materiale nell ID La calorimetria in ATLAS Geometria ad accordion Vista di un elettrodo del barrel dell EMC Struttura e schema di alimentazione elettrica per gli elettrodi ad accordion Ruota dell end-cap Regione del crack Il calorimetro adronico End-cap del calorimetro adronico Spettrometro per muoni Magneti air core Sistema di trigger/daq di ATLAS Distribuzione di p T e di E per il bosone di Higgs Distribuzione in η per il bosone di Higgs generato (file DC1) Distribuzione in z del vertice di produzione del bosone di Higgs Distribuzione in r del vertice di produzione del bosone di Higgs 72 vii

10 viii ELENCO DELLE FIGURE 3.5 Distribuzione in η per i due fotoni del decadimento H γγ Distribuzione in p T e in E per i fotoni del decadimento H γγ Frazione di conversioni in funzione di η Posizione delle conversioni nell ID (file DC1) Confronto struttura dell ID dopo modifiche Distribuzione lungo r e z dei punti di conversione nell ID (file TDR) Distribuzione lungo r e z dei punti di conversione nell ID (file DC1) Distribuzione di R tra fotoni e cluster associati (file DC1) E rec /E true in funzione di η per fotoni ricostruiti E rec /E true in funzione della coordinata r del punto di conversione e per diverse scelte della dimensione del cluster. In rosso, cluster 3x5; in verde, cluster 3x Distribuzione di E rec /E true e risoluzione energetica in funzione di η (particella singola) Distribuzione di p Trec /p Ttrue Distribuzione di E rec /E true Picco della massa ricostruita Picco della massa ricostruita (taglio del cono) Picco della massa ricostruita (esclusione del crack) Picco della massa ricostruita (taglio su p T ) Picco della massa ricostruita (effetto cumulativo dei tagli; file TDR) Picco della massa ricostruita (effetto cumulativo dei tagli; file DC1) Angolo ricostruito tra i due fotoni Angolo ricostruito tra i due fotoni in funzione dell energia del bosone di Higgs Posizione del baricentro dello sciame; elettrodo A Posizione del baricentro dello sciame; elettrodo B Risoluzione in η, θ e in z rec (file DC1, particella singola) Differenza z rec z true per m H =100 GeV Differenza z rec z true per m H =100 GeV per fotoni nel barrel e almeno uno nell end-cap Risoluzione in η, θ e z rec dal TDR (1999) Picco della massa ricostruita dopo correzione dell energia Picco della massa ricostruita dopo correzione dell energia Picco finale della distribuzione della massa (caso vertice vero z true, file TDR)

11 ELENCO DELLE FIGURE ix 3.35 Contributo delle conversioni e non al picco della massa (z true, m H = 100 GeV,file TDR) Picco finale della distribuzione di massa (caso vertice vero z true, file DC Contributi al piucco in massa per eventi con e senza conversioni (file DC1, vertice z true ) Picco finale della massa ricostruita (vertice ricostruito z rec, file TDR) Contributi al picco finale della distribuzione di massa relativi alla figura 3.38, per eventi in cui si verifica almeno una conversione, in basso, oppure nessuna (caso z rec, file TDR) Picco finale della massa ricostruita (caso vertice ricostruito z rec, file DC1) Contributi al picco finale della distribuzione di massa relativi alla figura 3.40, per eventi in cui si verifica almeno una conversione, in basso, oppure nessuna (caso z rec, file DC1) Picchi della massa per eventi con fotoni entrambi nel barrel e in cui almeno uno è nell end-cap (z true ) Picchi della massa per eventi con fotoni entrambi nel barrel e in cui almeno uno è nell end-cap (z rec ) Picco finale della massa ricostruita (vertice vero z true, file DC1, m H = 120 GeV) Picco finale della massa ricostruita (vertice ricostruito z rec, file DC1, m H = 120 GeV) Differenza z rec z true per m H =120 GeV Differenza z rec z true per m H =120 GeV per fotoni nel barrel e almeno uno nell end-cap Simulazione di un evento H γγ

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13 Elenco delle tabelle 1.1 Contributi parziali dei vari esperimenti e valore totale della luminosità integrata ottenuta da LEP Risultati finali dei diversi esperimenti di LEP per il limite inferiore della massa del bosone di Higgs Probabilità di conversione nell ID Caratteristiche dei picchi di massa Coefficienti per la determinazione della posizione del baricentro dello sciame nel barrel Coefficienti per la determinazione della posizione del baricentro dello sciame nell end-cap Risultati numerici finali per m H, σ mh (m H = 100 GeV) Risultati numerici finali per m H, σ mh (m H =120 GeV) Significanza di scoperta del bosone di Higgs (m H =120 GeV). 141 xi

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15 Ringraziamenti Questo lavoro di tesi è il frutto della collaborazione tra me e le molte persone che mi hanno aiutato a portare a termine questo mio compito. Senza tale aiuto, le pagine che seguono non sarebbero state scritte, ne sono convinto. Tante sono le persone che dovrei menzionare e mi scuso con chi dimenticherò. Vorrei dunque ringraziare il Prof. Luciano Mandelli, mio relatore, che mi ha sempre consigliato e mi ha dato l opportunità d intraprendere questo lavoro la Dott.sa Donatella Cavalli, per gli altrettanto utili consigli, particolarmente in relazione alla stesura dello scritto, ma soprattutto per la simpatia ed il sorriso che mi ha sempre donato il Dott. Paolo Nason, per le utili indicazioni bibliografiche, per le correzioni suggeritemi e per avermi sovente sopportato quando l ho importunato con questioni burocratiche il Dott. Marcello Mazzanti, per la simpatia ed il buon umore che mi ha sempre ispirato il Dott. Marcello Fanti, per l aiuto non dovuto che mi ha sempre fornito e per avermi fatto conoscere i piaceri della cucina indiana il Dott. Leonardo Carminati e il Dott. Guido Negri, per avermi offerto un modello di come una tesi debba essere scritta, per l aiuto fornito e per l amicizia che mi hanno dimostrato. Non posso dimenticare Danilo (o dovrei dire, adesso, il Dott. Danilo Banfi), che mi onora della sua amicizia ed ha allietato molte giornate davanti ad un terminale, con programmi che, per mia imperizia, si ostinavano a non xiii

16 xiv Ringraziamenti funzionare (grazie delle risate, Danilo!). Tutto quello che ho imparato lo devo al Dott. Francesco Tartarelli. Senza di lui, non avrei potuto fare niente e questa tesi non sarebbe mai stata terminata. Lo voglio qui ringraziare per l aiuto costante e disinteressato, la sopportazione dimostrata nei confronti delle mie stupide domande e della lentezza con cui ho pensato e lavorato. Grazie a lui ho esaudito un desiderio che inseguivo da tempo e che stupidamente avevo rischiato più volte di non realizzare. Per questo, la mia gratitudine finché respiro. Il mio pensiero va ai miei genitori, Germana e Giorgio, che mi hanno sostenuto in momenti oggettivamente difficili della mia vita, che la mia stupidità, a volte, ha reso ancor più complicati e pesanti. Il loro sostegno è andato al di là di quanto si può pretendere dai propri genitori senza provare un senso di vergogna. Non ci sono parole per ringraziarli. Infine Sibylle, a cui la fisica non interessa minimamente, ma che è una donna dal cuore grande e mi rende l anima leggera. A lei tutto il mio amore.

17 Introduzione A partire dalla fine degli anni 60, il modello di Glashow-Weinberg-Salam ha assunto un ruolo dominante nella descrizione dei fenomeni che avvengono alle scale più piccole oggi accessibili alle apparecchiature sperimentali (in primis, i moderni acceleratori e collisori di particelle). In unione con la cromodinamica quantistica (QCD, Quantum CromoDynamics), è stato sviluppato un modello che descrive tre delle quattro interazioni oggi note: l interazione elettromagnetica, dovuta allo scambio di fotoni tra particelle cariche; l interazione debole, responsabile di vari fenomeni nucleari e subnucleari; l interazione forte (forse sarebbe meglio parlare d interazione di colore), che interessa i quark e i gluoni, ed è responsabile della struttura e delle proprietà di quella larga classe di particelle interagenti in modo forte dette adroni. La quarta interazione presente in natura, quella gravitazionale, che si esercita tra tutti i corpi che possiedono massa, viene normalmente trascurata in fisica delle particelle alle energie oggi raggiungibili mediante gli attuali acceleratori. Solo in teorie che si spingono ad energie dell ordine della massa di Planck M Planck = c G 1019 GeV/c 2 dove G è la costante di gravitazione universale di Newton, essa assume un ruolo importante; è questo il campo d indagine della gravitazione quantistica. Proprio lo studio di tutte queste interazioni ha portato a formulare un modello con caratteristiche unificanti, soprattutto in relazione alle prime due, 1 noto oggi come Modello Standard (MS). 1 si parla, in questo caso, di interazione elettrodebole. 1

18 2 Introduzione Tale modello possiede vari punti deboli. Tra questi, il problema dell origine delle masse delle particelle elementari. Il modello incorpora in sè una soluzione, nota come meccanismo di Higgs, dal nome del fisico scozzese Peter W. Higgs che lo propose nel Conseguenza di tale meccanismo è la predizione di una nuova particella scalare neutra, il bosone di Higgs, la cui massa è un parametro libero della teoria e che è a tutt oggi attivamente ricercata. In questa tesi ci si occuperà dello studio delle caratteristiche di tale particella nell ambito del MS (nella sua formulazione detta minimale 3 ) e delle possibilità di scoperta che si avranno quando entrerà in funzione LHC (Large Hadron Collider), a metà del Nel primo capitolo saranno descritte le caratteristiche principali del MS, evidenziando sia i suoi successi, sia i vari difetti o manchevolezze, soprattutto in relazione al problema dell origine della massa. Inoltre, saranno illustrate le attuali conoscenze sul bosone di Higgs. In particolar modo ci si soffermerà sui risultati forniti da LEP (Large Electron Positron collider) e dal Tevatron. Essi, come vedremo, forniscono un limite inferiore alla massa del bosone di Higgs. Nel secondo capitolo si parlerà di LHC, di uno dei quattro esperimenti in allestimento, ATLAS (A Toroidal LHC ApparatuS), e delle possibilità d osservare il bosone di Higgs e determinarne massa e varie altre caratteristiche, come canali di decadimento e vite medie. Si discuterà nei particolari la struttura e le caratteristiche del calorimetro elettromagnetico di ATLAS. Grazie alle informazioni ottenute da questo strumento, infatti, risulta possibile individuare i due fotoni provenienti dal decadimento H γγ e misurarne con precisione l energia e la direzione della loro traiettoria. Queste grandezze, una volta note, permettono di risalire al valore della massa del bosone di Higgs, identificandola con la massa invariante del sistema dei due fotoni. Nel terzo capitolo, valuteremo più in dettaglio la possibilità di identificare in ATLAS il segnale del decadimento del bosone di Higgs in due fotoni gamma. Valuteremo, tramite simulazione Monte Carlo, la possibilità di scoperta per tale canale, di per sè difficile da studiare, ma che promette di essere molto interessante a causa della sua segnatura caratteristica per valori della massa del bosone di Higgs tra i 90 e i 130 GeV/c 2. 2 anche se fu applicato concretamente alla teoria delle interazioni elettrodeboli da Steven Weinberg e, indipendentemente, Abdus Salam nel ovvero, il modello in cui compare un unica particella scalare neutra. In teorie più sofisticate, si possono avere più bosoni di Higgs differenti, aventi diverse proprietà fisiche.

19 Capitolo 1 Il bosone di Higgs A partire dai primi anni 60, lo studio delle interazioni deboli ha portato alla formulazione di un modello descrittivo delle particelle elementari e delle loro interazioni rivelatosi in notevole accordo con i risultati sperimentali che da allora si sono via via accumulati: il modello di Glashow-Weinberg-Salam delle inetrazioni elettrodeboli. Inoltre, la scoperta dei quark e lo studio dell interazione di colore tra di essi, ha condotto i fisici alla ricerca di una teoria in grado di fornire uno schema unificante per queste tre interazioni, portando alla creazione di ciò che oggi è chiamato Modello Standard (MS). Esso è un esempio di teoria quantistica di campo, che descrive il comportamento di tutti i fermioni elementari oggi noti, leptoni e quark, in termini di interazioni tra gli stessi dovute allo scambio di bosoni vettori intermedi. 1.1 Introduzione al Modello Standard. Il MS descrive le particelle elementari note e le loro interazioni mediante l utilizzo del formalismo delle teorie quantistiche di campo. Le particelle e le loro interazioni sono descritte da una densità di lagrangiana funzione dei campi associati alle particelle e alle interazioni stesse. I fermioni liberi sono descritti da una lagrangiana di Dirac L f = ψ(iγ µ µ m)ψ (1.1) dove ψ è lo spinore associato al fermione, m la sua massa e γ µ (µ = 0, 1, 2, 3) sono le matrici gamma di Dirac. Nel MS, i fermioni compaiono in una forma particolare. Un generico fermione, infatti, possiede una componente destrorsa (right) ψ R e una sinistrorsa (left) ψ L, definite dalle relazioni ψ R = 1 + γ5 ψ 2 ψ L = 1 γ5 ψ (1.2) 2 3

20 4 Il bosone di Higgs dove γ 5 iγ 0 γ 1 γ 2 γ 3. Il MS, infatti, tratta in maniera differente tali componenti (si dice che è leftright asimmetrico). Per i leptoni, la componenete sinistra compare infatti come doppietto di isospin debole ( ) νl l dove l indica il generico leptone carico negativamente (elettrone, muone, tau) e ν l il neutrino corrispondente. La componente destrorsa del leptone è invece un singoletto, l R e ν lr. Inoltre, per tener conto dei risultati sperimentali ottenuti alla fine degli anni 50 in relazione agli studi sul decadimento β, nel MS si postula che il neutrino non abbia componente destrorsa, ν lr = 0. Ciò equivale ad assumere che il neutrino abbia elicità negativa e massa nulla. I quark sono introdotti nella teoria in maniera analoga ai leptoni. Si hanno anche qui tre generazioni, e le componenti sinistrorse sono ) ( Ui L D i dove i è l indice di colore, U il generico quark di tipo up (up u, charm c, top t), D una combinazione lineare dei corrispettivi quark di tipo down (down d, strange s, bottom b). I coefficienti di tale combinazione si ricavano dalla matrice di Kobayashi-Maskawa. Le componenti destrorse saranno U ir, D ir. Il MS è gauge invariante, ed il gruppo di trasformazioni si identifica con il prodotto SU L (2) U Y (1). Il primo fattore si riferisce al settore left (da cui l indice L), il secondo all invarianza della teoria rispetto alle trasformazioni che coinvolgono l ipercarica Y, che compare nella relazione L Q = Y 2 + T w3 (1.3) dove Q è la carica elettrica 1 della particella in esame, T w3 la terza componente dell isospin debole. Invertendo, si ottiene l ipercarica Y = 2(Q T w3 ) (1.4) È questo il settore della teoria che ha collegamenti, sotto questa forma non ancora espliciti, con l elettrodinamica quantistica. I campi che mediano le interazioni formano un tripletto W µ = (Wµ 1, W µ 2, W µ 3 ) per la parte relativa a SU L (2), mentre si ha un sigoletto B µ per il settore invariante sotto U Y (1). 1 in unità di carica elettronica e

21 1.1 Introduzione al Modello Standard. 5 dove La densità di lagrangiana che descrive tali campi liberi si scrive L WB = 1 4 W µν W µν 1 4 B µνb µν (1.5) W µν = µ W ν ν W µ + gw µ W ν (1.6) B µν = µ B ν ν B µ (1.7) mentre g è una costante che esprime l intensità dell accoppiamento del campo W µ con se stesso e con i fermioni elementari nel settore SU L (2) invariante. Un analoga grandezza g compare per l accoppiamento con il campo B µ, relativamente al gruppo U Y (1) (equazione (1.9), più sotto). Come si può notare, nell equazione (1.5) non compaiono termini di massa del tipo 1 2 m2 W µ W µ o 1 2 m2 B µ B µ. Tali termini, infatti, renderebbero la teoria non gauge invariante. L inserimento esplicito di termini di massa del tipo ψmψ non può avvenire in modo coerente, perchè si violerebbe l invarianza di gauge della teoria. Infatti, le particelle left formano un doppietto, e quelle right un singoletto di SU(2), e una loro combinazione non puo dare un singoletto finale, come il termine di massa scritto risulta essere. In effetti, un calcolo esplicito mostra che si otterrebbero termini del tipo ψ R Mψ L e ψ L Mψ R. Masse di Majorana finirebbero per violare o SU(2) o U(1). Qualora si tenga conto delle interazioni, la densità di lagrangiana per il MS, limitandoci ad un unica generazione di fermioni e trascurando le eventuali interazioni di colore tra i quark, assume la forma completa L = 1 4 W µν W µν 1 4 B µνb µν + ψ L (iγ µ D µ )ψ L + ψ R (iγ µ D µ )ψ R (1.8) dove al normale operatore di derivazione µ si sostituisce la derivata covariante D µ, definita come segue: D µ µ + ig τ 2 W µ + ig y 2 B µ (1.9) Le grandezze τ che compaiono nell ultima equazione sono le ben note matrici di Pauli. La lagrangiana scritta ha un problema: tutte le particelle che vi compaiono hanno massa nulla. Una teoria di questo tipo è dunque chiaramente in contrasto con tutte le osservazioni e quindi dev essere modificata in modo tale che si trovi un metodo per dar conto delle masse osservate. La soluzione al problema venne proposta da Steven Weinberg e, indipendentemente, Abdus Salam, che applicarono alla teoria fin qui esposta, sviluppata nelle sue linee essenziali da Sheldon Glashow fin dal 1961, il meccanismo della rottura spontanea di simmetria considerato da Peter Higgs nei suoi lavori.

22 6 Il bosone di Higgs 1.2 Il meccanismo di Higgs. Per chiarezza nell esposizione distingueremo due ambiti di applicazione del meccanismo di Higgs a teorie di gauge abeliane (o commutative); teorie di gauge non abeliane (o non commutative); Caso abeliano. Consideriamo un campo scalare complesso φ descritto dalla densità di lagrangiana L = µ φ µ φ V (φ, φ) (1.10) dove il potenziale V assume la forma V (φ, φ) = µ 2 φ φ + λ(φ φ) 2 = µ 2 φ 2 +λ φ 4 (1.11) La forma del potenziale cambia a seconda che µ 2 assuma segno positivo o negativo 2. Nel primo caso il potenziale possiede il valore minimo in corrispondenza di φ 0 = 0, nel secondo, il minimo corrisponde ad un valore del campo che soddisfa la relazione: φ 0 = µ2 2λ (1.12) È importante notare come la condizione di minimo riguardi il modulo del valore del campo. Nel piano complesso ciò è rappresentato dai punti che si trovano sulla circonferenza di raggio φ 0, da cui segue che, interpretando tale valore come stato di vuoto del campo 3, si è in presenza di uno stato di vuoto degenere. Supponiamo ora che il campo scalare φ sia accoppiato ad un campo vettoriale descritto dalla lagrangiana L = 1 4 F µνf µν (1.13) con F µν = µ A ν ν A µ (1.14) 2 per avere un potenziale inferiormente limitato occorre scegliere λ > 0. 3 ovvero lo stato corrispondente al minimo valore dell energia.

23 1.2 Il meccanismo di Higgs. 7 Questo modello semplificato è invariante rispetto a trasformazioni del tipo A µ (x) A µ (x) µ Ω(x) (1.15) φ(x) e iqω(x) φ(x) (1.16) dove Ω(x) è una funzione reale. La densità di lagrangiana del modello è L = 1 4 F µνf µν + D µ φ D µ φ V (φ, φ) (1.17) dove ora compare la derivata covariante D µ = µ iqa µ (1.18) Questo è un esempio di teoria abeliana, perchè le trasformazioni (1.16) appartengono al gruppo U(1). Sfruttando l arbitrarietà nella scelta del gauge, ci si può sempre ricondurre al caso in cui lo stato di vuoto corrisponde ad un valore reale del campo. Detto v questo valore, si può pensare di considerare stati della forma ( ) φ = e i χ v + H v (1.19) 2 dove il campo reale H rappresenta lo scostamento rispetto allo stato di vuoto v. Esso descrive particelle neutre di spin 0. Sostituendo quest espressione nell ultima equazione, otteniamo, per la lagrangiana del settore di Higgs [1] L = 1 4 F µνf µν eva µ µ χ + e2 v 2 2 A µa µ + 1 ) ( µ H µ H + 2µ 2 H µχ µ χ +(H, interazioni con χ). (1.20) Il campo H, oltre ad avere una massa pari a 2µ 2, interagisce con i campi di gauge e con se stesso attraverso il termine d interazione. Il campo χ, ed il secondo termine dell ultima equazione, possono essere eliminati operando la trasformazione A µ A µ 1 ev µχ. (1.21) Il campo χ è associato ad una particella scalare neutra detta bosone di Goldstone. La trasformazione (1.21) elimina i bosoni di Goldstone dalla teoria: si dice che esso viene mangiato attraverso la trasformazione (1.21), lasciando il campo vettoriale A µ con massa m A = ev. L interesse per il campo H, però,

24 8 Il bosone di Higgs va ben al di là di queste semplici considerazioni. Riesprimendo il tutto in funzione di H, si è infatti ottenuto che il campo senza massa A µ acquisti una massa pari a m = ev, proporzionale al valore d aspettazione sullo stato di vuoto del campo φ. Questo è un punto centrale del modello: una volta scelto un ben preciso valore dello stato di vuoto del campo scalare complesso φ, segue che, considerando una piccola perturbazione H in un intorno del vuoto, il campo A µ acquista massa e, come unico ulteriore campo, si ha lo scalare reale H, senza spin, privo di carica elettrica e autointeragente. Se prima della scelta del valore v lo stato di vuoto era simmetrico rispetto ad una rotazione nel piano complesso, ora la situazione è cambiata e la simmetria è nascosta. Si dice che essa è stata rotta dalla scelta arbitraria del campo. Questo fenomeno è ciò che è chiamato rottura spontanea di simmetria. È importante notare che, presupposto di tale meccanismo di generazione della massa, sia la degenerazione dello stato di vuoto. Per un potenziale avente il parametro µ 2 positivo, il valore dello stato è sempre non degenere (φ 0 = 0) e la simmetria non viene mai rotta spontaneamente Caso non abeliano. Il modello considerato nella sezione precedente è una versione semplificata di quanto avviene nella teoria elettrodebole. In questo caso è insufficiente considerare un campo scalare complesso φ, data la presenza non solo del campo vettoriale B µ, ma anche del tripletto di isospin debole di campi vettoriali W µ. La generalizzazione più immediata consiste nel considerare un doppietto di isospin debole complesso Φ = ( φ+ (Y = 1), dove la componente superiore ha carica positiva +1, mentre quella inferiore risulta neutra. Il potenziale assume una forma analoga a quello del caso scalare V (Φ, Φ) = µ 2 Φ Φ + λ(φ Φ) 2. (1.22) Anche qui, una trasfomazione di gauge opportuna relativa al gruppo di trasformazioni SU L (2) U Y (1) permette di ricondursi al caso in cui il campo sia della forma Φ = 1 ( ) 0 (1.23) 2 v + H φ 0 )

25 1.2 Il meccanismo di Higgs. 9 dove v è ancora il valore d aspettazione sullo stato di vuoto. Riesprimendo il tutto in funzione del campo H, che risulta ancora una volta associato ad una particella scalare neutra, si ottiene di nuovo che, riesprimendo i campi di gauge mediante le combinazioni lineari che individuano i campi fisici W ± µ = W 1µ ± iw 2µ 2 (1.24) Z 0 µ = W 3µ cosθ W + B µ sin θ W (1.25) A µ = W 3µ sin θ W + B µ cosθ W (1.26) dove si è introdotto l angolo di Weinberg θ W definito dalla relazione cosθ W = g g2 + g 2 (1.27) essi assumono le masse m W ± = gv (1.28) 2 m Z 0 = v g2 + g 2 2 (1.29) mentre il campo vettoriale A µ rimane associato a particelle prive di massa. A questo punto l identificazione con il fotone è immediata. Le particelle W ± e Z 0 si identificano con i bosoni vettori intermedi che descrivono i fenomeni riguardanti le correnti cariche e neutre. Le loro masse non sono indipendenti; dalle (1.28) e (1.29) segue la nota relazione m W ± = m Z 0 cosθ W (1.30) Riassumendo, le masse dei bosoni vettori intermedi dipendono dal valore d aspettazione sul vuoto del campo φ e dalle costanti d accoppiamento g e g che caratterizzano l intensità delle interazioni relative al gruppo SU L (2) e U Y (1) rispettivamente e che compaiono nella (1.9). Il valore di v è legato alla costante di Fermi G F dall altra importante relazione G F 2 = g2 8m 2 W (1.31) che si può ricavare, ad esempio, dallo studio del decadimento del muone µ e ν e ν µ. Da questa s ottiene che, nota la costante di Fermi, si può ricavare il valore dello stato di vuoto del campo di Higgs, che risulta essere v = ( 2G F ) 1/2 = 246 GeV.

26 10 Il bosone di Higgs Il meccanismo di Higgs non si limita solo a fornire un valore per la massa dei bosoni vettori intermedi. Consideriamo la parte della densità di lagrangiana del MS che descrive l interazione del campo Φ con i fermioni. Accoppiamenti gauge invarianti dei fermioni col campo di Higgs sono possibili, e hanno precisamente la forma di un interazione del tipo di Yukawa L int = f(lφr + RΦ L) (1.32) dove con L ed R abbiamo indicato la componente sinistrorsa (doppietto) e destrorsa (singoletto) del generico fermione. L interazione con il campo di Higgs è dunque tanto maggiore quanto più grande è il valore della costante f. Si noti come il valore di f non sia specificato, ma, al pari di g e g, sia un parametro libero della teoria. L interazione scritta dà luogo alle masse dei fermioni che compaiono nel MS se il campo di Higgs ha un valore d aspettazione non nullo sullo stato di vuoto. Di nuovo, esprimendo il settore di Higgs in funzione del campo H otterremo dei termini del tipo m f ψψ, dove la costante m f è funzione della costante indeterminata f e del valore d aspettazione v del campo di Higgs. La lagrangiana del settore di Higgs si scrive infatti [6] L Higgs + L int = 1 2 ( µh µ + 2µ 2 H 2 ) + g2 4 (v2 + 2vH + H 2 )W + µ W µ + (g2 + g 2 ) (v 2 + 2vH + H 2 )Z µ Z µ λ 8 4 (4vH3 + H 4 ) f 2 (v + H)(ψ L ψ R + ψ L ψ R ) (1.33) Vale dunque la relazione m f = fv 2 (1.34) Il meccanismo di Higgs fornisce quindi un metodo per dare massa anche ai fermioni; inoltre, l accoppiamento dei fermioni con il bosone di Higgs è direttamente proporzionale alla loro massa. Segue che tale interazione è maggiore per i quark pesanti, come il top ed il bottom. Questo fatto ha, come vedremo, notevoli effetti sul valore della sezione d urto di produzione e sulle ampiezze di decadimento nei vari canali del bosone di Higgs. In termini di diagrammi di Feynman, saranno presenti vertici a tre e a quattro linee che descriveranno i processi elementari che coinvolgono il bosone di Higgs:

27 1.3 La massa del bosone di Higgs. 11 vertici a tre linee, che descrivono i processi d interazione 1. W + W H 2. Z 0 Z 0 H 3. HHH 4. ffh (f è il generico fermione, sia leptone, sia un quark) vertici a quattro linee, che portano ai processi elementari 1. W + W HH 2. Z 0 Z 0 HH 3. HHHH 1.3 La massa del bosone di Higgs. Il modello esaminato fornisce un metodo per la generazione delle masse di tutte le particelle elementari. Nonostante questo, vi sono notevoli mancanze che lo rendono oggetto di critica da parte di non pochi fisici. Ecco i punti più in discussione. Il MS non predice il valore delle masse dei fermioni, ovvero delle costanti f per ognuno di essi, ma indica solo un modo in cui esse possono essere prodotte attraverso il meccanismo di rottura di simmetria. Il numero di generazioni non è affatto spiegato. Cosa differenzia ad esempio, un elettrone da un muone, al di là del valore della massa? Tale domanda non ha risposta nell ambito del MS. Il numero dei parametri della teoria è elevato. Anche se tra essi si possono determinare relazioni ben precise, il loro valore dev essere ottenuto per via sperimentale. Il valore d aspettazione sul vuoto v del campo di Higgs non ha spiegazione; la massa stessa del bosone di Higgs m H = 4λv 2 (1.35) non è predetta dal modello, a causa della mancanza di informazioni riguardo la costante λ, che esprime l intensità dell autointerazione del campo di Higgs.

28 12 Il bosone di Higgs Proprio quest ultimo punto ci interessa più da vicino. La ricerca sperimentale del bosone di Higgs è legata alla determinazione della sua massa. Nel corso degli anni sono state costruite macchine acceleratrici sempre più potenti in grado di esplorare e studiare le proprietà della materia ad energie sempre più elevate e finora la ricerca del bosone di Higgs ha fornito risultati negativi, benchè LEP, nell ultima fase della sua attività, abbia raccolto segnali indiretti tali da far pensare ad un bosone di Higgs con una massa poco superiore ai 115 GeV. Nonostante queste difficoltà ed incertezze, esistono dei limiti sia inferori sia superiori al valore di tale massa. Nel primo caso, ciò è dovuto a risultati sperimentali diretti, mentre per il limite superiore le considerazioni sono più articolate e di natura teorica. Esse si basano essenzialmente sulle argomentazioni seguenti: Violazione del limite di unitarietà: affinchè l approccio perturbativo utilizzato per i calcoli nell ambito del MS sia coerente, la costante λ non può essere troppo grande. In caso contrario, l interazione del bosone di Higgs diventerebbe forte. Poichè il valore di tale costante varia al crescere dell energia, ciò impone un limite superiore alla massa dell ordine di 1 TeV. Ad esempio, anche la diffusione tra bosoni vettori V V V V dà un indicazione sul valore della massa. Ad energie elevate, per non violare il limite d unitarietà nei calcoli della sezione d urto, s impone un vincolo alla massa dell Higgs. La relazione tra le masse della W ± e della Z 0, e quindi il valore dell angolo di Weinberg, portano ad un valore unitario della grandezza ρ, definita dalla relazione m W ± ρ = (1.36) m Z 0 cos θ W Tale valore è dedotto limitandosi a diagrammi di Feynman ad albero (tree level). Inoltre, esso dipende dallo schema di regolarizzazione adottato. Considerando anche l effetto di correzioni radiative, l angolo di Weinberg diviene una running coupling costant, ovvero viene a dipendere da un parametro M che individua la scala d energia in considerazione: cosθ W (M). Il valore ρ = 1 si ottiene per energie dell ordine della massa dei bosoni di gauge W ±, Z 0. Se, dunque, si considerano anche correzioni radiative, ρ si discosta dal valore unitario. Compare una correzione alla massa della W ± (rappresentata da una quantità indicata con r), determinabile sperimentalmente mediante misure di precisione di varie costanti che compaiono nel modello. In particolare, misure di sezioni d urto per vari processi elettrodeboli e la determinazione delle masse dei bosoni di gauge, hanno permesso di ricavare il

29 1.3 La massa del bosone di Higgs. 13 valore di r con sufficiente precisione e porre dei limiti sulla massa dell Higgs. Il valore di ρ, qualora ci si limiti a correzioni ad un loop, può essere scritto [1] ( ) ρ = 1 11g2 mh 96π 2 tan2 θ W log (1.37) m W La dipendenza logaritmica nell equazione precedente mostra come le correzioni radiative dovute alla massa del bosone di Higgs non siano mai grandi e crescano solo logaritmicamente. A tale risultato della teoria si dà il nome di teorema di screening; questo perchè, in generale, contributi da correzioni radiative dovute all Higgs hanno la forma ( g 2 log m ) H + g 2 m2 H (1.38) m W m 2 W Termini che crescono con il quadrato della massa vengono mascherati dal coefficiente g 4 che li precede; dato che g < 1, è il termine logaritmico a dominare la correzione. Esiste una relazione tra la misura della massa della W ± e quella del bosone di Higgs [6]. Nel MS, limitandosi al prim ordine della teoria delle perturbazioni, la massa della W ± si può scrivere come m 2 W = πα (1.39) 2GF sin 2 θ W dove α = e2 4π 1 (1.40) 137 è la costante di struttura fine 4. Se si considerano correzioni radiative, allora le costanti d accoppiamento possono ricevere contributi anche infiniti e devono essere rinormalizzate. A seconda dello schema di rinormalizzazione scelto si possono porre dei limiti sulla massa dell Higgs in base alla misura sperimentale dell effetto di tali correzioni. Un metodo comune [2, 3] è quello dello schema on shell, dove si pone ( ) 2 sin 2 mw θ W = 1 (1.41) e le masse che vi compaiono sono le masse fisiche. Ciò porta ad una correzione della (1.39), che diviene: m 2 W = πα (1.42) 2GF (1 r) sin 2 θ W m Z 4 utilizziamo le unità naturali della fisica teorica = c = 1

30 14 Il bosone di Higgs dove r è il fattore di correzione radiativa a cui si è accennato in precedenza. Esso è stato calcolato da F. Jegerlehner [4], e risulta dipendere dalla massa del quark top, dall eventuale esistenza di nuovi doppietti di quark o leptoni pesanti, e dalla massa del bosone di Higgs. Quindi, in generale, r = f(log m Higgs, m top,...) (1.43) È istruttivo considerare in questo ambito la figura 1.1, in cui si mostra la regione nel piano m H m t compatibile con l esistenza del bosone di Higgs. La massa del quark top è ricavata da misure effettuate al Tevatron di Chicago. Analoghe considerazioni valgono per la figura 1.2, in cui è utilizzato il valore della massa della W ±. La conoscenza di r fornisce indicazioni indirette sulla massa dell Higgs attraverso la (1.43). 1.4 I decadimenti del bosone di Higgs. Al prim ordine della teoria perturbativa, rimanendo cioè a livello dei diagrammi ad albero, avremo [6] decadimento in coppia fermione-antifermione; l ampiezza di decadimento risulta essere Γ(H ff) = N cg F m 2 f m ( ) 3/2 H 4π 1 4m2 f (1.44) 2 m 2 H dove N c = 1 per i leptoni, N c = 3 in caso di quark (effetto dovuto al colore). decadimento in coppia W + W ; l ampiezza è dove Γ(H W + W ) = G Fm 2 W m H 8π 2 1 xw x W (3x 2 W 4x W + 4) (1.45) ( ) 2 2mW x W =. decadimento in coppia Z 0 Z 0 ; l espressione è perfettamente analoga al caso precedente a patto di sostituire x W, m W con x Z, m Z, con ovvio significato dei simboli, dividendo a denominatore per un ulteriore fattore 2. Ciò è dovuto a questioni di statistica, dato che in questo caso lo stato finale è composto da due particelle identiche. Avremo dunque: Γ(H Z 0 Z 0 ) = G Fm 2 Z m H 16π 2 m H 1 xz x Z (3x 2 Z 4x Z + 4) (1.46)

31 1.4 I decadimenti del bosone di Higgs All except m t 68% CL m t (TEVATRON) m t [GeV] Excluded Preliminary m H [GeV] Figura 1.1: Regioni escluse (in giallo) e regioni d interesse nel piano m H m top. In verde è indicato il vincolo sulla massa del top dovuto alle misure del Tevatron All except m W 68% CL m W (LEP2, pp ) m W [GeV] Excluded Preliminary m H [GeV] Figura 1.2: Regioni escluse (in giallo) e regioni d interesse nel piano m H m W. In verde è indicato il vincolo sulla massa della W dovuto alle misure di LEP2 e alle esperienze di collisione pp.

32 16 Il bosone di Higgs Volendo considerare ordini superiori, particolare importanza rivestono i decadimenti H γγ e H gg. Essi non possono avvenire al prim ordine, non essendoci un termine nel settore di Higgs della lagrangiana del MS che descrive l accoppiamento del bosone di Higgs con il fotone (l Higgs non possiede carica elettrica) e con i gluoni (il bosone di Higgs non possiede numero quantico di colore o, alternativamente, è uno stato di singoletto rispetto alla simmetria SU c (3) della QCD). È necessario quindi un loop di particelle cariche (non solo fermioni, ma anche W + W ) nel primo caso e dotate di colore (quindi i quark) nel secondo. Ciò si riflette sul valore calcolato della vita media per tali decadimenti. Nel caso del decadimento in due gamma, data la presenza dei due vertici a tre del fotone con i fermioni o con i bosoni W ±, comparirà il fattore α 2. Dato che, approssimativamente, α = 1/137, si ha subito una stima del grado di soppressione di questo canale di decadimento. Un espressione più precisa dell ampiezza di decadimento [5] è Γ(H γγ) = α2 G F m 3 H 8π 3 2 I 2 (1.47) dove I è dell ordine dell unità: I = O(1). Ne segue un rapporto di decadimento (branching ratio) dell ordine di Nel caso di decadimento in due gluoni, il diagramma di Feynman considerato nel punto precedente non cambia se non nella sostituzione dei due fotoni in due gluoni. Qui comparirà la costante di struttura fine delle interazioni forti α s = g2 s (1.48) 4π Il suo valore è dell ordine dell unità. Inoltre, la presenza del colore introduce un fattore 3 nell elemento di matrice utilizzato nel calcolo dell ampiezza di decadimento. L analogo dell equazione (1.47) si scrive dunque: Γ(H gg) = α2 s G Fm 3 H 2 I 2 (1.49) 72π 3 Tra i decadimenti più rari figura anche H Z 0 γ, che può avvenire attraverso un loop bosonico (W + W, in cui una W è accoppiata alla Z 0 emessa e poi si annichila con l altra W in un vertice a tre linee con un fotone) o fermionico (analogo al precedente ma con un fermione pesante nel loop). È curioso notare come, in periodi in cui bassi valori della massa dell Higgs (al di sotto della massa della Z 0 ) non erano esclusi, gli stessi diagrammi di Feynman erano considerati per ipotizzare il decadimento Z 0 Hγ, oggi escluso per ragioni cinematiche.

33 1.5 Produzione del bosone di Higgs. 17 Esaurita questa breve panoramica dei possibili modi di decadimento, diretti o attraverso loop, del bosone di Higgs, consideriamo varie possibilità di produzione negli attuali collisori. 1.5 Produzione del bosone di Higgs. In relazione alla scoperta del bosone di Higgs, è di fondamentale importanza conoscere i processi di produzione teoricamente possibili, per poi concentrare l attenzione su quelli effettivamente realizzabili mediante le moderne macchine acceleratrici, primo fra tutte LHC. I metodi di produzione si differenziano sostanzialmente a seconda che i collisori utilizzino fasci di elettroni e positroni (come a LEP), protoniantiprotoni (è il caso del Tevatron) o protoni-protoni (come a LHC). Esaminiamo i più importanti: Higgsstrahlung, ovvero l analogo della Bremsstrahlung ma con un bosone di Higgs che viene emesso da una Z 0. Il processo passa attraverso la produzione di quest ultima in uno stato virtuale, con successiva emissione dell Higgs: e + e Z 0 Z 0 H (1.50) Un secondo metodo di produzione, non solo con i collisori e + e, consiste nella fusione di bosoni vettori intermedi (weak boson fusion), ovvero la fusione di coppie W + W o Z 0 Z 0. Questo processo può portare, in linea teorica, anche alla produzione di due bosoni di Higgs, sfruttando i processi permesse dall esistenza di vertici d interazione a quattro. Naturalmente questa modalità risulta essere notevolmente soppressa. Il processo più importante a bassa energia è rappresentato dalla fusione gluonica (gluon fusion) che è descrivibile mediante il diagramma considerato per il decadimeto H gg letto al contrario; due gluoni producono un bosone di Higgs attraverso un loop fermionico dovuto ad un quark pesante. Decadimento del toponio V Hγ, dove V è lo stato vettoriale formato dalla coppia tt. Naturalmente il processo risulta teoricamente possibile qualora la massa del toponio superi quella dell Higgs. Ciò dipende dal valore dell energia di legame del sistema tt, assai difficile da determinare per via teorica a causa della natura delle interazioni tra

34 18 Il bosone di Higgs quark. L ampiezza di decadimento per il processo V Hγ rispetto a V γ µ + µ è stimata essere [6] Γ(V Hγ) Γ(V γ µ + µ ) = G ( ) Fm 2 V 4πα 1 m2 H 2 m 2 V Come si vede, la (1.51) ha significato solo per m H < m V. (1.51) 1.6 Scenari con più di un bosone di Higgs. Finora abbiamo considerato il caso in cui, nella densità di lagrangiana del MS, è introdotto un unico doppietto complesso per dare un valore non nullo alle masse delle particelle. Esistono però formulazioni alternative in cui sono presenti più di un doppietto complesso. Il loro numero non è arbitrario, perchè il valore di aspettazione da essi assunto influenza non solo il valore delle masse dei bosoni di gauge, ma anche il valore delle costanti d accoppiamento tra essi e i fermioni cambia rispetto al caso del MS minimale. Inoltre, esistono modelli non minimali in cui nel settore di Higgs non compaiono dei doppietti, ma multipletti con un numero maggiore di componenti, portando così, dopo la rottura spontanea di simmetria, non solo a bosoni di Higgs scalari neutri, ma anche a scalari carichi. In tal modo la complessità del settore di Higgs aumenta considerevolmente, sia riguardo i possibili modi di decadimento sia per la varietà dei modi di produzione. In particolare si possono considerare le reazioni seguenti: 1. produzione e e + γ(z 0 ) H + H. (1.52) 2. reazioni del tipo produzione associata e e + Z 0 W ± H (1.53) (l analogo processo con stato finale elettricamente neutro e e + Z 0 H 0 è la già vista Higgsstrahlung). 3. Nel caso di collisioni adroniche, come in LHC, si possono considerare ulteriori processi coinvolgenti quark e gluoni, con corrispondenti diagrammi ad albero o con loop dovuti a fermioni per assicuare una produzione anche qualora non esista un vertice d interazione diretta tra bosoni di Higgs e fermioni o bosoni di gauge.

35 1.6 Scenari con più di un bosone di Higgs. 19 Di tutte queste possibilità più esotiche e raffinate non ci si occuperà nel seguito. Sono state qui citate per ragioni di completezza, benchè l attuale ricerca sperimentale sia concentrata ad una verifica del MS minimale e prospetti una soluzione, qualora questo si rivelasse non completamente esatto o incompleto, nel Modello Standard Supersimmetrico Minimale (MSSM, Minimal Supersymmetric Standard Model). Esso consiste nel formulare una teoria quantistica di campo che tenga conto della supersimmetria (SUSY, SUperSYmmetry), teoria in cui i generatori dell algebra di Poicaré sono affiancati da nuovi generatori, di natura spinoriale, che soddisfano precise regole di anticommutazione. Se si applicano queste considerazioni al MS, si ottiene la sua versione supersimmetrica, il MSSM. Senza scendere in alcun dettaglio, basti sapere che: lo spettro delle particelle nel modello è notevolmente più ricco; ad ogni fermione elementare è associato un bosone corrispondente (uno sfermione), mentre ad ogni bosone un corrispondente fermione (detto generalmente bosino). Tutti questi partner supersimmetrici non sono mai stati osservati. Nonostante ciò, la supersimmetria è il candidato più promettente nell ambito delle teorie che cercano di andare al di là dei limiti del MS. LHC sarà un utilissimo strumento d indagine nella scoperta di nuove particelle supersimmetriche; applicato al MSSM, il meccanismo di Higgs prevede l esistenza di cinque bosoni: 1. due bosoni scalari neutri, h 0, l analogo nel MSSM del bosone di Higgs del MS minimale, e H 0 ; 2. due bosoni scalari carichi H + e H ; 3. un ulteriore bosone pseudoscalare neutro A 0. Oltre che per la carica elettrica posseduta, tali bosoni si distinguono tra loro per le differenti proprietà e numeri quantici. Ad esempio, i due bosoni h 0 e H 0 sono autostati dell operatore CP, ovvero della coniugazione di carica seguita dall inversione di parità, relativi agli autovalori +1, mentre lo pseudoscalare neutro A 0 lo è per l autovalore 1. Uno studio alternativo, ma sulle stesse linee di quanto si discuterà nel seguito riguardo al bosone di Higgs del MS, può essere fatto anche nel caso del MSSM, con la complicazione di un maggior numero di bosoni e di decadimenti possibili, che danno segnature anche caratteristiche e che, nell eventualità d una scoperta, sarebbero la prova più diretta

36 20 Il bosone di Higgs dell effettivo realizzarsi in natura della supersimmetria. In particolare, il decadimento in due fotoni gamma si può verificare anche nel MSSM, sebbene le relative ampiezze di decadimento siano diverse rispetto al MS. Un rivelatore in grado di studiare il decadimento H γγ per il bosone di Higgs nel MS potrebbe anche candidarsi ad essere lo strumento più adatto per una verifica sperimentale della validità della SUSY. Anche di ciò s è tenuto conto nel progetto e sviluppo di ATLAS. 1.7 Il bosone di Higgs prima di LHC. Come già detto, il bosone di Higgs è stato oggetto di un intensa ricerca sia teorica, sia sperimentale. Pur dando risultati negativi, questi studi hanno fornito un limite inferiore sulla massa dell Higgs via via crescente, al pari della crescita delle energie raggiungibili con le nuove macchine acceleratrici. Due tra di esse hanno dominato la scena nel corso degli anni 90: il LEP del CERN, presso Ginevra, e il Tevatron al FNAL, a Chicago I risultati di LEP. Pensato per la prima volta verso la metà degli anni 70, il LEP (Large Electron Positron collider) è stato realizzato nel corso del decennio successivo ed inaugurato nel luglio del Lungo circa 27 km, nella sua beam pipe venivano fatti circolare elettroni e positroni in direzioni opposte e fatti scontrare in quattro punti principali coincidenti con la presenza di quattro rivelatori: ALEPH, DELPHI, L3 e OPAL. LEP è rimasto in funzione fino al 2000, dopodiché è stato disinstallato per far posto a LHC, che sarà dunque montato nel medesimo tunnel sotterraneo che ha ospitato LEP, per motivi economici. LEP ha avuto due fasi di funzionamento distinte, caratterizzate da differenti valori della luminosità del fascio e della sua energia nel centro di massa. LEP1 ha permesso di studiare il settore elettrodebole ad energie in grado di produrre eventi con solo una Z 0, ma non la coppia W + W. Alla fine del suo periodo d attività, LEP1 aveva permesso di escludere l esistenza di un bosone di Higgs di massa inferiore ai 65 GeV. In una seconda fase (LEP2, [7]), l energia del fascio nel centro di massa è stata portata progressivamente ad un valore massimo, raggiunto nel 2000, pari a 209 GeV. La luminosità totale in questo periodo di attività (dovuta a tutti e quattro gli esperimenti installati) ha raggiunto il valore di 2461 pb 1, con energie nel centro di massa tra i 189 GeV e i 209 GeV. La luminosità

37 1.7 Il bosone di Higgs prima di LHC. 21 ALEPH DELPHI L3 OPAL LEP s 189 GeV pb 1 s 206 GeV pb 1 Tabella 1.1: Contributi parziali dei vari esperimenti e valore totale della luminosità integrata ottenuta da LEP2. ALEPH DELPHI L3 OPAL Limite inferiore m H (GeV) 115,5 114,1 112,0 112,7 Tabella 1.2: Risultati finali dei diversi esperimenti di LEP per il limite inferiore della massa del bosone di Higgs. integrata corrispondente agli eventi con energia superiore ai 206 GeV è stata di 536 pb 1. La tabella 1.1 mostra la luminosità integrata ottenuta a LEP2 per i singoli esperimenti, quella totale ed il contributo parziale alle energie più elevate ( s > 206 GeV) dell ultimo periodo d attività. LEP2 ha aumentato la sua energia nel centro di massa superando il valore di soglia per la produzione diretta di coppie W + W che ne aveva limitato l attività, nella sua prima fase, alla sola produzione della Z 0. Infatti, al contrario della Z 0, il bosone W ± può essere prodotto solo in coppia, per il principio di conservazione della carica elettrica. Prima del 2000, LEP2 non aveva fornito alcuna evidenza dell esistenza del bosone di Higgs, ma nel corso di quell anno, ad energie maggiori di 206 GeV, ALEPH [9] ha osservato un eccesso di eventi compatibile con la presenza del bosone di Higgs del MS con massa intorno ai 115 GeV. Nello stesso periodo L3 [10] ed OPAL [11], hanno registrato degli eccessi, ma in misura minore, mentre DELPHI [12] un conteggio minore rispetto al valore del fondo atteso in quell intervallo di massa. Il LEP Higgs Working Group (LHWG, [7, 8]), ha combinato questi risultati preliminari, che sono stati poi utilizzati per una ricalibrazione dei valori delle energie nel sistema del centro di massa in ciascuno dei quattro esperimenti. La tabella 1.2 riassume i limiti inferiori per la massa del bosone di Higgs. LEP, dunque, non solo ha studiato con una precisione senza precedenti la fisica del settore elettrodebole ad energie dell ordine della massa della Z 0, ma, nella sua ultima fase di vita, ha innalzato il limite di massa dell Higgs fino a valori vicini ai 115 GeV. Misure correnti [8] forniscono un valore della massa pari a m H = GeV, e un limite superiore m H < 193 GeV al 95% di livello di confidenza. La

38 22 Il bosone di Higgs 6 4 theory uncertainty α (5) α had = ± ± Without NuTeV χ 2 2 Excluded Preliminary m H [GeV] Figura 1.3: Curva del χ 2 in funzione della massa del bosone di Higgs. figura 1.3 mostra chiaramente questi risultati. In essa è raffigurata la curva del χ 2 in funzione della massa dell Higgs m H ricavata da misure di precisione nel settore elettrodebole effettuate a LEP, SLD a Stanford, CDF e D0 al Tevatron, NuTeV e altri esperimenti, assumendo che il MS sia la descrizione corretta della natura. La curva non costituisce una prova dell effettiva esistenza del bosone di Higgs, ma fornisce un indicazione dell intervallo di massa in cui è interessante condurre le osservazioni. In conclusione, i dati di LEP permettono di fissare un limite inferiore alla massa del bosone di Higgs pari a 114,4 GeV, con un limite di confidenza del 95%. È stato inoltre osservato un eccesso di eventi, concentrati soprattutto nelle misure effettuate a s > 206 GeV, attribuibili ad una massa dell Higgs compresa tra i 115 GeV e i 118 GeV. Tra i contribuiti dei vari esperimenti, sono i risultati di ALEPH che spingono maggiormente a questa interpreta-

39 1.7 Il bosone di Higgs prima di LHC. 23 zione. L interpretazione dei risultati ottenuti con l ipotesi della presenza del solo rumore di fondo predetto dal MS e quella di segnale+fondo corrispondono ad un livello di confidenza rispettivamente dell 8% e del 37%. Quindi LEP2 spinge nella direzione di un bosone di Higgs leggero appena al di là del suo limite di sensitività. Nonostante questi risultati, LEP è stato spento nel 2001, per far posto ad LHC I risultati del Tevatron. Il Tevatron è una macchina acceleratrice che si basa su principi differenti da quelli di LEP. È infatti un collisore protoni-antiprotoni, e quindi può raggiungere energie del centro di massa più elevate rispetto a quelle di LEP. Questo risultato si paga però con una maggiore complessità nell analisi dei segnali ottenuti, soprattutto dovuti al fondo adronico. Come noto, il protone, al contrario dell elettrone, non è una particella elementare, ma è a sua volta costituita da oggetti più piccoli, i partoni, che in concreto vengono identificati con i quark e i gluoni che ne mediano l interazione. Data la loro struttura di oggetti compositi, risulta difficile, essendo un problema a molti corpi, studiare cosa accade durante l urto di un protone con se stesso o con un antiprotone. Inoltre la varietà dei possibili stati finali prodotti in tali urti, generalmente non solo adroni, impone una notevole capacità da parte dei rivelatori di individuare dei segnali interessanti ai fini della scoperta del bosone di Higgs e di discriminazione del fondo. Nonostante queste difficoltà, le energie raggiungibili sono maggiori di quelle degli analoghi collisori e + e. Come per il LEP, anche il Tevatron è stato caratterizzato da due periodi distinti di presa dati: il Run I, in attività tra il 1992 ed il 1995, e Run II iniziato da poco [14]. Il Run I ha avuto grande successo: durante il suo periodo di funzionamento, infatti, è stato scoperto il quark top, l ultimo sapore non ancora rivelato sperimentalmente ma atteso da tempo per ragioni di simmetria tra quark e leptoni. Due sono gli esperimenti principali installati al Tevatron: CDF e D0. Durante la fase di Run I, questi due rivelatori hanno potuto gettar luce sulla fisica del bosone di Higgs e sulle teorie che predicono nuovi fenomeni al di fuori dell ambito del MS. D0 ha escluso la presenza di questi ultimi con un limite di confidenza dell 89%, mentre CDF ha posto in evidenza alcuni potenziali segnali positivi che saranno uno dei campi principali d indagine per Run II.

40 24 Il bosone di Higgs Run I non ha trovato alcun segnale diretto della presenza del bosone di Higgs, fornendo solamente, come LEP, vincoli sul valore della sua massa. Per quanto riguarda la fisica del bosone di Higgs nel MS, la figura 1.4 riassume alcuni dei risultati ottenuti. In essa è mostrato, in funzione della massa dell Higgs, il limite superiore del prodotto σβ tra la sezione d urto σ ed il rapporto di decadimento β per vari canali di produzione e successivi differenti decadimenti possibili, tale da escludere la presenza dell Higgs con un limite di confidenza del 95%. La parte in giallo è la regione esclusa da misure dirette di LEP1 (il limite inferiore della massa appare in figura ancora intorno ai 90 GeV/c 2 ; i risultati di Run I, infatti, sono precedenti a quelli ottenuti da LEP2). I canali esaminati corrispondono a reazioni del tipo pp V H dove V indica indifferentemente uno dei bosoni vettori della teoria elettrodebole. È mostrato il contributo dovuto a vari canali e alla loro combinazione. I dati si riferiscono al solo esperimento CDF. Anche su Run II si hanno molte aspettative: dallo studio più preciso della fisica del top (la sua scoperta s è basata su poche decine di eventi), a misure di precisione del settore elettrodebole (già effettuate, a suo tempo, da LEP e da Run I), alla ricerca del bosone di Higgs, alla verifica della validità della SUSY e di altre teorie nei più svariati ambiti della fisica delle alte energie. Attualmente Run II sta battendo tutti i record, in termini di luminosità ed energia nel centro di massa, stabiliti a suo tempo da Run I. Ad esempio, il valore dell energia raggiunta è s = 1, 96 TeV (a Run I era di 1,80 TeV) e ulteriori progressi sono previsti a breve. Bisogna poi sottolineare che fino all entrata in funzione di LHC, il Tevatron sarà l unica macchina a poter produrre il quark top. I dati presi finora da Run II sono ancora insufficienti per migliorare quelli ottenuti e pubblicati da Run I e LEP, ma le misure in corso mostrano come la macchina risponda bene alle aspettative. Run II sta lentamente sviluppando e ottimizzando tutta una serie di procedure sperimentali per studiare al meglio la fisica dell Higgs: ottima risoluzione dei jet, elevato b-tagging e alta efficienza dei trigger, oltre a una buona comprensione dei processi che contribuiscono al fondo. Il programma di Run II si svilupperà nel corso di vari anni, con risultati attesi già a partire dall estate del 2003, in vari ambiti della fisica delle particelle in funzione di una luminosità intergrata crescente nel tempo. Attualmente la luminosità integrata corrisponde a qualche centinaio di pb 1. Ogni incremento in tale direzione fornirà importanti informazioni e sarà la base per studi a luminosità più elevate:

41 1.7 Il bosone di Higgs prima di LHC. 25 Figura 1.4: Risultati sperimentali di Run I al Tevatron per il bosone di Higgs. In funzione della sua massa, è mostrato l andamento del limite superiore del prodotto della sezione d urto σ per il rapporto di decadimento β in vari canali di produzione e decadimento al fine di un esclusione al 95% CL.

42 26 Il bosone di Higgs per una luminosità integrata L 2 fb 1 sarà possibile escludere con certezza l esistenza del bosone di Higgs con massa inferiore ai 115 GeV; ad uno stadio successivo, con L 5 fb 1, si potranno attribuire segnali alla presenza dell Higgs di massa 115 GeV con una significanza di 3σ; per L 10 fb 1 si potrà escludere l esistenza dell Higgs sull intero intervallo 115 GeV< m H <180 GeV, oppure porre un limite di 3σ alla significanza per masse negli intervalli 115 GeV< m H <125 GeV o 155 GeV< m H <170 GeV; un ulteriore incremento della luminosità integrata è previsto fino al valore di L 15 fb 1, dove si potranno raggiungere valori di 3σ per masse negli intervalli 115 GeV< m H <135 GeV, 150 GeV< m H <175 GeV, oppure un limite di scoperta a 5σ per un bosone di Higgs di 155 GeV. La figura 1.5 riassume graficamente le aspettative di Run II nell ambito della fisica dell Higgs [13]. In essa sono mostrati, in funzione del valore della massa attesa del bosone di Higgs nel MS, i limiti inferiori della luminosità integrata necessaria per escluderne l esistenza con un livello di confidenza del 95% (in scarlatto); annunciarne l osservazione a livello di 3 deviazioni standard (3σ level, in verde); decretarne la scoperta a livello delle 5 deviazioni standard (5σ level, in azzurro). Al di sotto dei 140 GeV/c 2, i dati sono ottenuti considerando l effetto combinato di produzione del bosone di Higgs nei canali WH e ZH, con l Higgs che decade in coppia bb, mentre il bosone vettore associato decade in leptoni. Al di sopra di tale valore della massa, invece, le curve sono il risultato della combinazione di vari canali, con l Higgs che decade in coppia W + W, dove una delle W ± può essere in uno stato virtuale. Il valore di soglia vero è il lato inferiore delle tre bande colorate e lo spessore delle bande è dell ordine del 30% di tale valore. Esso è dovuto alle varie incertezze di natura sperimentale presenti, come l efficienza del b tagging, la presenza del fondo, la risoluzione in massa ottenibile al Tevatron per il bosone di Higgs e altri effetti.

43 1.7 Il bosone di Higgs prima di LHC. 27 Figura 1.5: Limiti inferiori della luminosità integrata, in funzione della massa del bosone di Higgs del MS, per una sua esclusione (in scarlatto), sua osservazione al livello di 3σ (in verde) e scoperta a livello di 5σ (in azzurro). Combinazione dei risultati di CDF e D0.

44 28 Il bosone di Higgs 1.8 Conclusioni. Da quanto detto, si può con una ragionevole certezza affermare che se il bosone di Higgs esiste, allora la sua massa non può essere più piccola di circa 115 GeV. Questo fatto lascia ampi spazi di ricerca, ma le indicazioni finora fornite dagli esperimenti fanno sperare a molti fisici che si sia sul punto di scoprire l Higgs con masse molto prossime ai 115 GeV.

45 Capitolo 2 LHC ed il rivelatore ATLAS Il collisionatore adronico LHC costituirà, nei prossimi anni, lo strumento di punta per la ricerca in fisica delle alte energie. Esso farà collidere pacchetti di protoni ad una energia nel centro di massa di 14 TeV (7 TeV + 7 TeV), con luminosità dell ordine di cm 2 s 1. Ciò permetterà di verificare le predizioni del MS ad energie di quasi un ordine di grandezza superiori a quelle attualmente esplorate, verificare l esistenza del bosone di Higgs e gettare luce sulla validità delle molte teorie proposte per una sua estensione. LHC accelererà anche ioni pesanti per studiare il comportamento della materia nucleare a densità d energie materia molto elevate. Non da ultimo, ha grande interesse la possibilità di una verifica sperimentale di varie teorie che cercano di descrivere le proprietà della materia ad energie maggiori di quelle che caratterizzano il MS, come la supersimmetria, l esistenza di bosoni vettori intermedi pesanti W e Z, il modello technicolour, la struttura composita di quark e leptoni, ecc. L obiettivo principale resta in ogni caso lo studio più approfondito del meccanismo di rottura spontanea della simmetria elettrodebole e della scoperta del bosone di Higgs nel MS minimale o nella sua estensione supersimmetrica. 2.1 LHC. Il collisionatore LHC [18] sarà costruito nello stesso tunnel sotterraneo che ha ospitato LEP. L entrata in funzione è prevista per la metà del LHC avrà una circonferenza di circa 27 km. In essi saranno fatti circolare in direzioni opposte pacchetti di protoni che si intersecheranno in otto punti prestabiliti. I due sincrotroni sono alloggiati nello stesso traferro del sistema di magne- 29

46 30 LHC ed il rivelatore ATLAS ti superconduttori necessari per curvare la traiettoria dei protoni nei tratti non rettilinei. Il funzionamento di LHC sfrutta la presenza di altre macchine acceleratrici che si trovano al CERN. I protoni, infatti, non possono essere accelerati direttamente da LHC dalle basse energie a cui sono prodotti fino all energia massima raggiungibile; per poter circolare, i pacchetti devono possedere un energia minima sotto la quale, il pacchetto si disperde e il fascio si degrada. LHC sfrutterà quindi la presenza dell SPS (Super Proton Synchrotron) e di tutta una precedente catena di acceleratori, lineari e non, che partendo da protoni di bassa energia, li accelereranno attraverso stadi successivi, fino al punto in cui i pacchetti formati potranno essere iniettati in LHC all energia minima richiesta. Questi pacchetti saranno fatti interagire in opportuni punti di LHC, coincidenti con i rivelatori presenti. La scelta di costruire un acceleratore a protoni-protoni piuttosto che una nuova macchina elettroni-positroni è dovuta a varie considerazioni. Come noto, le particelle cariche emettono radiazione elettromagnetica quando sono sottoposte ad accelerazione. In una macchina circolare come gli attuali collisionatori, questo fatto provoca l emissione di una radiazione a spettro continuo, detta radiazione di sincrotrone. L emissione di radiazione da parte di una particella carica ne diminuisce l energia, per cui, se in un acceleratore ad anello tale energia non fosse continuamente fornita, le particelle perderebbero energia spiraleggiando verso il centro dell anello, scontrandosi alla fine con le pareti della beam pipe. Si dimostra che la perdita d energia da parte della particella nell unità di tempo (e, quindi, fatte le debite proporzioni, anche quella del fascio), risulta essere de dt γ4 (2.1) R Nella (2.1), R è il raggio dell orbita della particella, determinata dalle dimensioni del collisionatore, γ è la grandezza relativistica definita dalla relazione [15] γ = 1 1 β 2 (2.2) dove β è il rapporto tra la velocità delle particelle circolanti e la velocità della luce nel vuoto c. Alternativamente, γ risulta essere il rapporto tra l energia ed il valore della massa della particella 1 γ = E m (2.3) 1 siamo ora nel sistema di unità di misura in cui = c = 1; altrimenti γ = E/mc 2

47 2.1 LHC. 31 Very-forward Calorimeter Superconducting Solenoid Silicon Tracker Pixel Detector Preshower Hadronic Calorimeter Electromagnetic Calorimeter Compact Muon Solenoid Muon Detectors Figura 2.1: Spaccato tridimensionale di CMS, uno dei due rivelatori principali installati a LHC. A parità d energia, quindi, particelle di massa maggiore possiedono valori di γ più piccoli, limitando la perdita di energia per radiazione di sincrotrone, che cresce con la quarta potenza di γ. Anche la scelta di far scontrare protoni con protoni e non protoni e antiprotoni è dettata da esigenze di natura tecnica; alle alte luminosità con cui LHC opererà il numero di antiprotoni da produrre, raggruppare in pacchetti e successivamente accelerare sarebbe risultato proibitivo. Nel corso del periodo d attività di LHC, che si prolungherà almeno fino al 2020, saranno in funzione quattro apparati sperimentali: ATLAS (A Toroidal LHC ApparatuS), rivelatore disegnato per lo studio di processi ad alto momento trasferito e l identificazione di fotoni, leptoni e jet adronici; CMS (Compact Muon Spectrometer, figura 2.1), dalle potenzialità e finalità simili a quelli di ATLAS; LHCb (the Large Hadron Collider beauty experiment, figura 2.2), che si occuperà dello studio della fisica del quark bottom, soprattutto in relazione allo studio della violazione della simmetria CP e dei decadimenti rari del b di mesoni e barioni;

48 32 LHC ed il rivelatore ATLAS Figura 2.2: Vista laterale di LHCb. ALICE (A Large Ion Collider Experiment, figura 2.3), esperimento che studierà l urto tra ioni pesanti (come, ad esempio, Pb-Pb), in modo da poter studiare fenomeni riguardanti la materia nucleare in situazioni di alta temperatura e densità (plasma di quark-gluoni, ecc.). Ad LHC, nel punto d intersezione tra i fasci in corrispondenza ai rivelatori installati, la frequenza di collisione tra pacchetti (beam crossing) sarà di 40 MHz, ovvero una ogni 25 ns. L alta luminosità così raggiungibile e la capacità di raccolta e immagazzinamento dati ottenibili da ATLAS e CMS, impone tutta una serie di filtri (trigger) predisposti per selezionare solo alcuni tipi di eventi. 2.2 L urto protone-protone. Rispetto a collisionatori come LEP, in cui vengono fatti scontrare elettroni e positroni, in un collisore adronico come il Tevatron e LHC si presenta un ulteriore complicazione: la natura di particelle composte degli adroni e le caratteristiche delle forze tra i quark di cui sono costituiti. La fisica degli urti pp e pp è affetta da molte incertezze di natura teorica, e una trattazione completa è a tutt oggi basata su modelli semplificativi, data

49 2.2 L urto protone-protone. 33 Figura 2.3: Vista dell esperimento ALICE. la grande complicatezza dei calcoli che si presentano. Il modello a partoni descrive un protone (o più in generale un barione), come composto da altre particelle elementari libere di muoversi al suo interno e che sono in concreto identificati con quark, antiquark e gluoni. A seconda del valore del momento scambiato, gli urti tra partoni possono dare origine a processi di diffusione soffice (soft scattering). Il momento scambiato è piccolo e le particelle prodotte nell urto in seguito ad adronizzazione hanno basso momento trasverso. Si propagheranno quindi molto vicine all asse del fascio (alto valore di η ). Le sezioni d urto di tali processi sono molto elevate, si avrà un notevole numero di tali eventi e i rivelatori che coprono le regioni ad η elevato saranno soggette a notevoli dosi di radiazione; diffusione dura (hard scattering), in cui il momento scambiato tra i partoni è elevato e le particelle prodotte nell urto hanno un momento traverso p T elevato. Il fatto che i partoni siano liberi di muoversi all interno del protone comporta un incertezza sul valore dell energia da loro posseduta nel sistema del centro di massa del sistema pp (o pp). Ciò che possiamo misurare è l energia per il

50 34 LHC ed il rivelatore ATLAS sistema dei due adroni interagenti. I due valori non coincidono, per semplici ragioni di composizione delle velocità. Lo studio della cinematica degli urti tra partoni porta all introduzione di una nuova variabile, la rapidità, definita dalla relazione y = 1 2 log E + p z E p z (2.4) che gode della proprietà di mutare secondo la legge y = y + c(β) (2.5) se si opera una trasformazione di Lorentz per passare da un sistema ad un altro che si muova rispetto al primo con velocità uguale a β (la traslazione ottenuta dipende dal valore di β). Introdotto il tetramomento in coordinate polari otteniamo p = (E, p x, p y, p z ) = E(1, β sin θ cosφ, β sin θ sin φ, β cosθ) y = 1 2 log 1 β cosθ 1 + β cosθ (2.6) Se le particelle si muovono a velocità prossime a quelle della luce (si assume che i partoni abbiano massa nulla), allora β 1 e la (2.6) si può riscrivere η = log tan θ 2 (2.7) dove la grandezza η è detta pseudorapidità. La struttura a partoni del protone e antiprotone conduce, quindi, alla decrizione di un generico evento nei collisionatori adronici mediante la coordinata η piuttosto che con l usuale θ, in virtù delle (2.5) e (2.7). Un generico evento in un rivelatore come ATLAS è dunque descrivibile, dal punto di vista della cinematica, introducendo le coordinate miste (η, φ, z). L asse z coincide ovviamente con la direzione di propagazione del fascio di LHC, φ determina la posizione attorno a quest asse nel piano trasverso xy, η (attraverso θ) l inclinazione rispetto all asse z. Poiché θ varia nell intervallo [0, π], il dominio di η coincide con l intervallo [+, ]. 2.3 ATLAS. ATLAS (figura 2.4) è un rivelatore multiscopo (multipurpose detector) [19]. Come molti dei moderni rivelatori, ATLAS stesso è in realtà un insieme di rivelatori, ciascuno progettato e ottimizzato per uno compito ben preciso. Consideriamo brevemente alcune delle sue caratteristiche più importanti.

51 2.3 ATLAS. 35 Figura 2.4: Visione d insieme del rivelatore ATLAS (A Toroidal LHC ApparatuS) La fisica del bosone di Higgs con ATLAS. Uno degli scopi primari di tutta l attività di ATLAS sarà lo studio del settore di Higgs nel MS. La scoperta del bosone di Higgs sarebbe il coronamento di un intensa attività di ricerca sperimentale durata vari decenni. ATLAS si candida come esperimento in grado di scoprire il bosone di Higgs e di studiarne le proprietà. La figura 2.5 mostra la significanza del segnale atteso in ATLAS e dovuto al bosone di Higgs nel MS. La significanza è definita dalla relazione S = S B (2.8) dove S è il numero di eventi attribuibili alla produzione dell Higgs e B è il numero di eventi di fondo (background events). Per convenzione, un segnale attribuito ad un processo non ancora rivelato sperimentalmente è considerato scoperta se la significanza supera le 5 deviazioni standard, S > 5σ. Sempre nella stessa figura è mostrato il contributo dei vari canali, per luminosità integrate di 30 fb 1 (in alto) e di 100 fb 1 (in basso). In dipendenza

52 36 LHC ed il rivelatore ATLAS Signal significance 10 2 H γ γ tth (H bb) H ZZ (*) 4 l H WW (*) lνlν H ZZ llνν H WW lνjj Total significance 10 5 σ ATLAS L dt = 30 fb -1 (no K-factors) Signal significance m H (GeV) H γ γ + WH, tth (H γ γ ) tth (H bb) H ZZ (*) 4 l H WW (*) lνlν H ZZ llνν H WW lνjj Total significance 10 1 ATLAS L dt = 100 fb -1 (no K-factors) 5 σ m H (GeV) Figura 2.5: Sensitività di ATLAS per la scoperta del bosone di Higgs del MS. È mostrato il contributo totale e singolo dei vari canali di decadimento, per luminosità integrate di 30 fb 1 (in alto) e di 100 fb 1.[22].

53 2.3 ATLAS. 37 del numero di eventi di segnale e di fondo, la significanza è stata calcolata utilizzando la definizione (2.8) oppure una statistica poissoniana. Nel caso del canale H WW è introdotta un incertezza sistematica del 5%, perché, in questo caso, non si può determinare alcun picco della massa ricostruita dell Higgs e quindi il segnale dell Higgs deve essere estratto da un numero di eventi in eccesso. La figura è in parte superata dagli eventi. Si riferisce infatti a studi effettuati per la stesura di [22], precedente ai risultati di LEP2, che, come visto nelle pagine precedenti, ha escluso l esistenza del bosone di Higgs per masse minori di 114,4 GeV. Ciò non invalida la sua correttezza per masse maggiori, poichè la teoria che sta alla sua base è ancora valida Produzione del bosone di Higgs ad LHC. Nella ricerca sperimentale riguardante il bosone di Higgs, è di fondamentale importanza conoscere i meccanismi con cui tale particella può essere prodotta. Non tutti questi meccanismi rivestono la medesima importanza sperimentale, poichè i vincoli imposti dalle caratteristiche tecniche degli acceleratori (LHC ed il Tevatron) impongono una scelta oculata del metodo di produzione al variare di vari fattori, tra i quali i più importanti sono la sezione d urto di produzione nel canale considerato, funzione dell energia del centro di massa del sistema di particelle che collidono, della luminosità del fascio e del rumore di fondo atteso, in seguito ai decadimenti dei prodotti di collisione. Ad LHC, come in tutti i collisionatori adronici, è atteso un consistente fondo che rende assai difficile l individuazione dei segnali. A seconda dell energie in gioco e del valore della massa del bosone di Higgs, i canali di produzione interessanti sono i seguenti [16]: fusione gluonica (gluon fusion). Ad LHC essa domina per valori bassi della massa dell Higgs [17]. Per masse dell ordine di 1 TeV, il contributo alla sezione d urto è ancora dell ordine del 50%. Accanto al processo di produzione gg H è possibile avere un secondo processo in cui è prodotta anche una coppia di quark t t gg t th fusione di bosoni vettori (vector boson fusion)

54 38 LHC ed il rivelatore ATLAS qq qqv V qqh Questo canale diviene competitivo con il precedente per masse dell ordine di 1 TeV, anche se correzioni radiative nell ambito della QCD innalzano il valore della sezione d urto. Higgsstrahlung. Il processo risulta essere qq V V H di grandissima importanza nei collisori ad elettroni-positroni come LEP. Anche con i collisori adronici esso non è trascurabile, in quanto correzioni in ambito QCD incrementano di circa il 25-40% il valore della sezione d urto di produzione ad LHC Canali di decadimento del bosone di Higgs ad ATLAS. Come nel caso dei meccanismi di produzione, anche i canali di decadimento più interessanti variano col valore della massa dell Higgs. Possiamo distinguere vari casi: per 80 GeV < m H < 130 GeV i canali più promettenti sono e, in misura minore, H γγ H e e + e e +. Il primo canale sarà oggetto di analisi più specifica nel seguito di questa tesi. In realtà in questo intervallo di massa il decadimento favorito risulta quello in coppia bb, ma l elevata intensità del segnale di fondo e la difficoltà nella distinzione dei jet dovuti ai b da altri fenomeni adronici costringe ad affidarsi al decadimento in due fotoni; nella regione 130GeV < m H < 600GeV le speranze di una scoperta sono riposte nel canale e H ZZ 4l

55 2.4 La struttura di ATLAS. 39 H ZZ 4l dalla segnatura caratteristica in quattro leptoni carichi. L individuazione e la ricostruzione di eventi con una o due coppie l + l permette di risalire alla massa dell Higgs dal calcolo della massa invariante del sistema. Per le sue caratteristiche, questo canale è detto dorato (golden plated channel). In questo caso, si potranno avere, ciascuno con il suo rapporto di decadimento (branching ratio), elettroni, muoni o entrambi (e le relative antiparticelle). La figura 2.6 mostra la ricostruzione nel barrel di ATLAS di un tale evento, per una massa del bosone di Higgs pari a 130 GeV, che, come abbiamo visto, è il limite inferiore in cui questo decadimento diviene interessante da studiare. Per masse maggiori dei 600 GeV, i decadimenti più interessanti sono H ZZ llνν H W + W lν l + 2jet Il primo richiederà ad ATLAS la capacità di determinare con precisione il momento trasverso mancante (missing p T ) dovuta alla mancata rivelazione dei neutrini che sfuggono al rivelatore. Il secondo, grande capacità d individuare i due jet tra quelli del fondo, e di ricostruire con precisione la massa invariante del sistema da essi formato. 2.4 La struttura di ATLAS. ATLAS possiede una struttura a simmetria cilindrica, con asse parallelo a quello del fascio. Partendo dal suo interno e spostandosi lungo la coordinata radiale, si possono trovare tutta una serie di componenti, ciascuno con la sua funzione specifica. La struttura di ATLAS può essere così riassunta: rivelatore interno (ID, Inner Detector), il cui scopo principale è la ricostruzione delle tracce delle particelle cariche che si allontanano dal punto d interazione; solenoide centrale (CS, Central Solenoid), che produce il campo magnetico necessario per curvare la traiettoria delle particelle cariche al fine della determinazione della loro carica elettrica e del loro momento trasverso p T ;

56 40 LHC ed il rivelatore ATLAS Figura 2.6: Rappresentazione grafica di decadimento atteso di un bosone di Higgs da 130 GeV di massa nel canale dorato H ZZ e + e µ + µ ricostruito nell inner detector e nel barrel del calorimetro elettromagnetico [22]. calorimetro elettromagnetico (EMC, ElectroMagnetic Calorimeter), il cui compito è la determinazione della posizione e dell energia depositata delle particelle cariche e dai fotoni; calorimetro adronico (HCAL, Hadronic CALorimeter), per la misura dell energia e della posizione degli adroni e dei jet adronici; calorimetro in avanti (FCAL, Forward CALorimeter), il cui fine è la misura dell energia e della posizione di particelle prodotte in regioni a η elevato (3,1 < η < 4,9); magneti toroidali, necessari per deflettere le traiettorie dei muoni che

57 2.5 Il rivelatore interno. 41 attraversano i calorimetri, al fine di misurarne il momento trasverso p T e l energia per mezzo dello spettrometro per muoni; spettrometro per muoni (muon spectrometer), di fondamentale importanza nello studio di decadimenti in cui sono generati muoni. Ciascuno di questi sottorivelatori ha una funzione particolare. La loro associazione permette di selezionare eventi con mesoni, fotoni, jet adronici, leptoni ecc. Alcuni sono ottimizzati per ricerche in ambiti particolari; ad esempio, grande fiducia è riposta nelle capacità del calorimetro elettromagnetico nel ricostruire le traiettorie dei fotoni gamma, caratteristica fondamentale nello studio del decadimento H γγ. Così, lo spettrometro per muoni è necessario, ad esempio, nel caso del decadimento dorato H ZZ llll. Esaminiamo le componenti di ATLAS più in dettaglio. 2.5 Il rivelatore interno. L inner detector [23] (figura 2.7) è posto nella parte più interna di ATLAS, a diretto contatto con la beam pipe. In esso sono presenti tre componenti TRT Barrel patch panels Services Beam pipe Pixels SCT Figura 2.7: Sezione longitudinale dell ID con le sue componenti principali: sistema a pixel, SCT e TRT. principali: rivelatore di vertice a pixel [24]. Esso consiste di tre barrel delle dimensioni di 4 cm, 10 cm e 13 cm, accompagnati da cinque dischi su

58 42 LHC ed il rivelatore ATLAS ciascun lato, di raggio tra gli 11 e i 20 cm; ogni barrel possiede circa 1500 moduli e i dischi circa 700. La struttura a pixel è stata studiata per garantire, data la vicinanza con il vertice d interazione, un alta risoluzione nella ricostruzione delle tracce e dei vertici di produzione e decadimento delle particelle (di particolare importanza, a tal riguardo, l individuazione e lo studio della cinematica dei processi di decadimento che interessano gli adroni con quark b e leptoni τ). Data la vicinanza al centro delle interazioni, le dosi di radiazione a cui il sistema di pixel dovrà sottostare sono elevate, dell ordine dei 300 kgy, e flussi di neutroni pari a cm 2 in un periodo di dieci anni d attività. Le prestazioni saranno garantite da tre misure di precisione delle coordinate spaziali delle tracce prodotte in un evento; tracciatori a semiconduttore (SCT, SemiConductor Tracker). Essi sono costituiti da otto strati di microstrisce (microstrips) di silicio, col compito di misurare con precisione in otto punti le coordinate R, φ e z delle particelle in un evento. Il rivelatore contiene 61 m 2 di superficie attiva e circa 6,2 milioni di canali di lettura del segnale. La risoluzione spaziale raggiungibile è di 16 µm in Rφ e di 580 µm in z; tracciatori a radiazione di transizione (TRT, Transition Radiation Tracker). È costituito da rivelatori a deriva (straw detector), ciascuno del diametro di 4 mm e con un filo interno d oro del diametro di 30 µm. Il barrel contiene 50,000 di queste componenti, l end-cap circa 320,000. I canali di lettura del segnale sono circa 420,000. Ogni canale fornisce la misura del tempo di deriva dando una risoluzione spaziale di 170 µm per straw e due livelli di soglia indipendenti: ciò permette di discriminare tra tracce, che passano solo il livello inferiore, e radiazione di transizione, che passa entrambi i livelli. Il TRT opera basandosi su una miscela di gas non infiammabile composta da Xe (70%), CO 2 (20%) e CF 4 (il rimanente 10%), per un totale di 3 m 3 di gas. Il TRT fornisce potere discriminante tra elettroni e adroni, soprattutto pioni. L inner detector è un componente critico di ATLAS; come già detto, data la vicinanza al punto d interazione, i materiali presenti saranno sottoposti ad elevate dosi di radiazione nel corso della vita del rivelatore. Per questo motivo, la scelta del materiale da utilizzare è stata accuratamente valutata in modo che le prestazioni rimangano buone per il periodo di vita stimato di ATLAS ed LHC. Compito dell inner detector è la determinazione della traiettoria delle particelle cariche che originano dal punto di interazione dei pacchetti di protoni

59 2.6 Il solenoide centrale. 43 nella beam pipe. Questo deve avvenire in modo da provocare il minimo assorbimento possibile dell energia delle particelle stesse, la cui misura è principalmente demandata ai calorimetri posti più all esterno. Inoltre, la presenza di materiale provoca i ben noti fenomeni di conversione in coppia e + e dei fotoni, emissione di radiazione di Bremsstrahlung, ecc, aumentando il rumore di fondo già elevato in un collisore adronico e generando falsi segnali che possono essere interpretati come segnali del decadimento ricercato. Le conversioni, producendo particelle cariche che vengono in seguito deflesse dal campo magnetico del solenoide interno, producono nel calorimetro elettromagnetico sciami d ampiezza maggiore e l energia viene distribuita su un area maggiore lungo la coordinata φ, influenzando così anche la precisione con cui la direzione dello sciame è ricostruita. Si impone quindi un compromesso sulla quantità di materiale che il rivelatore interno deve possedere: non troppo per non attenuare il flusso di particelle che raggiungono i calorimetri, né troppo poco per diminuire la capacità di ricostruzione delle traiettorie. La figura 2.8 mostra, in funzione del valore assoluto della coordinata η, lo spessore, espresso in lunghezze di radiazione X 0, del materiale presente nell inner detector, dove con X 0 si indica la lunghezza di radiazione, ovvero la lunghezza in cui l intensità della radiazione presente si è ridotta a e 1 volte (circa il 37%) del valore iniziale. In tonalità differenti è mostrato il contributo dovuto alle varie componenti presenti nello strumento e il contributo totale. 2.6 Il solenoide centrale. L ID è immerso in un intenso campo magnetico di 2 T prodotto dal solenoide centrale. Il solenoide interno sfrutta la tecnologia dei magneti superconduttori alla temperatura del elio liquido. Le basse temperature presenti ( 2 K) sono necessarie per rendere superconduttore il materiale che costituisce l avvolgimento del solenoide. È questo un ulteriore esempio del carattere interdisciplinare che caratterizza da tempo l attività sperimentale nel campo della fisica delle particelle: la costruzione di grandi apparati sperimentali porta allo sviluppo di tecnologie che derivano da conoscenze in altri campi, come la fisica dello stato solido e la fisica delle basse temperature. Senza materiali superconduttori, infatti, sarebbe impossibile produrre i campi magnetici necessari per lo studio delle particelle cariche prodotte negli urti tra protoni. Date le energie elevate raggiungibili da LHC, particelle ad alto momento trasverso richiedono infatti campi magnetici di grande intensità, affinché la loro traiettoria venga curvata.

60 44 LHC ed il rivelatore ATLAS Total Radiation length [X 0 ] TRT Silicon Pixel Figura 2.8: Spessore del materiale attraversato dalle particelle nell ID, in funzione di η, e contributi dovuti alle singole componenti del rivelatore [21]. η Lo stesso argomento vale anche per LHC, dato che i magneti che curvano la traiettoria dei protoni nei tratti non rettilinei della beam pipe sono anch essi realizzati in materiale superconduttore. 2.7 La calorimetria in ATLAS. Come in molti dei rivelatori moderni, ATLAS si affida ai calorimetri per la misura dell energia delle particelle che lasciano il vertice d interazione [20]. In generale i calorimetri in uso si possono suddividere in varie categorie a seconda dei criteri di classificazione adottati. La scelta del tipo di calorimetro è basata su una serie di motivazioni che riguardano la natura dei processi fisici da esaminare, le energie in gioco, la capacità di fornire informazioni sulla direzioni degli sciami, lo spazio a

61 2.7 La calorimetria in ATLAS. 45 disposizione, l omogeneità del segnale a seconda della posizione in cui gli sciami si sviluppano, la durata del periodo di vita atteso del calorimetro e, non da ultimo, i costi di realizzazione. I calorimetri si distinguono ulteriormente in base al tipo di particelle che essi sono in grado di rivelare. Si hanno pertanto calorimetri elettromagnetici: essi si occupano di individuare e misurare energia e direzione di propagazione principalmente di fotoni ed elettroni/positroni. In genere, quando un leptone carico od un fotone interagisce con il materiale del calorimetro, è prodotto uno sciame di fotoni e coppie e + e, detto sciame elettromagnetico (shower), in seguito a vari processi: 1. effetto fotoelettrico; in esso un fotone è assorbito da un atomo o da una molecola del materiale assorbitore con emissione di un elettrone. Lo spettro d energia degli elettroni è continuo. Tale fenomeno può avvenire solo se la frequenza della radiazione incidente (quindi l energia del fotone) è superiore ad un valore di soglia, dell ordine di pochi elettronvolt, dipendente dalla natura del materiale. L effetto fotoelettrico domina per fotoni di bassa energia e la sezione d urto aumenta con il numero atomico Z del materiale assorbitore; 2. effetto Compton, interpretabile come urto elastico di un fotone con una particella carica, normalmente un elettrone, in seno al materiale. Il fotone, in seguito all urto, cede energia all elettrone, deviando dalla sua traiettoria originaria, con una nuova energia E, minore di quella iniziale; 3. produzione di coppia: nel campo coulombiano di una terza particella carica, generalmente un nucleo atomico, il fotone si annichila generando una coppia elettrone-positrone. È questo il caso dominante per energie elevate del fotone incidente; 4. ionizzazione indotta dalla particella incidente e da particelle cariche secondarie che si originano in questo processo. Si genera così un processo a cascata che si esaurisce quando l energia delle particelle diviene minore dell energia di ionizzazione del mezzo. A questo punto solo processi d eccitazione sono possibili e lo sciame si considera terminato. Inoltre, è possibile un ulteriore distinzione tra 1. calorimetri a campionamento, in cui sono presenti, accanto al materiale assorbitore, del materiale attivo (per ATLAS è stato scelto

62 46 LHC ed il rivelatore ATLAS l argon liquido), in cui si verificano le ionizzazioni che producono le cariche elettriche raccolte in seguito da opportuni elettrodi di raccolta, che si occupano di trasportare all esterno la carica elettrica che costituisce il segnale in uscita che verrà in seguito elaborato al fine di ottenere il valore dell energia dello sciame; 2. calorimetri omogenei, costituiti da un unico blocco di materiale che agisce sia da elemento attivo che passivo. Essi sono caratterizzati da una risoluzione energetica elevata, ma mancano di segmentazione longitudinale. calorimetri adronici: in essi l attenzione è rivolta ai processi che coinvolgono gli adroni. Qui entrano in gioco le interazioni nucleari forti e lo spettro delle possibili reazioni è vario. Accanto a fenomeni di tipo eletromagnetico si verificano inoltre interazioni tra le particelle incidenti ed i nuclei del materiale che costituisce il calorimetro, con susseguente produzione di un largo spettro di particelle in seguito a reazioni tra gli adroni e i nuclei. La figura 2.9 illustra la disposizione e la struttura dei calorimetri in ATLAS. Date le caratteristiche che distinguono sciami elettromagnetici ed adronici, questi ultimi risultano più penetranti. Per questo motivo il calorimetro adronico è posto all esterno di quello elettromagnetico Il calorimetro elettromagnetico. Il calorimetro elettromagnetico è una componente fondamentale di ATLAS [20]. Come tutti i calorimetri, esso si occupa della raccolta e misura dell energia delle particelle che lasciano la zona del vertice. Le richieste sulle sue prestazioni possono essere così riassunte: ampia accettanza: il calorimetro deve essere in grado di ricostruire energia e traiettoria di fotoni ed elettroni di conversione dall ID per η <2,5; è questa la regione che caratterizza la fisica di precisione in ATLAS; velocità di raccolta del segnale; data la frequenza delle collisioni in LHC ed il valore della luminosità, grande importanza ha la velocità di risposta del calorimetro in termini di raccolta della carica elettrica prodotta negli sciami e di elaborazione del segnale per poter distinguere le informazioni di eventi differenti e non peggiorare la situazione dovuta al pile up;

63 2.7 La calorimetria in ATLAS. 47 ATLAS Calorimetry (Geant) Hadronic Tile Calorimeters EM Accordion Calorimeters Hadronic LAr End Cap Calorimeters Forward LAr Calorimeters Figura 2.9: Vista tridimensionale della calorimetria in ATLAS, ottenuta mediante il programma di simulazione GEANT (vd. pag. 65). elevata risoluzione energetica; elevata risoluzione angolare. Le ultime due condizioni sono di fondamentale importanza, ad esempio, nel caso della determinazione della massa del bosone di Higgs nel canale H γγ. In generale, in un calorimetro, la risoluzione in energia è definita dalla relazione E E = a E b E c (2.9) dove a è il termine di rumore, dell ordine dei 400 MeV/E, dovuto al rumore elettronico della catena di generazione ed estrazione del segnale dal calori-

64 48 LHC ed il rivelatore ATLAS metro ed al pile up, b il termine di campionamento, dovuto alle fluttuazioni dell energia depositata dallo sciame nel calorimetro, che deve essere minore del 10%/ E, c un termine costante dovuto alle disuniformità di costruzione e dominante alle alte energie; in ATLAS è stimato essere dell ordine dello 0,7%. Moltiplicando per l energia E, l ultima espressioni si può riscrivere E = a b E ce (2.10) che mostra l importanza dei vari contributi in funzione dell energia. Ad energie elevate, è il termine costante a fornire il contributo maggiore, quindi se vogliamo una risoluzione spinta, tale termine deve essere il più piccolo possibile. Consideriamo ora più in dettaglio la struttura dell EMC. Esso è del tipo a campionamento, ovvero costituito da strati di materiale assorbitore alternati a strati in cui le particelle cariche generate nel calorimetro vengono raccolte ed estratte per essere inviate alla catena elettronica d elaborazione del segnale posta all esterno. Tra di esse il materiale attivo, che in ATLAS è argon liquido. L EMC è suddiviso in due parti principali: il barrel (EMB, ElectroMagnetic Barrel), disposto in maniera coassiale rispetto all asse del fascio di LHC e che copre la regione η < 1,475; risulta ulteriormente suddiviso in due parti, data la presenza di una sottile interruzione intorno al valore di η = 0 (piano trasversale xy), che interessa la regione η <0,05. due end-cap (EMEC, ElectroMagnetic End-Cap), poste a guisa di tappi laterali del barrel. Essi coprono la regione 1,4 < η < 3,2. La loro struttura a forma di disco è ulteriormente suddivisa in due sottostrutture lungo la coordinata r: la ruota esterna (outer wheel), che copre la regione 1,4 < η < 2,5, e la ruota interna (inner wheel), che giunge fino a η = 3,2. Abbiamo detto che nel calorimetro sono intervallate zone attive e zone di materiale assorbitore. Questo è voluto per limitare le dimensioni del calorimetro. Date le energie in gioco nella fisica di LHC, un calorimetro a raccolta avrebbe comportato un ingombro eccessivo. Il prezzo da pagare è il campionamento: non tutta l energia viene raccolta dal calorimetro e rilevata ma solo una sua frazione che può inoltre subire fluttuazioni statistiche da evento a evento a parità di altre condizioni. Di questo si tiene conto con il termine in b nella (2.9).

65 2.7 La calorimetria in ATLAS cm Figura 2.10: Sezione trasversale nella parte attiva del barrel dell EMC. Normalmente la struttura di questi calorimetri è a strati piani di materiale assorbitore ed elettrodi di raccolta disposti alternatamente uno accanto all altro. Per ATLAS è stata concepita e realizzata una struttura geometrica completamente nuova, a fisarmonica (accordion geometry), dove strati di materiale assorbitore di piombo-acciaio sono alternati a elettrodi di raccolta secondo lo schema mostrtato in figura Gli elettrodi, a loro volta, sono composti da tre armature di rame intervallate da un dielettrico (il kapton); la superficie esterna delle armature del condensatore che costituisce l elettrodo è suddivisa in vari settori o sampling. In coordinata radiale distinguiamo: 1. il first sampling, detto anche front, che risulta suddiviso in strisce (strips), che forniscono una scansione fine in η. Proprio a questa suddivisione s affida il compito d individuare con precisione la direzione dello sciame elettromagnetico e di determinarne la struttura tridimensionale, in unione con le informazioni relative alla cordinata φ. Esso si estende per 6X 0. La sua granularità è η φ = 0, , Inoltre è con le informazioni raccolte in questo settore del calorimetro che si può ottenere una separazione tra segnali dovuti al decadimento di pioni neutri π 0 γγ e i fotoni candidati del decadimento del bosone di Higgs; 2. il second sampling o middle, s estende per una lunghezza di circa 18X 0. In esso viene raccolta la maggior parte dell energia dello sciame. La sua granularità è pari a η φ = 0, 025 0, il third sampling o back, che si allunga per circa 12X 0. La sua granularità è minore, non sussistendo più la necessità di determinare la direzione dello sciame ma solo la raccolta dell energia residua, soprattutto per eventi di energia elevata. Possiede una granularità η φ = 0, 050 0, Come si può notare, a partire dal first sampling la granularità in φ ri-

66 50 LHC ed il rivelatore ATLAS mane costante, variando solo quella in η. La figura 2.11 mostra una visione d insieme di una metà di un elettrodo del barrel e lo spessore, in funzione di η, espresso in lunghezze di radiazione X 0. All esterno, la suddivisione in ETA R (cm) Depth(X0) Z (cm) ETA R (cm) Z (cm) Figura 2.11: Suddivisione in sampling di un elettrodo in una metà del barrel (in alto) e spessore, in lunghezze di radiazione, fino al bordo esterno del terzo sampling, incluso il materiale di upstream [21]. sampling è ottenuta per fotoincisione su entrambi i lati della superficie degli elettrodi; all interno si utilizza il processo di stratigrafia. Dopo quest operazione, durante la fase di produzione, si passa alla ripiegatura partendo da una struttura piana fino ad avere la caratteristica geometria ad accordion. Agli elettrodi è anteposto il presampler. Esso non è presente in tutto l intervallo di copertura in η, ma solo per η < 1,8, ovvero tutto il barrel e parte dell end-cap. La sua funzione è quella di apportare una correzione al valore dell energia per eventi a basso η, dove la quantità di materiale attraversato dalle particelle prima di raggiungere il calorimetro è maggiore

67 2.7 La calorimetria in ATLAS. 51 di 2 X 0. Esso è costituito da un sottile strato di argon liquido, dello spessore di 1,1 cm nel barrel e 0,5 cm nell endcap (solo fino a η = 1,8); in una stretta regione tra i due criostati, dove la quantità di materiale davanti ai calorimetri raggiunge spessori dell ordine di 7 X 0, è presente anche uno scintillatore, posto nella regione del crack, che copre il tratto 1,0 < η < 1,6. Nell EMC, gli elettrodi sono disposti alternandoli con assorbitori della stessa forma e fatti di piombo ricoperto da un sottile spessore in acciaio inossidabile (stainless steel) Gli elettrodi e il materiale assorbitore sono separati rigidamente da una struttura a celle a nido d ape. Il tutto è disposto a raggiera attorno alla parete interna del criostato, subito dopo il solenoide interno. La copertura in φ è così totale. Al crescere di r, l angolo di apertura degli elettrodi diminuisce (facendosi, dunque, più acuto) così da mantenere costante la distanza tra gli elettrodi, che altrimenti tenderebbero ad allontanarsi, data la loro disposizione radiale, provocando disuniformità notevoli nella risposta del calorimetro al variare della coordinata φ. Anche lo spessore del piombo dell assorbitore varia in funzione di η. Se ciò non accadesse, al crescere di η lo spessore nel materiale assorbitore attraversato dalle particelle crescerebbe. Per mantenere costanti anche in tali regioni le caratteristiche del calorimetro, lo spessore di piombo è ridotto nel barrel a partire da η = 0,8. Questo è anche il punto in cui si uniscono le due parti che formano una metà di un elettrodo del barrel (elettrodi A e B). Nell intrecapedine che separa due elettrodi consecutivi è posto il materiale attivo, che in ATLAS è argon liquido (si parla di LAr Calorimeter). La scelta è ricaduta su questo elemento per le sue caratteristiche di inerzia chimica; l argon è un gas nobile e come tale la sua affinità chimica con gli altri elementi è estremamente ridotta. In corso di progettazione, la scelta era ricaduta sul krypton, ma ragioni economiche, ha portato al disegno attuale; purezza; l argon liquido può essere prodotto quasi totalmente privo di impurità. bassa affinità elettronica; se gli elettroni prodotti dalla ionizzazione del mezzo attivo si legassero subito agli atomi del materiale presente, la loro raccolta da parte degli elettrodi sarebbe ostacolata e il valore dell energia misurato risulterebbe falsato da un errore sistematico in senso negativo. Inoltre la mobilità degli elettroni in argon è nota con grande precisione, data l esperienza accumulata con questo tipo di calorimetri.

68 52 LHC ed il rivelatore ATLAS La temperatura interna del calorimetro è di circa 89,3 K. La figura 2.12 mostra nel dettaglio quanto esposto, unitamente al sistema d alimentazione degli elettrodi (parti in tensione e sistema di messa a terra). 47 cm readout electrode absorber outer copper layer inner copper layer kapton outer copper layer stainless steel glue lead liquid argon gap (~2 mm) liquid argon gap P HV HV Figura 2.12: Disposizione degli elettrodi nel calorimetro elettromagnetico, e particolare in cui è mostrato lo schema d alimentazione elettrica per l estrazione del segnale. Con P è indicato il preamplificatore. Nelle ruote dell end-cap la disposizione è diversa, come mostra la figura 2.13 e anche l angolo d apertura nella struttura ad accordion varia rispetto al barrel, risultando più aperto. Il segnale estratto degli elettrodi è raccolto da speciali summing board, a cui fanno riferimento gli elettrodi a gruppi di. Più summing board sono unite ad una mother board. Da queste ultime, il segnale elettrico viene inviato all esterno attraverso una regione tra barrel ed end-cap, corrispondente all intervallo 1,475 < η < 1,55 e denominata regione del crack, attraverso particolari aperture dette feedtrough. Poichè il calorimetro si trova a bassa temperatura, il cablaggio passa attraverso una zona di confine tra parte a freddo e parte a temperatura ambiente. La regione del crack è illustrata in figura 2.14.

69 2.7 La calorimetria in ATLAS. 53 Figura 2.13: Struttura dell end-cap del calorimetro elettromagnetico. visibile la disposizione a raggiera degli elettrodi ad accordion. È Originariamente si era pensato di lasciare tutta l elettronica di estrazione del segnale immersa in profondità nella zona a bassa temperatura, ma motivi di costi, affidabilità delle componenti e loro manutenzione o sostituzione nel tempo, hanno indotto ad adottare una tecnologia forse meno innovativa ma che fornisse maggiori garanzie di sicurezza senza sacrificare troppo le prestazioni Il calorimetro adronico. Per lo studio dei jet e degli adroni, ATLAS è dotato di un calorimetro adronico [21]. In termini di richieste di prestazioni, al calorimetro adronico LHC impone le seguenti caratteristiche Elevata risoluzione energetica. In generale nel calorimetro adronico la risoluzione è inferiore rispetto a quella dei calorimetri elettromegnetici, perchè la misura dell energia depositata dagli sciami è soggetta a fluttuazioni maggiori dovute a varie cause, tra cui 1. effetto della componente elettromegnetica dello sciame;

70 54 LHC ed il rivelatore ATLAS Al cryostat warm wall superconducting solenoid coil Pb(1.5mm) 2.10cm/X0 Al cryostat cold wall (isogrid) BARREL Pb(1.1mm) 2.65cm/X0 ID services+cables Presampler feedthrough scintillator Al cryostat walls warm cold ENDCAP 1 m η=0.8 B = 2 T η η=1.375 I N N E R D E T E C T O R =1.475 =1.68 η η=1.8 η=2.5 η=3.2 Pb(1.7mm) OUTER WHEEL INNER Pb(2.2mm) 2 m 4 m Figura 2.14: Schema della disposizione dell inner detector e del calorimetro elettromagnetico, più altre strutture (solenoide centrale, criostato). Si noti la presenza della discontinuità tra barrel ed end-cap del calorimetro (regione del crack) e la disposizione dei feedthrough e delle pareti a caldo (warm vessel, all esterno) e a freddo (cold vessel, all interno) del criostato che alloggia il calorimetro ad argon liquido. 2. presenza di energia invisibile, dove con quest espressione si intende l energia di legame, d eccitazione, di fissione e rinculo dei nuclei, nonché l energia persa per emissione di neutroni, neutrini e muoni. Quest energia non è rivelabile. Tutti questi fattori comportano, in ATLAS, una risoluzione in energia pari a E E = 50% 3% (2.11) E nella regione η < 3. sul singolo adrone (π 0, π ±, p, p ecc.). Granularità. Per minimizzare l effetto del pile-up e operare in sintonia con il calorimetro elettromagnetico, la granularità è η φ = 0, 1 0, 1. Anche il calorimetro adronico è suddiviso in un barrel e in due end-cap laterali. La struttura del barrel è visibile in figura Esso è suddiviso in tre

71 2.7 La calorimetria in ATLAS. 55 Figura 2.15: Struttura del barrel del calorimetro adronico di ATLAS. Alle due estermità è visibile l extended barrel [21]. componenti: il corpo centrale, che copre la regione η < 1; due barrel estesi (extended barrel) che si estendono nell intervallo di pseudorapidità pari a 0, 8 < η < 1, 7. I due end-cap coprono invece la regione 1,5 < η < 3,2 (figura 2.16). In tale regione, date le forti dosi di radiazione previste, la scelta dei materiali è stata ottimizzata per sopportare condizioni così estreme. Tutto il calorimetro adronico si estende per una lunghezza totale di 12,2 m e ha un raggio esterno pari a 4,25 m.

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