Tonia Favale. 17 Cfr. D. W. WINICOTT, I bambini e le loro madri, Milano, Cortina, T. FAVALE, Famiglie, cit. 1999/2000.

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1 Tonia Favale Il bambino affidato proviene da un ambiente familiare che bisogna conoscere e comprendere: attraverso l'affidamento si viene a contatto con persone che hanno avuto spesso poco dalla vita e che, proprio per questo, sono in grado di dare poco ai loro figli. Bisogna imparare a coesistere con i genitori naturali nella realtà del minore in affidamento quando esiste un legame affettivo significativo fra il bambino e la sua famiglia di origine. Se esistono invece legami, anche forti, ma patologici e distruttivi, che fanno male al bambino, devono essere individuati il più precocemente possibile dai servizi e, nel suo interesse, interrotti. In questo senso si conferma l'utilità dell'adozione nell'interesse e nella tutela del minore e non per garantire discendenza a chi non ne ha. L'ambiente, come è noto, è l'insieme delle condizioni chimico - fisiche, biologiche e sociali a cui è soggetto un individuo. "Ambiente", per Winnicott, significa all'inizio "madre" ma quest'ultima può meglio adempiere alle sue funzioni se è amata, o almeno sostenuta dal padre che, in condizioni normali, dalla funzione di sostegno della diade madrebambino, passerà ad assumere gradualmente un ruolo di primo piano a fianco della madre. L'ambiente "madre" e quello "madre-padre" introdurranno il bambino, nel corso dello sviluppo a nuovi ambienti, dalla famiglia nucleare a quella allargata, dalla scuola al gruppo dei pari e via via fino al lavoro e alla costituzione di un nuovo nucleo familiare. Questa ideale moltiplicazione non traumatica di ambienti può essere ostacolata dall'emergenza, dall'imprevisto, dalla crisi delle relazioni domestiche o da problemi di salute' 7. Quando l'affido avviene senza decadimento della patria potestà dei genitori naturali i rapporti con la famiglia naturale devono essere mantenuti, anche se costituiscono di fatto una difficoltà. Ma solitamente si verificano gelosie da parte di questi ultimi, timorosi di perdere il loro bambino, nei confronti degli affidatari: «Essendo nubile credo che il rapporto con le madri è stato privilegiato perché loro non hanno visto in me una famiglia ma una persona che li aiutava, per cui ho avuto un rapporto meraviglioso con la famiglia d'origine» 18. La famiglia naturale deve veramente accettare la coppia affidataria, ed in particolare la madre naturale deve accettare quella affidataria altri- 17 Cfr. D. W. WINICOTT, I bambini e le loro madri, Milano, Cortina, T. FAVALE, Famiglie, cit. 1999/ Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce

2 Essere e sentirsi madri. Maternità e affido nel Salento menti, anche se le reazioni sono controllate e silenziose, il bambino percepisce chiaramente il vero vissuto dei genitori, causa per lui di conflitto emotivo. Il minore, da un lato si trova a suo agio nella famiglia affidataria, dall'altro non vuole ferire i genitori naturali e fare loro un torto. Come sostiene Penati, la madre del bambino tende a vivere l'affido del figlio ad un'altra famiglia come ferita narcisistica, come segno di un suo limite, di un'incapacità di essere madre, come giudizio negativo sulle sue doti educative. Pertanto, la madre naturale, anziché accettare di buon grado l'affido per il bene del figlio, cerca di sostenere un ruolo che non sa svolgere, compromettendo lo sviluppo psicologico del bambino. Piuttosto che il collocamento del minore presso una famiglia, la madre preferisce l'istituto perché visto come struttura anonima, impersonale, specie se retto da religiose. Il sapere che il figlio si va affezionando ad una nuova donna è vissuto come grossa frustrazione dalla madre naturale, mentre il legame del bambino con un'educatrice religiosa solitamente non provoca rivalità. I racconti fatti dal bambino alla madre, quando si incontrano, circa il clima familiare sereno della famiglia affidataria e circa i vantaggi, anche materiali, che questa gli offre, provoca nella madre forti rivalità e conflitti con gli affidatari. Infatti, nei suoi vissuti più profondi la famiglia affidataria "buona" si contrappone a quella naturale "cattiva" 19. Si mette pertanto in discussione l'essere madre di una donna, la quale si sente in competizione con un'altra donna che vede migliore di se stessa, capace di allevare in modo più adeguato il proprio figlio. Solo in un contesto culturale che mette in primo piano la pratica sociale si può muovere concretamente il discorso dell'affidamento eterofamiliare, un istituto con caratteristiche peculiari, non situabile né nell'area del privato né in quella del pubblico, ma indicante un ponte tra il pubblico e il privato proprio attraverso un rapporto fra famiglie. Dal punto di vista sociologico tale istituto viene situato nell'aria del privato sociale e si è affermato e reso più necessario proprio laddove il privato conosce una maggiore fragilità di struttura. 19 S. PENATI, Adozione e affido, Padova, MEB, Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di 'MAGO - Lecce

3 Tonia Navale 3. Le madri "buone" e le madri "cattive": pregi e difetti dell'affido familiare. Il Piano Nazionale di Azioni e di interventi per la tutela e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva stabilisce che "gli interventi di politica sociale che vogliono favorire la condizione dei minori si devono collocare innanzitutto in una prospettiva di sostegno alla famiglia nella sua duplice veste di istituzione e nucleo vitale di socialità per la semplice considerazione che essa costituisce il luogo primario della formazione dell'identità e della crescita del bambino. Favorire la famiglia significa di per sé favorire l'infanzia, prevenire quindi possibili disagi e ottimizzare risorse economiche e sociali che altrimenti inevitabilmente si rischia di disperdere" 20. È rilevante l'intenzionalità e la progettualità del processo educativo, ciò che si riscontra nell'ambito della famiglia e della scuola, a livello formale, ma altrettanto importante, a livello informale, sono tutte quelle relazioni, che quotidianamente il soggetto assume nella vita quotidiana, le quali producono un effetto socializzante. Come sostiene Elena Besozzi "l'educazione costituisce in questo modo la tensione ideale dei processi reali di socializzazione, punto di riferimento dei progetti di vita che si realizzano concretamente nel corso della socializzazione" 21. È proprio in quest'ottica che l'affido familiare si istituisce e si presenta come un'esperienza in cui ognuno deve fare la usa parte in un clima di collaborazione tra attori interessati: istituzioni, famiglia d'origine e famiglia affidataria. Lo scopo dell'affidamento non è quello di mettere in competizione la famiglia "cattiva" (quella d'origine) e la famiglia "buona" (quella affidataria), ma quella di far vivere il bambino in una rete relazionale di aiuto per sé e la sua famiglia. Spesso questa rete non funziona bene e si vengono a creare delle interruzioni nei rapporti. L'aver trovato una famiglia affidataria per un bambino non è sinonimo di "caso risolto". Questo, però, è un problema frequente nell'espletamento di tale disciplina. La famiglia affidataria viene lasciata in balia delle on- 20 Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva per il biennio 2000/2001, D.P.R. 13 giugno 2000, Pubblicato nella Gazz. Uff. 21 agosto 2000, n E. BESOZZI, Elementi di sociologia dell'educazione, Roma, NIS, 1993, p Provincia di Lecce - Medi ateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce

4 Essere e sentirsi madri. Maternità e affido nel Salento de non riuscendo a gestire le relazioni con la famiglia d'origine e ancor peggio con il minore. Non è sufficiente che la famiglia affidataria sia solidale con il minore ma deve essere informata e, soprattutto, formata ad intraprendere una simile strada e ancora di più sostenuta durante il percorso. Dall'altra parte anche la famiglia d'origine non può essere lasciata sola con i suoi problemi, e per di più senza il figlio, poiché questo è un intervento a favore del minore e dei suoi genitori e non un provvedimento contro i genitori stessi, e per questo si deve intervenire aiutando a comprendere e poi a risolvere i problemi che hanno causato l'allontanamento temporaneo del figlio. E proprio quello della temporaneità è un altro punto dolente di tale istituto. La legge 184/83 afferma che nel provvedimento di affidamento familiare debbono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell'esercizio dei poteri riconosciuti all'affidatario. Deve essere indicato il periodo di presumibile durata dell'affidamento ed il servizio locale cui è attribuita la vigilanza durante l'affidamento con l'obbligo di tenere costantemente informati il giudice tutelare od il tribunale per i minorenni. La legge 149/01 nell'art. 4, comma 3 prevede che l'affido deve: "essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d'origine. Tale periodo non può superare la durata di 24 mesi ed è prorogabile, dal Tribunale per i Minorenni, qualora la sospensione dell'affidamento rechi pregiudizio al minore". Questo se da un lato permette alla famiglia d'origine un tempo più lungo per risolvere i propri problemi, dall'altro un allontanamento prolungato nel tempo può causare un rifiuto, da parte del minore, della famiglia affidataria o la convinzione che i propri genitori non lo amano più. L'affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto, valutato l'interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia di origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore. Non sono rari i casi in cui si è rivelato, in un secondo momento, un affido "sine die". Da qui nascono, da parte degli affidatari, le preoccupazioni sul futuro del ragazzo e si pongono diversi quesiti: «Quando questo bambino compirà la maggiore età cosa farà? Quando noi ci sentiremo liberi dai nostri impegni e quando la società crederà che ormai è 206 Provincia di Lecce - Medialeca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce

5 Tonia Fa vale un problema risolto, dove andrà a finire questo ragazzo?». A queste domande gli affidatari spesso non ricevono delle risposte concrete dagli enti competenti, che credono di aver risolto ormai il problema. Certamente così non è, perché è stato solo deputato ad altri: la famiglia affidataria. L'affidamento familiare è uno strumento complesso che può essere messo in atto solo in un etica accogliente attraverso la condivisione delle responsabilità calato in una rete di servizi a favore dell'infanzia e dell'adolescenza più vasta. Il provvedimento di affido promuove in ogni caso un processo delicatissimo sul piano psicologico in quanto mette in moto processi di separazione multipla che è necessario consolidare con grande sensibilità ed attenzione perché non creino una situazione traumatica per tutti i componenti presenti sulla scena, e in tal particolare, per il bambino o l'adolescente che va in affidamento. La famiglia affidataria, sia nei casi di affidamento consensuale che giudiziale, va assistita in un compito così delicato che prevede il massimo investimento emotivo, un'intensa capacità di identificazione, una tolleranza dalla frustrazione, un lasciare andare il minore dopo averlo amato e curato, sapendo, il più delle volte, di non vederlo più. Con l'allontanamento del minore dalla sua famiglia di origine temporaneamente, ma seriamente, disfunzionale siamo in presenza di un intervento che deve essere attuato attraverso una progettazione capace di coordinare le esigenze del minore, della famiglia di origine e di quella affidataria e di preparare le condizioni per il rientro del bambino nel suo nucleo familiare. Nell'ambito del progetto di affido devono essere interessati e coinvolti operatori con competenze professionali capaci di far fronte ai diversi obiettivi individuali nel progetto stesso, ma tali obiettivi non sono di natura meramente assistenziali o peggio di "beneficenza", in quanto sono soprattutto gli aspetti psico-sociali dell'intervento a fare dell'istituto dell'affido una "novità" importante per la cultura solidaristica della società civile. Si tratta quindi di collegare tra di loro i vari servizi esistenti nel territorio, ma soprattutto di coordinare l'impegno di operatori con capacità professionali, tali da essere in grado di dare ascolto ai problemi emotivi ed affettivi del minore e di aiutarlo, nel periodo dell'affidamento, alla presenza di doppie figure genitoriale, gli affidatari e i genitori naturali. Ma anche la famiglia affidataria e quella di origine vanno presi in carico 207 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce

6 Essere e sentirsi madri. Maternità e affido nel Salento per individuare le reciproche possibilità di rapporto, per evita la sottrazione del minore alla famiglie di origine e per mettere quest'ultimo in grado di riprendere la sua funzione e il suo ruolo A. DELL'ANTONIO, "Avere due famiglie", Milano, Unicopli, Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di 'MAGO - Lecce

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