Determinazione dell impulso di particelle cariche mediante misure di Scattering Multiplo Coulombiano

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1 Università degli studi di Bari Facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali Corso di Laurea in Fisica Tesi di Laurea Triennale Determinazione dell impulso di particelle cariche mediante misure di Scattering Multiplo Coulombiano Relatori: Prof.ssa Maria Teresa Muciaccia Dott.ssa Alessandra Pastore Laureanda: Giuliana Galati Sessione estiva Anno Accademico 2010/2011

2 A tutta la mia famiglia, perché il loro affetto è la cosa più preziosa che ho

3 Indice Indice Introduzione i vi 1 Le emulsioni nucleari La chimica delle emulsioni La fisica delle emulsioni Problematiche nella misura Correzione delle deformazioni Il fading Il fog Le emulsioni nucleari nella fisica delle particelle Principali scoperte L esperimento OPERA Il rivelatore di OPERA Le emulsioni nucleari di OPERA Gli spettrometri per muoni Localizzazione di interazioni di neutrino in OPERA L European Scanning System (ESS) Ricostruzione di una traccia Lo Scattering Multiplo Coulombiano Il metodo angolare Il metodo delle cordinate Confronto tra i due metodi Confronto tra le misure di impulso tramite MCS e le misure dei rivelatori elettronici Caratterizzazione del campione i

4 4.2 Implementazione di un algoritmo che elimina i segmenti non appartenenti alla traccia Stima dell impulso mediante MCS (metodo angolare) Confronto MCS - Spettrometri Casi di non convergenza dell algoritmo Conclusioni 42 A L impresa del G-Stack (1954) 46 Bibliografia 55 Ringraziamenti 58 ii

5 Elenco delle figure 1.1 Andamento della Bethe-Bloch per un µ + nel rame Tipica immagine di una emulsione nucleare acquisita mediante il microscopio di misura Sezione di un emulsione in cui è mostrato l effetto shrinkage Effetto della distorsione sulle tracce Catena di decadimento π µ β osservata in emulsione nucleare da Powell, Lattes e Occhialini Disegno schematico della prima evidenza della produzione e del decadimento di una particella X in raggi cosmici Disegno schematico del primo evento con produzione di coppia B B osservato nell esperimento WA Traiettoria del fascio CNGS dal CERN ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso Il detector di OPERA Visione schematica di un brick Fotografia di un brick Il microscopio creato dall European Scanning System Ricostruzione di una traccia Connessione di due micro-tracce attraverso la base plastica Distribuzione del numero di grani per una base-track Schema di 5 celle in un brick, in cui una traccia di volume e le sue base-track sono rappresentate nella proiezione XZ iii

6 3.2 Rappresentazione del numero di possibili misure con e senza metodo dell off-set per n cell da 1 a Spiegazione schematica del metodo delle coordinate Distribuzione del numero di segmenti che costituiscono le tracce del campione in analisi Distribuzione delle slope delle tracce del campione in analisi Distribuzione spaziale dei vertici d interazione delle tracce costituenti il campione in analisi Distribuzione del numero di grani per segmento del campione in analisi Distribuzione degli impulsi delle tracce costituenti il campione in analisi misurati dagli spettrometri Esempio di display dei rivelatori elettronici per l evento Distribuzione delle differenze tra le slope di due segmenti consecutivi Esempio di distribuzione Gaussiana per le slope, con evidenziati i θ che cadono al di fuori delle 3 deviazioni standard Esempio di una traccia processata con l algoritmo creato Due esempi di fit dell algoritmo Distribuzione degli impulsi delle tracce costituenti il campione in analisi valutati tramite MCS Impulso dei muoni misurato tramite MCS (pmcs) in funzione dell impulso ottenuto tramite i rivelatori elettronici (p Spettrometro) entro i 7 GeV/c Impulso dei muoni misurato tramite MCS (pmcs) in funzione dell impulso ottenuto tramite i rivelatori elettronici (p Spettrometro) nel range 7-35 GeV/c Andamento della risoluzione in funzione dell impulso fornito dagli spettrometri Numero di segmenti costituenti la traccia in funzione dell impulso misurato tramite rivelatori elettronici per i casi in cui l algoritmo MCS non ha dato risultato iv

7 4.16 Distribuzione 1/pMCS per muoni con p Spettrometro < 7 GeV/c Distribuzione delle differenze tra il valore d impulso restituito dall algoritmo MCS (pmcs) e quello ottenuto tramite i rivelatori elettronici (p Spettrometro) entro i 7 GeV/c Confronto tra l impulso dei muoni generati tramite metodo Monte Carlo (pmontecarlo) e quello restituito dall algoritmo MCS (pmcs) entro i 7 GeV/c Distribuzione delle differenze tra il valore d impulso restituito dall algoritmo MCS (pmcs) e quello vero ottenuto tramite metodo Monte Carlo (pmontecarlo) entro i 7 GeV/c A.1 I due eventi a V trovati da Rochester e Butler in camera a nebbia nel A.2 Uno dei palloni dell esperimento A.3 Lancio dei palloni (1953) A.4 Antonio Rostagni (a sinistra) e Michelangelo Merlin (a destra) con un collaboratore inglese soprintendono alla realizzazione del pallone sonda del G-Stack nella soffitta dell Istituto di Fisica di Padova v

8 Introduzione La storia della ricerca sperimentale nel campo della Fisica Nucleare e Subnucleare è sempre stata strettamente connessa con il progresso tecnologico dei rivelatori di particelle e degli acceleratori. Al giorno d oggi, esistono molti tipi differenti di rivelatori di particelle. Essi si possono suddividere in due grandi gruppi: i rivelatori visuali, come ad esempio la camera a bolle, la camera a nebbia e le emulsioni nucleari, e i rivelatori elettronici, come i calorimetri, i contatori proporzionali, le camere a deriva, etc. Tuttavia, il principio fondamentale sul quale si basano tutti i rivelatori di particelle è il medesimo: il trasferimento di tutta o parte dell energia della particella alla massa sensibile del rivelatore, nella quale essa è successivamente convertita in una forma diversa, accessibile alla percezione degli strumenti a disposizione dello sperimentatore. Attraversando la materia, infatti, le particelle cariche cedono la loro energia tramite urti di natura elettromagnetica con gli elettroni del mezzo, provocando l eccitazione o la ionizzazione degli atomi che lo compongono; le particelle neutre, invece, per poter essere rivelate, devono prima subire un interazione intermedia che produca nello stato finale almeno una particella carica, che a sua volta induca processi di eccitazione e ionizzazione atomica. La forma in cui appare l energia convertita dipende dal tipo di rivelatore. I livelli di sviluppo più importanti che hanno interessato i rivelatori negli ultimi anni sono essenzialmente tre: l aumento delle dimensioni degli apparati sperimentali, al fine di facilitare la misurazione di alti impulsi e per meglio rivelare le reazioni dei processi rari, cioè con sezioni d urto molto piccole; vi

9 l incremento della velocità di acquisizione dei dati relativi agli eventi prodotti; il notevole aumento della complessità degli apparati sperimentali. La maggior parte dei rivelatori di particelle di tipo visuale sono oggi caduti in disuso, non risultando in grado di soddisfare le richieste sopra elencate, e sono stati sostituiti con nuovi strumenti. Non è questo il caso delle emulsioni nucleari, oggetto di questa tesi. Le emulsioni nucleari sono particolari emulsioni fotografiche arricchite di bromuro di argento; la ionizzazione prodotta dalle particelle cariche che le attraversano induce reazioni chimiche locali che ne evidenziano il passaggio e concorrono alla formazione della sua traccia. Tra le motivazioni che rendono ancora attuale l uso di emulsioni nucleari come strumento di rivelazione vi sono la possibilità di rivelare anche decadimenti di particelle di breve vita media (< sec) e l ottima risoluzione spaziale che permettono di conseguire (< 1µm). L origine di questo strumento di rivelazione risale al 1896, quando Henri Becquerel osservò per la prima volta l annerimento di lastre fotografiche a causa di radiazioni. Dopo un accurata descrizione del principio di funzionamento delle emulsioni nucleari e un esame delle principali problematiche che si possono incontrare in fase di analisi (Capitolo 1), saranno illustrate brevemente le principali scoperte nella fisica delle particelle realizzate grazie all uso di questo strumento di rivelazione (Capitolo 2). In particolare, nell appendice A, verrà approfondita la storia del G-Stack, un esperimento realizzato nel 1954 grazie a numerosi scienziati, tra cui Michelangelo Merlin, fondatore del Dipartimento Interateneo di Fisica di Bari. Tale esperimento fornì informazioni indispensabili alla risoluzione del così detto paradosso τ θ, ma oltre che per i suoi risultati scientifici, esso viene ricordato, nella letteratura scientifica, anche come il momento di passaggio tra la little science e la big science. La seconda parte del Capitolo 2 riguarda l esperimento OPERA (Oscillation Project with Emulsion tracking Apparatus), progettato al fine di osservare direttamente l oscillazione ν µ ν τ in un fascio di neutrini ν µ. In questa tesi non si entrerà nel merito vii

10 dell oscillazione di neutrino, tuttavia, la trattazione che segue farà riferimento alle emulsioni nucleari dell esperimento OPERA e ne utilizzerà i dati. Il terzo Capitolo sarà dedicato alla descrizione dei metodi di misura dell impulso in emulsione nucleare tramite lo Scattering Multiplo Coulombiano. Conoscere l impulso di una particella è fondamentale in quanto tale quantità permette di ricavare numerosissime informazioni sulla natura e il comportamento della particella in questione. Saranno analizzati due metodi: il metodo angolare e il metodo delle coordinate. Questi saranno poi messi a confronto, valutandone pro e contro in relazione alle caratteristiche specifiche delle emulsioni nucleari dell esperimento OPERA. Il quarto e ultimo Capitolo presenta l analisi condotta su un campione di dati dell esperimento OPERA con l obiettivo di valutare il metodo di ricostruzione utilizzato e definirne l effettivo range di efficienza, confrontando i risultati delle misure di impulso in emulsione nucleare, ottenute tramite il metodo angolare, e quelle fornite dai rivelatori elettronici presenti nell apparato sperimentale. viii

11 Capitolo 1 Le emulsioni nucleari Le emulsioni nucleari sono un particolare tipo di emulsioni fotografiche impiegate per lo studio delle particelle elementari. Le tecniche di produzione e di utilizzo delle emulsioni nucleari sono state in gran parte sviluppate nella prima metà del 900, facendo sì che esse fossero tra i primi rivelatori di particelle largamente impiegati nella fisica delle alte energie, data l ottima risoluzione spaziale, dell ordine del micron, che permettono di conseguire. Negli ultimi anni c è stato un grande ritorno delle emulsioni nucleari grazie alla messa a punto di sistemi di scansione completamente automatizzati che permettono la misura e l analisi di grandi superfici in tempi molto brevi, requisito indispensabile per l impiego in esperimenti su larga scala. Attualmente, le emulsioni nucleari vengono utilizzate soprattutto per la rivelazione dei decadimenti di particelle di breve vita media (<10 13 sec), generalmente in esperimenti ibridi in cui sono accoppiate a rivelatori elettronici che individuano la regione di osservazione in emulsione. 1.1 La chimica delle emulsioni Una emulsione nucleare è costituita principalmente da cristalli di bromuro d argento (AgBr) sospesi in gelatina organica, posta su un supporto di plastica. Il passaggio di una particella carica attraverso l emulsione crea una coppia bucaelettrone nel cristallo di AgBr. Gli elettroni eccitati vengono intrappolati nei difetti 1

12 reticolari del cristallo e si creano atomi di Argento, che agiscono come centri di immagine latente. Durante il processo chimico dello sviluppo, la sostanza usata come riducente fornisce ulteriori elettroni al cristallo attraverso i centri di immagine latente e crea così filamenti di argento metallico sfruttando gli atomi d argento già presenti nel cristallo. Questo processo moltiplica il numero di atomi di argento di molti ordini di grandezza ( ) e i grani di atomi d argento raggiungono all incirca i 6 µm di diametro, diventando visibili al microscopio ottico. I grani segnano il percorso compiuto dalla particella e danno informazioni indirette sulla sua velocità. Il tempo di sviluppo deve consentire la riduzione dei cristalli, ma d altra parte deve essere abbastanza breve, in modo da non permettere lo sviluppo dei cristalli che non sono stati esposti alla radiazione incidente. Sebbene la velocità di sviluppo sia più elevata per gli atomi di Ag che formano l immagine latente, è possibile che altri grani indipendenti si sviluppino alla stessa velocità dei primi, dando luogo al cosiddetto fog, che determina il fondo caratteristico del rivelatore. Al processo di sviluppo segue un bagno chimico detto fissaggio, dove si utilizzano agenti come il sodio e il trisolfato di ammonio allo scopo di rimuovere eventuali residui di alogenuro d argento che, se lasciati all interno dell emulsione, provocherebbero un graduale oscuramento dell immagine. 1.2 La fisica delle emulsioni Una particella carica che attraversi l emulsione perde energia per ionizzazione, interagendo principalmente con gli elettroni del mezzo. La perdita di energia media per unità di lunghezza di materiale attraversato è data dalla Bethe-Bloch [22]: [ de (ion) = 2πN a r 2 dx em e c 2 ρ z2 Z 1 ln 2m ( eγ 2 v 2 W max 2β + δ + 2 C )] A β 2 I 2 Z (1.2.1) dove: m e = massa dell elettrone; r e = raggio classico dell elettrone, pari a 2.8 fermi; 2

13 N A = numero di Avogadro; z = carica della particella; β=v/c; γ = (1 β 2 ) 1/2 ; Z = numero atomico del materiale; A = peso atomico del materiale; ρ = densità del materiale; I = potenziale di eccitazione, pari a 16 Z 0.9 ; δ = correzione di densità; C = correzione di shell; W max = energia massima trasferita in un singolo urto. Figura 1.1: Andamento della Bethe-Bloch per un µ + nel rame La particella, quindi, ionizza gli atomi lungo la traiettoria e questi, dopo il trattamento dell emulsione, formano i grani d argento metallico che sono visibili e rappresentano la traccia della particella (fig. 1.2). 3

14 Figura 1.2: Tipica immagine di una emulsione nucleare acquisita mediante il microscopio di misura. E possibile osservare i grani anneriti ionizzati dal passaggio di una particella carica 4

15 1.3 Problematiche nella misura Numerosi fattori concorrono a insidiare la precisione di misura. Tra questi si possono distinguere la deformazione dell emulsione a causa del processo di sviluppo, il fading e il fog Correzione delle deformazioni Nella ricostruzione delle tracce bisogna tener presenti due effetti di deformazione a cui è soggetta l emulsione: la riduzione di spessore e la distorsione, che sono legati alle variazioni di dimensioni trasverse e longitudinali che un emulsione subisce durante le varie fasi del processo di sviluppo. Il fattore di shrinkage Dopo il processo di sviluppo, l emulsione occupa un volume minore di quello occupato precedentemente e questo introduce una distorsione di tipo geometrico, che può facilmente essere corretta essendo noto lo spessore originale dell emulsione (fig. 1.3). Il fattore di shrinkage si definisce come il rapporto fra lo spessore dell emulsione al momento dell esposizione e quello al momento della misura. Figura 1.3: Sezione di un emulsione in cui è mostrato l effetto shrinkage La riduzione del volume dell emulsione comporta un alterazione dell inclinazione ( della traccia. L inclinazione dei piani XZ (YZ) è definita come il rapporto x y ) z z tra la lunghezza del percorso compiuto dalla particella lungo l asse x (y) e lo spessore attraversato. Dopo lo sviluppo, a causa della riduzione di volume, l inclinazione sarà ( pari a x y ) z z. Per correggere l errore è sufficiente misurare il fattore di riduzione 5

16 z z e moltiplicarlo per l inclinazione misurata della traccia. Si noti che questa deformazione è rilevante all aumentare dell inclinazione della traccia, mentre si annulla per tracce che incidono perpendicolarmente al film di emulsione. Distorsioni Durante il processo di sviluppo, l emulsione viene bagnata per facilitare l azione degli agenti chimici e perciò si dilata. Idealmente, l essiccazione dell emulsione, dopo lo sviluppo, dovrebbe portare ad una contrazione uniforme dello spessore lasciando inalterate le coordinate x e y di ogni punto, ma ciò non avviene mai, ovviamente, in maniera completamente uniforme e questo provoca un effetto distorsivo. Figura 1.4: Effetto della distorsione sulle tracce: tracce originariamente rettilinee vengono incurvate a causa delle distorsioni Le distorsioni all interno dell emulsione possono variare da zona a zona, anche se mediamente non cambiano su distanze dell ordine del centinaio di micron. Come si può vedere dalla figura 1.4, questo effetto è praticamente nullo nei punti vicini alla base plastica, tipicamente utilizzati per ricostruire la traccia, mentre aumenta allontanandosi da essa: per tale ragione, le emulsioni più spesse sono quelle maggiormente affette dal problema delle distorsioni, che sarà invece quasi trascurabile per emulsioni sottili. 6

17 1.3.2 Il fading Con il termine fading, che letteralmente significa scolorimento, si indica la cancellazione progressiva dell immagine latente dovuta essenzialmente ad un eccessivo livello di umidità e temperatura. Questa proprietà delle emulsioni viene sfruttata per eliminare grani dovuti al passaggio di particelle cariche non volute. Le emulsioni nucleari, infatti, integrano il passaggio di tutte le particelle cariche dal momento della loro produzione fino al loro sviluppo. La presenza del fondo è un serio problema quando si vogliono cercare le tracce prodotte da particelle al minimo di ionizzazione e per questo motivo è stata messa a punto una procedura, nota come refreshing, allo scopo di ridurlo. Essa consiste nel conservare le emulsioni ad un tasso di umidità ed una temperatura relativamente elevati. Di tale procedura, ideata all interno dell esperimento OPERA, si parlerà più avanti nel secondo capitolo Il fog L eccitazione termica induce una distribuzione casuale di grani detta fog, letteralmente nebbia, che costituisce il fondo di rumore nell analisi delle tracce e si esprime come numero di grani per 1000 mm 3. La densità del fog aumenta all aumentare della temperatura e perciò è incrementato dalla procedura del refreshing. 7

18 Capitolo 2 Le emulsioni nucleari nella fisica delle particelle Il primo effetto osservato di annerimento di una lastra fotografica a causa di radiazioni è dovuto a H. Becquerel nel 1896 [9]: egli notò che lastre fotografiche non esposte alla luce e conservate per qualche tempo vicino a sali di uranio si annerivano. In seguito, Kinoshita, tra il 1910 e il 1912, utilizzò la tecnica delle emulsioni fotografiche arricchite con bromuro di argento per la rivelazione di particelle α. La preparazione di emulsioni dedicate alla rivelazione di tracce risale almeno al 1927, ma la produzione commerciale di emulsioni nucleari sensibili anche a particelle relativistiche al minimo di ionizzazione iniziò solo alla fine degli anni Principali scoperte Le emulsioni nucleari si prestavano bene all osservazione di particelle con vita media molto breve e innumerevoli sono state le particelle scoperte tra la fine degli anni 40 e gli inizi degli anni 50 grazie al loro utilizzo [26, 12]. La scoperta del pione, avvenuta nel 1947 grazie a Powell, Lattes e Occhialini fu la prima grande dimostrazione delle potenzialità uniche di questo mezzo di rivelazione [20, 21]. Tra gli anni 50 e 60 si osservarono, compiendo esperimenti con i raggi cosmici, le prime particelle strane: nel 1949 furono scoperti il K + e il K, nel 1953 Bonetti 8

19 Figura 2.1: Catena di decadimento π µ β osservata in emulsione nucleare da Powell, Lattes e Occhialini scoprì la particella Σ + e nel 1958 Ceolin scoprì la Λ 0. Nel frattempo in Giappone veniva sviluppato un nuovo tipo di detector: le così dette Emulsion Cloud Chamber (ECC), che consistevano in una struttura che interponeva lastre di materiale inerte ad alto Z a sottili strati di emulsione. Questo tipo di detector permetteva l identificazione delle particelle e la misura dei loro parametri cinematici dall osservazione della ionizzazione e dello Scattering Multiplo Coulombiano. Uno dei primi esperimenti che fece largo uso di emulsioni nucleari fu l impresa del G-Stack, iniziata nel 1954 e realizzata, tra gli altri, da Michelangelo Merlin. Essa fornì un contributo sostanziale e definitivo alla sistematica delle nuove particelle e segnò il passaggio dalla little science alla big science, in quanto fu anche uno dei primi esperimenti in cui si stabilì una collaborazione tra Laboratori di più paesi europei (si veda l appendice A). Nel 1971, facendo uso di palloni inviati in atmosfera, fu trovato il primo esempio di produzione e decadimento di particelle charmate, inizialmente chiamate particelle X, nei raggi cosmici (fig. 2.2) [23]. Tre anni dopo fu rivelata la particella J/Ψ, così denominata in quanto fu scoperta indipendentemente da due gruppi di ricerca, uno allo Stanford Linear Accelerator Center, capeggiato da Burton Richter, e uno al Brookhaven National Laboratory, condotto da Samuel Ting al MIT. Nel decennio successivo, con l esperimento E531, fu possibile osservare, in un target di emulsioni nucleari, circa 120 particelle charmate. Nel 1977, dopo la scoperta di un nuovo quark, il beauty, gli esperimenti con le 9

20 Figura 2.2: Disegno schematico della prima evidenza della produzione e del decadimento di una particella X in raggi cosmici emulsioni nucleari mirarono alla diretta osservazione della produzione e del decadimento di adroni con beauty. Questo era lo scopo, ad esempio, dell esperimento WA75, realizzato all SPS del CERN con un fascio di π di impulso di 350 GeV/c. L apparato univa l utilizzo di emulsioni nucleari, sia verticali che orizzontali, a rivelatori elettronici, realizzando il primo esperimento ibrido, che consentì di osservare per la prima volta il decadimento di una particella con beauty. Figura 2.3: Disegno schematico del primo evento con produzione di coppia B B osservato nell esperimento WA75 A partire dal 1965, le emulsioni nucleari sono state utilizzate anche per lo studio dei neutrini. 10

21 Nel 1994, al CERN di Ginevra, fu allestito l esperimento CHORUS allo scopo di individuare una eventuale oscillazione di neutrino ν µ ν τ. Esso utilizzava grandi stack di emulsioni nucleari (72x36cm). L esperimento, conclusosi nel 1997, non riuscì a trovare alcuna evidenza dell oscillazione di neutrini, definendo nuovi limiti di esclusione. In compenso, furono ottenuti importanti risultati per lo studio del charm prodotto da neutrini. Tra gli esperimenti dedicati alla ricerca delle interazioni del neutrino tauonico, grande successo ha avuto l esperimento DONUT (Direct Observation of the NU Tau), condotto al Fermilab nel Nell estate del 2000, infatti, la collaborazione DONUT annunciò la prima interazione del neutrino τ: nonostante l esperimento sia durato solo pochi mesi, è riuscito a confermare l esistenza dell ultimo 1 leptone predetto dal Modello Standard che non era stato ancora osservato [19]. 2.2 L esperimento OPERA Attualmente, l unico grande esperimento che fa uso di emulsioni nucleari è OPERA (Oscillation Project with Emulsion tracking Apparatus), progettato al fine di osservare direttamente l oscillazione ν µ ν τ in un fascio di neutrini ν µ. Tale fascio, noto come CNGS (CERN Neutrinos to Gran Sasso) si ottiene facendo collidere protoni accelerati dall acceleratore SPS del CERN su di un bersaglio di grafite e viaggia sotto terra per 730 km dal CERN fino ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS), coprendo tale distanza in 2.4 millisecondi (fig. 2.4). Un esperimento di questo tipo, in cui il fascio prodotto da un acceleratore è diretto verso un rivelatore distante centinaia di chilometri, viene detto long-baseline Il rivelatore di OPERA OPERA è un esperimento ibrido, in quanto il detector è costituito sia da rivelatori elettronici che da rivelatori visuali (le emulsioni nucleari). I primi sono fondamentali nel selezionare la zona del rivelatore in cui è avvenuta l interazione, nella 1 Ad oggi l unica particella del Modello Standard non ancora osservata è il Bosone di Higgs 11

22 Figura 2.4: Traiettoria del fascio CNGS dal CERN ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso identificazione dei muoni e nella determinazione della loro carica e dell impulso, mentre le emulsioni lo sono nello studio dettagliato delle interazioni, dei decadimenti e nell identificazione delle particelle prodotte. Il cuore del rivelatore sono le Emulsion Cloud Chamber (ECC, dette brick), strutture modulari, delle dimensioni di cm 3, realizzate alternando 56 lastre di piombo, materiale inerte e con alto Z, spesse 1 mm, a sottili strati di gel di emulsioni nucleari [1]. I brick vengono assemblati in modo da formare una struttura piana detta parete (wall), posta trasversalmente rispetto alla direzione del fascio, a cui sono accoppiati due piani di tracciatori costituiti da barre di scintillatore plastico (Target Tracker). Tale struttura è detta modulo. Una sequenza di 31 moduli, seguita da uno spettrometro magnetico, è chiamata supermodulo. Complessivamente, il rivelatore di OPERA consta di due supermoduli (fig. 2.5). Per ridurre falsi trigger dovuti a particelle prodotte da interazioni di neutrini con la roccia è stato progettato un sistema di Veto, che è la prima componente del rivelatore che si incontra seguendo la linea di fascio. 12

23 Figura 2.5: Il detector di OPERA Le emulsioni nucleari di OPERA Un film di emulsione di OPERA presenta due strati di emulsioni, ognuno spesso nominalmente 44 µm, depositati sulle facce di una base plastica trasparente spessa circa 205 µm. In ogni brick ci sono 57 film di emulsione alternati con strati di piombo spessi 1 mm: il piombo funge da bersaglio, mentre le emulsioni costituiscono un rivelatore ad elevata risoluzione spaziale (fig. 2.6). Figura 2.6: Visione schematica di un brick 13

24 A valle di ogni brick viene aggiunto, tramite un supporto plastico, un doppietto di emulsioni a contatto, chiamate Changeable Sheets (CS), il cui scopo è quello di consentire una misura preliminare in grado di confermare o meno il trigger dei rivelatori elettronici, senza che sia necessario aprire il brick, il quale verrà sviluppato solo se l analisi dei CS dà esito positivo. Figura 2.7: Fotografia di un brick Poiché l area totale di emulsioni per l esperimento OPERA è maggiore di m 2, queste sono state prodotte industrialmente dalla compagnia giapponese Fuji e non assemblate manualmente come veniva fatto negli esperimenti precedenti, che richiedevano quantità notevolmente inferiori di emulsioni. Ovviamente, dal momento in cui sono prodotte, le emulsioni nucleari registrano tutte le tracce provenienti dalla radiazione ambientale e dai raggi cosmici, raggiungendo anche le 3000 tracce/cm 2, valore molto più alto della densità massima di 100 tracce/cm 2 consentita per l analisi del brick. Al fine di ridurre questo rumore di fondo si utilizza la procedura del refreshing, che è stata messa a punto proprio nell ambito di questo esperimento [1]. Il refreshing consiste nel tenere le lastre di emulsione in condizioni di umidità e temperatura relativamente alte (27 C e 98% di umidità relativa per oltre 3 giorni). In questo modo la densità dei grani accumulati diminuisce fino a grani/µm. Il processo, ovviamente, non influisce sulla sensibilità 2. Essendo il numero di emulsioni prodotte 2 La sensibilità è definita come il numero di grani per unità di lunghezza. Un valore tipico è 30 grani/100µm 14

25 dell ordine di lastre, il processo viene eseguito all interno della miniera di Tono, in Giappone, dove i raggi cosmici sono quasi completamente schermati. Dopo il trattamento, le emulsioni vengono trasportate in Italia in nave, in modo da minimizzare il numero di tracce di raggi cosmici da esse integrate, obiettivo che viene raggiunto anche grazie a numerosi accorgimenti ideati a tal fine. Ad esempio, i container sono tenuti a temperature dell ordine di 15 C, in modo da ridurre il fog dovuto all agitazione termica e le lastre sono poste verticalmente, a contatto tra loro, in modo che quando i brick vengono assemblati e tra una lastra e l altra viene inserito il piombo, l allineamento delle tracce dovute ai raggi cosmici sia diverso rispetto a quello delle tracce registrate successivamente Gli spettrometri per muoni L apparato di OPERA prevede l impiego di due spettrometri per muoni che permettono di determinare la carica e l impulso delle particelle passanti misurandone la deflessione in campo magnetico. Essi rappresentano la parte più a valle di ciascun supermodulo. Ciascuno spettrometro consta di un magnete dipolare realizzato mediante due pareti di ferro magnetizzate, collegate da due gioghi di ritorno, nella parte superiore e in quella inferiore. Attorno ad ogni giogo vi sono 20 avvolgimenti di rame in cui circola una corrente di 1600 A, che produce un campo magnetico praticamente uniforme pari a 1.53 T [1]. Le linee di campo sono verticali e hanno orientazione opposta nelle due pareti magnetiche. Nei gap d aria tra una lastra e l altra della parete magnetica sono inseriti gli Inner Trackers, piani di RPC (Resistive Plate Chamber) di bakelite utili per ricostruire le tracce di particelle che si sono fermate all interno della parete di ferro e a fornire misure calorimetriche della componente adronica. Ogni spettrometro è dotato inoltre di 6 piani di 48 tubi a drift, detti Precision Trackers. Il loro scopo è quello di misurare con grande precisione la curvatura dei muoni. L efficienza di identificazione di un muone è superiore al 95% (efficienza dei TT inclusa). Per valori di impulso inferiori ai 30 GeV/c, la risoluzione nella misura dell impulso del muone è dell ordine del 20% [3]. 15

26 2.2.4 Localizzazione di interazioni di neutrino in OPERA Quando nel bersaglio di OPERA si verifica una interazione da neutrino, i tracciatori elettronici forniscono delle informazioni che consentono di individuare la zona in cui essa è avvenuta. Il brick che presenta la maggiore probabilità di contenere l interazione viene successivamente estratto dal wall e il doppietto di CS ad esso associato viene sviluppato e misurato presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso. Nel caso in cui la predizione dei rivelatori elettronici non trovi corrispondenza nei CS, il brick estratto dal modulo viene munito di un nuovo doppietto di CS e riposizionato all interno del wall. Se invece l analisi conferma che l interazione è avvenuta nel brick estratto, questo viene esposto ai raggi cosmici per circa 24 ore, in modo da ottenere una densità di raggi cosmici pari a 2-3base-track/mm 2, le quali consentono, una volta che esso è stato aperto, di ricostruire l allineamento tra le lastre. Dopo l esposizione, le emulsioni che compongono il brick vengono sviluppate e spedite ai vari Laboratori di scanning, dove si procederà alla ricostruzione e all analisi dell evento di interazione di neutrino. Il primo passo nell analisi delle interazioni in emulsione consiste nel realizzare la così detta connessione CS-brick, ovvero nel ritrovare le tracce ricostruite nel doppietto di CS nel film del brick più a valle rispetto alla direzione del fascio. Dopo aver effettuato tale connessione, una procedura nota come scanback consente di localizzare il punto in cui è avvenuta l interazione. Grazie alla connessione CS-brick, infatti, vengono individuate, nel film di emulsione più a valle del brick, le tracce uscenti da una interazione; il processo di scanback consiste nell inseguirle all indietro, ossia in direzione opposta al fascio, lastra dopo lastra, fino al punto di scomparsa, che viene interpretato come indicatore della presenza di un vertice di interazione L European Scanning System (ESS) Le emulsioni nucleari sono analizzate grazie a microscopi ottici, i quali consentono di ottenerne una immagine tomografica e quindi di fare una ricostruzione tridimensionale delle tracce lasciate dalle particelle cariche. 16

27 Un esperimento su larga scala come OPERA richiede che la misura delle lastre di emulsione sia il più possibile veloce e automatizzata. In media si hanno interazioni di neutrino al giorno, il che significa 2000 film di emulsione al giorno da scansionare, che corrispondono ad una superficie di 6000 cm 2. La minima velocità di scanning richiesta affinché un microscopio misuri un brick al giorno è di 20 cm 2 /h per ogni strato di emulsione, che corrisponde ad un incremento di un ordine di grandezza rispetto ai sistemi precedenti. Il sistema di scansione utilizzato per OPE- RA è stato realizzato nell ambito di una collaborazione tra Laboratori europei ed è noto come European Scanning System (ESS) [13, 6]. Il sistema consiste di un microscopio (fig. 2.8) posto su un tavolo di supporto rigido, necessario per smorzare le vibrazioni. Il microscopio è equipaggiato con uno stage motorizzato, controllabile da computer, che si può muovere nel piano X-Y e lungo la verticale Z, con un sistema ottico e una telecamera CMOS. Figura 2.8: Il microscopio creato dall European Scanning System 17

28 2.2.6 Ricostruzione di una traccia Il software in uso è in grado di catturare immagini a diverse profondità in emulsione nucleare, riconoscere in ogni immagine i grani, cioè agglomerati di pixel neri, selezionando tra essi quelli che formano una traccia. Il software, infine, ricostruisce sequenze 3D di grani allineati e fornisce una serie di parametri rilevanti per ogni sequenza ricostruita [5]. In media, in ogni campo di vista si trovano clusters, molti dei quali dovuti al fondo di cui si è parlato nel Capitolo 1. Per eliminare tale fondo è necessario applicare dei tagli di qualità. L idea di base dell algoritmo è che una traccia sia costituita da una sequenza di grani che giacciono su livelli diversi lungo una retta (fig.2.9). Figura 2.9: Ricostruzione di una traccia Si usa chiamare micro-traccia una sequenza di grani misurata in un solo strato di emulsione (spessore 44 µm), mentre la traccia formata dalla micro-traccia dello strato superiore (top) e da quella dello strato inferiore (bottom) si chiama base-track (fig. 2.10). Il numero di grani che costituisce una base-track presenta una distribuzione Poissoniana centrata su 23, come mostrato in fig Un primo criterio di selezione riguarda il numero di grani: per essere presa in esame, 18

29 Figura 2.10: Connessione di due micro-tracce attraverso la base plastica una micro-traccia deve essere formata da almeno 7 grani, in modo da escludere eventuali fake-track e avere un certo numero di punti per la ricostruzione del segmento. Un secondo criterio riguarda gli angoli di inclinazione della traccia, misurati rispetto alla direzione verticale, detti slope: comunemente, si accettano micro-tracce tali che tan θ < 1. Questa scelta è dovuta alla risoluzione dello strumento, che peggiora all aumentare dell angolo di inclinazione della traccia. Figura 2.11: Distribuzione del numero di grani per una base-track 19

30 Capitolo 3 Lo Scattering Multiplo Coulombiano Una particella che attraversa un mezzo viene continuamente deflessa a causa della repulsione Coulombiana dovuta alla presenza di altri nuclei. Questo effetto, detto Scattering Multiplo Coulombiano (MCS), può essere sfruttato per misurare l impulso di una particella carica. Nel caso delle emulsioni nucleari dell esperimento OPERA, lo scattering avviene soprattutto nelle lastre di piombo dei brick. I metodi per ricavare l impulso di una particella basati sul MCS sono due: il metodo angolare e il metodo delle coordinate. La scelta di un metodo piuttosto che dell altro dipende dall accuratezza richiesta e dalla risoluzione che si può ottenere nelle misure degli angoli e della traiettoria. 3.1 Il metodo angolare Il metodo angolare si basa sulla misura degli angoli di inclinazione delle base-track, che si ottengono collegando i grani più vicini alla base plastica, i quali risultano meno affetti da errori dovuti a distorsioni (si veda il paragrafo 1.3.1). Le pendenze (slope) di base-track consecutive che formano una così detta traccia di volume, possono essere confrontate l una con l altra per calcolare l angolo medio dovuto allo Scattering Multiplo Coulombiano in un fissato spessore di piombo. Tale quantità è direttamente collegata all impulso delle particelle. 20

31 Si considera come unità di base una lastra di piombo, spessa 1mm, con i film di emulsione da entrambi i lati. Tale unità è detta cella. Come illustrato nel Capitolo 1, ogni brick ha 56 celle e quindi, essendoci due angoli per film di emulsione, si ha un massimo (nel caso di una traccia che attraversi l intero brick) di 112 misure indipendenti. La distribuzione degli angoli di scattering si può considerare approssimativamente Gaussiana e la larghezza (RMS: Root Mean Square) della distribuzione, indicata con θ 0, per una particella di momento p e velocità β è: θ 0 = 13.6MeV/c pβ x X 0 (3.1.1) dove X 0 è la lunghezza di radiazione (per 1 mm di piombo X 0 = 5.6mm). Figura 3.1: Schema di 5 celle in un brick, in cui una traccia di volume e le sue base-track sono rappresentate nella proiezione XZ Sperimentalmente si vede che l RMS misurato, indicato con θ mis, della distribuzione degli angoli di scattering è legato a θ 0 dalla seguente espressione: θ 2 mis = θ δθ 2 (3.1.2) dove δθ è la risoluzione angolare del segmento di traccia, che si stima essere circa 2-3 mrad. L errore relativo sull angolo, ricavato utilizzando la propagazione degli errori è dato da: θ 0 = p θ 0 p = 1 1 (3.1.3) 1 δθ2 θ N mis 2 e comprende un termine che dipende dalla risoluzione angolare della traccia e un termine puramente statistico dovuto alla limitatezza del numero di misure indipendenti (N). 21

32 Non è sempre conveniente misurare l angolo di scattering come differenza tra gli angoli di due base-track separate da una sola lastra di piombo. Quando l impulso è molto alto, infatti, il contributo della risoluzione δθ domina ed è perciò preferibile utilizzare un numero maggiore di celle. Così si ha, però, lo svantaggio di una riduzione del numero di misure di angoli di scattering per traccia e inoltre, per decidere il numero di celle da utilizzare, sarebbe necessario conoscere in anticipo, almeno approssimativamente, il valore dell impulso che si vuole calcolare. Per ovviare al primo di questi incovenienti è stato introdotto il metodo dell off-set [14, 15], che consente di utilizzare anche le misure che, quando n cell 2, sarebbero scartate, slittando sequenzialmente la posizione della lastra di riferimento a cui è presa la prima misura. La sequenza può essere ripetuta (n cell -1) volte. Ad esempio scegliendo n cell =3, con il metodo di base si prendono in considerazione solo gli angoli delle tracce in corrispondenza delle lastre 1, 4, 7, e così via, scartando un terzo delle misure totali e prendendone solo 18. Con il metodo dell off-set ogni nuova sequenza aggiungerà altre 18 misure: la seconda sequenza inizierà dalla cella 2 e comprenderà le lastre 5, 8, 11, etc, come mostrato chiaramente in fig Figura 3.2: Rappresentazione del numero di possibili misure con e senza metodo dell offset per n cell da 1 a 3 L algoritmo tiene conto della correlazione tra le serie di misure ricalcolando il numero effettivo di misure di angoli di scattering tramite una determinata formula. Il metodo dell off-set da solo presuppone ancora la conoscenza in anticipo dell impulso, in modo da scegliere n cell in modo ottimale, ma l impulso è proprio la quantità che vogliamo determinare. La soluzione a questo problema è data dall n cell dependence method, che si basa sulla misura dell angolo di scattering per ogni possibile spessore 22

33 di piombo definito da n cell. L espressione per la dipendenza dell angolo di scattering misurato con diverso numero di celle deriva dalle equazioni (3.1.1) e (3.1.2): 13.6 θ mis = 2 n cell + δθ 5.6 p 2 (3.1.4) 2 L errore su θ mis per ogni valore di n cell è dato da θ mis / N, con N numero di misure. Solitamente si sceglie al massimo n cell =14, in modo da avere almeno 4 misure per la determinazione dell angolo di scattering. Il metodo sopra descritto è stato ottimizzato in modo da tener conto anche dei diversi angoli di incidenza delle tracce [10]. Denotando con θ ik = θ i+k θ i l angolo di scattering della particella dopo che ha attraversato k celle, la distribuzione, centrata sullo zero e di forma approssimativamente Gaussiana, presenta una deviazione standard data dalla formula di Highland-Lynch- Dahl [17]: θ 0 = 13.6 ] x pcβ [ ln xx0 X 0 (3.1.5) dove p è il momento della particella, espresso in MeV/c, βc è la sua velocità, x è la distanza attraversata, dipendente da n cell, e X 0 la lunghezza di radiazione del materiale. Per tracce che incidono con angoli maggiori di mrad (tracce a grande angolo) bisogna tenere in considerazione alcuni effetti nella distribuzione degli angoli di scattering. Innanzitutto lo spessore delle lastre di piombo attraversato varia come 1/cos θ (θ è l angolo misurato rispetto alla normale Z) e in secondo luogo anche la risoluzione angolare δθ dipende da θ, dato che la posizione misurata dei grani è affetta soprattutto da incertezza longitudinale lungo l asse Z. Per rendere l algoritmo che calcola l impulso indipendente da questi due fattori, si costruisce un nuovo sistema di riferimento e si usano le coordinate trasverse e longitudinali (indicate con T e L rispettivamente) e le rispettive proiezioni θ T e θ L lungo gli assi del sistema di riferimento. Le coordinate T e L si ottengono da X e Y utilizzando la seguente rotazione [4]: θ T = θ X cos(φ) + θ Y sin(φ) (3.1.6) 23

34 θ L = θ X sin(φ) + θ Y cos(φ) (3.1.7) ( θ dove φ = arctan Y θ X ). L angolo spaziale tridimensionale si può scrivere come: tan(θ 3D ) = tan 2 (θ X ) + tan 2 (θ Y ) = tan 2 (θ T ) + tan 2 (θ L ) (3.1.8) Le risoluzioni angolari possono essere parametrizzate come segue: δθ T (θ) = δθ T (0) = δθ 3D (0) (3.1.9) δθ L (θ) = δθ L (0) + ɛ z tan(θ) (3.1.10) con ɛ z parametro che dipende linearmente dall incertezza longitudinale. L algoritmo userà quindi la coordinata 3D per piccoli angoli e solo la coordinata T ad angoli maggiori di 200 mrad. Poiché la distribuzione dell impulso è asimmetrica, risulta preferibile calcolare l errore P dalla deviazione standard della distribuzione di 1/p, che invece risulta Gaussiana. Il risultato è analogo: si ha infatti ( 1 P ) 1 = P. P P 3.2 Il metodo delle cordinate Il metodo delle coordinate [16] consiste nel misurare lo spostamento della traccia tra una lastra e l altra. L angolo di scattering misurato in una lastra, indicato come θ M, si ottiene misurando il x su una cella di lunghezza L: θ M = x L (3.2.1) θ M si può esprimere anche in una forma analoga a quella utilizzata nel metodo angolare (3.1.2): θ 2 M = θ2 S + δθ2, ma l espressione per θ S e θ 0 assume una forma differente, infatti in questo caso: θ S = 2 3 θ 0 (3.2.2) Al fine di misurare x, le tre lastre di emulsione devono essere allineate con grande precisione e per consentire un migliore allineamento si sfrutta l esposizione a 24

35 Figura 3.3: Spiegazione schematica del metodo delle coordinate 25

36 raggi cosmici effettuata quando il brick è ancora chiuso. Noto θ 0, il valore dell impulso si ricava dalla L errore sulla misura si può esprimere come: ( ) 2 ( ) 2 δx δθ 2 δl = 6 + θ M (3.2.3) L L dove δl vale circa 10 µm e il secondo termine è trascurabile per impulsi maggiori di 500 MeV/c. 3.3 Confronto tra i due metodi Per le emulsioni nucleari dell esperimento OPERA è preferibile utilizzare il metodo angolare, in quanto la presenza di due sottili strati di emulsione, uno su ogni lato della base plastica, consente misure molto precise di angoli, con un errore di appena 2-3 mrad. Tale risoluzione dipende, oltre che dall angolo di incidenza, anche dal sistema di scansione utilizzato ed è perciò caratteristica di ogni Laboratorio. Il metodo angolare, inoltre, non richiede un preciso allineamento tra una lastra e la successiva, che è indispensabile, invece, per ottenere risultati affidabili con il metodo delle coordinate. Per utilizzare il metodo angolare è sufficiente utilizzare il sistema di riferimento basato sull aquisizione delle marche laterali che sono impresse su ogni lastra. Fare un allineamento fine, invece, necessita di ulteriori processi che allungherebbero i tempi di misura e pertanto non sono solitamente eseguiti se non in casi particolari. Per questa ragione, nell analisi che sarà condotta nel Capitolo 4 si utilizzerà soltanto il metodo angolare. 26

37 Capitolo 4 Confronto tra le misure di impulso tramite MCS e le misure dei rivelatori elettronici L analisi che segue si pone come obiettivo quello di confrontare i valori dell impulso di particelle cariche, calcolati tramite il metodo angolare descritto nel parafrafo 3.1, con quelli forniti dai rivelatori elettronici, di cui si è parlato nel paragrafo E stato scelto un campione di 362 tracce di muoni originati da interazioni di corrente carica di neutrino (ν CC µ ) registrate nei brick di OPERA durante l esposizione al fascio del 2008 e I dati sono stati scaricati dal database centrale OPITA [8, 11], che raccoglie i dati dei vari Laboratori di scanning. Sono stati selezionati solo i dati misurati durante il processo di scanback, descritto nel paragrafo Caratterizzazione del campione Le tracce che costituiscono il campione sono composte da un numero diverso di segmenti (base-track). La relativa distribuzione viene mostrata nel grafico 4.1. In media, esse sono formate da 19 segmenti, ma ci sono anche tracce con appena 2 o 3 segmenti, che si è deciso inizialmente di non eliminare in modo da poter studiare 27

38 Figura 4.1: Distribuzione del numero di segmenti che costituiscono le tracce del campione in analisi il funzionamento dell algoritmo che calcola l impulso tramite MCS anche in funzione del numero di segmenti. Non sono stati effettuati tagli sull inclinazione della traccia, e tale distribuzione risulta Gaussiana, come mostrato nei grafici 4.2. Si noti che le slope sono quantità adimensionali, in quanto definite come la tangente dell angolo rispetto all asse z, tuttavia è sempre possibile fare l approssimazione tan θ θ, essendo gli angoli al massimo dell ordine del centinaio di mrad. Nel campione in analisi non risultano esserci tracce a grande angolo, cioè con slope maggiori di 500 mrad. Dal valore medio della distribuzione delle slope y si può ricavare anche l angolo di incidenza del fascio sul bersaglio, pari a 58 mrad [2]. La distribuzione delle posizioni dei vertici di interazione è isotropa sulla superficie del brick, come si può vedere dal grafico 4.3. Nel campione non sono state incluse base-track con un numero di grani inferiore a 16, in modo da minimizzare la densità di tracce di fondo originate da combinazioni casuali di grani. In figura 4.4 è rappresentata la distribuzione del numero di grani 28

39 Figura 4.2: Distribuzione delle slope delle tracce del campione in analisi 29

40 Figura 4.3: Distribuzione spaziale dei vertici d interazione delle tracce costituenti il campione in analisi per segmento. si nota che essa è con buona approssimazione poissoniana, come atteso. Il numero di dati in essa rappresentati è inferiore rispetto ai grafici precedenti, dato che alcune base-track sono state misurate tramite controllo manuale da parte dell operatore: per tali tracce, pari al 5% del totale, non è definito il numero di grani. Dal punto di vista energetico, i muoni si suddividono in soft muons e hard muons: i primi hanno impulso inferiore ai 6 GeV/c, mentre i secondi hanno impulsi maggiori. La distribuzione degli impulsi forniti dagli spettrometri per le tracce in analisi sono riportate nel grafico 4.5, dove una linea rossa tratteggiata separa gli hard muons, in netta maggioranza, dai soft muons, che sono appena 37. Un confronto significativo del metodo MCS riguarda purtroppo solo questo piccolo campione, anche se verranno presentati, per completezza, tutti i dati disponibili. 30

41 Figura 4.4: Distribuzione del numero di grani per segmento del campione in analisi Figura 4.5: Distribuzione degli impulsi delle tracce costituenti il campione in analisi misurati dagli spettrometri. La linea rossa tratteggiata separa i soft muons (p<6 GeV/c) dagli hard muons 31

42 I valori dell impulso sono stati ricavati consultando il display dei rivelatori elettronici (es. fig. 4.6). L errore su questo valore è stimato essere dell ordine del 20% per valori di impulso inferiori ai 30 GeV/c e dell ordine del 30% per valori più alti [3]. Il display rappresenta schematicamente il supermodulo, visto sia dall alto che lateralmente, ed evidenzia il brick in cui è avvenuta l interazione, fornendo anche informazioni sulla sua posizione. Per 7 dei muoni presenti nel campione, i rivelatori elettronici non sono riusciti a stimare l impulso della particella a causa di problemi tecnici. Figura 4.6: Esempio di display dei rivelatori elettronici per l evento

43 4.2 Implementazione di un algoritmo che elimina i segmenti non appartenenti alla traccia Prima di calcolare il valore dell impulso delle tracce mediante MCS, è stato ritenuto opportuno eliminare eventuali segmenti che con alta probabilità non facevano parte della traccia reale. Il parametro che è stato utilizzato per discriminare tali segmenti è la differenza tra le slope di due base-track consecutive. Tale distribuzione, infatti, è Gaussiana, come si può vedere dal grafico 4.7, con centro sullo zero. Figura 4.7: Distribuzione delle differenze tra le slope di due segmenti consecutivi 33

44 Se un segmento non appartiene alla traccia, i θx o i θy calcolati rispetto al segmento precedente e a quello successivo cadranno al di fuori delle 3 deviazioni standard. In questo lavoro di tesi, è stato quindi implementato un algoritmo che calcola, per ogni traccia, le differenze tra le slope di due segmenti consecutivi e determina i parametri (valore centrale e deviazione standard) della Gaussiana che meglio approssima la distribuzione ottenuta. In base a tali parametri vengono selezionati i θ che cadono al di fuori delle 3 deviazioni standard. Nei grafici 4.8 e 4.9 è mostrato un esempio per una traccia inizialmente composta da 49 segmenti, da cui ne sono stati eliminati due. Figura 4.8: Distribuzione delle differenze tra le slope di due segmenti consecutivi relativamente ad una sola traccia: in blu è disegnata la Gaussiana che meglio approssima la distribuzione; in nero sono rappresentati i θ che cadono all interno delle 3 deviazioni standard e in rosso quelli che cadono al di fuori 34

45 Figura 4.9: In alto i grafici delle slope x e y per la traccia originale. Con una freccia sono indicati i segmenti che con alta probabilità non appartengono alla traccia. In basso sono riportati gli stessi grafici dopo l utilizzo dell algoritmo: i segmenti prima indicati con la freccia sono stati eliminati 35

46 4.3 Stima dell impulso mediante MCS (metodo angolare) La stima dell impulso è stata fatta utilizzando il framework di ricostruzione e analisi dei dati FEDRA, scritto per l esperimento OPERA nel linguaggio C++ con l uso di ROOT. L algoritmo che consente di calcolare l impulso tramite lo Scattering Multiplo Coulombiano utilizza il metodo angolare descritto nel paragrafo 3.1 e restituisce il valore medio della distribuzione e i suoi estremi (p min e p max ), essendo questa asimmetrica. Per angoli maggiori di 200 mrad il valore restituito è quello stimato usando la proiezione trasversa (eq ), mentre per angoli piccoli viene utilizzato l angolo 3D (eq ). Un esempio per i due casi è riportato nei grafici Figura 4.10: Due esempi di fit dell algoritmo. L angolo misurato è riportato in funzione dello spessore di piombo attraversato (n cell ). Nell esempio a sinistra l angolo incidente del muone è 98 mrad, perciò la stima migliore si ha utilizzando l angolo 3D, mentre nell esempio a destra l angolo incidente è di 321 mrad e perciò sarà utilizzata la coordinata traversa In alcuni casi viene restituito un valore d errore, che segnala che la stima dell impulso non è possibile. Per il campione considerato, non è stato possibile ricostruire il valore dell impulso in 55 casi, che saranno trattati a parte. I dati sono stati inizialmente suddivisi a seconda del Laboratorio di provenienza e processati utilizzando per ogni Laboratorio un appropriato valore della risoluzione δθ (per la definizione di δθ si vedano le equazioni e ). Per la maggior parte di essi δθ L (0) = δθ T (0) = 2 mrad, mentre per un paio di Laboratori, che utilizzano, 36

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