L EUROPA, LA SOVRANITA NAZIONALE E LA COSTITUZIONALIZZAZIONE DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI

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1 L EUROPA, LA SOVRANITA NAZIONALE E LA COSTITUZIONALIZZAZIONE DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI Guido Montani Professore di Politica economica internazionale Università di Pavia 1. La Costituzione europea e la sovranità nazionale Il progetto di Costituzione europea, approvato dai governi europei nel 2004, non è detto che entri in vigore. Tuttavia, il processo di costituzionalizzazione dell Unione europea, apertosi con la convocazione della Convenzione europea, non è destinato a chiudersi con questo episodio. Dopo l allargamento, l Europa non può fare a meno di una Costituzione, a meno che si intenda trasformare l attuale Unione in una sorta di Lega delle Nazioni, cioè un grande mercato senza alcuna coesione sociale e politica. La Costituzione europea rappresenta dunque un utile punto di riferimento per una riflessione sulla sovranità nazionale e sul futuro dell Europa. Se si vorranno superare gli ostacoli che impediscono ulteriori progressi verso l unità politica dell Europa, la comprensione della trasformazione in corso delle relazioni internazionali tra gli Stati europei in relazioni costituzionali non solo è opportuna, ma necessaria. Nella Costituzione europea non si parla di sovranità nazionale. Gli Stati europei sono presi in considerazione semplicemente come Stati membri dell Unione. La sovranità nazionale viene fatta valere dai governi degli Stati membri attraverso il diritto di veto. Nei settori, quali la politica estera, dove i governi nazionali possono imporre il veto, il Parlamento europeo e la Commissione vengono automaticamente esclusi dal processo decisionale europeo. Il problema della sovranità nazionale è dunque l altra faccia della medaglia del deficit democratico dell Unione europea, che la Costituzione europea attenua, estendendo l area dei poteri di codecisione legislativa del Parlamento europeo, ma non risolve. Una riflessione sul processo di costituzionalizzazione delle relazione tra Stati europei può contribuire a sfatare il mito della sovranità nazionale, che ostacola l ultima fase della costruzione europea, quella riguardante la creazione di un governo europeo dell economia e della politica estera e della sicurezza. L espressione costituzionalizzazione delle relazioni internazionali è una generalizzazione della costituzionalizzazione del diritto internazionale, più volte discussa da Jürgen Habermas. Tuttavia, parlando di relazioni internazionali, si vuole evitare di lasciare nel vago la questione, alla quale Habermas non dà una risposta precisa, dell unificazione politica dell umanità, dunque di un governo federale mondiale, 1 di cui l Unione europea rappresenta una prima significativa tappa. La costituzionalizzazione delle relazioni inter-europee, a partire dal secondo dopoguerra, dimostra non solo che il diritto internazionale si sta progressivamente trasformando in diritto costituzionale europeo, ma che lo stesso processo coinvolge sia l economia, la cui integrazione ha consentito la trasformazione di un insieme di sistemi autarchici in un mercato interno unito da una sola moneta, 1 Nella prefazione alla raccolta di saggi contenuta nel volume Tempo di passaggi (Milano, Feltrinelli, 2004), J. Habermas scrive che siamo ancora lontani da una politica interna del mondo che faccia a meno di un governo mondiale (p. 7). Anche nel suo libro più recente, Der gesplatene Westen, Frankfurt am Main, Surkamp Verlag, 2004 (trad it. L Occidente diviso, Bari, Laterza, 2005), nel saggio dal titolo La costituzionalizzazione del diritto internazionale ha ancora una possibilità?, Habermas non chiarisce se un governo federale mondiale sia auspicabile e possibile in una prospettiva storica. In alcuni scritti, Habermas si dichiara eurofederalista, ma non si definisce mai federalista mondiale. Pertanto, resta anche dubbia l interpretazione di Habermas del pensiero politico di Kant. Sebbene alcune sue singole affermazioni possano essere interpretate in senso confederalista, Kant deve essere considerato come un punto di riferimento essenziale del pensiero federalista per il suo costante riferimento al valore della pace, per la continua condanna della guerra tra Stati sovrani, come uno stadio storico di barbarie dal quale l umanità deve uscire, e per la necessità di assicurare la pace grazie ad istituzioni che impediscano agli Stati il ricorso alla forza per la risoluzione delle loro controversie. 1

2 che la politica, poiché si sta delineando un sistema politico con caratteristiche federali, cioè con più livelli di governo. In questo senso, sembra legittimo affermare che il processo di costituzionalizzazione delle relazione internazionali rappresenta l altra faccia della medaglia del fenomeno denominato evaporazione della sovranità nazionale, oggi discusso anche in relazione al processo di globalizzazione. Si potrà così mostrare che l ipotesi, proposta da molti osservatori della realtà politica europea, che l Unione europea rappresenti una costruzione sui generis, né assimilabile al modello confederale né a quello federale, non ha alcun fondamento. Per rispondere agli interrogativi suscitati dalla Costituzione europea, si propone un approccio interdisciplinare. Dopo aver sottolineato le caratteristiche innovative della costruzione europea nei confronti dei tradizionali organismi internazionali, si esamineranno i progressi compiuti sotto l aspetto economico, giuridico e politico. L obiettivo è di contribuire al superamento del dogma della sovranità nazionale nelle discipline dell economia internazionale, del diritto internazionale e della politica internazionale. Il processo di globalizzazione impone alle scienze storico-sociali il compito di superare il ristretto orizzonte nazionale entro il quale sono nate e si sono sviluppate. Il loro stesso linguaggio, a volte inconsciamente, assume lo Stato nazionale sovrano come un entità eterna e insuperabile. Al contrario, poiché ogni disciplina teorica si preoccupa di definire valori, leggi e dottrine di portata universale, il punto di vista cosmopolitico deve rappresentare l orizzonte entro il quale collocare il futuro degli individui, dei popoli e delle nazioni. 2. La fondazione della Comunità europea e l inizio del processo costituente La necessità di fondare l unità europea su principi differenti da quelli che avevano condotto al fallimento la Lega delle Nazioni era ben presente nell animo di Jean Monnet, l ideatore del progetto della Comunità europea del carbone e dell acciaio (CECA). Monnet aveva sperimentato personalmente, come funzionario della Lega delle Nazioni, l impossibilità di organizzare pacificamente le relazioni tra Stati che non intendono cedere alcun potere ad un organismo sovranazionale. L organismo internazionale osservava Monnet non può né decidere, né eseguire, ma solo inviare raccomandazioni agli Stati. 2 Pertanto, quando, nel clima incerto, ma gravido di speranze, del secondo dopoguerra maturarono le condizioni politiche per un iniziativa che avrebbe reso possibile la pacificazione franco-tedesca, Jean Monnet cercò di superare l ostacolo derivante dalla riluttanza francese alla creazione immediata di una Federazione europea, proponendo un istituzione sovranazionale parziale, nel senso che gli Stati nazionali si sarebbero dovuti impegnare a cedere la loro sovranità solo in alcuni settori circoscritti. Il metodo scelto così lo descrive Jean Monnet, una volta divenuto Presidente dell Alta Autorità della CECA consiste nel delegare a delle istituzioni comuni i poteri sovrani di ciascuna di queste sei nazioni. A questo scopo, un Trattato è stato negoziato tra le sei nazioni, sottoscritto dai loro governi e sottoposto alle ratifiche dei sei parlamenti. 3 Il principio fondamentale della costruzione comunitaria è dunque rappresentato dal trasferimento di poteri sovrani dagli Stati nazionali ad istituzioni di tipo federale, che devono pertanto essere considerate sovranazionali. Questo principio fondamentale è spesso dimenticato o confuso dall attuale letteratura internazionalistica, che persiste nell errore di classificare l Unione europea insieme alle altre organizzazioni internazionali, come l ONU, da cui differisce in modo sostanziale. La CECA era costituita da un insieme di istituzioni tipicamente federali. L organo esecutivo è l Alta Autorità; il parlamento è costituito dall Assemblea eletta dai sei parlamenti nazionali; vi è la Corte di giustizia alla quale possono rivolgersi i governi e tutti gli interessati e, al fine di armonizzare la politica seguita dalla CECA con le politiche nazionali in altri settori economici, esiste il Consiglio dei Ministri delle sei nazioni. 4 Si tratta di istituzioni che esistono tutt ora nell Unione europea, anche se hanno un nuovo nome: l Alta Autorità è diventata la Commissione e 2 J. Monnet, Les Etats-Unis d Europe ont commencé, Paris, Laffont, 1955, p Ibidem, p Ibidem, pp

3 l Assemblea parlamentare il Parlamento europeo. Non è nemmeno mutato l equilibrio fondamentale tra queste istituzioni, sebbene nella storia dell unificazione europea si verifichino fasi in cui predomina una o l altra di esse. Questo fatto non deve stupire. La CECA era stata proposta come les premières assises de la Fédération européenne (come viene definita nella dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950). Jean Monnet è ben cosciente che il cammino da percorrere per la loro effettiva trasformazione nella Federazione europea sarà lungo. Tutte queste istituzioni potranno essere modificate e migliorate con l esperienza. Tuttavia, ciò che non sarà rimesso in questione sono le istituzioni sovranazionali, e diciamo la parola, federali. 5 E importante sottolineare quest ultima affermazione di Monnet, che non era certo afflitto dalla prudenza e reticenza che dominano gli attuali ambienti comunitari, compreso il Parlamento europeo. Chi vuole comprendere la realtà non deve rinunciare a denominare le cose con il loro nome. Le istituzioni comunitarie sono dotate di poteri sovranazionali; dunque esse rappresentano il nucleo federale di un più vasto processo di integrazione che, all esterno del nucleo, si fonda ancora sul metodo intergovernativo o internazionalistico. Oggi, è invece invalso l uso, politically correct, di definire comunitario, anziché federale, il metodo della codecisione legislativa tra Parlamento e Consiglio, e l affidamento dei poteri esecutivi alla Commissione. Anche la Costituzione europea si riferisce esplicitamente al modello comunitario (art. I-1, CE). 6 Si tratta di una terminologia ambigua che non contribuisce certo alla comprensione del funzionamento delle istituzioni europee. L audace iniziativa di Monnet aprì la via al primo tentativo di dare una Costituzione all Europa. Nel clima politico post-bellico, gli ideali di pace e di unità erano talmente radicati nella popolazione inorridita dai lutti e dalle distruzioni della guerra, che il progetto della CECA non venne considerato una garanzia sufficiente per evitare nuovi contrasti tra Francia e Germania. L inchiostro con cui era stato redatto il Trattato di Parigi non era ancora asciugato, quando si pose il problema della ricostruzione dell esercito tedesco. Le truppe americane stanziate in Germania dovevano essere trasferite sul fronte asiatico, a causa dello scoppio della guerra di Corea. USA e Regno Unito proposero la ricostruzione pura e semplice dell esercito tedesco. La Francia era contraria. Monnet propose, come soluzione alternativa, un esercito europeo. I governi europei cominciarono così ad esaminare il progetto di una Comunità europea di difesa (CED). Tuttavia, la creazione di un esercito europeo avrebbe comportato il trasferimento all Europa di poteri che avrebbero intaccato la sovranità nazionale in un settore vitale. Era, dunque, impensabile realizzare un simile trasferimento di poteri nelle mani di un organismo privo di una piena legittimità democratica. Questa situazione fu subito compresa da Altiero Spinelli che riuscì a convincere De Gasperi della necessità di dare una base costituzionale alle istituzioni europee. Fu così che i sei Ministri degli esteri accettarono di affidare, nel 1952, alla Assemblea parlamentare della CECA (denominata per l occasione Assemblea ad hoc, per non parlare apertamente di Assemblea costituente) il compito di redigere lo Statuto (che non si è avuto il coraggio di definire Costituzione) di una Comunità politica europea. 7 Questo progetto, tuttavia, fallì a causa del successivo rifiuto della Francia. Il rilancio avvenne su basi più modeste o, meglio, minimaliste. Dall integrazione politica si passò a quella economica, con i Trattati di Roma del Tuttavia, il Mercato comune si rivelò un progetto vitale. L economia europea crebbe a tassi molto superiori a quelli medi dell economia mondiale e degli stessi Stati Uniti. Progressivamente, le istituzioni comunitarie cominciarono a giocare un ruolo importante nella politica internazionale, come in occasione del Kennedy Round, quando la Commissione Hallstein seppe tener testa con fermezza alle proposte statunitensi, che 5 Ibidem, pp La Convenzione europea, nel corso dei suoi lavori, aveva proposto esplicitamente il riferimento al modello federale, ma l opposizione del governo inglese e del governo italiano ha costretto la Convenzione a optare per il più neutro riferimento al modello comunitario. 7 Sul ruolo di Altiero Spinelli e di Alcide De Gasperi nella vicenda della CED, cfr. M. Albertini, La fondazione dello Stato europeo. Esame e documentazione del tentativo intrapreso da De Gasperi nel 1951 e prospettive attuali, in Il Federalista, 1977, n. 1. 3

4 avrebbero potuto minare la coesione comunitaria. La crescente importanza politica della Comunità europea è ben descritta da Walter Hallstein che sostiene come la logica delle cose abbia lavorato in profondità per far emergere dall integrazione economica il progetto politico europeo, che i governi nazionali avrebbero voluto accantonare o rinviare alle calende greche. Per instaurare la libera circolazione delle merci, per i prodotti agricoli e industriali scrive Hallstein in Europa, Federazione incompiuta non basta affatto, come certi semplificatori lontani dalla realtà amerebbero farci credere, aprire i confini. Occorrono piuttosto ampie sovrastrutture comunitarie, che abbraccino parti essenziali della politica fiscale, della politica di bilancio, della politica economica e della politica monetaria. Ciò significa infine che non può più esistere una politica commerciale nazionale nei confronti degli Stati terzi. La Comunità deve presentarsi al mondo esterno come un unità A questo punto anche le materie della politica estera e della politica difensiva, non ancora coperte da alcun atto costitutivo europeo, esigono in misura sempre più forte una disciplina comunitaria europea. 8 Cercheremo ora di mostrare come la logica delle cose abbia incanalato il processo di integrazione europea verso un progressivo trasferimento di poteri dagli Stati nazionali all Unione, provocando così una profonda trasformazione degli Stati europei. La medesima logica delle cose ha costretto il Parlamento europeo a svolgere, sebbene con estrema prudenza, un ruolo costituente 9 che si è concretizzato con la convocazione della Convenzione europea. Processo di integrazione e riforme istituzionali sono in effetti due vie parallele che possono essere analizzate separatamente per comodità, ma che, nella realtà, sono inscindibili. 3. L economia europea: dall autarchia all Unione monetaria L economia europea, prima della catastrofe provocata dalle due guerre mondiali, ha rappresentato il centro propulsore dell economia mondiale. Ma la Grande Depressione aveva creato, o favorito, profonde divisioni nazionalistiche tra gli Stati europei. Ogni Stato aveva cercato la salvezza in forme più o meno accentuate di protezionismo, sino alla instaurazione di veri e propri regimi autarchici in alcuni paesi. Nel corso degli anni Trenta, poco o nulla era rimasto dell ordine internazionale costruito nel corso del secolo XIX, considerato da molti storici un modello di liberismo internazionale, anche grazie all affermazione del Gold standard, il primo sistema monetario internazionale fondato su una moneta mondiale. Alla fine della seconda guerra mondiale, esistevano progetti per un nuovo ordine internazionale, come testimoniano gli accordi di Bretton Woods del 1944, voluti dagli Stati Uniti, ma le economie europee erano di fatto ridotte ad un cumulo di macerie. Il commercio intra-europeo era caduto a circa la metà di quello dell età dell oro 8 W. Hallstein, Der Unvollendete Bundesstaat, Düsseldorf und Wien, Econ Verlag, 1969; trad. it. Europa, Federazione incompiuta, Milano, Rizzoli, 1971, pp L idea di Hallstein di una logica delle cose, contrasta con una concezione del processo di integrazione europea che è ormai molto diffusa e radicata, cioè che l Unione europea sia una costruzione voluta dai governi solo per mantenere meglio in vita gli Stati nazionali. Si tratta di una visione unilaterale. Il processo europeo è più complesso e non si è ancora concluso. Ad esempio, A. S. Milward sostiene che la costruzione comunitaria fu iniziata per risolvere problemi parziali e che non vi era alcuna necessaria implicazione dei limitati e ben programmati atti di integrazione economica che comportasse il superamento dello Stato nazionale in un processo inevitabile e continuo. Le testimonianze storiche, in effetti, possono essere invocate a sostegno dell affermazione teorica che la validità della CECA, come esempio tra gli altri di una integrazione settoriale, non sta tanto nella sua pretesa sovranazionalità quanto nella sua extra-nazionalità. Questi organismi furono creati come uno strumento dello Stato nazionale per fare cose che non sarebbero fattibili altrimenti (A. S. Milward, The Reconstruction of Western Europe, , Routledge, London1984, 1992, pp ). La distinzione poco chiara tra sovranazionalità e extranazionalità di Milward non risolve il problema del controllo democratico delle decisioni che vengono prese a livello europeo e che rappresenta il vero motore della dinamica federalista del processo di integrazione europea. I governi europei, anche ammesso che abbiano concepito la costruzione comunitaria come un semplice ausilio della conservazione della sovranità nazionale, sono stati costretti dalla logica delle cose ad accettare di passare dalla logica dei trattati un patto tra Stati alla logica della costituzione europea un patto tra cittadini. Sebbene l attuale Costituzione europea non rappresenti ancora un patto democratico per l istituzione di un governo federale europeo, la logica delle cose sembra dare più ragione al punto di vista federalista che a quello souverainiste. 9 Sul ruolo del Parlamento europeo nel processo costituente europeo si rimanda all Appendice. 4

5 prebellica. Ogni paese era assillato dalla scarsità di dollari, poiché l esigenza di importare dalla ricca area del dollaro era molto superiore alla capacità europea di esportare. In questa situazione di incertezza, di privazione e di paura, poiché l Europa divisa dalla cortina di ferro tra Est e Ovest era anche lacerata da aspri conflitti politici e sociali interni ad ogni Stato, la proposta della Francia alla Germania di una Comunità europea del carbone e dell acciaio apparve come una luce di speranza. Poco prima, con il Piano Marshall e il Consiglio d Europa, si era avviata una timida cooperazione europea, ma i rapporti tra Francia e Germania erano decisivi per il futuro dell intero continente. L avvio, seppure a piccoli passi, della pacificazione francotedesca, in effetti, cambiò radicalmente il panorama politico del secondo dopoguerra. Grazie a questo clima di fiducia crescente tra le grandi nazioni, gli europei ritrovarono la fiducia nel futuro, la prosperità e la stabilità politica. La CECA fu più importante per i suoi effetti politici, che non per gli obiettivi economici raggiunti, anche se questi non devono certo essere considerati irrilevanti. L industria carbo-siderurgica era allora il fulcro della crescita economica, poiché lo sviluppo del settore dei beni di consumo di massa (automobili, elettrodomestici, ecc.) sarebbe stato impossibile senza il sostegno dell industria pesante. Dopo il fallimento della CED, la logica delle cose cominciò a manifestarsi attraverso il progetto del Mercato comune, una generalizzazione dell idea di un mercato comune carbosiderurgico contenuta nella CECA. I Trattati di Roma prevedevano che, entro il 1970, i Sei paesi della CEE avrebbero abolito le barriere doganali al loro interno, creando così un area europea di libero scambio delle merci. Contemporaneamente, avrebbero eretto una barriera tariffaria comune, consentendo all Europa di agire nell economia mondiale come una potenza economica. Sebbene nei Trattati di Roma non si affrontasse apertamente il problema della moneta europea, poiché tacitamente si assumeva che l economia europea avrebbe potuto contare sulla stabilità monetaria assicurata dagli accordi di Bretton Woods e dal protettorato americano, il progetto del Mercato comune si dimostrò un successo, garantendo all Europa tassi di crescita superiori alla media mondiale. Con il Mercato comune, cominciò a diventare evidente che l integrazione economica europea non rappresentava che un aspetto della progressiva denazionalizzazione dell economia europea. Le bardature protettive erette nel corso degli anni dal nazionalismo economico, in questo caso le barriere doganali, vennero progressivamente abbattute. Tuttavia, il progetto del Mercato comune si dimostrò parziale e inadeguato rispetto alle sfide che l economia europea doveva affrontare in quegli anni. In effetti, uno dei pilastri su cui si reggeva il Mercato comune, la stabilità monetaria, venne improvvisamente a mancare nel 1971, con il crollo del sistema di Bretton Woods dei cambi fissi. Negli anni Settanta, il processo di integrazione europea, anche a causa della grave crisi petrolifera, si arrestò. Per la prima volta dal dopoguerra, il commercio intracomunitario cessò di crescere e i tassi di disoccupazione in Europa, che erano rimasti per circa due decenni a livelli inferiori a quelli statunitensi, superarono le due cifre. All instabilità monetaria, si accompagnò quella finanziaria, poiché i paesi europei, chi più chi meno, cercarono di affrontare i problemi interni in ordine sparso, attingendo con facilità al debito pubblico, grazie all illusione creata dal rallentamento del vincolo dei cambi fissi. Dalla crisi degli anni Settanta, nonostante gli sforzi compiuti, l Europa non si è ancora ripresa. La crisi economica degli anni Settanta ha rivelato una debolezza intrinseca al progetto di Mercato comune europeo: senza una moneta comune, ogni Stato membro avrebbe avuto la possibilità di ricorrere a svalutazioni della propria moneta, al fine di rendere competitivi i prodotti nazionali anche in presenza di costi di produzione delle proprie aziende superiori alla media comunitaria. In questo modo, si creava un circolo vizioso in cui, alla svalutazione della moneta nazionale, seguiva un breve periodo di ripresa produttiva, un inevitabile aumento dei prezzi dei prodotti importati, un aumento dell inflazione interna e successive rivendicazioni salariali che avrebbero ben presto fatto aumentare di nuovo i costi di produzione. A questo punto, esistevano tutte le condizioni per una pressione crescente dell industria nazionale e dei sindacati dei lavoratori per un ulteriore svalutazione della moneta in vista di un illusorio recupero di competitività 5

6 dell industria nazionale. Si riproponeva così un meccanismo perverso che si era già manifestato negli anni Trenta. Tuttavia, a differenza degli anni Trenta, esisteva ora in Europa un clima politico favorevole alla progressiva denazionalizzazione della politica monetaria e dei cambi, anche se il cammino si dimostrò più lungo e difficile del necessario, a causa dell incerta volontà dei governi di accettare la creazione di una Banca centrale europea, con il conseguente superamento delle sovranità monetarie nazionali. 10 Il primo tentativo europeo di reagire all instabilità monetaria fu rappresentato dal Piano Werner, del 1971, coincidente dunque con la crisi di Bretton Woods. Questo Piano prevedeva la creazione di una Unione monetaria europea entro dieci anni. Tuttavia, esso si dimostrò presto inapplicabile poiché lasciava alla buona volontà delle banche centrali nazionali la decisione di far convergere i cambi verso una parità centrale, ancora definita dal dollaro. Il rilancio del progetto di Unione monetaria avvenne nel 1979, con la creazione del Sistema Monetario Europeo (SME). L obiettivo a lungo termine era l Unione monetaria. Nel breve termine, lo SME si proponeva di conseguire l obiettivo meno ambizioso di una zona di stabilità monetaria in Europa, dunque di un sistema di cambi fissi (ma aggiustabili) tra le valute europee, in un mondo condizionato dalla politica dei cambi fluttuanti. Nello SME erano previste procedure vincolanti per eventuali svalutazioni e rivalutazioni e, soprattutto, si definiva una virtuale moneta europea, l ECU, composta da un paniere di monete nazionali, la cui funzione era quella di rappresentare il punto di riferimento delle parità monetarie (dunque, per la prima volta, si sostituiva al dollaro una simbolica moneta europea di riferimento). Al termine del processo, come in effetti poi è avvenuto, l ECU si sarebbe trasformato nella moneta europea. Una tappa intermedia verso l Unione economica e monetaria è consistita nel progetto del Mercato interno europeo entro il 1992, approvato dai Capi di Stato e di governo con l Atto Unico del 1986, come alternativa al progetto di Unione europea proposto dal Parlamento europeo che essi avevano rifiutato. Con il Trattato di Roma del 1957, si era deciso di creare un Unione doganale europea. Ora, con l Atto Unico, si trattava, secondo i governi europei, di abbattere le barriere interne anche per quanto riguardava la libera circolazione delle persone, dei servizi, dei capitali e delle merci (nella misura in cui la loro libera circolazione era intralciata da barriere fiscali, differente norme a tutela del consumatore, ecc.). Per realizzare questo piano, tuttavia, era necessario anche riformare la procedura per l approvazione della nuova normativa, che non sarebbe mai stata approvata nel tempo previsto se nel Consiglio dei Ministri si fosse mantenuta la regola dell unanimità. I governi europei (anche quello della Sig.ra Thatcher) accettarono, pertanto, il metodo della codecisione legislativa, cioè una procedura che consentiva l approvazione della normativa comunitaria quando essa fosse stata approvata da una maggioranza del Parlamento europeo e del Consiglio dei Ministri. In questo modo, anche grazie al grande dinamismo della Commissione Delors, la scadenza del 1992 venne rispettata, sebbene diventasse ancora più evidente che le svalutazioni o rivalutazioni delle monete europee, nonostante lo SME, mettevano continuamente in discussione l unità del mercato interno. Dopo molti anni di esitazione e di rinvii, i governi europei, a fronte dell emergenza causata dal crollo del Muro di Berlino e dall unificazione tedesca, furono costretti a prendere la decisione finale sull Unione monetaria. L unificazione politica della Germania aveva, di nuovo, suscitato i timori di un Europa tedesca. La risposta della classe politica tedesca, in particolare del governo guidato dal cancelliere Kohl fu, al contrario, quella di una Germania europea. A Maastricht, nel 1991, fu decisa la creazione di una Unione monetaria, con una Banca centrale europea a cui i paesi aderenti avrebbero affidato il potere di decidere la politica monetaria dell Unione. Il Trattato di Maastricht conteneva un difetto fondamentale perché, pur accrescendo i poteri del Parlamento europeo ed istituendo una politica estera e della sicurezza, non riusciva a superare il deficit 10 Per quanto riguarda la denuncia degli effetti perversi delle svalutazioni monetarie nazionali e la necessità di rilanciare il progetto europeo mediante la creazione di una Unione monetaria, con una Banca centrale europea, cfr. MFE-ME, L Unione economica e il problema della moneta europea. La moneta come elemento di divisione o di unità dell Europa, Milano, Franco Angeli,

7 democratico dell Unione: il diritto di veto veniva mantenuto su questioni essenziali come la fiscalità europea, la politica interna e quella estera. Tuttavia, nonostante questi difetti politici e nonostante il difficoltoso processo di convergenza imposto ai paesi candidati all ingresso nell Unione monetaria, finalmente il 1 gennaio 2002 i cittadini europei potevano utilizzare l euro per i loro acquisti nei paesi dell Unione monetaria. Trent anni dopo il Piano Werner, l Unione monetaria diventava realtà. 11 Si può tentare di valutare l importanza della decisione presa dagli europei mediante un parallelo storico. Se consideriamo l Unione monetaria insieme al Patto di Stabilità e Crescita (che fissa criteri prudenziali di governo per le finanze nazionali, ponendo dei limiti ai deficit di bilancio e al debito pubblico) si può sostenere che l Unione europea ha realizzato una sorta di Gold Standard europeo, cioè il sistema monetario e finanziario che si è affermato nell economia mondiale nella seconda metà del secolo XIX, grazie all utilizzo dell oro come moneta mondiale e a regole di gestione delle finanze pubbliche nazionali fondate sul pareggio del bilancio pubblico. 12 Naturalmente, l Unione monetaria europea si fonda ora su precise regole istituzionali che consentono di evitare i difetti del Gold Standard storico. Ad esempio, la moneta in circolazione non è l oro, ma una banconota, il cui valore dipende solo dalla fiducia dei cittadini e della finanza internazionale nella politica monetaria della banca centrale europea, il cui obiettivo esplicito è il mantenimento della stabilità monetaria, grazie ad una politica anti-inflazionistica. Questo confronto tra Unione monetaria e Gold Standard è utile per mostrare quanta strada si sia dovuta percorrere per consentire al mercato mondiale di ripristinare un meccanismo di libero scambio delle merci, dei capitali e delle persone che si era quasi spontaneamente creato alla fine del secolo XIX, ma che la follia del nazionalismo ha completamente distrutto nella prima metà del secolo XX. Inoltre, il parallelo tra Unione monetaria e Gold Standard, suggerisce che a livello europeo manca un governo europeo dell economia, proprio come mancava all economia mondiale del XIX secolo. Se l Unione europea vorrà darsi un efficace politica per la crescita e l occupazione, non potrà ignorare il problema di un bilancio europeo di dimensioni adeguate e di poteri effettivi di tassazione e di indebitamento pubblico, come strumenti europei di politica economica. Oggi, nell Unione prevale l ideologia intergovernativa (che non ha nulla a che fare con il liberalismo) secondo la quale basterebbe coordinare le politiche economiche nazionali per garantire un efficace politica economica europea. Per sconfessare questo punto di vista, è sufficiente prendere in considerazione il modello federale degli Stati Uniti d America, sebbene l Europa non lo debba imitare pedissequamente. Si può, in effetti, sostenere che l Unione europea non necessita di un bilancio federale altrettanto importante di quello statunitense. Ma è certo che, se gli Stati Uniti rinunciassero ai poteri economici del governo di Washington, affidando ogni responsabilità di politica economica ai cinquanta governi degli states, l economia statunitense, alla pari di quella europea, si troverebbe del tutto incapace di far fronte alle sfide della globalizzazione. 4. Dal diritto internazionale al diritto costituzionale europeo Dieter Grimm 13 osserva che al momento della fondazione del Reich tedesco, nel 1871, non si ritenne opportuno includere una Carta dei diritti nella Costituzione del Reich, poiché si pensava che essi fossero sufficientemente garantiti dai Länder. Sulla base di un ragionamento analogo, quando vennero fondate le Comunità europee, sia la CECA che la successiva CEE, non si previde alcuna Carta a garanzia dei diritti dei cittadini europei. Si temeva di oltrepassare la soglia che separa il 11 Sulla creazione dell Unione monetaria e sul suo funzionamento, cfr. T. Padoa-Schioppa, The Euro and its Central Bank. Getting United after the Union, Cambridge (Mass.), MIT Press, 2004; trad. it. L Euro e la sua banca centrale. L Unione dopo l Unione, Bologna, Il Mulino, Ho discusso più approfonditamente questo parallelo storico in G. Montani, Il governo europeo dell economia, in Il Federalista, n. 3, D. Grimm, Il significato della stesura di un catalogo europeo dei diritti fondamentali nell ottica della critica dell ipotesi di una Costituzione europea, in G. Zagrebelsky (a cura di), Diritti e Costituzione nell Unione europea, Bari, Laterza, 2003, p. 5. 7

8 diritto internazionale dal diritto costituzionale interno. L atto costitutivo delle Comunità prese, in effetti, la forma tradizionale di un Trattato, cioè di un accordo tra Stati sovrani. Tuttavia, il diritto comunitario si è progressivamente evoluto dalla sua condizione originaria di diritto internazionale nel suo nuovo status di diritto sovranazionale grazie all opera tenace della Corte di giustizia, che ha svolto di fatto il ruolo di Corte costituzionale europea. La questione del primato del diritto comunitario su quello nazionale si è posta agli inizi degli anni sessanta, quando il processo di integrazione del mercato ha cominciato a produrre effetti anche nei confronti della salvaguardia dei diritti dei cittadini. Supponiamo che il principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e femminile, sancito dai Trattati di Roma, sia applicato unicamente da un tribunale nazionale. Immediatamente si creerebbe non solo una situazione di discriminazione nei diritti degli altri cittadini della Comunità, ma anche una distorsione della concorrenza. La Corte di giustizia ha così sfruttato l art. 177 dei Trattati che, seppure ambiguo, le ha consentito di svolgere il ruolo di interprete del diritto comunitario, affidando ai giudici nazionali il compito di applicare la pronuncia della Corte alla fattispecie. Di fatto, avviene che il singolo cittadino sollevi il caso di fronte al Tribunale nazionale e che questo chieda alla Corte di pronunciarsi. Una volta che la Corte si sia pronunciata, la sua sentenza produce effetti diretti. La dottrina degli effetti diretti e del primato del diritto comunitario sono considerati twin pillars dell ordinamento comunitario. Ognuno dei due pilastri è indispensabile all esistenza del sistema giuridico europeo. 14 E a questo punto che la logica delle cose ha cominciato a produrre la trasformazione del diritto internazionale in diritto interno europeo. L ordinamento comunitario crea diritti e obblighi non solo per gli Stati membri, ma anche, direttamente, per i cittadini dei medesimi, superando così definitivamente la natura di diritto internazionale della Comunità, il quale, classicamente, impegnerebbe invece solamente gli Stati sovrani coinvolti. 15 Questo primo audace passo della Corte di giustizia non poteva, tuttavia, non suscitare reazioni da parte delle Corti nazionali. In effetti, pochi anni dopo le sentenze che sancivano la priorità del diritto comunitario sulle giurisdizioni nazionali, nel 1967, la Corte costituzionale tedesca (e, successivamente, anche la Corte italiana) sostenne che l ordinamento comunitario non poggiava su alcuna base di legittimità democratica perché privo di una Carta dei diritti fondamentali dei cittadini. Solo il diritto nazionale poteva considerarsi fondato su Carte costituzionali. A questo punto, tutta la costruzione comunitaria sembrava sul punto di crollare. La Corte di Lussemburgo reagì nel 1974, con una sentenza in cui si stabiliva che i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto di cui la Corte garantisce l osservanza. Questa affermazione, a sua volta, si riferiva al fatto che gli Stati membri della Comunità avevano sottoscritto la Convenzione europea dei diritti dell uomo del 1950 e in ogni costituzione nazionale vengono richiamati alcuni diritti fondamentali che possono essere considerati come il patrimonio costituzionale comune europeo. In effetti, con successive sentenze, la Corte di Lussemburgo è riuscita a definire i contorni e i contenuti di un Bill of Rights europeo non scritto. Un giudice della Corte di Lussemburgo, Federico Mancini, fa notare che in questa circostanza la Corte ha sviluppato un eccezionale attivismo giuridico che le ha, di fatto, consentito di ottenere un potere di controllo del tutto analogo (anche se quantitativamente inferiore) a quello che esercitano ordinariamente la Corte suprema degli Stati Uniti e le Corti costituzionali di alcuni Stati membri. 16 Fino a quale punto si potrà spingere questo potere? Se si paragona l opera della Corte di Lussemburgo con quella degli Stati Uniti si può comprendere meglio la portata del problema. Fino al 1925 osserva Mancini le limitazioni previste dal Bill of Rights americano venivano ritenute applicabili nei soli confronti del governo federale; ma in quell anno una celebre decisione della 14 Cfr. in proposito il saggio Le sfide costituzionali alla Corte di giustizia europea, in G. F. Mancini, Democrazia e costituzionalismo nell Unione europea, Bologna, Il Mulino, 2004, p S. Dellavalle, Necessità, pensabilità e realtà della Costituzione europea, in G. Zagrebelsky (a cura di), Diritti e Costituzione nell Unione europea, op. cit., p G. F. Mancini, Democrazia e costituzionalismo nell Unione europea, op. cit, p

9 Corte suprema (Gitlow v. New York) le estese alle leggi e alle pratiche amministrative degli Stati. E immaginabile che un fenomeno analogo abbia luogo in Europa?. 17 Queste osservazioni venivano fatte prima che la Costituzione europea fosse elaborata. Ora, l art. I-6 della Costituzione riconosce apertamente che La Costituzione e il diritto adottato dalle istituzioni dell Unione nell esercizio delle competenze a questa attribuite prevalgono sul diritto degli Stati membri. Se a questo articolo si aggiunge il fatto che la Carta dei diritti fondamentali è entrata a far parte integrale della Costituzione europea, alla questione riguardante l eventuale estensione dei diritti garantiti dalla Carta europea anche al livello nazionale occorre rispondere affermativamente. Se il governo di uno Stato membro violasse alcuni dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta europea, la Corte di Giustizia potrebbe intervenire per costringere il governo in questione a rivedere la propria legislazione. Si tratta dunque di constatare che il diritto comunitario ha subito una completa evoluzione da diritto internazionale a diritto federale, per usare una terminologia che alcuni giuristi tentano accuratamente di evitare con circonlocuzioni quali Verfassungsverband (confederazione costituzionale) oppure Costituzione europea integrata 18 o, di nuovo, multilevel constitutionalism (costituzionalismo a più livelli), nel tentativo di descrivere la realtà europea come un ordinamento costituzionale senza Stato e senza popolo. Il diritto europeo risulta incomprensibile se non si ammette un processo di interazione tra livello nazionale e livello europeo. Con questa osservazione, possiamo tentare di mettere meglio a fuoco la fondamentale distinzione tra diritto internazionale e diritto federale. Se si accetta una concezione dualistica del diritto internazionale, secondo la quale è lo Stato che riconosce il diritto statale esterno come proprio, poiché gli altri Stati non possono produrre norme giuridiche vincolanti, si giunge a negare ogni validità del diritto internazionale sulle norme statali interne. 19 D altro canto, la dottrina che sostiene il primato dell ordinamento giuridico internazionale su quello interno incontra altre difficoltà, poiché non esiste, a livello internazionale, nessun organo che possa rendere efficace l ordinamento internazionale (a meno che si ricorra a sanzioni o a un conflitto armato) in un altro ordinamento giuridico. 20 Al contrario, attraverso il federalismo è possibile risolvere queste 17 Ibidem, p Cfr. I. Pernice e F. Mayer, La Costituzione integrata dell Europa, in G. Zagrebelsky (a cura di), Diritti e Costituzione nell Unione europea, op. cit., p H. Kelsen sostiene che il primato dell ordinamento giuridico del proprio Stato significa non solo la negazione della sovranità di tutti gli altri Stati e quindi della loro esistenza giuridica come Stati nel senso del dogma della sovranità, ma signfica anche la negazione del diritto internazionale (cfr. H. Kelsen, Reine Rechtslehre. Einleitung in die rechtswissenschaftliche Problematik, Wien, Franz Deuticke Verlag, 1934; trad. it. Lineamenti di dottrina pura del diritto, Torino, Einaudi, 1952, p. 160). 20 Come noto, il principale sostenitore della dottrina monistica del diritto internazionale è Hans Kelsen, che difende la concezione di una Civitas maxima. Tuttavia, la dottrina di Kelsen non è priva di contraddizioni. In Das Problem der Souvränität und die Teorie des Völkerrechts. Beiträge zu einer Reinen Rechtslehre, Tübingen, Mohr, 1929; trad it. Il problema della sovranità e la teoria del diritto internazionale, Milano, Giuffrè 1989, Kelsen sostiene che la comunità giuridica internazionale, così come essa si presenta nell ipotesi del primato dell ordinamento giuridico internazionale, è... una comunità giuridica primitiva e, in questo senso, ma solo in questo senso, essa non è uno Stato, mancando, innanzi tutto, di un organo particolare per il perfezionamento dell ordinamento giuridico da costituire (p. 383). La comunità internazionale, tuttavia, può essere considerata giuridica, come vuole Kelsen, solo a patto di ammettere al suo interno una esplicita contraddizione. Infatti, poiché la comunità internazionale non ha nessun particolare organo esecutivo, nel caso di gravi controversie nell interpretazione delle norme di diritto internazionale, occorre ammettere che la guerra diventa inevitabile, pertanto la guerra è un fatto del diritto internazionale (p. 387). Essa è lo strumento coercitivo introdotto dall ordinamento giuridico internazionale al fine di farsi valere nei confronti di coloro che lo violano (p. 388). Lo stesso Kelsen, in un altro contesto, osserva tuttavia che potere o forza e diritto si escludono l un l altro (p. 27). La cosiddetta comunità internazionale, pertanto, non può essere affatto considerata come una comunità giuridica. Vale in proposito l osservazione di Kant che, nella Pace perpetua, scrive: la guerra è solo la triste necessità propria di uno stato di natura, in cui non esiste un tribunale che possa giudicare secondo il diritto di affermare con la forza il proprio diritto, non potendosi in tale stato considerare nemico ingiusto nessuna delle due parti (ciò presuppone già una sentenza giudiziaria), e solo l esito del combattimento (come il cosiddetto giudizio di Dio) decide da qual parte stia il diritto (I. Kant, La pace, la ragione e la storia, con una introduzione di M. Albertini, Bologna, Il Mulino, 1985, p.103). 9

10 contraddizioni. Come sostiene K. Wheare, il principio federale consiste in un sistema di governi indipendenti e coordinati. Ogni governo è indipendente nella sua sfera di poteri definiti dalla Costituzione ed è coordinato mediante procedure democratiche con gli altri governi della federazione. Pertanto, sostiene Wheare, poiché il criterio essenziale di un sistema federale è non soltanto il fatto che vi sia una divisione dei poteri, ma anche che tale divisione non dipenda soltanto dal governo centrale o soltanto dai governi regionali, ne consegue che la potestà di decidere in ultima istanza del significato della divisione dei poteri non può spettare né al solo governo centrale, né ai soli governi regionali. 21 In un sistema federale, la Costituzione è la legge suprema e la Corte di giustizia è il suo custode. In conclusione, con la Costituzione europea, in particolare con l affermazione del principio della supremazia della Costituzione e delle leggi europee stabilito dall art. I-6, si potrebbero applicare all Unione europea le medesime considerazioni che Alexander Hamilton rivolgeva alla nascente Federazione americana: l interpretazione delle leggi è compito preciso e specifico delle Corti. Una Costituzione è, in effetti, e così deve essere considerata dai giudici, una legge fondamentale. Spetta pertanto a loro precisarne i veri significati, così come le conseguenze specifiche di ogni atto che provenga dagli organi legislativi. Qualora dovesse verificarsi discordanza insanabile fra la legge costituzionale e quella ordinaria, si dovrà, naturalmente, dar preferenza a quella verso cui siamo legati da obblighi maggiori; in altre parole alla legge ordinaria si dovrà preferire la costituzione, ai voleri dei delegati del popolo, quelli del popolo stesso La formazione di uno spazio politico europeo Per secoli, come ha argomentato convincentemente lo storico Ludwig Dehio, 23 la politica delle grandi potenze europee è stata caratterizzate da fasi alterne di equilibrio e di egemonia. Le fasi egemoniche si sono manifestate quando le circostanze hanno consentito a una delle grandi potenze di tentare l avventura di conquistare l Europa. Gli ultimi tentativi di unificare l Europa con la armi sono stati quelli di Napoleone e di Hitler. Il processo di integrazione europea, avviato dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale, rappresenta una fase sia di rottura, sia di continuità nella storia europea. E una rottura perché l unità dell Europa ora diventa possibile mediante una politica di pacifica unificazione tra Stati nazionali. D altro canto, rappresenta anche la continuazione di un tendenza storica perché l Europa è stata caratterizzata, sin dal Medioevo, da una profonda unità 21 K. C. Wheare, Federal Government, London, Oxford University Press, 1963; trad. it. Del governo federale, Bologna, Il Mulino, 1997, p La definizione di Wheare del principio federale va intesa nel senso che i governi indipendenti e coordinati devono essere democratici. Questa specificazione appare ovvia, ma non lo è. Daniel J. Elazar (Exploring Federalism, The University of Alabama Press, 1987; trad. it. Idee e forme del federalismo, Milano, Mondadori, 1998) sostiene che il federalismo comporta un qualche tipo di collegamento contrattuale di carattere presumibilmente permanente che: 1) preveda la partecipazione al governo; 2) superi il problema della sovranità; 3) integri, ma non cerchi di sostituire o sminuire, i precedenti legami organici laddove essi esistano (p. 12). Si potrebbe pensare che la esigenza della democrazia sia espressa nel punto 1) che prevede la partecipazione al governo. Ma Elazar è altrove esplicito nell applicare il suo modello di federalismo a realtà storiche pre-moderne, come la federazione tribale israelita, o decisamente di tipo autoritario, come l URSS o la ex-iugoslavia. In verità, sembra più corretto sostenere che la prima federazione della storia sia quella creata dalla Convenzione di Filadelfia e che il principio federale non si possa applicare a realtà politiche non democratiche. L URSS era più simile ad un impero, controllato da un partito unico, che non ad una federazione. E la ex-iugoslavia ha potuto conservare l unità politica solo fino a quando ha svolto il ruolo di Stato cuscinetto tra Est ed Ovest. A. Hamilton nel Federalist (n. 9) sostiene che il federalismo rende possibile l allargamento dell orbita del governo democratico, poiché una Federazione è un governo democratico di un insieme di governi democratici. La nozione di Patto federale implica la libera volontà di diversi popoli di partecipare alla costruzione di un futuro comune. Se manca la possibilità di esprimere un libero consenso, il patto federale si fonda necessariamente su un vincolo esterno, come è accaduto in URSS, che per questo si è disgregata quando il partito unico è entrato in crisi. 22 Si tratta del saggio n. 78 di The Federalist; trad. it. A, Hamilton, J. Madison, J. Jay, Il Federalista (con una introduzione di L. Levi), Bologna, Il Mulino, 1997, p L. Dehio, Gleichgewicht oder Hegemonie, Krefeld, Scherpe, 1948; trad. it. (con una prefazione di S. Pistone) Equilibrio o egemonia, Bologna, Il Mulino,

11 culturale, religiosa ed economica che non ha potuto svilupparsi compiutamente a causa delle divisioni politiche create dalle barriere ideologiche dello Stato-nazione. Sebbene i concetti di civiltà europea e di identità europea siano spesso criticati a causa delle inevitabili ambiguità che sorgono non appena si cerchi di delimitarne i confini con precisione (gli Stati Uniti, ad esempio, sono una semplice appendice della civiltà europea oppure sono un apporto esterno del tutto innovativo?), è lecito rintracciare nella storia europea un infinità di aspetti filosofici, letterari, scientifici, religiosi, ecc. che rappresentano un apporto certo ed originale degli europei alla storia della civiltà (e non solo di quella occidentale). Tra i contributi della civiltà europea a quella mondiale, va annoverato anche lo Stato nazionale sovrano. Il tragico epilogo delle guerre mondiali ha mostrato la natura diabolica di questa concezione della politica, che ha svolto una funzione civilizzatrice importante sino a che non si è trasformata in un Leviatano deciso a conquistare il dominio mondiale. In questo senso, il processo di unificazione europea deve essere considerato anche come il tentativo degli europei di riscattare il loro passato. La pacificazione tra le nazioni europee rappresenta il tacito riconoscimento che quel passato di odi e di guerre deve essere superato. Tuttavia, l avvio del processo di integrazione europea, così come è stato realizzato dai governi nazionali negli anni Cinquanta, ha generato nei cittadini la falsa immagine di una Europa funzionale solo al mondo dell economia e degli affari. Rifiutando il progetto della CED e dell Unione politica, i governi nazionali hanno mostrato di concepire l Europa come un grande mercato, senza alcuna vocazione politica. Ciò nonostante, l Europa del Mercato comune, come sosteneva Hallstein, ha alimentato al suo interno una logica delle cose che lasciava intravedere una possibile unificazione politica, per quanto lontana nel tempo. Questa ideologia dell integrazione europea, ha consentito ai politici nazionali di presentare l Europa come un capitolo della politica estera nazionale. Europeismo e sovranità nazionale potevano essere conciliati senza contraddizioni apparenti. Le istituzioni comunitarie erano considerate come una sorta di burocrazia extra-territoriale al servizio dello Stato-nazione. De Gaulle parlava sprezzantemente di un areopago europeo. Le decisioni politiche fondamentali continuavano ad essere prese dai governi nazionali (o dalle superpotenze, quando l Europa era incapace di far sentire la sua voce). La situazione avrebbe potuto mutare radicalmente con l elezione a suffragio universale del Parlamento europeo, avvenuta nel In effetti, il Parlamento europeo era la prima assemblea rappresentativa sovranazionale della storia. Grazie, all elezione popolare, il Parlamento europeo ha saputo sfruttare questa peculiarità approvando a grande maggioranza, nel 1984, il Progetto Spinelli di Unione europea. Si trattava, dopo il fallimento della CED, del secondo tentativo di dare una Costituzione all Europa. Tuttavia, dopo il rifiuto dei governi nazionali di avviare la procedura per le ratifiche nazionali, il Parlamento europeo non riuscì più a rilanciare, motu proprio, il processo costituente. I partiti presenti nel Parlamento europeo erano, e sono ancora in gran parte, delle mere articolazione europee di partiti nazionali, il cui scopo primario è la conquista del potere nazionale, non la costruzione dell Europa. Veri partiti europei, con congressi democratici che eleggono dirigenti europei sulla base di un programma politico, sono cominciati ad esistere solo recentemente, a distanza di un quarto di secolo dalla prima elezione europea. Ma la loro capacità di sviluppare una politica europea autonoma, che non risulti una semplice sommatoria di politiche nazionali, è modesta, per non dire inesistente. Se si considera l aspetto politico dell integrazione europea, occorre ammettere che la logica delle cose opera a favore della conservazione nazionale, non dell unificazione politica dell Europa. I governi nazionali sono costretti, di volta in volta, ad affrontare e risolvere problemi specifici di natura europea, ma propongono soluzioni di tipo intergovernativo, nel tentativo di salvare il quadro politico nazionale, entro il quale ottengono il consenso dei cittadini e si svolge la lotta tra i partiti per la conquista del potere nazionale. Nonostante gli enormi progressi compiuti dall integrazione europea, i cittadini conservano l immagine che le leve del comando politico siano nelle mani dei governi nazionali. L Unione è percepita come una superstruttura burocratica. 11

12 Per queste ragioni, l approvazione di una Costituzione europea rappresenta un passaggio ineludibile per la trasformazione dell Unione europea in una unione politica. Mentre un trattato è un patto tra Stati sovrani, la costituzione, nella cultura politica, rappresenta un patto tra cittadini per la creazione di uno Stato. In linea di principio, pertanto, una Costituzione europea dovrebbe dar vita, come è avvenuto a Filadelfia per le tredici colonie americane, ad un sistema federale di governo, in cui siano chiaramente definiti i poteri del governo federale e quelli riservati agli Stati membri. Tuttavia, la Costituzione non presenta queste caratteristiche. Ancora una volta, i governi nazionali sono riusciti a limitare i poteri del livello europeo di governo in misura tale che la Costituzione possa essere presentata ai cittadini come una semplice Unione di Stati sovrani e non come una Federazione di Stati nazionali. In effetti, chi cercasse nella Costituzione europea una risposta alla domanda chi governa l Unione? non troverebbe alcuna indicazione precisa: l espressione governo europeo non compare neppure. I poteri esecutivi sono assegnati in linea di principio alla Commissione europea, ma con limiti considerevoli. Su alcune questioni cruciali, come la fiscalità e la politica estera, i governi nazionali hanno conservato il diritto di veto. Ciò significa che, quando occorre decidere su questioni in cui è previsto il diritto di veto, la Commissione e il Parlamento europeo vengono esclusi dal processo decisionale. Di fatto, la Costituzione europea continua a far convivere (come nel progetto iniziale della CECA) due differenti sistemi decisionali: uno di natura intergovernativa e uno di natura federale, quando è prevista la codecisione legislativa tra Parlamento europeo e Consiglio dei Ministri che, in questi casi, decide a maggioranza degli Stati e della popolazione. Questi difetti di democrazia della Costituzione europea non devono, tuttavia, offuscare alcune aperture significative sul fronte della partecipazione popolare alla costruzione europea. Un primo spiraglio riguarda i poteri di riforma dell Unione: i cittadini europei possono intervenire nel processo legislativo con la raccolta di un milione di firme (art. I-47) e il Parlamento europeo può ora chiedere la convocazione di una Convenzione per la revisione della Costituzione (art. IV-443). Inoltre, la Costituzione europea prevede (art. I-27) che il Presidente della Commissione europea venga designato dal Consiglio tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo. Questo significa che i partiti europei, a patto che sappiano cogliere questa occasione, potranno designare un loro candidato a Presidente della Commissione già nel corso della campagna elettorale. In questo modo, i cittadini europei potranno scegliere, con il loro voto, non solo il partito, ma anche il Presidente della Commissione nel caso che il partito votato, o la coalizione che sostiene un certo candidato, risulti maggioritaria. Se questa potenzialità si traducesse in realtà, si innescherebbe un rapporto di fiducia tra cittadino, partito ed esecutivo europeo. E va appena ricordato che il rapporto di fiducia tra elettore e governo rappresenta la spina dorsale di qualsiasi sistema democratico. L evoluzione più ragionevole del sistema politico europeo sembra, dunque, la trasformazione della Commissione in un vero governo responsabile di fronte al Parlamento europeo. Naturalmente, la forza di un governo non dipende solo dalla procedura con cui viene nominato, ma anche dai poteri che riesce ad esercitare per affrontare le sfide incombenti. Sotto questo aspetto, la Commissione-governo con l attuale Costituzione non potrà contare che su poteri limitati di politica economica e dei politica estera. Tuttavia, le aperture della Costituzione europea alla partecipazione popolare indicano che la vecchia concezione della politica europea come un quadro in cui si confrontano le potenze europee sta progressivamente trasformandosi nella politica interna dell Unione, in cui la volontà popolare si manifesta attraverso un dibattito pubblico europeo e la lotta dei partiti nel Parlamento europeo per affermare e sostenere un certo indirizzo politico. Per comprendere la portata rivoluzionaria di questo nuovo comportamento politico dei cittadini europei, è opportuno ricordare una osservazione di Hans Morgenthau, un influente sostenitore della dottrina del realismo politico. A proposito della possibilità di costruire uno Stato mondiale (che non nega, in teoria), Morgenthau osserva: Nulla dimostra in modo più efficace l inesistenza dei requisiti sociali e morali di un entità che possa assomigliare ad uno Stato mondiale del paradosso morale di un uomo che voglia agire come cittadino del mondo e che grazie alla situazione internazionale, si ritrovi costretto ad agire come il partigiano di uno Stato diverso dal 12

13 proprio. Non esiste un entità politica al di sopra del proprio Stato a favore della quale l uomo possa agire: esistono solamente altri Stati. 24 Nel nostro caso, ciò che è in discussione non è la costruzione dello Stato mondiale, ma di quello europeo. E evidente che un uomo che voglia agire come cittadino europeo oggi trova i mezzi per farlo. Il cittadini europei non sono ancora pienamente coscienti dei loro diritti, dei loro poteri e del ruolo che l Unione europea può svolgere nella politica mondiale. Ma, nella misura in cui prenderanno coscienza di queste potenzialità, l Unione europea si trasformerà in uno Stato federale. 6. La costituzionalizzazione della sovranità nazionale in Europa La Costituzione europea rappresenta un passo verso un Europa federale, ma occorre ribadire che la costruzione europea sarà completata, sul terreno giuridico e democratico, solo quando il diritto di veto in tutto il processo decisionale dell Unione verrà abolito. Questa prospettiva, qui delineata, della conclusione del processo di unificazione federale dell Europa suggerisce qualche osservazione teorica. Che cosa resterà della sovranità nazionale nella Federazione europea? La risposta a questa domanda è che, nella misura in cui le relazioni tra gli Stati nazionali europei si costituzionalizzano, consentendo la creazione di un governo federale europeo, la sovranità nazionale evapora (come è già avvenuto per l economia e la moneta) e si condensa nella Costituzione europea, che regola giuridicamente i rapporti tra Stati un tempo affidati alla politica internazionale. Per chiarire questa affermazione, è opportuno prendere in considerazione lo sviluppo storico del costituzionalismo in relazione alla nozione di sovranità, il cui polimorfico significato può generare incomprensioni. Lo storico del costituzionalismo Charles McIlwain si spinge sino a proporre per maggiore chiarezza un differente termine per gli aspetti interni ed esterni del governo e confinare la parola sovranità solo ai primi. 25 Questa proposta non può tuttavia essere accolta, a causa della continua interferenza dei due significati. La questione cruciale risiede proprio nel chiarire come sia stato possibile, e come ancora sia possibile, che gli aspetti esterni della sovranità condizionino talmente a fondo la vita dei cittadini di uno Stato, da far ritenere che la stessa costituzione di un popolo con più o meno accentramento, più o meno liberalismo, più o meno militarismo, ecc. dipenda dalla posizione dello Stato nel sistema internazionale. La storia del sistema europeo degli Stati, ad esempio, mostra che il Regno Unito ha potuto godere di una costituzione più liberale e democratica rispetto agli altri Stati del Continente, grazie alla sua posizione di isola, che gli ha garantito una relativa sicurezza militare. L esame del problema deve iniziare dagli aspetti interni. McIlwain mostra molto efficacemente la transizione dal costituzionalismo antico a quello moderno, attraverso l eredità medievale del diritto romano. Secondo McIlwain, l essenza del costituzionalismo romano non consiste in alcune massime di tipo assolutistico, come quella di Ulpiano, secondo cui Princeps legibus solutus est. Al contrario, la vera essenza del costituzionalismo [romano] va cercata piuttosto nel più antico e più profondo principio che il populus e nessun altro che tutto il populus è la fonte ultima dell autorità legale l influenza di Roma realmente decisiva sulla successiva ideologia politica europea si esercitò durante il Medioevo, nel senso di un rafforzamento del costituzionalismo, e non dopo il Rinascimento italiano, nel senso di una tendenza all assolutismo. 26 Il costituzionalismo si manifesta quando si afferma la distinzione tra leggi fondamentali, o costituzionali, e leggi ordinarie. Nel medioevo, secondo McIlwain, alcuni giuristi, in particolare Bracton, hanno introdotto e difeso la distinzione tra iurisdictio e gubernaculum. Il potere reale poteva agire legittimamente solo nel campo del gubernaculum, ma non poteva invadere quello della iurisdictio (come dimostrano le vicende della politica inglese, a partire dalla Magna 24 H. Morgenthau, Politics among Nations. The Struggle for Power and Peace, New York, McGraw-Hill, 1985; trad. it. Politica tra le nazioni. La lotta per il potere e la pace, Bologna, Il Mulino, 1997, p Ch. H. McIlwain, Sovereignty in the Present World, in History, 1950, p Ch. H. McIlwain, Constitutionalism: Ancient and Modern, New York, Cornell University Press, 1947; trad. it., Costituzionalismo antico e moderno, Bologna, Il Mulino, 1990, pp

14 Charta). Questa distinzione diventa essenziale nella fase della storia europea in cui si formano gli Stati nazionali. Il potere del sovrano sui sudditi si accresce e si estende su un vasto territorio. E in questa congiuntura storica che la teoria della sovranità si congiunge con quella dello Stato moderno, tanto che nel corso dei secoli successivi esse diventano inseparabili. La dottrina della sovranità consente al re di rendere impersonale il suo potere di fare le leggi e di farle rispettare. E il definitivo superamento del feudalesimo. Hobbes sostiene che la moltitudine unita in una sola persona è detta Stato (Commonwealth o Civitas, in latino)... questa persona è detta sovrano... il Dio mortale. 27 In questa fase assolutistica della formazione dello Stato moderno, se non si fossero poste solide barriere al potere assoluto del sovrano, le libertà individuali, garantite dalla tradizione giuridica romana e feudale (common law, nel Regno Unito), sarebbero state ben presto soppresse. Il costituzionalismo e le carte dei diritti (Bill of rights) riuscirono a limitare il potere del sovrano, il gubernaculum. Il sovrano, grazie al regime costituzionale, non poteva esercitare i suoi poteri che entro certi limiti definiti dalla legislazione fondamentale. E dunque inevitabile che si cerchi una fonte di legittimità del potere alternativa alla tradizione e al diritto divino. Esiste il potere di fatto creato da colui (si pensi al Principe di Machiavelli) che conquista con la forza lo Stato e impone la sua volontà, che diventa legge; e vi è il potere legittimo, il potere che si fonda sulla tradizione legislativa, oppure sull autorità divina, o, meglio, sulla legittimità conferitagli da una costituzione, un patto stipulato tra i cittadini e il sovrano. Si può dunque comprendere perché assolutismo e sovranità assoluta si contrappongano al costituzionalismo e alla dottrina della legittimità costituzionale del potere. 28 Tuttavia, anche la dottrina del costituzionalismo (che è parte integrante dell ideologia liberale) non sarebbe stata sufficiente a superare la fase dell assolutismo monarchico, se non si fosse affermata, a fianco del costituzionalismo, anche la dottrina della sovranità popolare. Nel Regno Unito ci si ferma a mezza strada, dichiarando sovrano il parlamento, un organo comunque rappresentativo della volontà popolare. Ma, sul continente europeo, dove maggiore è la pressione accentratrice e autoritaria della monarchia, si proclama che solo il popolo è sovrano e che ogni potere legittimo non può scaturire che dalla volontà popolare. Rousseau sostiene la concezione più radicale di questa dottrina secondo la quale la sovranità, non essendo che l esercizio della volontà generale, non può mai essere alienata... se il popolo promette semplicemente di obbedire, in questo stesso atto esso si dissolve, perde la sua qualità di popolo. 29 Se presa alla lettera, questa affermazione consentirebbe di considerare legittima solo una Costituzione in cui il popolo legiferi direttamente, non una democrazia rappresentativa. Se ora rivolgiamo la nostra attenzione agli aspetti esterni della sovranità, dobbiamo constatare che verso l esterno il sovrano non ammette alcuna limitazione ai suoi poteri. Verso l esterno, il sovrano non riconosce alcun potere al di sopra di sé (nell epoca della nascita dello Stato moderno, la sovranità assoluta ha comportato l emancipazione dello Stato dai vincoli feudali del Sacro Romano Impero). Di fatto, con la sovranità assoluta si forma una società in cui ogni Stato non riconosce alcuna autorità esterna, derivante da altri Stati sovrani. La comunità mondiale degli Stati è una comunità anarchica per definizione, in cui i conflitti vengono regolati dalla forza degli eserciti, non dalle leggi scritte in una Costituzione. Nella politica internazionale, è la forza che decide, non il giudice, al contrario di quanto accade nella politica interna. Tuttavia, in una situazione di anarchia internazionale succede che il ricorso alla forza può essere invocato anche per regolare i rapporti interni, quando la pace civile è in pericolo. Lo Stato ha come suo dovere supremo quello di garantire la pace interna e la sicurezza dei cittadini. Se questi beni sono messi in pericolo da una minaccia esterna o interna, il gubernaculum può invocare ragioni superiori per aggirare la iurisdictio. McIlwain, che scriveva negli anni del fascismo e del nazismo, osserva che i diritti della persona, come la libertà di espressione, le immunità da accuse arbitrarie e lo stesso diritto alla vita, 27 T. Hobbes, Leviathan, Harmondsworth, Penguin Books, 1971, Part II, ch. XVII, p In questo senso si esprime anche C.J. Friedrich, Constitutional Government and Democracy, London, Blaisdell Publishing Co, 1968, pp J-J. Rousseau, Le Contrat social, trad. it. Il contratto sociale, Torino, Einaudi, 1966, Libro II, Cap. I, pp

15 fossero messi in pericolo da minacce esterne. Le ragioni di Stato sono state invocate nel passato per coprire proprio tali enormità: mai, tuttavia, su scala paragonabile a quella attuale. E mai, nella storia, credo, gli individui sono stati minacciati dalle usurpazioni del potere esecutivo come lo sono ora; mai la iurisdictio è stata messa in più gravi difficoltà dal gubernaculum. 30 Si potrebbe aggiungere che lo stesso costituzionalismo viene di fatto abolito da una concezione che riconosce come sola fonte del potere il potere stesso, cioè la forza. Carl Schmitt afferma che sovrano è chi decide sullo stato di eccezione. 31 Ciò significa che, anche per la politica interna, se la situazione di disordine civile lo richiede, chi ha la forza di imporre il gubernaculum (come ha fatto Mussolini con la marcia su Roma), diventa sovrano, fa le leggi e le fa rispettare. Come ai tempi di Machiavelli, un condottiero che assolda una banda di mercenari può diventare un capo di Stato. Come è potuto accadere che in Europa, la patria del diritto, il costituzionalismo venisse ripudiato così brutalmente? La risposta deve essere ricercata nella stessa storia europea, nell epoca in cui si fuse l idea di Stato con quella di nazione. Il nazionalismo è l ideologia che difende il valore dell indipendenza dei popoli nazionali, giustificando a questo fine l accentramento di tutti i poteri nelle mani del gubernaculum. 32 A partire dal secolo XVII e, in particolare, dopo la Rivoluzione francese, il modello dello Stato nazionale si è imposto in Europa e nel mondo come il più efficiente, sia per mantenere l ordine interno sia per far valere gli interessi nazionali nell arena mondiale. Gli Stati (come l impero Asburgico, quello Ottomano e gli Stati regionali italiani e tedeschi) che non hanno saputo assumere la forma di uno Stato-nazione sono stati travolti dalla forza, disgregante, o aggregante a seconda delle circostanze, del nazionalismo. Thomas Paine osservava che in America, tutte le costituzioni proclamano di fondarsi sull autorità del popolo. In Francia, la parola nazione è usata al posto di popolo. 33 Lo Stato nazionale, fondando il suo potere su una mitica comunità di sangue, di lingua o di storia, può pretendere un lealismo straordinario dai suoi cittadini. Il monarca non poteva obbligare tutti i suoi sudditi a servire Sua Maestà : i sudditi venivano arruolati nell esercito grazie all allettamento di una buona paga. Nello Stato nazione, il cittadino diventa debitore verso lo staato della sua stessa vita: si è francesi, tedeschi o italiani per nascita, prima ancora di diventare cittadini. La nazione è una forma tribale di identità politica. Lo Stato nazionale può dunque chiedere ai suoi cittadini di servire la patria in armi (la levée en masse) e di morire per la difesa della patria. Lo Stato si adorna anche dei simboli della religione (l altare della patria, i martiri, l idolatria dei capi nazionali, il culto degli eroi, ecc), come se lo Stato nazionale sovrano fosse il dio mortale. Se le circostanze lo richiedono, quando si tratta di difendere o di affermare l indipendenza di un popolo, il potere dello Stato nazionale sovrano diventa assoluto e, come il Leviatano, abbatte tutti coloro che ostacolano il proprio cammino. La sovranità nazionale è, all interno, il potere di fare le leggi e, all esterno, il potere di fare la guerra. Il potere interno di fare le leggi è stato temperato con l affermazione del costituzionalismo. 34 Questo processo non si è ancora manifestato nell arena internazionale. Si può dunque comprendere, alla luce di queste considerazioni, il significato storico della Costituzione europea. L indipendenza della nazione è stata difesa nell epoca della sovranità nazionale con i mezzi militari, con una moneta nazionale, con barriere doganali, con l indottrinamento nazionalistico nella scuola di Stato, con la chiusura delle frontiere agli stranieri, ecc. Nella misura in cui l integrazione europea è progredita, questi mezzi di difesa dell indipendenza nazionale si sono mostrati inutili. L indipendenza dei popoli europei può ora essere garantita da strumenti comuni di governo, come una moneta unica, un mercato interno che rende possibile la libera circolazione delle merci e delle persone, una difesa unica (quando cadrà anche l ultimo tabù sulla sovranità nazionale), ecc. La 30 Ch. H. McIlwain, Costituzionalismo antico e moderno, op. cit., p C. Schmitt, Politische Teologie, München-Leipzig, Duncker & Humblot, 1934; trad. it. Le categorie del politico, Bologna, Il Mulino, 1972, p Sul nazionalismo e sullo Stato nazionale cfr. M. Albertini, Lo Stato nazionale, Milano, Giuffrè, Th. Paine, Rights of Man, Hardmondsworth, Penguin Books, 1969, p Osserva Norberto Bobbio che il diritto è prodotto dal potere purché si tratti di un potere a sua volta derivato dal diritto. In N. Bobbio, Teoria generale della politica (a cura di M. Bovero), Torino, Einaudi, 1999, p

16 Costituzione europea garantisce l unità nella diversità ovvero l indipendenza in un mondo interdipendente dei popoli nazionali europei mediante regole costituzionali da tutti accettate. E il superamento dell uso della forza nella politica internazionale e della ragion di Stato come giustificazione della violazione della democrazia costituzionale. 7. L evaporazione della sovranità nazionale nel mondo Il processo di costituzionalizzazione della sovranità nazionale in Europa non risolverà certo tutti i problemi riguardanti l ordine internazionale contemporaneo, ancora fondato sulla sovranità nazionale. L Unione europea si può sostenere sarà, a sua volta, uno Stato sovrano in un mondo di Stati sovrani (art. I-7, L Unione ha personalità giuridica). Cambia solo la dimensione del problema, non la sua natura. La politica internazionale resterà anche per il futuro caratterizzata dalla politica di potenza e dalla guerra. Questo punto di vista è largamente diffuso e condiviso, in particolare dai teorici del realismo politico. Tuttavia, la realtà mondiale è più complessa e variegata delle dottrine che la vorrebbero interpretare. Negli ultimi decenni, si è insinuato il dubbio che lo Stato sovrano non sia affatto quella istituzione monolitica ed eterna che si assumeva dogmaticamente. Il processo di globalizzazione ha fatto emergere il fenomeno nuovo ed inquietante dell evaporazione, o dell erosione, della sovranità nazionale. Il dibattito si è aperto, ma non è approdato a conclusioni condivise perché, dopo aver constato che la sovranità nazionale evapora, non si riesce a scorgere alcuna ragionevole alternativa ad un ordine fondato sulla sovranità nazionale. Le istituzioni internazionali, come l ONU, vengono considerate un docile strumento nelle mani dei governi nazionali per conservare il proprio potere. Ne consegue che, di fronte alla crisi della capacità di governo degli Stati nazionali, si cercano sempre cause e spiegazioni interne al paradigma nazionale. Al contrario, le cause della crisi della politica, della democrazia, del diritto e dell economia vanno ricercate nel carattere anarchico del processo di integrazione mondiale, di cui quello europeo è parte integrante. L Europa è il terreno sperimentale di un fenomeno storico di portata globale. Il ruolo dell Europa nel mondo sarà, dunque, decisivo per l evoluzione della politica mondiale. Nel passato, la volontà umana ha inciso sulla formazione del sistema mondiale del potere solo come volontà di potenza. Oggi, la costruzione di efficaci istituzioni sovranazionali, sulla base di accordi collettivi e condivisi, può divenire una scelta consapevole. La politica mondiale del secondo dopoguerra si è sviluppata in un contesto storico caratterizzato non dall anarchia internazionale, ma dall egemonia statunitense, nel quadro occidentale e dall egemonia sovietica, in quello orientale. In questo contesto, anche grazie al protettorato americano, si è potuto sviluppare il processo di integrazione europea. Dopo il crollo dell URSS, le istituzioni internazionali volute dagli Stati Uniti, quali l ONU e le sue Agenzie, il FMI e il GATT (in seguito WTO), hanno assunto un rilievo ancora maggiore, come dimostra il fatto che i paesi esclusi bussano alla loro porta per chiedere di essere ammessi. Seppure lo scoppio di alcune guerre regionali abbia offuscato il quadro, il processo di integrazione internazionale sta progredendo, almeno sul fronte economico, che rappresenta comunque un buon indicatore delle tendenze di fondo della politica mondiale. Anche in questo caso, la logica delle cose ha prodotto effetti significativi. In un certo senso, si può sostenere che le istituzioni internazionali create nel secondo dopoguerra rappresentino una forma, seppure embrionale, di costituzionalizzazione delle relazioni internazionali. 35 Il processo di globalizzazione dell economia non può, tuttavia, procedere oltre un certo limite senza generare contraddizioni. Nella misura in cui si affermano nella politica mondiale nuovi protagonisti di taglia continentale, come la Cina, l India il Brasile e l Unione europea, è 35 Ad esempio, Ch. A. Kupchan, The End of the American Era. US Foreign Policy and the Geopolitics of the Twentyfirst Century, Princeton. Princeton University Press, 2000; trad it. La fine dell era americana. Politica estera americana e geopolitica nel ventunesimo secolo, Milano, Vita e Pensiero, 2003, a p. 366 sostiene che Le istituzioni sono costituzioni solo allo stato embrionale. 16

17 comprensibile che l egemonia statunitense vacilli. Oggi, l unilateralismo statunitense viene criticato apertamente. La tendenza verso una maggiore eguaglianza nella gestione degli affari mondiale è inarrestabile. La questione difficile da risolvere, ma che non può essere elusa, è se la transizione dall egemonia statunitense ad una sostanziale eguaglianza tra tutti gli Stati e i popoli possa avvenire con formule pacifiche oppure mediante crisi economiche, rivolte sociali e guerre. L Unione europea che, con la Costituzione, si sta dotando dei primi strumenti rudimentali di una politica estera e della sicurezza, può giocare un ruolo fondamentale nello scacchiere mondiale per favorire un processo di transizione pacifico verso una maggiore cooperazione, organizzata con istituzioni sovranazionali, tra tutti i continenti, Terzo mondo incluso. Consideriamo i caratteri fondamentali della sovranità europea, nell ipotesi che venga creata una Federazione di Stati nazionali, con un governo democratico sovranazionale. Un aspetto cruciale della politica del gubernaculum europeo consisterà nel recepire le spinte pacifiste provenienti dalla società. Gli Stati nazionali dell Unione hanno rinunciato, di fatto, alla guerra nei loro rapporti reciproci. La coscrizione obbligatoria è stata abolita in molti paesi, persino in Francia, il cui governo ha riconosciuto di non avere più confini da difendere. Con l allargamento, anche la Germania si trova nelle medesime condizioni. Inoltre, l Unione riconosce nella sua Costituzione di volere creare rapporti di buon vicinato (art. I-57) nei confronti dei paesi limitrofi, come la Russia, con i quali ha stipulato dei trattati di cooperazione. Si tratta di una politica esattamente opposta a quella tradizionale degli Stati nazionali sovrani, che dovevano fronteggiare il pericolo permanente di un attacco o di una invasione proprio dai paesi confinanti. La Federazione europea è forse il primo Stato al mondo senza frontiere permanenti. Gli Stati nazionali europei hanno perso il potere di chiedere ai loro cittadini di morire per difendere la patria. Lo Stato non è più un Leviatano, che può sacrificare la vita dei suoi figli sull altare della potenza nazionale. La crisi dello Stato nazionale, in Europa, si manifesta in molteplici aspetti, i più vistosi dei quali sono il disimpegno politico dei giovani nei partiti tradizionali e la scarsa partecipazione elettorale. L Unione europea, nella misura in cui avrà un gubernaculum democratico ed efficace, quando potrà parlare da pari a pari con le altre grandi potenze, riuscirà a suscitare un nuovo senso di appartenenza e di fierezza negli europei, che diventeranno attori della politica mondiale. Ma non è ipotizzabile che si manifesti una forma di nazionalismo europeo come è accaduto nel passato, quando i popoli europei si sono schierati in armi l uno contro l altro. Un ritorno al passato non può, ovviamente, essere del tutto escluso, perché la storia non procede senza contraddizioni e involuzioni. Ma, affinché si possa manifestare una simile inversione di tendenza nei comportamenti politici dei cittadini europei, è necessario che si profili la minaccia di un grave conflitto mondiale, che susciti odi e sentimenti di vendetta, simili a quelli che hanno condotto alle guerre mondiali. Di fatto, occorre ipotizzare una situazione mondiale simile a quella che ha caratterizzato il confronto USA-URSS durante la guerra fredda. Anche in questo caso, tuttavia, va ricordato che la guerra fredda è terminata senza spargimenti di sangue ed ora, USA e Russia dialogano nelle istanze internazionali. Se si esclude lo scenario di un ritorno all equilibrio del terrore, l Unione europea, nella misura in cui riuscirà a sviluppare una politica estera unitaria, avrà ogni interesse a rafforzare le istituzioni del dialogo e della cooperazione internazionale, come l ONU. Il suo potenziale militare è molto inferiore a quello degli Stati Uniti. Ma non è affatto necessario che l Europa miri a competere con gli USA o qualsiasi altra potenza mondiale per la conquista del primato militare mondiale. L Unione europea dovrà certamente essere in grado di intervenire in aree di crisi, come il Medio Oriente, ma a questi fini non occorrono arsenali da superpotenza. D altro canto, l uso delle armi sarà tanto meno necessario quanto più forti diventeranno le organizzazioni a vocazione universale, come l ONU, che deve essere messa nella condizione di agire, con risorse proprie e con una propria forza di pace, per affrontare le grandi emergenze mondiali, come la lotta alla povertà, l inquinamento globale e la pacificazione nelle aree di crisi. L Europa deve dunque agire nell ONU come un soggetto unitario, in quanto Federazione di Stati nazionali, per favorire la trasformazione dell ONU in una organizzazione sovranazionale e la partecipazione di altre unioni continentali, 17

18 come l Unione africana. La via verso la pace mondiale sarà più facilmente percorribile se inizierà un dialogo tra grandi unioni continentali di Stati e tra Stati (come la Cina, il Brasile, la Russia, ecc.) già di dimensioni continentali. In conclusione, anche se l Unione europea verrà riconosciuta giuridicamente come uno Stato sovrano, di fatto, sarà spinta dai suoi interessi a comportarsi come membro di una comunità politica mondiale in formazione. L Unione europea non avrà difficoltà a riconoscere che la sua indipendenza deve essere coordinata con l indipendenza degli altri soggetti attivi della politica mondiale. E il coordinamento richiede istituzioni comuni di carattere federale. Nell epoca della globalizzazione e delle armi di distruzione di massa, la sovranità assoluta di una parte dell umanità contro altre comunità politiche è una pretesa insensata. Quanto più la sovranità europea comincerà a coagularsi e consolidarsi in strutture costituzionali mondiali tanto più efficacemente l Europa riuscirà a garantire la pace, la giustizia tra i popoli e uno sviluppo sostenibile per sé e per il mondo. 8. La sovranità nazionale e il metodo delle scienze storico-sociali La conoscenza della società e della sua evoluzione storica è altrettanto, se non più complessa della conoscenza della natura. Nell età che, per tradizione, consideriamo antica (tuttavia, alquanto recente, se si prende in considerazione l intera storia della specie umana) sono cominciate le prime speculazioni filosofiche intorno alle leggi che governano la natura e la società. E iniziata così una lenta emancipazione dell umanità dai miti e dalle credenze che condizionavano i popoli primitivi. Tuttavia, solo a partire dall età moderna, la comprensione delle forze che governano il cosmo e condizionano la vita associata ha subito un accelerazione straordinaria. A fianco della teologia e della filosofia, sono sorte le scienze della società. Esse rappresentano un ausilio alla comprensione dell evoluzione culturale della specie umana; testimoniano la volontà di homo sapiens di estendere il controllo sulla propria evoluzione che, a differenza delle altre specie viventi, ha caratteristiche prevalentemente culturali e istituzionali, non biologiche. 36 Sebbene si possano ricercare anticipazioni in epoche lontane, è in relazione alla formazione dello Stato moderno che la politica, l economia e il diritto assumono lo status di discipline scientifiche autonome, ciascuna delle quali si incarica di studiare un particolare aspetto del comportamento umano. La politica studia il potere, come lo si conquista e come lo si conserva, e lo Stato come organizzazione suprema della vita associata. L economia comprende che al di là dello Stato, esiste una struttura sociale relativamente autonoma, il mercato, la cui funzione è quella di garantire la produzione dei beni domandati dagli individui. L economia studia il comportamento dei soggetti che agiscono nel mercato. Infine, il diritto, a partire dalle prime rivendicazioni costituzionali, elabora una serie di precetti e norme che consentono allo Stato di garantire una giusta, ordinata e pacifica convivenza civile. Secondo il positivismo giuridico, lo Stato moderno è un ordinamento giuridico e il diritto è, per definizione, una scienza normativa. Le scienze sociali elaborano modelli e tipologie che hanno la funzione di analizzare la società e, pertanto, di orientare anche le politiche necessarie alla soluzione dei problemi studiati. Il metodo delle scienze storico-sociali non differisce, per quanto riguarda la logica della ricerca scientifica utilizzata, 37 da quello impiegato dalle scienze della natura. La vera differenza riguarda la possibilità della verifica empirica, che è molto più difficile nelle scienze della società a causa della complessità e mutevolezza dell oggetto studiato e la più facile intromissione di giudizi di valore nella discussione scientifica. I giudizi di valore sono ineliminabili dalla ricerca sociale. Ciò non significa che la conoscenza oggettiva sia impossibile. Ma, rendendo particolarmente complessa la ricerca 36 Ho discusso dei rapporti tra conoscenza, natura e cultura nella prima parte di Ecologia e federalismo. La politica, la natura e il futuro della specie umana, Ventotene, Isitututo di Studi federalisti Altiero Spinelli, In questo senso, si esprime anche Karl Popper, negli scritti in cui discute dei rapporti tra metodo delle scienze sociali e metodo delle scienze della natura. Cfr. in particolare, il saggio Modelli, strumenti e verità. Lo status del principio di razionalità nelle scienze sociali in The Mith of the Framework. In Defence of the Science and Rationality, London-New York, Routledge, 1994; trad it. Il mito della cornice, Bologna, Il Mulino,

19 della verità, alcune dispute possono coinvolgere più generazioni di ricercatori, a volte senza che scaturisca alcun verdetto definitivo in un senso o nell altro. Nelle scienze storico-sociali, i problemi di metodo sono pertanto molto più rilevanti che nelle scienze della natura. A volte, una certa teoria o dottrina esce di scena, non perché se ne dimostri la falsità, ma perché essa viene dimenticata dalla comunità scientifica quando il mondo appare talmente mutato da renderla irrilevante per la comprensione della realtà contemporanea. Qualche cosa di simile sta accadendo al dogma della sovranità nazionale. Questa idea compare con nettezza nella storia del pensiero politico e sociale europeo a partire dall età moderna, quando, con la formazione degli Stati nazionali europei, l umanità ha cominciato a comprendere che la storia non era dominata solo dalla forza bruta o dal destino, ma che dopo matura riflessione sarebbe stato possibile istituire un buon governo. E vero che l impazienza rivoluzionaria, a volte, ha preso il sopravvento sulla matura riflessione dei gruppi che avrebbero voluto istituire un ordine nuovo. 38 La storia procede per sentieri impervi e zigzaganti. Tuttavia, nel corso degli ultimi decenni, il metodo del costituzionalismo si è affermato non solo per la soluzione dei problemi interni agli Stati, ma anche per quelli internazionali. Il processo di integrazione europea prima e, più recentemente, la globalizzazione hanno mostrato che la vita sociale si sta organizzando al di là dei confini nazionali. Questa nuova realtà extra-nazionale consente di demistificare una visione ideologica delle scienze sociali che ha tenacemente resistito alle prime critiche di alcune avanguardie intellettuali e politiche. Politica, economia e diritto si sono formate nell epoca del consolidamento dello Stato nazionale ed hanno assunto come un postulato inconfessato, o meglio naturale, che la società da studiare sia quella nazionale, che i confini del mondo coincidano con quelli della propria nazione. La politica è per definizione nazionale. Così l economia e il diritto. Al contrario, oggi, alcune discipline, come la politica internazionale, l economia internazionale e il diritto internazionale dovrebbero essere considerate discipline di transizione, destinate un giorno a dissolversi in una concezione autenticamente cosmopolitica della politica, dell economia e del diritto. Il vero oggetto di studio delle scienze sociali è l umanità, sono i comportamenti politici, economici e giuridici degli individui che agiscono in una società mondiale composta da differenti nazioni, così come all interno delle nazioni si considera l azione di individui che abitano in regioni o città differenti. Questa prospettiva di rinnovamento comporta un mutamento del paradigma conoscitivo. Qui risiede la vera difficoltà che devono superare gli scienziati innovatori. Quando un vecchio paradigma entra in crisi, perché la realtà è mutata, non basta la critica alla sua incoerenza o ai suoi postulati per provocarne l abbandono. Il nuovo paradigma si afferma con difficoltà perché la sua accettazione dipende più dalle promesse future che dalle conquiste passate. Lo storico del pensiero scientifico Thomas Kuhn, sostiene che colui che abbraccia un nuovo paradigma fin dall inizio, lo fa spesso a dispetto delle prove fornite dalla soluzione dei problemi. Egli deve, cioè, avere fiducia che il nuovo paradigma riuscirà in futuro a risolvere i molti vasti problemi che gli stanno davanti, sapendo soltanto che il vecchio paradigma non è riuscito a risolverne alcuni. Una decisione di tal genere può essere presa soltanto sulla base della fede. 39 Il dogma della sovranità nazionale è difficile da superare perché il paradigma alternativo, quello federalista, della organizzazione delle relazioni internazionali deve prima aver dato una sufficiente garanzia di buon funzionamento. Nella politica, ancor più che nella ricerca scientifica, gli uomini cambiano le loro idee con prudenza, perché, come sostiene acutamente Machiavelli, gli uomini non credono possibili 38 L unificazione di Stati, nell esperienza storica, è avvenuta quasi sempre con la forza. Fa eccezione la nascita degli Stati Uniti d America. Ne erano consapevoli i padri fondatori. Vale la pena di ricordare che Hamilton ha scritto nel Saggio n. 1 del Federalist: Il popolo di questo paese sembra quasi destinato a risolvere, col proprio comportamento ed esempio, l importante quesito, se le società umane siano o meno capaci di darsi, per propria scelta e attraverso matura riflessione, un buon governo, o se esse non siano invece condannate a far dipendere dal caso o dall uso della forza le proprie costituzioni politiche (trad. it. Il Federalista, op. cit., p 141). 39 T. S. Kuhn, The Structure of Scientific Revolutions, Chicago, The University of Chicago Press, 1962; trad. it. La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Torino, Einaudi, 1969, p

20 ordini nuovi se non ne veggono nata una ferma esperienza. 40 Il superamento della sovranità nazionale in Europa è un processo lento e faticoso anche per questa ragione. In Europa si sta mettendo in discussione il paradigma su cui sono fondate tutte le relazioni internazionali, anche quelle extra-europee. Inoltre, si comprende perché, a livello mondiale, dove il processo di integrazione si fonda su principi giuridici che ammettono la guerra come strumento per la risoluzione dei conflitti, la prospettiva di una federazione mondiale appaia evanescente. A causa di queste difficoltà conoscitive, il compito delle scienze storico-sociali è oggi più importante e complesso di quanto lo fosse nel passato. La costruzione degli Stati nazionali è avvenuta mediante un processo in cui la forza ha avuto una parte preponderante. A un certo punto della loro storia, gli uomini hanno preso atto che il quadro di potere in cui si svolgeva la loro vita quotidiana era lo Stato nazionale. La transizione ad un ordine mondiale fondato sulla pace tra le nazioni non potrà procedere nel medesimo modo. Il superamento di una realtà politica in cui le superpotenze, le grandi potenze, ecc. svolgono un ruolo dominante nel decidere le regole del gioco, senza escludere il ricorso alla guerra, ad un mondo in cui le regole del gioco sono decise da tutti, compresi i popoli più deboli e poveri, può avvenire solo sulla base di un processo nel corso del quale la ragione prevalga sulla forza. Un ordine politico consiste nella trasformazione della forza, dunque del dominio o dell egemonia di una potenza, in un potere legittimato dalla volontà collettiva, che usi la forza per garantire la pace e la giustizia. Non si può, pertanto, sperare che si possa istituire un ordine mondiale pacifico senza una costituzione mondiale che vincoli tutti gli Stati a rispettare le norme tra di loro concordate. Se gli Stati e i popoli rinunciano all uso della forza in politica estera, devono essere certi che un potere da loro riconosciuto come legittimo ne garantisca l indipendenza e la sicurezza. In una realtà internazionale complessa, dove le prospettive appaiono incerte, occorrono criteri ben definiti per decidere che fare. Due sono le polarità verso le quali si può orientare l uomo politico che agisce nella politica mondiale: la prima è il vecchio paradigma della sovranità nazionale (all interno, il potere di fare le leggi; all esterno, il potere di fare la guerra); la seconda è il nuovo paradigma del federalismo sovranazionale (un sistema di governi democratici indipendenti e coordinati). Non vi sono modelli alternativi: tertium non datur. 41 Si può agire per tentare di conservare la sovranità nazionale, oppure si può agire per favorire il suo superamento, affidando i poteri nazionali ad un governo sovranazionale. E a questo punto che occorre constatare come molti scienziati sociali e filosofi cadano facilmente nell errore del realismo acritico. Nella convinzione che la conoscenza oggettiva consista nel riconoscere la realtà storico-sociale così come si manifesta agli occhi del ricercatore, essi teorizzano alcune istituzioni internazionali transitorie (perché incapaci di rispondere ai criteri della legittimità democratica e dell efficacia) come permanenti, svolgendo così un ruolo conservatore, in alcuni casi anche reazionario, nei confronti di un ordine internazionale che non è più in grado di garantire un futuro alla specie umana. Ad esempio, per quanto riguarda l unificazione europea, Joseph Weiler sostiene la tesi che la Costituzione europea non abbia alcune rapporto né con un popolo europeo, che a suo avviso non esisterebbe, né con uno Stato federale europeo, che non è desiderabile. Weiler afferma senza esitazioni che, per quanto riguarda il processo d integrazione europea, si deve evitare il termine federale. 42 L Unione è 40 Si tratta del cap. VI del Principe. 41 In verità, la prassi politica internazionale mostra che vi sono numerose istituzioni intermedie tra le due polarità indicate come la Lega delle Nazioni, l OCSE, ecc. ma nessuna di queste rappresenta un modello stabile di comunità politica, nel senso che garantisce l efficienza e la democraticità delle decisioni prese. 42 J. H. H. Weiler, The Constitution of Europe, Cambridge, Cabridge University Press, 1999; trad. it. La Costituzione dell Europa, Bologna, Il Mulino, 2003, p. 15. Weiler sostiene che il termine Europa federale è fuorviante perché sostituisce quello di Stato federale europeo, a cui si oppone per varie ragioni, una delle quali è che sarebbe inevitabile la tendenza all aggregazione del potere nelle istituzioni federali (p. 566), inoltre l Unione di Stati, così come si è costituita con il Trattato di Amsterdam, è una organizzazione politica senza precedenti e, sostiene Weiler, aborrirei l idea che possa venire rimpiazzata da uno Stato (p. 576) che introdurrebbe un confine tra un noi europeo e un loro non-europeo (p. 572). Weiler tuttavia non spiega per quale ragione vorrebbe lasciare le decisioni della politica mondiale nelle mani di altri Stati, come gli USA, la Russia, la Cina, l India, ecc. e non anche in quelle dell Europa. 20

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