1. Geomorfologia delle coste sabbiose
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- Marco Zanella
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1 1. Geomorfologia delle coste sabbiose La costa è il luogo fisico in cui terra, il mare e l aria si incontrano (Pranzini, 2004), la cui identificazione è tutt altro che facile per le continue variazioni del livello del mare e per le interruzioni dovute alle foci dei fiumi, alle lagune e ai ghiacciai che fluiscono direttamente in mare, dando origine ad un area di transizione tra ambiente continentale e marino caratterizzata e determinata da fenomeni estremamente complessi. La costa in realtà rappresenta ben più di una linea su una carta geografica, estendendosi, nell accezione comune e in quella delle varie forme amministrative di gestione, in una fascia più ampia di zona costiera. L azione morfologica del moto ondoso si esercita infatti per parecchie decine di metri verso l interno, così come la presenza del mare condiziona fortemente il clima di una regione per chilometri nell entroterra e di conseguenza anche la vegetazione. L adozione di criteri di definizione spaziale più ampi, che determinino una fascia di entroterra coinvolta nella definizione, sono assai più diffusi, anche se non univoci e soggetti a inevitabili variazioni in funzione dell approccio d indagine. Nello studio geomorfologico dei tratti costieri sono state proposte negli anni molte classificazioni, non sempre accettate da altri studiosi, che differiscono sostanzialmente per approcci basati sulle forme, di tipo prevalentemente descrittivo, o sui processi che li hanno generati (Pranzini, 2004). In questa sede non entriamo nella disquisizione sulle varie classificazioni proposte, limitandoci ad adottarne una di tipo descrittivo, semplice, immediata e utile ai nostri fini, ovvero la distinzione in coste alte e coste basse. Per costa alta si intende un tipo di costa morfologicamente articolata, caratterizzata da una certa pendenza ed altezza, a differenza delle coste basse, che con pendenze debolissime, assumono, in prossimità della linea di riva, quote topografiche nulle. Le coste basse sono essenzialmente rappresentate da spiagge, accumulo di sedimenti non consolidati e di dimensioni ed origine variabile, che costituiscono circa il 40% delle coste del mondo (Bird, ex Pranzini, 2004). I fattori che determinano le caratteristiche fisiografiche dell ambiente costiero sono prevalentemente meccanici (maree, onde, correnti, vento) e subordinatamente climatici, biologici e chimici. I sedimenti, alle medie latitudini, sono prevalentemente prodotti dall alterazione superficiale delle rocce che costituiscono i bacini idrografici dei rispettivi fiumi di alimentazione. Negli ambienti costieri con elevata energia del moto ondoso avviene una rapida abrasione dei granuli costituiti dai minerali più teneri e un accumulo di quelli formati dai più duri, per questo molte spiagge, non continuativamente alimentate, 9
2 tendono ad essere formate in prevalenza da granuli di quarzo, come alcune della Sardegna o la piccola Cala Violina in provincia di Grosseto. I sedimenti delle spiagge alle alte latitudini sono spesso prodotti dall erosione costiera di rocce poco cementate di origine recente, come nella costa atlantica degli Stati Uniti o anche nel Nord Europa. Le coste sabbiose possono essere alimentate anche dai venti, in particolare laddove ci sono deserti prossimi al mare, come in Mauritania o Namibia o essere costituite da gusci di conchiglie o frammenti di coralli come avviene in ambiente tropicale, in coste ben protette o presso estuari e lagune. L origine dei sedimenti può anche essere strettamente legata alle attività e ai prodotti umani, basti pensare ai pezzi di vetro, di mattoni o addirittura plastica o ai materiali di risulta delle attività estrattive, di cui possiamo trovare esempi in alcune spiagge toscane del settore orientale dell Isola d Elba e in quella di Baratti o della Sardegna a Buggerru. Così come per l origine anche la dimensione dei sedimenti delle spiagge può essere assai variabile, dalla sabbia fine sino alla ghiaia, ai ciottoli e ai massi. Sedimenti più fini delle sabbie si trovano solamente in ambienti a bassa energia come le spiagge lagunari o all interno di estuari. La tendenza generale a riscontrare in ambienti ad alta energia sedimenti più grossolani e meglio classati (costituiti da per la maggior parte da elementi delle stesse dimensioni) può subire molte eccezioni a causa dell origine del materiale, come avviene in numerose spiagge oceaniche ricche di sabbia fine, giunta da molto lontano e priva degli elementi più grossolani persi lungo il percorso. Le caratteristiche morfologiche dell Italia determinano una notevole variabilità delle dimensioni dei granuli che costituiscono le coste sabbiose: fiumi derivanti da grandi pianure alluvionali (come il Po o l Adige) riescono a portare solo sedimenti di dimensioni minori, mentre fiumi a carattere torrentizio con tragitti ad elevata pendenza, quali molti di quelli appenninici, portano alla foce elementi più grossolani. Sotto l attacco del moto ondoso la spiaggia assume una forma che consente una più efficace dissipazione dell energia, in dipendenza dalle onde incidenti e dalle caratteristiche granulometriche dei sedimenti, tanto che il suo profilo cambia continuamente. Le onde modellano la costa a partire da quando il moto orbitale delle particelle d acqua subisce l attrito con il fondale; in teoria quindi fino a dove si ha una profondità pari a circa la metà della lunghezza dell onda incidente. Ne consegue che le zone più prossime alla riva sono quelle rimodellate in continuazione mentre le parti più distanti subiranno mutamenti significativi solo in caso di eventi eccezionali, in grado di muovere i sedimenti lì deposti. 10
3 Osservando il profilo di una costa sabbiosa sono individuabili tre unità principali: la spiaggia emersa o retrospiaggia (backshore, il cui limite interno è collocato al piede di eventuali sistemi dunali presenti), la spiaggia intertidale o foreshore (alternativamente inondata ed esposta all atmosfera ad opera del moto ondoso e delle maree), la spiaggia sommersa o esterna (shoreface). Figura 1: Profilo di una spiaggia (da APAT, 2007) Il limite verso il largo della spiaggia sommersa deve essere considerato quello della profondità di chiusura, oltre la quale si considerano trascurabili, per un dato tempo di ritorno, le variazioni di morfologia del fondale. In altre parole, la profondità di chiusura è la profondità oltre la quale l energia del moto ondoso non è più in grado di determinare spostamenti significativi di sedimento. Il limite interno è collocato in corrispondenza delle dune poiché si tratta delle aree in cui non si risente più (in un certo periodo, a meno di mareggiate eccezionali) del moto ondoso, ed il vento è in grado di movimentare la sabbia asciutta della spiaggia emersa. Dalla duna verso il mare possono rinvenirsi una o più creste a sezione triangolare che individuano le berme, strutture che si generano in corrispondenza di zone a forte deposizione, causata dall infiltrazione dell acqua nella sabbia insatura. In seguito a forti mareggiate, è possibile individuare, oltre a quella ordinaria, altre berme più interne, delle quali la più alta è detta di tempesta, generatesi nel momento in cui le onde, caratterizzate da un maggiore run-up, spingono l acqua al di sopra della berma ordinaria, determinandone l erosione e generandone altre più arretrate e di maggiore altezza. La pendenza del profilo dipende fondamentalmente dall energia del moto ondoso e dalla granulometria del 11
4 sedimento: essa aumenta con l altezza media delle onde, e, tenendo costante questo parametro, all aumentare della granulometria. Figura 2: Pendenza di una spiaggia (da Pranzini, 2004) Nella porzione sommersa della spiaggia possono essere presenti una o più barre, cordoni di sabbia ad andamento approssimativamente subparallelo alla spiaggia, eventualmente separati da solchi o truogoli, che si originano in corrispondenza della linea dei frangenti. E questa la zona in cui le onde, a causa dell interazione col fondale, aumentano la loro ripidità, superando il limite di stabilità: si verifica così il frangimento. In questa fase le onde cominciano a mobilizzare ingenti quantità di sedimento; questo flusso di acqua e materiale verso riva (on-shore) si incontra con quello in direzione opposta (off-shore), innescato dall innalzamento del livello del mare (associato al flusso di massa verso terra), che si verifica nei pressi della riva. Questa circolazione si chiude in corrispondenza della linea dei frangenti, dove il flusso off-shore perde capacità di trasporto ed abbandona il sedimento, che va a costituire la barra. Vista la forte interazione tra profilo di spiaggia e clima ondoso, Shepard (1950) definì un profilo estivo ed uno invernale, generalizzando le modifiche che una stessa spiaggia può subire in funzione delle condizioni meteorologiche. Superando questo approccio eccessivamente semplicistico, è pur vero che, come evidenzia Pranzini (2004), si possono individuare e caratterizzare un profilo di tempesta (storm profile), contraddistinto da numerose barre e maggiori pendenze determinate dalle intense mareggiate, e un profilo di mare lungo (swell profile), in 12
5 cui le barre sono utilizzate dal moto ondoso per l accrescimento della spiaggia, diminuendo le loro dimensioni e la distanza dalla riva (Bovina et Sinapi 2008). Figura 3: Bilancio sedimentario costiero (da APAT, 2007) Lo sviluppo longitudinale di una spiaggia è il risultato di numerosi processi che le fanno assumere la configurazione migliore per opporsi al moto ondoso. In condizioni ideali di equilibrio e senza alimentazione una costa sabbiosa dovrebbe avere un andamento tale che i fronti delle onde vi arrivino ortogonalmente, senza flusso di sedimenti lungo la riva. Poichè le spiagge normalmente in particolare in Italia vengono investite da onde di diversa provenienza e intensità, l andamento della linea di riva è il risultato delle varie forze in gioco, anche se spesso si può identificare un onda prevalente che ne determina l andamento. Altri fattori che contribuiscono a determinare lo sviluppo longitudinale della spiaggia possono essere una marcata stagionalità del moto ondoso, così come la presenza di foci dei fiumi, con il loro apporto sedimentario, o irregolarità del fondo, come isole, rocce o secche che possono modificare la direzione e l intensità delle onde. Quindi la spiaggia costituisce un entità in continuo movimento, anche qualora raggiunga lo stato di equilibrio. Ogni spiaggia presenta una propria fisiologia, determinata da fattori diversi (onde, maree, correnti costiere, vento, apporti sedimentari), influenzati a loro volta dalle variazioni del livello marino, dall assetto geologico e dalle caratteristiche fisiografiche della regione. Tutti i processi propri del ciclo sedimentario (erosione, trasporto e sedimentazione) si succedono in rapida sequenza, definendo il bilancio costiero o sedimentario della spiaggia, cioè il bilancio tra apporti e perdite di sedimento. Il bilancio si riferisce generalmente all unità fisiografica, tratto di litorale che sottende uno o più corsi d acqua, dove i sedimenti presentano movimenti confinati all interno dei limiti dell unità stessa e 13
6 dove gli scambi di sedimenti tra unità fisiografiche adiacenti sono da considerarsi nulli. Il limite verso largo dell unità fisiografica è individuato dalla già vista profondità di chiusura (Bovina et Sinapi 2008). Le voci principali di input del bilancio di una costa bassa sono l apporto di sedimenti dai sistemi fluviali e/o da quelli prodotti dall erosione delle coste alte che la delimitano, mentre le voci di perdita sono inerenti al flusso di sedimenti verso il largo. In realtà il bilancio sedimentario è assai complesso, in quanto legato a vaste unità territoriali e influenzato da moltissimi processi che possono condizionarne sia l apporto fluviale che le perdite in mare. Figura 4: Bilancio sedimentario costiero (da Pranzini, 2004) Le dune costiere rappresentano l elemento di transizione tra il sistema deposizionale costiero delle spiagge e l ambiente dell entroterra, svolgendo un importante ruolo di raccordo funzionale sia fisico che biotico. Esse devono la propria genesi ed evoluzione al vento, che preleva i granuli di sedimenti dalla spiaggia, trasportandoli fino a quando la sua velocità lo consente o fino a quando trovano un ostacolo. Questo processo, chiamato deflazione, si svolge in realtà secondo regole più complesse e le particelle estremamente fini, quali i limi e le argille che sono coesive e formano superfici lisce, possono opporsi all'erosione più di quanto non lo facciano le sabbie. Quando la velocità del vento supera i 3 m/s i primi granelli che iniziano a muoversi hanno dimensioni di circa 0,06 mm, mentre le particelle più fini e quelle più grossolane necessitano di velocità superiori per essere messe in movimento. I granelli di 0,02 mm, per esempio, inizieranno a muoversi solo quando il vento avrà 14
7 già raggiunto i 5 m/s, e allora nel flusso sedimentario dovremmo trovare anche particelle di 0,2 mm. Questi dati si riferiscono a materiali monodimensionali, nel qual caso i granelli fini sono estremamente coesivi e formano superfici poco scabrose dalle quali è difficile distaccare i singoli granuli; ma in un deposito eterogeneo, i granelli più piccoli vengono asportati dal vento assai più facilmente (Pranzini, 2004). Le cose si complicano ulteriormente in quanto il vento, in prossimità delle asperità del suolo, presenta un flusso non laminare con frequenti variazioni di velocità. Dove viene superata la velocità limite per determinati granelli, questi vengono messi in movimento e anche sollevati, ma ricadono al suolo dopo aver percorso una traiettoria più o meno lunga. Questo movimento per «saltazione» interessa circa il 75% della sabbia in transito in una determinata sezione, mentre il restante 25% è soggetto a un processo di trascinamento (creeping), sia per la spinta del vento radente che per impatto dei granuli che dopo ogni salto ricadono al suolo (Pethick ex Pranzini, 2004). La gran parte della sabbia, quindi, si muove attraverso una serie di salti e rimbalzi, attraverso i quali si possono sollevare e mettere in movimento altre particelle. La quota raggiunta dai granelli non è mai molto alta, e il 50% del flusso avviene nei primi 5 cm dalla superficie (Zenkovich ex Pranzini, 2004). Figura 4: Meccanismi di movimento dei granuli di sabbia (da Pranzini, 2004) Tutti questi movimenti interessano comunque la frazione a granulometria minore di tutta l area della spiaggia, dove si forma un deposito residuale costituito da particelle di dimensioni medie maggiori rispetto a quelle del materiale originario. L'effetto di questi processi appare evidente analizzando le dimensioni dei granuli che costituiscono i vari depositi costieri: in genere una duna è formata da materiali più fini e meglio classati rispetto a quelli che costituiscono la spiaggia antistante. Sotto l'azione del vento la superficie della spiaggia si modella in ripples, la cui altezza può raggiungere alcuni centimetri e la lunghezza alcuni decimetri, in funzione diretta con la velocità del vento e con le dimensioni dei granuli. 15
8 Superfici orizzontali estremamente regolari possono trarre origine anche da altro processo, legato al fatto che la sabbia umida è poco soggetta alla deflazione, è così che venti anche intensi non possono determinare l abbassamento del profilo della spiaggia oltre il livello della falda freatica, che normalmente è prossimo a quello del mare, e che quindi diviene il livello di base dell erosione eolica. Quando il vento incontra un ostacolo, che può essere costituito da vegetazione rocce e manufatti, ma anche da materiale portato dal mare sulla spiaggia, il suo flusso viene modificato sia in termini di direzione che di velocità. Localmente la velocità può anche aumentare, determinando erosioni concentrate, ma spesso tende a ridursi, consentendo la deposizione di parte della sabbia trasportata. Elementi geometrici ben definiti, come recinzioni o edifici, determinano spesso un accumulo di sabbia sul lato sopravento, che può però essere separato dall ostacolo da un profondo solco dovuto a correnti erosive localizzate o inversioni di direzione del flusso (Pranzini, 2004). Il materiale che si muove per effetto del creeping è meno soggetto a questi processi e fluisce verso l'ostacolo fermandosi alla base, a meno che qui non si vengano a formare vortici capaci di allontanarlo, sempre per creeping o per saltazione. La vegetazione costituisce un ostacolo meno rigido e frena il vento in modo graduale, infatti dove essa è presente non si formano mai dei solchi e la duna si raccorda in modo morbido con la spiaggia. Già le piante delle prime fitocenosi, più prossime al mare, costituiscono un ostacolo sufficiente a formare una prima duna embrionale che, se non intaccata da forti oscillazioni stagionali della linea di riva, avrà modo di crescere e costituire una duna vera e propria (foredune). In questo processo la vegetazione che continua a crescere sopra di essa ha un ruolo determinante, mantenendo sempre una barriera semi-permeabile che «pettina» il vento e trattiene i granelli da esso trasportati. Nelle dune in accrescimento l'innalzamento di quota della sommità in genere avviene a un tasso di 0,3-0,5 m/anno (Pranzini 2004) e le specie che hanno determinato la formazione della duna embrionale vengono sostituite da altre più adatte a vivere nel nuovo ambiente. Nell ambito degli studi botanici questa stretta relazione tra vento e vegetazione nella genesi delle dune fu già studiata e definita negli anni 30 da Kuhn Holz-Lordat come binomio dinamico, ed è stata successivamente ampliata da Pignatti in trinomio dinamico, aggiungendo la sabbia come terzo imprescindibile fattore necessario a definire il sitema (Pignatti, 2002). Se la spiaggia è in accrescimento, la foredune può vedere davanti a sé la formazione di un altro cordone sabbioso che la priverà di una parte consistente dell'apporto eolico. La vecchia duna avrà quindi un'evoluzione più lenta, mentre si accrescerà rapidamente il nuovo cordone. È così che con il passare del tempo, in 16
9 spiagge soggette a progradazione, i cordoni sabbiosi si affiancano l'uno all'altro, formando sistemi dunali profondi fino ad alcuni chilometri. Se la progradazione della spiaggia è rapida, la nuova foredune si formerà a una certa distanza dalla vecchia, lasciando fra le due una zona depressa, che potrà successivamente trasformarsi in uno stagno interdunale. Una rapida progradazione della costa favorisce lo sviluppo di numerose dune embrionali che non hanno però la possibilità di crescere e diventare vere e proprie foredunes. Solo se la linea di riva non subisce consistenti spostamenti o se la crescita della spiaggia è molto lenta si possono formare dune costiere molto elevate, altrimenti si sviluppa una pianura costituita da cordoni di spiaggia o da dune embrionali. Il modello concettuale di Psuty prevede la possibilità di sviluppo delle dune anche su litorali in erosione, ma la loro formazione è comunque il naturale risultato quando la spiaggia è in avanzamento o equilibrio (Pranzini, 2004). Figura 5: Modello di Psuty (da Pranzini et Simeoni, 2005) Dopo quanto detto, non sorprenderà il fatto che la disposizione di gran parte delle dune costiere, indipendentemente dalla direzione da cui spira il vento, sia sempre parallela alla riva. Il motivo di ciò risiede nel fatto che la vegetazione può svilupparsi solo a una ben determinata distanza dal mare, a causa delle condizioni ambientali, ed è a quella distanza che può contribuire alla formazione di un cordone sabbioso, che viene quindi a trovarsi sempre parallelo alla riva. 17
10 Ciò non avviene in quegli ambienti in cui la vegetazione non può sopravvivere o dove la disponibilità di sabbia e l'energia del vento sono tali da coprire la vegetazione e dare luogo a dune mobili che, in questo caso, si svilupperanno con direzioni allineate a quelle dei venti prevalenti, modificandosi eventualmente con il mutare delle stagioni. In queste dune si può apprezzare meglio il profilo caratteristico dei depositi eolici, che vede il lato sopravento a debole pendenza e quello sottovento piu ripido. Il primo riceve costantemente materiale dalla spiaggia antistante, ma viene anche eroso dal vento, che trasporta i granuli fino alla cresta della duna, dove la compressione del flusso fa registrare le massime velocità. Più alta è la duna e più veloce è il vento sulla cresta, tanto che un processo di feedback ne inibisce una crescita indefinita. Superata la cresta, il vento riduce la propria velocità e abbandona parte delle particelle che trasportava; altre dalla cresta cadono per gravità per andare a costituire un versante con pendenza regolare e costante, determinata dall'angolo di riposo dei materiali. Questo è normalmente compreso fra i 32 e i 34, con i sedimenti più grossolani che danno luogo a un pendio più ripido (Pranzini, 2004). In entrambi i lati si possono generare vortici che determinano un'inversione dei flussi, quelli che si formano sul lato posto sottovento contribuiscono all'accrescimento di questo fianco della duna. La crescita della duna su questo lato e l'erosione del lato opposto sono i processi che determinano il movimento dell'intero corpo dunale, che può avvenire solamente se la copertura vegetale è scarsa o assente. Le dune non fissate dalla vegetazione si muovono piuttosto rapidamente, con una velocità direttamente proporzionale a quella del vento e inversamente proporzionale al volume del corpo sabbioso. In questa migrazione le dune possono spingersi in profondità nell'entroterra, accumularsi alla base dei rilievi o risalire anche ripide falesie per andare a posizionarsi alla loro sommità (Pranzini, 2004). I processi di cui abbiamo parlato mostrano come siano complessi i fenomeni che regolano la formazione delle coste e delle dune sabbiose, in cui i processi biotici, ed in particolare lo sviluppo della vegetazione, giocano un ruolo fondamentale. Bisogna però sottolineare che, oltre alle funzioni connesse con i processi ecosistemici, i sistemi dunali vanno a svolgere anche importanti funzioni geologiche. Le dune infatti possono costituire una riserva di sabbia in grado di rialimentare le spiagge durante le fasi erosive dovute all andamento stagionale o a fenomeni di mareggiate eccezionali, costituendo anche una barriera morfologica contro l ingressione marina e le inondazioni. Particolarmente importante risulta essere il ruolo idrogeologico nel poter contenere l intrusione salina all interno delle acque 18
11 dolci delle falde freatiche continentali, grazie alla lente d acqua dolce che è presente con fluttuazioni stagionali negli apparati dunali e che determina un innalzamento del livello piezometrico (quota reale della falda sul livello del mare) (Bovina et Sinapi, 2008). L interfaccia tra acqua dolce e acqua salata si trova infatti a una profondità rispetto al livello del mare pari a circa 40 volte l altezza del livello piezometrico (legge di Ghyben Herzberg, un abbassamento di un metro del livello piezometrico, ad esempio per effetto del pompaggio di un pozzo, causa la risalita di 40 metri di un cono d acqua salata), pertanto questa lente d acqua sotto le dune può contribuire efficacemente contro i diffusi fenomeni di intrusione salina, dovuti nella maggior parte dei casi all eccessivo sfruttamento antropico delle falde freatiche. Figura 6: Il ruolo delle dune nel contrastare l'intrusione salina (da Antonellini et al. 2008) 19
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13 2. Flora e vegetazione delle coste sabbiose 2.1 Inquadramento bioclimatico Definire il clima costiero risulta assai difficile in quanto è suscettibile di enormi variazioni locali determinate da molteplici fattori geografici e geomorfologici che possono creare processi particolari e talvolta occasionali nei diversi siti costieri. Indipendentemente da ciò tutte le aree costiere si trovano a subire condizioni climatiche particolari riconducibili al contrasto tra le proprietà termiche della terra e quelle del mare, che danno origine a gradienti barici tali da innescare flussi nell atmosfera che vanno a sommarsi o a ostacolare quelli che costituiscono la circolazione primaria a scala planetaria. A livello locale si esalta l azione termoregolatrice della massa idrica marina, che tende a riscaldarsi in estate e a cedere calore durante i mesi autunnali ed invernali, mentre in primavera-estate le acque, raffreddatesi durante l inverno, assorbono calore, temperando il clima litoraneo. In Italia questa azione è particolarmente sensibile lungo le coste dell Adriatico, che, essendo poco profondo e chiuso su tre lati, è un mare con maggiore tendenza al surriscaldamento durante i mesi estivi. Le spiagge e i sistemi dunali dell Italia sono tutti affacciati sul Mediterraneo, il popolamento di questi ambienti va quindi inquadrato nel contesto biogeografico della regione mediterranea. La zona biogeografica mediterranea viene definita proprio dalle sue caratteristiche climatiche: temperatura media annua compresa tra 14 e 18 C, precipitazioni più o meno abbondanti ( mm, ed anche localmente fino a 1500 mm e più) concentrate nella stagione fredda, mentre in estate si ha un periodo arido di (2) 3-5 mesi (Pignatti, 2002). In nessun mese la temperatura media scende al di sotto di 0 C; precipitazioni nevose e gelate sono rare e si verificano solo sporadicamente. Queste caratteristiche permettono la vita a specie sempreverdi, che possono continuare la fotosintesi anche nei mesi invernali e che si riproducono anche nell ambiente delle spiagge. Queste condizioni sono oggi prevalenti in tutto il bacino mediterraneo, ma non esclusive di questo, in quanto esse si manifestano anche in altre zone del mondo, come la California, il Cile centrale, alcune aree meridionali del Sudafrica e alcuni settori dell Australia occidentale e meridionale. Per quanto riguarda gli ambienti litoranei italiani, si può osservare come non tutti siano però associati a territori con caratteristiche di vera mediterraneità. Nella classificazione bioclimatica messa a punto da Rivas-Martinez (1997), secondo indici climatologici comunemente adottati negli studi sulla vegetazione (Ubaldi, 2003), e riscontrabile in figure 9 e 10, l Alto Adriatico ha infatti un clima di tipo temperato oceanico, mentre nelle Marche, così come nelle coste liguri e versiliesi, 21
14 il clima presenta un carattere di transizione (temperato oceanico sub mediterraneo) verso il tipo strettamente mediterraneo (mediterraneo pluvistagionale oceanico) che riguarda tutte le coste restanti. 22
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