Effetto della forma di presentazione di alimenti concentrati sul comportamento alimentare e sulle performance di bovini da carne

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI FACOLTÀ DI AGRARIA Dipartimento di Scienze zootecniche Corso di Laurea in Scienze delle Produzioni Zootecniche Effetto della forma di presentazione di alimenti concentrati sul comportamento alimentare e sulle performance di bovini da carne Relatore: Prof. Antonello Cannas Correlatore: Dott.ssa Maria Devant Guille Tesi di Laurea di: Giovanni Massaiu Anno Accademico

2 INTRODUZIONE La presente tesi di laurea si basa su una ricerca condotta dall Autore in Spagna durante un periodo del programma di Placement presso l IRTA di Barcellona, Spagna. Per questa ragione nell introduzione si farà particolare riferimento alle condizioni di allevamento in questa nazione. Lo scopo della prova sperimentale seguita presso l IRTA era di valutare l effetto della forma di presentazione del mangime (pellettato vs. farina) sull ingestione, sul ritmo di accrescimento, sul comportamento alimentare e sociale degli animali e sulla conformazione della carcassa. Alimentazione dei bovini da carne La produzione di carne in Spagna si basa principalmente su allevamenti intensivi, dove vengono allevati vitelli e vitelloni (alimentati con diete ad elevato contenuto di concentrati) dallo svezzamento alla macellazione, che generalmente avviene prima dei 12 mesi di età. L alimentazione ha un ruolo fondamentale nell allevamento di queste categorie animali. Infatti, essa ha lo scopo di garantire un rapporto ottimale tra costo alimentare e accrescimento, l ottenimento di carni di ottima qualità e adeguate garanzie in termini di benessere animale. Quindi, il corretto razionamento del bovino da carne deve permettere la più completa espressione del potenziale produttivo aziendale nel pieno rispetto delle esigenze fisiologiche ed etologiche dell animale (Gregoris, 2010). Essendo i cereali i principali ingredienti dei concentrati utilizzati per i bovini da carne, si cerca di utilizzarli stimolando la massima efficienza delle fermentazioni ruminali dell amido in essi contenuto senza pregiudicare lo stato sanitario degli animali. Questo aspetto é cruciale per migliorare l efficienza del sistema di produzione intensiva (Huntington, 1997). In un precedente lavoro dell IRTA (Reis Menezes, 2010) é stato analizzato l effetto che la diversa forma di presentazione degli alimenti concentrati aveva sul ph ruminale e si 2

3 era visto che il mangime somministrato in forma pellettata, faceva aumentare la disponibilità di amido nel rumine rispetto a quando i concentrati erano somministrati come farina, per effetto della parziale cottura degli amidi durante il processo di pellettatura. Ciò probabilmente comportava un incremento della velocità di degradazione dell amido con maggiore disponibilità di acidi grassi volatili (AGV), soprattutto propionato e lattato e con veloce caduta del ph ruminale, con tutte le conseguenze negative che questo può avere (Dell Orto et al., 1995). Carboidrati non fibrosi e loro caratteristiche Nella formulazione delle razioni alimentari negli ultimi decenni viene fatta particolare attenzione, oltre che a garantire il giusto apporto energetico e proteico, al contenuto di carboidrati non fibrosi (NFC), costituti prevalentemente da amido e quindi da zuccheri semplici e pectine. Queste ultime, benché biologicamente appartengano alla parete cellulare, sono in genere assimilate agli NFC perché utilizzate dalle stesse classi di batteri che usano gli altri NFC. Essi sono composti facilmente fermentiscibili. La concentrazione ottimale di questi composti non è la stessa per tutte le diete; essa infatti è legata al livello produttivo degli animali e in modo particolare alla velocità con cui i carboidrati sono fermentati nel rumine (Cocco, 2010). Gli NFC possono essere stimati con l utilizzazione della seguente formula: NSC =100 - (LG+NDF+PG+ceneri) (Nocek e Tamminga, 1991) dove NSC=carboidrati non strutturali; LG = lipidi grezzi; NDF =fibra neutro detersa; PG = protidi grezzi. In laboratorio è possibile misurare separatamente amidi e zuccheri. In questo caso il loro insieme viene indicato come carboidrati non strutturali (NSC). Essi differiscono dagli NFC perché non includono le pectine. Al riguardo è importante sottolineare che in letteratura c è una certa confusione sull uso di questi acronimi. Infatti, spesso si indicano come NSC quelli che in realtà sono NFC. Di questi principi nutritivi non è importante conoscerne solamente la concentrazione negli alimenti ma anche la degradabilità ruminale. In relazione a questo aspetto i carboidrati vengono classificati in diverse frazioni, secondo la metodologia proposta dalla Cornell University: frazione A, che comprende 3

4 zuccheri e acidi organici ed ha un elevatissima velocità di degradazione (kd); frazione B1, costituita da amido e fibra solubile (soprattutto pectine), con kd elevata; frazione B2, costituita da cellulosa ed emicellulose potenzialmente digeribili, con kd bassa, e frazione C, costituita da lignina e cellulosa ed emicellulose da essa rese indigeribili, con kd nulla (Van Soest, 1994) (Tabella 1 e Figura 1). Fra le diverse frazioni degli NFC, quella che più suscita interesse nelle razioni per bovini da carne è quella relativa all amido, essendo la più rappresentata. L amido è il principale carboidrato di riserva del mondo vegetale. Dal punto di vista strutturale è costituito da una miscela di due polimeri organizzati in grani semi-cristallini, l amilosio e l amilopectina. L amilosio è composto da molecole di glucosio unite in catene lineari grazie a legami glicosidici alfa-1-4, mentre l amilopectina è caratterizzata da catene lineari con ramificazioni con legame alfa-1-6 (Figura 2). Le due macromolecole sono infine unite fra di loro da legami idrogeno e sono organizzate sottoforma di granuli di amido. Il rapporto quantitativo fra questi due polisaccaridi nella composizione dell amido varia a seconda dell alimento; per esempio, nei cereali in genere risulta essere di 1 a 3, nel mais in particolare invece il rapporto è molto variabile in funzione delle diverse varietà coltivate. La conoscenza di questo aspetto è molto importante, poiché grandi percentuali di amilosio accrescono la resistenza dell amido ai trattamenti termici, influenzando la sua degradabilità e fermentiscibiltà ruminale. Queste ultime possono poi essere modificate (aumentate) da trattamenti termici (cottura, pellettatura, fioccatura) o fisici (ad es. macinazione, pellettatura) (Seguenza e Bosi, 1995). Un altro componente molto importante della razione alimentare è rappresentato dalle proteine. Esse sono dei composti chimici costituiti da carbonio, ossigeno, azoto, idrogeno e da piccole quantità di zolfo (Borgioli, 1983); fra queste si distinguono le proteine semplici (composte solo da aminoacidi) e le proteine coniugate (costituite da aminoacidi e da gruppi chimici diversi). Per quanto riguarda la classificazione Cornell delle proteine, esse vengono suddivise in 5 classi, di cui una costituta da azoto non proteico (urea, ammoniaca, nitrati, ecc.) e le altre 4 da proteine vere (Figura 3). Anche queste frazioni sono classificate in funzione 4

5 delle loro velocità di degradazione (A>B1>B2>B3), con l ultima (frazione C) non degradabile o non digeribile (Figura 3). Al fine di formulare razioni con disponibilità sincronizzata dei nutrienti è molto importante conoscere sia la velocità di degradazione delle frazioni degli alimenti (ad esempio con la classificazione Cornell) che quella di transito (kp), cioè la velocità con cui le particelle alimentari attraversano il rumine. A questo proposito occorre ricordare che mentre i valori di Kd sono specifici oltre che per ogni singolo alimento anche di ogni sua frazione e si basano su dati sperimentali, influenzati dal grado di sminuzzamento degli alimenti e dal ph ruminale, quelli relativi a Kp si riferiscono all alimento nel suo insieme e dipendono dalle caratteristiche fisiche e chimiche di quest ultimo, nonché dal livello di ingestione degli animali che utilizzano l alimento. La digeribilità ruminale degli alimenti può essere stimata con la formula di Waldo (citato da Van Soest, 1994), che consente di calcolarla purché siano noti la kd e la kp degli alimenti: kd Rd I * kd kp dove: Rd = quantità degradata nel rumine, g/d; I = Ingestione di una certa frazione di un certo alimento, g/d; kd = velocità di degradazione di una certa frazione, %/h; kp = velocità di transito dell alimento, %/h. La riduzione del diametro delle particelle dei cereali comporta un incremento della velocità con la quale le particelle stesse attraversano il rumine. I valori di Kp variano anche in funzione della quantità di amido ingerito dall animale con la razione. Infatti, la percentuale di amido degradabile a livello ruminale si riduce all aumentare della percentuale di amido della dieta (Nocek e Tamminga, 1991). 5

6 Fermentazioni ruminali La degradazione ruminale dei carboidrati inizia con l attacco dei principali carboidrati strutturali, rappresentati da cellulosa ed emicellulosa, e di quelli non strutturali, principalmente amido e zuccheri semplici, da parte dei batteri con l ausilio di enzimi extracellulari, che porta all ottenimento di glucosio e fruttosio (Figura 4). Il glucosio ottenuto non viene assorbito dalle pareti ruminali ma rimane all interno dell organo, così che i batteri presenti lo possano utilizzare, assieme al fruttosio, per il proprio metabolismo (Pulina, 2003). Nel rumine sono presenti, oltre ai batteri, altri microrganismi come protozoi e funghi, in proporzioni diverse (Tabella 2). Fra i batteri presenti, i cellulosolitici operando insieme con i funghi, hanno la capacità di degradare le fibre vegetali, attraverso processi sia enzimatici che meccanici, questo li porta ad avere un ruolo essenziale nella produzione di AGV, soprattutto acetico e, in minor misura, propionico (Anonimo, 2009). Un'altra tipologia di batteri presenti nel rumine, particolarmente attiva a ph , è data dai batteri butirrici responsabili della produzione di butirrato. I batteri che attaccano i substrati costituiti da carboidrati non strutturali (tra cui l amido), noti come amilolitici (ph ottimale di azione 5 6), producono come prodotti di scarto della loro attività fermentativa soprattutto acido propionico (Pulina, 2003). Non tutto l amido degli alimenti viene attaccato dai batteri ruminali; una quota, variabile in funzione del tipo di alimento e della sua forma fisica, sfugge alla degradazione ruminale (amido escape) e viene invece sottoposta alla digestione enzimatica nell intestino tenue, ed, in parte anche a fermentazione nell intestino crasso (Seguenza e Bosi, 1995). A livello intestinale si assiste a un incremento della digestione dell amido a seguito dell aumento della quantità di quest ultimo proveniente dal rumine (Nocek e Tamminga, 1991) (Figura 5). La digestione che l amido subisce nel rumine è energeticamente meno efficiente di quella che si ha nell intestino tenue (a causa della produzione di calore e metano a seguito delle fermentazioni ruminali) e l efficienza di uso del glucosio, dopo essere 6

7 stato trasformato in AGV, è minore rispetto a quello direttamente assorbito nell intestino. È quindi auspicabile, entro certi limiti, favorire l escape dell amido ed evitare la sua fermentazione ruminale (Orskov, 1986). La capacità di assorbimento del glucosio nell intestino tenue però nei ruminanti può essere velocemente saturata. Tuttavia, a seguito dell incremento delle fermentazioni ruminali aumenta il flusso di proteine microbiche verso l intestino; questo stimola la produzione di amilasi, che comporta a sua volta un aumento della digestione dell amido nell intestino tenue (Theurer, 1986; Huntington, 1997). L amilasi è un enzima secreto dal pancreas ed ha la funzione di idrolizzare l amido in destrine ed oligosaccaridi, a loro volta idrolizzate a glucosio da oligosaccaridasi intestinali. E chiaro quindi che l azione esercitata dall amilasi è direttamente responsabile della quantità di glucosio disponibile nell intestino. La quantità di amilasi immessa nell intestino aumenta all aumentare dell ingestione, dell energia e della sostanza secca. A parità di ingestione di energia questa diminuisce con diete ricche di amidi, a causa di un feedback negativo stimolato dall accumularsi di glucosio nell intestino (Cannas, 2003). Fra i diversi fattori che condizionano la capacità della flora microbica di degradare e successivamente utilizzare l amido, quello che risulta avere più rilevanza è dato dall origine di questo. Infatti la degradabilità ruminale varia in funzione dell alimento che lo contiene, essendo massima per l amido di frumento e decrescendo lievemente per orzo e avena, mentre è molto bassa per sorgo e mais (Seguenza e Bosi, 1995). Quando la dieta è molto ricca di carboidrati non strutturali si sviluppano nel rumine le fermentazioni lattiche, dovute all azione di batteri amilolitici che in certe condizioni producono come prodotto finale acido lattico, un acido organico molto più forte degli altri AGV. L azione di questi batteri si accresce in maniera tanto maggiore quanto minore è il ph ruminale e quest ultimo è a sua volta influenzato dalla loro presenza. Se non si agisce tempestivamente per rimuovere la causa (riducendo per esempio l apporto di zuccheri semplici o amidi facilmente degradabili) l acido lattico si accumula nel rumine 7

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