Fattori di perturbazione dei corpi idrici e normativa di riferimento

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1 Azione 9 - Aggiornamento del personale tecnico utile al perseguimento degli obiettivi Fattori di perturbazione dei corpi idrici e normativa di riferimento Andrea Romanò, biologo Montagna in Valtellina, 23 luglio 2010

2 Principali fattori di perturbazione dei corpi idrici nella Provincia di Sondrio Derivazioni ACQUE CORRENTI idroelettriche ALTERAZIONI DELLA QUALITA ALTERAZIONI MORFOLOGICHE ALTERAZIONE DEL REGIME IDRICO ACQUE LAGHI ALTERAZIONI DELLA QUALITA EUTROFIZZAZIONE ACIDIFICAZIONE

3 Alterazioni causate dagli scarichi inquinanti Fonti di inquinamento delle acque SCARICHI DIRETTI puntiformi o diffusi SMALTIMENTO RIFIUTI DILAVAMENTO SUPERFICIALE

4 Alterazioni causate dagli scarichi inquinanti Effetti sull ecosistema acquatico Inquinamento organico: riduzione della concentrazione di ossigeno disciolto in acqua Inquinamento industriale: tossicità per gli organisimi acquatici

5 Alterazioni causate dagli scarichi inquinanti Effetti sull ecosistema acquatico Inquinamento microbiologico: proliferazione di batteri e funghi Eutrofizzazione delle acque: proliferazione algale

6 Alterazioni causate dagli scarichi inquinanti Interventi di mitigazione collettamento scarichi realizzazione di impianti di depurazione ottimizzazione degli impianti di trattamento (p.e affinamento, fitodepurazione, separazione delle reti fognarie)

7 Alterazioni causate dalle derivazioni idriche Traverse di derivazione

8 Alterazioni causate dalle derivazioni idriche Effetti sull ittiofauna Interruzione della percorribilità del corso d acqua Derivazione idrica Riduzione della portata naturale Aumento dell a temperatura Impedimento delle migrazioni trofiche e ri produttive Riduzione dell a capacità di di luizione Riduzione della velocità di corrente Riduzione della profondità e dell a larghezza del l alveo bagnato Riduzione dell a velocità di riareazione Riduzione della turbol enza Riduzione dello spazio vitale per le biocenosi Riduzione dell a capacità di autodepurazi one Aumento della sedimentazione di materiale fine Aumento della competizione intra e interspecifica Aumento della vulnerabilità all i nquinamento Riduzione della concentrazione di ossigeno disciolto Alterazi one della composizione del substrato di fondo Scadimento qualitativo dell habitat idraulico - morfol ogico Riduz ione quantitativa e qualitativa della com unità ittica

9 Alterazioni causate dalle derivazioni idriche Effetti sull habitat idraulico - morfologico CASCATA Tirante molto basso su schiena di roccia scoscesa: habitat inospitale a prescindere dalla portata Profondità e volume elevati: habitat conservativo rispetto a riduzioni di portata POZZA

10 Alterazioni causate dalle derivazioni idriche Effetti sull habitat idraulico - morfologico RASCHIO Alveo ampio e tirante basso: habitat molto vulnerabile rispetto a riduzioni di portata

11 Alterazioni causate dalle derivazioni idriche Portata del fiume ridotta Effetti sulla termica delle acque Eccessivo riscaldamento estivo Superamento dei limiti di tolleranza dei Salmonidi (20 C) Ciprinidi limite PRRA Salmonidi SOFFERENZA FAUNA ITTICA 15 Temperatura [C ] dic-91 lug-92 gen-93 ago-93 mar-94 set-94 apr-95 ott-95 mag-96

12 Alterazioni causate dalle derivazioni idriche Il caso degli invasi artificiali Le ripercussioni non si limitano al tratto fluviale tra sbarramento e restituzione, ma si spingono anche a valle della centrale

13 Alterazioni causate degli invasi artificiali Effetti sul regime idrologico a valle

14 Alterazioni causate degli invasi artificiali Svasi e spurghi dei bacini artificiali PERCHÈ GLI SVASI? << INTERRIMENTO >> Perdita della capacità d invaso Sicurezza delle opere di presa e degli scarichi di fondo Incremento delle sollecitazioni della diga per l'accumulo dei sedimenti Necessità di operazioni di SVASO, SGHIAIAMENTO O SPURGO EFFETTI AMBIENTALI

15 Alterazioni causate degli invasi artificiali Svasi e spurghi e dei bacini artificiali SVASO svuotamento totale o parziale per manutenzione e/o ispezione e per p verificare funzionalità degli organi di manovra VIENE RILASCIATA UNA LIMITATA QUANTITÀ DI SEDIMENTO IN PROSSIMITÀ DELLO SCARICO DI FONDO FLUITAZIONE o SPURGO esitazione a valle del materiale attraverso gli scarichi utilizzando l acqua l come fluido vettore per asportare il materiale sedimentato ASPORTAZIONE MECCANICA a) DRAGAGGIO A BACINO PIENO mediante draga b) ASPORTAZIONE A SERBATOIO VUOTO mediante mezzi meccanici

16 Alterazioni causate degli invasi artificiali Effetti dei sedimenti sospesi sugli organismi acquatici Reazione di allarme EFFETTI COMPORTAMENTALI Abbandono delle zone di rifugio Una risposta di fuga ai sedimenti sospesi EFFETTI SUBLETALI Riduzione a nel tasso di alimentazione Riduzione nel successo di alimentazione Stress fisiologico Tasso di crescita ridotto EFFETTI LETALI Ritardo nella schiusa delle uova Riduzione della densità ittiche Aumento del tasso di mortalità Degrado dell habitat da moderato a severo

17 LA DIGA DI VALGROSINA Impianto: centrale di Grosio Tipologia di sbarramento: diga muraria a gravità a speroni Comune: Grosio Anni costruzione: 1959 Altezza sbarramento: 51,5 m Volume di invaso: m 3 Stima apporto solido: m 3 /anno

18 LE MODALITÀ OPERATIVE ATTUATE Scarico di fondo RUSCELLAMENTO Scarichi di esaurimento Presa Sacco Presa Sacco Scarico di fondo Scarichi di esaurimento RUSCELLAMENTO di 200 l/s DALLA PRESA EITA

19 LE MODALITÀ OPERATIVE ATTUATE GETTO D ACQUA DA 20/30 l ESCAVATORE LANCE BENNATE DA 1 m 3 /min

20 IL TORRENTE ROASCO T. Roasco ante-svaso T. Roasco durante lo svaso

21 IL FIUME ADDA prima dello svaso F. Adda al ponte di Mazzo F. Adda durante lo svaso F. Adda a valle della centrale di Stazzona F. Adda al Baghetto

22 STRUMENTI DI MISURA DEI SOLIDI SOSPESI SONDE Misure in continuo delle [SST] in mg/l INSITE 3150 PARTECH 740 SONDE PORTATILI Mazzo in Valtellina SONDA FISSA AEM Mazzo in Valtellina Selve del Dom

23 RISULTATI La diga all inizio (28-08) e alla fine (9-09) delle operazioni

24 Bacino di Sernio Fase 1: realizzazione degli interventi preparatori e loro gestione attiva Fase 2: abbassamento dei livelli sino all apertura delle paratoie Fase 3: intervento di supporto dei mezzi meccanici Durante lo svaso di Valgrosina: escavazione ed esportazione del sedimento

25 FASE 1: realizzazione degli interventi preparatori e loro gestione attiva (incremento delle portate in alveo Adda) Venerdì SS sonda (g/) Vervio Valle Sernio Tresenda Faedo h 35 m rispetto a Sernio h 05 m rispetto a Sernio Tempo

26 FASE 2: abbassamento dei livelli sino all apertura apertura delle paratoie

27 FASE 3: intervento di supporto dei mezzi meccanici

28 Alterazioni causate dalle derivazioni idroelettriche Impedimento alle migrazioni ittiche Impedimento a migrazioni giornaliere (a scopo trofico) stagionali o annuali (a scopo riproduttivo) PROBLEMI soprattutto per migrazione anadroma e catadroma PROBLEMI con turbine

29 Alterazioni causate dalle derivazioni idroelettriche Normativa di riferimento R.D. 8 ottobre 1931 n Art. 10: Nelle concessioni di derivazione d acqua debbono prescriversi le opere necessarie nell interesse dell industria della pesca (scale di monta, piani inclinati, graticci all imbocco dei canali di presa, ecc) Con le stesse modalità possono anche essere ordinate modificazioni in opere preesistenti Negli anni 90 si è verificato il primo momento di grande attenzione per questa problematica, anche per le richieste sempre più pressanti di Enti locali e Associazioni dei pescatori molte nuove concessioni o rinnovi effettuati di recente prevedono la realizzazione del passaggio artificiale per pesci

30 Alterazioni causate dalle derivazioni idroelettriche Impedimento alle migrazioni ittiche Altezza del salto INVALICABILITÀ dipende da: Condizioni idrodinamiche ai piedi e a monte dell ostacolo (velocità, aerazione, turbolenza, ) Capacità natatorie (distanza massima percorribile contro una corrente a velocità nota) e di salto del pesce (movimento del pesce modellizzabile come traiettoria di un proiettile) Gestione dello sbarramento (eventuali periodi di apertura paratoie ) C Velocità massima [m/s] C 15 C 10 C 5 C 2 C 1 0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1 Lunghezza del salmonide [m]

31 Alterazioni causate dalle derivazioni idroelettriche I passaggi artificiali per i pesci Funzioni: attirare i migratori in un punto preciso del corso d'acqua a valle dell'ostacolo obbligarli a passare a monte di esso attraverso un passaggio d'acqua appositamente progettato Scelta della specifica tipologia in base a: tipo di sbarramento dislivello monte-valle portate disponibilità di spazi specie ittiche in migrazione: altezza dei dislivelli, turbolenza, aerazione acqua, velocità corrente, ossigeno disciolto, t, luminosità L invalicabilità va considerata per ciascuna specie migratrice, in funzione della quale può essere: totale parziale temporanea

32 Alterazioni causate dalle derivazioni idroelettriche Tipologie di passaggi artificiali: passaggi a bacini successivi Funzionamento e campo di impiego Range di portate consigliato Pendenze Si può definire una media funzionalità del passaggio in condizioni di variabilità delle portate e una buona duttilità per piccoli e medi dislivelli. Da pochi l/s fino ad alcuni m 3 /s. Le pendenze consigliate sono minori del 10% con un picco massimo del 15% in presenza di pesci con elevate capacità natatorie (per es. Salmonidi di media taglia). In casi con forti pendenze e con dislivelli maggiori di 3 m, è necessaria la costruzione di un bacino intermedio per il riposo dei pesci.

33 Alterazioni causate dalle derivazioni idroelettriche Tipologie di passaggi artificiali: rapide artificiali Funzionamento e campo di impiego Range di portate consigliato Pendenze Buon funzionamento del passaggio anche in condizioni di variabilità delle portate. Ottimale quando è possibile rinunciare alla regolazione del livello dell acqua. Utilizzabile per differenze di quota contenute. Da alcune decine di litri al secondo Le pendenze consigliate sono intorno al 5% con un picco massimo del 10% in torrenti montani. Non necessita di bacini intermedi.

34 Alterazioni causate dalle derivazioni idroelettriche Tipologie di passaggi artificiali: scale a rallentamento di tipo Denil Funzionamento e campo di impiego Range di portate consigliato Pendenze Si ha scarsa funzionalità del passaggio in condizioni di variabilità delle portate e una buona duttilità, invece, per piccoli e medi dislivelli. Da 250 l/s fino a diversi m 3 /s. Le pendenze consigliate sono intorno al 15% con un picco massimo del 20%. Nei casi con forti pendenze è necessaria la costruzione di un bacino intermedio di fronte a dislivelli maggiori di 1,5-2 m.

35 La direttiva 2000/60/CE (Direttiva Quadro sulle Acque) Obiettivi La direttiva 2000/60/CE (Direttiva Quadro sulle Acque DQA) che istituisce un quadro per l azione comunitaria in materia di acque ha introdotto un approccio innovativo nella legislazione europea in materia di acque, tanto dal punto di vista ambientale, quanto amministrativo-gestionale. La direttiva persegue obiettivi ambiziosi: prevenire il deterioramento qualitativo e quantitativo, migliorare lo stato delle acque e assicurare un utilizzo sostenibile, basato sulla protezione a lungo termine delle risorse idriche disponibili. La direttiva 2000/60/CE si propone di raggiungere i seguenti obiettivi generali: ampliare la protezione delle acque, sia superficiali che sotterranee; raggiungere lo stato di buono per tutte le acque entro il 31 dicembre 2015; gestire le risorse idriche sulla base di bacini idrografici indipendentemente dalle strutture; amministrative; procedere attraverso un azione che unisca limiti delle emissioni e standard di qualità riconoscere a tutti i servizi idrici il giusto prezzo che tenga conto del loro costo economico reale; rendere partecipi i cittadini delle scelte adottate in materia.

36 La direttiva 2000/60/CE (Direttiva Quadro sulle Acque) I distretti idrografici La Direttiva stabilisce che i singoli Stati Membri affrontino la tutela delle acque a livello di bacino idrografico e l unità territoriale di riferimento per la gestione del bacino è individuata nel distretto idrografico, area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere. In ciascun distretto idrografico gli Stati membri devono adoperarsi affinché vengano effettuati: un analisi delle caratteristiche del distretto un esame dell impatto provocato dalle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sotterranee un analisi economica dell utilizzo idrico. Relativamente ad ogni distretto, deve essere predisposto un programma di misure che tenga conto delle analisi effettuate e degli obiettivi ambientali fissati dalla Direttiva, con lo scopo ultimo di raggiungere uno stato buono di tutte le acque entro il 2015 (salvo casi particolari espressamente previsti dalla Direttiva). I programmi di misure sono indicati nei Piani di Gestione che gli Stati Membri devono predisporre per ogni singolo bacino idrografico e che rappresenta pertanto lo strumento di programmazione/attuazione per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla direttiva.

37 La direttiva 2000/60/CE (Direttiva Quadro sulle Acque) I distretti idrografici La direttiva 2000/60/CE è stata recepita in Italia attraverso il decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152.il decreto legislativo, con l art. 64 ha ripartito il territorio nazionale in 8 distretti idrografici e prevede per ogni distretto la redazione di un piano di gestione, attribuendone la competenza alle Autorità di distretto idrografico. Nell attesa della piena operatività delle Autorità di distretto, il decreto legge n. 208 del 30 dicembre 2008 convertito con modificazioni in Legge 27 febbraio 2009, n. 13, recante Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell ambiente, stabilisce che l adozione dei Piani di gestione avvenga a cura dei Comitati Istituzionali delle Autorità di bacino di rilievo nazionale, integrati dai componenti designati dalle regioni il cui territorio ricade nel distretto a cui si riferisce il piano.

38 La direttiva 2000/60/CE (Direttiva Quadro sulle Acque) I Piani di Gestione dei distretti idrografici Il piano di gestione è lo strumento per il raggiungimento degli obiettivi della direttiva 2000/60/CE (art. 13 della DQA), da predisporre per ogni distretto idrografico compreso nel territorio nazionale entro nove anni dalla pubblicazione della direttiva. Il piano di gestione può essere integrato da programmi e da piani più dettagliati per sottobacini, settori, problematiche o categorie di acque, al fine di affrontare aspetti particolari della gestione delle risorse idriche. Il contenuto dei Piani di Gestione dei Bacini Idrografici può essere riassunto nei seguenti punti: la descrizione generale delle caratteristiche del distretto; la sintesi delle pressioni e degli impatti delle attività umane sui corpi idrici superficiali e sotterranei; l elenco e la rappresentazione delle aree protette; la mappa delle reti di monitoraggio; l elenco degli obiettivi ambientali per tutti i corpi idrici; la sintesi dell analisi economica; la sintesi dei programmi di misure (compresi quelli più dettagliati per sottobacino, settori o per problematiche specifiche, nonché le misure adottate per la partecipazione pubblica); l elenco delle autorità competenti e le procedure per ottenere la documentazione e le informazioni di base.

39 Normativa nazionale sulle acque Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 Norme in materia ambientale Il Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 «Norme in materia ambientale» ha coordinato, riordinato e integrato le disposizioni legislative di tutti i settori ambientali. Esso consiste in un complesso testo normativo formato da 318 articoli e 45 allegati che sostituisce e abroga pressoché completamente le varie normative di settore e prevede la sostituzione di molti degli atti normativi secondari e degli atti amministrativi generali (norme tecniche, piani ecc.) che su di esse si fondano. In materia di tutela delle acque il Testo Unico sulla tutela delle acque (D.L.vo 152/99) risulta abrogato. Il D.Lgs. 152/2006, nella Parte terza, detta le norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall inquinamento e di gestione delle risorse idriche. Il titolo II, nella Parte III, tratta degli obiettivi di qualità ambientale i cui standard sono descritti nel relativo allegato I. Il quadro normativo in materia di acque è quindi in forte evoluzione a livello nazionale: il D.Lgs. 152/06 che costituirebbe formalmente il recepimento della Direttiva Quadro in materia di acque Dir 2000/60/CE, risulta in revisione. In attesa dell emanazione degli allegati contenenti le nuove procedure tecniche, il D. Lgs.. 152/99 rimane ancora l unico l riferimento per l elaborazione l e la classificazione della qualità delle acque in Italia.

40 Testo Unico sulla tutela delle acque (D.L.vo 152/99) Classificazione della qualità dei corsi d acquad

41 Testo Unico sulla tutela delle acque (D.L.vo 152/99) Classificazione della qualità dei corsi d acquad Indica i criteri per la definizione dello stato ambientale (elevato, buono, sufficiente, scadente, pessimo) in base a: Si ricava dal giudizio peggiore tra: STATO ECOLOGICO MACRODESCRITTORI e INDICE BIOTICO ESTESO Classi I-V STATO CHIMICO Considera l eventuale presenza di microinquinanti e sostanze chimiche pericolose, scelti dall Autorità competente in funzione delle criticità presenti sul territorio.

42 Testo Unico sulla tutela delle acque (D.L.vo 152/99) Classificazione della qualità dei corsi d acquad STATO ECOLOGICO STATO CHIMICO STATO AMBIENTALE Stato ecologico Stato ecologico del lago Stato ambientale Stato ambientale del lago CLASSE I Elevato CLASSE II Buone CLASSE III Sufficiente CLASSE IV Scadente CLASSE V Pessimo Nessun parametro utilizzato per valutare lo stato chimica supera il valore soglia Almeno uno dei parametri utilizzati per valutare lo stato chimico supera il valore soglia

43 Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 Parte terza - Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione,, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche Sezione I - Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione Titolo I - Principi generali e competenze Titolo II - I distretti idrografici, gli strumenti, gli interventi Sezione II - Tutela delle acque dall'inquinamento Titolo I - Principi generali e competenze Titolo II - Obiettivi di qualità Capo I - Obiettivo di qualità ambientale e obiettivo di qualità per specifica destinazione Capo II - Acque a specifica destinazione Titolo III - Tutela dei corpi idrici e disciplina degli scarichi Capo I - Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento Capo II - Tutela quantitativa della risorsa e risparmio idrico Capo III - Tutela qualitativa della risorsa: disciplina degli scarichi Capo IV - Ulteriori misure per la tutela dei corpi idrici Titolo IV - Strumenti di tutela Capo I - Piani di gestione e piani di tutela delle acque Capo II - Autorizzazione agli scarichi Capo III - Controllo degli scarichi Titolo V Sanzioni Sezione III - Gestione delle risorse idriche Sezione IV - Disposizioni transitorie e finali

44 Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 Acque a specifica destinazione 85. Accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci 1. Le acque designate e classificate ai sensi dell'articolo 84 si considerano idonee alla vita dei pesci se rispondono ai requisiti riportati nella Tabella 1/B dell'allegato 2 alla parte terza del presente decreto. Il superamento dei valori tabellari o il mancato rispetto delle osservazioni riportate nella tabella 1/B non sono presi in considerazione se avvengono a causa di piene, alluvioni o altre calamità naturali.

45 Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 Limiti di emissione degli scarichi idrici: scarichi in corpi d acqua d superficiali di acque reflue urbane

46 Programma di tutela e uso delle acque regionale I Piani di Tutela delle Acque Regionali - PTUA Il Decreto legislativo 152/2006 (art.63) individua diversi livelli di pianificazione, articolati come segue: per ciascuno degli 8 distretti idrografici individuati, esso prevede l istituzione di una Autorità di bacino distrettuale, responsabile della redazione del Piano di Gestione (articolo 117). Il Piano di Gestione costituisce stralcio del Piano di Bacino Distrettuale. inoltre, esso stabilisce ulteriori obblighi in materia di pianificazione, ponendo in capo alle Regioni l obbligo di redigere Un Piano di Tutela per il proprio territorio, che costituisce uno specifico piano di settore (art. 121). Aspetti quali lo stato dei corpi idrici e le misure per la tutela quali-quantitativa delle acque rientrano tra gli elementi del piano di tutela. Relativamente agli ambiti territoriali di competenza, i contenuti dei Piani di Tutela sono ampiamente coincidenti con quelli del piano di gestione. Ciò implica che nell attuale contesto normativo, i Piani di Tutela realizzati e/o in corso di ultimazione rappresentano un imprescindibile riferimento per la redazione del Piano di Gestione. PTUA

47 Programma di tutela e uso delle acque regionale Adozione del PTUA della Regione Lombardia La Regione Lombardia, con l'approvazione della Legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 (modificata dalla Legge regionale 18/2006) - come previsto dalla Direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE - ha indicato il "Piano di gestione del bacino idrografico" come strumento per la pianificazione della tutela e dell'uso delle acque. Ha inoltre stabilito che, nella sua prima elaborazione, tale Piano costituisce il "Piano di tutela delle acque" previsto dal Decreto legislativo n 152 dell'11 maggio 1999, all'articolo 44. Il Piano di gestione del bacino idrografico - stralcio di settore del Piano di bacino previsto all'art. 17 della Legge 183 del 18 maggio 1989 sulla difesa del suolo - è costituito da: ATTO DI INDIRIZZO, approvato dal Consiglio regionale il 27 luglio 2004; Programma di tutela e uso delle acque - PTUA. La Proposta di PTUA è stata approvata dalla Giunta con Deliberazione n. VII/19359 del 12 novembre 2004 e sottoposta ad osservazioni. Sulla base dell'istruttoria delle osservazioni pervenute è stato quindi adottato il Programma di Tutela e Uso delle Acque con Deliberazione n del 16 novembre Alla deliberazione sono allegati: la Relazione di Istruttoria delle Osservazioni e la Sintesi e controdeduzioni alle Osservazioni. A seguito dell'adozione, il PTUA è stato inviato al parere di conformità delle due Autorità di Bacino insistenti sul territorio lombardo: l'autorità di Bacino nazionale del Fiume Po e l'autorità interregionale del Fissero- Tartaro-Canal Bianco. Il PTUA è stato definitivamente approvato con Deliberazione n del 29 marzo 2006.

48 PTUA della Regione Lombardia Contenuti del PTUA della Regione Lombardia Il Programma di Tutela e Uso delle Acque è costituito da: 1. Relazione di sintesi. 2. Relazione generale. 3. Rapporto ambientale. 4. Studio di incidenza. 5. Norme tecniche di attuazione. 6. Cartografia di Piano. 7. Allegati tecnici alla relazione generale.

49 Il Deflusso Minimo Vitale - DMV Definizione del DMV Riferimento: Deflusso Minimo Vitale minima quantità d acqua che deve essere presente in un fiume per garantire la sopravvivenza e la conservazione dell'ecosistema fluviale, assicurando quindi le condizioni necessarie per un normale svolgimento dei processi biologici vitali degli organismi acquatici teorici È una portata specifica, variabile in funzione delle caratteristiche del fiume Metodo di Baxter Tennant's Montana Method Legge Valtellina contributo superficiale di 1,6 l/s*km 2 sperimentali Metodi basati sul microhabitat (Phabsim) PQI

50 Il Deflusso Minimo Vitale - DMV La normativa sul DMV Il DMV è stato introdotto e regolamentato dal legislatore in epoca piuttosto recente (anni 80). La disciplina rilevante in materia di DMV è data dall insieme di varie disposizioni nazionali (Legge 102/1990, Legge Galli e Dlgs 152/1999), regionali (PTUA incluse le relative NTA e D.G.R /2007) e facenti capo all Autorità di Bacino del fiume Po (Delibera 6/1992 e Delibera 7/2002). Tali disposizioni concorrono, nel loro complesso, alla definizione ed alla quantificazione del DMV, nonché a disegnare un iter finalizzato alla sua progressiva applicazione. Più di recente la materia è stata disciplinata dal D. Lgs 152/99 e s.m.i. Con Deliberazione del 28 luglio 2004 n. VII/1048, il Consiglio Regionale ha approvato, ex art. 45 c. 3 della L.R. 26/2003 l Atto di indirizzo per la politica di uso e tutela delle acque della Regione Lombardia - Linee guida per un utilizzo razionale, consapevole e sostenibile della risorsa idrica. In conformità alla Delibera 7/2002 dell Autorità di bacino del fiume Po, il DMV viene definito come: Art. 31 Definizione e calcolo del Deflusso Minimo Vitale 1. Il Deflusso Minimo Vitale (di seguito DMV), così come definito dall Allegato B alla deliberazione 13 marzo 2002, n. 7 del Comitato Istituzionale dell Autorità di bacino del Fiume Po, è il deflusso che, in un corso d acqua naturale deve essere presente a valle delle captazioni idriche al fine di mantenere vitali le condizioni di funzionalità e di qualità degli ecosistemi interessati, compatibilmente con un equilibrato utilizzo della risorsa idrica. 2. Il DMV costituisce strumento fondamentale per il rilascio delle concessioni di derivazione e di scarico delle acque, e contribuisce al conseguimento degli obiettivi di qualità ambientale e degli obiettivi di qualità per specifica destinazione, di cui all articolo 4 del d.lgs. 152/99.

51 Il DMV secondo il PTUA lombardo DMV - Norme Tecniche di Attuazione del PTUA Con D.G.R. 29 marzo 2006 n. 8/2244 è stato approvato il Programma di tutela ed uso delle acque della Regione Lombardia, nel quale (artt ) è ripresa la nozione di DMV di cui all Atto di indirizzi, nonché la formula indicata dall Autorità di bacino, individuando come valore della componente idrologica il 10% K della portata media naturale annua in tutta la Regione. Il DMV, in una determinata sezione di un corso d acqua, è calcolato secondo la formula indicata dall Autorità di Bacino del Fiume Po: QDMV [l/s] = k * qmeda * S * (M * Z * A * T) dove: S [km 2 ] Superficie del bacino imbrifero complessivo sotteso dall opera di presa, comprese le aree eventualmente già interessate da derivazioni esistenti a monte della captazione prevista; k Parametro sperimentale determinato per singole aree idrografiche, che esprime la percentuale della portata media che deve essere considerata; qmeda [l/s*km2] Portata specifica media annua per unità di superficie del bacino (QMEDIA/S); M Parametro morfologico, che esprime l attitudine dell alveo (pendenza, morfologia, permeabilità, pool s, ecc.) a mantenere le portate di deflusso; Z Parametro che tiene conto delle esigenze naturalistiche (N), di fruizione turistico - sociale (F) e della presenza di carichi inquinanti (Q); A Parametro che tiene conto dell interazione tra acque superficiali e sotterranee, e che esprime le esigenze di maggiore o minore rilascio dovuto al contributo delle acque sotterranee alla formazione dei deflussi in alveo; T Parametro che tiene conto della modulazione nell arco dell anno dei rilasci dalle opere di presa, in funzione degli obiettivi di tutela definiti per i tratti di corso d acqua sottesi dalla derivazione (tutela dell ittiofauna, fruizione turistica - ricreativa, o per altre esigenze di carattere ambientale). L articolo 42 delle Norme Tecniche di Attuazione del PTUA prevede una soglia minima non derivabile pari a 50 l/s; tale soglia si riferisce a tutte le nuove derivazioni, per la salvaguardia delle caratteristiche di naturalità e di pregio ambientale dei bacini montani.

52 Il DMV secondo il PTUA lombardo DMV - Norme Tecniche di Attuazione del PTUA Il Programma di Tutela e Uso delle Acque della Regione Lombardia (PTUA, marzo 2006) prevede: entro la fine dell anno 2008 il rilascio della componente idrologica del Deflusso Minimo Vitale (DMV) entro il 2015 l applicazione dei coefficienti correttivi che potrebbero incrementare, anche significativamente, tale DMV idrologico. La definizione quantitativa della portata da rilasciare come DMV a valle delle singole opere di presa può essere definita, secondo l art. 34 delle Norme Tecniche di Attuazione del PTUA, in due modi: attraverso l applicazione di una formula semplificata che riguarda l intero territorio regionale; oppure attraverso uno studio sitospecifico dei corsi d acqua coinvolti e l applicazione di una metodica sperimentale definita dallo stesso PTUA. La normativa di settore inoltre prevede che i DMV così calcolati possano anche essere rilasciati in punti diversi e con modalità differenti, quando le caratteristiche dell ambiente naturale, delle opere di presa nonché le potenzialità produttive stesse lo suggeriscono. Con la Deliberazione Giunta Regionale 19 dicembre n. 8/6232 Determinazioni in merito all adeguamento delle derivazioni al rilascio del deflusso minimo vitale e contestuale revoca della D.G.R. n. 3863/2006 è stato ufficialmente approvato il documento tecnico Direttive per l adeguamento delle derivazioni al rilascio del deflusso minimo vitale, pubblicato sul BURL n. 9 edizione speciale del 28 febbraio Tale documento contiene le linee guida per elaborare i progetti di adeguamento delle opere di presa d'acqua. Le disposizioni in esso contenute sono perciò rivolte anche ai concessionari che dovranno presentare i progetti alle autorità concedenti per garantire la presenza del deflusso minimo vitale in alveo entro i termini previsti dalla normativa vigente. IL capitolo 4 prevede l approccio sperimentale volontario all applicazione del DMV sulla base di specifici accordi con i concessionari-utenti che si impegnano a gestire un programma di rilasci concordato con l autorità concedente, le comunità locali e gli enti gestori delle aree protette ove presenti.

53 Il Deflusso Minimo Vitale - DMV Modalità di rilascio

54 Il Deflusso Minimo Vitale - DMV Modalità di controllo del DMV

55 Svasi, spurghi e sfangamenti dei bacini artificiali Normativa vigente Art. 114 Dighe del Decreto Legislativo 3 Aprile 2006, n.152 NORME IN MATERIA AMBIENTALE Le Regioni debbano adottare apposita disciplina in materia di restituzione delle acque utilizzate per produrre energia elettrica, per scopi irrigui e per uso potabile. Le operazioni di svaso e sfangamento delle dighe devono essere condotte c sulla base di un PROGETTO DI GESTIONE predisposto dal gestore dell impianto sulla base dei criteri fissati dal Decreto 30 giugno 2004 del Ministero dell ambiente Il progetto di gestione deve essere approvato entro 6 MESI Il progetto deve definire le misure di prevenzione e tutela dell ecosistema ecosistema acquatico

56 Svasi, spurghi e sfangamenti dei bacini artificiali Normativa vigente Art. 40 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152: Comma 2: Al fine di assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia sia della qualità dell'acqua invasata, sia del corpo recettore, le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun impianto Il progetto di gestione è finalizzato a definire sia il quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attività di manutenzione da eseguire sull impianto sia le misure di prevenzione e tutela del corpo recettore, dell ecosistema acquatico, delle attività di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle dello sbarramento durante le operazioni stesse. Comma 4: Il progetto di gestione di cui al comma 2, è predisposto dal gestore sulla base dei criteri fissati con decreto del Ministro dei lavori pubblici e del Ministro dell'ambiente... Comma 5: Il progetto di gestione è approvato dalle Regioni, con eventuali prescrizioni... Comma 6: Con l'approvazione del progetto il gestore è autorizzato ad eseguire le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in conformità ai limiti indicati nel progetto stesso e alle relative prescrizioni.

57 Alterazioni causate degli invasi artificiali Normativa vigente Il Decreto del 30 giugno 2004 del Ministero dell Ambiente stabilisce i Criteri per la redazione del progetto di gestione degli invasi, ai sensi dell'articolo 40, comma 2, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 Art. 3. Progetto di gestione: comma4: Nel caso di rilascio a valle dei sedimenti, il progetto di gestione indica anche: a) i livelli e la persistenza delle concentrazioni che non possono essere superati durante le attività di svaso, sfangamento e spurgo, compatibili con le prescrizioni contenute nei piani di tutela delle acque e con gli obiettivi di qualità dei corpi idrici con specifico riferimento agli usi potabili e alla vita acquatica; b) il programma operativo delle attivita' di svaso ovvero di spurgo del serbatoio, che deve essere redatto in modo da minimizzare gli effetti negativi sull'equilibrio del sistema acquatico a monte e a valle dello sbarramento Art. 8. Tutela della qualità delle acque invasate: comma2: le regioni fissano, nell ambito del piano di tutela, in funzione degli obiettivi di qualità definiti per gli specifici corpi idrici, i livelli e la persistenza delle concentrazioni che non possono essere superati durante le operazioni di svaso, sfangamento e spurgo, in modo da consentire le operazioni medesime senza arrecare danni irreversibili al corpo recettore.

58 LIMITI DA RISPETTARE DURANTE LE OPERAZIONI Valori di concentrazione media di solidi sospesi (g/l) da tenere in considerazione durante uno svaso in funzione degli obiettivi di tutela della comunità ittica fluviale nel corso d acqua a valle del bacino. Tratti da: Pregio della comunità ittica nel corso d acqua a valle del bacino Durata dello svaso Assenza di vocazionalità ittica Basso pregio ittico Medio pregio ittico Alto pregio ittico Poche ore 50 g/l 30 g/l 20 g/l 10 g/l 1 2 giorni 30 g/l 20 g/l 10 g/l 5 g/l 1-2 settimane 10 g/l 5 g/l 3 g/l 1.5 g/l

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