CHIMICA GENERALE E PROPEDEUTICA BIOCHIMICA

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1 1 CHIMICA GENERALE E PROPEDEUTICA BIOCHIMICA CHIMICA GENERALE Materia La materia può avere: - Proprietà fisiche: se studiate non comportano trasformazione della materia (es.: temperatura di ebollizione, temperatura di fusione, stato di aggregazione); - Proprietà chimiche: se studiate comportano trasformazione della materia (es.: reazioni chimiche). Legge di conservazione della massa Quando si verifica una reazione chimica la somma delle masse dei reagenti è uguale alla somma delle masse dei prodotti. masse reagenti = masse prodotti Stati di aggregazione - Solido: particelle ordinate in un reticolo cristallino ben strutturato, regolare; - Liquido: particelle meno interagenti tra loro, meno strutturate; - Gassoso: nessuna interazione tra le particelle, completamente libere. Definizioni Sostanza pura: tipo particolare di materia con composizione ben definita e costante e caratteristiche chimicofisiche conosciute (es.: H 2 O). Le sostanze possono essere costituite da: o Elementi: specie chimiche elementari, inscindibili in componenti più semplici e formate da atomi dello stesso tipo; o Composti: specie chimiche composte da più elementi diversi, combinati secondo rapporti ponderali fissi, precisi e costanti e formate da atomi di diverso tipo. I composti possono essere scissi in elementi tramite operazioni chimiche o elettriche. Sistema: qualsiasi porzione dell universo oggetto di studio. Ambiente esterno o intorno del sistema: rimanente parte dell universo. Un sistema può essere: o Fisicamente: Omogeneo: presenta in ogni suo punto le medesime qualità fisico-chimiche; costituito da una sola fase. Eterogeneo: presenta qualità diverse a seconda della zona osservata; è costituito da più fasi, separate da superfici di discontinuità. o Chimicamente: Omogeneo: presenta una sola sostanza; Eterogeneo: presenta più di una sostanza. Un sistema inoltre può essere: o Aperto: può scambiare con l ambiente sia materia che energia; o Chiuso: può scambiare con l ambiente solo energia, non materia; o Isolato: non può scambiare con l ambiente né materia né energia. Soluzione: sistema fisicamente omogeneo ma chimicamente eterogeneo. Miscela: sistema fisicamente e chimicamente eterogeneo, formato da due o più sostanze incapaci di unirsi tra loro e composte in rapporti variabili. L atomo L atomo è la più piccola particella che conserva le caratteristiche strutturali necessarie alla sua identificazione; atomi dello stesso tipo presentano caratteristiche uguali, anche se possono presentare masse leggermente diverse. Gli atomi

2 2 possono legarsi tra loro per formare strutture stabili: le molecole. La stabilità è caratterizzata da un contenuto energetico basso, perciò con la formazione di molecole si ha liberazione di energia. Un elemento è formato da più atomi dello stesso tipo; un composto è formato da più atomi di diverso tipo. L atomo è composto da una parte centrale, molto compatta, positiva, chiamata nucleo, che è circondata da una nube elettronica negativa, determinata dalla presenza di elettroni. Il nucleo è composto da nucleoni, ovvero da protoni e neutroni: i nucleoni determinano la massa dell atomo, in quanto la massa degli elettroni è trascurabile, anche se essi contribuiscono a determinare le caratteristiche chimico-fisiche dell elemento; la funzione dei neutroni è principalmente quella di annullare le interazioni tra protoni ed elettroni. Gli atomi sono elettricamente neutri, in quanto il numero di elettroni ed il numero di protoni si equivalgono. Un atomo si identifica secondo un simbolo (es.: Cloro Cl), correlato solitamente da due numeri: - Numero atomico (Z), che indica il numero di protoni ed identifica l atomo; si pone in basso a sinistra del simbolo dell elemento. Z indica soltanto il numero di protoni, non di elettroni, in quanto alcuni atomi elettricamente carichi (ioni) hanno diverso numero di elettroni e protoni. - Numero di massa (A), che indica il numero di nucleoni (protoni + neutroni) e determina la massa dell atomo; si pone in alto a sinistra del simbolo dell elemento. A Z X Possono inoltre esistere atomi dello stesso elemento che però hanno numero diverso di neutroni: gli isotopi, che avranno uguale numero atomico ma diverso numero di massa (es.: 12 6 C, 13 6 C, 14 6 C ). L abbondanza percentuale naturale indica la percentuale del numero di atomi di un determinato isotopo in un campione di un determinato elemento; essa è uguale indipendentemente dal luogo del prelievo (es.: 1 1 H Idrogeno, 99%; 2 1 H Deuterio e 3 1 H Trizio meno dell 1%). L unità di massa atomica unificata (u.m.a.) è definita come la dodicesima parte della massa del 12 C e corrisponde alla massa di un protone (o di un neutrone), ovvero a 1,66x10-27 kg. La massa atomica assoluta (A) è la massa reale dell atomo mentre la massa atomica relativa (Ar) definisce il numero di volte che l u.m.a. è contenuta nella massa atomica assoluta (es.: 12 C, Ar = 12). A Ar u. m. a. I valori di massa atomica non sono numeri interi in quanto i vari isotopi (in percentuale di presenza diversa) presentano masse leggermente diverse: perciò la massa atomica è definita dalla massa atomica media, ovvero dalla media ponderata delle masse dei vari isotopi per le rispettive abbondanze percentuali naturali. Ar a. p. n. Am n Il peso atomico è invece definito come il rapporto tra massa atomica media e u.m.a. Am P u. m. a. La concentrazione La concentrazione esprime i rapporti quantitativi delle specie chimiche del sistema. Per esprimere la concentrazione è necessario conoscere la mole, definita come la quantità di sostanza che contiene un numero di particelle uguale al numero di atomi contenuti in 0,012 kg esatti di 12 C, il cui numero è pari al numero di Avogadro, 6,022x La massa molare è anche indicabile come il peso atomico indicato in grammi (es.: O 2 Ar = 16; 16x2=32 g). Il numero di moli (n) è definito come il rapporto tra la massa della sostanza in grammi ed il suo peso molecolare. m n Pm La concentrazione può essere espressa in vari modi:

3 3 Frazione molare (X): indica il rapporto tra il numero di moli di un dato componente e il numero totale delle moli di tutti i componenti della soluzione. X n componente n totali La frazione molare di ciascun componente può assumere valori compresi tra 0 e 1; la somma delle frazioni molari di tutti i componenti in soluzione è 1. Molalità (m): indica il numero di moli di soluto in 1kg di solvente. m n m soluto solvente Molarità (M o [X]): indica il numero di moli di soluto in un litro di soluzione. n M V soluto soluzione Configurazioni elettroniche Secondo il principio di indeterminazione di Heisenberg non è possibile definire contemporaneamente e con esattezza posizione e velocità di un elettrone, mentre è possibile determinare la probabilità che l elettrone si trovi in una determinata posizione. Per questo motivo sono stati introdotti gli orbitali, le zone dove vi è la massima probabilità di individuare un elettrone con una determinata energia. Gli orbitali sono definibili tramite delle funzioni d onda, definite da numeri quantici, che descrivono l energia, la forma e l orientamento nello spazio di un determinato orbitale. I numeri quantici sono: Numero quantico principale (n) 1 n Determina il livello energetico dell orbitale, in relazione alla distanza dal nucleo; Numero quantico secondario (l) 0 l n 1 Determina il sottolivello energetico dell orbitale, in relazione alla forma dell orbitale; Numero quantico magnetico (m) m l,0, l Determina l orientamento dell orbitale, sottoposto al campo magnetico; Numero quantico di spin (+ ½, - ½ ) (, ) Determina il verso di rotazione dell elettrone attorno al proprio asse. Principio di esclusione di Pauli: in un atomo non è possibile trovare orbitali con più di due elettroni. Casi di orbitali: n = 1 o l = 0 m = 0 1s (sferico) n = 2 o l = 0 m = 0 2s (sferici) o l = 1 m = -1,0,+1 2p (bilobati) n = 3 o l = 0 m = 0 3s (sferici) o l = 1 m = -1,0,+1 3p (bilobati) o l = 2 m = -2,-1,0,+1,+2 3d (tetralobati) n = 4 o l = 0 m = 0 4s (sferici) o l = 1 m = -1,0,+1 4p (bilobati) o l = 2 m = -2,-1,0,+1,+2 4d (tetralobati)

4 4 o l = 3 m = -3,-2,-1,0,+1,+2,+3 4f (polilobati) La configurazione elettronica rappresenta perciò la disposizione degli elettroni attorno al nucleo ed è regolata da alcuni principi: - Tensione a minore energia: occupazione primaria di orbitali a livello energetico più basso, quindi più vicini al nucleo; - Principio di esclusione di Pauli; - Legge della massima molteplicità di Hund: in presenza di orbitali isoenergetici, gli elettroni si dispongono ognuno in un orbitale ed assumono spin parallelo. La configurazione può essere scritta: - Condensata: solo tramite gli orbitali; - Espansa: definendo anche la posizione degli orbitali sugli assi; - Rappresentazione di spin: includendo anche la raffigurazione dello spin. Solitamente sulla tavola periodica viene raffigurata solo la configurazione elettronica esterna, ovvero quella del livello o guscio di valenza, che maggiormente influisce sulle proprietà dell elemento; il core, ovvero gli orbitali più interni, non vengono raffigurati. In una configurazione elettronica si riempiono in ordine: ns (n-2)f (n-1)d np La tavola periodica Sulla tavola periodica gli elementi sono ordinati secondo massa atomica crescente e presentano una chiara periodicità delle loro proprietà: la tavola periodica è perciò definita come rappresentazione visiva della legge periodica. Gli elementi con proprietà simili sono raggruppati in gruppi verticali, mentre i periodi orizzontali indicano il livello elettronico che si sta riempiendo. Le proprietà degli atomi sono correlate alla loro struttura elettronica: nell ambito di uno stesso gruppo gli atomi hanno stessa configurazione elettronica esterna. IA, IIA ns IIIA, IVA, VA, VIA, VIIA, VIIIA np Gruppi B (n-1)d Elementi di transizione interna (lantanidi ed attinidi) (n-2)f Gli elementi dei gruppi A sono anche chiamati rappresentativi, in quanto rappresentano tutte le possibili varietà di proprietà; gli elementi dei gruppi B sono invece definiti di transizione e presentano tutti proprietà simili. Proprietà fisiche degli elementi La configurazione elettronica esterna determina le proprietà chimico-fisiche degli atomi. - Carica nucleare effettiva (Z eff ): entità dell attrazione realmente esercitata dal nucleo su un dato elettrone; è determinata dall attrazione dei protoni e dalla repulsione dei neutroni, che schermano l attrazione. Z S Z eff Dove Z è il numero di protoni ed S è l effetto di schermo. La carica nucleare effettiva aumenta lungo un periodo e tende a rimanere costante (o al massimo a diminuire leggermente) lungo un gruppo. - Raggio atomico: distanza tra il nucleo e l elettrone più esterno (ovvero il punto dove è più probabile trovarlo). Il raggio atomico diminuisce lungo un periodo ed aumenta lungo un gruppo. - Energia di ionizzazione: energia necessaria per allontanare a distanza infinita da un atomo allo stato gassoso l elettrone più debolmente legato. L energia di ionizzazione aumenta lungo un periodo e diminuisce lungo un gruppo. - Affinità elettronica: variazione di energia che si verifica quando un atomo accetta un elettrone. L affinità elettronica aumenta lungo un periodo e diminuisce lungo un gruppo. - Elettronegatività: capacità di un atomo di attrarre la coppia di elettroni di legame in una molecola; nella tavola periodica è espressa l elettronegatività relativa di un atomo. L elettronegatività aumenta lungo un periodo e diminuisce lungo un gruppo.

5 5 Legami chimici Ogni atomo in natura tende a raggiungere una configurazione elettronica esterna stabile, ovvero con otto elettroni sul livello più esterno (regola dell ottetto). Il legame chimico è una qualsiasi interazione capace di tenere uniti due o più atomi, portando alla formazione di un sistema stabile, con energia inferiore rispetto a quella del sistema atomi isolati ; la formazione di un legame chimico porta sempre ad una diminuzione di energia del sistema. L energia di legame è la differenza di energia tra il sistema atomi isolati ed il sistema atomi legati, ovvero l energia emessa con la formazione di un legame chimico o l energia necessaria per rompere un legame chimico. L energia di legame è espressa in kcal o in kj. Le molecole possono essere rappresentate attraverso la formula bruta (es.: H 2 O) oppure tramite la formula di struttura I legami possono essere: - Semplici: presentano condivisione di una sola coppia di elettroni; es.: H : H H H H 2 - Multipli: presentano condivisione di due o più coppie di elettroni; es.: : O :: O : O = O O 2 (legame doppio) es.: : N N : N N N 2 (legame triplo) Inoltre ogni coppia di elettroni di legame può essere: - Legame : sovrapposizione degli orbitali lungo la linea che congiunge i due nuclei, dove si ha la massima densità elettronica. - Legami : sovrapposizione degli orbitali sopra e sotto la linea che congiunge i due nuclei. Nei legami doppi il primo legame è di tipo, il secondo è di tipo. Non è comunque possibile formare più di tre legami. Tipologie di legami Legami forti: trasferimenti o condivisione di elettroni. o Legame covalente: condivisione di una coppia di elettroni tra due atomi; si può instaurare tra due non metalli o tra un non metallo ed un metalloide. Legame covalente puro (o omopolare): entrambi gli atomi attraggono con forza uguale gli elettroni di legame ed hanno quindi uguale elettronegatività ( en 0, 5 ); non si instaurano cariche sugli atomi. Questo legame si forma tipicamente tra atomi uguali (es.: H 2 H H). Legame covalente eteropolare: gli atomi attraggono con forza diversa gli elettroni di legame ed hanno quindi diversa elettronegatività ( 0,5 en 1, 9 ); si instaurano cariche parziali sugli atomi. Questo legame si forma tipicamente tra atomi diversi (es.: FH F δ- H δ+ ). o Legame ionico: si instaura tra atomi con valori molto diversi di elettronegatività ( en 1, 9 ); in questo caso l atomo più elettronegativo strappa l elettrone a quello meno elettronegativo. In questo modo si formano un catione ed un anione legati da forti interazioni elettrostatiche (es.: NaCl Na + + Cl - ). Questo tipo di legame si instaura tra un metallo ed un non metallo. Caratteristiche dei composti ionici: - Non formano molecole ma strutture cristalline regolari e caratteristiche, i cristalli ionici, molto rigidi, isolanti e che si frantumano facilmente; - Solidi; - Spesso alto-fondenti; - Elettroliti. o Legame metallico (reticolo cristallino elettronico): costituito da atomi che presentano elettroni mobili, cioè che hanno basso potenziale di ionizzazione e quindi bassa elettronegatività; si forma prevalentemente tra i metalli (alcalini, alcalino-terrosi). Caratteristiche dei composti metallici: - Duttili e malleabili; - Conduttori; - Opachi.

6 6 o Legame dativo (o di ipercoordinazione): caratterizzato dalla condivisione di elettroni da parte di un unico atomo (es.: NH 3 H NH 4 ; in questo caso è presente un catione H + ed N cede entrambi i suoi elettroni). Questo legame è alla base dei complessi di coordinazione, solitamente formati da un catione centrale che si lega a vari ligandi tramite legami dativi (es.: nel gruppo eme dell emoglobina il catione centrale Fe + si lega dativamente con l Ossigeno; nella clorofilla il catione centrale è invece Mg + ). Legami deboli: deboli interazioni elettrostatiche tra atomi e molecole e tra molecole e ioni che non implicano condivisione o trasferimento di elettroni. Queste forze intermolecolari influenzano molto le proprietà fisiche delle sostanze, contribuendo a definire e stabilizzare le strutture tridimensionali delle macromolecole organiche. In ordine di energia crescente sono: o Interazione ione dipolo permanente: legame ipocoordinato in cui un catione [anione] risente della carica parziale negativa [positiva] di un dipolo elettrico. Questa interazione interviene nei processi di solubilizzazione di solidi ionici in H 2 O, in cui il dipolo permanente è costituito dall acqua. Nel caso del sale NaCl sciolto in acqua, l H 2 O attrae il sale e si libera energia, che viene utilizzata per rompere il legame: l interazione è data dal catione Na + e dall anione Cl - che risentono della carica parziale rispettivamente negativa (O δ= ) e positiva (H δ+ ) del dipolo elettrico (H 2 O); si forma così attorno agli ioni un alone di idratazione costituito dal dipolo elettrico e gli ioni vengono chiamati ioni idratati. o Interazione ione dipolo indotto; o Interazione dipolo permanente dipolo permanente (forza di Van Der Waals): caratterizzata dall interazione attrattiva tra molecole con momenti dipolari; la sua forza dipende dall entità delle cariche dipolari. Nel caso del legame idrogeno H è legato covalentemente ad atomi molto elettronegativi (N, O, F) ed assume quindi una carica parziale grande: il legame idrogeno si forma quindi tra un atomo di H di una molecola ed un atomo molto elettronegativo di un altra molecola. Questi legami si dispongono di solito linearmente. o o Ogni molecola d acqua potrà formare quattro legami idrogeno, in quanto in ogni molecola sono presenti due cariche parziali positive e due cariche parziali negative. Questo tipo di legame spiega alcune proprietà fisiche dell acqua: - La struttura tridimensionale ad anelli esagonali del ghiaccio che rende il volume del ghiaccio maggiore rispetto a quello dell acqua e la densità del ghiaccio maggiore di quella dell acqua; - L alta temperatura di ebollizione dell acqua (che dovrebbe essere -140 a causa della bassa energia dei legami). Interazione dipolo permanente dipolo indotto (forza di Van Der Waals): questa interazione avviene se una sostanza apolare è posta in acqua: l H 2 O forma una gabbia in cui le molecole di acqua sono legate tramite legami idrogeno ed esclude la sostanza apolare dalla fase acquosa, formando un clatrato. Ciò avviene prevalentemente nelle interazioni idrofobiche. Interazione dipolo indotto dipolo indotto (forza di London): questa interazione si può instaurare tra atomi (es.: gas nobili) e/o tra molecole apolari (es.: H 2, CH 4 ); in questi casi il rapido spostamento delle molecole e degli elettroni e la casuale densità maggiore di elettroni in una data zona possono indurre dei dipoli temporanei o istantanei. Ad esempio nelle code fosfolipidiche si crea questo tipo di interazione. Alcuni fattori influenzano l intensità della forza di London: - Numero degli elettroni: un alto numero di elettroni implica l aumento della probabilità di scontro e della creazione di dipoli istantanei; - Forma delle molecole: le molecole sferiche o simmetriche danno interazioni di minore entità rispetto a molecole di forma allungata; - Temperatura: l aumento della temperatura favorisce l aumento della velocità di movimento degli elettroni creando dipoli in tempi più brevi e quindi interazioni meno intense.

7 7 Geometria molecolare La geometria molecolare studia la disposizione nello spazio delle molecole, secondo il metodo VSEPR (modello di repulsione tra coppie di elettroni del guscio di valenza): gli elettroni si disporranno in modo da essere più lontani da altri elettroni, costituendo delle coppie stereoattive, ovvero che entrano in gioco nelle forze di repulsione che determinano la disposizione della molecola nello spazio. Le coppie di elettroni stereoattive sono quelle che formano legami di tipo σ e le coppie non impegnate in legami, mentre le coppie di elettroni che formano legami di tipo π non sono stereoattive. La forma delle molecole non corrisponde all orientamento degli orbitali nello spazio. Si prendono in considerazione le coppie stereoattive di un singolo atomo e se la molecola è simmetrica basta considerarne una metà e poi attuare lo stesso ragionamento con la metà restante. (STEREOATTIVE NON STEREOATTIVE) Es.: metano 4 coppie stereoattive forma tetraedrica (angoli di 109 ). Es.: ammoniaca 4 coppie stereoattive forma tetraedrica (angoli di 107, ridotti perché presente una coppia libera). Es.: acqua 4 coppie stereoattive forma tetraedrica (angoli di 104, ulteriormente ridotti perché presenti due coppie libere). Questa forma influisce sulla polarità dell acqua. Es.: trifluoruro di boro (eccezione alla regola dell ottetto) 3 coppie stereoattive forma trigonale planare (angoli di 120 ). Es.: acetilene 2 coppie stereoattive (per ciascuna metà della molecola simmetrica) forma lineare (angoli di 180 ). Es.: anidride carbonica 2 coppie stereoattive forma lineare (angoli di 180 ). Quando si formano legami gli atomi non utilizzano orbitali puri ma orbitali ibridi. L ibridazione è la ricombinazione della funzione d onda di orbitali puri che porta alla formazione di nuovi orbitali detti ibridi.

8 8 Questi orbitali presentano orientamenti spaziali che consentono di minimizzare le interazioni repulsive tra le coppie di elettroni ed inoltre consentono una maggiore sovrapposizione delle nuvole di carica elettronica. Es.: Il numero di orbitali ibridi rimarrà uguale al numero di orbitali puri da cui derivano, mentre la forma e l energia saranno intermedie rispetto a quelle degli orbitali da cui derivano. L ibridazione riguarda un atomo (es.: C) e pertanto prenderemo in considerazione solo i legami stereoattivi formati da quello specifico atomo. Es.: metano 4 coppie stereoattive 4 orbitali ibridi (1 orbitale s + 3 orbitali p) sp 3 Es.: etilene 3 coppie stereoattive 3 orbitali ibridi (1 orbitale s + 2 orbitali p) sp 2 *l orbitale p puro rimasto al C (legame π) si trova in posizione perpendicolare rispetto al piano degli orbitali ibridi. Es.: acetilene 2 coppie stereoattive 2 orbitali ibridi (1 orbitale s + 1 orbitale p) sp *i due orbitali p puri rimasti al C (legami π) si trovano in posizione perpendicolare tra loro. Una molecola è definita polare non solo quando presenta delle cariche, ovvero atomi con diversa elettronegatività, ma soprattutto quando la struttura è asimmetrica. Es.: acqua differenza di elettronegatività molecola asimmetrica: somma vettoriale positiva polare Es.: anidride carbonica differenza di elettronegatività molecola simmetrica: somma vettoriale nulla apolare Cinetica chimica La cinetica chimica è lo studio sperimentale della velocità delle reazioni. La velocità media di una reazione è la variazione di concentrazione molare di un reagente o di un prodotto nell unità di tempo. R P v oppure v t t La diminuzione di concentrazione è proporzionale alla velocità di reazione. La velocità istantanea è la variazione di concentrazione di reagenti o prodotti in un tempo infinitamente piccolo, in modo da renderla indipendente dalla concentrazione. Modelli teorici per la cinetica chimica Teoria delle collisioni o degli urti efficaci: secondo questo modello teorico per dare luogo alla reazione le molecole devono collidere ed avere orientamento favorevole, ovvero presentare un contenuto energetico minimo: l energia di attivazione (Ea).

9 9 Teoria del complesso attivato o dello stato di transizione: in questa teoria viene introdotta una specie ipotetica ed intermedia, il complesso attivato, che si forma dalle collisioni molecolari ed ha caratteristiche intermedie tra i reagenti ed i prodotti. Il complesso attivato può dare origine ai prodotti o dissociarsi nuovamente nei reagenti; in questo caso l energia di attivazione è la differenza tra energia dello stato di transizione ed energia dei reagenti. Ea = E complesso attivato E attivazione reagenti Le reazioni inoltre possono avvenire con emissione o assorbimento di energia. Fattori che influenzano la velocità di reazione La velocità di una reazione può essere influenzata da vari fattori, ognuno studiato a parità degli altri. Natura dei reagenti: la velocità dipende dal tipo di sostanze interagenti. Concentrazione dei reagenti: la probabilità di urti intermolecolari è direttamente proporzionale alla concentrazione dei reagenti; aumentando la concentrazione dei reagenti aumenta il numero di particelle che hanno energia di attivazione minima.

10 10 Equazione cinetica: aa bb cc dd m v k[ A] n [ B] con n, m verificabili sperimentalmente; k è la costante specifica di velocità o costante cinetica, dipende dalla temperatura e rappresenta la velocità della n m reazione quando le concentrazioni sono unitarie ( v k[ 1] [1] k ). L ordine della reazione è determinato dalla somma degli esponenti ed è correlato alla forza con cui la concentrazione dei reagenti influisce sulla velocità di reazione. 0 0 Es.: ordine 0 v k ( v k[ A] [ B] ) velocità costante Es.: ordine 1 v k[a] Es.: ordine 2 v k[ A][ B] La molecolarità di una reazione elementare indica il numero di molecole dei reagenti; è data dalla somma dei coefficienti stechiometrici della reazione. Es.: 3 A B prodotti molecolarità 4 Le reazioni più frequenti sono monomolecolari o dimolecolari, più probabili secondo il modello teorico degli urti efficaci. Una reazione è composta da uno o più stadi che costituiscono il meccanismo di reazione; per reazioni con un unico stadio (reazioni elementari) la molecolarità coincide con l ordine mentre per reazioni a più stadi la molecolarità è diversa dall ordine: nel caso delle reazioni non elementari la velocità del processo globale è determinata dalla velocità del processo più lento, così come l ordine dell intero processo coincide con l ordine dello stadio più lento. Temperatura: la velocità di una reazione è direttamente proporzionale alla temperatura; l aumento della temperatura implica aumento degli urti e quindi aumento della probabilità di urti favorevoli; inoltre la temperatura aumenta il numero di particelle con urti favorevoli. In una reazione tipo R P dove v k[r], se [R] è costante, l aumento di temperatura favorisce l aumento di velocità e quindi implica una variazione di k, la costante cinetica: k A e Ea RT Dove k è la costante cinetica, A è la costante specifica di reazione (tiene conto delle caratteristiche, del numero di urti, ecc.), Ea è l energia di attivazione, R è la costante universale dei gas e T è la temperatura assoluta. In definitiva k è direttamente proporzionale alla temperatura ed inversamente proporzionale all energia di attivazione. Catalizzatori: i catalizzatori sono sostanze che modificano la velocità di una reazione; possono essere positivi (provocano un aumento della velocità) o negativi (inibitori, provocano una diminuzione di velocità); l azione dei catalizzatori viene detta catalisi. Frequentemente catalizzatori biologici positivi (enzimi) agiscono sull energia di attivazione, abbassandola. Esiste sempre un rapporto ben definito tra moli di reagenti e moli di catalizzatore. La struttura del catalizzatore risulta chimicamente inalterata al termine della reazione. Inoltre i catalizzatori si suddividono in: - omogenei, se si trovano nella stessa fase di reagenti e prodotti (es.: catalizzatore liquido in soluzione liquida); nella catalisi omogenea il catalizzatore entra nella reazione modificando il percorso e rendendolo più semplice e veloce; - eterogenei, se si trovano in una fase diversa da quella di reagenti e prodotti (es.: catalizzatore solido in soluzione liquida); nella catalisi eterogenea il catalizzatore presenta un sito attivo a cui si lega il reagente, cosicché vengono modificate le forze dei legami; in questo caso la catalisi dipenderà dalla superficie del catalizzatore. Pressione: la pressione influisce su reazioni di tipo gassoso; l aumento di pressione induce un aumento di concentrazione e quindi un aumento della velocità. Equilibrio delle reazioni Una reazione può essere: - Quantitativa, quando tutti i reagenti si trasformano in prodotti ( R P );

11 11 - All equilibrio, quando vi è la compresenza di reagenti e prodotti le cui concentrazioni rimangono costanti ( R P ). Spesso nelle reazioni viene raggiunta una condizione di equilibrio chimico, dove la concentrazione di reagenti e prodotti rimane costante nel tempo. Le reazioni in questo caso continuano ad avvenire, ma le concentrazioni di reagenti e prodotti rimangono costanti, ovvero la velocità della reazione diretta e la velocità della reazione inversa si equivalgono. V reazione diretta = V reazione inversa Viene così raggiunto un equilibrio detto equilibrio dinamico. Legge dell equilibrio dinamico (o legge dell azione di massa): In una reazione chimica, a temperatura fissa e costante aa bb cc dd k e c [ C] [ D] a [ A] [ B] d B Dove le concentrazioni si intendono all equilibrio. Se k e >>1 (es. k e >10 10 ) allora la concentrazione dei prodotti supera di molto quella dei reagenti e la reazione è quasi definibile quantitativa. Se k e <<1 (es. k e <10-10 ) allora la concentrazione dei reagenti supera di molto quella dei prodotti e la reazione non presenta nessuna tendenza ad avvenire. Se <k e <10 10 : k e >10 3 prevalgono i prodotti; k e =1 prodotti = reagenti; k e <10-3 prevalgono i reagenti. Se k e non risulta costante la reazione non ha ancora raggiunto l equilibrio. Per quanto riguarda le reazioni di dissociazione si parla di k d (costante di dissociazione): k a per gli acidi e k b per le basi. [ CH 3COO ][ H ] 5 Es.: CH 3 COOH CH3COO H kd ka 10 [ CH COOH ] 3

12 12 Questo indica che vi è una grande quantità di reagenti, ovvero l acido si è dissociato poco ed è quindi un acido debole. Fattori che influenzano l equilibrio: Concentrazione dei reattanti (reagenti e prodotti): se viene variata la concentrazione di un reagente o di un prodotto, secondo il principio di Les Chatelier la reazione tende a contrastare la variazione di concentrazione modificando la velocità. Se viene aumentata la concentrazione di un reagente [prodotto] la velocità della reazione diretta [inversa] aumenta e la reazione raggiunge un nuovo equilibrio; se viceversa viene diminuita la concentrazione di un reagente [prodotto] la velocità della reazione diretta [inversa] diminuisce e la reazione raggiunge un nuovo equilibrio. [ H ][ OH ] Es.: H O H 16 2 OH k d 10 (elettrolita molto debole) [ H O] 2 Se aggiungiamo HCl H Cl aumenta la concentrazione [H + ] e quindi la velocità della reazione inversa aumenta, raggiungendo un nuovo equilibrio a k d = Questo effetto viene anche chiamato retrocessione ionica o effetto dello ione comune. Temperatura: la stessa differenza di temperatura ha un effetto maggiore sulla velocità della reazione con energia di attivazione più alta: se l energia di attivazione dei reagenti è più alta, la temperatura influisce sulla velocità della reazione diretta spostando l equilibrio verso i prodotti cosicché la k e aumenta, in quanto aumenta la concentrazione dei prodotti; se viceversa l energia di attivazione dei prodotti è più alta, la temperatura influisce sulla velocità della reazione inversa spostando l equilibrio verso i reagenti, cosicché la k e diminuisce, in quanto aumenta la concentrazione dei reagenti. Pressione: la pressione influisce solo sugli equilibri in fase gassosa che comportano variazione del numero di molecole. Es.: N 3 H NH calore (4 molecole 2 molecole) L aumento di pressione implica una diminuzione del volume, perciò l aumento della pressione tende a favorire un tipo di reazione che porta alla formazione di un minor numero di molecole. Catalizzatori: in presenza di catalizzatori si abbassano le energie di attivazione delle reazioni diretta ed inversa, cosicché l equilibrio viene raggiunto più velocemente; ciò non comporta uno spostamento dell equilibrio. Acido Base Teorie acido - base Le caratteristiche di acidità e di basicità sono classificate in base a più teorie acido-base: Teoria di Arrenius Questa teoria definisce l acidità e la basicità di soluzioni acquose; Acido: sostanza che in soluzione acquosa dissocia ioni H + ; es.: HCl H + + Cl - Base: sostanza che in soluzione acquosa dissocia ioni OH - ; es.: NaOH Na + + OH - Le reazioni acido-base sono pertanto reazioni tra un acido ed una base che portano alla formazione di acqua e di un sale che deriva dal catione della base e dall anione dell acido. Es.: HCl + NaOH NaCl + H 2 O Teoria di Bronsted Lowry Questa teoria tenta di rendere più generali le definizioni di acidi e basi. Acido: sostanza in grado di donare protoni; es.: CH 3 COOH + H 2 O CH 3 COO - + H 3 O + Base: sostanza in grado di accettare protoni; es.: NH 3 + H 2 O NH OH - Nella teoria di Bronsted Lowry non si fa riferimento al solvente, ma è chiaro che, come nel caso dell ammoniaca, il solvente ha molta importanza: nel caso dell ammoniaca l H 2 O si comporta da acido, nel caso dell acido acetico l H 2 O si comporta da base; l acqua è perciò definita sostanza anfotera, in quanto si comporta da acido o da base a seconda della sostanza con cui è posta. Nelle reazioni di acido-base l acido e la base reagiscono formando rispettivamente la base e l acido coniugato.

13 13 Es.: NH 3 + H 2 O NH OH - (base + acido acido coniugato + base coniugata) Inoltre quanto è più forte un acido [una base], tanto più debole è la sua base [il suo acido] coniugato, e viceversa. Per forza di un acido o di una base si intende la capacità più o meno spiccata di donare o accettare protoni. Teoria di Lewis Questa teoria caratterizza gli acidi e le basi basandosi sugli elettroni del livello di valenza. Acido: sostanza formata da almeno un atomo che presenta nel livello di valenza una lacuna di doppietto elettronico; accettore di doppietto elettronico. Es.: H + Base: sostanza formata da almeno un atomo che presenta nel livello di valenza un doppietto di elettroni libero, disponibile a formare legami; donatore di doppietto elettronico. Es.: NH 3 Le reazioni acido-base sono secondo questa teoria reazioni in cui avviene la formazione di un legame dativo. Il grado di dissociazione Il grado di dissociazione indica quanto un elettrolita è in grado di dissociarsi ed è dato dal rapporto tra la concentrazione della parte dissociata e la concentrazione totale. Se 1 l elettrolita è forte in quanto dissocia molto; se 0 l elettrolita è debole in quanto dissocia poco. 9 L H 2 O ha 1,8110 elettrolita molto debole C C dissociata totale Prodotto ionico dell acqua Consideriamo la reazione H 2 O H OH [ H ][ OH ] k e 10 ke[ H 2O] [ H ][ OH ] 10 kw (prodotto ionico dell acqua) [ H O] 2 A temperatura costante il prodotto delle concentrazioni ioniche dell acqua è costante e vale Solo nell acqua [H + ]=[OH - ]=10-7 M Se aggiungiamo H + aumenta la concentrazione [H + ] e di conseguenza l acqua produrrà ancor meno H +, per effetto della retrocessione ionica, di quello che dissocia solitamente (avendo l acqua basso grado di dissociazione), ovvero sarà presente una concentrazione [H + ]<10-7, quindi trascurabile; analogamente se aggiungiamo OH - aumenta la concentrazione [OH - ] e di conseguenza l acqua produrrà ancor meno OH -, per effetto della retrocessione ionica, di quello che dissocia solitamente (avendo l acqua basso grado di dissociazione), ovvero sarà presente una concentrazione [OH - ]<10-7, quindi trascurabile. 14 Quindi, se in un sistema acquoso sappiamo che [ H ][ OH ] 10, conoscendo una delle due concentrazione possiamo calcolare l altra. k w [ H ] e [ OH ] [ OH 10 ] [ H 14 ] In conclusione: - Quando in un sistema [H + ]=[OH - ]=10-7 M il sistema è neutro; - Quando in un sistema [H + ]>[OH - ] ([H + ]>10-7 M se il sistema è acquoso) il sistema è acido; - Quando in un sistema [H + ]<[OH - ] ([H + ]<10-7 M se il sistema è acquoso) il sistema è basico.

14 14 Il ph Per semplificare l indice di acidità o basicità di una soluzione è stato introdotto il ph, un operatore matematico. ph log 10 [ H ] Quindi, in un sistema acquoso: - soluzione neutra ph=poh=7 - soluzione acida ph<7 (poh>7) - soluzione basica ph>7 (poh<7) poh log 10 [ OH ph + poh = 14 Es.: H 2 O H OH Aggiungendo HCl 10-2 M HCl H Cl La concentrazione [H + ]=10-2 essendo la quantità di H + dissociata dall acqua trascurabile, quindi 2 ph log(10 ) 2 (acido forte, dissocia molto). Es.: H 2 O H OH Aggiungendo NaOH 10-2 M NaOH Na OH La concentrazione [OH - ]=10-2 essendo la quantità di OH - dissociata dall acqua trascurabile, quindi 2 poh log(10 ) 2 ph 14 poh 12 (base forte, dissocia molto). Per quanto riguarda i Sali è necessario conoscere l idrolisi salina, ovvero la possibile interazione tra soluto ed acqua; l idrolisi salina è difatti un caso particolare in cui soluto e solvente interagiscono chimicamente. Per studiare l acidità e la basicità dei Sali è necessario distinguere più casi: Se il sale deriva da acido forte e base forte il ph=7 e la soluzione sarà neutra in quanto non avviene idrolisi salina. Es.: (elettrolita forte) NaCl Na Cl H 2 O H OH Non avverrà idrolisi salina in quanto non si formeranno né NaOH né HCl, quindi Na + e Cl - non interagiranno con gli equilibri acido-base e la soluzione sarà neutra: Na + e Cl - sono anche detti ioni spettatori. Se il sale deriva da acido debole e base forte il ph>7 e la soluzione sarà basica in quanto avviene idrolisi salina basica: vi è un interazione dell anione dell acido con l H 2 O ed aumenta la concentrazione [OH - ] con conseguente variazione del ph. Es.: CH 3COONa CH3COO Na H 2 O H OH Na + non interagirà con OH -, però CH 3 COO - in parte interagirà con H + per riformare acido acetico. CH COOO 3 H CH3COOH Così H 2 O H OH non è all equilibrio in quanto vi è minore concentrazione [H + ] e per effetto della retrocessione ionica il suo equilibrio si sposta verso destra, aumentando la concentrazione [OH - ]. CH COOO 3 H CH3COOH H 2 O H OH ]

15 15 CH3COO H H 2O 3 CH COOH H OH Ovvero CH3COO H 2O CH3COOH OH Vi è quindi l aumento di OH - e la conseguente variazione di ph. Se il sale deriva da acido forte e base debole il ph<7 e la soluzione sarà acida in quanto avviene idrolisi salina acida: vi è un interazione del catione della base con l H 2 O ed aumenta la concentrazione [H + ] con conseguente variazione del ph. Es.: NH 4Cl NH 4 Cl H 2 O H OH Cl - non interagirà con H + +, però NH 4 in parte interagirà con OH - per riformare idrossido di ammonio. NH ( 4 OH NH 4 OH ) Così H 2 O H OH non è all equilibrio in quanto vi è minore concentrazione [OH - ] e per effetto della retrocessione ionica il suo equilibrio si sposta verso destra, aumentando la concentrazione [H + ]. NH ( 4 OH NH 4 OH ) H 2 O H OH NH OH H O NH ( OH ) H OH Ovvero NH H O NH ( OH ) H Vi è quindi l aumento di H + e la conseguente variazione di ph. Se il sale deriva da acido debole e base debole il ph=7 e la soluzione sarà neutra in quanto avviene idrolisi salina sia acida che basica in uguale quantità. Riassumendo: - acido forte + base forte NO idrolisi soluzione neutra - acido debole + base forte idrolisi basica soluzione basica - acido forte + base debole idrolisi acida soluzione acida - acido debole + base debole idrolisi acida = idrolisi basica soluzione neutra Soluzioni tampone Le soluzioni tampone sono soluzioni la cui funzione è di mantenere costante il ph del sistema anche se ad esso vengono aggiunti acidi o basi, entro però limiti ben definiti; esse sono molto importanti soprattutto dal punto di vista biologico. Le soluzioni tampone sono costituite da soluzioni acquose di opportune specie chimiche e possono essere: Soluzioni molto concentrate di acidi o basi forti; questi sistemi non sono biologicamente importanti perché spesso il ph dell organismo è circa 7, ma soluzioni tampone di questo tipo si trovano comunque in alcuni ambienti dell organismo come lo stomaco. Soluzioni costituite da un acido [base] debole e la sua base [acido] coniugata in concentrazioni uguali; in questo tipo di soluzioni sono presenti donatori ed accettori di protoni in egual misura. Es.: CH 3COOH CH3COONa (sistema tampone) In questo sistema la concentrazione del donatore di H + è praticamente pari a quella dell acido, mentre la concentrazione dell accettore di protoni è praticamente pari a quella del sale. Se aggiungiamo ad esempio HCl H Cl aumenta la concentrazione di H + e quindi per effetto della retrocessione ionica gli equilibri della reazione si sposteranno verso sinistra, cosicché CH COO 3 H CH3COOH e la concentrazione di H + non varierà. Non varierà in questo modo neanche il ph.

16 16 Se aggiungiamo ad esempio NaOH Na OH aumenta la concentrazione degli OH - e quindi per effetto della retrocessione ionica gli equilibri della reazione si sposteranno verso sinistra, cosicché H OH H 2O e la concentrazione degli H + diminuisce: ciò fa spostare la reazione di CH 3 COOH verso destra equilibrando la concentrazione di H +. k d [ CH3COO ][ H ] [ H CH COOH ] 3 kd[ CH3COOH ] ] [ CH COO ] [ donatore] ph pkd log [ accettore ] (equazione di Anderson) 3 Attraverso questa formula è possibile determinare l intervallo di ph in cui il sistema tampone funziona meglio; se [accettore]=[donatore] allora ph=pk d. Soluzioni Le soluzioni sono sistemi composti da solvente (solitamente H 2 O) e soluto. Solubilità La solubilità di un soluto in un solvente è la quantità massima di quel determinato soluto che è possibile sciogliere in un determinato solvente ad una temperatura definita, ovvero la concentrazione del soluto in soluzione satura; la solubilità può perciò essere espressa con le modalità di espressione della concentrazione classiche. Ogni sostanza ha una ben definita solubilità in un determinato solvente. In un processo di solubilizzazione all equilibrio la velocità di solubilizzazione e la velocità di precipitazione sono eguali (equilibrio dinamico); la solubilizzazione è un processo fisico. Fattori che influenzano la solubilità: Tipo di soluto e tipo di solvente: Il solvente può essere: o Polare (es.: H 2 O): presenza di legami covalenti eteropolari e struttura asimmetrica; o Apolare (es.: idrocarburi): presenza di cariche parziali o nulle. Il soluto può essere: o Ionico (es.: Sali); o Molecolare: Polare (es.: zuccheri); Apolare (es.: lipidi). La solubilità è influenzata dal tipo di legami dei solventi e dei soluti: affinché ci sia buona solubilizzazione è necessario che le nuove interazioni formatesi tra solvente e soluto siano paragonabili alle interazoni presenti nel solvente e nel soluto precedentemente, in quanto l energia necessaria per rompere i legami del solvente e del soluti è fornita dai nuovi legami che si formano tra solvente e soluto. Il simile scioglie il simile, ovvero solvente polare [apolare] scioglie meglio soluto polare [apolare], in quanto i legami di solventi e soluti sono simili. Es.: per sciogliere NaCl in acqua è necessario rompere il reticolo cristallino del sale ed il legame idrogeno dell H 2 O, quindi è necessaria l energia liberata dalla formazione dei legami deboli ione dipolo permanente tra H 2 O e Na + e tra H 2 O e Cl - ; la solubilizzazione dei Sali in acqua è un processo di tipo endotermico, mentre la solubilizzazione di gas in acqua è un processo di tipo esotermico. Temperatura: la temperatura favorisce la solubilità dei Sali in acqua e sfavorisce la solubilità dei gas in acqua. Pressione: la solubilità dipende dalla pressione secondo la legge di Henry: la solubilità di un gas in un liquido, a temperatura costante, espressa come massa disciolta in un determinato volume di liquido, è direttamente proporzionale alla pressione parziale del gas sul liquido. m c k V Dove k è il coefficiente di proporzionalità, P p è la pressione parziale del gas sul liquido. P p

17 17 Il coefficiente di assorbimento di Bunsen indica i millilitri di gas sciolti in un millilitro di solvente alla pressione di 1 atmosfera e a temperatura costante. *L ossigeno ha maggiore solubilità nel sangue in quanto reagisce anche con l Hb, così come la CO 2. A seconda della diversa solubilità le sostanze si dividono in: - Idrofiliche: polari, si sciolgono in H 2 O; - Idrofobiche (o lipofiliche): apolari, non si sciolgono in H 2 O; - Anfifiliche (o anfipatiche): presentano una porzione polare ed una porzione apolare (es.: acidi grassi, fosfolipidi). Costante del prodotto di solubilità La costante del prodotto di solubilità riguarda i soluti poco solubili, ovvero che hanno una solubilità minore di 10-2 M. In un processo di solubilizzazione all equilibrio rr aa bb La velocità di solubilizzazione e quella di precipitazione sono uguali. r v b k[ R] e v k[ A] a [ B] v v r a b k [ R] k[ A] [ B] Considerando il rapporto tra le costanti diretta e inversa pari a k eq a b k [ A] [ B] keq r k [ R] Sapendo che [R] è costante allora k eq [R] r è costante ed è k ps (costante del prodotto di solubilità) r a b k eq[ R] k ps [ A] [ B] In un sistema che contiene un sale poco solubile, in condizioni di saturazione (ovvero di equilibrio), il prodotto delle concentrazioni ioniche, ognuna elevata al proprio coefficiente stechiometrico, è costante. *Questo processo entra ad esempio in gioco durante la formazione delle ossa o nella formazione dei calcoli renali. La conoscenza della k ps può essere utile per calcolare la solubilità, sapendo che essa è il prodotto delle concentrazioni degli ioni, ognuna delle quali indica la solubilità. Proprietà colligative le proprietà colligative sono proprie di soluzioni ideali, in cui le nuove interazioni tra soluto e solvente sono identiche alle interazioni precedenti nel soluto e nel solvente, ma possono essere proprie anche di soluzioni non ideali, se abbastanza diluite. Le proprietà colligative dipendono dal numero di particelle di soluto presenti in soluzione. Abbassamento della tensione di vapore del solvente in soluzione La tensione di vapore è la pressione esercitata dal vapore sul liquido, quando esso si trova in equilibrio dinamico con il vapore e a temperatura costante. La tensione di vapore sarà tanto minore quanto maggiore è la quantità di particelle di soluto. P P Ps k m 0 Dove P 0 è la tensione di vapore allo stato puro, P la tensione di vapore in soluzione, ΔP s l abbassamento della tensione di vapore del solvente in soluzione, m la concentrazione molale del soluto (numero di moli di soluto in 1kg di solvente). L abbassamento della tensione di vapore è quindi direttamente proporzionale alla concentrazione molale del soluto. Innalzamento della temperatura di ebollizione del solvente in soluzione La temperatura di ebollizione sarà tanto maggiore quanto maggiore è la quantità di particelle di soluto.

18 18 T eb k eb m Dove ΔT eb è la variazione di temperatura di ebollizione, k eb è la costante ebullioscopica (correlata alla natura del solvente), m la concentrazione molale del soluto (numero di moli di soluto in 1kg di solvente). L innalzamento della temperatura di ebollizione è quindi direttamente proporzionale alla concentrazione molale del soluto. Abbassamento della temperatura di congelamento del solvente in soluzione La temperatura di congelamento sarà tanto minore quanto maggiore è la quantità di particelle di soluto. T cr k cr m Dove ΔT cr è la variazione di temperatura di congelamento, k cr è la costante crioscopica (correlata alla natura del solvente), m la concentrazione molale del soluto (numero di moli di soluto in 1kg di solvente). L abbassamento della temperatura di congelamento è quindi direttamente proporzionale alla concentrazione molale del soluto. Pressione osmotica Considerando due porzioni di un contenitore separate da una membrana semipermeabile, contenenti una acqua pura e l altra una soluzione Inizialmente vi è un passaggio netto di acqua dalla porzione 1 alla porzione 2, in quanto alcune particelle di soluto ostruiscono il passaggio attraverso i fori delle membrana semipermeabile; aumenta così la pressione osmotica che ostacolerà a questo punto un ulteriore passaggio di acqua verso la soluzione: il flusso dalla porzione 1 alla porzione 2 tenderà a rallentare e si raggiungerà una situazione di equilibrio dinamico con passaggio di H 2 O ad eguale velocità. All equilibrio i livelli di altezza delle due porzioni rimangono uguali. Si è verificata osmosi, ovvero passaggio netto di solvente dal solvente puro in soluzione; l osmosi è un passaggio secondo gradiente. La pressione osmotica risulta quindi essere la pressione da esercitare sulla soluzione affinché non si verifichi osmosi; essa è data dalla pressione idrostatica della differenza di livello di altezza delle due porzioni. La pressione osmotica si indica con π ed è proporzionale alla concentrazione molare del soluto. R M T Dove R è la costante universale dei gas, M è la molarità e T è la temperatura (espressa in K). Rispetto alle altre proprietà colligative la pressione osmotica dipende dalla concentrazione molare e non dipende né dalla natura del soluto né dalla natura del solvente. Per definire la pressione osmotica occorre considerare sempre il solvente puro. Se vi sono due soluzioni separate da membrana semipermeabile, ognuna con una determinata pressione osmotica (calcolata in base al solvente puro), avverrà osmosi dalla soluzione meno concentrata a quella più concentrata, ovvero dalla soluzione con pressione osmotica minore a quella con pressione osmotica maggiore. min flusso netto mag Le soluzioni possono essere:

19 19 - isotoniche sol x es.: π sol = π sangue soluzioni fisiologiche; - ipotoniche sol x es.: π sol < π sangue flusso di soluzione verso l interno dei globuli rossi, emolisi; - ipertoniche sol x es.: π sol > π sangue flusso di soluzione verso l esterno dei globuli rossi, raggrinzimento; Inoltre se il soluto non è elettrolitico, la concentrazione molare è pari a quella della soluzione, mentre se un soluto è elettrolitico la concentrazione molare è diversa da quella della soluzione, in quanto l elettrolita dissociandosi produce una concentrazione molare maggiore. In questo caso tutte le proprietà colligative vanno corrette tramite la costante i (coefficiente di Van t Of), che tiene conto della dissociazione dell elettrolita. Nel caso della pressione osmotica i M R T Per i non elettroliti i=1 mentre per gli elettroliti 1 i, dove υ indica il numero massimo di ioni dissociati dall elettrolita. Es.: NaCl Na Cl i=2

20 20 BIOCHIMICA STRUTTURALE Amminoacidi e Proteine Amminoacidi Composti organici. Gruppi funzionali: gruppo amminico [H 2 N] (basico), gruppo carbossilico [COOH] (acido). Elettroliti anfoteri. La formula generale mostra come tutti (a parte la glicina in cui RàH e la prolina, che non si adatta alla formula generale ma ha comunque struttura simile) sono chirali, ovvero presentano uno stereocentro, Cα, legato a quattro atomi diversi. Gli atomi di C della catena laterale vengono indicati da lettere greche, partendo appunto dal Cα. Se il gruppo amminico è a destra del C l amminoacido viene chiamato D-amminoacido, se invece il gruppo amminico è a sinistra viene chiamato L-amminoacido; gli L-amminoacidi sono gli amminoacidi presenti in natura. Classi di amminoacidi Gli amminoacidi vengono indicati tramite tre lettere oppure tramite una lettera (che non corrisponde all iniziale del nome dell amminoacido). Gli amminoacidi sono classificati secondo la natura del gruppo R. I criteri di classificazione sono: - la natura polare non polare ella catena laterale (la polarità è una caratteristiche fondamentale per gli amminoacidi in quanto ne determina la forma e l idrofilia; la polarità della molecola non implica che essa sia carica, ma vuol dire che una parte della molecola è polare); - la presenza di un gruppo acido o basico nella catena laterale. Classi: Gruppo I: amminoacidi che presentano catene laterali non polari (glicina, alanina, valina, leucina, isoleucina, prolina, fenilalanina, triptofano, metionina)

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