APPUNTI DI ANALISI FUNZIONALE

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1 APPUNTI DI ANALISI FUNZIONALE FABIO DURASTANTE SOMMARIO. Introduzione all analisi funzionale. Spazi di Banach, di Hilbert e operatori tra gli spazi. INDICE 1. Spazi di Hilbert Identità del Parallelogramma e di Polarizzazione Il Teorema della Proiezione di Hilbert Decomposizione di Riesz Operatori Lineari tra spazi di Hilbert Basi Ortonormali Spazi di Banach Quozienti di Spazi Normati Estensioni del teorema di Hahn-Banach Separazione di Convessi Minimizzazione dei funzionali Convergenza debole Operatori Teoria Spettrale Operatori di rango finito e operatori compatti Teorema Spettrale Problemi di Sturm-Liouville SPAZI DI HILBERT Definizione 1 (Norma). Sia X uno spazio vettoriale su un campo K = R o C, allora definiamo norma un applicazione : X R che verifica: (1) Positiva omogeneità: λx = λ x λ K, x X. (2) Sublinearità: x + y x + y x, y X. (3) Positività: x 0 x X e x = 0 se e solo se x = 0. Osservazione 1. Ad una norma è sempre associata una distanza ponendo: (1.1) d(x, y) = x y x, y X questa è detta metrica indotta sullo spazio X dalla norma. 1

2 2 FABIO DURASTANTE Proposizione 1. L applicazione che associa x x da X R è continua e lipshitziana di costante L = 1, ovvero: (1.2) x y x y x, y X Dimostrazione. Fissati x, y X abbiamo che: (1.3) (1.4) x = x + y y y + x y y = y + x x x + y x ovvero, sfruttando la positiva omogeneità e riordinando le due relazioni si ha che: x y x y x, y X e, poiché lipshitizianità implica continuità, abbiamo concluso. Esempio 1. Se consideriamo K n con K = R, C allora abbiamo che le due applicazioni da K n R: ( n ) 1/p (1.5) x p = x p i 1 p < (1.6) sono due norme. i=1 x = max i i n x i Definizione 2 (Norme Equivalenti). Due norme sullo spazio vettoriale X si dicono equivalenti quando inducono la stessa topologia, ovvero 1 2 c 1, c 2 > 0 tali che: (1.7) c 1 x 1 x 2 c 2 x 1 x X Teorema 1. Se X è uno spazio vettoriale di dimensione finita allora tutte le norme su X sono equivalenti. Vediamo ora due esempi di norme su spazi infinito dimensionali. Esempio 2. Consideriamo lo spazio di misura (X, µ), per cui possiamo definire lo spazio di funzioni L p (X, µ), per 1 p < + su cui possiamo prendere la norma p: ( ) 1/p (1.8) f p = f p dµ X oppure considerare lo spazio L (X, µ) è la norma del sup essenziale: (1.9) f = inf {M 0 µ( f > M) = 0} = min {M 0 f(x) < M q.o.} Nel caso in cui µ = µ =, la misura che conta, lo spazio in questione diventa lo spazio l p = {(x k ) k x k K, k 1 x k p < } per cui la norma p si scrive come: (1.10) x p = x k p k 1 1/p 1 p <

3 APPUNTI DI ANALISI FUNZIONALE 3 mentre per p = + si ha che la norma del sup essenziale è data da: (1.11) x = sup x k < + k osserviamo, inoltre, che valgono le seguenti inclusioni di spazi: se p q si ha che l p l q e che l p l p [1, + ). Esempio 3. Sia (X, d) uno spazio metrico, consideriamo allora lo spazio associato: C b (X) = {f : X R f continua e limitata}, per cui possiamo definire la norma uniforme: (1.12) f = sup f(x) x X Non possiamo estendere il risultato di equivalenza delle norme del Teorema 1 (thm. 1) al caso di spazi di dimensione infinita, infatti per questi il risultato è falso. Consideriamo il seguente controesempio: Controesempio 1. Prendiamo come spazio vettoriale X = C([ 1, 1]) spazio delle funzioni continue, su questo definiamo le norme: (1.13) (1.14) x = sup x 1 = x [ 1,1] 1 1 f(x) (X, ) f(x) dx (X, 1 ) le due norme non sono equivalenti, infatti la coppia (X, ) è uno spazio completo, mentre la coppia (X, 1 ) non lo è. Consideriamo infatti la successione di funzioni (fig. 1): 1 1 n x 1 (1.15) f n (x) = nx 1 n x 1 n n x 1 n che tende alla funzione f(x) = 1χ [ 1,0) + 1χ (0,1] X. Definizione 3 (Prodotto Scalare). Definiamo prodotto scalare un applicazione <, >: X X K che verifica le seguenti proprietà: (1) < x, y >= < y, x >, <, > hermitiana. (2) < x + x, y >=< x, y > + < x, y > x, x, y X < αx, y >= α < x, y > α K e x, y X. (3) < x, x > 0 x K e < x, x >= 0 se e solo se x = 0. Dalla definizione discende immediatamente che: < 0, y >= 0 y X e che: < x, αy >= α < x, y > α K e x, y X. Definizione 4 (Pre-hilbertiano). La coppia (X, <, >) si dice spazio prehilbertiano.

4 4 FABIO DURASTANTE FIGURA 1. Controesempio equivalenza delle norme Definizione 5 (Norma Indotta). Dato lo spazio pre-hilbertiano (H, <, >) si definisce norma indotta la: (1.16) x = < x, x > x H Lemma 1 (Cauchy-Schwartz). Dato (H, <, >) spazio pre-hilbertiano vale la seguente disuguaglianza: (1.17) < x, y > x y x, y H Dimostrazione. Per y = 0 la disuguaglianza è ovvia, se y 0 consideriamo: 0 x < x, y > 2 y 2 y = x 2 < x, y > 2 < x, y > 2 2 y 2 + y 2 = (1.18) = x 2 < x, y > 2 y 2 x 2 < x, y > 2 y 2 e l uguaglianza vale se e solo se x, y sono linearmente dipendenti. Teorema 2. La norma indotta (def. 5) è una norma. Dimostrazione. Mostriamo che verifica la definizione di norma (def. 1): (1) αx = < αx, αx > = α < x, x > = α x α K e x H. (2) x+y 2 =< x+y, x+y >= x 2 +2 Re(< x, y >)+ y 2 e applicando la disuguaglianza di Cauchy-Schwartz (lem. 1) si ha il risultato: x + y 2 ( x + y ) 2. (3) Direttamente dalla medesima proprietà del prodotto scalare. Definizione 6 (Hilbert). Dato lo spazio pre-hilbertiano (H, <, >) questo si dice di Hilbert se è completo rispetto alla norma indotta (def. 5).

5 Vediamo qualche esempio: APPUNTI DI ANALISI FUNZIONALE 5 Esempio 4. Sullo spazio L 2 (X, µ) possiamo definire il prodotto scalare: (1.19) < f, g >= fgdµ Esempio 5. Consideriamo X = N, µ = µ e H = l 2 (X, µ ), definiamo allora il prodotto scalare: (1.20) < x, y >= k 1 x k y k x, y H X Sia {x (n) } n 1 l 2 con x (n) = (x (n) k ) k di Cauchy, ovvero ε > 0 ν > 0 tale che n, m ν si ha che x (n) x (m) 2 2 < ε2 e quindi: (1.21) + x (n) k x (m) k 2 < ε Per cui osserviamo che k 1 fissato la successione (x (n) k ) n è di Cauchy in R, che è completo, allora x (n) k x k K per n +. Dobbiamo quindi mostrare che: (1) La successione (x k ) k l 2. (2) Detta x = (x k ) k si ha che x (n) x in l 2. Verifichiamo la (1), posto ε = 1 applichiamo la proprietà di Cauchy: (1.22) x (n) k x (m) k 2 < 1 n, m ν 1 k 1 fissato un K 1 si ha che: K (1.23) x (n) k x (m) k 2 < 1 n, m ν 1 se lasciamo tendere m + abbiamo che: K (1.24) x (n) k x k 2 1 n ν 1 ( x ma abbiamo che: x k 2 (ν 2 1 ) 2 + somme si ha che K 1: ( K K x k 2 2 x (ν 1) k 2 + (1.25) ) 2 ( x ν k x (ν 1) k K x k 2 ), per cui passando alle ) 2 k x k x (ν 1) passando al limite su K + si ha il risultato.

6 6 FABIO DURASTANTE Per mostrare la (2) dobbiamo far vedere che x (n) x 2 0 mandando n +, sia ν 2 = max{ν 1, ν}, dove ν è t.c. n ν si abbia x (n) k x ε, allora: (1.26) x (n) (x k ) k 2 2 = x(n) x (ν2) + x (ν2) (x k ) k 2 2 ( ) 2 x (n) x (ν2) 2 + x (ν2) (x k ) k 2 (lem. 1) x (n) x (ν 2) x(n) x (ν 2) 2 x (ν 2) (x k ) k x (ν 2) (x k ) k 2 2 ε 2 + 2εε + ε 2 = 4ε Identità del Parallelogramma e di Polarizzazione. Cominciamo dall ottenere l identità del parallelogramma, dati x, y H spazio pre-hilbertiano abbiamo che: (1.27) x + y 2 + x y 2 = x Re < x, y > + y x 2 2 Re < x, y > + y 2 = =2 ( x 2 + y 2) dunque l identità del parallelogramma è una condizione necessaria affinché una norma sia associabile ad un prodotto scalare. Se invece ora facciamo la differenza, dati x, y H spazio pre-hilbertiano, otteniamo, nel caso reale: (1.28) x + y 2 x y 2 = 4 < x, y > che è l identità di polarizzazione su R e ci permette di caratterizzare il prodotto scalare come: (1.29) < x, y >= 1 ( x + y 2 x y 2) 4 per K = C, dalla scrittura reale otteniamo immediatamente che: (1.30) x + y 2 x y 2 = 4 Re < x, y > ma questo non ci caratterizza completamente il prodotto scalare, infatti non sappiamo nulla sulla parte immaginaria, per ottenere queste informazioni basta calcolare: (1.31) x + iy 2 x iy 2 = 4 Re < x, iy >= 4 Re i < x, y >= 4 Im < x, y > che completa l informazione e ci permette di scrivere : (1.32) < x, y >= 1 ( x + y 2 x y 2) + i ( x + iy 2 x iy 2) 4 4 Vediamo un esempio che sfrutta la necessarietà dell identità del parallelogramma:

7 APPUNTI DI ANALISI FUNZIONALE 7 Esempio 6. Consideriamo lo spazio L p (0, 1) per p 2 e p 1, consideriamo inoltre le due funzioni f(x) = χ [0,1/2] e g(x) = χ [1/2,1], queste sono tali che: f 2 p = (1/2) 2/p = g 2 p f + g 2 p = 1 = f g 2 p f + g 2 p + f g 2 p = 2 2 ( f 2 p + g 2 p) = 4 ( 1 2) 2/p = 2 2(1 1/p) questi sono diversi non appena p 2, dunque p non è hilbertiana per p 2. Se avessimo anche che l identità del parallelogramma è sufficiente per essere in uno spazio pre-hilbertiano avremmo potuto concludere di più nell esempio precedente, ovvero che p è hilbertiana per p = 2, ma questo è vero, infatti vale il seguente teorema: Teorema 3. L identità del parallelogramma è sufficiente. Dimostrazione. Dimostriamo la sufficienza nel caso K = R. Sia dunque che soddisfa l identità del parallelogramma (eq. 1.27), definiamo allora: (1.33) < x, y >= 1 2 ( x + y 2 x 2 y 2) verifichiamo che la funzione così definita soddisfa le proprietà di prodotto scalare: (1) < x, x >= 1 ( 2 4 x 2 x 2 x 2) 0 x H e < x, x >= 0 se e solo se x = 0. (2) < x, y >= < x, y > x, y H, infatti si ha che, usando l identità del parallelogramma: (1.34) < x, y >= 1 ( x + y 2 x 2 y 2) eq = 2 = 1 ( 2( x 2 + y 2 ) x + y 2 x 2 y 2) = 2 = < x, y > ed inoltre < x, y >=< y, x > x, y H.

8 8 FABIO DURASTANTE (1.35) (3) Mostriamo che < x + z, y >=< x, y > + < z, y > x, y, z H: < x + z, y >= 1 ( ( x + y ) ( y ) ) z 2 x + z 2 y 2 eq = = 1 [ ( x y y ) z 2 x z 2 + x + z 2 y 2] eq = = 1 [ x + (x + y) (z + y) + z 2 + ( 2 x 2 + z 2) y 2] eq = = 1 [ 1 ( 2 x x + y 2 y 2) ( 2 z z + y 2 y 2) ( 2 x 2 + z 2)] = 2 = 1 ( x + y 2 x 2 y 2) ( y + z 2 z 2 y 2) = 2 = < x, y > + < z, y > (4) dalla (3) segue, per iterazione, che < nx, y >= n < x, y > n N, estendiamo poi ai p q Q, per cui abbiamo < p q x, y >= p q < x, y >, ed otteniamo il risultato voluto per i reali osservando che possiamo sempre approssimare un reale con una successione convergente di razionali e che possiamo passare al limite in <, >, poiché questo eredita la continuità da Il Teorema della Proiezione di Hilbert. Dato uno spazio di Hilbert (H, <, >) su un campo K vogliamo risolvere il problema della proiezione ortogonale su un chiuso K H diverso dal vuoto. Definizione 7. Due vettori x, y H si dicono ortogonali se < x, y >= 0 e si scrive x y. Osservazione 2. Dati x 1,..., x n H con x i x j i j allora si ha che: (1.36) x x n 2 = n i=1 x i < x i, x j > = x x n 2 }{{} i<j =0 quindi gli {x i } i=1,...,n sono linearmente indipendenti.

9 Se K H e K possiamo definire: APPUNTI DI ANALISI FUNZIONALE 9 (1.37) d K (x) = d(x, k) = inf x y : H [0, + ) y K per cui abbiamo che: (1) d K (x) = 0 x K, ovvero d K (x) = d K (x). (2) d K (x) Lip 1 (R + ), infatti: d K (x) d K (x ) x x x, x H allora è uniformemente continua e quindi è continua. Dunque se esistesse y K tale che x y = d K (x ) allora: (1.38) d K (x) d k (x ) x y x y x x altrimenti ε > 0 y ε K tale che x y ε < d K (x ) + ε e quindi: (1.39) d K (x) d K (x ) x y ε x y ε + ε x x + ε ε > 0 laddove in dimensione finita era sufficiente la chiusura dell insieme K per garantire l esistenza della proiezione y, in dimensione infinita questo non è vero. La nostra domanda si riduce quindi a dire quando l insieme: (1.40) p K (x) = {y K : x y = d K (x)} è diverso dal vuoto. Osservazione 3. Se K è un insieme compatto allora p K (x), ogni punto ha almeno una proiezione, ma non abbiamo alcuna garanzia di univocità. Osservazione 4. Se H = R n allora p K (x), infatti se K non è compatto, ma è chiuso allora R > 0 tale che B R (x) K è un chiuso limitato, quindi un compatto. Per cui abbiamo ottenuto l esistenza. Osservazione 5. Se dim H = +, ad esempio H = l 2, non possiamo più usare l equivalenza tra chiusura,limitatezza e compattezza e questo fa fallire la nostra strategia. Consideriamo infatti x (n) = (x (n) ) k, dove: (1.41) x (n) k = e sia K = {x (n) : n 1} l 2, allora: (1.42) (1) K è chiuso e discreto: x (n) x (m) 2 2 = k { 0 k n n k = n ( 1 + n) 1 2 ( n) 1 2 > 2 (2) Calcoliamo p K (0), ovvero valutiamo: ( (1.43) d K (0) = inf ) = 1 n 1 n e dunque p K (0) =, poiché nessun elemento di K ha norma 1, infatti se x K x > 1.

10 10 FABIO DURASTANTE Dobbiamo quindi trovare una condizione adeguata sotto cui ottenere l esistenza e l unicità della proiezione ortogonale, è opportuno introdurre per questo la seguente: Definizione 8 (Convesso). Dato uno spazio di Hilbert (H, <, >) su un campo K, un insieme K H si dice convesso se x, y K [x, y] K, dove: (1.44) [x, y] = {λx + (1 λ)y : λ [0, 1]} Teorema 4 (Proiezione di Hilbert). Dato uno spazio di Hilbert (H, <, >) su R e K H convesso e chiuso, allora: (1) x H! y K tale che p K (x) = {y}. (2) p K (x) è l unica soluzione della disuguaglianza variazionale (DV): { y K (1.45) x H < x y, z y > 0 z K Dimostrazione. Mostriamo l esistenza, ovvero dimostriamo che dato x H allora (y n ) n 1 K tale che x y n d K (x). Per ottenere la convergenza della successione (y n ) n 1 che approssima l inf, mostriamo che questa è di cauchy, m, n N: (1.46) (x y n ) + (x y m ) 2 2 eq (x y n ) (x y m ) = =2 ( x y n 2 + x y m 2) e dunque, sfruttando la convessità, si ha che: ( (1.47) y n y m 2 = 2 x y n 2 + x y m 2) 4 y n + y m 2 sfruttando la convessità di K abbiamo che il punto medio è in K: (1.48) y n + y m 2 x 2 d K (x) 2 e quindi: (1.49) y n y m 2 2 x ( x y n 2 + x y m 2) 4d K (x) 2 0 poiché H è completo e K è chiuso si ha che: y k y K. Mostriamo ora che y così trovato soddisfa la disuguaglianza variazionale (DV), λ (0, 1]: (1.50) e dunque: x y x [(1 λ)y + λz] 2 = = x y λ(z y) 2 = = x y 2 + λ 2 z y 2 2λ < x y, z y > (1.51) 2 < x y, z y > λ z y 2 0 per λ 0 2

11 APPUNTI DI ANALISI FUNZIONALE 11 Resta da mostrare l unicità, supponiamo che (DV) abbia per assurdo come soluzioni y 1, y 2 allora: ] < x y (1.52) 1, y 2 y 1 > 0 + =< y < x y 2, y 1 y 2 > 0 1 y 2, y 1 y 2 > 0 Ovvero y 1 y 2 2 = 0, cioè y 1 = y 2. Vediamo come si modifica la dimostrazione nel caso in cui K = C: Esistenza: la dimostrazione per l esistenza resta invariata. (DV): Basta osservare che: (1.53) x y 2 x y 2 + λ 2 z y 2 2λ Re < x y, z y > ovvero è sufficiente modificare la disuguaglianza variazionale come: { y K (1.54) x H Re < x y, z y > 0 z K Unicità: la dimostrazione per l unicità si modifica usando la nuova formulazione per la (DV). Possiamo quindi, fissato un K H convesso e chiuso, considerare l operatore: p K (x) : H H che è non lineare: { x x K (1.55) K = B 1 (0) p K (x) = x K ma è continuo, dati x, y H si ha che: x x (1.56) (1.57) < x p K (x), z p K (x) > 0 < x p K (y), z p K (y) > 0 per cui si ottiene: (1.58) p K (y) p K (x) 2 < x y, p K (x) p K (y) > 0 e dunque x, y H: (1.59) p K (y) p K (x) 2 < x y, p K (x) p K (y) > x y p K (y) p K (x) ovvero: (1.60) p K (y) p K (x) x y dunque p K (x) Lip 1 (H) allora è continua su H. Esempio 7. Sia H = L 2 (0, 1), K = {f H : f(x) 0 q.o.} allora: (1) K è convesso. (2) K è chiuso, f n f in L 2 f nk f q.o. f 0 q.o.

12 12 FABIO DURASTANTE possiamo quindi applicare il Teorema della proiezione di Hilbert (thm. 4) data una f H: { (1.61) p K (f) = f + f f 0 = = max{f, 0} 0 f < 0 infatti se applichiamo la (DV), g K: (1.62) e questo conclude. < f f +, g f + >= = f (x)[g(x) f + (x)]dx = 1 f (x)g(x)dx + f (x)f + (x)dx = 0 } {{ } =0 0 { }} { = f (x)g(x) dx 0 0 } {{ } 0 Osservazione 6. Sia M H un sottospazio se dim H < + allora M è chiuso, questo tuttavia non è più vero se dim H = +, infatti si consideri H = l 2 e come M = {x H : x k = 0 def. te } si ha che M = H e M non è chiuso ed è denso. D altra parte se M H è un sottospazio allora M è ancora un sottospazio. Riformuliamo ora il Teorema della Proiezione di Hilbert nel caso di sottospazi chiusi: Teorema 5. Sia M H un sottospazio chiuso, allora: (1) x H p M (x) = {y}. (2) p M (x) è l unica soluzione di (EV): { y M (1.63) < x y, v >= 0 v M Dimostrazione. Osserviamo che in queste ipotesi vale il teorema nella forma precedente (thm. 4), allora: (1.64) < x y, z y > 0 z M v M }{{} v dunque se si prende z = y ± v si ha che: (1.65) (+) < x y, v > 0 ( ) < x y, v > 0 < x y, v >= 0 Esempio 8. Sia H = L 2 (0, 1) e M = {f H : 1 0 fdx = 0} allora: (1) M è chiuso, infatti se f n f L f ndx 1 0 fdx.

13 APPUNTI DI ANALISI FUNZIONALE 13 (2) M è un sottospazio, poiché l integrale è lineare. Detta f = 1 0 fdx si ha che: p M(f) = f f allora: (1.66) g M e quindi vale (EV) Decomposizione di Riesz. 1 0 fgd(x)dx = 0 Definizione 9 (Ortogonale). Dato A H spazio di Hilbert si definisce ortogonale di A, l insieme: (1.67) A = {y H : < y, x >= 0 x A} Osservazione 7. A H sottoinsieme A è un sottospazio chiuso di H. Definizione 10. Dato un A H spazio di Hilbert si definisce sottospazio generato da A: { n } (1.68) ssp(a) = λ i x i, : n 1, λ i K, x i A i=1 e si definisce sottospazio chiuso generato da A: (1.69) ssp(a) = M A M H M chiuso Proposizione 2 (Proprietà). Valgono le seguenti proprietà: (1) A B B A. (2) (A B) = A B. (3) ssp(a) = ssp(a). Dimostrazione. Dimostriamo le tre: (1) {y H : < y, x >= 0 x B} A B {y H : < y, x >= 0 x A} e quindi dalla definizione: B A. (2) A B = {x H < x, y >= 0, y A} {x H < x, y >= 0, y B} = (A B). (3) ssp(a) è evidentemente chiuso ed A ssp(a) ssp(a) ssp(a), d altra parte si ha che ssp(a) M ssp(a) e quindi si ha l altra inclusione: ssp(a) ssp(a). Dato un M sottospazio chiuso di H spazio di Hilbert possiamo sfruttare il teorema della proiezione per i sottospazi (thm. 5) per scrivere ogni x H come: (1.70) x = p M (x) + (x p }{{} M (x)) }{{} M M

14 14 FABIO DURASTANTE e questa rappresentazione è unica, infatti, se così non fosse, ovvero se fosse x = y + z = y + z con y, y M e z, z M allora si avrebbe che y y = z z, ma y y M e z z M, allora y y = z z = 0. Definizione 11. La decomposizione così costruita si chiama decomposizione di Riesz. Osservazione 8. Per la decomposizione di Riesz si ha che H = M M M H sottospazio chiuso. Definizione 12 (Nucleo e Rango). Dato Λ : X Y operatore lineare indichiamo: Nucleo: N(Λ) = {x X ; Λx = 0} X. Rango: R(Λ) = Λ(X) Y. Proposizione 3. Dato un sottospazio chiuso M H spazio di Hilbert, la proiezione p M : H H è un operatore lineare, inoltre si ha che: (1) p M (x) x x H. (2) p M p M = p M, N(p M ) = M, R(p M ) = M. Dimostrazione. Mostriamo la linearità, ovvero che α K si ha p M (αx) = αp M (x) x H, sfruttiamo l eguaglianza variazionale (eq. 1.63), α K: < αx αp M x, z >= α(< x, z > < p M, z >) = α(< x p M, z >) = 0 Mostriamo ora gli altri due risultati: (1) Abbiamo già osservato che p M (x) Lip 1 (H), dunque basta applicare la definizione di lipshitzianità per y = 0 e si ha: p M (x) x x H. (2) p M è l identità su M, R(p M ) M R(p M ) = M. Per quanto riguarda il nucleo si ha che N(p M ) = M per definizione di M. Proposizione 4 (Proprietà 2). Valgono le seguenti proprietà: (1) Se M H sottospazio allora (M ) = M. (2) Se A H qualunque allora (A ) = ssp(a) Dimostrazione. Dimostriamo tutti e due i casi: (1) Per la prima ci basta utilizzare l unicità della decomposizione di Riesz, infatti H = M M = M (M ). (2) Se A H qualunque allora A (A ), ma (A ) è un sottospazio chiuso, allora ssp(a) (A ). Viceversa si ha che A ssp(a) allora si ha che: (1.71) (A ) (ssp(a) ) ) (1) = ssp(a) e quindi (A ) = ssp(a).

15 APPUNTI DI ANALISI FUNZIONALE 15 La proposizione ci permette di caratterizzare i sottospazi densi, infatti si ha che L H è un sottospazio denso se e solo se L = H, ma abbiamo visto che L = (L ) = ssp(l) = H e dunque L è denso se e solo se (L ) = H se e solo se L = {0}. Esempio 9. In H = l 2 spazio di Hilbert sono densi tutti gli altri l p, vediamo ad esempio il caso di l 1 : (1.72) (l 1 ) = x l2 : x i y i = 0 y l 1 = {0} i 1 per cui basta prendere gli e k = (0,..., 0, 1, 0,...) con 1 al k mo posto. Esempio 10. Sia H = L 2 (a, b) ed M = {f H : (a,b) fdµ = 0} è un sottospazio chiuso ed è: (1.73) p M (f) = f e si ha quindi che M = {f H : f è costante q.o.}, infatti per la decomposizione di Riesz si ha che: (1.74) f p M (f) = p M (f) = b a fdt b a fdt Esempio 11. Sia H = L 2 (R) e M = {f H : f(x) = f( x) q.o.} (1) M è un sottospazio chiuso, (2) Determinare la proiezione di una generica f H su M. Infatti: (1) Sia {f n } n 1 M con f n f, f n f 2 0, ovvero: 0 (f n (x) f(x)) 2 dx = (f n ( x) f(x)) 2 f( x) = f(x) R R (2) Applichiamo la decomposizione di Riesz e osserviamo che: p M f(x) = f(x) + f( x) 2 M p M f(x) = f(x) f( x) 2 M poiché M = {f H ; f(x) = f( x) q.o.}, infatti si ha che: + 0 = < f, g >= f(x)g(x)dx = f(x)g(x) + f(x)g( x) = = + 0 R f(x)[g(x) + g( x)]dx f H e quindi g(x) = g( x) q.o. 0 0

16 16 FABIO DURASTANTE Esempio 12. Sia H uno spazio di Hilbert, x 0 chiuso, allora si ha che: H e M H sottospazio d M (x 0 ) = min x M x x 0 = max{ < x 0, y > : y M, y = 1} dal teorema della proiezione abbiamo che: p M (x 0 ) = x 0 p M (x 0 ), dunque d M (x 0 ) = x 0 p M (x 0 ), ora detto x 0 = x 0M + x 0M abbiamo che: min x x 0 =< x 0M, x 0M > 1/2 x M max{ < x 0, y > : y M, y = 1} = < x 0M, y >= 1.4. Operatori Lineari tra spazi di Hilbert. = < x 0M, x 0M > 1/2 Definizione 13. Sia L(X, Y) = {Λ : X Y Λ lineare, Λ limitato}, dove Λ si dice limitato se: (1.75) c 0 : Λx Y c x X x X Esempio 13. Il duale topologico, si prenda come Y = K e L(X, K) = X che con la norma è uno spazio di Banach. Proposizione 5. Sia Λ : X Y lineare, risultano equivalenti: (1) Λ è continuo. (2) Λ è continuo in 0. (3) Λ è continua almeno in un punto. (4) Λ è limitata. Dimostrazione. Dimostriamo tutte le implicazioni: (1 2): è ovvio. (2 3): è ovvio. (4 2): è ovvio. (3 1): Λ è continua in x X, allora x n x si ha che Λx n Λx, sia allora dato un x X tale che x n x in X, definiamo allora: (1.76) x n = x n x + x x a cui applicando Λ: (1.77) Λx n = Λ(x n x ) Λx Λx }{{} n Λx 0 (2 4): Dalla continuità in 0 abbiamo che δ > 0 tale che x < δ Λx < 1, allora x X fissato, ε > 0 fissato abbiamo che: ( ) (1.78) δx δx x + ε < δ Λ < 1 x + ε

17 APPUNTI DI ANALISI FUNZIONALE 17 per linearità abbiamo che: (1.79) Λx < x + ε δ e quindi: x X, ε > 0 (1.80) Λx 1 δ x = C x Possiamo introdurre su L(X, Y) una norma: (1.81) Λ L(X,Y) = inf{c 0 : Λx c x, x X} = = sup Λx = x <1 = sup Λx = x =1 = sup x 0 Λx x Tra tutte le formulazioni verifichiamo che: (1.82) Λ L(X,Y) = sup Λx x 1 è una norma: (1.83) (1) Λ = 0, Λx = 0 x se x 1, se x è tale che x > 1 basta applicare Λ ad x/ x, Λ(x/ x ) = Λ(x) x = 0 e quindi Λ 0. (2) Dato α K si ha αλ = sup x 1 αλx = α sup x 1 Λx. (3) Dati Λ 1, Λ 2 si ha che: Λ 1 + Λ 2 = sup (Λ 1 + Λ 2 )(x) sup Λ 1 (x) + Λ 2 (x) x 1 x 1 sup Λ 1 (x) + sup Λ 2 (x) Λ 1 + Λ 2 x 1 x 1 Proposizione 6. Lo spazio (L(X, Y), ) è completo se Y è completo. Dimostrazione. Sia {Λ n } n di Cauchy in L(X, Y), allora ε > 0, ν > 0 tale che n, m > ν Λ n Λ m < ε e quindi Λ n x Λ m x < ε x x X, dunque si ha che { x X} la successione in Y {Λ n x} n è di Cauchy, ma Y è completo, dunque esiste il limite puntuale lim n Λ n x = Λx { x X} e quindi Λ : X Y. Resta da mostrare che: (1) Λ è lineare. (2) Λ è limitato. (3) Λ n Λ in L(X, Y). Procediamo con ordine:

18 18 FABIO DURASTANTE (1.84) (1.85) (1) x, x X si ha che: Λ(x + x ) = lim Λ n(x + x ) = lim Λ n(x) + Λ n (x ) = n + n + e α K, x X si ha che: = lim Λ n(x) + lim Λ n(x ) = Λ(x) + Λ(x ) n + n + Λ(αx) = lim Λ n(αx) = lim αλ n(x) = n + n + =α lim n + Λ n(x) = αλ(x) dunque è continuo. (2) Per la limitatezza, sia ε = 1 allora ν N tale che n, m > ν si ha Λ n x Λ m x < x x X, passando al limite per m + si ha che: (1.86) Λx Λ ν x + Λ ν x Λx < (1 + Λ ν ) x (3) Resta da mostrare la convergenza in L, ε > 0 ν ε > 0 tale che n, m ν ε si ha che Λ n x Λ m x < ε x x X, allora si ha che Λ n x Λx ε x : x 1, che si mantiene vera passando al sup x <1 Λ n x Λx < ε e quindi Λ n Λ < ε. Esempio 14. Sia X = L 1 (a, b) e g C([a, b]) definiamo adesso l operatore: (Λf)(t) = g(t)f(t) per t [a, b], allora Λ L(X), infatti: (1.87) Λf 1 = b a gf dt max [a,b] g f 1 = g f 1 e dunque Λ g e quindi Λ è limitato. Esempio 15. Sia X = L 2 ( 1, 1) e Λ X allora definiamo l operatore: (1.88) (Λf) = allora si ha che: (1.89) Λf f(t) sgn(t)dt f dt 2 f 2 Consideriamo ora un particolare operatore lineare, dato (H, <, >) spazio di Hilbert e un y H e consideriamo: (1.90) j(y) : x < x, y > x H che è chiaramente lineare, ed è limitato: (1.91) j(y)x y x

19 APPUNTI DI ANALISI FUNZIONALE 19 per la disuguaglianza Cauchy-Schwartz, dunque è continuo per la proposizione 5. In particolare questa è anche un isometria, infatti se si prende x = y y, si ha che: (1.92) j(y) = y Teorema 6 (Rappresentazione di Riesz). Sia (H, <, >) uno spazio di Hilbert, F H! y F H tale che F(x) =< x, y F > x H e F X = y F. Dimostrazione. Mostriamo che data comunque F X allora! y F H tale che j(y F ) = F, allora: Se F = 0 H basta prendere y F = 0. Se F 0 H sia M = N(F) allora x H tale che F(x) 0 allora, senza perdita di generalità, possiamo imporre che F(x) = 1, altrimenti dividiamo per la norma. Si prenda ora un x M per il quale abbiamo che: (1.93) F(x F(x)x) = 0 allora x H abbiamo, per la decomposizione di Riesz, che: (1.94) x = x F(x)x + F(x)x }{{}}{{} M M (1.95) dunque prendendo y F = < x, y F >= < x F(x)x, }{{} M e dunque j(y F ) = F. x x 2 abbiamo che: x x 2 }{{} M = F(x) < x, x >= F(x) x 2 > + < F(x)x, x x 2 >= 1.5. Basi Ortonormali. Definizione 14 (Successione Ortonormale). Dato (H, <, >) di Hilbert, una successione {e k } k 1 H si dice ortonormale se < e h, e k >= 0 h k e e k = 1 k 1. Osservazione 9. Se {e k } k 1 ortonormale allora dim H = + e gli e k sono linearmente indipendenti. Esempio 16. Se H = l 2 i vettori e k = (0,..., 0, 1, 0,...) con 1 al k-mo posto formano una successione ortonormale.

20 20 FABIO DURASTANTE Esempio 17. Se H = L 2 ( π, π) le funzioni: (1.96) e 0 (t) = 1, e 2k (t) = cos(kt), e 2k+1 (t) = sin(kt) 2π π π sappiamo che: (1.97) 1 π cos(ht) sin(kt)dt = δ h,k π π Esempio 18. Sia H = L 2 (R) allora la successione e k = χ [k,k+1) con k Z è tale che e k 2 = 1 k Z ed inoltre si ha e k e h = 0 q.o. se h k e quindi sono una successione ortonormale. Consideriamo ora una successione ortonormale {e k } k 1 H di Hilbert, sia inoltre M n = ssp{e k 1 k n}, M n è chiaramente finito dimensionale e dunque è chiuso. Sia ora un x H e un elemento n λ ke k M n con i λ k K, vogliamo capire come è fatto p Mn (x), allora partiamo da: n (1.98) x 2 n n λ k e k = x 2 + λ k 2 2 λ k < x, e k > nel caso K = C l ultima parte si riscrive come 2 Re n λ k < x, e k >. Se ora aggiungiamo e togliamo: n < x, e k > 2 abbiamo: n (1.99) x 2 n n λ k e k = x 2 < x, e k > 2 + < x, e k > λ k 2 questa quantità è minima quando: n < x, e k > λ k 2 = 0, ovvero basta scegliere λ k =< x, e k > ed ottenere il minimo: (1.100) min y M n x y 2 = x 2 n < x, e k > 2 = d Mn (x) 2 e quindi p Mn (x) = n < x, e k > e k. Possiamo riassumere quanto visto nella seguente proposizione: Proposizione 7. Sia {e k } una successione ortonormale con il sottospazio associato M n = ssp{e k 1 k n}, allora si ha: Identità di Bessel: Vale la seguente identità: n (1.101) d Mn (x) 2 = x 2 < x, e k > 2 n = x 2 < x, e k > e k (1.102) e p Mn (x) = n < x, e k > e k. Disuguaglianza di Bessel: x H si ha che: + < x, e k > 2 x 2

21 APPUNTI DI ANALISI FUNZIONALE 21 Coefficienti di Fourier: I coefficienti di Fourier di x H rispetto alla successione ortonormale {e k } verificano: (1.103) lim k + < x, e k >= 0 Proposizione 8. Sia H uno spazio di Hilbert, {e k } una successione ortonormale, allora sono equivalenti: (1) ssp{e n n N} = H, denso in H. (2) x 2 = + < x, e k > 2, uguaglianza di Bessel, ovvero si ha che x = + < x, e k > e k x H, serie di Fourier. (3) lim k + < x, e k >= 0, i coefficienti di Fourier sono infinitesimi. (4) < x, e k >= 0 k x = 0. Osservazione 10. Se la serie + λ ke k H con e k H k 1, λ k K k 1 si ha che: { n λ ke k } n 1 converge ad un vettore x di H per n +, ma H è completo e quindi: n H n λ k e k x λ k e k è di Cauchy Dunque, in conclusione, se (H, ) è di Banach, la successione dei vettori {e k } k 1 è normalizzata, ovvero e k = 1, e λ = {λ k } k N l 1 allora si ha che k 1 λ ke k converge ad un elemento di H. Ovvero se (H, <, >) è di Hilbert ed {e k } k 1 è una successione ortonormale, per cui si ha che: (1.104) p 1 n+p λ k e 2 k k=n 2 n+p = k=n λ k 2 p + 0 non appena {λ k } k 1 = λ l 2, dalla completezza dello spazio H si conclude che k 1 λ ke k converge ad un elemento di H. Possiamo ora dare la dimostrazione della proposizione 8: Dimostrazione. Dimostriamo le varie implicazioni: 1 2: Osserviamo che (1) è equivalente a d Mn (x) 0 per n + e x H, quindi per il punto 1 della proposizione 7 abbiamo la doppia implicazione. 2 3: Se vale la scrittura come Serie di Fourier per condizione necessaria di convergenza si ha la (3). 1 4: Se ssp{e k k N} è denso si ha che < x, e k >= 0 k se e solo se x ssp{e k k N} = {0} dalla densità, dunque deve essere x = 0. Definizione 15. Una successione ortonormale {e k } k 1 si dice completa o base ortonormale se verifica le condizioni della proposizione 8.

22 22 FABIO DURASTANTE Dato ora uno spazio di Hilbert H vogliamo indagare l esistenza di una sua base ortonormale {e k } k 1, questo ci permetterà di determinare se lo spazio H è separabile. Infatti, se esiste una base ortonormale {e k } k 1 abbiamo che ssp{e k k N} è denso, per cui possiamo quindi prendere: { n } (1.105) M = λ k e k n N, λ k Q H che è quindi un insieme numerabile e denso in H, infatti x H e ε > 0 si possono prendere λ 1,..., λ n K tali che x n λ ke k < ε, infatti poiché Q è denso in K possiamo prendere k α k Q tale che λ k α k < ε n e quindi per Cauchy-Schwarz x n λ ke k < 2ε. Quello che si vuole ottenere è il converso di questo risultato, ovvero: Teorema 7. (H, <, >) di Hilbert, dim H = +, H separabile se e solo se {e k } k 1 base ortonormale. per dimostrato questo risultato abbiamo bisogno del seguente lemma: Lemma 2. Data una {y k } k N H allora {x j } j J con J finito o numerabile tale che x j sono linearmente indipendenti e per cui si ha che: ssp{x j j J} = ssp{y k k N} Dimostrazione. Senza perdita di generalità possiamo supporre che gli y k 0 k N, ora sia x 1 = y 1, scegliamo poi: k 2 = min{k dim ssp{e 1,..., e k } = 2} per cui poniamo x 2 = y k2, iteriamo il ragionamento per cui abbiamo che ci si ferma ad un certo N fissato, per cui: (1.106) {k dim ssp{e 1,..., e k } = N} = oppure, per induzione, si procede fino a che: (1.107) dim ssp{x 1... x j } = dim ssp{y k 1 k k j } Possiamo a questo punto procedere nella dimostrazione del teorema: Dimostrazione. Per l implicazione è sufficiente l osservazione fatta in partenza. Resta da dimostrare la, sia ora A H un insieme numerabile e denso, allora questo è tale che A = {y k } k N e ssp(a) = H, per il lemma appena dimostrato possiamo quindi dire che {x j _j J famiglia di vettori linearmente indipendenti tali che ssp{x j j J} = A, in questo caso J è sicuramente numerabile, infatti ssp(a) = H, per cui ssp{x j j J} = H e dim H =

23 APPUNTI DI ANALISI FUNZIONALE 23 + ovvero J N. Applichiamo ora il procedimento di ortogonalizzazione di Gram-Schmidt agli {x j J N} e otteniamo: e 1 = x 1 x 1 e 2 = x 2 k 1 j=1 < x k, e j > e j x 2 k 1 j=1 < x k, e j > e j e la 0 poiché x 1 e x 2, quindi e 1 e x 2, sono linearmente indipendenti. Inoltre si ha che ssp{e 1, e 2 } = ssp{x 1, x 2 }. Si procede quindi per induzione costruendo la base ortonormale {e k } k cercata. Osservazione 11. Sia (H, <, >) uno spazio di Hilbert separabile, per cui si ha dim H = + allora H è isomorfo, come spazio di Hilbert, ad l 2, infatti basta considerare la biezione, lineare, continua che rispetta il prodotto scalare: H x = + < x, e k > e k {< x, e k >} k 1 l 2 per uno spazio di Hilbert generico questo è falso, infatti può contenere insiemi più che numerabili e dunque non ammettere base ortonormale e invalidare l isomorfismo. Osservazione 12. Se H = R n, la misura di Lebesgue m è l unica misura, a meno di costanti moltiplicative, invariante per traslazioni, ovvero per cui si ha che m(a + x) = m(a) A B(R n ) e x R n, per cui si abbia che + > m(b δ ) > 0 δ > 0. Queste due proprietà non sono trasportabili ad uno spazio di Hilbert H di dimensione infinita, consideriamo infatti un sottospazio H H separabile, che ammette una base {e k } ortonormale e per cui si ha che e i e j = 2 se i j, consideriamo ora l intersezione tra le palle B 2 1 (e i ) B 2 1 (e j ) se i j, allora possiamo scrivere che: B 2 1 (e k ) B 2 (0) k 1 ( ) detta ora c = µ B 2 1 (e k ), k 1 abbiamo che µ ( B 2 (0)) < e k 1 c = +, ovvero salta la monotonia della misura. Dunque abbiamo concluso che non esiste un equivalente della della misura di Lebesgue su un generico spazio di Hilbert H con dimensione infinita. Esempio 19. Alcuni esempi di successioni: (1) Nel caso H = l 2 la successione degli e k = (0,..., 0, 1, 0,...) è una successione ortonormale ed è completa, infatti un vettore che sia ortogonale a tutti gli e k, condizione per essere da loro linearmente indipendente, è necessariamente il vettore nullo. (2) Se H = L 2 (R) la successione degli e k = 1 [k,k+1] è una successione ortonormale, ma non è completa.

24 24 FABIO DURASTANTE (3) In H = L 2 ( π, π), detto e k il sistema trigonometrico ad esso associato, questo è completo Serie di Fourier e Teorema di Approssimazione di Weierstrasse. Consideriamo lo spazio di Hilbert H = L 2 ( π, π) e la successione ortonormale e k che abbiamo chiamato sistema trigonometrico (ese. 17): (1.108) e 0 (t) = 1, e 2k (t) = cos(kt), e 2k+1 (t) = sin(kt) t [ π, π] 2π π π k 0 Introduciamo quindi i polinomio trigonometrici: Definizione 16 (Polinomio trigonometrico). Si dice polinomio trigonometrico ogni scrittura della forma: (1.109) p(t) = a 0 + k 1 [a k cos(kt) + b k sin(kt)] e dimostriamo il seguente lemma: Lemma 3. {q n } n 0 successione di polinomi trigonometrici tale che: (1) q n 0 n 1, (2) 1 π [ π,π] q n(t)dt = 1, (3) δ (0, π) sup δ t π q n (t) 0 per n +. Dimostrazione. Poniamo: (1.110) q n (t) = c n ( 1 + cos(t) 2 questa verifica banalmente la condizione (1), per la (2) è sufficiente calcolare l integrale su [ π, π] e definire la c n di conseguenza. Dobbiamo inoltre mostrare che i q n sono effettivamente dei polinomi trigonometrici, per n = 0, 1, questo è banalmente verificato, supponiamo quindi, per induzione, che polinomio di ordine n sia: n {a k } 0 k n : q n (t) = a k cos(kt) quindi si ha che: q n+1 (t) =c n+1 ( 1 + cos(t) 2 ma si ha anche che: c n k=0 ) n ) ( n+1 = c n ) (1 ) n+1 + cos(t) a k cos(kt) 2 cos(kt) cos(t) = 1 [cos((k + 1)t) + cos((k 1)t)] 2 che è ancora un polinomio trigonometrico, dunque q n+1 (t) è ancora complessivamente un polinomio trigonometrico. Dobbiamo ora mostrare che i k=0

25 APPUNTI DI ANALISI FUNZIONALE 25 q n soddisfano la proprietà (3), per δ t π si ha che: ( ) 1 + cos(t) n ( ) 1 + cos(δ) n n tuttavia potrebbe sempre divergere la successione c n, dobbiamo quindi stimarne il comportamento asintotico: 1 = c π n q n (t)dt parità = c π ( ) n 1 + cos(t) n dt 2π π π 0 2 sin(t)<1 t (0,π) c π ( ) n 1 + cos(t) n sin(t)dt = π 0 2 [ = c n 2 ( ) ] 1 + cos(t) n+1 t=π = π n e dunque: sup δ t π = c n 2 n + 1 π 0 < c n [ ( ) 1 + cos(t) n ] [ π(n + 1) c n 2 2 che completa la dimostrazione. π(n + 1) 2 t=0 ( ) 1 + cos(δ) n ] 2 n + 0 Teorema 8 (Weierstrasse Trigonometrico). Ogni f : R R continua e 2πperiodica si approssima uniformemente con polinomi trigonometrici. Dimostrazione. Prendiamo i polinomi q n dati dal lemma 3 e definiamo: p n (t) = = π f(τ)q n (t τ)dτ π }{{} f q n prodotto di convoluzione π π f(t τ)q n (τ)dτ = t+π t π f(t τ)q n (τ)dτ = dove l ultima uguaglianza vale per la periodicità dell integrale su ogni intervallo di ampiezza 2π, formulato a questo modo si ha che il p n (t) è un polinomio trigonometrico, infatti: π n π p n (t) = f(τ)q n (t τ)dτ = a k f(τ) cos(t τ)dτ = π k=0 π n ) = f(τ) [cos(kτ)] dτ cos(kt)+ ( π a k k=0 π n ( π + a k k=0 π ) f(τ) [sin(kτ)] dτ sin(kt)

26 26 FABIO DURASTANTE e ora non ci resta che valutare, fissati ε > 0 e δ (0, π): π f(t) p n (t) = [f(t) f(t τ)]q n (τ)dτ π π π δ f(t) f(t τ) q n (τ)dτ sup δ t s <δ + f(t) f(s) q n (t)dτ+ [ π,π]\[ δ,δ] 2 max f q n (τ)dτ sup f(t) f(s) + 4π f t s <δ sup δ t π esistono dunque n ε e δ per cui le quantità sono minori di ε/2. q n 0 Osservazione 13. Possiamo dedurre da questo risultato il risultato classico del Teorema di Weierstrasse per le funzioni continue su di un intervallo [a, b]. Generalizziamo ora il risultato ad una qualunque f L 2 ( π, π), dal Teorema di Lusin si ha infatti che le funzioni continue a supporto compatto C c ( π, π) sono dense in L 2 (π, π), ovvero C c ( π, π) = L 2 (π, π), dunque data una qualunque f L 2 ( π, π) e un ε > 0 si ha che f ε C c ( π, π) tale che f f ε 2 < ε, prolunghiamo quindi questa f ε ad una funzione periodica su tutta la retta reale: f ε (t) := f ε (t 2kπ) k Z per cui possiamo applicare il Teorema di Weierstrasse Trigonometrico (thm. 8) ed ottenere che p ε (t) polinomio trigonometrico tale che: f ε p ε < ε, possiamo quindi applicare la disuguaglianza triangolare delle norme ed ottenere: ( π f p ε 2 f f ε 2 + f ε p ε 2 ε + ( π ) 1 ε + f ε p ε π f ε p ε π ) ε + 2π f ε p ε ε + 2πε Osservazione 14. Data f L 2 ( π, π) allora: (1) f(t) = + k=0 < f, e k > e k (t) t ( π, π) quasi ovunque, (2) Dalle proprietà generali si ottiene che la sottosuccessione delle ridotte converge ad f, (3) Inoltre è valida l identità di Bessel o di Parseval: f 2 2 = < f, e k > 2 k 0

27 APPUNTI DI ANALISI FUNZIONALE SPAZI DI BANACH Riprendiamo alcuni risultati validi per gli spazi di Hilbert in questo caso e vediamo dove sorgono le differenze tra i due casi. Definizione 17 (Duale Topologico). Dato uno spazio normato (X, ) si definisce duale topologico: (2.1) X = {f : X K f lineare e continua } Abbiamo mostrato che (prop. 5) un applicazione per una applicazione lineare f vale l equivalenza tra continuità e limitatezza. Abbiamo inoltre introdotto la norma sul duale topologico: (2.2) f = sup f(x) = {c 0 f(x) c x x X} x <1 rispetto a cui X è uno spazio di Banach, indipendentemente dal fatto X lo fosse. Se X è tale che dim X < + abbiamo che tutti i funzionali lineari sono continui, infatti se x = n i=1 λ ie i abbiamo che: n n f(x) λ i f(e i ) f(e i ) max λ i C x i=1,...,n i=1 i=1 nel caso infinito dimensionale questo è falso, possiamo dare infatti un esempio di funzionale f : X K lineare e non continuo, nel caso di un X non di Banach è sufficiente prendere X = C 1 ([0, 1]) con allora l applicazione che mappa f f (0) è lineare, ma non è continua. Nel caso di uno spazio X di Banach la costruzione del controesempio è più elaborata Quozienti di Spazi Normati. Definizione 18 (Spazio Quoziente). Sia (X, ) uno spazio normato, Y X un sottospazio chiuso definiamo allora spazio quoziente: (2.3) X/Y = {x + Y : x X} con la norma: x + Y = inf{ x + y : y Y} = d Y (x). Proposizione 9. Sia (X, ) uno spazio normato, Y X un sottospazio chiuso, allora: (1) x + Y è una norma. (2) Q : X X/Y è continua e lineare e Qx x x X. (3) X Banach X/Y di Banach. Dimostrazione. Dimostriamo in ordine i tre risultati: (1) Vediamo le singole proprietà della norma: Positività: x + Y 0, dalla definizione ed è x + Y = 0 se e solo se x Y ed Y è chiuso.

28 28 FABIO DURASTANTE Omogeneità: Dato un λ K si ha che: λx + Y = inf λx + Y = λ inf y Y y Y x + 1 λ y = = λ inf x + z Y è un sottospazio z Y Disuguaglianza triangolare: dato ε > 0 y ε, y ε tali che: x + y ε < d Y (x) + ε e x + y ε < d Y (x ) + ε sfruttando quindi la proprietà triangolare della distanza possiamo scrivere: x + x + Y x + y ε + x + y ε d Y (x) + d Y (x ) + 2ε = = x + Y + x + Y + 2ε (2) Basta prendere y = 0 ed il risultato è vero poiché Y è un sottospazio. (3) Sia ora {x n + Y} n 1 di Cauchy in X/Y, ovvero ε > 0 ν > 0 tale che n, m ν implica x n x m + Y = d Y (x n x m ) < ε. Fissato ε = 1 2 e poniamo y 1 = 0 allora n 2 > 0 ed y 2 Y tale che: x n x m + y 2 < d Y (x n x m ) < 21 2 fissiamo ora ε = 1 allora n > n 2 y 3 Y tale che: x n x n3 + y 2 y 3 d Y (x n x n3 ) < costruiamo la sottosuccessione estratta {x nk + y k } k 2 successione in X che è tale che: x nk+1 + y k+1 (x nk + y k ) 1 2 k 2 quindi {x nk + y k } k 2 è di Cauchy in X, che è di Banach, ovvero si ha la convergenza x nk + y k x X, quindi: x nk x + Y x nk y nk x 1 2 ν 2 0 Osservazione 15. Per uno spazio di Hilbert (H, <, >) ed M H sottospazio, la mappa Q M : M H/M è lineare, bigettiva ed isometrica, ovvero H/M ed M sono isometricamente isomorfi come spazi di Hilbert. Definizione 19 (Duale Algebrico). Dato uno spazio normato (X, ) si definisce duale algebrico: (2.4) X = {f : X K f lineare } Definizione 20 (Nucleo). Dato uno spazio normato (X, ) si definisce nucleo dell operatore f : X K il sottoinsieme di X: (2.5) N(f) = {x X f(x) = 0} X

29 APPUNTI DI ANALISI FUNZIONALE 29 Osservazione 16. Osserviamo che N(F) è un sottospazio di X e che se f 0 allora X/N(F) = K ed ha quindi dimensione 1. Definizione 21 (Iperpiano). Dato uno spazio normato (X, ), un sottospazio Y X si definisce iperpiano se dim X/Y = 1. Se abbiamo un funzionale lineare non nullo abbiamo appena osservato che il suo nucleo è un iperpiano, se d altro canto abbiamo un Y iperpiano in X possiamo trovare che f X \ {0} tale che Y = N(f), infatti: Q X X/N(f) f = Φ K f = Q Φ Se Y è un iperpiano con Y non chiuso allora Y deve essere necessariamente denso, infatti dim(x/y) 1 = dim(x/y) dunque un iperpiano Y è chiuso, oppure è denso Y = X. Proposizione 10. Dati f, g X allora λ K tale che f = λg N(f) = N(g). Dimostrazione. Dimostriamo le due implicazioni: ( ): Ovvia. ( ): N(f) = N(g), se N(f) = X allora è ovvio che f = g = 0, supponiamo che N(f) X allora, a meno di riscalare per un fattore in K, x 0 X tale che f(x 0 ) = 1, x X consideriamo x f(x)x 0, questo appartiene ad N(f) = N(g) allora g(x f(x)x 0 ) = 0 e quindi per linearità g(x) = g(x 0 )f(x) = λf(x) avendo posto λ = g(x 0 ). Abbiamo che f X implica N(f) sottospazio chiuso, poiché f è continua, vale inoltre la seguente: Proposizione 11. Data f X con N(f) chiuso allora f è continua, ovvero f X. Dimostrazione. Ora o N(f) è tutto lo spazio, quindi l applicazione è anche continua, oppure dim X/N(f) = 1 e quindi è dato l isomorfismo Φ : X/N(f) K che è continuo, dunque ϕ Q X allora f e ϕ Q hanno lo stesso nucleo, dunque per la proposizione precedente λ K tale che f = λ(ϕ Q) e quindi f è continuo. Esempio 20. Sia X = c 0 spazio delle successione infinitesime, abbiamo che la famiglia degli {e k } k 1 è linearmente indipendente dentro c 0, allora:

30 30 FABIO DURASTANTE (1) Completiamo {e k } k 1 {b i } i I ad una base di Hamel di c 0, allora: f αk e k + β i b i = kα k }{{} c.l. finita è un funzionale lineare su c 0, ovvero f c 0, ma f(e k) = k ed e k = 1, dunque non è limitata ed è discontinua. (2) Consideriamo ora gli {e k } k 1 a cui aggiungiamo e 0 = (1/n) n>0 e di nuovo X = c 0, gli {e k } k 0 sono linearmente indipendenti: λ 0 e λ m e m = 0 al livello m+1 gli {e i } 1 i m sono tutti nulli, ma (e 0 ) m+1 = 1 m+1 allora λ 0 = 0, allora λ i = 0 per i 1. Possiamo completare ad una base di Hamel gli {e k } k 0, quindi {e k } k 0 {α j } j J e dunque: ( (2.6) f λk e k + ) µ j α j = λ 0 e dunque N(f)supseteq ssp{e k k 1} e dunque N(f) = c 0 allora f doverebbe essere il funzionale nullo, ma f(e 0 ) = 1 dunque è discontinuo. Notazione 1. Per estensione dal caso Hilbertiano introduciamo la seguente notazione per i funzionali: f(x) =< f, x >= < x, f > }{{} caso complesso Teorema 9. Per 1 < p < + j : l q (l p ) è un isomorfismo isometrico. Dimostrazione. Sfruttiamo l immersione: j j : l q (l p ) j(y) y j(y) : l p K = R dalla disuguaglianza di Hölder abbiamo che: x < j(y), x >= + x ky k < j(y), x > y q x p e j(y) y q questo è dunque un operatore lineare, limitato, e continuo e l ultima delle due precedenti ci dice che: j L(l q,(l p ) ) 1 dobbiamo mostrare che vale l uguaglianza e la suggettività, ovvero data una f (l p ) vogliamo trovare una y f L q tale che j(y f ) = f e f y f q,

31 APPUNTI DI ANALISI FUNZIONALE 31 sappiamo che gli {e k } k 1 sono un insieme denso di generatori per cui: f(e k ) =< f, e k >= y f k per cui possiamo definire y f := (y f k ) k 1 se verifica: (1) y f l q. (2) f y f. (3) j(y f ) = f. Mostriamo che verifica (1): z (n) := n y f k q 2 y k e k n 1 k=0 appartiene ad l p e si ha che: < f, z (n) > f z (n) p = f (p 1)p n yf k }{{} =q < f, z (n) >= e dunque si ha che: n yf k q 2 y k < f, e k >= n y k q 1 ( n )1 p y f k q }{{} = 1 q f n > 1 dunque la serie converge e si ha che y f q q che mostra anche la condizione (2). Resta ora da mostrare che vale la condizione (3), ovvero che: < j(y f ), x >=< f, x > x l p ora x l p definiamo l operatore di troncamento: calcoliamo ora: f(x (n) ) = x (n) := n n x k f(e k ) = x k e k x in l p se p 1 (se x c 0 anche in l ) n x k y f k n + }{{} dalla conv. della serie + 1/p x k y f k =< j(yf ), x > mentre per continuità di f si ha che f(x (n) ) < f, x >. Resta da verificare cosa accade nei casi limite, se si prende q = + e p = 1, o viceversa, j è ben definita, poiché è basta sulla disuguaglianza di

32 32 FABIO DURASTANTE Hölder, dunque è sufficiente modificare la definizione della z come: { 0 k 0 z (n) k = y f k y f k k = n se q = 1 e p = + allora j : l 1 c 0 è un isomorfismo isometrico, infatti basta porre: n z (n) y k = y k Dobbiamo ora verificare solamente che l 1 (l ), per farlo proviamo ad affrontare il seguente problema più generale: dato uno spazio normato (X, ) ed un suo sottospazio M X che relazione possiamo stabilire tra M e X? Un funzionale lineare e continuo su X si può restringere sempre ad M e dunque M X, dunque è spontaneo domandarsi se l inclusione è stretta, ovvero se data f M F X tale che F M = f. Nel caso di c 0 abbiamo visto che c 0 l e questo ci garantisce che: l 1 = c 0 l che tuttavia non ci da nessuna informazione su tutto il duale di l. Esempio 21. Dato uno spazio normato (X, ) ed un sottospazio M X denso allora il problema sull estensione che ci siamo posti ha risposta positiva, f M si estende in modo unico alla chiusura: M x k X x M {x k } è di Cauchy calcoliamo f(x k ) allora {f(x k )} è di Cauchy su R e dunque f(x k ) f(x) per k +. Basta ora far vedere che f è ben definita, cioè che f è indipendente dalla scelta delle x k, questa è lineare e poiché: f(x k ) f(x) e dunque f = f. f x k f x ma f è un estensione f f Esempio 22. Sia (H, <, >) di Hilbert, M H un sottospazio chiuso. Prendiamo allora f M a cui possiamo applicare il thm. di rappresentazione di Riesz (thm. 6), dunque y f M tale che f(x) =< x, y f > x M, definiamo quindi l estensione come: f(x) :=< x, y f > x M per cui abbiamo che: f = y f = f, dove l ultima uguaglianza è data dal teorema di rappresentazione, che è quello che volevamo.

33 APPUNTI DI ANALISI FUNZIONALE 33 Sia ora G H : G M = f allora dal teorema di rappresentazione y G H tale che G(x) =< x, y G > x H, calcoliamo ora: < y f, y g >= G(y f ) G M=f M f(y f ) = y f 2 ovvero y f 2 =< y f, y g >, se impongo che G = f allora G = y G e G = y f, ma per la decomposizione di Riesz si ha che y G = p M (y G ) + p M (y G ) e quindi: y G < y f, y g >=< y f, p M (y G ) >= y f 2 y f y G M che è dunque una catena di uguaglianze e allora p M (y G ) = 0 e y G = y G M = y f. Nel caso Hilbertiano abbiamo anche l unicità. Possiamo ora fornire un quadro generale del problema con il Teorema di Hahn-Banach: Teorema 10 (Hahn-Banach). (X, ) spazio normato, M X sottospazio, f M F X tale che F M = f e F = f. Dimostrazione. Supponiamo M chiuso, altrimenti procediamo come nell esempio, inoltre supponiamo M X e f 0, altrimenti l estensione è banale. Senza perdita di generalità assumiamo f = 1. Poiché M X x 0 X \ M cominciamo con l estendere f a M 0 = M + Rx 0, osserviamo che mostriamo questo e dim X/M < abbiamo ottenuto la tesi, analogamente a quanto abbiamo già fatto nell esempio proponiamo un estensione della forma: (2.7) f(x + λx 0 ) = f(x) + λα x M dobbiamo quindi determinare α in modo che sia mantenuto f = f = 1, in realtà è sufficiente mostrare che vale la disuguaglianza, poiché la è garantita dall essere f un estensione della f, procediamo alla verifica: f(x + λx 0 ) x + λx 0 x M λ R \ {0} f ( x ) λ + x x 0 λ + x 0 f(x 0 y) x 0 y y M x λ = y dunque stiamo cercando un α R tale che: ovvero: f(y) α x 0 y f(y) x 0 y α f(y) + x 0 y y M sfruttando qualche semplice disuguaglianza osserviamo che: f(z) f(y) f z y z x }{{} 0 + x 0 y z, y M =1 e dunque possiamo scrivere: f(z) x 0 z f(y) x 0 y z, y M

34 34 FABIO DURASTANTE la disuguaglianza si conserva passando agli estremi: sup (f(z) x 0 z ) inf (f(y) x 0 y ) z M z M possiamo quindi inserire un valore di α tra questi due e questo ci garantisce l estensione cercata. Consideriamo ora le coppie: (2.8) E = { ( M, f) : M M X sottospazi, f M, f M = f, f = f } questa è una classe parzialmente ordinata: (M 1, f 1 ) (M 2, f 2 ) M 1 M 2, f 2 M1 = f 1 ed è induttiva, ovvero ogni insieme totalmente ordinato ammette un maggiorante: {(M i, f i )} i I E totalmente ordinato, M = i I M i è un sottospazio, f M tale che f(x) = f i (X) x M i non dipende dall indice i per la relazione d ordine. possiamo quindi applicare il Lemma di Zorn per cui (M, f) elemento massimale. Resta solo da verificare che M = X, per assurdo, se così non fosse potrei passare da M ad M + Rx 0 che sarebbe un suo maggiorante stretto, ma (M, f) è massimale, dunque M = X. Osservazione 17. La dimostrazione fa uso dell ordinamento, quindi è adatta per K = R. Inoltre non è data l unicità che, d altro canto, non si ha nemmeno in dimensione finita. Possiamo finalmente concludere il calcolo del duale di l che avevamo iniziato. Esempio 23. Abbiamo visto che c 0 l allora c 0 = {f c 0 : f (l ) } = l 1, prendiamo allora il sottospazio chiuso: M = {x l : lim x k R} l k + per cui possiamo definire il funzionale lineare e continuo: < f, x >:= lim k + x k con f : M K, è continuo poiché lineare e limitato infatti: < f, x > x x M f 1 in realtà possiamo dire di più, poiché l elemento x = x k = (1) k M la norma del funzionale f = 1, possiamo quindi applicare il Teorema di Hahn-Banach (thm. 10) ed ottenere che F (l ) tale che F = 1 e F M = f, questa non può essere la proiezione j di un elemento y l 1, infatti

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