5 Applicabilità dello schema USLE in ambiente mediterraneo mediante il rilievo della perdita di suolo nell area sperimentale di Sparacia

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1 5 Applicabilità dello schema USLE in ambiente mediterraneo mediante il rilievo della perdita di suolo nell area sperimentale di Sparacia 5.1 Introduzione VITO FERRO, VINCENZO BAGARELLO, COSTANZA DI STEFANO Il suolo è sottoposto a differenti processi di degradazione tra i quali possono essere elencati l erosione, la diminuzione di sostanza organica, la sigillatura superficiale, la compattazione, la riduzione della biodiversità, la salinizzazione e le frane. In una recente comunicazione, la n. 231 del 2006, la Commissione Europea ha stabilito che la combinazione dei suddetti processi di degrado può determinare condizioni climatiche aride o subaride capaci di indurre processi di desertificazione. Più recentemente, nel novembre del 2007, l Unione Europea ha approvato una direttiva volta a garantire la conservazione del suolo nell ambito di un suo utilizzo sostenibile; tale direttiva, che prevede un calendario di adempimenti da parte degli stati membri, individua nel documento denominato Strategia Europea sul Suolo una serie di fattori di degrado, da analizzare e valutare, e tra essi l erosione occupa il primo posto. L interesse della comunità scientifica per questa tematica ha anche accresciuto la consapevolezza che il suolo è una risorsa lentamente rinnovabile. Questa problematica ha finito con l assumere una dimensione tale, anche nell ambito dell informazione di massa, che le politiche di programmazione degli interventi sul territorio, specie nel comparto agricolo, hanno abbandonato i canoni di una produttività mirata alla quantità per raggiungere, invece, gli standard di una produttività attenta alla qualità dei prodotti agricoli, alla sicurezza alimentare e alla tutela delle risorse ambientali. Le ricerche condotte, in tema di erosione del suolo, nell ultimo cinquantennio hanno avuto come obiettivo sia la definizione di modelli matematici per la stima della perdita di suolo a differenti scale spaziali (parcella, versante, bacino) e temporali (evento, mese, anno, anno medio) sia la misura della perdita di suolo in differenti regioni geografiche del nostro pianeta sia, infine, la definizione e la verifica di nuove tecniche, ingegneristiche e non, per la difesa del suolo. Gli sforzi maggiori sono stati compiuti negli Stati Uniti dove, a partire dai primi decenni del secolo scorso, l USDA (United States Department of Agriculture) ed il SCS (Soil Conservation Service) hanno condotto sia una attività di modellistica teorica dei fenomeni sia campagne di raccolta di dati sperimentali al fine di calibrare e testare i modelli matematici predisposti. Solo in anni più recenti in ambiente europeo si è manifestato un interesse crescente per i problemi di degrado e di difesa del suolo; nel 1988 è stata costituita la Società Europea per la Conservazione del Suolo (ESSC), che raggruppa singoli ricercatori e centri di ricerca interessati allo sviluppo di tematiche di ricerca nell ambito della conservazione del suolo, e nell ambito del IV Programma Quadro della Comunità Economica Europea sono stati finanziati progetti di ricerca, come il MEDALUS o l EUROSEM, che avevano come obiettivo specifico lo studio e la modellazione dei processi di erosione, di degradazione del suolo e di desertificazione. 5.1

2 Gli studi di conservazione del suolo hanno avuto in Italia particolare impulso con il Progetto Conservazione del Suolo sviluppato, a partire dal 1972, sotto l egida del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Le linee di ricerca sviluppate hanno avuto come obiettivo sia la verifica di modelli matematici messi a punto in ambienti differenti da quello italiano sia la misura, a differenti scale spaziali, dell erosione del suolo. Sotto questo impulso iniziale sono stati presentati, a partire dalla fine degli anni 90, dei Progetti di Ricerca di interesse nazionale ( Studio teorico sperimentale su afflussi, infiltrazione, deflussi ed erosione, Responsabile Nazionale Prof. S. Puglisi; Metodi innovativi per lo studio dell erosione e del suo controllo", Responsabile Nazionale Prof. S. Puglisi; PRIN 2003 Progetto NETIDRO rete Nazionale di bacini sperimentali per il monitoraggio del dissesto IDROgeologico, Responsabile Nazionale Prof. S.Fattorelli; PRIN 2005 Rete nazionale di bacini sperimentali per il monitoraggio e la modellazione dei fenomeni di dissesto, Responsabile Nazionale Prof. S.Fattorelli), che raggruppano unità operative diffuse sul territorio italiano e che hanno avuto, e hanno, come obiettivo quello di studiare i processi idrologici fondamentali ai fini della modellistica dell erosione e di evidenziare le differenze esistenti tra i diversi territori indagati. Nell ambito della Regione Siciliana sono stati condotti in questi ultimi anni diversi progetti di ricerca finanziati dall U.E. (SEDEMED I, SEDEMED II, DESERTNET1) e nell ambito del Progetto DESERTNET2 sono state predisposte le Linee Guida per l applicazione della Universal Soil Loss Equation (USLE) in ambiente mediterraneo (Ferro, 2008). Nonostante gli sforzi compiuti in ambito scientifico, siamo ancora lontani da una risoluzione completa del problema della modellazione e della misura dell erosione e certamente questo condiziona le risposte che il mondo scientifico è attualmente in grado di dare agli ambienti politici interessati ai problemi di gestione e di conservazione della risorsa suolo. Nel campo della previsione dell erosione idrica l ambiente scientifico è attualmente pervaso da differenti impostazioni: tale previsione può essere, in linea di principio, condotta seguendo un approccio puramente empirico, secondo uno schema completo ma semplificato come quello della Universal Soil Loss Equation di Wischmeier e Smith (1978), o facendo ricorso ad una modellazione a base fisica che simula i singoli sub processi che intervengono nel particolare fenomeno in studio (erosione interrill, rill, gully) o ancora utilizzando un modello concettuale che, nell ambito di una schematizzazione a fondamento fisico, fa ricorso ad equazioni di origine empirica. Nel primo e nel terzo caso la difficoltà primaria è quella di effettuare una taratura del modello ed operare il trasferimento di una metodologia originariamente dedotta a scala parcellare in una procedura applicativa a scala più ampia (Williams, Berndt, 1972), (Bagarello et al., 1996). Nel secondo caso la previsione dell erosione a scala di bacino risente anche delle incertezze che ancora sussistono sia nella definizione della capacità di trasporto dei sedimenti, e delle sue relazioni con il processo di distacco e deposito delle particelle, sia nello studio dei fenomeni erosivi su pendici di forma complessa (Bagarello, Ferro, 2006). Queste differenze di impostazione spiegano il contemporaneo sviluppo di modelli di simulazione, anche complessi, come il Systéme Hydrologique Européen (SHE) (Abbott et 5.2

3 al., 1986) o il WEPP (Water Erosion Prediction Project) (Nearing et al., 1990) assieme alla verifica di modelli semplici come la USLE di cui esistono la versione Modified (MUSLE) e Revised (RUSLE). Probabilmente, pur essendo un qualsiasi modello una estrema semplificazione del mondo reale (Beven, 1989), dobbiamo riconoscere che il modello a base fisica è, allo stato attuale, ancora un modello di studio, e può fornire un valido sussidio nell attività sperimentale ma nella soluzione di complessi casi applicativi può rivelarsi poco utile nel momento in cui ci sono incertezze sulle equazioni utilizzate e non si ha una attendibile conoscenza della distribuzione dei parametri sul dominio di interesse. Le difficoltà ed incertezze evidenziate hanno condotto, seppur nell ambito di una schematizzazione di tipo fisico, nella simulazione dei sub processi in cui si scompone il fenomeno erosivo (erosione interrill, rill, etc.), all introduzione di ipotesi concettuali che determinano lo sviluppo di strumenti di lavoro, denominati modelli concettuali, applicabili alla soluzione di problemi di pratico interesse. Dalla metodologia concettuale si passa, infine, ad un approccio parametrico a base empirica secondo uno schema come quello della USLE. Nonostante i limiti di applicabilità di una tecnologia come la USLE, molti modelli sviluppati e correntemente applicati (RUSLE, MUSLE, CREAMS, EPIC, ANSWER, AGNPS) sono USLE based cioè fanno ricorso ad alcuni dei suoi fattori. La necessità di conoscere la variabilità della produzione di sedimenti all interno di un bacino idrografico, al fine di testare, ad esempio, l effetto di differenti pratiche colturali esistenti nell area in istudio o di localizzare gli interventi di conservazione del suolo, ha incentivato l impiego di modelli distribuiti e l uso di Sistemi Informativi Geografici. L applicazione di un modello distribuito, sia fisicamente basato sia parametrico, presuppone la discretizzazione del bacino in unità elementari (maglie quadre, triangolari, unità morfologiche, overland flow unit) all interno delle quali si calcolano o le variabili che figurano nelle equazioni di simulazione o i parametri del modello empirico prescelto. La scelta della dimensione della maglia della mesh di calcolo deriva sia dalla variabilità spaziale dei parametri in gioco, in ogni caso tale da potere considerare all interno della singola maglia come rappresentativo il valore medio della grandezza idrologica considerata, sia dall aderenza alla scala di originaria deduzione del modello. Per esempio, nel caso di formulazioni USLE derivate, la maglia di calcolo dovrebbe essere il più possibile simile al plot sperimentale di Wischmeier (piano inclinato, lunghezza di ruscellamento minore o eguale a 100 m), fermo restando che per alcuni fattori, come la pendenza, può essere scelta una maglia quadra di dimensione minore per consentire stime più robuste. In quest ottica, nel seguito del presente rapporto, sono presentati i risultati dell attività svolta nell ambito del progetto POR Calabria Studio e sperimentazione di metodologie e tecniche per la mitigazione del rischio idrogeologico. In particolare, vengono descritte le installazioni sperimentali, a scala di parcella, utilizzate e le tecniche di misura adottate con l obiettivo di testare l applicabilità della USLE in Sicilia. Le misure già effettuate nelle installazioni dell area sperimentale di Sparacia, che funzionano con continuità a partire dal 1999, unitamente con gli eventi più recentemente monitorati hanno consentito di verificare l applicabilità della USLE in ambiente mediterraneo. 5.3

4 Particolare attenzione è stata riservata al monitoraggio dei rill a scala di singolo evento meteorico, per il peso che questa componente erosiva ha nel bilancio globale del processo, e alla modellizzazione delle caratteristiche geometriche (larghezza, profondità, lunghezza e volume) dei cavi. Ulteriori approfondimenti hanno riguardato la caratterizzazione fisico idraulica dei suoli delle parcelle dell area sperimentale di Sparacia e l effetto della larghezza e della lunghezza della parcella sulla misura della perdita di suolo. Infine, viene sviluppata un indagine sperimentale volta alla determinazione dell erodibilità del suolo a scala di parcella, secondo la procedura originaria di Wischmeier e Smith (1978). 5.4

5 5.2 Installazioni sperimentali Installazioni sperimentali dell area di Sparacia, in Sicilia Le verifiche di applicabilità dello schema USLE sono condotte mediante il monitoraggio su parcelle sperimentali di differente lunghezza, sottoposte all azione delle precipitazioni naturali, localizzate nell Azienda Sparacia, della Facoltà di Agraria dell Università di Palermo, in agro di Cammarata. L installazione sperimentale per la misura della perdita di suolo realizzata nell area di Sparacia è localizzata a circa 100 km da Palermo e presenta, con riferimento sia alle caratteristiche climatiche sia a quelle pedologiche, i caratteri tipici delle zone interne dell isola. L area è contraddistinta da un clima semiarido di tipo mediterraneo, con una precipitazione media annua di poco inferiore a 700 mm, e da un suolo di tipo vertico a tessitura argillosa. Lungo un pendio caratterizzato da una pendenza media del 14.9% circa (Figura 5.1) sono state realizzate sei parcelle sperimentali P 22 di dimensioni 8x22 m 2 (parcelle A F, Figura 5.1), due parcelle P 33 di dimensioni 8x33 m 2 (G H, Figura 5.1), due parcelle P 44 di dimensioni 8x44 m 2 (I L, Figura 5.1), due parcelle P 4x11 di dimensioni 4x11 m 2 (M N, Figura 5.1), due parcelle P 2x11 di dimensioni 2x11 m 2 (O P, Figura 5.1) e, recentemente, due parcelle P 2x22 di dimensioni 2x22 m 2 (Q R, Figura 5.1). Sullo stesso versante sono presenti 20 microparcelle di dimensioni 0.25 x 0.25 m 2, 20 microparcelle 0.4x0.4 m 2, 3 microparcelle 1x1 m 2, 3 microparcelle 1x2 m 2 e 3 microparcelle 1x5 m 2 (Figura 5.2). Tutte le parcelle sono mantenute prive di vegetazione ed arate a rittochino ad esclusione della parcella F, relativamente al periodo marzo 2003 aprile 2006, in cui è stata impiantata una barriera di Vetiver e delle parcelle B ed F occupate, a partire dall evento di Marzo 2008, da una coltura di grano. Sul pendio è inoltre presente una stazione meteorologica che effettua le misure di precipitazione, con scansione temporale di un minuto, da utilizzare per il calcolo dell indice di aggressività delle piogge del singolo evento R e. I dati memorizzati dalla stazione vengono periodicamente scaricati, tramite collegamento mediante un modem GSM, presso un computer localizzato presso il Dipartimento ITAF dell Università degli Studi di Palermo (Bagarello et al., 2004). 5.5

6 Figura 5.1 Planimetria e vista dell installazione sperimentale Figura 5.2 Vista delle microparcelle Il sistema di misura della perdita di suolo a valle delle parcelle prevede che i deflussi torbidi prodotti in seguito ad un evento erosivo vengano convogliati, mediante l ausilio di una grondaia posta a valle di ciascuna parcella (Figura 5.3), all interno di vasche di accumulo della capacità di circa 1 m 3 (Figura 5.4). 5.6

7 Figura 5.3 Vista della canaletta di raccolta Per le parcelle P 22, P 33 e P 44 sono previste tre vasche di raccolta disposte in serie e caratterizzate da una differenza altimetrica di circa 20 cm, per le quattro parcelle di lunghezza 11 m è prevista una sola vasca di raccolta mentre a valle delle parcelle P 2x22 sono presenti due vasche di accumulo. I deflussi che pervengono nelle prime vasche possono, in caso di riempimento di queste, passare nelle vasche immediatamente successive attraverso stramazzi triangolari Thompson (Figura 5.4), realizzati in ottone, posizionati su una delle pareti delle stesse vasche. Figura 5.4 Sistema di accumulo dei deflussi liquidi e solidi Il deflusso intercettato viene accumulato interamente nelle vasche di raccolta, che vengono campionate alla fine dell evento per la determinazione del deflusso e della perdita di suolo complessivi (Bagarello, Ferro, 1998), (Bagarello et al., 1996), (Bagarello et al., 2004). La misura del volume liquido defluito durante l evento presuppone il rilievo del livello raggiunto dalla sospensione all interno della vasca e la determinazione del carico solido trasportato. Misurato il livello, infatti, ed essendo nota la geometria della vasca, si ricava agevolmente il volume complessivo (liquido + solido) accumulato. Il volume della fase liquida viene ovviamente ricavato sottraendo dal volume complessivo quello occupato dalla fase solida. A tal fine, si determina inizialmente, con le modalità descritte di seguito, il peso delle particelle di suolo che si sono depositate nella vasca. Il suddetto peso viene quindi trasformato in volume assumendo una densità della fase solida pari a 2.65 g cm 3. Nel caso di eventi poco rilevanti, che determinano cioè modesti quantitativi di deflusso, è possibile raccogliere l intera sospensione prodotta ed essiccarla quindi in stufa 5.7

8 per la determinazione del suo carico solido. Nel caso di eventi rilevanti, tenuto conto del numero elevato di parcelle sperimentali e, quindi, di vasche di accumulo dei deflussi, questa procedura risulta praticamente inapplicabile a causa dei notevoli volumi prodotti. In questi casi, è allora necessario effettuare un campionamento della sospensione in modo da determinare la concentrazione di particelle di suolo e risalire quindi alla perdita di suolo parcellare. L approccio più semplice consiste nell agitazione della sospensione (Figura 5.5) per un breve periodo di tempo e nel prelievo di campioni di volume noto che vengono essiccati in stufa per la determinazione della concentrazione di particelle solide. La Figura 5.6 mostra schematicamente la modalità di agitazione, che può essere effettuata con un palettone metallico munito di una lunga impugnatura. Figura 5.5 Agitazione della sospensione durante le operazioni di campionamento in campo Figura 5.6 Modalità di agitazione della sospensione Il prodotto tra la concentrazione misurata e il volume complessivo della sospensione dovrebbe fornire il peso complessivo di particelle solide presenti in vasca. In effetti, sia Lang (1992) che Bagarello e Ferro (1998) hanno riconosciuto che la suddetta procedura determina una sottostima del peso di particelle solide. La ragione della suddetta sottostima risiede nel fatto che la procedura esposta è applicabile soltanto nella condizione ideale di completo mescolamento a cui corrisponde una concentrazione della sospensione costante in tutti i punti e pari a quella effettiva (Bagarello, Ferro, 1998). La condizione di completo mescolamento è, di fatto, soltanto teorica, tenuto conto sia della capacità dell operatore di effettuare il rimescolamento della sospensione che dei 5.8

9 processi di sedimentazione che si verificano durante lo stesso rimescolamento e il successivo campionamento. A causa del mescolamento incompleto e dei processi di sedimentazione, infatti, la concentrazione dei sedimenti presenti in vasca aumenta dall alto (cioè, in prossimità del bordo della vasca) verso il basso (fondo della vasca) e il profilo di concentrazione assume quindi una forma simile a quella di Figura 5.7 (incomplete mixing). Pertanto, il valore medio della concentrazione della sospensione presente in vasca deve essere determinato effettuando un campionamento a diverse quote prefissate, in modo da ricostruire il profilo di concentrazione. Figura 5.7 Schema di vasca di accumulo dei deflussi parcellari e profili di concentrazione tipici La Figura 5.4 mostra tre vasche di accumulo ciascuna della capacità di 1 m 3 munite, su una verticale in asse a una parete, di dieci rubinetti di prelievo della sospensione, a interdistanza decrescente dalla superficie verso il fondo (Bagarello et al., 1996). La concentrazione media C m, espressa generalmente in g l 1, si ricava per integrazione del profilo di concentrazione. A tal fine, si riportano in grafico le coppie dei valori sperimentali concentrazione puntuale quota misurata dal fondo della vasca (Figura 5.8). L area delimitata dall asse delle ordinate, dal profilo di concentrazione sperimentale, e dalle parallele all asse delle ascisse passanti per le quote dei punti estremi di campionamento viene rapportata alla distanza tra i due punti suddetti per ricavare C m (Bagarello, Ferro, 1998), (Bagarello et al., 2003). Considerato che il campionamento viene effettuato a quote prestabilite, la determinazione di C m necessita la scelta della forma del profilo di concentrazione, non essendo nota a priori la legge di variazione della concentrazione puntuale tra due quote successive. A tal proposito, Bagarello e Ferro (1998) hanno riconosciuto che l ipotesi di un profilo linearmente variabile tra due quote successive di prelievo fornisce stime attendibili della concentrazione C m. Bagarello e Ferro (1998) e Bagarello et al. (2003) hanno dedotto, sia mediante un approccio teorico che sperimentalmente, la relazione che lega la concentrazione media misurata, C m, alla concentrazione di particelle solide effettivamente presenti in vasca, C (g l 1 ). In particolare, l applicazione del teorema dell analisi dimensionale (Barenblatt, 1987), (Ferro, 1997) ha consentito la deduzione della seguente relazione lineare tra le due grandezze, denominata curva di calibrazione della vasca: C b C m (5.1) in cui b è un coefficiente maggiore dell unità da determinare sperimentalmente. 5.9

10 0.8 Distanza dal fondo, y (m) Concentrazione media Concentrazione misurata, C i (g L -1 ) Figura 5.8 Esempio di profilo di concentrazione L applicabilità dell equazione (5.1) è stata riconosciuta sperimentalmente per diverse tipologie di suolo (Figura 4.9) (Bagarello, Ferro, 1998). In genere, il coefficiente b diminuisce nel passaggio dai suoli grossolani a quelli fini in quanto le particelle più piccole vengono risospese agevolmente, potendo rimanere in sospensione per tempi relativamente lunghi. In altri termini, al crescere della dimensione e, quindi, del peso delle particelle, cresce l aliquota del sedimento che, depositandosi rapidamente, sfugge al campionamento. Per fissata concentrazione in ingresso, allora, la concentrazione misurata risulta maggiore nel caso di sedimenti fini che in quello di sedimenti grossolani. Il profilo di concentrazione e, quindi, il coefficiente b della (5.1) variano con la direzione di campionamento. In particolare, con riferimento a un suolo argilloso, Bagarello e Ferro (1998) hanno riconosciuto che il profilo dedotto con un campionamento che inizia dal rubinetto più alto (up down sampling) mostra gradienti di concentrazione minori rispetto a quello ricavato con un campionamento che parte dal rubinetto più prossimo al fondo della vasca (down up sampling). Figura 4.9 Curve di calibrazione delle vasche per un suolo sabbioso (S) e per uno argilloso (CL) La curva di calibrazione della vasca dipende anche dal volume di sospensione prelevato da ciascun rubinetto. In particolare, per un suolo franco sabbioso e uno argilloso, Bagarello e Ferro (1998) hanno riconosciuto che l utilizzazione di volumi di campionamento V = 1.5 litri ha determinato la stima di valori di b da 1.7 a 1.9 volte più elevati di quelli ricavati con V = 0.5 litri. Questo risultato trova motivazione nel fatto che al crescere di V cresce la durata del campionamento e, quindi, la quantità di sedimenti che si deposita sul fondo. 5.10

11 Un altro fattore che influenza la curva di calibrazione della vasca è la durata dell agitazione della sospensione prima del campionamento. Con riferimento a un suolo argilloso, ad esempio, una agitazione di 5 min ha condotto alla stima di un valore di b significativamente più elevato di quello dedotto con una agitazione di 10 e di 15 min e le curve di calibrazione ricavate con riferimento a queste ultime due durate non hanno mostrato differenze statisticamente significative (Bagarello, Ferro, 1998). Questo risultato può essere spiegato considerando che, al crescere della durata dell agitazione, aumenta l efficienza del mescolamento ma, per durate relativamente elevate, l incremento di efficienza è compensato dai processi di sedimentazione delle particelle sospese che si verificano durante il mescolamento. Un altro aspetto che va tenuto in conto nella determinazione della curva di calibrazione della vasca è quello del ritardo temporale con cui si effettua il campionamento rispetto alla conclusione dell evento erosivo. Soprattutto nel caso di sedimenti ricchi di particelle fini, un campionamento effettuato subito dopo l evento può produrre, a parità di tutti gli altri fattori, un valore di C m diverso da quello ricavato campionando molto tempo (ore, giorni) dopo l evento in quanto, in quest ultimo caso, i processi di sedimentazione sono più rilevanti. In altri termini, l efficienza dell agitazione è maggiore per un campionamento effettuato subito dopo l evento che per uno effettuato molto tempo dopo perché le condizioni iniziali della sospensione da campionare sono differenti. Con riferimento a un suolo argilloso, Bagarello e Ferro (1998) hanno riconosciuto che la concentrazione misurata varia con il ritardo del campionamento R c per valori di R c < 1 h ma risulta praticamente costante per 1 < R c < 48 h. Ovviamente, la curva di calibrazione della vasca ottenuta misurando, per alcune prestabilite concentrazioni effettive C, i corrispondenti valori di C m deve essere rappresentativa. In altri termini, lo stesso operatore o operatori differenti che ripetono più volte la determinazione del coefficiente b della (1), a parità di condizioni sperimentali, dovrebbero ottenere lo stesso risultato. La Figura 5.10 mostra quattro curve di calibrazione ottenute dal medesimo operatore con un suolo franco sabbioso. L analisi statistica dei dati ha dimostrato l equivalenza dei quattro valori di b (Bagarello, Ferro, 1998), (Bagarello et al., 2004). Con riferimento allo stesso tipo di suolo, Bagarello et al. (2004) hanno ripetuto per 20 volte la determinazione di C m per valori della concentrazione effettiva pari a 5 e 25 g L 1. Per fissata concentrazione effettiva, il coefficiente di variazione delle misure si è mantenuto modesto, risultando inferiore o, al più, pari a Infine, con riferimento a un suolo argilloso, quattro diversi operatori hanno determinato le curve di taratura della vasca corrispondenti a cinque valori del livello raggiunto dalla sospensione e hanno ottenuto valori medi di b non significativamente differenti e compresi tra 3.8 e 4.3 (Bagarello et al., 2004). Le indagini finora compiute suggeriscono allora che la curva di calibrazione della vasca ottenuta a partire da un solo set di misure può essere ritenuta in genere ragionevolmente rappresentativa del sistema considerato. 5.11

12 Figura 5.10 Confronto tra le diverse curve di calibrazione ottenute dal medesimo operatore Le microparcelle hanno una delimitazione idraulica in lamierino zincato e presentano all estremità di valle una grondaia, di forma trapezoidale, che veicola i deflussi in un piccolo recipiente, sostituito dopo ciascun evento meteorico, posizionato all interno di una trincea. Tutte le microparcelle sono mantenute prive di vegetazione. Data l esiguità dei volumi da campionare in seguito ad un qualsiasi evento erosivo, la determinazione del materiale eroso viene effettuata essiccando in stufa l intero volume di sospensione accumulatosi nel recipiente di raccolta mentre, noto questo ultimo, il volume di deflusso è calcolato per pesata diretta. L installazione sperimentale denominata Parcelle pendenti, poco distante da quella già descritta, comprende, allo stato attuale, quattro parcelle di tipo Wischmeier ; due di queste, Pendente 1 e 2, (di larghezza pari a 6 m e con una lunghezza libera della pendice,, pari a 22 m) sono poste su un pendio a pendenza uniforme del 22%, mentre le rimanenti, Pendente 3 e 4, aventi le stesse dimensioni, sono caratterizzate da una pendenza maggiore e pari al 26% circa (Figura 5.11). Nell area, oltre ad un pluviografo che effettua le misure di precipitazione, con scansione temporale di un minuto, da utilizzare per il calcolo dell indice di aggressività delle piogge del singolo evento R e, si trovano anche venti microparcelle di dimensioni 0.25x0.25 m 2. Figura 5.11 Pianta e vista delle parcelle del Parcelle pendenti 5.12

13 Le parcelle sono delimitate idraulicamente da nastri di lamierino metallico aventi altezza complessiva pari a 70 cm, parzialmente infissi nel terreno e sostenuti da picchetti in ferro posizionati ad interdistanza di 50 cm. All estremità di valle di ciascuna delle quattro parcelle è localizzata una grondaia, dal caratteristico fondo a tramoggia, che raccoglie i deflussi e li convoglia, mediante una tubazione in PVC, all interno di due vasche di accumulo in fibrocemento disposte in serie, ciascuna della capacità di circa 1 m 3, collegate mediante stramazzi triangolari e dotate di punti di prelievo, a quote differenti, della sospensione presente in vasca Parcelle sperimentali nell area della Facoltà di Agraria di Palermo L installazione è sita nel campo sperimentale della Sezione Idraulica del Dipartimento di Ingegneria e Tecnologie Agro Forestali, un area pianeggiante retrostante la sede della Facoltà di Agraria dell Università degli Studi di Palermo. L installazione consta di un disdrometro ottico per il rilievo delle distribuzioni dimensionali delle gocce di pioggia e di due parcelle sperimentali di dimensioni 2x7 m 2 aventi pendenza del 10%. Figura 5.12 Parcelle sperimentali per la misura della perdita di suolo Le parcelle (Figura 5.12), realizzate in rilevato rispetto al piano di campagna, sono delimitate su tre lati da pareti in cemento armato e poggiate su una base (Figura 5.13) realizzata con gabbioni metallici (2x1x1 m 3 ) riempiti perimetralmente con blocchi calcarenitici e all interno con materiale lapideo proveniente da cava. 5.13

14 Figura 5.13 Pianta e sezione delle parcelle sperimentali All estremità di valle di ciascuna delle due parcelle è localizzata una grondaia che convoglia i deflussi all interno di una vasca di accumulo. Sia la grondaia che la vasca sono realizzate in lamierino zincato rispettivamente di spessore 2 e 3 mm. Ciascuna delle due vasche (2.0 x 0.7 x 0.4 m 3 ), avente larghezza pari a quella della parcella e profondità pari a 40 cm, è dotata di 7 punti di prelievo posti a varie quote in modo da consentire la stima del profilo di concentrazione della sospensione torbida presente in vasca in seguito ad un evento erosivo. Il prelievo avviene mediante valvole a sfera da 1/2 pollice. Ciascuna vasca è dotata di uno scarico di fondo da 2 pollici. Il rilievo delle distribuzioni dimensionali delle gocce di pioggia è stato effettuato mediante un disdrometro ottico modello ODM 470 realizzato dalla Eigenbrodt (Figura 5.14 e 5.15). Il disdrometro rileva gocce di pioggia di diametro compreso tra 0.5 e 6.0 mm e ciascuna goccia è misurata separatamente e registrata in classi di ampiezza pari a 0.05 mm circa. Lo strumento suddivide il campo di diametri possibili in 128 classi e restituisce in output, per ogni minuto di acquisizione, il numero di gocce che ricadono in ciascuna classe. Il principio di funzionamento del disdrometro ottico si basa sulla misura dello smorzamento della luce prodotto dal passaggio delle gocce attraverso un volume di controllo, di forma cilindrica avente una lunghezza di 120 mm ed un diametro di 22 mm, compreso tra due diodi (Figura 5.15). Il diodo emettitore, che funge da sorgente del segnale luminoso, è un diodo ad infrarossi da 100 mwatt ed emette un segnale luminoso con una lunghezza d onda di 800 nm. A valle del diodo emettitore è allocato un apposito sistema di lenti che permette una illuminazione omogenea del volume di controllo. Lo strumento misura, simultaneamente, la dimensione ed il tempo di percorrenza delle gocce che attraversano il volume di controllo. 5.14

15 Figura 5.14 Disdrometro ottico ODM 470 Figura 5.15 Sezione trasversale del disdrometro ottico: 1) Componenti elettronici, 2) diodo, emettitore, 3) sistema di lenti, 4) fessura, 5) filtri, 6) volume di misura, 7) lenti acromatiche 8) miscela ottica, 9) oculare, 10) fotodiodo, 11) comparto elettronico In assenza di pioggia, il fascio luminoso raggiunge il diodo di ricezione indisturbato e produce una corrente elettrica di 5 volt. La presenza di una goccia che attraversa il volume di controllo comporta una riduzione del flusso luminoso, e quindi una riduzione del voltaggio a valle del diodo di ricezione, proporzionale al diametro della goccia stessa. In definitiva, mediante un apposita taratura, la riduzione rispetto a 5 volt del voltaggio misurato a valle del diodo consente la misura indiretta del diametro di ciascuna goccia assunta di forma sferica. Oltre al diametro della goccia, lo strumento misura il tempo intercorso tra l ingresso e l uscita della stessa dal volume di controllo. La precisione di misura del tempo è di ±35 ms, cioè il massimo ritardo nella segnalazione dell ingresso (sottostima del tempo di 5.15

16 permanenza nel volume di controllo) o dell uscita (sovrastima del tempo di permanenza) della goccia di pioggia dal volume di controllo è di 35 ms. In definitiva il disdrometro restituisce per ciascun minuto di pioggia il numero di gocce che ricade in ciascuna classe diametrale e l intensità di precipitazione. Il disdrometro è accoppiato ad un sensore di precipitazione (Figura 5.16) (IRSS 88 della Eigenbrodt), in grado di rilevare la presenza di pioggia (almeno 5 gocce in 90 secondi), a cui è demandato il compito di accendere il disdrometro stesso nel momento in cui ha inizio l evento meteorico. Figura 5.16 Sensore di precipitazione IRSS 88 Il sensore di precipitazione è costituito da due sensori ad infrarosso che definiscono un area di sensitività di 120x25 mm 2. Dopo 60 secondi di assenza di precipitazione il disdrometro si spegne automaticamente. I due strumenti sono collegati ad un personal computer che fornisce alimentazione al sistema e gestisce mediante apposito software l acquisizione dei dati. 5.16

17 5.3 Risultati e discussione Effetto della larghezza della parcella sulla misura della perdita di suolo L utilizzazione di set di misure di perdita di suolo corrispondenti a differenti larghezze parcellari è una pratica piuttosto comune nelle indagini sperimentali. Per esempio, Risse et al. (1993) hanno condotto una valutazione dell applicabilità della USLE considerando parcelle di larghezza, w, variabile tra 1.83 m e 39.0 m. Le indagini sulla variabilità delle misure parcellari effettuate da Nearing et al. (1999) si sono incentrate su parcelle di lunghezza generalmente pari a 22 m e di larghezza compresa tra 2 e 8 m. Boix Fayos et al. (2007) hanno utilizzato parcelle di larghezza pari a 1 e 3 m. Per fissata lunghezza,, della parcella, la misura della perdita di suolo per unità di superficie può dipendere dalla larghezza della superficie campionata. Ad esempio, appare ragionevole ipotizzare che la probabilità di canalizzazione del deflusso superficiale, che determina un incremento dell erosione, sia maggiore in una parcella stretta che in una larga. Dall altra parte, superfici localmente poco erodibili, molto scabre o con una elevata velocità di infiltrazione, che contrastano la formazione del deflusso e la perdita di suolo, hanno probabilmente un influenza relativa maggiore nelle parcelle strette che in quelle larghe. Pertanto, una migliore interpretazione delle misure parcellari di perdita di suolo presuppone un approfondimento delle conoscenze sugli effetti attribuibili specificatamente alla larghezza del plot. Tuttavia, questi effetti non appaiono sufficientemente approfonditi nella letteratura scientifica. Un analisi effettuata alla scala temporale del singolo evento consente di stabilire se l eventuale effetto di w sui rilievi sperimentali dipende dalle caratteristiche di erosività della pioggia. L approfondimento di questo tema deve includere anche le misure di deflusso e di concentrazione dei sedimenti in quanto il materiale eroso che perviene alla vasca di accumulo è pari al prodotto tra il volume di deflusso e la concentrazione di sedimenti, indipendentemente dal fatto che il deflusso si formi uniformemente o meno sull intera superficie parcellare (Kinnell, 2008). L obiettivo di questa indagine è stato allora quello di stabilire sperimentalmente l effetto della larghezza di parcelle prive di vegetazione sulle misure di perdita di suolo per unità di superficie, deflusso complessivo e concentrazione di sedimenti alla scala temporale del singolo evento erosivo nell area sperimentale di Sparacia. L indagine è stata condotta nelle parcelle sperimentali realizzate sulla pendice inclinata del 14.9%. Le caratteristiche dell installazione sperimentale e le modalità di campionamento, alla scansione del singolo evento erosivo, della perdita di suolo per unità di superficie parcellare, A e, del deflusso parcellare, V e, e della concentrazione di sedimenti, C e, sono state descritte in dettaglio nel paragrafo 2.1. Le misure utilizzate per studiare l effetto della larghezza parcellare, w, su A e, V e e C e sono quelle corrispondenti alle parcelle di lunghezza, = 11 m e di larghezza pari a 2 m (parcelle strette) e a 4 m (parcelle larghe), nonché alle parcelle di 22 m, con w = 2 m (parcelle strette) e 8 m (parcelle larghe). La selezione degli eventi da includere nell indagine è stata basata sui seguenti criteri: i) per fissato valore di, le misure sono state effettuate su entrambe le tipologie parcellari, 5.17

18 cioè per entrambi i valori di w; ii) per fissata tipologia parcellare (cioè, per fissati e w), sono disponibili almeno due repliche della misura; iii) sono stati misurati simultaneamente la perdita di suolo e il deflusso. Sulla base di questi criteri, il confronto tra le parcelle di 22 x 2 m 2 e quelle di 22 x 8 m 2 è stato effettuato con riferimento a 4 o 5 eventi, a seconda della variabile considerata (A e, V e o C e ). Per confrontare le parcelle di 11 x 2 m 2 con quelle di 11 x 4 m 2, è stato possibile disporre di eventi, a seconda della variabile. In entrambi i casi, infatti, per un numero limitato di eventi, è stata misurata soltanto la perdita di suolo e quindi non è stato possibile analizzare né il deflusso né la corrispondente concentrazione di sedimenti. Per ciascun evento, sono stati determinati l altezza complessiva di pioggia, P e (mm), e il corrispondente indice di erosività, R e (MJ mm ha 1 h 1 ). Inoltre sono stati calcolati, per fissata tipologia di parcella e, cioè, per fissati w e, il valore medio della perdita di suolo unitaria, A e (t ha 1 ), del deflusso parcellare, V e (mm), e della concentrazione di sedimenti, C e (kg m 3 ). Tabella 5.I Numero di eventi, N, e minimo, min, massimo, max, media,, e coefficiente di variazione, CV, dell altezza di pioggia dell evento, P e (mm), e dell indice di erosività della pioggia, R e (MJ mm ha 1 h 1 ), corrispondenti a un prefissato confronto tra parcelle di diversa larghezza Confronto N P e min max CV min max CV 11x2 vs. 11x4 m x2 vs. 22x8 m Numero di eventi considerati per l analisi delle misure di perdita di suolo. Numero di eventi considerati per l analisi delle misure di deflusso e concentrazione di sedimenti (in un numero limitato di casi, due per le parcelle di 11 m e 1 per quelle di 22 m, il deflusso non è stato misurato). R e La Tabella 5.I riporta gli statistici principali di P e e R e per ciascuno dei confronti effettuati nell indagine. In genere, il range di valori osservati è risultato sufficientemente ampio da garantire una soddisfacente rappresentatività del set di misure dal punto di vista climatico, particolarmente per quanto riguarda le parcelle di 11 m. In genere, le misure di V e, A e e C e hanno mostrato una apprezzabile variabilità relativa (Tabella 5.II), con valori del coefficiente di variazione, CV, maggiori di quelli rilevati con riferimento a P e e R e (Tabella 5.I). Per una fissata variabile (V e, A e, C e ), i valori ottenuti nelle parcelle di 11 x 2 m 2 non sono risultati significativamente differenti (P = 0.01) da quelli ricavati nelle parcelle di 11 x 4 m 2 sulla base di un test t accoppiato a due code (Tabella 5.II). Il medesimo risultato è stato ottenuto con riferimento al confronto tra le parcelle di 22 x 2 m 2 e quelle di 22 x 8 m 2. Pertanto, questa indagine ha suggerito che la larghezza parcellare non ha influenzato il valore medio misurato del volume di deflusso, della perdita di suolo unitaria e della concentrazione di sedimenti. In altri termini, il valore medio di un set di misure effettuate su parcelle strette è da ritenersi rappresentativo di quello ottenuto usando le misure corrispondenti alle parcelle più larghe. Questo risultato supporta la scelta di altri autori di includere, nelle analisi dei dati parcellari, misure effettuate su parcelle di differente larghezza (Risse et al., 1993; Nearing et al., 1999). 5.18

19 Tuttavia, il confronto tra i diversi data set ha anche evidenziato che, cambiando il livello di probabilità prescelto (P = 0.05 invece di 0.01), si perviene ad una conclusione diversa, anche se limitatamente a un solo caso e con differenze tra i valori medi comunque modeste (Tabella 5.II). In particolare, con riferimento alle parcelle di 11 m, la perdita di suolo misurata nelle parcelle strette è risultata più elevata di quella misurata nelle parcelle larghe. Ai fini pratici, inoltre, è necessario stabilire l effetto della larghezza parcellare sulle misure delle variabili di interesse alla scansione temporale del singolo evento erosivo, in quanto l erosione pluriennale di un area è spesso dovuta a un numero limitato di eventi particolarmente intensi e rari (Edwards e Owens, 1991; Larson et al., 1997). Tabella 5.II Minimo, min, massimo, max, media,, e coefficiente di variazione, CV, del volume di deflusso, V e (mm), della perdita di suolo per unità di superficie, A e (t ha 1 ), e della concentrazione di sedimenti, C e (kg m 3 ), misurati in differenti tipologie parcellari Variabile Tipologia di parcella min max CV p value Ve Ae Ce Ve Ae Ce 11x2 m x4 m x2 m x4 m x2 m x4 m x2 m x8 m x2 m x8 m x2 m x8 m calcolato sulla base di un test t accoppiato a due code Pertanto, l indagine è stata approfondita calcolando l indice a definito mediante la relazione (Beckwith et al., 2003): Y w a log 10 (5.2) Yn in cui, con riferimento ad un fissato evento erosivo, Y w è la misura di una fissata variabile (V e, A e, C e ) ottenuta nella parcella larga e Y n è la corrispondente misura effettuata nella parcella stretta. Un valore di a = 0 è indicativo della condizione Y w = Y n. Per Y w > Y n si ottiene a > 0 mentre un valore negativo di a segnala che Y n è maggiore di Y w. Pertanto, a = 0.3 indica che Y w è il doppio di Y n e a = 0.3 indica invece che Y n è il doppio di Y w. In altri termini, i due valori di Y differiscono in entrambi i casi di un fattore 2 e il valore di a segnala espressamente questa circostanza, assumendo lo stesso valore assoluto. Con il semplice calcolo del rapporto tra le due misure, si ottiene invece un risultato numerico differente (2 e 0.5 nel caso considerato). Le Figure 5.17, 5.18 e 5.19 mostrano, per ciascuna variabile, i valori di a in funzione dell indice di erosività della pioggia, R e. Un primo risultato dell analisi è che, in genere, la frequenza di occorrenza di valori positivi di a non si è discostata apprezzabilmente da quella con cui si sono rilevati valori negativi del suddetto indice. In altri termini, la 5.19

20 probabilità di ottenere Y w >Y n non si è differenziata sensibilmente da quella di rilevare Y w <Y n. Log(V e, 4x11 /V e, 2x11 ) a) R e Log(V e, 8x22 /V e, 2x22 ) b) R e Figura 5.17 Logaritmo del rapporto tra il volume di deflusso, V e (mm), misurato in una parcella larga di fissata lunghezza (11, 22 m) e il corrispondente valore ricavato nella parcella stretta in funzione dell indice di erosività della pioggia, R e (MJ mm ha 1 h 1 ) 1 Log(A e, 4x11 /A e, 2x11 ) a) R e Log(A e, 8x22 /A e, 2x22 ) b) R e Figura 5.18 Logaritmo del rapporto tra la perdita di suolo per unità di superficie, A e (t ha 1 ), misurata in una parcella larga di fissata lunghezza (11, 22 m) e il corrispondente valore ricavato nella parcella stretta in funzione dell indice di erosività della pioggia, R e (MJ mm ha 1 h 1 ) 5.20

21 0.4 Log(C e, 4x11 /C e, 2x11 ) a) R e Log(C e, 8x22 /C e, 2x22 ) b) R e Figura 5.19 Logaritmo del rapporto tra la concentrazione di sedimenti, C e (kg m 3 ), misurata in una parcella larga di fissata lunghezza (11, 22 m) e il corrispondente valore ricavato nella parcella stretta in funzione dell indice di erosività della pioggia, R e (MJ mm ha 1 h 1 ) L esame dei valori di a ha evidenziato che, alla scala del singolo evento erosivo, l effetto della larghezza parcellare può essere anche rilevante, soprattutto con riferimento a V e e A e. Tuttavia, il valore di a dipende dall erosività dell evento. Nella maggior parte dei casi, infatti, si sono rilevati valori di a variabili all interno di un range piuttosto ampio per bassi valori di R e. Al crescere di R e, a ha mostrato una tendenza ad assumere valori prossimi a zero. In altri termini, nel caso di eventi poco erosivi, l effetto della larghezza parcellare può essere sia trascurabile che significativa. A seconda dell evento, una parcella di assegnata larghezza può fornire una misura di una fissata variabile sia maggiore che minore di quella ottenuta su una parcella di diversa larghezza. Probabilmente, le condizioni locali del suolo all inizio della pioggia influenzano significativamente la risposta erosiva di una parcella sottoposta a un evento caratterizzato da un modesto potenziale erosivo. Un altro fattore che può probabilmente influenzare questo risultato è l errore di misura, che cresce al diminuire del valore assunto dalla grandezza misurata (Bagarello e Ferro, 2004). Nel caso di eventi molto erosivi, invece, l importanza delle condizioni locali si riduce e l effetto della larghezza della parcella si attenua o scompare. In altre parole, parcelle di diversa larghezza forniscono in pratica la medesima misura della variabile considerata. La misura della perdita di suolo associata ad eventi erosivi particolarmente gravosi consente di verificare l efficacia delle pratiche di conservazione del suolo in condizioni di particolare interesse pratico. In questo caso, l indagine ha suggerito che la suddetta misura 5.21

22 può essere effettuata indifferentemente su parcelle sia strette che larghe. Il ricorso a parcelle strette consente ovviamente di ridurre l onere sperimentale del rilievo diretto di V e, A e e C e. In conclusione, per un fissato set di eventi erosivi, l effetto di w sulle misure di V e, A e e C e, non è risultato statisticamente significativo, il che ha suggerito che le parcelle strette forniscono stime dei valori medi delle suddette variabili rappresentativi anche per parcelle più larghe. L effetto della larghezza è risultato però variabile con l erosività dell evento, potendo essere apprezzabile nel caso di eventi poco erosivi ma risultando in genere modesto o pressappoco trascurabile nel caso di eventi con un elevato potenziale erosivo. Questo risultato ha una valenza pratica nelle indagini incentrate sulla misura di variabili espressive del fenomeno dell erosione idrica in quanto dimostra che gli eventi maggiormente erosivi, che controllano in genere la perdita di suolo complessiva di un area di interesse con riferimento a un lungo periodo di osservazione, possono essere campionati adeguatamente usando parcelle strette, che consentono una riduzione significativa degli oneri sperimentali Effetto della lunghezza della parcella sulla misura della perdita di suolo Il ricorso a interventi per il controllo della perdita di suolo in un area di interesse consente di mitigare gli impatti negativi provocati da un erosione idrica accelerata. Considerato che i modelli a fondamento fisico non sono stati ancora sufficientemente testati, o richiedono la determinazione di un numero elevato di parametri di ingresso, per la progettazione degli interventi di conservazione del suolo è tuttora frequente il ricorso ad alcuni modelli empirici e, particolarmente, alla USLE (Universal Soil Loss Equation, Wischmeier e Smith, 1978) e alla RUSLE (Revised USLE, Renard et al., 1997). Infatti, i suddetti modelli si caratterizzano per una accuratezza ritenuta accettabile per numerose finalità pratiche, una semplice struttura matematica e una agevole applicabilità, facendo uso di dati di ingresso che possono essere acquisiti con un onere complessivamente contenuto (Liu et al., 2001; Hann e Morgan, 2006). Già le prime indagini sui fattori responsabili dell erosione idrica hanno evidenziato l esistenza di una relazione crescente tra la perdita di suolo per unità di area e la lunghezza della pendice (Zingg, 1940). Sia la USLE che la RUSLE stabiliscono che la perdita di suolo media annua per unità di area, A (t ha 1 anno 1 ), aumenta linearmente con il cosiddetto fattore topografico, L: m λ L (5.3) 22.1 in cui (m) è la lunghezza della parcella e m è un esponente che dipende dalla pendenza parcellare, s (%). In particolare, per valori di s > 5%, è m = 0.5. L Equazione (4.55) è stata derivata con specifico riferimento ad aree ad indirizzo agricolo sottoposte ad eventi di pioggia naturale, su pendici inclinate del 3 18% e lunghe all incirca 9 90 m (Wischmeier e 5.22

23 Smith, 1978). Nella RUSLE, l esponente m è legato al rapporto,, tra l erosione rill e quella interrill: β m (5.4) 1 β sinθ / β (5.5) sinθ in cui θ ( ) è l angolo formato dalla pendice con un piano orizzontale. L esistenza di una relazione crescente tra A e è stata confermata nel caso di pendici molto inclinate (40 60%, Liu et al., 2001), in cui i fenomeni erosivi possono risultare particolarmente accentuati. In questo caso, il valore di m determinato sperimentalmente è risultato pari a 0.44 e la USLE ha fornito previsioni di perdita di suolo più accurate di quelle ottenute con la RUSLE. Secondo Liu et al. (2001) questo risultato è dovuto al fatto che, nella deduzione del fattore topografico L della RUSLE per pendenze maggiori del 20%, è stato fatto ricorso ai risultati di modelli teorici che non riproducono con sufficiente accuratezza le condizioni di campo. Sulla base dello schema USLE/RUSLE, la riduzione della lunghezza libera della pendice deve essere considerato un intervento antierosivo. Questa pratica potrebbe rivestire interesse applicativo nelle aree collinari del meridione d Italia, utilizzate per la coltivazione del grano. In questo caso, infatti, la superficie del suolo risulta priva di copertura vegetale per un periodo relativamente lungo nel corso dell anno (3 4 mesi), durante il quale le precipitazioni sono tipicamente molto erosive (D Asaro e Santoro, 1983). Tuttavia, la relazione tra A e determinata sperimentalmente mostra in genere una accentuata variabilità. In particolare, Laflen e Moldenhauer (2003) hanno segnalato che l esponente m della USLE ha assunto valori diversi di anno in anno, risultando talora anche negativo (perdita di suolo per unità di area che diminuisce all aumentare di ) e che i valori medi annui di m ottenuti in differenti località sono risultati compresi tra 0 (perdita di suolo per unità di area che non varia con ) e 0.9. Loch (1996) ha suggerito che la dipendenza dell erosione dalla lunghezza parcellare è legata alla modalità attuativa dell erosione rill dato che quella interrill non varia con. In particolare, secondo questo autore, l effetto della lunghezza della pendice sull erosione è modesto i) quando i valori di soglia per la formazione dei rill sono bassi e la concentrazione dei sedimenti trasportati nei solchi cresce solo moderatamente all aumentare della portata, oppure ii) nei suoli che si oppongono efficacemente alla formazione dei solchi. Viceversa, la lunghezza della pendice influenza significativamente l erosione quando la suscettibilità del suolo alla formazione dei solchi è elevata e la concentrazione dei sedimenti aumenta con la portata. Rejman et al. (1999) hanno determinato l effetto della lunghezza parcellare (5 < < 20 m) sulla perdita di suolo per unità di superficie con riferimento a un periodo di osservazione di quattro mesi, un suolo limoso e una pendenza del 12%. La perdita di suolo per unità di superficie si è ridotta all aumentare di in quanto, secondo gli autori, il sedimento intercettato all estremità di valle della parcella proviene soltanto dalla porzione della 5.23

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