Misure preliminari per la caratterizzazione degli scintillatori dello spettrometro spaziale per raggi cosmici AMS-02

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BOLOGNA FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI CORSO DI LAUREA IN ASTRONOMIA Misure preliminari per la caratterizzazione degli scintillatori dello spettrometro spaziale per raggi cosmici AMS-02 Tesi di Laurea di: Luca Amati Relatore: Chiar.mo Prof. Federico Palmonari Correlatore: Chiar.mo Prof. Giorgio Palumbo Dr. Cristina Sbarra Anno Accademico 2002/2003 Sessione III

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3 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BOLOGNA FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI CORSO DI LAUREA IN ASTRONOMIA Misure preliminari per la caratterizzazione degli scintillatori dello spettrometro spaziale per raggi cosmici AMS-02 Tesi di Laurea di: Luca Amati Relatore: Chiar.mo Prof. Federico Palmonari Correlatore: Chiar.mo Prof. Giorgio Palumbo Dr. Cristina Sbarra Parole chiave: Esperimento AMS-02, contatori a scintillazione, fotomoltiplicatori, tempo di volo. Anno Accademico 2002/2003 Sessione III

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5 Indice Introduzione 1 1 La fisica di AMS Introduzione I raggi cosmici Spettro energetico dei raggi cosmici Composizione chimica dei raggi cosmici Sorgenti e modelli di accelerazione Antimateria La materia oscura Materia oscura barionica Materia oscura non barionica L esperimento AMS Introduzione Risultati AMS Gli obiettivi di AMS Il rivelatore AMS Il magnete superconduttore Il rivelatore TRD Il Tracker Il rivelatore per le anticoincidenze Il RICH Il calorimetro elettromagnetico Il sistema TOF di AMS i

6 INDICE 3 Calibrazione dei fotomoltiplicatori del TOF I fotomoltiplicatori Il fotocatodo Il sistema di focheggiamento e accelerazione Il sistema di moltiplicazione (dinodi) L anodo Il partitore di tensione Risposta temporale Guadagno Corrente oscura Calibrazione dei fototubi di AMS I fotomoltiplicatori Hamamatsu R5946 fine-mesh La calibrazione L hardware del sistema di calibrazione Determinazione della risposta dei fototubi Determinazione della tensione di lavoro Prove con il LED viola Confronto Conclusioni I contatori del TOF Introduzione Hardware del telescopio Tubi a streamer limitato (LST) Le strips Ricostruzione della traccia I contatori a scintillazione Equalizzazione dei contatori L elettronica del telescopio Sistema di trigger Scheda SFET Sistema di acquisizione Analisi dati Risposta dei contatori trapezoidali Lunghezza di attenuazione Fotostatistica Correzione di slewing ii

7 INDICE Velocità di propagazione della luce nei contatori Risoluzione intrinseca Risoluzione del tempo di volo Conclusioni 97 Bibliografia 101 Ringraziamenti 103 iii

8 iv INDICE

9 Introduzione AMS (Alpha Magnetic Spectrometer) è un spettrometro magnetico per raggi cosmici che verrà installato nel 2007 sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) Alpha. Questo apparato è stato progettato per capire, tramite lo studio approfondito dei raggi cosmici, l origine della materia oscura e per tentare di risolvere il problema dell antimateria. Questa tesi riguarda il lavoro da me svolto dal febbraio 2003 presso l Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Bologna, per il gruppo AMS di Bologna, che si occupa della progettazione e costruzione del rivelatore TOF (Time Of Flight). Il TOF provvederà alla misura del tempo di volo delle particelle tra i suoi 4 piani e darà il segnale di start (segnale di Trigger), all acquisizione di un evento a tutti i rivelatori di AMS-02. I piani del sistema tempo di volo sono costituiti da 8 o 10 contatori a scintillazione che, al passaggio di una particella producono, attraverso dei fotomoltiplicatori un segnale elettrico misurato da apposite schede di elettronica. Nel primo capitolo della tesi parlerò della fisica che sta alla base dell esperimento AMS-02: in particolare della composizione e dei meccanismi di accelerazione dei raggi cosmici, della ricerca di materia oscura e della ricerca della presenza dell antimateria nell universo. Nel secondo capitolo parlerò dei risultati preliminari ottenuti dopo il volo del prototipo AMS-01. Esporrò gli obiettivi dell esperimento AMS-02 di cui verranno descritti i rivelatori che lo compongono. Nel terzo capitolo verranno presi in esame i fotomoltiplicatori che saranno utilizzati nei contatori del sistema TOF e in particolare le caratteristiche che li rendono adatti al campo magnetico presente all interno del rivelatore AMS. Parlerò del lavoro da me svolto per la loro calibrazione con il LED rosso e per la determinazione della tensione di lavoro per cui essi hanno un guadagno pari a Infine parlerò della calibrazione di alcuni fotomoltiplicatori con 1

10 Introduzione il LED viola confrontandone i risultati con quelli ottenuti dalle calibrazioni con il LED rosso. Nel quarto capitolo descriverò il mio lavoro con il telescopio per raggi cosmici installato nel laboratorio dell Istituto di Fisica Nucleare di Bologna. In prticolare il lavoro che ho concluso per determinare i parametri fondamentali dei contatori a scintllazione del TOF-02, soffermandomi su come ho implementato la lettura delle strips y per caratterizzare la risposta dei contatori trapezoidali. Descriverò inoltre la realizzazione del setup del telescopio con la scheda di acquisizione di AMS-01, che ho calibrato sia per la risposta in tempo che in carica. Succesivamente spiegherò il tipo di analisi da me fatta per caratterizare i parametri fondamentali dei contatori: la lunghezza di attenuazione, la fotostatistica, la velocità di propagazione della luce al loro interno, la loro risoluzione temporale intrinseca e la risoluzione del tempo di volo tra due contatori. Questa analisi è stata da me fatta sia per i contatori rettangolari che per quelli trapezoidali peculiari di AMS-02. 2

11 Capitolo 1 La fisica di AMS 1.1 Introduzione AMS (Alpha Magnetic Spectrometer)[1] è un spettrometro magnetico per raggi cosmici che è stato progettato per essere installato sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) Alpha. All esperimento AMS lavorano laboratori di più nazioni come Cina, Finlandia, Germania, Italia, Inghilterra, Francia, Svizzera, Russia e Stati Uniti. Attraverso lo studio della radiazione cosmica, si propone di conseguire i seguenti obiettivi: ricerca dell antimateria; ricerca della materia oscura; studio dettagliato dello spettro dei raggi cosmici primari. 1.2 I raggi cosmici Per raggi cosmici si intendono tutte quelle particelle e nuclei che fanno parte della radiazione che investe la parte superiore dell atmosfera terrestre. Nel 1911 V. F. Hess, durante una serie di esperimenti realizzati in mongolfiera, scoprì che il nostro pianeta viene colpito da radiazioni ionizzanti di origine cosmica. I raggi cosmici che colpiscono l atmosfera terrestre ( 1000m 2 s 1 ) si possono classificare in: 3

12 La fisica di AMS primari: sono le particelle osservate all esterno dell atmosfera, costituite da protoni ( 87%), nuclei di He ( 12%) e da nuclei più pesanti ( 1%). secondari: sono il risultato degli urti anelastici dei primari con i nuclei delle molecole di gas che costituiscono l atmosfera terrestre. I raggi cosmici secondari sono costituiti prevalentemente dai prodotti di decadimento dei pioni (π ±, π 0 ) secondari, cioè da muoni (µ ± ), elettroni e positroni (e ± ), neutrini (ν) e fotoni (γ) Spettro energetico dei raggi cosmici Lo spettro energetico dei raggi cosmici si estende in un intervallo molto ampio di energia ( ev ), ed è rappresentato da una legge di potenza del tipo: N(E)dE = KE γ de (1.1) dove N(E) è il flusso differenziale dei raggi cosmici, γ è l indice spettrale che assume diversi valori in base all intervallo di energia considerato e K è una costante. Nella figura 1.1, si vede che lo spettro è diviso in quattro zone: 1. per < E < ev 2.6 < γ < 2.7; 2. per < E < ev γ = 2.5 (ginocchio); 3. per < E < ev γ = 3.1 (caviglia); 4. per < E < ev γ = 2.5. Si suppone che i raggi cosmici di energia fino al ginocchio vengano accelerati dalle onde d urto prodotte da esplosioni di supernovae della nostra galassia, ma anche dalle radiosorgenti più potenti. Nella zona dello spettro chiamata ginocchio si ha un brusco cambiamento di pendenza. Per energie comprese fra e ev si ritiene che i raggi cosmici provengano da sorgenti esterne alla nostra galassia. Infatti, il raggio di curvatura di una particella con energia E = ev/nucleone all interno del campo magnetico della nostra galassia è molto più grande dello spessore del disco galattico. La particella ha quindi un alta probabilità di sfuggire nel mezzo intergalattico. 4

13 1.2 I raggi cosmici Figura 1.1: Spettro del flusso differenziale dei raggi cosmici[2], la retta che appare nel grafico rappresenta il flusso con andamento proporzionale a E 3. Si può notare la scarsa statistica per energie E > ev e i due punti in cui: E ev (ginocchio) ed E ev (caviglia). Infine per i raggi cosmici con energie superiori a ev si hanno pochi dati sperimentali, ma l indice spettrale γ differente dalla precedente regione energetica (caviglia) indica un cambiamento della sorgente. Nella figura 1.2 si vede il flusso differenziale dei nuclei di H, He, C e Fe in funzione dell energia cinetica per nucleone. Dal grafico si nota che 5

14 La fisica di AMS Figura 1.2: Spettro del flusso differenziale dei nuclei di idrogeno, elio, carbonio e ferro presenti nei raggi cosmici[3]. al di sotto di 1 Gev/nucleone, lo spettro mostra un attenuazione rispetto la legge di potenza (1.1) dello spettro dei raggi cosmici. Questo effetto è dovuto principalmente alla modulazione solare. Il Sole emette un flusso di plasma (vento solare) che rallenta i raggi cosmici con bassa energia. Questa perturbazione è variabile, poiché l attività solare segue un ciclo periodico di 11 anni. Un altra causa che produce l attenuazione del flusso differenziale dei 6

15 1.2 I raggi cosmici raggi cosmici alle basse energie è il cut-off geomagnetico, dovuto al campo magnetico terrestre, che non può essere penetrato da particelle con impulso minore di un certo valore[5] Composizione chimica dei raggi cosmici Gli studi sulla composizione chimica dei raggi cosmici hanno avuto inizio negli anni 60, quando la tecnologia ha permesso di installare i primi rivelatori ad altitudini elevate per lunghi periodi. Figura 1.3: Composizione chimica nei raggi cosmici e nel sistema solare[4]. La figura 1.3 mostra un confronto tra le abbondanze relative degli elementi chimici dei raggi cosmici e quelle tipiche del sistema solare. Le principali differenze che si notano sono: un eccesso di elementi leggeri come litio, berillio e boro nei raggi cosmici; gli elementi precedenti al ferro (Sc, Ti, V, Cr, Mn) sono più abbondanti nei raggi cosmici; 7

16 La fisica di AMS elio e idrogeno sono più scarsi nei raggi cosmici; mentre le somiglianze sono: gli elementi chimici: carbonio, azoto e ossigeno hanno gli stessi picchi; la maggiore abbondanza degli elementi con numero atomico pari rispetto a quelli con numero atomico dispari. Le differenze tra le abbondanze possono essere spiegate con il fenomeno della spallazione. Li, Be e B sono elementi intermedi delle reazioni nucleari che avvengono tipicamente all interno del Sole, per la produzione di 4 He e questo dimostra la scarsa quantità di tali nuclei nel sistema solare. Le tipiche reazioni termonucleari di tali nuclei che avvengono all interno di una stella come il Sole sono: oppure 3 He + 4 He 7 Be + γ 7 Be + e 7 Li + ν e 7 Li + p 2 4 He 7 Be + p 8 B + γ 8 B 8 Be + e + + ν e 8 Be 2 4 He Gli stessi elementi (Li, Be e B) sono presenti nei raggi cosmici e derivano dal fenomeno di spallazione, secondo il quale, i nuclei degli elementi più pesanti interagiscono con il mezzo interstellare, frammentandosi e liberando un certo numero di nuclei più leggeri[5]. L equazione che descrive il processo di spallazione è: dove: N i t = D 2 N i + E [ de dt N i ] + Q i N i τ i + j>i P ij τ j N j (1.2) N i t indica l andamento nel tempo della densità dei nuclei di tipo i; D 2 N i è il termine di diffusione; 8

17 1.2 I raggi cosmici [ ] de N E dt i energia; è il termine che tiene conto degli effetti di perdite di Q i è il tasso di produzione di particelle dalla sorgente per unità di volume; [ N i τ i + ] P ij j>i τ j N j sono i termini che descrivono la spallazione, con τ i e τ j che rappresentano le vite medie dei nuclei di tipo i e j nel processo e P ij la probabilità che da un nucleo j venga creato un nucleo i. In una trattazione semplificata si possono trascurare gli effetti di diffusione e di perdita di energia e porre Q i = 0, data la scarsità di questi nuclei. Infine, per rendere il percorso attraversato indipendente dalla densità del mezzo considerato si può riscrivere la (1.2) in termini dello spessore di massa ξ=ρx=ρvt (con v velocità della particella e ρ densità del gas): dn i (ξ) dξ = N i(ξ) ξ i + j>i P ij ξ j N j (ξ) (1.3) dove ξ i e ξ j sono i cammini liberi medi per spallazione dei nuclei i e j, espressi in gcm 2. Utilizziamo questa formula per risolvere il problema dell origine degli elementi leggeri (Li-Be-B indicati con l indice L), generati dalla spallazione degli elementi più abbondanti (C-N-O indicati con l indice M). Alle sorgenti (ξ=0) non ci sono elementi di tipo L, quindi N L (0)=0; inoltre N M (0)=N M. Abbiamo quindi le seguenti due equazioni: dn M (ξ) dξ = N M(ξ) ξ M (1.4) dn L (ξ) dξ = N L(ξ) ξ L + P ML ξ M N M (ξ) (1.5) La prima si può immediatamente integrare e la soluzione è: N M (ξ) = N M e ξ ξ M (1.6) 9

18 La fisica di AMS mentre, moltiplicando la seconda equazione per e ξ/ξ L e integrando, avremo: N L (ξ) = P ML NM ξ L ξ M ξ L ξ L ξ M ( e ξ ξ L e ξ ξ M ) (1.7) La potenza delle sorgenti NM non è direttamente misurabile, consideriamo quindi il rapporto R = N L N M per un dato valore di ξ: N L (ξ) = P [ ] MLξ L e ( ξ ξ ξ M ξ ) L 1 N M ξ L ξ M Questo rapporto viene determinato sperimentalmente: Dato che R = 0.25 per ξ = 4.8gcm 2. (1.8) ξ i = 1 N A σ i (1.9) dove N A è il numero di Avogadro e σ i è la sezione d urto per interazione dei nuclei con il mezzo, considerando { σm = cm 2 σ L = cm 2 { ξm = 6gcm 2 ξ L = 8.4gcm 2 Inoltre, scegliendo per la probabilità P ML un valore medio pesato di 0.28 e sostituendo i valori nella (1.8) si ottiene un valore ξ = 4.8 gcm 2, dello stesso ordine di grandezza dei cammini liberi medi dei nuclei M. Lo stesso calcolo può essere effettuato per la spallazione di nuclei di 4 He con il gas interstellare per produrre 3 He: questo fornisce ξ = 5 gcm 2, in ottimo accordo con il valore precedente. Per quanto riguarda la spallazione prodotta dal ferro, il modello non va più bene e bisogna ricorrere ad una trattazione più accurata che tenga conto degli altri termini dell equazione di diffusione. È possibile inoltre determinare il tempo di confinamento dei raggi cosmici nella galassia utilizzando il valore ξ = 4.8 gcm 2 ottenuto. Dato che ξ = ρvτ e utilizzando per ρ = 1 cm 3 = gcm 3 e v = cms 1 si ha τ = anni. 10

19 1.2 I raggi cosmici Sorgenti e modelli di accelerazione Due aspetti importanti da considerare sui raggi cosmici sono il meccanismo ed il luogo della loro accelerazione. La particella più energetica tuttora osservata ha un energia di ev, maggiore di 8 ordini di grandezza dell energia imprimibile da acceleratori terrestri. Attualmente si ritiene che i raggi cosmici siano creati e accelerati da oggetti attivi. Possibili sorgenti all interno della nostra galassia sono le esplosioni di supernovae, le pulsar e il nucleo galattico stesso[7]. Sorgenti extragalattiche possono essere radio-galassie e quasar, i cui nuclei manifestano un elevata potenza di emissione sotto forma di radiazione e di particelle di alta energia, ma anche stelle di neutroni e buchi neri. Devono esistere dei meccanismi che accelerano i raggi cosmici fino a far loro raggiungere le energie a cui vengono osservati. Il primo meccanismo fu proposto da Fermi, secondo il quale le particelle vengono accelerate dalle onde d urto associate alle esplosioni di supernovae, come descritto nel seguito. Un modello di accelerazione diretta suppone invece che tali particelle siano accelerate da campi magnetici rotanti molto intensi (come quelli intorno alle stelle di neutroni o ai dischi di accrescimento). Infine, altri modelli suppongono che i raggi cosmici di più alta energia siano il prodotto del decadimento di particelle esotiche supermassive[7]. Nel 1949 Fermi[8] ipotizzò un meccanismo, secondo cui i raggi cosmici vengono accelerati da urti con potenti jet di materia. La teoria assume che una particella di energia E 0, guadagni energia E, ad ogni collisione con il fronte di materia in moto, proporzionale all energia della particella stessa, ossia E = ae 0 (dove a è la frazione di energia guadagnata). Se indichiamo con P la probabilità che la particella, dopo l interazione, rimanga confinata nella regione di accelerazione, dopo k collisioni vi saranno N = N 0 P k particelle con energia E = E 0 a k. Da queste due relazioni, passando ai logaritmi, si ottine: è: ( ) lnp N E lna = N 0 E 0 (1.10) Il numero di particelle che si troveranno nell intervallo di energia [E, E + de] lnp 1+ N(E)dE = CE lna de (1.11) 11

20 La fisica di AMS dove C è una opportuna costante di proporzionalità. Il risultato è che lo spettro di emissione prodotto da questo modello risulta insufficiente poiché permette di ricavare una legge di potenza con indice spettrale γ 2. L energia massima che una particella può acquistare è determinata dal tempo di permanenza nella regione di accelerazione, che viene limitato dal tempo di vita stesso delle nubi in cui avviene il processo, come ad esempio accade nelle onde d urto prodotte da esplosioni di supernovae. In generale più energia acquista una particella più aumenta la probabilità che questa esca dalla zona. Questo valore di energia è anche limitato principalmente da perdite per radiazione di sincrotrone (difficilmente si superano energie di ev ), cioè si arriva ad un punto in cui non è possibile fornire energia alla particella con un rate superiore a quello con cui essa la perde per irraggiamento. In una accelerazione dovuta ad uno shock violento, si osserva che lo spettro energetico differenziale dei raggi cosmici segue la legge di potenza. Attualmente il modello di accelerazione di Fermi si ritiene possa essere valido nel caso di un onda d urto provocata dall esplosione di una supernovae. Le accelerazioni ad alte energie si suppone che siano dovute ad oggetti compatti dotati di grandi campi magnetici, come stelle di neutroni o nuclei galattici attivi (AGN) che possono accelerare particelle fino ad energie di ev in un modo diverso dall accelerazione stocastica di Fermi. La rapida rotazione di questi oggetti altamente magnetizzati genera enormi campi elettrici che possono accelerare in breve tempo le particelle primarie. Il più semplice modello[10][11][12] di accelerazione di Fermi fornisce per una particella carica Ze, l energia massima: E max βc Ze B L (1.12) dove L è la dimensione caratteristica della regione di accelerazione e βc la velocità delle onde d urto (βc 0.01 per le supernovae). Dallo studio condotto da Hillas nel 1984, si deduce che, affinchè il meccanismo di accelerazione produca gli effetti indotti dall equazione (1.12), occorre cercare zone di spazio dove il campo magnetico B è molto intenso e le dimensioni L molto grandi. Nella figura 1.4 appare il grafico dell intensità del campo magnetico B rispetto alle dimensioni L della sorgente. I possibili siti extragalattici, candidati a produrre accelerazioni delle particelle sino a energie di ev, sono convenzionalmente (partendo dal basso a destra): i lobi di radiogalassie, AGNs, gruppi di galassie e galassie in collisione. Al- 12

21 1.2 I raggi cosmici Figura 1.4: Mostra i possibili scenari galattici ed extragalattici in grado di accelerare le particelle ad altissima energia. Gli oggetti al di sotto della linea tratteggiata non possono accelerare le particelle sino a ev per mezzo di onde d urto[9]. tre possibili sorgenti, possono essere i Gamma Ray Burst (GRB), stelle di neutroni. 13

22 1.3 Antimateria La fisica di AMS L esistenza dell antimateria fu proposta da Dirac negli anni 30; nel tentativo di conciliare la teoria quantistica con la relatività speciale di Einstein, Dirac si accorse che la sua equazione ammetteva anche le soluzioni ad energie negative. E = ± m 2 c 4 + p 2 c 2 (1.13) Questo mare di livelli energetici negativi doveva essere completamente occupato e una buca nel mare si manifestava con la presenza di una antiparticella tra i livelli di energia positiva. La verifica sperimentale dell esistenza dell antimateria avvenne nel 1932, quando il fisico Carl David Anderson osservò nei raggi cosmici una particella che si comportava come un elettrone, ma che aveva carica positiva: si scoprì la prima antiparticella chiamata positrone. Il modello cosmologico oggi più accreditato è quello del Big Bang. Le evidenze sperimentali a supporto della teoria del Big Bang sono: la Legge di Hubble, che definisce la proporzionalità tra la velocità di allontanamento reciproco delle galassie e la distanza tra di esse. v = H 0 d (1.14) dove H 0 è la Costante di Hubble che indica il ritmo attuale d espansione dell universo, questo è indice di un universo che ha avuto origine da una singolarità iniziale e che in seguito ad un esplosione continua ad espandersi; la radiazione cosmica di fondo (CBR), che è una radiazione elettromagnetica proveniente da ogni direzione dello spazio. Lo spettro è quello di corpo nero alla temperatura di 2.7 o K con lunghezza d onda tipica delle microonde. Tale radiazione si ritiene che provenga dall epoca dell universo in cui si formarono gli atomi, mentre nelle fasi precedenti materia e radiazione interagivano tra di loro, cioè erano in equilibrio termico. Questa radiazione fossile è la conferma, quindi, che in passato l universo ha attraversato una fase iniziale in cui materia e radiazione erano in equilibrio termodinamico; l abbondanza relativa degli isotopi leggeri come il Deuterio che non viene prodotto dalle reazioni di fissione nucleare delle stelle, quindi 14

23 1.4 La materia oscura può avere origini cosmologiche che risalgono all epoca di formazione degli atomi. Da questa teoria si aspetta anche un uguaglianza tra le quantità di materia e di antimateria. Finora, però, non si è mai osservato un antinucleo di origine cosmica[13]. Altri modelli suppongono[14]: la rottura della simmetria tra materia e antimateria subito dopo il Big Bang che ha portato alla totale scomparsa dell antimateria (universo totalmente asimmetrico); un universo formato da bolle separate di materia e antimateria (universo asimmetrico solo localmente). Le osservazioni fatte sugli spettri dei raggi γ per energie dell ordine del MeV, hanno permesso di porre un limite inferiore alle dimensioni della bolla di materia in cui ci troviamo pari a 20Mpc. L esistenza dell antimateria nell universo è basata sulla ricerca diretta di antinuclei nei raggi cosmici provenienti dall esterno della nostra galassia. La presenza di antiparticelle nei raggi cosmici come antiprotoni e positroni non è sufficiente per poter dire che esiste l antimateria all esterno del sistema solare. Infatti, la quasi totalità degli e + è di origine secondaria, mentre gli antiprotoni sono per la maggior parte prodotti dalla nostra galassia (p/p 10 4 ) L esistenza dell antimateria, quindi, è affidata alla scoperta di antinuclei come He che potrebbe essersi formato solo in un antistella, dato che la probabilità che sia di origine secondaria è molto bassa ( He/p )[15]. AMS verrà installato all esterno dell atmosfera (poichè gli antinuclei annichilirebbero interagendo con essa) e avrà una sensibilità tale da distinguere un antinucleo su un fondo di 10 9 nuclei di materia; questo permetterà di aumentare di 3 ordini di grandezza i limiti imposti dai precedenti esperimenti sulla presenza di antinuclei (vedi figura 1.5). Da questo punto di vista AMS è un esperimento di attuale interesse cosmologico. 1.4 La materia oscura Zwicky nel 1933 fu il primo a osservare una discrepanza tra materia luminosa e materia totale (cioè la materia di cui si sentono gli effetti dinamici) e la materia mancante venne chiamata materia oscura. La ricerca e lo studio della 15

24 La fisica di AMS Figura 1.5: La sensibilità di AMS nella ricerca di He ad un livello di confidenza del 95%, confrontata con i precedenti esperimenti. materia oscura (dark matter) ha un ruolo molto importante nei modelli di formazione ed evoluzione di galassie e ammassi di galassie, e, conseguentemente, anche nei modelli cosmologici[16][17]. L evidenza dell esistenza della materia oscura si ha nell osservazione delle curve di rotazione delle galassie a spirale (vedi figura 1.6). Supponendo che la distribuzione di materia di una galassia di massa M sia uniforme, l attrazione gravitazionale esercitata su un punto esterno alla galassia è equivalente a quella che eserciterebbe la stessa massa M se fosse tutta concentrata nel centro. Un punto esterno di massa m, si muoverà di moto circolare uniforme con velocità che si può calcolare uguagliando la forza gravitazionale esercitata dalla galassia F g = GMm R 2 (1.15) 16

25 1.4 La materia oscura Figura 1.6: Curva di rotazione della galassia a spirale NGC 6503[18]. Si possono notare i contributi dovuti al disco, al gas e all alone di materia oscura. e la forza centrifuga Si avrà: GM R 2 F c = mv2 R = v2 GM R v = R (1.16) (1.17) Questo ci dice che la velocità di rotazione attorno al centro della galassia dovrebbe essere inversamente proporzionale alla R mentre sperimentalmente si osserva che le curve di rotazione, che si estendono fino Kpc di distanza dal centro, mostrano un andamento piatto incompatibile con la distribuzione di massa luminosa[19]. Conoscere la quantità di materia presente nell universo è di fondamentale importanza, perché permette di descriverne la geometria. Densità e geometria sono strettamente correlate ed influenzano il destino dell universo. L espansione in corso nell universo viene decelerata dall attrazione gravitazionale della materia presente in esso. In cosmologia la densità dell universo 17

26 La fisica di AMS si esprime come: Ω 0 = ρ 0 ρ crit (1.18) dove ρ 0 è la densità attuale dell universo e ρ crit è la densità critica, tale per cui l azione gravitazionale esercitata dalla massa presente nell universo riesce a bilanciare l espansione. Si possono avere tre casi: Ω 0 > 1 universo chiuso (collasserà su se stesso) Ω 0 = 1 universo piatto di Einstein-De Sitter (si espanderà con velocità asintotica nulla) Ω 0 < 1 universo aperto (si espanderà all infinito). Si possono considerare due importanti componenti della materia oscura: di tipo barionico e non barionico Materia oscura barionica La componente barionica della materia oscura è rappresentata da: - stelle di massa inferiore alle 0.08M 1 dette Jupiters (poiché hanno masse confrontabili a quella di Giove) o brown dwarfs. Non innescano le reazioni nucleari e pertanto non sono visibili; - nubi di Idrogeno neutro, rivelabili nel radio solo grazie alla transizione proibita a 21cm; - buchi neri; - gas caldo (rivelabile nella lunghezza d onda dei raggi X); - asteroidi, meteoriti, comete (anche se in minima parte, data la loro piccola massa). 1 M è la massa solare 18

27 1.4 La materia oscura Materia oscura non barionica Lo studio dei modelli di nucleosintesi primordiali ci fornisce la frazione di elementi prodotti nelle prime fasi di raffreddamento dell universo. Dalla frazione di questi elementi si può dedurre la densità barionica dell universo, che definisce un limite sul valore Ω 0. L elemento più indicativo per questa misura è il deuterio perché non viene prodotto nelle reazioni nucleari stellari. Dall evidenza sperimentale risulta che Ω 0 cresce in funzione delle dimensioni delle strutture considerate (galassie, ammassi di galassie) e talvolta supera il limite barionico. Questo porta a pensare che la materia oscura sia di tipo non barionico. La caratteristica principale che un ipotetica particella non barionica deve avere è una scarsa interazione con la materia ordinaria, altrimenti sarebbe stata già osservata. I neutrini (Hot Dark Matter) sono dei possibili candidati per la materia oscura, ed in effetti recenti esperimenti mostrano che sono dotati di massa[20], ma questa è troppo piccola per dare un contributo cosmologico rilevante. Inoltre, le simulazioni effettuate al calcolatore hanno mostrato che i neutrini, avendo velocità troppo elevate, sposterebbero avanti nel tempo la formazione delle prime galassie. È possibile invece che esistano particelle più massicce (Cold Dark Matter), suggerite dalle teorie di grande unificazione della fisica, chiamate WIMPs (Weakly Interacting Massive Particles). Le WIMPs nascono naturalmente dalle estensioni supersimmetriche del Modello Standard delle particelle e possono avere solo interazioni deboli e gravitazionali[21]. Queste particelle, diversamente dai neutrini, avrebbero velocità minore e riuscirebbero a ricreare le principali strutture dell universo osservato. I candidati sono tanti, ma l esistenza di almeno una di queste particelle non è ancora stata dimostrata sperimentalmente. La più leggera WIMP è stabile e il candidato più accreditato è il neutralino

28 20 La fisica di AMS

29 Capitolo 2 L esperimento AMS 2.1 Introduzione La prima fase dell esperimento AMS è stata la missione di prova svolta nel giugno del 1998, nella quale un prototipo dell apparato, AMS-01, ha compiuto un volo di dieci giorni a bordo dello shuttle Discovery (missione NASA STS-91) con un orbita inclinata di 51.6 o rispetto all equatore, ad un altitudine tra i 320 e 390 Km. Durante questo periodo, il rivelatore AMS-01 ha potuto raccogliere dati (100 milioni di eventi). Nella figura 2.1 si vede la struttura dell apparato AMS-01. Esso era composto da un magnete permanente cilindrico (Nd-Fe-B) che generava un intensità massima di campo magnetico pari a 1.4 kg; 6 piani di microstrips al silicio del tracker che avevano il compito di ricostruire la traccia dell evento; 4 piani del TOF (Time Of Flight) che forniva il Trigger 1 e permetteva la misura del tempo di volo (con risoluzione σ = 120 ps) e della carica dei raggi cosmici che attraversavano il rivelatore; un sistema di contatori per le anticoincidenze che dava il veto al segnale di Trigger; il contatore Cherenkov ad aereogel formato da due piani di celle, che aveva il compito di risolvere le particelle dei raggi cosmici Risultati AMS-01 Per l analisi di alcuni dati di AMS-01 si fà riferimento a due periodi, il primo della durata di 26 ore, è quello in cui l asse z dell apparato punta nella 1 Il Trigger è il segnale che da lo start all acquisizione dell evento. 21

30 L esperimento AMS Figura 2.1: Struttura dell apparato prototipo AMS-01. direzione dello zenith, gli eventi presi in questo periodo vengono chiamati eventi verso il basso (downward); il secondo periodo, più breve, è quello in cui l asse z punta nella direzione del nadir, questi eventi vengono chiamati eventi verso l alto (upward). I dati analizzati hanno portato dei risultati alla ricerca di antimateria (He), alla determinazione del flusso di protoni, elettroni e positroni. Misure dell He Per questa analisi si sono selezionati dati presi con l asse z dell apparato AMS che punta verso lo zenith entro un angolo di 45 o. Dall analisi si è ottenuto che sono stati rivelati atomi di elio con rigidità 2 fino a 140 GV mentre non è stato trovato neanche un nucleo di He (vedi nella figura 2.2). Assumendo che lo spettro di rigidità dell He, sia simile a quello dell elio 2 La rigidità di una particella è definita come R = pc Ze e si misura in gigavolts (GV ). Una particella carica in un campo magnetico costante descrive un moto a spirale, il cui raggio di curvatura è proporzionale alla rigidità R. 22

31 2.1 Introduzione Figura 2.2: Spettro di rigidità per Z = 2, misurato per il segno della carica. è stato posto un limite superiore al rapporto tra He/He pari a con un livello di confidenza del 95%[22]. Misure dei protoni La misura del flusso dei protoni è stata più facile data la loro abbondanza rispetto alle altre particelle con Z = 1. Dalla grande quantità di dati si è potuto studiare con elevata precisione lo spettro energetico dei protoni in funzione della latitudine (con diverso cut-off geomagnetico)[23]. Dai grafici in figura 2.3 si nota che il cut-off geomagnetico mostra come a diverse latitudini, ad energie elevate, tutti gli spettri abbiano lo stesso comportamento, seguendo la legge di potenza in rigidità: dove nell intervallo 10 < R < 200 GV si ha: φ(r) = φ 0 R γ (2.1) γ = 2.79 ± φ 0 = 17.1 ± 1.5 ± 1.5(γ) G V 2.78 m 2 sec sr MV 23

32 L esperimento AMS Figura 2.3: Spettri di protoni misurati da AMS-01 per diversi valori di latitudine geomagnetica. Misure del flusso di positroni e di elettroni Gli elettroni sono facili da identificare grazie alla loro carica negativa, questo ha permesso di misurare il loro flusso fino ad energie di 100 GeV per diverse latitudini geomagnetiche. Per i positroni ciò non è stato possibile per via dell alto flusso di protoni ad alte energie (circa mille volte maggiore), quindi si è potuto studiare il loro flusso fino ad energie di 2 GeV, un intervallo in cui il contatore Cherenkov riusciva ad identificare il positrone[24]. I flussi di elettroni e positroni misurati da AMS-01 nell intervallo di energia compreso tra 0.1 e 2.5 GeV sono in accordo con quelli determinati da esperimenti precedenti (come si vede dalla figura 2.4). 24

33 2.1 Introduzione Figura 2.4: Flusso di elettroni determinato da vari esperimenti. Si nota che le misure fatte da AMS-01 sono in accordo con quelli degli altri esperimenti nell intervallo di energia compreso tra 0.1 e 2.5 GeV Gli obiettivi di AMS-02 AMS-02 permetterà di migliorare i risultati di AMS-01 grazie alla presenza di un magnete superconduttore. Per quanto riguarda la determnazione della composizione dei raggi cosmici primari. Nei 3 anni di durata dell esperimento ci si aspetta che vengano rivelati circa 10 9 nuclei di He nell intervallo di rigidità compreso tra 1 e 1000 GV, questo permetterà di aumentare i limiti imposti dai precedenti esperimenti sulla presenza di antinuclei. Nella ricerca della materia oscura i candidati più accreditati derivano dalle teorie supersimmetriche. La particella piú leggera è il neutralino χ che è stabile, ed è attualmente il candidato più accreditato per la materia oscura. Uno dei modi per rivelare l esistenza del neutralino è l osservazione dei prodotti della sua annichilazione con l antineutralino χ: χ + χ p + χ χ + χ e + + χ χ + χ 2γ 25

34 L esperimento AMS Questi processi produrrebbero un eccesso nei flussi di antiprotoni o positroni. Nella figura 2.5 si vede come il processo di annichilazione del neutralino modifichi, nel primo caso lo spettro degli p e nel secondo caso lo spettro della frazione di positroni sulla somma di elettroni e positroni. AMS-02 grazie al suo ampio intervallo di energia che andrà da 5 a 300 GeV per il flusso di positroni e antiprotoni, e da 10 a 1000 GeV per il flusso di elettroni, permetterà di studiare queste zone con elevata precisione. Figura 2.5: Rapporto tra numero di positroni e numero di leptoni (a sinistra) e flusso di antiprotoni secondari (a destra). Nei grafici si nota l effetto che produrrebbe una ipotetica annichilazione del neutralino. 2.2 Il rivelatore AMS-02 AMS-02 (nella figura 2.6 si vedono tutte le parti del rivelatore) è uno spettrometro per raggi cosmici che verrà installato sulla stazione spaziale (ISSA) alla fine del 2007 e raccoglierà dati per tre anni. Sarà composto da un magnete superconduttore che permetterà di rivelare raggi cosmici fino ad energie di circa 1 TeV/nucleone. Rispetto all apparato di prova AMS-01 sono stati aggiunti due rivelatori: il TRD che permetterà di separare e da p ed e + da p per impulsi p < 3000 GeV/c e l ECAL per la misura accurata dell energia di elettroni, positroni e γ fino a 300 GeV. Sarà aggiunto un dispositivo, lo 26

35 2.2 Il rivelatore AMS-02 Figura 2.6: Schema del rivelatore AMS-02. Nel figura si vedono TRD, i 4 piani del TOF, il magnete superconduttore, gli 8 piani del tracker, il RICH e il calorimetro elettromagnetico. 27

36 L esperimento AMS Star Tracker che servirà a stabilire la direzione dell asse z dell apparato in base alle stelle fisse. Inoltre il contatore Cherenkov ad aereogel di AMS-01 verrà sostituito con un RICH (Ring Imaging CHerenkov), che permetterà di distinguere isotopi con numeri di massa A < 25 ed elementi chimici con cariche Z < 26. Il Tracker avrà otto piani sensibili per la ricostruzione spaziale delle tracce delle particelle all interno del magnete. Infine ci saranno 4 piani del TOF che daranno il Trigger al sistema e permetteranno la misura del tempo di volo delle particelle e un sistema di anticoincidenze ACC che darà il veto all intero apparato Il magnete superconduttore Il magnete utilizzato per AMS-02 (figura 2.7) è un magnete superconduttore formato da due dipoli principali e sei spire per lato, costituite da un cavo di Nb-Ti in cui passa una corrente di 459 A, che servono ad intrappolare il campo magnetico all interno, in modo che quello residuo all esterno non superi 15 mt a una distanza di 2.3 m dal centro. Il magnete verrà mantenuto alla temperatura di 1.8 o K da un sistema di raffreddamento ad elio superfluido. Il campo magnetico all interno raggiunge il valore di 0.85 T e il potere analizzante è BL 2 = 0.86T m 2, permettendo la rilevazione di particelle fino ad energie di 1 TeV/nucleone. Figura 2.7: Il magnete superconduttore di AMS-02. vedono le 2 spire principali e le 12 laterali. Nell immagine si 28

37 2.2 Il rivelatore AMS-02 Figura 2.8: Il TRD Transition Radiation Detector di AMS Il rivelatore TRD Il TRD (figura 2.8) è costituito da materiale attivo suddiviso in 20 strati, ognuno dei quali è formato da un foglio di materiale radiante (costituito da 20 mm di fibra di polipropilene) e da una serie di tubi di 6 mm di diametro che funzionano in regime proporzionale (vedi figura 2.9). Questi tubi hanno fili anodici di 30 µm di diametro e sono riempiti con una miscela di gas composta da Xe e CO 2. Figura 2.9: Schema di uno degli strati che compongono il TRD. Quando una particella attraversa la superficie di separazione tra i fogli del radiatore, viene emesso un cono di luce (fotoni X) di apertura 1/γ, con γ = E/mc 2 che permette la separazione di particelle aventi uguali momento, 29

38 L esperimento AMS ma diversa massa. Il TRD di AMS-02 riuscirà a separare e da p e e + da p fino a 3 T ev/c di momento, con un fattore di rigetto di 10 3 nell intervallo di energia compreso tra 10 e 300 GeV Il Tracker Il Tracker (figura 2.10) è costituito da 8 strati di microstrips di silicio che rivelano la perdita di energia della particella identificandone la posizione di passaggio. La risoluzione spaziale è 10 µm nella direzione Y (perpendicolare al campo magnetico) e 30 µm nella direzione X (parallela al campo magnetico). Degli otto strati di microstrip, 6 saranno posizionati su 3 piani all interno del magnete e gli altri 2 all esterno. Figura 2.10: Schema del Tracker di AMS-02. Il Tracker avrà il compito di tracciare il moto delle particelle all interno del campo magnetico prodotto dal magnete, permettendo di dedurre il momento della particella e il segno della carica. Dalla misura della carica depositata nelle microstrips si potrà determinare la carica stessa della particella entro un intervallo di rigidità che va da 3 a 10 GV con una risoluzione del 6% (vedi figura 2.11). 30

39 2.2 Il rivelatore AMS-02 Figura 2.11: Risultati in carica del test di due strati del Tracker (lo strato S e lo strato K sono ortogonali tra loro). Attaccati alla parte conica del Tracker saranno posizionati gli Star Tracker (vedi figura 2.12). Il loro compito sarà quello di accordare la direzione dell asse z di AMS-02 con quella della Stazione Spaziale Internazionale su cui verrà installato. Figura 2.12: Schema dello Star Tracker di AMS

40 L esperimento AMS Il rivelatore per le anticoincidenze Il sistema per le anticoincidenze ACC (figura 2.13) è costituito da 16 contatori a scintillazione di 1 cm di spessore, posti affiancati a formare un cilindro tra il Tracker e il magnete. Il passaggio di una particella deposita parte della sua energia nello scintillatore, che produce una luce detta di scintillazione e questa viene fatta convogliare in un fotomoltiplicatore tramite delle guide di luce. Il segnale prodotto dai fotomoltiplicatori del sistema di anticoincidenza avrà il compito di vetare il segnale di Trigger, questo segnale corrisponderà a eventi generati dall interazione dei raggi cosmici con il materiale di cui è composto il magnete e la struttura di sostegno e avrà il compito di vetare il segnale di Trigger dato dal TOF. Figura 2.13: Schema del sistema di anticoincidenze di AMS Il RICH Il RICH di AMS-02 (figura 2.14) è costituito da uno strato di 2 cm di aereogel (SiO 2 espanso) con indice di rifrazione n = 1.05, che funge da radiatore, separato dal piano dei fotomoltiplicatori da uno spazio vuoto di 40 cm di spessore, che permette l espansione dei coni di luce Cherenkov. Questi segnali luminosi verranno letti da 640 fotomoltiplicatori con 4 x 4 pixel ognuno. Questo permetterà di risolvere isotopi nei raggi cosmici con numero di massa A < 25 ed elementi chimici con Z < 26. Sarà possibile misurare la velocità con una risoluzione di β/β in un intervallo di momento p compreso tra 4 e 12 Gev/c. 32

41 2.2 Il rivelatore AMS-02 Figura 2.14: Schema del RICH (Ring Imaging CHerenkov) di AMS Il calorimetro elettromagnetico Il calorimetro elettromagnetico (ECAL) di AMS-02 (figura 2.15) è composto da 9 piani ognuno dei quali è formato da un alternanza di 10 strati attivi (fibre scintillanti) e 10 passivi (piombo) 3. I piani adiacenti sono orientati in modo che le fibre risultino disposte ortogonalmente fra un piano e l altro (vedi figura 2.16). Figura 2.15: Schema del calorimetro elettromagnetico (ECAL) di AMS- 02. Il passaggio delle particelle nel materiale passivo provoca una perdita di energia e una produzione di particelle secondarie, che vengono rivelate attraverso la luce di scintillazione che generano nel materiale attivo. Questa luce 3 Il calorimetro elettromagnetico per via del suo peso specifico molto elevato avrà dimensioni ridotte rispetto agli altri rivelatori. 33

42 L esperimento AMS Figura 2.16: Struttura interna del calorimetro elettromagnetico di AMS- 02. viene poi trasformata in segnale elettrico da 362 fotomoltiplicatori, ognuno dotato di 4 anodi indipendenti, che permettono una lettura (2 x 2) pixel. Questo consentirà di ottenere una misura accurata dell energia di e +, e e γ fino a circa 300 GeV. Inoltre questo strumento permetterà la separazione dei positroni dal fondo di protoni, per via del differente sviluppo degli sciami adronici ed elettromagnetici, sia nella direzione longitudinale che in quella trasversale Il sistema TOF di AMS-02 Il TOF di AMS-02 (figura 2.17) è costituito da quattro piani di contatori a scintillazione: due sopra il magnete e due sotto, disposti in modo che i piani di ogni coppia siano ortogonali, al fine di identificare il punto di passaggio della particella. Il numero di scintillatori per piano è, a partire dall alto: 8, 8, 10 e 8. Per il TOF di AMS-02 si usano scintillatori plastici Eljen EJ-200 sagomati in barre rettangolari, larghe 12 cm, spesse 1 cm e di lunghezza variabile tra 117 e 134 cm e barre trapezoidali spesse 1 cm, con larghezza centrale variabile tra 18.5 e 26 cm e lunghezza variabile tra 110 e 130 cm. 34

43 2.2 Il rivelatore AMS-02 Figura 2.17: Schema dei 4 piani del TOF (Time Of Flight) di AMS-02. A causa del campo magnetico molto intenso (1 3 kg) e con direzione variabile, i fotomoltiplicatori utilizzati nei contatori sono di tipo fine-mesh e vengono orientati con l asse circa parallelo alla direzione del campo, grazie all utilizzo di guide di luce ricurve, in modo da minimizzare le perdite di segnale. Il numero di fototubi presenti su ogni lato di ogni scintillatore è due per i contatori rettangolari e due o tre per i contatori trapezoidali. Il TOF di AMS-02 avrà il compito di misurare il tempo di volo tra i piani di contatori e la perdita di energia delle particelle che attraversano l apparato. Esso darà anche il Fast Trigger 4 al sistema e permetterà di riconoscere la direzione di provenienza dei raggi cosmici (discendenti o ascendenti con un rapporto di 1 su 10 9 ). La separazione tra protoni ed elettroni sarà possibile fino ad un energia di 1.5 GeV e la risoluzione temporale nella misura del tempo di volo sarà di σ 150 ps. 4 Il Fast Trigger è il segnale di start dell acquisizione dell evento. 35

44 36 L esperimento AMS

45 Capitolo 3 Calibrazione dei fotomoltiplicatori del TOF 3.1 I fotomoltiplicatori I fotomoltiplicatori sono dispositivi che assolvono il compito di convertire la luce in un corrispondente segnale elettrico: vengono utilizzati per diversi scopi in base alla loro capacità di rivelare le varie lunghezze d onda e sono particolarmente adatti in applicazioni che richiedono elevate sensibilità e veloci risposte temporali. Nella figura 3.1 è riportata la tipica struttura di un fotomoltiplicatore; si nota che è costituito da un tubo a vuoto contenente: il fotocatodo; il sistema di focheggiamento e accelerazione (gestito dal sistema elettroottico d ingresso); il sistema di moltiplicazione di corrente costituito da elettrodi (dinodi) che utilizza il fenomeno dell emissione secondaria di elettroni; l anodo; il partitore di tensione. 37

46 Calibrazione dei fotomoltiplicatori del TOF Figura 3.1: Struttura di un tubo fotomoltiplicatore Il fotocatodo Consiste di un film sensibile alla luce (strato emittente) e di uno strato di supporto, sul quale il film emittente è depositato. Esistono due tipi di fotocatodo[26]: opaco: lo strato emittente è depositato su una superficie metallica (opaca); semitrasparente: lo strato di supporto è semitrasparente, quindi può essere attraversato dalla luce che raggiunge lo strato emittente (dove la luce può, eventualmente, convertire). Per costruire tali fotocatodi si incontrano problemi nella scelta del materiale, che deve essere contemporaneamente conduttore e trasparente. Uno dei materiali che soddisfa tale requisito, se depositato in strati sottili, è il SnO. Benchè i fotocatodi opachi possono essere costruiti più facilmente, quelli semitrasparenti sono i più usati poiché possono essere inseriti sulla testa del tubo con molti vantaggi per la costruzione e l uso dei fotomoltiplicatori: 38

47 3.1 I fotomoltiplicatori non ci sono elettrodi sul percorso della luce che colpisce il catodo, così che ne può essere illuminata l intera superficie; sul fotocatodo si può formare facilmente un immagine ottica dal momento che lo strato fotosensibile è depositato sulla finestra generalmente piana del tubo. La distanza di una sorgente luminosa dal catodo può essere misurata accuratamente; la sorgente luminosa può essere posta a diretto contatto della superficie di supporto del fotocatodo. Questo è importante per sorgenti luminose deboli poiché in tal modo, colpisce il catodo la luce emessa in un angolo solido di 2π rad. Ciò è un grande vantaggio, per esempio, nei contatori a scintillazione, dove si devono contare deboli impulsi luminosi, in cui lo scintillatore viene posto a diretto contatto della finestra del tubo. In ogni caso (semitrasparente o no) l emissione di elettroni da parte del catodo avviene per effetto fotoelettrico. Quando i fotoni colpiscono il materiale semiconduttore cedono agli elettroni in esso contenuti tutta o parte della loro energia, provocando la liberazione di alcuni di essi. Se questa materiale viene posto in un ampolla in cui si sia fatto il vuoto è possibile dirigere gli elettroni emessi verso altri elettrodi presenti nella stessa ampolla, tramite campi elettrici o magnetici, ricavando così per effetto valanga una corrente elettrica. Affinché gli elettroni presenti nella sostanza possano liberarsi da essa, è necessario che i fotoni incidenti forniscano una energia pari almeno a quella che trattiene gli elettroni stessi all interno del materiale: si è dunque in presenza di un energia di soglia al di sotto della quale non si verifica alcun effetto fotoelettrico. L energia di un fotone è legata alla frequenza della radiazione elettromagnetica dalla relazione: E fot = hν = h c λ (3.1) dove: E fot = energia del fotone; ν = frequenza della radiazione elettromagnietica; 39

48 Calibrazione dei fotomoltiplicatori del TOF λ = lunghezza d onda della radiazione; h = costante di Planck = J sec. Quando una radiazione luminosa di frequenza ν colpisce il fotocatodo, per effetto fotoelettrico vengono estratti un certo numero di elettroni la cui energia è: dove: E = hν eϕ (3.2) E = energia dell elettrone; e = carica dell elettrone; eϕ = lavoro per l estrazione dell elettrone dalla materia (esso dipende dal materiale in questione e ne costituisce uno stato fisico); ϕ = potenziale di estrazione; si suppone che l elettrone sia al livello di Fermi[25]. Da cui si vede che l energia di soglia per il processo è hν soglia = eϕ. La curva di sensibilità spettrale dipende dal materiale utilizzato per il fotocatodo: ad esempio, lo Ioduro di Cesio viene usato per lunghezze d onda dell ultravioletto da 115 a 200 nm, Sb-Cs ed i bialcali (Sb-Rb-Cs, Sb-K- Cs) sono impiegati nel campo visibile, Sb-Na-K-Cs e GaAs possono venire utilizzati da 300 nm fino al vicino infrarosso a 850 nm. Anche il materiale che costituisce la finestra del tubo influisce sul comportamento in frequenza: generalmente i tubi sono fatti di vetro, il quale assorbe le radiazioni ultraviolette; per avere una risposta comprensiva degli ultravioletti si usano tubi con finestra di quarzo. Esistono poi particolari tipi di tubi fotomoltiplicatori, in cui la finestra è costruita con materiale come Nichel (comunque un metallo) e denominati window less che hanno una frequenza di soglia molto alta, così che non sono sensibili alla luce visibile e vengono utilizzati nel lontano UV, per raggi X. 40

49 3.1 I fotomoltiplicatori Il sistema di focheggiamento e accelerazione Il sistema di focheggiamento dei fotomoltiplicatori può essere di due tipi: non sensibile alla posizione dell impulso luminoso: qualunque punto del fotocatodo genera la stessa risposta; sensibile alla posizione dell impulso luminoso: i tubi fotomoltiplicatori dotati di questo sistema si prestano alla rivelazione di immagini e possono essere utilizzati in applicazioni in cui si richiede di visualizzare immagini deboli (poiché sono dotati di uno stadio di amplificazione).molti fotomoltiplicatori di nuova generazione sono di questo tipo (es. MCP 3.1.3). Il sistema è costituito da elettrodi di accelerazione e elettrodi di focalizzazione il cui compito è quello di dirigere i fotoelettroni sul primo dinodo (il primo elettrodo dello stadio di moltiplicazione). Infatti, gli elettrodi generano una determinata distribuzione di linee equipotenziali: poiché le forze agenti sugli elettroni sono perpendicolari alle linee equipotenziali, la disposizione degli elettrodi consente di controllarne la traiettoria in modo da farli dirigere sul primo dinodo. Il problema del progetto del sistema elettroottico d ingresso consiste proprio nell individuare la soluzione ottimale tra disposizione degli elettrodi e geometria del catodo in modo da garantire l arrivo contemporaneo sul dinodo di elettroni emessi da due punti differenti del catodo Il sistema di moltiplicazione (dinodi) Il sistema di moltiplicazione della corrente di fotoelettroni è costituito da una serie di elettrodi, chiamati dinodi, i quali quando vengono colpiti da un elettrone, ne rilasciano a loro volta un certo numero per emissione secondaria. Tra di essi è presente un campo elettrico configurato in modo da guidare il numero crescente di elettroni estratti ad ogni stadio di moltiplicazione verso l elettrodo successivo fino a raggiungere l anodo. L emissione secondaria è simile all effetto fotoelettrico con la differenza, in questo caso, che la particella incidente è un elettrone e non un fotone. Ogni dinodo è caratterizzato da una grandezza chiamata fattore di emissione secondario, δ, che esprime il rapporto tra il numero di elettroni emes- 41

50 Calibrazione dei fotomoltiplicatori del TOF si ed il numero di elettroni incidenti, ovvero il numero medio di secondari estratti da ogni incidente. In genere per avere guadagni di sono necessari tra i 10 ed i 14 dinodi. In base alle caratteristiche costruttive, i dinodi possono assumere all interno di un fototubo una delle seguenti configurazioni: Box and grid (a scatola e griglia): la vasta superficie del primo dinodo aumenta l efficienza di collezione, ma il basso campo elettrico ne riduce la risposta temporale. Linear focusing (a focheggiamento lineare): la geometria di questo tipo di dinodi vincola gli elettroni a seguire una determinata traiettoria riducendo in tal modo il tempo di transito. I primi stadi sono disposti in modo diverso dagli altri per aumentare l efficacia di collezione. Circular focusing (a focheggiamento circolare): il principio di funzionamento è lo stesso di quelli a focheggiamento lineare, solo che con questa configurazione è possibile ridurre le dimensioni del fotomoltiplicatore. Venetian blind (a tendina veneziana): sono costituiti da diverse sequenze di strisce parallele tra di loro inclinate rispetto all asse del fototubo. Con questo sistema l apparato di focalizzazione può essere semplice, vista la grande area offerta dal primo dinodo agli elettroni. Tuttavia c è lo svantaggio di avere grandi fluttuazioni nel tempo di transito indotte dal campo elettrico. Foil (a lamina): consistono di sottili lamine metalliche perforate di apertura ben definita. Questo tipo di configurazione permette di ottenere un efficienza di collezione simile a quella dei dinodi a tendina veneziana ed è adatta a lavorare in campi magnetici fino a qualche centinaio di Gauss. Fine mesh (a retina fine): sono formati da una sequenza di griglie piane parallele a trama sottile. Il principale vantaggio di questa configurazione consiste nella possibilità di lavorare in campi magnetici molto intensi, fino a circa un Tesla. Questa possibilità è dovuta al fatto che i dinodi sono molto vicini tra di loro, per cui si crea un campo elettrico 42

51 3.1 I fotomoltiplicatori molto intenso che guida gli elettroni verso la retina successiva, la cui trama ha geometria cilindrica, permettendo l estrazione a qualunque angolo di incidenza. Tuttavia la collezione dei fotoelettroni è poco efficiente per cui, per ottenere un guadagno comparabile a quello degli altri tipi di dinodo, sono necessari molti stadi di moltiplicazione (15 16) con conseguente aumento delle dimensioni del fototubo e delle fluttuazioni sia nel guadagno che nel tempo di transito. Microchannel plate o MCP (a piastra con microcanali): consistono di sottili lamine metalliche perforate da canali paralleli di diametro µm. Questi canali, in effetti, costituiscono la parte moltiplicatrice, cioè svolgono la funzione di dinodo. La parte attiva del dispositivo è costituita proprio dai fori, che fungono da minuscoli tubi fotomoltiplicatori; infatti quando un fotone entra nel canale e ne colpisce la parete si genera una cascata di elettroni secondari. Questi producono una reazione a catena colpendo ed eccitando a loro volta gli elettroni situati nelle pareti, in modo che all uscita si ha una nuvola di carica. In particolare, l avvento di questi dispositivi ha molto favorito lo sviluppo di sensori per lo spazio, dal momento che la loro piccola massa ed il loro basso consumo di potenza li rendono particolarmente adatti all integrazione con sistemi di uso aerospaziale per imaging e spettrometria; il loro elevato guadagno fornisce in corrispondenza ad ogni evento un segnale facilmente rilevabile ed utilizzabile. Inoltre, dato che un MCP è un array di microscopici tubi fotomoltiplicatori, è possibile risalire alla posizione in cui è avvenuto l impatto del fotone e, pertanto, si possono ricostruire le immagini con una notevole precisione L anodo L anodo è l ultimo elettrodo della catena di moltiplicazione. Il suo compito è quello di raccogliere la corrente amplificata dal sistema di moltiplicazione e restituirla all uscita Il partitore di tensione Il tubo viene alimentato tramite un partitore di tensione che ha il compito di polarizzare i dinodi, ossia di portare gli elettrodi di moltiplicazione alla 43

52 Calibrazione dei fotomoltiplicatori del TOF tensione di lavoro. In pratica, fa si che il potenziale presente al fotocatodo sia ripartito tra i vari dinodi. Nella figura 3.2 è rappresentato un tipico schema di un partitore di tensione. Catodo D 1 D 2 D 3 D 4 Dn 2 Dn 1 D n Anodo i i i i i n 2 n 1 R L R R R R R R R n 1 n i + HV C C C Figura 3.2: Schema elettrico di un partitore di tensione per fotomoltiplicatori. Ci sono due modi di alimentare un fotomoltiplicatore, in base alle applicazioni in cui deve essere utilizzato: 1. con polarità positiva: il catodo è a massa (potenziale V = 0) e l anodo messo ad alto potenziale positivo; 2. con polarità negativa: il catodo ha un alto voltaggio negativo e l anodo è collegato a massa. La soluzione più comunemente usata è quella di collegare il polo negativo del generatore di alta tensione al catodo e il polo positivo a massa (potenziale V = 0), per maggiore sicurezza dell operatore e della strumentazione stessa. In tal modo l anodo si troverà a un potenziale vicino a quello della massa; cosa conveniente anche perché il segnale in uscita deve entrare in un circuito di elaborazione. 44

53 3.1 I fotomoltiplicatori Le cadute di tensione fra i vari dinodi vengono realizzate facendo circolare corrente nel partitore attraverso resistenze in serie. La quantità di corrente associata all emissione da parte dei dinodi è trascurabile rispetto alla corrente che circola nel partitore: il rilascio dei dinodi è al massimo dell ordine dei 10 7 A, contro 10 4 A che circolano tipicamente nel partitore, quindi la tensione rimane la stessa indipendentemente dall arrivo di fotoni sul fotocatodo. Se si lavora con segnali impulsati si aggiungono negli ultimi stadi di moltiplicazione dei condensatori che servono a mantenere costante il potenziale durante i periodi di picco. La resistenza di carico, R L, non si trova all interno del partitore e quindi la tensione che si misura ai suoi capi è dovuta solo ai fotoelettroni che, dopo essere stati moltiplicati, giungono all anodo. La differenza di potenziale nel primo stadio di moltiplicazione (cioè tra il fotocatodo e il primo dinodo) deve essere particolarmente stabile per non determinare forti variazioni nel guadagno del fotomoltiplicatore. In generale, quindi, deve essere possibile variare il voltaggio erogato dal generatore, ma la differenza di potenziale tra fotocatodo e primo dinodo deve rimanere sempre la stessa. A tal fine si può utilizzare un diodo Zener al posto della resistenza prevista tra catodo e primo dinodo; che manterrà invariata la polarizzazione nel primo stadio Risposta temporale Se la luce incidente si presenta sotto forma di impulsi, ci si aspetta che il segnale di uscita del fotomoltiplicatore riproduca il più fedelmente possibile la forma d onda dell impulso incidente. In questo caso è necessario introdurre alcune grandezze temporali: Tempo di salita (anode pulse rise time) è definito come il tempo in cui la corrente di anodo va dal 10% al 90% del suo valore di picco, quando il fotocatodo viene illuminato con un impulso luminoso. Tempo di transito (electron transit time) è il tempo che intercorre tra l arrivo sul fotocatodo di un impulso luminoso e l istante in cui la corrispondente corrente di anodo raggiunge il suo valore di picco. Risoluzione del tempo di transito (transit time spread) è definita come il tempo più breve entro cui 2 impulsi non possono più essere separa- 45

54 Calibrazione dei fotomoltiplicatori del TOF ti. Questo è un parametro importante in tutte le misure che richiedono un alta risoluzione temporale. Questi parametri dipendono dal tipo di catena di moltiplicazione, dalla struttura dei dinodi e dal voltaggio applicato (il tempo di salita e il tempo di transito tendono a diminuire con l aumentare della tensione). In generale si osserva che i fototubi a gabbia circolare o a focalizzazione veloce hanno tempi di risposta migliori dei fototubi con dinodo a tendina veneziana o a scatola e griglia. Gli MCP sono quelli che danno i tempi di risposta migliori in assoluto Guadagno Il guadagno di un fotomoltiplicatore è definito come il rapporto tra il numero di elettroni arrivati all anodo e il numero di elettroni prodotti dal fotocatodo. Il principio che si sfrutta per ottenere l amplificazione è il fenomeno dell emissione secondaria per il quale, sotto particolari condizioni, il dinodo colpito da un elettrone incidente genera un certo numero di elettroni (elettroni secondari). Ogni elettrone che colpisce un dinodo non produce, in genere, lo stesso numero di elettroni secondari poiché il parametro di emissione secondaria 1 δ dipende dalla velocità e dall angolo d incidenza dell elettrone sul dinodo, quindi è proporzionale al potenziale V din che c è tra i due elettrodi consecutivi. δ = KV din (3.3) dove K è una costante di proporzionalità dipendente dal materiale di cui è composto il dinodo. In una struttura lineare, la tensione tra anodo e catodo viene distribuita in modo lineare tra i vari dinodi e così si otterrà che ogni dinodo ha la stessa tensione V din rispetto al precedente e lo stesso fattore di emissione secondaria δ. Chiamando V t la tensione tra il catodo e l anodo, abbiamo che: V din = V t N (3.4) 1 δ è definito come il rapporto tra il numero di elettroni secondari e il numero elettroni primari. 46

55 3.2 Calibrazione dei fototubi di AMS-02 dove N è il numero totale di dinodi. Dalla definizione di guadagno e dall equazione (3.3) si può scrivere che: G = δ N = (KV din ) N = (K V t N )N (3.5) Nella realtà N è il numero di dinodi efficaci che è minore del numero di dinodi totali del fotomoltiplicatore, questo perchè si va incontro a un fenomeno di saturazione (diverso da un fototubo all altro) Corrente oscura Anche quando il catodo non è illuminato, una certa corrente fluisce attraverso il conduttore anodico. Questa corrente è detta corrente oscura e la sua componente continua viene misurata e fornita tra le caratteristiche dei fototubi. La causa principale di questa corrente è l emissione termica del fotocatodo: può perciò essere ridotta ricorrendo a raffreddamento con ghiaccio secco o azoto liquido. L emissione termica degli altri elettrodi contribuisce molto poco alla corrente di oscurità. Dopo quella del catodo, l emissione termica del primo dinodo ha la maggiore influenza, per questo la sua area viene ridotta il più possibile e il suo fattore di emissione secondaria viene aumentato, aumentando la tensione tra esso e il catodo. Un altra possibile causa della corrente oscura è l emissione di campo dovuta a forti campi elettrici localizzati. Poiché, tuttavia, la tensione aumenta in modo praticamente uniforme nei fotomoltiplicatori lineari, e tutti gli elettrodi del tubo sono accuratamente rifiniti in modo da evitare la presenza di spigoli, l emissione di campo può essere trascurata. 3.2 Calibrazione dei fototubi di AMS I fotomoltiplicatori Hamamatsu R5946 fine-mesh Per il TOF dell esperimento AMS-02 sono stati scelti i fotomoltiplicatori Hamamatsu R5946 fine mesh (vedi figura 3.3) per le loro particolari caratteristiche che li rendono funzionali all esperimento: 47

56 Calibrazione dei fotomoltiplicatori del TOF 1. In AMS i fotomoltiplicatori si trovano nel campo magnetico disperso dal magnete superconduttore, di circa 0.3 T (3 kg). 2. Devono misurare la carica rilasciata sia dai protoni che dagli ioni, fino al Fe e quindi devono avere una risposta lineare alla luce molto estesa. Figura 3.3: Fotomoltiplicatore Hamamatsu R5946 fine-mesh. Figura 3.4: Schema di un dinodo fine-mesh. I fotomoltiplicatori Hamamatsu R5946, schematizzati nella figura 3.3, da un punto di vista strutturale sono dei cilindri con diametro di 39 mm, lunghezza di 50 mm e peso di circa 55 g [27][28]. L area fotosensibile ha un diametro di 27 mm ed è realizzata in materiale bialcalino 2 per avere una risposta spettrale adatta all accoppiamento con la maggior parte degli 2 La sua formula chimica è: K 2 CsSb. 48

57 3.2 Calibrazione dei fototubi di AMS-02 scintillatori. La finestra di ingresso è costituita di vetro borosilicato 3 ed è piana. I PM fine mesh, internamente sono costituiti da 16 dinodi bialcalini, distanti tra loro 1 mm, che hanno la forma di una griglia sottile di fili, il cui diametro è pari a 5 µm (vedi figura 3.4) e il passo è di 13 µm. Il tempo medio di transito è circa 7.2 ns con una larghezza di 0.35 ns. Caratteristiche I fotomoltiplicatori Hamamatsu R5946 vengono sottoposti in fabbrica a dei test atti a determinarne le caratteristiche. Agli acquirenti dei fototubi vengono forniti dei data sheets contenenti i risultati di questa calibrazione preliminare. La casa costruttrice fornisce le seguenti caratteristiche[28]: Cathode luminous sensitivity: è la sensibilità luminosa del fotocatodo. Il valore viene ottenuto misurando la corrente fotoelettrica del fotocatodo normalizzata al flusso di luce incidente ( lumen) proveniente da una lampada al tungsteno alla temperatura di 2856 K. Guadagno a 2000V: è il guadagno del sistema di moltiplicazione, applicando una tensione di 2000 V al catodo. Questo valore viene determinato esponendo il fotocatodo ad un emissione di luce continua e facendo un rapporto di correnti (corrente anodica/corrente catodica). Anode luminous sensitivity: è la sensibilità luminosa dell anodo. È equivalente alla cathode luminous sensitivity, solo che in questo caso la corrente è stata misurata all anodo, nelle stesse condizioni sperimentali. Anode dark current: è la corrente oscura anodica. Cathode blue sensitivity index: è la corrente di fotoelettroni rilevata al catodo prodotta da un flusso luminoso passante per un filtro blu e proveniente dalla stessa lampada usata per le misure precedenti. Il filtro Corning CS-5-58 passa-banda utilizzato ha un picco di trasmittanza corrispondente ad una lunghezza d onda di 400 nm. La luce una volta passata attraverso il filtro blu non può più essere espressa in lumen, quindi l unità di misura di questa quantità è µa/lm-b dove lm-b sta per lumen - blu. L importanza di questa grandezza consiste nel fatto 3 Vetro silicato composto per almeno il 5% di ossido di boro. 49

58 Calibrazione dei fotomoltiplicatori del TOF che lo spettro della luce emessa dalla maggior parte degli scintillatori è principalmente contenuto nella regione attorno al blu. Tutte queste quantità vengono chiamate caratteristiche nominali e sono state misurate alimentando i fotomoltiplicatori a 2000 V in polarità negativa. Il partitore resistivo utilizzato ha come rapporti di partizione 2 tra catodo e primo dinodo e 1 tra tutti gli altri dinodi fino all anodo La calibrazione La calibrazione dei fotomoltiplicatori fine mesh da me fatta ha lo scopo di verificare le caratteristiche nominali definite dalla casa produttrice, ma anche di studiare il loro comportamento nelle condizioni in cui si troveranno durante i tre anni di durata dell esperimento AMS-02. I fotomoltiplicatori sono calibrati anche in condizioni di vuoto e forte campo magnetico 4. Un parametro importante che caratterizza i fototubi è il guadagno il quale viene determinato esponendo i fotomoltiplicatori alla luce impulsata emessa da un LED. Questo metodo utilizzato da noi è differente da quello della casa produttrice dei fototubi (che impiega un emissione di luce continua), ma permette di simulare la risposta di uno scintillatore al passaggio di una particella. Un altro parametro fondamentale della calibrazione è la tensione di lavoro, definita come il voltaggio che bisogna applicare al fotomoltiplicatore per avere un guadagno pari a In questo modo si possono catalogare i fototubi in base a questo parametro, per una scelta ottimale della loro disposizione all interno dell apparato; cioè si metteranno vicini due fototubi con tensioni di lavoro simili, anche per poterli alimentare con lo stesso generatore L hardware del sistema di calibrazione Per la calibrazione dei fotomoltiplicatori si è utilizzato un segnale impulsato generato da un LED rosso: dalla risposta del fototubo a diverse intensità di illuminazione si ottiene il guadagno. 4 Un campo magnetico produce deviazioni delle traiettorie degli elettroni soggetti alla forza di Lorentz che dipendono dal tipo di dinodo nonché dalla configurazione del sistema di focheggiamento. La dipendenza delle caratteristiche di un fototubo posto in presenza di un campo magnetico esterno è dovuta principalmente a due fattori: l intensità del campo e l angolo che esso forma con l asse del fototubo. 50

59 3.2 Calibrazione dei fototubi di AMS-02 Time Unit 1 STATUS A 2 ms in & mark Ch 1 Busy CASSA in out Time Unit 2 & mark Ch 1 out LED DRIVER LED PM 1 PM 2 PM 3 PM 4 in out gate anodo anodo anodo anodo Time Unit ns ADC Delay 200 ns Figura 3.5: Schema del setup di acquisizione dei fotomoltiplicatori. Nella figura 3.5 è rappresentato il setup utilizzato per la calibrazione dei fototubi del TOF. Il LED viene pilotato da un LED DRIVER il quale permette di regolare l ampiezza e la durata temporale del segnale luminoso. Questo segnale luminoso è di tipo impulsato grazie ad un clock generato dalle Time Unit 2. I fotomoltiplicatori convertono la luce in un segnale elettrico, il quale viene mandato all ingresso di un ADC 5 (Analog to Digital Converter) che provvede a misurare la carica in un intervallo temporale determinato dal gate. Quest ultimo segnale della durata di 150 ns è generato dalla Time Unit 3. Il segnale digitalizzato viene acquisito e memorizzato dal PC quando la Time Unit 1 genera il segnale di out. Dopo l acquisizione di ogni evento, lo STATUS-A (che è l interfaccia che comunica con il computer) genera un segnale di busy, il quale dà lo start alla Time Unit 2 e quindi ad un nuovo impulso luminoso. 5 L ADC converte il segnale di anodo in un segnale digitale (espresso in canali ADC) con due scale di differente risoluzione, una low resolution che ha un fattore di conversione pari a 0.25 pc/can.adc e una high resolution che un fattore di conversione pari a pc/can.adc. 51

60 Calibrazione dei fotomoltiplicatori del TOF Determinazione della risposta dei fototubi La determinazione del guadagno dei fotomoltiplicatori si basa su delle assunzioni teoriche[29]: se si impulsa il catodo di un fotomoltiplicatore con della luce monocromatica, la sua risposta sarà: R = G N (3.6) dove R è la risposta dell anodo, N è il numero di fotoelettroni prodotti dal catodo e G è il guadagno del fotomoltiplicatore. Da una serie di impulsi si ottiene una variazione della risposta dovuta alle fluttuazioni statistiche su N. La deviazione standard σ R di R segue la statistica di Poisson: σ R = G N (3.7) In realtà bisogna considerare anche il segnale di rumore quando si determina la risposta media dell anodo in una serie di acquisizioni, quindi: < R real >= G < N > +P (3.8) dove <R real > è la media della risposta dell anodo e P è il piedistallo dell ADC. Quindi la varianza di R è: σ 2 R = (G N) 2 + Nσ 2 Rsf + σ 2 elec (3.9) che è la somma in quadratura della fluttuazione del numero di fotoelettroni prodotti dal fotocatodo (G N), dell errore dovuto alla risposta del singolo fotoelettrone (σ Rsf N) e il rumore elettronico (σelec ). Se si trascura il rumore elettronico e si definisce la risposta di singolo fotoelettrone come δ Rsf = σ Rsf si può scrivere: G σ 2 R = G(1 + δ 2 Rsf)R (3.10) L equazione (3.10) ci dà la retta di risposta dei fototubi che ha come coefficiente angolare G(1 + δ 2 Rsf ). Per calcolare la retta di risposta dei fotomoltiplicatori sono stati presi eventi per diverse ampiezze di segnale del LED. I dati alle diverse ampiezze sono stati interpolati con un fit gaussiano ricavando la media e la deviazione standard (vedi figura 3.6). 52

61 3.2 Calibrazione dei fototubi di AMS-02 Eventi ZH scala high res. (0.033pC/ch) - HV = 1600 V Entries Entries / 44 Constant Mean Sigma Eventi / 59 Constant Mean Sigma Amp = 60 u.c. Canali ADC Amp = 80 u.c. Canali ADC Eventi Entries / 71 Constant Eventi Entries / 74 Constant Mean Sigma Mean Sigma Amp = 100 u.c. Canali ADC Amp = 120 u.c. Canali ADC Figura 3.6: Spettro di un acquisizione dati a 4 diverse ampiezze (espresse in unità camac) del fotomoltiplicatore ZH7125 alla tensione di 1600 V. Come si vede dalla figura all aumentare dell intesità del segnale che arriva al fotocatodo si ha un aumento della media e della varianza, come descritto dall equazione (3.10). Riportando in grafico la media dei segnali di anodo alle diverse ampiezze in funzione della varianza e interpolando i punti con fit lineare, si ottiene la retta di risposta (vedi figura 3.7). Il coefficiente angolare della retta di risposta è: dove: S = G(1 + δ 2 Rsf) (3.11) S è il coefficiente angolare (slope) della retta di risposta; 53

62 Calibrazione dei fotomoltiplicatori del TOF ZH V σ 2 R (can. ADC) Interc. Coeff ± ± / Delta = 0.96 ± R (can. ADC) Retta di risposta - scala high res. (0.033pC / can. ADC) Figura 3.7: Retta di risposta del fotomoltiplicatore ZH7125 alla tensione di 1600 V. Nel grafico è riportato il valore del delta di singolo fotoelettrone δ Rsf. δ Rsf è la risposta del singolo fotoelettrone; G è il guadagno del fotomoltiplicatore. La determinazione della risposta al singolo fotoelettrone può essere effettuata illuminando il fototubo con una luce molto debole, rendendo molto probabile la produzione al fotocatodo di un solo fotoelettrone. Però il tipico fit utilizzato per ottenere la media e la varianza del singolo fotoelettrone non interpola in modo soddisfacente lo spettro dei dati speri- 54

63 3.2 Calibrazione dei fototubi di AMS-02 mentali. Dalle simulazioni fatte si è osservato che questo problema è dovuto alla trasparenza del fotomoltiplicatore fine mesh, infatti, come si vede dalla figura 3.4, un fotoelettrone ha una probabilità non nulla di passare attraverso le maglie del dinodo e iniziare la moltiplicazione al secondo dinodo[30], cosa che deteriora lo spettro di singolo fotoelettrone del fine mesh (rendendo inadeguata la funzione di fit utilizzata per AMS-01). La δ Rsf è stata quindi calcolata come il rapporto tra il guadagno nominale dato dalla casa produttrice e il coefficiente angolare della retta di risposta alla tensione di 2000 V. (1 + δrsf 2 ) = A S 2000V A S2000V δ Rsf = + 1 (3.12) e G Nom. e G Nom. dove e è la carica dell elettrone = Coulomb e A è il parametro di conversione da canali ADC in pc Determinazione della tensione di lavoro Per ogni fotomoltiplicatore è stato calcolato il guadagno a cinque tensioni di alimentazione diverse. La relazione che lega il guadagno alla tensione di alimentazione del fotompltiplicatore è: Log 10 (G) = P 1 + P 2 Log 10 (V ) (3.13) e rappresenta la retta di calibrazione, il cui coefficiente angolare P 2 indica la sensibilità del guadagno alle variazioni di tensione. I parametri P 1 e P 2 si ottengono dal fit lineare di Log(G) in funzione di Log(V) del grafico in cui sono riportati i valori logaritmici guadagno alle varie tensioni di alimentazione (vedi figura 3.8). Una distribuzione della slope delle rette di calibrazione è mostrata in figura 3.9, per 142 fototubi fine mesh calibrati in produzione a Bologna. Determinati i parametri della retta di calibrazione (3.13), si può ricavare la tensione V che bisogna fornire per al fotomoltiplicatore per ottenere un guadagno G: V = ( ) 1 G 10 P P 1 2. (3.14) 55

64 Calibrazione dei fotomoltiplicatori del TOF ZH7125 Guadagno / 3 P P E Tens. di lavoro = (1623 ± 7) V HVL est. = 1580 V l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l HV (V) Retta di calibrazione Figura 3.8: Spettro della retta di calibrazione del fotomoltiplicatore ZH7125. Da notare che nel grafico il guadagno e la tensione sono in scala logaritmica. e in particolare la tensione di lavoro V L, cioè la tensione con cui bisogna alimentare il fotomoltiplicatore per avere un guadagno G = 10 6 : V L = 10 6 P 1 P 2. (3.15) L errore sulla tensione di lavoro si ottiene sviluppando in serie al primo ordine la 3.13 attorno alla tensione V M misurata più prossima alla tensione di lavoro V L. Risulta: V L = G MV M ln10p 2 G M (3.16) dove G M è il guadagno misurato alla tensione V M. 56

65 3.3 Prove con il LED viola Figura 3.9: Grafico con le slope della retta di calibrazione di 146 fotomoltiplicatori. 3.3 Prove con il LED viola Alcuni fotomoltiplicatori sono stati calibrati anche con un LED viola (405 nm)[31], la cui luce è molto più simile quella prodotta dallo scintillatore del TOF 6 (vedi figura 3.10). Il fotocatodo ha una efficienza quantica (QE) dipendente dalla lunghezza d onda della luce che lo irradia (vedi figura 3.11), infatti, alla lunghezza d onda del LED rosso (λ 660 ns) QE (0.1 1)%, mentre per il LED viola (405 ns) QE 30%. Precedentemente erano state fatte delle acquizioni sfruttando la luce prodotta dallo scintillatore. Il metodo è stato quello di utilizzare la luce di scintillazione, simulando le diverse intesità della luce del LED prendendo diverse posizioni del contatore 7. 6 Lo scintillatore utilizzato per i contatori del TOF di AMS-02 è tipo Eljen Ej-200 ed ha l emmisione massima alla lunghezza d onda di 425 nm. 7 La luce di scintillazione si attenua lungo il contatore in funzione della distanza

66 Calibrazione dei fotomoltiplicatori del TOF Figura 3.10: Spettro di emissione dello scintillatore Eljen EJ200. Figura 3.11: Efficienza quantica dei fotomoltiplicatori R

67 3.3 Prove con il LED viola Per le misure con il LED viola si è usato lo stesso setup del LED rosso, ma le ampiezze del segnale del LED sono state ridotte per evitare che l ADC utilizzato andasse in fondoscala Confronto Dalle misure effetuate alle varie tensioni con il LED viola (vedi figura 3.12) si è visto che i coefficienti angolari ottenuti con questo LED sono S viola 2 2.5S red, come si vede dalla tabella 3.1, per i fototubi ZH7125 e ZH7639. PM HV S viola = G HV (1 + δviola 2 ) S red = G HV (1 + δred 2 ) S viola/s red (V) (Ch. ADC) (Ch. ADC) ZH ZH Tabella 3.1: Confronto dei dati presi con il LED rosso e il LED viola (a 2000 V il fototubo mostrava saturazione alle ultime ampiezze del LED, che però sono state incluse nel fit). I valori di S viola ottenuti dalla calibrazione con il LED viola sono in accordo con i coefficienti angolari della retta di risposta, ottenuti con il metodo di calibrazione che utilizza la luce di scintillazione dei contatori[32]. 8 L ADC utilizzato per la calibrazione dei fototubi permette una digitalizzazione del segnale a 12 bit. Per la scala low resolution (0,25 pc/can) si ha un fondoscala pari a 1024 pc e per la scala high resolution (0,033 pc/can) un fondoscala di 135 pc. 59

68 Calibrazione dei fotomoltiplicatori del TOF ZH V σ 2 R (can. ADC) Interc. Coeff ± ± / Delta = 1.41 ± R (can. ADC) Retta di risposta - scala high res. (0.033pC / can. ADC) Figura 3.12: Retta di risposta del fotomoltiplicatore ZH7125 alla tensione di 1600 V con il LED viola Conclusioni Il più alto rapporto tra il σ 2 e la media della risposta dei fotomoltiplicatori fine mesh si è avuto con il LED viola. Questo mostra che il metodo utilizzato per la misura del fattore S = σ2 media = G (1 + δ2 ) (3.17) è in qualche modo dipendente dall efficienza quantica del fotocatodo. È opportuno, quindi, fare altre misure con altri LED e con gli scintillatori, per capire meglio questo dato di fatto emerso dalle misure effettuate con il LED viola e con i raggi cosmici nel telescopio. Utilizzando una opportuna calibrazione con i raggi cosmici rilevati dagli scintillatori, poi, si possono calibrare nello spazio i fototubi nel caso ce ne fosse bisogno. La calibrazione dei fotomoltiplicatori verrà anche fatta varie volte per monitorare il loro grado di deterioramento, durante il periodo precedente al lancio di AMS

69 Capitolo 4 I contatori del TOF 4.1 Introduzione Nella seconda parte del mio lavoro svolto presso il gruppo AMS di Bologna mi sono occupato della calibrazione di alcuni dispositivi elettronici e della caratterizzazione dei contatori del TOF di AMS-02. Per caratterizzazione si intende la determinazione dei seguenti parametri fondamentali: lunghezza di attenuazione; fotostatistica; velocità di propagazione della luce nel contatore; risoluzione intrinseca; risoluzione del tempo di volo. La lunghezza di attenuazione e la fotostatistica sono determinate tramite i segnali anodici (carica) dei contatori. La prima rappresenta la qualità dello scintillatore 1, mentre la seconda definisce il numero di fotoni che arrivano ai fotomoltiplicatori. Per la determinazione dei parametri di tempo si è corretto l effetto di slewing. Questo è un errore sistematico nelle letture di tempo inversamente proporzionale alla carica misurata. La velocità di propagazione della luce è dipendente dal tipo di materiale usato per gli scintillatori; infine le due 1 Lo scintillatore plastico usato per il TOF di AMS-02 è di tipo Eljen EJ

70 I contatori del TOF Figura 4.1: Il telescopio per raggi cosmici di Bologna. Nella foto si vedono uno dei due piani con le strips e i tubi a streamer limitato, la cassa con un contatore da testare, l elettronica e i flussimetri per la regolazione della miscela dei gas. risoluzioni definiscono il tempo più breve che può essere risolto dal sistema (vedi 4.4). A tale scopo è stato installato nel laboratorio di Bologna un telescopio per raggi cosmici (vedi figura 4.1). 4.2 Hardware del telescopio Il telescopio è formato da due piani distanti 55 cm l uno dall altro, ognuno dei quali è costituito da 5 tubi a streamer limitato (LST) larghi 9 cm e lunghi 140 cm. Entrambi i piani hanno 72 strips trasversali agli LST e 8 strips parallele 2, che permettono di individuare il punto in cui è passata la 2 Delle strips parallele vengono utilizzate solo quelle del piano superiore per la caratterizzazione dei contatori trapezoidali. 62

71 4.2 Hardware del telescopio particella. Tra questi due piani vengono sistemati i contatori da testare e uno di riferimento. Per questo setup si è utilizzato un sistema di riferimento (x,y,z) dove l asse x rappresenta la posizione sul lato lungo della cassa, l asse y quella del lato corto e l asse z l altezza Tubi a streamer limitato (LST) I tubi a streamer limitato sono rivelatori a gas che lavorano nella regione intermedia tra il regime proporzionale e quello a scarica (Geiger)[33]. Utilizzano una miscela di gas composta da CO 2 (87%), Ar (5%) e C 4 H 10 (8%): l argon è il gas ionizzante, mentre l anidride carbonica e l isobutano assolvono il compito di quenching, cioè di assorbire fotoni in modo da evitare la scarica. I tubi sono composti da 8 celle allineate, di sezione 1 1 cm 2 aventi le superfici ricoperte di grafite di resistività minima 50 kω/m 2. Al centro di ogni cella è posto un filo ricoperto d oro del diametro di 100 µm, sostenuto da appositi distanziatori plastici. Le tensioni di lavoro dei tubi LST sono state fissate a 4800 V, valore centrale del plateau del plot dei conteggi dei fili anodici in funzione della tensione di alimentazione. Il passaggio di una particella nel tubo provoca la ionizzazione del gas contenuto all interno, originando delle coppie ione-elettrone. Per effetto del campo elettrico radiale (E 1/r) generato fra il filo (anodo) e la parete interna del tubo (catodo), elettroni e ioni vengono accelerati rispettivamente verso l anodo e il catodo, producendo un segnale di corrente. L aumento del campo elettrico in prossimità del filo anodico fornisce agli elettroni sufficiente energia da provocare una ionizzazione a valanga che genera una scarica; quest ultima viene arrestata grazie alla presenza del quencer Le strips Il compito di ricostruire la posizione delle particelle che sono passate nel telescopio viene affidata alle strips. Una particella carica che colpisce un piano del telescopio induce sulla strip più vicina al punto d impatto un segnale elettrico che ci fornisce l informazione spaziale cercata. Il segnale nelle strips è un impulso positivo indotto 63

72 I contatori del TOF Figura 4.2: Schematizzazione della concatenazione delle strips per la lettura seriale. Per semplicità la catena è formata da solo 4 strips. dalla carica negativa che si genera vicino al filo anodico per il passaggio della particella ionizzante nel gas dei tubi a streamer limitato. Dato il consistente numero di strips trasversali si è pensato di collegarle in serie, in modo d avere 4 catene consecutive (come in figura 4.2). Questo metodo ha permesso di ridurre il numero di canali di elettronica utilizzati per acquisire i segnali. La lettura avviene tramite un TDC (Time to Digital Converter), che misura i ritardi tra i tempi di arrivo agli estremi della catena (vedi figura 4.3) e un tempo di riferimento. Supponiamo che venga colpita l n-esima strip della catena, il segnale elettrico generato su di essa impiegherà un tempo t per attraversarla, mentre impiegherà un tempo t sx = n t (4.1) per raggiungere il lato sinistro della catena ed un tempo t dx = (N n) t (4.2) 64

73 4.2 Hardware del telescopio Figura 4.3: Spettri dei tempi del TDC per il lato sinistro e destro della terza catena del piano superiore. per raggiungere il lato destro. Il numero totale di strips nella catena è N = 18. La differenza tra i due tempi t sx t dx = (2n N) t (4.3) è proporzionale a n e ci permette di risalire alla posizione della strip colpita. Poiché la lunghezza della strip è maggiore della dimensione della parte attiva del piano 3, si avrà che solo la zona centrale risponderà con un segnale elettrico al passaggio di una particella. Ci sono delle zone morte, dalle quali non si ricevono impulsi; questo genera un specie di quantizzazione dei segnali che arrivano ai TDC. Tale quantizzazione non è visibile negli spettri singoli (figura 4.3), ma si nota chiaramente quando si effettua la differenza tra i tempi dei due estremi 3 Le zone attive del piano sono quelle coperte dai 3 tubi a streamer limitato centrali. 65

74 I contatori del TOF Figura 4.4: Differenza tra i tempi dei due lati della terza catena di strips del piano superiore. della catena. In questo caso sono presenti dei picchi pronunciati in corrispondenza del passaggio della particella nella zona centrale separati dalle zone morte, relative alle zone non attive del piano. Nella figura 4.4 si notano i 18 picchi (corrispondenti alle 18 strips della catena); nell istogramma sono riportati tutti gli eventi che hanno colpito al massimo due strips consecutive 4. Questo ci permette di ottenere una migliore separazione tra i picchi che consente di stabilire in modo più accurato i parametri utilizzati per la ricostruzione della posizione, con una perdita del 60% degli eventi. Nella figura 4.3 si nota che ognuno dei 18 picchi è fittato con una funzione gaussiana (linea blu) da cui si determinano il valore medio e la varianza. Con 4 Quando vengono colpite due strips, la posizione di incidenza sarà la zona intermedia tra di esse. 66

75 4.2 Hardware del telescopio questi parametri si può ricavare, per ogni evento, la strip che ha la maggiore probabilità di essere stata colpita dalla particella (metodo di maximun likelyhood[26]). Sia T i la semidifferenza dei tempi di arrivo ai due lati della catena i-esima T i = t i(sx) t i (dx) 2 (4.4) e con µ ij e σ ij si indichino la media e la deviazione standard della gaussiana ottenuta dal fit del picco j della catena i. Per un evento che ha fornito un certo T i, la probabilità di essere passato per la strip j -esima è: P i (j) = 1 e ( T i µ ij ) 2 2σ ij 2 (4.5) σ ij 2π Calcolando T i, il valore di j per cui si ha il massimo della probabilità P ij individua la strip colpita. In realtà non è necessario calcolare P ij per tutte le 18 strips, ma solo per i due picchi tra le cui medie è compreso T i. Quindi, identificando le due strips con gli indici k e k + 1, basta confrontare le probabilità P i (k) e P i (k + 1). Una volta identificate le strips colpite si può ottenere una stima della posizione di passaggio della particella sul piano, mediante la seguente formula: x = [72(N strip 1) + 18(N catena 1) 639] (4.6) dove N strip è il numero della strip colpita, N catena è il numero della catena di ritardo che ha generato il segnale e i coefficienti sono ottimizzati alla configurazione del telescopio e alle coordinate utilizzate nel laboratorio. Per le strips trasversali (asse y) viene utilizzato un metodo differente. In questo caso le strips vengono lette direttamente da un ADC (Analog to Digital Converter), il quale converte la carica depositata sulla strip dalla particella al suo passaggio, in un segnale digitale. In questo caso, avendo un solo piano di strips attive, si ricostruisce la posizione di passaggio della particella (vedi figura 4.5) utilizzando il contatore di riferimento 5. È necessario tener conto del fatto che una buona parte degli eventi producono un segnale su più di una strip (molteplicità). In questo caso è possibile 5 Il contatore di riferimento è posizionato sopra il piano inferiore del telescopio 67

76 I contatori del TOF migliorare la risoluzione della posizione lungo l asse y, utilizzando il metodo del baricentro di carica. Il principio su cui si basa questo metodo è che una particella passante tra due strips, depositerà una quantità di carica in entrambe. La carica sarà maggiore quanto più vicino alla strip passerà la particella (vedi figura 4.6). Tramite questo metodo si può stimare la posizione lungo y con la formula: y = 8 H i Q i ( i 32) i=1 (4.7) 8 H i Q i i=1 dove H i è un parametro che assume il valore 1 quando la strip i-esima Figura 4.5: Diagramma delle posizioni d impatto sull asse y del piano superiore. 68

77 4.2 Hardware del telescopio Figura 4.6: Diagramma con le posizioni dell asse y, utilizzando il metodo del baricentro di carica. supera una certa soglia (strip colpita) e il valore 0 altrimenti; Q i è la carica dell i-esima strip e i valori numerici dipendono dalla geometria. La ricostruzione della posizione avviene scartando gli eventi in cui le strip colpite non sono consecutive e hanno molteplicità maggiore di Ricostruzione della traccia Calcolati i punti d impatto sui due piani attivi del telescopio si può calcolare la posizione di passaggio della particella nella cassa che contiene i contatori da testare, a diverse altezze. Dalla figura (4.7) si vede che x = x sup x inf = L sin θ (4.8) 69

78 I contatori del TOF Z X 564 D L D θ L 0 Xinf XD 0 Xsup X Figura 4.7: Schema geometrico della ricostruzione della traccia di una particella all interno del telescopio. D = L cos θ (4.9) quindi, la posizione x ad una diversa altezza D (vedi tabella 4.1) dal piano inferiore è: x D = L sin θ + x inf = D cos θ sin θ + x inf = D tan θ + x inf (4.10) dove tan θ = L sin θ L cos θ = x θ = arctan x D D. (4.11) Per il calcolo delle posizione y di passaggio della particella, invece del 70

79 4.2 Hardware del telescopio piano inferiore si utilizza il contatore di riferimento, che è posizionato al centro dell asse y. Risulta pertanto y inf = 0 e y = y sup, quindi y D = (D 45) tan θ y = (D 45) y sup D y (4.12) dove D y = D 45 è la distanza riferita alla posizione z del contatore di riferimento (vedi tabella 4.1). Posizione Distanza D (mm) Piano inf. 0 Cont. Rif. 45 Pos Pos Pos Pos Piano sup. 564 Tabella 4.1: Tabella con le altezze delle varie posizioni nel telescopio. È da notare che nel calcolo della y D si usa la distanza tra il contatore di riferimento e le diverse posizioni, quindi si sottraggono 45 mm a tutte le posizioni I contatori a scintillazione Un contatore a scintillazione è un rivelatore di particelle composto da un materiale scintillatore accoppiato tramite guide di luce a fotomoltiplicatori. Una particella, attraversando lo scintillatore, gli cede parte della sua energia e questa viene convertita in luce di scintillazione. Tramite le guide di luce, i fotoni prodotti dallo scintillatore vengono convogliati nel fotocatodo di un fotomoltiplicatore, il quale provvede a formare un segnale misurabile[26]. Esistono due tipi di scintillatori: inorganici ed organici. I primi possiedono, in genere, una migliore efficienza di scintillazione e garantiscono quindi una migliore risoluzione energetica, mentre hanno un tempo di decadimento maggiore che li rende svantaggiosi per misure di tempo. I secondi hanno tempi di decadimento molto bassi e, in particolare gli scintillatori plastici, sono economici e facili da lavorare. 71

80 I contatori del TOF Per il TOF di AMS-02 si usano scintillatori plastici Eljen EJ-200 sagomati in barre rettangolari, larghe 12 cm, spesse 1 cm e di lunghezza variabile tra 117 e 134 cm e barre trapezoidali spesse 1 cm, con larghezza centrale variabile tra 18.5 e 26 cm e lunghezza variabile tra 110 e 130 cm (vedi fig. 4.8). Figura 4.8: Contatori di AMS-02. Nella foto si nota un plastico scintillatore senza il mylar (una pellicola che ricopre lo scintillatore e che ha il compito di riflettere il segnale di scintillazione all interno del contatore) con le guide di luce collegate ai fotomoltiplicatori e un altro con il mylar. Una particella che attraversa il contatore rilascia parte della sua energia secondo la formula di Bethe-Bloch[26]: de dx = 2πN are 2 m ec 2 ρ Z z 2 [ ( 2me γ 2 v 2 W ) max ln 2β 2 δ 2 C ] A β 2 I 2 Z (4.13) dove: N a = Numero di Avogadro; r e = raggio classico dell elettrone; m e = massa a riposo dell elettrone; 72

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