Reato di evasione Iva all importazione: anche il detentore della merce ne risponde di Sara Armella e Valeria Baldi
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- Geronima Zanetti
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1 Reato di evasione Iva all importazione: anche il detentore della merce ne risponde di Sara Armella e Valeria Baldi Con sentenza del 29 novembre 2010, n , la terza sezione penale della Corte di Cassazione fa propria una lettura particolarmente ampia del reato di evasione di tale imposta, previsto e punito dagli artt. 67 e 70 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e dall art. 292 del D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale). Affrontando il caso di due coniugi presso la cui abitazione era stato rinvenuto un rilevante quantitativo di tabacchi lavorati esteri, la pronuncia in commento ha affermato la sussistenza del reato di omesso pagamento dell IVA all importazione, anche nei confronti dei soggetti che siano entrati in possesso della merce successivamente all introduzione irregolare nel territorio comunitario. Dalla premessa secondo cui l accertamento e la riscossione dell IVA all importazione spettano alla Dogana in occasione della relativa operazione, la pronuncia giunge ad affermare la sussistenza del reato di evasione del tributo, non soltanto nell ipotesi di introduzione della merce nel territorio doganale comunitario, ma in tutti i casi in cui vi sia sottrazione all obbligo di pagamento dei diritti di confine o al compimento delle formalità doganali. Tale affermazione merita un particolare approfondimento, giacché si fatica a rintracciare, nella normativa nazionale, il fondamento legislativo a sostegno della tesi espressa nella pronuncia. E invero, l art. 67 del D.P.R. n. 633/1972 indica, tra i presupposti di applicazione dell IVA all importazione, l «immissione in libera pratica», che richiama l art. 201 del CDC e si realizza attraverso l introduzione nel mercato comunitario di merce estera, preceduta dalla presentazione mediante dichiarazione doganale. Tale nozione, con tutta evidenza, integra una fattispecie distinta e autonoma rispetto alla «sottrazione al controllo doganale», di cui all art. 203 del CDC, che si concretizza invece quando i beni sono sottratti al controllo della Dogana e vengono introdotti irregolarmente nel territorio comunitario. Tale nozione non è compiutamente definita dalla normativa europea, dal momento che l art. 865 del regolamento di applicazione del codice doganale comunitario (DAC) 1 contiene solo esempi di fatti che devono essere considerati casi qualificabili come 1 Reg. Commissione 2 luglio 1993, n. 2454/93/CEE.
2 2 sottrazione ai sensi dell art. 203, par. 1, del CDC 2. L istituto è stato più compiutamente delineato dalla giurisprudenza comunitaria, la quale ha avuto modo di chiarire che tale nozione dev essere intesa come ricomprendente qualsiasi azione o omissione il cui risultato sia quello di impedire, anche solo momentaneamente, all Autorità doganale competente, di effettuare i controlli previsti al momento dell introduzione della merce nel territorio comunitario, sottraendola anche al pagamento di dazi all importazione 3. E dunque importante sottolineare - anche ai fini della comprensione della reale portata innovativa della sentenza in commento - che l art. 67 del decreto IVA non indica la «sottrazione al controllo doganale», di cui all art. 203 del CDC, tra i presupposti di applicazione dell IVA all importazione, giacché il decreto IVA richiama soltanto la fattispecie della immissione in libera pratica, di cui all art. 201 del CDC. Non è, d altronde, possibile affermare la generale e automatica applicabilità dei presupposti di applicazione dei dazi doganali all IVA, posto che l art. 70 del D.P.R. n. 633/1972 si limita a prevedere che «l imposta relativa alle importazioni è accertata, liquidata e riscossa per ciascuna operazione. Si applicano, per quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine». Le disposizioni delle leggi doganali si applicano all IVA, secondo la richiamata previsione, limitatamente alle materie del regime sanzionatorio e del sistema delle controversie, senza estendersi ai presupposti sostanziali di applicazione dell IVA all importazione. Pare corretto, pertanto, l orientamento della Corte di cassazione (disatteso, però, dalla pronuncia in esame) a mente del quale il reato in questione sarebbe configurabile soltanto a carico dei soggetti che hanno direttamente partecipato all importazione della merce assoggettata all imposta, i quali hanno realizzato il presupposto di applicazione dell IVA all importazione, ossia la «immissione in libera pratica», espressamente contemplato dall art. 67 del D.P.R. n. 633/1972. Diversamente da quanto ritenuto dalla pronuncia in commento, la responsabilità, ai fini della configurabilità del reato di omesso pagamento dell IVA all importazione, per i soggetti che si siano limitati a detenere la merce, successivamente all introduzione e senza aver preso parte all illecita importazione, andrebbe invece esclusa. E invero, il rinvio espressamente operato 2 F. Rapisarda, «L obbligazione doganale sorta a seguito dell illecita introduzione di merce nel territorio della Comunità: i diversi profili giuridici, la normativa e la giurisprudenza comunitaria», in Impresa c.i., 2006, pag Corte di giustizia, 12 febbraio 2004, causa C-337/01, «Hamann International Gmbh Spedition+Logistik»; Id., 20 gennaio 2005, causa C-300/03, «Honeywell Aerospace», in Banca Dati BIG, IPSOA; Id., 11 luglio 2002, causa C-371/99, «Liberexim»; Id., 1 febbraio 2001, causa C-66/99, «Wandel Gmbh».
3 3 dalla disciplina IVA sopra richiamata è limitato al regime sanzionatorio e non si estende ai presupposti sostanziali di applicazione dell imposta, tra cui l art. 25 del D.P.R. n. 43/1973, secondo cui, in caso di mancata o inattendibile prova sulla legittima provenienza della merce, il detentore è ritenuto responsabile di contrabbando 4. In difetto di un chiaro riferimento normativo nella disciplina nazionale, la sentenza in esame giunge a ravvisare la fattispecie di reato direttamente nella normativa doganale comunitaria. In proposito, vi è da rilevare che il codice doganale comunitario non prevede come fatto generatore dell obbligazione doganale la sola introduzione irregolare della merce nel territorio comunitario (art. 202 del CDC) 5, ma statuisca, in senso ampio, che l obbligazione doganale sorge anche in seguito alla sottrazione al controllo doganale di una merce soggetta a dazi d importazione (art. 203, primo comma, del CDC). In caso di sottrazione al controllo doganale, la responsabilità per il pagamento dei dazi doganali è particolarmente estesa, giacché, da un lato, sono individuati quali soggetti passivi coloro che hanno materialmente sottratto la merce al controllo doganale, insieme alle altre persone che abbiano partecipato alla condotta sapendo, o dovendo sapere, che si trattava di un illecito. Oltre a tali soggetti, direttamente coinvolti nell introduzione irregolare, la normativa doganale estende la responsabilità del pagamento dei dazi anche alle persone che hanno successivamente acquisito o detenuto la merce, sapendo o dovendo sapere, che si trattava di beni sottratti al controllo doganale (art. 203, secondo comma, del CDC). La novità della sentenza in commento consiste nel reputare applicabile la richiamata previsione doganale anche in materia di IVA all importazione, ritenendosi che tale obbligazione possa sorgere nei confronti di coloro che abbiano acquisito la merce successivamente all illecita introduzione nel territorio comunitario e senza aver partecipato all importazione. In altri termini, la sentenza in commento ritiene applicabile l art. 203 del CDC, norma che individua i soggetti obbligati al pagamento dei dazi doganali, anche nel settore relativo all IVA all importazione, giungendo ad affermare la configurabilità del reato di evasione dell IVA all importazione anche a carico di chi si sia limitato a detenere la merce dopo l irregolare sottrazione ai controlli doganali. 4 Cass., Sez. III pen., 27 aprile 2004, n , la quale specifica come il tributo dell IVA all importazione «deve ritenersi dovuto solo dai soggetti che abbiano importato la merce assoggettatavi, e non anche da chi semplicemente la detenga, dopo l importazione, non sussistendo al riguardo alcun obbligo di solidarietà, né alcuna parificazione o presunzione legale analoga a quella dettata dall art. 25, secondo comma, del D.P.R. n. 43/1973, prevedente che in caso di mancata o inattendibile prova della legittimità della provenienza delle merci il detentore è ritenuto responsabile di contrabbando». 5 Codice doganale comunitario attualmente vigente: Reg. CEE 12 ottobre 1992, n. 2913, che verrà sostituito dal Reg. 450/2008.
4 4 Considerata l assenza di una previsione rinvenibile nell ordinamento nazionale, come sopra evidenziato, il riferimento normativo è stato rintracciato direttamente nella direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, il cui art. 70 prevede espressamente che, «quando i beni importati sono assoggettati a dazi doganali, prelievi agricoli o imposte di effetto equivalente istituiti nell ambito di una politica comune, il fatto generatore dell imposta [sul valore aggiunto] si verifica e l imposta diventa esigibile nel momento in cui scattano il fatto generatore e l esigibilità dei predetti dazi e prelievi». E dunque evidente come, soltanto nella disciplina comunitaria dell IVA, i presupposti di applicazione dell IVA all importazione coincidono con quelli previsti in materia doganale. Ma siffatta previsione non è stata trasfusa nell ordinamento nazionale, dove, al contrario, l art. 67 del decreto IVA continua a operare con esclusivo riferimento alla «immissione in libera pratica» e non invece alla «sottrazione al controllo doganale» o, in senso più generale, a tutti i presupposti di applicazione dei dazi doganali (come invece chiaramente previsto dalla normativa comunitaria). La sentenza in commento, consapevole di tale divergenza tra l ordinamento nazionale e quello europeo, ha ritenuto comunque configurabile il reato di omesso pagamento dell IVA all importazione, anche in relazione a fattispecie non espressamente contemplate dalla normativa nazionale, integrando in senso additivo la normativa nazionale, mediante una diretta applicazione della disciplina comunitaria. Considerazioni conclusive L interpretazione comunitariamente orientata del concetto di sottrazione ai controlli doganali porta, con evidenza, all estensione dell ambito applicativo del reato di evasione dell IVA all importazione, previsto dagli artt. 67 e 70 del D.P.R. n. 633/1972. Tale interpretazione, tuttavia, suscita dubbi in merito alla possibile violazione di principi fondamentali in materia penale, dal momento che l applicazione della norma penale anche a fattispecie e soggetti in essa non espressamente previsti (quali i meri detentori della merce sottratta ai controlli doganali) pare lesiva del principio di legalità nei suoi corollari: riserva di legge parlamentare e divieto di applicazione analogica in malam partem, ossia a sfavore del reo. Ebbene, il tema della pronuncia attiene alla possibilità, sulla base di norme non penali comunitarie, di adottare un applicazione analogica, sfavorevole al reo, del reato di evasione dell IVA all importazione, previsto dal legislatore nazionale in termini più restrittivi e contenuti.
5 5 A tal riguardo, la Corte costituzionale, pur riconoscendo il carattere coordinato dell ordinamento nazionale e di quello comunitario, ha ribadito la necessità del rispetto dei principi fondamentali della Costituzione italiana e dei diritti inalienabili della persona: l art. 25, secondo comma, Cost., nel costituzionalizzare il divieto di analogia nel settore penale, è ostativo all adozione di una pronuncia che comporti effetti costitutivi o peggiorativi della responsabilità penale, trattandosi di interventi riservati, in via esclusiva, al legislatore parlamentare 6. In forza di tali autorevoli pronunce, anche la Corte di cassazione, a Sezioni Unite, ha concluso che «l utilizzo della normativa sovranazionale, allo scopo di integrazione di elementi normativi, va escluso allorquando - come si verificherebbe nel caso di specie - gli esiti di una esegesi siffatta si traducano in una interpretazione in malam partem della fattispecie penale nazionale» 7. Deve rilevarsi, pertanto, come la sentenza in oggetto susciti dubbi sul concreto coordinamento operato tra i principi di prevalenza del diritto comunitario - con effetti diretti in settori nevralgici dell ordinamento penale degli Stati membri - e i principi costituzionali posti a garanzia del reo, con particolare riferimento all art. 25 Cost. Aprile Corte cost., 28 gennaio 2010, n. 28; Id., 1 giugno 2004, n. 161; Id., 15 marzo 2002, n. 49, in Banca Dati BIG, IPSOA. 7 Cass. pen., SS. UU., 6 ottobre 2009, n
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