L industria mangimistica

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1 L industria mangimistica In base ai dati forniti da Assalzoo, in Italia sono presenti 477 mangimifici che producono circa 14 milioni di tonnellate di mangimi per un fatturato pari a 6,4 miliardi di euro e creano occupazione per addetti (dati 2014). Le utilizzazioni di mais, orzo e frumento tenero dell industria mangimistica italiana si attestano stabilmente al di sopra di 10 milioni di tonnellate. La distribuzione geografica delle imprese mangimistiche evidenzia una maggior concentrazione nelle regioni del nord Italia (Emilia Romagna, Lombardia, Veneto e Piemonte), rispecchiando la vocazionalità territoriale per la coltivazione dei seminativi ad uso zootecnico e per gli allevamenti. La dinamica di medio periodo circa l evoluzione dei mangimifici presenti sul territorio nazionale ne evidenzia una consistente contrazione. In base ai dati forniti da Assalzoo, tra il 2005 e il 2014 si è registrata una contrazione di 200 unità produttive alle quali però è corrisposto un incremento della potenzialità produttiva. La produzione di mangimi composti, nell ultimo decennio ha evidenziato un forte incremento dei quantitativi, passati da poco meno di 12 milioni di tonnellate nel 2000 a oltre 14 milioni di tonnellate nel Relativamente ai mangimi semplici, inoltre, si evidenzia che vengono destinati all alimentazione animale circa 19 milioni di tonnellate, rappresentati in larga misura dal mais. Per quanto riguarda la fase agricola, la produzione di mais nell ultimo quinquennio si è attestata in media attorno ai 8,7 milioni di tonnellate mostrando però una spiccata variabilità produttiva annuale. La produzione media di orzo invece negli ultimi anni si è attestata a circa 900 mila tonnellate e non ha registrato particolari oscillazioni nel corso degli ultimi anni. La bilancia commerciale del mais e dell orzo è strutturalmente in deficit. Per il comparto del mais si evidenzia, negli ultimi anni, una consistente progressione dei volumi di granella acquistati sui mercati esteri; il grado di autoapprovvigionamento della materia prima, infatti, è sceso ad un livello inferiore al 70% della domanda dell industria mangimistica contro valori stabilmente prossimi al 100% dei primi anni Anche per quanto riguarda l orzo il saldo tra produzione nazionale e utilizzo da parte dei mangimifici è negativo, ad evidenziare la necessità da parte dell industria di rivolgersi ai mercati esteri per far fronte al proprio fabbisogno interno. 1

2 1 Il ruolo dell industria mangimistica nella filiera del mais e dell orzo pag. 3 2 La struttura dell industria mangimistica pag. 5 3 Struttura ed evoluzione della domanda di materia prima dell industria mangimistica pag. 7 4 Struttura e evoluzione dell offerta dell industria mangimistica pag I fattori competitivi dell industria mangimistica pag. 14 2

3 1. Il ruolo dell industria mangimistica nella filiera del mais ed orzo 1.1. La filiera del mais e dell orzo La filiera del mais coinvolge imprese agricole che destinano a tale coltivazione poco più di 890 mila ettari; nel caso dell orzo si contano a livello nazionale circa 262 mila aziende per investimenti pari a poco più di 88 mila ettari (Istat 2010). L offerta nazionale del mais e dell orzo, fermo restando le strutturali oscillazioni produttive annuali, si è attestata nella media dell ultimo quinquennio attorno a 8,7 milioni di tonnellate di granella di mais e poco più di 900 mila tonnellate di orzo corrispondente ad una produzione a prezzi di base pari a circa 1,7 miliardi di euro per il mais (il 3% della Ppb complessiva agricola) e 173 milioni di euro per l orzo (0,3% Ppb). Il settore zootecnico-mangimistico assorbe la quasi totalità della disponibilità nazionale del mais e dell orzo e, in misura limitata, utilizza anche frumento tenero (circa il 15% della disponibilità nazionale). L industria mangimistica è costituita dalle industrie specializzate nella produzione di mangimi e dai grandi allevamenti che producono in proprio gli alimenti necessari per lo svolgimento dell attività. La filiera del mais e dell orzo può essere sintetizzata in due principali segmenti: Produzione e commercializzazione della granella. E costituito dai produttori di mais ed orzo e dalle loro diverse forme di aggregazione (consorzi agrari, cooperative e associazioni di produttori) che sostengono la base produttiva ed effettuano una prima commercializzazione del prodotto agricolo di base. A questi si aggiungono i commercianti privati, che possono essere dotati di proprie strutture di stoccaggio oppure agire da meri intermediari tra l impresa agricola e l industria, e le società di commercio che operano presso i porti navali e che svolgono attività di trading. Il settore industriale. È costituito dal settore mangimistico che provvede alla trasformazione del mais, dell orzo e, sempre in riferimento ai cereali, della crusca ottenuta dalla lavorazione del frumento in mangimi semplici e composti. Anche a questo livello è presente un canale di importazione della materia prima che ha rappresentato negli ultimi anni quasi il 30% della disponibilità nazionale di mais e circa il 40% di quella di orzo. Fig. 1 I principali attori della filiera del mais ed orzo Import granella Aziende agricole Export granella Commercianti / centri privati di raccolta Industria mangimistica Cooperative Export mangimi Associazioni di produttori Consorzi agrari Allevamenti Fonte: ISMEA 3

4 1.2. I flussi di prodotto lungo la filiera del mais ed orzo I flussi quantitativi della filiera del mais e dell orzo possono essere sintetizzati nelle seguenti fasi: circa il 30% della offerta interna della granella di cereali per all alimentazione animale è destinata all autoconsumo aziendale. la commercializzazione della materia prima viene effettuata per circa il 60% dai centri di stoccaggio dei consorzi agrari-cooperative-op che vendono interamente il prodotto all industria mangimistica. Il ruolo detenuto dai commercianti privati si concretizza nella commercializzazione di circa il 30% della disponibilità nazionale, quasi totalmente indirizzata verso i mangimifici mentre il conferimento diretto della granella da parte delle aziende agricole verso l industria è limitato in circa il 10% del totale. Le importazioni seguono essenzialmente due canali. I mangimifici assorbono direttamente circa il 50% dei quantitativi importati provenienti quasi esclusivamente dai paesi comunitari. Il rimanente 50% è importato dai commercianti privati/società di commercio. Fig. 2 I flussi di prodotto nella filiera del mais ed orzo nel 2014 Produzione agricola nazionale di granella : 9,4 mln t di mais 0,8 mln t di orzo si stima un autoconsumo aziendale pari a circa il 30 % della produz. agric. 30% 60% 50% Commercianti privati 4,5 mln t 10% Consorzi agrari/coop/op 4,0 mln t Import: 4,6 mln t mais 0,6 mln t orzo 50% 99% Industria mangimistica 11,9 mln t Export granella 1% Allevamenti zootecnici Fonte: elaborazione ISMEA su dati Istat e Assalzoo 4

5 Emilia Romagna Lombardia Umbria Veneto Piemonte- Valle d'aosta Toscana Marche Sicilia Nord Centro Sud 2. La struttura dell industria mangimistica 2.1. I numeri del settore In base ai dati Assalzoo in Italia nel 2014 sono presenti 477 mangimifici per un fatturato pari a 6,4 miliardi di euro e addetti. Le utilizzazioni di mais, orzo e frumento tenero si attestano stabilmente al di sopra di 10 milioni di tonnellate - soltanto il mais esprime poco meno del 60% delle materie prime utilizzate dal settore -; a questi vanno aggiunti mediamente 2,5 milioni di tonnellate di crusca e circa 800 mila tonnellate tra avena, segale ed altri cereali. Tab. 1 I numeri dell industria mangimistica udm tvma* % Nr. Mangimifici n ,0 Cereali utilizzati per l'alimentazione del bestiame, (000 t) n.d. -1,7 di cui: - mais (000 t) n.d. -1,0 - orzo (000 t) n.d. -2,7 - frumento tenero (000 t) n.d. -10,3 - avena (000 t) n.d. -5,7 - segale (000 t) n.d. 8,0 - altri cerali (escluso il riso) (000 t) n.d. 3,1 - crusca (000 t) n.d. 0,0 Magimi prodotti (000 t) ,3 Fatturato Industria magimistica (mln ) ,0 Nr. Addetti n *) Il tvma per singoli prodotti è calcolato sul periodo Fonte: elaborazione ISMEA su dati Assalzoo 2.2. La ripartizione territoriale dei mangimifici La dislocazione territoriale delle imprese mangimistiche rispecchia quella esistente per la coltivazione dei seminativi ad uso zootecnico e per gli allevamenti. La maggior parte dei mangimifici, infatti, è concentrata nelle regioni del Nord, sia in termini di unità produttive sia di potenzialità produttiva. Fig. 3 La distribuzione geografica dei mangimifici nel % 60% 50% quota % mangimfici quota % potenzialità* 40% 30% 20% 10% 0% *) quintali/h. Fonte: elaborazione ISMEA su dati Assalzoo 5

6 In particolare, in tali regioni sono presenti 311 mangimifici (65% del totale) con una potenzialità complessiva di circa a 29 mila quintali/ora (65%). Infatti, le regioni del Nord sono le aree dove è maggiormente coltivato il mais destinato all alimentazione del bestiame e dove è presente la più alta concentrazione di aziende zootecniche (in particolare da latte e suinicole) per la produzione di grana padano, parmigiano reggiano e salumi. La Regione più rilevante è l Emilia Romagna dove sono presenti 138 mangimifici (29% del totale) per una potenzialità di lavorazione totale di quintali/ora (22%) Le dinamiche recenti La dinamica di medio periodo circa l evoluzione dei mangimifici presenti sul territorio nazionale ne evidenzia una consistente riduzione. In base all ultimo aggiornamento effettuato da Assalzoo, nel 2014 si è registrata nei confronti del 2005 una contrazione di 200 unità produttive (-29%) ed un leggero incremento della potenzialità produttiva (+1%), con un aumento della potenzialità (quintali/ora) per unità produttiva. L analisi delle dinamiche per classe di potenzialità, evidenzia che i decrementi più consistenti si osservano per i mangimifici meno competitivi e ricadenti nelle dimensioni di classe fino a 10 quintali/ora. L evoluzione territoriale nell ultimo decennio evidenzia un calo di 52 unità produttive in Emilia Romagna che scendono a 138 mangimifici nel 2014 contro i 190 risultanti nel 2005; dal lato della potenzialità produttiva, invece, la situazione è rimasta sostanzialmente ferma attorno ai q.li/h. Medesima situazione si è osservata in Lombardia dove alla perdita di 39 mangimifici dal 2005, scesi a 81 unità nel 2014, si è contrapposta una progressione del 3% della capacità produttiva. Tab. 2 La distribuzione dei mangimifici per classe di potenzialità classe di potenzialit๠1) quintali/h. Fonte: elaborazione ISMEA su dati Assalzoo Var.% 14/05 < , , , ,7 > ,3 Totale ,5 6

7 3. Struttura ed evoluzione della domanda di materia prima dell industria mangimistica 3.1. La struttura delle aziende agricole a mais e orzo Le aziende maidicole nazionali ammontano, nel 2010, a poco meno di unità per una superficie complessiva pari a ettari. La ripartizione per classi di superficie investita evidenzia che il 67% delle aziende ricade nell ambito della classe con superfici comprese tra 1 e 10 ettari, il 27 % tra 10 e 50 ettari e il 6,4% oltre 50 ettari. Nell arco dell ultimo decennio, tuttavia, si è registrata una concentrazione della produzione agricola in ragione dell aumento della dimensione media delle aziende stesse. Dal confronto tra l ultima indagine censuaria dell Istat del 2010 e la precedente del 2000, infatti, si evidenzia un incremento della superficie media aziendale a mais che passa da 3,6 ettari/azienda nel 2000 a 5,7 ettari/azienda nel Tale dinamica è da ascrivere alla consistente contrazione delle aziende rilevate nel 2010 (-48,3% sul 2000), a fronte di un minore decremento delle superfici investite (-16,7%). Tab. 3 La distribuzione delle aziende a mais per classi di SAU nel 2010 Sup. investita (ha) Aziende (n.) classi di SAU 2010 Quota % Var.% 10/ Quota % Var.% 10/00 < 1 ha % -65, % -74, % -48, % -55, % -46, % -51, % -41, % -46, % -36, % -41, % -27, % -32, % -15, % -22, % -4, % -10, % 1, ,3% -3,3 > 100 ha % 18, ,1% 2,2 Totale % -16, % -48,3 Fonte: elaborazione ISMEA su dati Istat La coltivazione del mais prevale nettamente nelle regioni del Nord che rappresentano l 80% delle aziende e utilizzano la quasi totalità delle superfici nazionali (93%). Con particolare riferimento a Veneto, si evidenzia una maggiore frammentazione aziendale nelle aziende in ragione del fatto che il 29% delle superfici è utilizzato dal 37% delle aziende agricole. In tal modo, la superficie media aziendale è inferiore al dato nazionale (4,4 ha/azienda vs 5,7 ettari/azienda). Situazione opposta si rileva in Lombardia dove il 26% delle superfici è utilizzato dal 12% delle aziende. La dimensione media aziendale supera i 12 ettari/azienda, ben al di sopra il dato medio nazionale. 7

8 Fig. 4 La ripartizione territoriale delle aziende e delle superfici a mais nel % 90% 80% quota % superfici quota % aziende 93% 79% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% 26% 18% 14% 12% 29% 37% 8% Piemonte Lombardia Veneto Friuli- Venezia Giulia 11% 8% 8% Emilia- Romagna 10% 10% 5% 3% Centro Sud ed Isole Nord Fonte: elaborazione ISMEA su dati Istat Per quanto riguarda invece l orzo nel 2010 risultano operanti nel comparto poco più di 88 mila aziende per una superficie complessiva di 262 mila ettari. Nel 2010 il 59% delle aziende ricade nella classe di superficie compresa tra 1 e 10 ettari, mentre solo l 8% ha una superficie investita superiore ai 50 ettari. Nell arco dell ultimo decennio, si osserva una significativa concentrazione produttiva in ragione della lieve contrazione delle superfici investite (-10%) cui è corrisposta una forte riduzione (-39%) del numero di aziende. La dimensione media aziendale, pur rimanendo significativamente contenuta, ha registrato un marcato incremento passando dai 2 ettari per azienda nel 2010 ai 3 ettari per azienda nel Tab. 4 - La distribuzione delle aziende ad orzo per classi di SAU nel 2010 Sup. investita (ha) Aziende (n.) classi di SAU 2010 Quota % Var.% 10/ Quota % Var.% 10/00 < 1 ha % -67, % -71, % -49, % -56, % -42, % -48, % -35, % -43, % -26, % -36, % -17, % -29, % -6, % -19, % 9, % -5, % 16, % 8,8 > 100 ha % 20, % 15,0 Totale % -10, % -39,2 Fonte: elaborazione ISMEA su dati Istat La distribuzione territoriale risulta più bilanciata rispetto al mais, mostrando una distribuzione uniforme in termini di superficie investita ed in numero di aziende tra gli areali del Centro-Nord e del Sud e Isole. E da rilevare, tuttavia, che le regioni del Nord si caratterizzano per una dimensione media aziendale più elevata rispetto al dato nazionale (3,7 ha/azienda vs 3 ha/azienda). Anche tra gli areali produttivi del Meridione si riscontrano casi in cui si registra una maggiore concentrazione produttiva, come in Sicilia e Puglia dove si registrano superfici medie aziendali superiori ai 4 ettari per azienda. Con riferimento alle regioni che detengono la maggior quota delle aziende, è da osservare che Abruzzo e Campania esprimono rispettivamente l 11 e 12% delle aziende utilizzando solo il 7 e 5% della superficie totale; la dimensione media aziendale risulta più bassa di quella media rilevata a livello nazionale (rispettivamente pari a 2 ha/azienda e 1,2 ha/azienda). 8

9 Fig. 5 - La ripartizione territoriale delle aziende e delle superfici ad orzo nel % 50% quota % superfici quota % aziende 51% 47% 53% 49% 40% 30% 20% 10% 12% 11% 9% 7% 7% 9% 7% 7% 7% 7% 6% 5% 6% 6% 9% 5% 0% Campania Abruzzo Marche Piemonte Basilicata Emilia- Romagna Umbria Sardegna Sud e isole Centro- Nord Fonte: elaborazione ISMEA su dati Istat 3.2. Evoluzione nazionale della produzione di orzo e mais La produzione di mais nell ultimo quinquennio si attesta in media attorno ai 8,7 milioni di tonnellate mostrando però una spiccata oscillazione produttiva annuale in ragione, fatti salvi gli investimenti, delle condizioni climatiche che caratterizzano il ciclo colturale, con particolare riferimento agli eventi siccitosi. Nell arco degli ultimi quindici anni, tuttavia, l offerta nazionale ha evidenziato una tendenza flessiva che, con particolare riferimento al periodo , si è concretizzata in una flessione media annua superiore al 2%. La produzione media di orzo si caratterizza per oscillazioni annuali meno marcate rispetto al mais. Anche in questo caso la dinamica di lungo periodo è risultata negativa; i volumi prodotti sono risultati costantemente superiori a 1 milione di tonnellate fino al 2008 per poi stabilizzarsi attorno alle 900 mila tonnellate in media negli anni successivi. Fig. 6 Evoluzione della produzione del mais ed orzo (000 t) Mais Orzo Fonte: Elaborazione ISMEA su dati Istat 9

10 Tab. 5 Evoluzione della produzione nazionale di mais (000 t) tvma % Veneto ,2 Piemonte ,9 Lombardia ,0 Emilia Romagna ,4 Friuli V. G ,6 Toscana ,2 Lazio ,3 Campania ,3 Umbria ,9 Abruzzo ,9 Marche ,7 Calabria ,0 Altre Regioni ,1 ITALIA ,4 Fonte: Elaborazione ISMEA su dati Istat Tab. 6 Evoluzione della produzione nazionale di orzo (000 t) tvma % Piemonte ,1 Emilia Romagna ,3 Umbria ,0 Puglia ,0 Lombardia ,0 Abruzzo ,3 Marche ,6 Lazio ,7 Toscana ,0 Veneto ,5 Campania ,0 Basilicata ,5 Sicilia ,7 Calabria ,3 Sardegna ,7 Altre Regioni ,6 ITALIA ,9 Fonte: Elaborazione ISMEA su dati Istat 3.3. Evoluzione dell export/import di orzo e mais La bilancia commerciale del mais e dell orzo è strutturalmente in deficit. Nel dettaglio, la granella di mais ha registrato nella media del periodo un passivo pari a circa 570 milioni di euro annuali, per volumi pari a 3 milioni di tonnellate circa. Nel caso dell orzo, il saldo in volume è stato negativo, nella media , per 690 mila tonnellate annuali, corrispondente in valore a un deficit di 125 milioni di euro. Per il comparto del mais si evidenzia, negli ultimi anni, una consistente progressione dei volumi di materia prima acquistati sui mercati esteri, proceduti ad un ritmo medio annuo prossimo al 12%. La propensione all import, infatti, si è accresciuta ad un tasso medio annuo dell 10% e, di contro, il grado di autoapprovvigionamento (rappresenta la quota degli utilizzi dell industria mangimistica coperta dalla produzione nazionale) si è ridotto del 4% circa; tale indicatore, che peraltro era prossimo al 100% nei primi anni 2000, è sceso nel 2014 al 67%. Medesima dinamica si è osservata per l orzo: il grado di autoapprovvigionamento è calato ad un ritmo medio annuo del 3%(la produzione nazionale riesce a coprire in media poco meno del 60% del fabbisogno interno), mentre la propensione all import è progredita del 4,5% medio annuo. 10

11 Tab. 7 Gli indicatori del commercio con l estero della granella di mais tvma % Esportazioni (000 ) ,8 Importazioni (000 ) ,7 Saldo commerciale (000 ) ,0 Esportazioni (000 t) ,9 Importazioni (000 t) ,8 Saldo commerciale (000 t) ,0 Autoapprovvigionamento 1 (%) 81,7 79,2 80,4 79,4 75,4 66,9 67,2-3,7 Propensione all'export 2 (%) 1,3 0,7 1,7 1,4 0,9 0,5 0,5-20,9 Propensione all'import 3 (%) 19,4 21,4 20,9 21,8 25,2 33,4 33,1 10,4 Saldo normalizzato 4 (%) -89,3-94,9-87,9-90,3-95,0-98,1-98,2 2,1 1 = produzione/consumo; 2 = export/produzione; 3 = import/consumo; 4 = (exp-imp)/(exp+imp) Fonte: elaborazione ISMEA su dati Istat Tab. 8 Gli indicatori del commercio con l estero della granella di orzo tvma % Esportazioni (000 ) ,6 Importazioni (000 ) ,7 Saldo commerciale (000 ) ,5 Esportazioni (000 t) ,2 Importazioni (000 t) ,2 Saldo commerciale (000 t) ,8 Autoapprovvigionamento 1 (%) 68,0 62,1 53,0 51,5 65,9 58,5 57,5-2,9 Propensione all'export 2 (%) 2,0 0,7 0,8 1,1 0,7 1,1 0,4-16,6 Propensione all'import 3 (%) 33,4 38,3 47,4 49,1 34,5 42,1 42,7 4,5 Saldo normalizzato 4 (%) -92,1-97,7-98,3-97,7-97,5-96,9-99,0 1,1 1 = produzione/consumo; 2 = export/produzione; 3 = import/consumo; 4 = (exp-imp)/(exp+imp) Fonte: elaborazione ISMEA su dati Istat 3.4. Evoluzione del consumo apparente del mais ed orzo Il consumo apparente ha evidenziato nel medio periodo un andamento contrapposto tra i due prodotti in considerazione. Per quanto riguarda il mais, si è osservata un aumento dei consumi proceduto ad un tasso medio annuo di circa l 1,3% dal 2008 al 2014, soddisfatto esclusivamente dal maggior ricorso al mais di provenienza estera. Nel caso dell orzo si osserva un calo dei consumi in ragione della minore offerta nazionale, a fronte di importazioni sostanzialmente stabili. Tab. 9 Il consumo apparente della granella di mais e orzo (000t) tvma % produzione - mais ,4 - orzo ,9 import - mais ,8 - orzo ,2 export - mais ,9 - orzo ,2 consumi apparenti - mais ,3 - orzo ,1 Fonte: elaborazione ISMEA su Istat 11

12 4. Struttura e evoluzione dell offerta dell industria mangimistica 4.1. Evoluzione della produzione nazionale degli mangimi La produzione di mangimi composti 1 nel nostro paese ha visto un forte incremento negli ultimi quindici anni. In particolare, analizzando i dati forniti da Assalzoo emerge che la produzione mangimistica nazionale nel 2000 ammontava a poco meno di 12 milioni di tonnellate, per arrivare a oltrepassare la soglia dei 14 milioni di tonnellate nel Tale dinamica è da ascrivere, da un lato all aumento dei capi allevati, che proprio tra il 2000 e il 2004 ha fatto registrare un significativo incremento - con particolare riferimento ai suini e agli avicoli - dall altro all impedimento dell utilizzo di farine animali nella alimentazione zootecnica in ragione delle note vicende della BSE che avevano peraltro determinato l incremento del consumo delle carni bianche. Fig. 7 Evoluzione della produzione di mangimi composti in Italia (000 t) Fonte: elaborazione ISMEA su dati Assalzoo Relativamente ai mangimi semplici 2, vengono destinati all alimentazione animale circa 19 milioni di tonnellate, rappresentati in larga misura dal mais (45%) e dalla crusca (14%) derivata dalla molitura del frumento tenero e frumento duro; una quota rilevante nella razione alimentare è rappresentata dai mangimi di origine diversa dai cereali (23%). 1 Miscele di prodotti di origine vegetale od animale, allo stato naturale, freschi o conservati, o di derivati della loro trasformazione industriale, o di sostanze organiche e inorganiche, comprendenti o no additivi, destinati come tali all alimentazione degli animali per via orale sotto forma di mangimi completi (miscele di mangimi per animali che, per la loro composizione, bastano ad assicurare una razione giornaliera) o mangimi complementari (detti anche nuclei e sono miscele di mangimi che contengono tassi elevati di alcune sostanze e che, per la loro composizione, assicurano la razione giornaliera soltanto se sono associati ad altri mangimi per animali. 2 Sono i diversi prodotti di origine vegetale, allo stato naturale, freschi o conservati, nonché i derivati della loro trasformazione industriale, come pure le sostanze organiche e inorganiche, comprendenti o no additivi, destinati come tali all alimentazione degli animali per via orale, o ad essere impiegati come materie prime per la preparazione di mangimi composti o come supporto degli integratori. 12

13 Tab. 10 Utilizzazioni di mangimi semplici in Italia (valori medi in tonnellate) Prodotti Prod. Nazionale Importazione Esportazione Fonte: elaborazione ISMEA su dati Assalzoo Disponibilità Totale Utilizzazione per alimentazione umana Utilizzazione per alimentazione animale Avena Frumento tenero Frumento duro Granoturco Orzo Segale Altri cereali Siero di latte in polver Farina di pesce Crusca Farine di estrazione - di semi oleosi Totale Fig. 8 Destinazione d uso dei mangimi semplici e ripartizione percentuale delle materie prime (valori medi ) 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% Ripartizione delle utilizzazioni Utilizzazioni per l'alimentazione animale Avena Frumento 2% tenero 6% Crusca 14% Altri mangimi* 23% Mais 45% Utilizzazione per alimentazione animale Utilizzazione per usi diversi Altri cereali 3% Orzo 7% *) farina di soia, farina di pesce e siero di latte in polvere Fonte: elaborazione ISMEA su dati Assalzoo 4.2. Evoluzione dell export/import dei mangimi Gli scambi con l estero dei mangimi composti evidenziano un saldo commerciale strutturalmente passivo. Nell arco degli ultimi anni si è registrato un leggero peggioramento del deficit in ragione della rivalutazione del valore delle importazioni che, invece, sono rimaste pressoché stabili in volume. Il tasso di autoapprovvigionamento sempre prossimo al 100% dimostra, tuttavia, che il livello dei volumi di mangimi composti importati non ha un grande rilievo per l industria mangimistica nazionale; la produzione nazionale di tali mangimi riesce a coprire la quasi totalità della domanda degli allevamenti zootecnici. 13

14 Tab. 11 Gli indicatori del commercio con l estero dei mangimi composti tvma % Esportazioni * (000 ) ,4 Importazioni * (000 ) ,5 Saldo commerciale (000 ) ,7 Esportazioni * (000 t) ,0 Importazioni * (000 t) ,2 Saldo commerciale (000 t) ,8 Tasso di autoapprovvigionamento 1 (%) 98,0 98,1 98,3 98,7 98,9 99,0 99,4 0,3 Propensione all'export 2 (%) 1,9 2,0 2,3 2,5 2,7 2,9 3,4 12,4 Propensione all'import 3 (%) 3,9 3,8 4,0 3,8 3,8 3,9 4,0 0,3 Saldo normalizzato 4 (%) -35,2-33,6-27,8-20,6-17,7-15,3-8,6-21,0 1= produzione/consumo; 2 = export/produzione; 3 = import/consumo; 4 = (exp-imp)/(exp+imp); 5 = escluso frumento duro * = Classificazione NC8: Alimenti per cani o gatti, condizionati per la vendita al minuto; Preparazioni dei tipi utilizzati per l'alimentazione degli animali (escl. alimenti per cani o gatti, condizionati per la vendita al minuto) Fonte: elaborazione ISMEA su dati Istat, Assalzoo 5. I fattori competitivi dell industria mangimistica 5.1. L approvvigionamento della materia prima Fino ai primi anni 2000 la produzione nazionale di mais esprimeva un tasso di autoapprovvigionamento prossimo al 100% riuscendo a soddisfare ampiamente la domanda dell industria mangimistica. Negli anni successivi si è evidenziato un differenziale sempre più elevato in ragione della minore offerta nazionale di granella che, in maniera speculare, è stata sostituita dal prodotto di importazione. Nel 2009, 2012 e 2013, inoltre, la situazione è peggiorata; il livello della produzione interna, infatti, è risultata nettamente inferiore alle richieste industriali. Questo gap nell ultimo biennio si è attestato a poco meno di 600 mila tonnellate. Analoga situazione si rileva per l orzo per il quale, tuttavia, i quantitativi utilizzati dai mangimifici risultano nel tempo strutturalmente più elevati dei raccolti nazionali. Fig. 9 Gap tra offerta e domanda di granella di mais (000 t) produzione nazionale utilizzazioni dei mangimifici Fonte: elaborazione ISMEA su dati Assalzoo 14

15 nov-03 mag-04 nov-04 mag-05 nov-05 mag-06 nov-06 mag-07 nov-07 mag-08 nov-08 mag-09 nov-09 mag-10 nov-10 mag-11 nov-11 mag-12 nov-12 mag-13 nov-13 mag-14 nov-14 mag-15 nov-15 Fig. 10 Gap tra offerta e domanda di granella di orzo (000 t) utilizzazioni dei mangimifici produzione nazionale Fonte: elaborazione ISMEA su dati Assalzoo 5.2. Il prezzo all origine della granella Il mercato italiano del mais e dell orzo dipendono fortemente dalle dinamiche che si realizzano a livello internazionale ed ha una natura di derivazione in conseguenza degli elevati quantitativi importati, soprattutto di mais. Il mercato internazionale del mais e dell orzo, come quello dei cereali in genere, è strutturalmente instabile e regolato da una moltitudine di variabili che possono essere sintetizzate nei fattori strutturali - come ad esempio la crescente richiesta proveniente dai Paesi emergenti in ragione della crescita economica e del cambiamento dei modelli di consumo rivolti sempre più al consumo di carne - e congiunturali come ad esempio il calo dell offerta causata da eventi climatici sfavorevoli che possono determinare una forte contrazione degli stock, l aumento del prezzo del petrolio che agisce in larga misura sull aumento dei costi di produzione e di trasporto, la fluttuazione del dollaro che influisce direttamente sul livello degli scambi, e le azioni di limitazione dell export (dazi/contingenti) che possono essere adottate dai Paesi esportatori comprimendone ulteriormente l offerta. Fig. 11 Prezzi CIF del mais comunitario e confronto con le quotazioni nazionali ( /t) Comunitario Ibrido-Nazionale Fonte: Ismea 15

16 Fig. 12 Prezzi CIF dell orzo estero e confronto con le quotazioni nazionali ( /t) nov-03 mag-04 nov-04 mag-05 nov-05 mag-06 nov-06 mag-07 nov-07 mag-08 nov-08 mag-09 nov-09 mag-10 nov-10 mag-11 nov-11 mag-12 nov-12 mag-13 nov-13 mag-14 nov-14 mag-15 nov-15 estero nazionale Fonte: Ismea Siti Web e banche dati online Questo lavoro è stato realizzato nell ambito del Piano di settore Cerealicolo finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Area Mercati Responsabile di redazione: Giovanna Maria Ferrari Redazione a cura di: Cosimo Montanaro e Luca Ceccarelli c.montanaro@ismea.it 16

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