UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PADOVA. Effetto della positività allo Staphylococcus aureus sulla produzione quanti-qualitativa di bovine da latte

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1 UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PADOVA FACOLTA' DI AGRARIA E MEDICINA VETERINARIA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ANIMALI Tesi di Laurea in Scienze e Tecnologie Animali Effetto della positività allo Staphylococcus aureus sulla produzione quanti-qualitativa di bovine da latte Relatore: Ch.mo Prof. Martino Cassandro Correlatori: Dott. Mauro Penasa Dott. Alberto Simonetto Laureando: Marco Cullere ANNO ACCADEMICO

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3 ABSTRACT Effect of Staphylococcus aureus on milk yield and quality in dairy cows Mastitis is one of the most important and expensive diseases affecting dairy cattle production and is the most frequently cited reason for culling and use of antibiotics in lactating dairy cattle. Aims of this thesis were to evaluate the effect of Staphylococcus aureus on milk yield and quality in dairy cows and the effectiveness of Synulox in the treatment of the mastitis caused by this pathogen. Sixteen Holstein Friesian cows, divided in two experimental groups with 8 animals each, were involved in a trial from 20 th April to 8 th May These two groups were defined on the basis of the positivity (T) or negativity (C) to the infection caused by Staphylococcus aureus. The trial was divided in two periods of three days of sampling each (Period I: -6, -3, 0; Period II: 6, 9, 12). The day 0 corresponds to the first injection of the drug to cows of group T. Milk yield, fat, protein and casein contents, and somatic cell count (SCC) were recorded for each cow in the 6 days of the experiment. These data were analysed using a model with repeated measurements. The fixed effects were treatment, day of sampling, interaction between treatment and day of sampling, lactation stage and parity. The cow was included as random effect. The trait SCC was transformed in somatic cell score (SCS) prior to statistical analysis. The positivity of T animals to the pathogen negatively influenced protein and caseins contents, and somatic cells, even if on the whole it did not compromise the quality of the milk. Moreover, the treatment of T cows with Synulox did not improve the production in terms of volume and quality, indicating a possible antibiotic resistance of the strain of Staphylococcus aureus present in the herd

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5 RIASSUNTO La mastite è una delle malattie più importanti e costose che interessano le bovine da latte in produzione, oltre ad essere la principale causa di eliminazione degli animali e di impiego di antibiotici nell allevamento. Con la seguente prova sperimentale si è voluto valutare l effetto della positività allo Staphylococcus aureus sulla produzione quanti-qualitativa di bovine da latte e, successivamente, l efficacia del farmaco Synulox nel trattamento della mastite causata dal patogeno. Sono state impiegate, nel periodo compreso tra il 20 Aprile e l 8 Maggio 2007, 16 bovine di razza Frisona Italiana distribuite in due gruppi da 8 animali ciascuno, definiti sulla base della positività (T) o negatività (C) all infezione da Staphylococcus aureus. La prova è stata suddivisa in 2 fasi, ognuna delle quali composta da 3 giornate di campionamento (Fase I: -6, -3, 0; Fase II: 6, 9, 12). Il giorno 0 corrisponde al momento in cui, al gruppo T, è stato somministrato il farmaco. Per ogni animale e per ogni giornata di ciascuna fase, erano disponibili le informazioni relative alla produzione di latte, alle percentuali di grasso, proteina e caseine, e al contenuto cellulare (SCC). Questi caratteri sono stati analizzati con un modello a misurazioni ripetute in cui si sono considerati gli effetti fissi del trattamento, del giorno di controllo, dell interazione tra trattamento e giorno di controllo, dello stadio di lattazione e dell ordine di parto. L animale è stato inserito come effetto casuale. Il carattere SCC è stato trasformato in punteggio di cellule somatiche (SCS) prima dell analisi statistica. È stato osservato che la positività degli animali appartenenti al gruppo T ha condizionato negativamente le percentuali di proteina e di caseine, e le cellule somatiche, anche se quest influenza non ha complessivamente compromesso la qualità del latte prodotto. Oltretutto, il trattamento del gruppo T con Synulox non ha prodotto i miglioramenti attesi in termini produttivi, indicando una possibile capacità del ceppo di Staphylococcus aureus, presente in stalla, di resistere al farmaco

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7 INDICE ABSTRACT... 3 RIASSUNTO 5 1. INTRODUZIONE Anatomia e fisiologia della mammella bovina La mastite bovina Il processo infettivo Le cellule somatiche La gestione della mastite in allevamento Metodi diagnostici Lo Staphylococcus aureus Il Synulox OBIETTIVI MATERIALI E METODI Presentazione della prova sperimentale Raccolta dati e analisi di laboratorio Editing dei dati Analisi statistica RISULTATI E DISCUSSIONE CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA TABELLE E FIGURE

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9 1. INTRODUZIONE 1.1. Anatomia e fisiologia della mammella bovina La mammella, che rappresenta il carattere più significativo e peculiare dei Mammiferi, è presente sia nel maschio sia nella femmina, ma solo in quest ultima assume, a partire dalla pubertà, un certo sviluppo. Le dimensioni aumentano considerevolmente nella parte terminale della gravidanza, preparatoria al parto e alla lattazione, in cui si assiste ad un incremento volumetrico variabile da soggetto a soggetto e relazionabile alla potenziale capacità produttiva dell animale. Dal punto di vista embriologico, la mammella prende origine dall ectoderma embrionario ed è considerata una ghiandola sudoripara apocrina modificata (Bortolami et al., 1997). Il suo parenchima è costituito dalle cellule secernenti il latte (lattociti) e si sviluppa dalla proliferazione delle cellule embrionali derivanti dal cordone primitivo; queste, nella parte finale, danno luogo a strutture cave chiamate alveoli. Nella vacca la mammella si compone di 4 unità secernenti, definite quarti, situate nella regione inguinale; a ciascun quarto corrisponde un capezzolo, cioè un area di epitelio che funge da collegamento all esterno del sistema interno di secrezione del latte. L apice del capezzolo è provvisto di un orifizio, il poro lattifero, che, durante l intervallo fra una mungitura e l altra, viene mantenuto chiuso da un muscolo a sfintere e da un tappo di cheratina. La capacità che ha la mammella della bovina di contenere quantità anche molto elevate di secreto senza pericolo di rompersi a causa del peso, è legata alla presenza di un particolare sistema di sospensione formato da due tipologie di legamenti: il primo è un legamento sospensorio laterale, non elastico, che prende origine dai legamenti prepubico e sovrapubico e che a vari livelli entra nella mammella e ne costituisce la struttura, divenendo parte del tessuto connettivo interstiziale. Il secondo, un legamento sospensorio mediano, si forma fra un paio di ghiandole mammarie ed è costituito da tessuto connettivo elastico che deriva dalla tunica addominale. Dal punto di vista strutturale, la mammella è una ghiandola tubulo-alveolare composta ad organizzazione lobulare. L alveolo (o adenomero) ne rappresenta l unità fondamentale ed è responsabile della secrezione del latte. Gruppi di alveoli adiacenti formano i lobuli e dall associazione di più lobuli vicini si originano i lobi, circondati da bande di tessuto connettivo (Cunningham, 2006). Ciascun alveolo è costituito da una cavità rivestita da un epitelio semplice dotato di capacità secretoria, la cui altezza varia a seconda dello stato fisiologico. Si caratterizza, inoltre, per un elevata vascolarizzazione, con terminazioni arteriose e venose; esternamente è avvolto dai prolungamenti delle cellule mioepiteliali, i quali formano un vero e proprio canestro che avvolge le unità secernenti

10 Ciò che permette al latte di passare dagli alveoli, sito di produzione, al capezzolo, luogo di escrezione, è un sistema sviluppato e articolato di dotti. Il secreto, sintetizzato a livello cellulare, è riversato nel lume alveolare; da questa sede passa prima nei piccoli dotti mammari e successivamente nei grandi dotti. Questi ultimi confluiscono e si svuotano in aree specializzate situate nella parte ventrale della ghiandola mammaria, le cisterne; si tratta di cavità che permettono all animale di stoccare il latte proveniente dalla sintesi alveolare. La cisterna comunica con il capezzolo sottostante, dal quale il secreto accumulato viene rimosso nel corso della mungitura o per effetto della suzione esercitata dal vitello neonato. Il meccanismo di eiezione del latte, la sua regolazione fisiologica e la conseguente rimozione del secreto devono essere adeguatamente conosciuti e considerati per garantire il corretto utilizzo delle macchine deputate alla mungitura, in modo tale da non sottovalutare le specifiche esigenze fisiologiche degli animali e da ottimizzare l interazione fra animale e strumentazione. L eiezione del latte è un riflesso neuro-umorale involontario noto come riflesso di Ferguson (Bortolami et al., 1997) che si instaura in risposta a stimoli sensoriali di varia natura (tattili, visivi, uditivi, olfattivi) e che si possono verificare all interno o in prossimità della sala di mungitura. Nello specifico, la stimolazione tattile esercitata sui capezzoli e sull apparato mammario della bovina durante la fase di preparazione alla mungitura, attiva i recettori nervosi, sensibili alla pressione, disposti a livello cutaneo. Tutto ciò origina una serie di segnali che, attraverso il midollo spinale, passano dalla mammella all encefalo e terminano a livello del nucleo ipotalamico paraventricolare. In questa sede viene sintetizzata l ossitocina, un ormone di natura peptidica che migra, sottoforma di granuli di neurosecreto, verso la neuroipofisi. A livello ipofisario l ossitocina viene riversata nel flusso ematico e ad elevate concentrazioni raggiunge la mammella dove la pressione endomammaria subisce un aumento. L azione dell ossitocina si esplica sulle cellule mioepiteliali, determinando la loro contrazione e favorendo così la spremitura degli alveoli e il riversamento del latte nei dotti mammari. Anche le cellule muscolari dei dotti lattiferi vengono indotte alla contrazione e il latte in essi contenuto si sposta quindi verso il dotto papillare. Dalla stimolazione tattile del capezzolo all inizio dell eiezione del latte passano mediamente 1 o 2 minuti (Bruckmaier, 2001). La variabilità esistente è perlopiù imputabile al grado di riempimento della mammella; quest ultimo, a sua volta, dipende dallo stadio di lattazione in cui si trova l animale e dal tempo trascorso dall ultima mungitura. Infatti, la produzione di latte decresce nelle fasi conclusive della lattazione, per cui la ghiandola mammaria non riesce a riempirsi bene durante l intervallo fra una mungitura e l altra; se poi questo intervallo è anche piuttosto breve, l eiezione del latte può essere ulteriormente ritardata. È importante sottolineare che la manifestazione variabile di questo fenomeno non è legata a differenze nella capacità di sintetizzare e liberare l ossitocina, poiché nel corso della lattazione il rilascio dell ormone ad inizio mungitura tende comunque a

11 crescere (Bruckmaier, 2001). La ritardata eiezione di latte a bassi livelli di riempimento della mammella è dovuta piuttosto ad una risposta ritardata all ormone stesso da parte della ghiandola mammaria: è necessaria una maggiore contrazione mioepiteliale per espellere il latte dagli alveoli non completamente pieni rispetto a quella necessaria per spremere il secreto fuori da quelli pieni; di conseguenza una contrazione più intensa necessita di più tempo, sia per immettere il latte nei dotti, sia per farlo giungere alla cisterna. Gli stimoli esercitati dalla mungitura o dalla suzione da parte del vitello inducono anche la liberazione della prolattina, un ormone sintetizzato dall adenoipofisi e coinvolto nel mantenimento della secrezione della ghiandola mammaria. La prolattina sintetizzata nel corso di una mungitura influenza la quantità di latte prodotta nella mungitura successiva (Bortolami et al., 1997). La situazione è diversa per l ossitocina: infatti, la quantità liberata in seguito ai già citati stimoli, influenza l eiezione del latte relativamente alla mungitura in corso. Inoltre si tratta della quota stoccata a livello della neuroipofisi che rimane attiva solamente per un tempo limitato a pochi minuti. Ecco quindi l importanza di attuare le operazioni di mungitura rapidamente, per ottenere il completo svuotamento della mammella. Gli animali, ad un certo punto, sono costretti ad interrompere la lattazione per prepararsi a quella successiva ed il metodo utilizzato è la sospensione della mungitura. La pressione elevata del latte all interno degli alveoli inibisce progressivamente la produzione di latte da parte dei lattociti, con il risultato che il parenchima della ghiandola mammaria regredisce e gli alveoli scompaiono o perdono il lume e solo il tessuto connettivo è presente in abbondanza. Questa fase prende il nome di asciutta e, in genere, ha una durata di circa due mesi (Bittante et al., 2008), anche se è possibile una certa variabilità La mastite bovina La mastite è un processo infiammatorio a carico di uno o più quarti della mammella, i cui segnali generali (non sempre evidenti) sono il calore, il rossore, il dolore ed il gonfiore della parte interessata. E una delle patologie più frequenti negli allevamenti di bovine da latte, soprattutto in quelli caratterizzati da elevate produzioni. Infatti, come risposta correlata all incremento produttivo, si è avuto un trend del numero di mastiti in aumento nel corso degli anni. Dal punto di vista sanitario la mastite evoca delle preoccupazioni sia per quanto concerne la salute animale sia per quanto riguarda la salute umana (scarsa qualità del latte, residui antibiotici, fenomeni di antibioticoresistenza). Questa patologia è riconosciuta tra le principali cause di eliminazione delle vacche da latte, unitamente ai problemi riproduttivi (ipofertilità) e alla scarsa produzione, e comporta gravi e

12 significative perdite economiche per l allevamento (Timms and Schultz, 1984). Tali perdite sono da ricondurre sostanzialmente a: a) un peggioramento dello stato di salute dell animale, cui fa seguito un calo più o meno marcato della produzione di latte da porre in relazione con l entità del processo infettivo; si ha, inoltre, un peggioramento della qualità del latte stesso ed una penalizzazione per l allevatore all atto del pagamento; b) impossibilità da parte dell allevatore di conferire al caseificio latte di bovine mastitiche trattate con antibiotico a causa dei problemi derivanti dall interferenza esercitata dai principi attivi sul processo di coagulazione presamica del latte. Esiste anche un rischio associato all insorgenza di antibiotico-resistenza nell uomo dovuta alla presenza di residui nel secreto e nei suoi derivati, per cui è fondamentale il rispetto dei tempi di sospensione; c) aumento delle spese per interventi veterinari; d) aumento delle spese per l acquisto di antibiotici/farmaci; e) aumento dei costi per la sostituzione anticipata degli animali (maggiore quota di rimonta); f) aumento dei costi per lavoro extra. Tra tutte le voci sopra menzionate, la perdita di produzione di latte è il fattore di costo principale della mastite ed incide per il 70-80% sulla perdita economica totale, soprattutto in aziende altamente performanti. Tale perdita produttiva varia a seconda del tipo di mastite in corso (clinica o subclinica), del momento della comparsa del processo infettivo (inizio, metà o fine lattazione), del tipo di patogeni coinvolti (coliformi, streptococchi, stafilococchi ed altri), dell ordine di parto dell animale (maggiori perdite per le pluripare rispetto alle primipare) e della fase dell infezione (maggiore perdita in fase acuta ). Due sono i momenti più critici per la comparsa della patologia: a) le prime due settimane del periodo di asciutta (Pisoni, 2007): in questa fase la ghiandola si trova all inizio della sua involuzione e, al suo interno, si accumula una grande quantità di latte con relativo aumento della pressione endomammaria. Conseguentemente a ciò lo sfintere del capezzolo tende a rimanere pervio, favorendo l entrata dei patogeni colonizzatori della cute del capezzolo e dell ambiente circostante. Inoltre, nel primo periodo di asciutta, l epitelio del dotto papillare si atrofizza fisiologicamente e si riducono le cellule di difesa (linfociti, monociti, macrofagi, plasmacellule); b) il primo mese dopo il parto (Pisoni, 2007): nella secrezione mammaria si nota un forte abbassamento delle proprietà inibenti la crescita batterica a causa di una ridotta funzionalità del sistema immunitario. La temporanea depressione immunitaria post-partum è legata ad una fase di stress dell animale

13 La mastite si può presentare in due forme diverse: 1) clinica, nel 5-10% dei casi, quando i segni dell infiammazione sono presenti e, pertanto, più facili da rilevare. Può avere: a) decorso acuto (forma più comune di mastite clinica): in questo caso l infezione, dovuta ad agenti patogeni quali stafilococchi, streptococchi ed enterobatteri, si sviluppa molto rapidamente, comporta un forte incremento del numero di cellule somatiche ed alterazioni macroscopiche del latte. Inoltre le tossine batteriche provocano danni alla mammella, entrano in circolo e inducono la comparsa di febbre ed inappetenza, peggiorando quindi lo stato di salute generale dell animale; b) decorso cronico: può derivare da una non completa guarigione, dalla trascuratezza di mastiti cliniche o da una mancata diagnosi di mastiti subcliniche. Costituisce un concreto pericolo di infezione per i soggetti sani, determina atrofia tissutale (Cunningham, 2006) e possibile formazione di noduli rilevabili mediante palpazione. Può avere origine ambientale o contagiosa e i principali agenti patogeni responsabili sono Staphylococcus aureus e Streptococcus agalactiae. L animale infetto presenta condizioni di salute apparentemente buone, mentre il latte, come nel decorso acuto, presenta delle anomalie. 2) subclinica, è quella di maggior interesse perchè rappresenta il 90-95% dei casi: in genere è sostenuta da Streptococchi e Stafilococchi, si caratterizza per l assenza dei segnali dell infiammazione, l aumento della conta cellulare e la persistenza. Se trascurata porta alla cronicizzazione del processo infiammatorio con conseguente perdita economica (Pisoni, 2007) dovuta ad una contrazione della produzione di latte e alla ridotta permanenza della bovina in allevamento. I batteri sono la causa principale di eventi mastitici e diversi agenti patogeni sono ritenuti responsabili dell insorgenza delle patologia. Il primo gruppo è rappresentato dai patogeni ambientali, tra cui i Coliformi (es. Escherichia Coli, Klebsiella, Enterobacter) e gli Streptococchi (es. Streptococcus uberis e Streptococcus dysgalactiae) che sono rintracciabili nel suolo, nella lettiera, nelle deiezioni o nell acqua dell ambiente di allevamento. Possono penetrare attraverso traumi del capezzolo o, più semplicemente, in post-mungitura a causa del rilassamento dello sfintere. Per prevenire la replicazione e la diffusione di questi batteri è necessario il mantenimento di un igiene ambientale adeguata. Il secondo gruppo comprende i batteri classificati come contagiosi (es. Staphylococcus aureus e Streptococcus agalactiae): sono parassiti della mammella e possono trasferirsi da un animale ad un altro soprattutto durante le fasi della mungitura. Il terzo gruppo di patogeni (Stafilococchi coagulasi negativi) detti opportunisti, è costituito da agenti che colonizzano la cute della mammella, il dotto galattoforo e la cisterna del latte e che si trasmettono in

14 conseguenza di maltrattamenti al capezzolo durante la mungitura. Infine, si possono citare alcuni altri microrganismi che possono essere coinvolti nella manifestazione della mastite: Prototheca zopfii, Pseudomonas aeruginosa, Serratia e Corynebacterium pyogenes Il processo infettivo In generale, l evento mastite è la conseguenza dell interazione fra tre entità ben definite: l animale, l agente eziologico (microrganismo) e l ambiente. In aggiunta, vi sono molteplici fattori che possono predisporre l animale all insorgenza della patologia: una lesione allo sfintere del capezzolo (Luttinen and Juga, 1997), traumi derivanti da un non corretto funzionamento dell impianto di mungitura, un calo generale delle difese immunitarie come conseguenza di un evento particolare quale il parto o un intervento chirurgico, e l alimentazione. Dunque, la presenza di patogeni nell ambiente di stabulazione, associata a fattori predisponenti per l animale, può dare origine ad un evento mastitico: la penetrazione e la moltiplicazione di agenti infettivi nella mammella si può realizzare per via sanguigna (infezione ematogena), attraverso eventuali lesioni del capezzolo o della cute o, più comunemente, attraverso il canale del capezzolo stesso (infezione galattogena). In quest ultimo caso (Schalm et al., 1975) i microrganismi, una volta invasa la mammella attraverso il dotto papillare, aderiscono agli epiteli, si moltiplicano e colonizzano le cellule deputate alla secrezione del latte. Inoltre, secernono una serie di sostanze tossiche in grado di danneggiare i lattociti. A questo punto l organismo animale, per combattere l aggressione, reagisce inviando cellule del sistema immunitario in sede mammaria: quando si instaura un processo infettivo, infatti, i macrofagi residenziali della mammella utilizzano messaggi chemiotattici per richiamare in sede i granulociti neutrofili che si trovano nel sangue. Questi ultimi, giunti nell area infetta, fagocitano i batteri e, grazie al metabolismo respiratorio dei lisosomi in cui si produce H 2 O 2, ne determinano la morte. In genere, la maggior parte delle aggressioni a carico dell apparato mammario si risolvono grazie alle difese di cui l animale dispone naturalmente. Infatti, la normale conformazione anatomica del capezzolo, unitamente all azione del tappo di cheratina che si rigenera dopo ogni mungitura, all epitelio poco penetrabile e alla presenza di leucociti nel primo latte, costituiscono alcune importanti difese naturali contro l ingresso di agenti biologici Le cellule somatiche Con questo termine si identificano diverse tipologie di cellule che possiamo trovare, in percentuali diverse, nel latte:

15 a) leucociti (globuli bianchi), che derivano dal sangue e si dividono in linfociti, monociti, granulociti neutrofili, acidofili e basofili; b) macrofagi, di cui solo una piccola parte proviene dai monociti del sangue, mentre nella maggior parte dei casi si tratta di macrofagi residenziali della ghiandola; c) cellule epiteliali, che derivano direttamente dal turnover fisiologico della mammella e sono la conseguenza diretta dello sfaldamento dell epitelio della cisterna del latte e del dotto galattoforo, oppure possono derivare da lesioni a carico dell apparato mammario. E bene ricordare che un elevato livello di cellule somatiche nel latte non è la causa di mastite, bensì è la risposta alla presenza di patogeni in mammella, cioè di cellule del sistema immunitario inviate in situ per combattere il processo infettivo. In genere, elevati contenuti nel latte di queste cellule sono da considerarsi segnali dell insorgenza di mastiti e/o di disordini secretori dovuti all alimentazione. Nel latte di un quarto sano le cellule somatiche non dovrebbero superare la soglia di /ml, mentre nel latte di massa se ne dovrebbero trovare meno di /ml. La conta delle cellule somatiche (SCC, Somatic Cell Count), cioè la stima del numero totale di cellule presenti globalmente in 1 ml di latte, costituisce un indicatore indiretto di sanità della mammella ben noto e diffuso a livello internazionale e, di fatto, è il parametro gestionale più utilizzato per monitorare ed individuare i casi subclinici. Il contenuto cellulare di un latte normale segue indicativamente i seguenti rapporti percentuali: Cellule epiteliali 1% Linfociti 20% Granulociti neutrofili 15% Macrofagi 64% In un latte infetto questi rapporti cambiano e i granulociti neutrofili aumentano sensibilmente fino a superare il 95% del totale delle cellule. Sono molteplici i fattori che contribuiscono all aumento del contenuto cellulare del latte. Ad esempio, le cellule epiteliali possono vedere incrementato il loro numero per effetto dell età dell animale (numero di lattazioni) o dello stadio di lattazione (usura della mammella). Per quanto concerne i leucociti, un loro incremento è sostanzialmente imputabile ad un processo infiammatorio (mastite) sostenuto nella maggior parte dei casi da batteri che penetrano nella ghiandola mammaria, da traumatismi di varia natura e da disordini secretori derivanti da un alimentazione scorretta in quantità e qualità. Tuttavia, esistono situazioni particolari in cui l elevato numero di cellule somatiche nel latte di una bovina è il risultato di un sistema immunitario particolarmente attivo; oppure situazioni in cui un numero di cellule somatiche eccessivamente basso può essere il risultato di un insufficiente risposta

16 immunitaria dell ospite. Quest ultima situazione è sicuramente predisponente nei confronti di infezioni da parte di batteri. Un elevato valore di cellule somatiche influisce negativamente sulla produzione di latte sia in termini quantitativi (correlazione negativa tra conta cellulare e produzione) che qualitativi, andando perciò a determinare un peggioramento delle caratteristiche casearie La gestione della mastite in allevamento Poiché la mastite è prima di tutto un problema gestionale e ambientale, è di fondamentale importanza adottare tutti gli accorgimenti e le procedure che consentono di limitarne la comparsa. Studi (Neave et al., 1969) hanno dimostrato che la semplice adozione di un adeguato sistema igienico-sanitario prima, durante e dopo la mungitura associato ad un appropriata terapia in asciutta, riducono l incidenza di nuovi casi di infezione del 50%. La fase di mungitura vera e propria deve essere preceduta dalla pulizia della mammella (Gonzales et al., 1990) e, in caso di lavaggio, da un accurata asciugatura dei capezzoli con carta monouso per evitare gocciolamenti e inquinamenti del latte. L operazione di pulizia prevede anche l eliminazione e il controllo macroscopico delle prime stille di latte caratterizzate in genere da un elevata carica batterica. Inoltre, la pulizia racchiude in sé la fase di massaggio con l obiettivo di stimolare la scarica di ossitocina, ottenere un corretto rilascio del latte durante la mungitura e garantire un completo svuotamento della mammella. L operazione di massaggio riveste un ruolo fondamentale (Bruckmaier, 2001): una mungitura senza prestimolazione causa una riduzione transitoria o persino una totale interruzione del flusso di latte a causa del mancato rilascio di ossitocina. Nei momenti antecedenti l ingresso dell animale in sala è opportuno evitare situazioni stressanti, responsabili di un alterazione del rilascio di latte da parte della bovina. Si deve poi utilizzare in modo corretto la mungitrice ed effettuare un post-dipping tramite immersione dei capezzoli in sostanze disinfettanti in grado di creare un film protettivo a livello dello sfintere in attesa che si formi il tappo di cheratina. Inoltre, è buona norma mettere a disposizione dell animale alimento fresco all uscita dalla sala di mungitura, affinché sia invogliato a mangiarne, evitando, in questo modo, la contaminazione ambientale dovuta ad un decubito subito dopo la mungitura. È importante anche disporre di un buon impianto di mungitura che dovrà essere controllato periodicamente e sempre pulito. Per quanto riguarda le bovine positive alla mastite e quelle in cura, esse dovranno essere collocate in gruppi separati e munte per ultime (White, 2008). Infine, per tenere sotto controllo il problema delle mastiti e combattere le infezioni subcliniche in vista della lattazione successiva, risulta strategica la gestione del periodo di asciutta attraverso il trattamento dei quarti con l infusione mammaria di antibiotici specifici

17 Per un corretto ed efficace sistema di management aziendale, dovranno poi essere registrati tutti i dati relativi alla conta delle cellule somatiche di ogni singolo animale e del latte di massa, agli animali infetti, trattati, eliminati, ai risultati dei vari esami batteriologici eseguiti e, infine, ai casi di mastite clinica e subclinica riscontrati. In generale, possiamo schematizzare le informazioni utili per un corretto monitoraggio della mastite in allevamento come segue (Spotti, 2008): conduc. elettric a temper atura densità colore LATTE quant. flusso altro (ph) INFORMAZIONI alimento altro CORPO acqua peso attività temper atura freq. cardiaca 1.3. Metodi diagnostici La mastite può essere diagnosticata in modo diretto attraverso l esame fisico della mammella; questo è possibile in caso di decorso clinico della patologia e si valutano aspetti quali i segni dell infiammazione, le differenze di consistenza e i quarti sbilanciati. Un altro metodo diretto in grado di individuare anche le mastiti subcliniche è rappresentato dall esame batteriologico, che prevede la definizione dell agente infettante attraverso l esecuzione di una coltura batterica (Salat, 2008). Una volta identificato tale agente è possibile definire l antibiogramma, cioè il principio farmacologico verso il quale il germe si dimostra più sensibile; ciò garantisce un trattamento specifico e mirato, limitando l utilizzo di antibiotici ad ampio spettro d azione. Tra i metodi indiretti riconosciamo la conta cellulare del latte effettuata nei laboratori di analisi (conteggio microscopico, contatore ottico di particelle o contatore a mezzo fluorescenza) e il California Mastitis Test (CMT). Mentre la prima deve essere eseguita in laboratorio, il CMT può essere effettuato in azienda dall allevatore stesso, fornendo risultati istantanei. Viene eseguito su ogni singolo quarto e ha l obiettivo di individuare un numero anomalo di leucociti, attraverso una

18 reazione di coagulazione del latte. L interpretazione dei risultati ottenuti si basa sui seguenti riferimenti: Reazione negativa ( cell/ml) miscela fluida Reazione 1+ ( cell/ml) piccole fioccosità Reazione 2+ ( cell/ml) aspetto viscoso/gel Reazione 3+ ( cell/ml) formazione di gel Reazione 4+ (> cell/ml) gel denso e adeso Un ulteriore approccio diagnostico per determinare la presenza di microrganismi patogeni nel latte, anche se presenti in tracce, è l utilizzo della tecnica PCR (Polymerase Chain Reaction) real-time, che prevede l amplificazione di specifiche sequenze di DNA del patogeno, al fine di individuarlo. Con questo sistema non è più necessario eseguire una coltura batterica per determinare l agente, ma è sufficiente amplificare porzioni del suo acido nucleico in modo da individuarne la presenza. Rispetto alla classica PCR, risulta aumentata la velocità di amplificazione, non è necessaria l esecuzione dell elettroforesi e si ha un identificazione anche quantitativa delle specie. Un carattere che negli ultimi anni sta suscitando sempre più interesse per monitorare la sanità della mammella è la conducibilità elettrica (CE) del latte. La CE è la capacità di una soluzione di condurre una corrente elettrica tra due elettrodi e si misura in millisiemens (Norberg, 2005). Dal punto di vista fisiologico, la CE del latte è determinata dalla concentrazione di anioni (Cl - ) e cationi (Na +, K + ) (Kitchen, 1981). In caso di infezione intramammaria si ha un danno fisiologico a carico delle cellule responsabili della secrezione del latte, un aumento della concentrazione di ioni Na + e Cl -, ed un conseguente aumento della CE. Valori tipici di CE nel latte di quarti sani si attestano tra 4 e 5 ms a 25 C; tali valori tendono ad essere leggermente più alti quando misurati nelle sale di mungitura dai sensori in-line poiché la temperatura del latte è più alta (37 C). Molti sono i fattori che influenzano questo carattere: razza, ordine di parto, stadio di lattazione, intervallo di mungitura e composizione del latte. Rispetto alla conta cellulare (SCC) e alla sua trasformata (SCS, Somatic Cell Score), la CE offre numerosi vantaggi di carattere gestionale tra cui la possibilità di registrare i dati in continuo ad ogni mungitura e di averli immediatamente a disposizione (Jones et al., 1994). Dal punto di vista genetico l ereditabilità della CE e le correlazioni genetiche con la mastite sono discrete. In una rassegna bibliografica sull argomento, Norberg (2005) riporta valori di ereditabilità compresi tra il 12 ed il 36%, mentre le correlazioni genetiche con la mastite si attestano su valori compresi tra il 65 e l 80%. In virtù di queste considerazioni la CE del latte si propone come un potenziale carattere da utilizzare in programmi di selezione indiretta per ridurre l incidenza di mastiti in allevamento

19 1.4. Lo Staphylococcus aureus È un batterio Gram positivo, aerobio facoltativo e immobile (Poli and Cocilovo, 2004). Numerosi sono i ceppi che caratterizzano questo patogeno e la severità della malattia varia enormemente a seconda proprio del ceppo responsabile dell infezione. E dotato di capacità infettante elevata e si presenta come agente eziologico di una mastite altamente contagiosa, di carattere tendenzialmente cronico. Le principali riserve di Staphylococcus aureus sono la cute della mammella, il latte proveniente da quarti di bovine infette, le mani del mungitore e il gruppo prendicapezzoli. In particolare, gli ultimi due rappresentano un ottimo veicolo per la diffusione del batterio da un animale all altro. Questo patogeno, molto resistente e difficile da eliminare, ha la capacità di penetrare nel tessuto mammario, incapsularsi e originare focolai infiammatori profondi. Possiede inoltre la capacità di produrre enzimi in grado di inibire l azione di numerose molecole farmacologiche, dimostrando dunque una buona antibiotico-resistenza (Salat, 2008). Per controllare la diffusione di questo agente e, quindi, prevenire l insorgenza di mastiti, è necessario adottare un ottimale gestione igienico-sanitaria della mandria associata all esecuzione periodica dell esame batteriologico, al controllo del livello cellulare del latte, alla separazione delle bovine che risultano infette, all eliminazione di quelle che non sono curabili e al trattamento con antibiotici per infusione intramammaria prima della messa in asciutta della vacca (Oliver and Mitchell, 1984). Nel caso di animali infetti, infine, è bene valutare se sia opportuno trattarli o eliminarli in funzione dell età, produzione attesa, numero di quarti infetti e altri fattori (Barkema et al., 2006) Il Synulox Questo farmaco veterinario della Pfizer, destinato al trattamento della specie bovina, possiede uno spettro d azione più ampio rispetto alla versione precedente: la combinazione di amoxicillina e acido clavulanico, infatti, rende questo medicinale efficace, in vitro, anche nei confronti di ceppi di Stafilococchi, Escherichia coli, Salmonelle e altri batteri produttori dell enzima beta-lattamasi, responsabile della distruzione della molecola dell antibiotico prima che possa agire contro il batterio stesso (antibiotico-resistenza). Il clavulanato di potassio contrasta tale meccanismo di difesa inattivando in modo irreversibile la beta-lattamasi e permettendo così all amoxicillina di esplicare la sua azione battericida. Il farmaco deve essere somministrato una volta al giorno per 3-5 giorni consecutivi per via sottocutanea o intramuscolare. Il tempo di sospensione per il latte è di 24 ore

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21 2. OBIETTIVI Lo Staphylococcus aureus è un batterio ubiquitario, assai diffuso negli allevamenti di vacche da latte nei quali si presenta come agente causale di mastiti a carattere prevalentemente cronico, altamente contagiose. Esso ha la capacità di produrre enzimi in grado di inattivare i principi attivi di numerosi farmaci, conferendogli antibiotico-resistenza. Per tali motivi e per il fatto che ha la capacità di penetrare nel tessuto mammario, incapsularsi e generare focolai infiammatori profondi, la mastite causata dallo Staphylococcus aureus è molto difficile da curare. L animale infetto vede generalmente peggiorate le sue condizioni di salute e può evidenziare un calo nella produzione di latte ed uno scadimento della qualità dello stesso. Inoltre, a causa dei necessari interventi di trattamento degli animali, si verifica un incremento dei costi aziendali. Partendo da queste premesse, gli obiettivi della presente tesi sono stati: valutare l effetto della positività allo Staphylococcus aureus sulla produzione quantqualitativa di bovine da latte di razza Frisona Italiana; valutare l efficacia del farmaco Synulox della Pfizer nel trattamento della mastite causata da Staphylococcus aureus

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23 3. MATERIALI E METODI 3.1. Presentazione della prova sperimentale La prova di campo si è svolta presso le strutture zootecniche dell Azienda Agraria Sperimentale L. Toniolo dell Università degli Studi di Padova nel periodo compreso tra il 20 aprile e l 8 maggio In una fase preliminare (fine marzo) sono stati raccolti campioni di latte dai singoli quarti delle vacche presenti in azienda. I campioni sono stati inviati presso i laboratori dell Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (Legnaro) che ha proceduto all effettuazione di colture batteriche per accertare la positività degli animali allo Staphylococcus aureus. I risultati dell analisi hanno permesso di evidenziare la positività di 10 vacche (9 di razza Frisona Italiana e 1 di razza Bruna Italiana) al patogeno. Sulla base di questi risultati si è proceduto alla costituzione di 2 gruppi sperimentali, ciascuno composto da 9 bovine di razza Frisona Italiana: il primo è stato denominato gruppo Controllo (C) e comprendeva le bovine testate negative per lo Staphylococcus aureus, mentre il secondo è stato denominato gruppo Trattato (T) e comprendeva le vacche testate positive. Poiché il batterio è stato riscontrato in un solo animale di razza Bruna, si è deciso di non considerare questo genotipo nella prova (impossibilità di effettuare confronti attendibili tra le 2 razze). Inoltre, tenuto conto del numero ridotto di animali presenti in azienda e nonostante il tentativo di uniformare il più possibile i due gruppi, non si è riusciti a garantire una distribuzione uniforme delle bovine per l ordine di parto; la conseguenza è che il gruppo C comprendeva bovine di ordine di parto mediamente inferiore rispetto a quelle del gruppo T. In seguito alla formazione dei gruppi si è proceduto all organizzazione della prova sperimentale vera e propria che, come menzionato sopra, si è svolta tra il 20 aprile e l 8 maggio In totale sono state scelte 6 giornate per il campionamento: 20, 23, e 26 aprile e 2, 5 e 8 maggio, denominate, rispettivamente, giorno -6, -3, e 0, e 6, 9, e 12. Il giorno 0 corrisponde alla data del 26 aprile 2007, momento in cui al gruppo T è stata iniettata per via intramuscolare, al termine della mungitura del mattino, la prima dose (30 ml/capo) di Synulox. Il trattamento è stato ripetuto anche nelle 2 mattine successive (27 e 28 aprile) per un totale di 3 somministrazioni antibiotiche. Al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati dalla presente tesi, la prova è stata suddivisa in 2 Fasi: la prima, che va dal giorno -6 al giorno 0, è stata denominata Fase I e la distinzione tra i due gruppi si è basata esclusivamente sulla presenza (T) o assenza (C) dello Staphylococcus aureus in almeno un quarto delle bovine. In questo caso l obiettivo

24 era quello di valutare l effetto della positività al patogeno sulla produzione quantiqualitativa di latte; la seconda, che va dal giorno 6 al giorno 12, è stata chiamata Fase II e la distinzione tra i due gruppi, oltre che sulla positività al batterio, ha riguardato anche l esecuzione (T) o meno (C) del trattamento antibiotico con il Synulox a fine mungitura. In questo caso l obiettivo era quello di valutare l efficacia del farmaco nel trattamento della mastite causata da Staphylococcus aureus Raccolta dati e analisi di laboratorio La raccolta dei campioni di latte è stata effettuata nel corso della mungitura del mattino per mezzo di provette numerate con l aziendale dell animale, riportanti la data di prelievo e contenenti un conservante antimicrobico al fine di evitare che la carica batterica presente nel latte ne intaccasse i costituenti chimici e determinasse modifiche indesiderate su ph e altri parametri. Al termine della raccolta, i campioni venivano conferiti all ARAV (Associazione Regionale Allevatori Veneto) di Padova per l analisi delle caratteristiche qualitative del latte (contenuto di proteina e grasso, caseine e SCC). La percentuale di grasso non è stata considerata nelle analisi statistiche successive a causa del riscontro di numerosi valori anomali e molto bassi, lontani dalla reale situazione della stalla che conferisce latte ad alta qualità. Tali valori anomali potrebbero essere legati ad un affioramento del grasso prima dell esecuzione delle analisi di laboratorio. La quantità di latte prodotta dalle bovine è stata registrata ad ogni mungitura per cui la quantità giornaliera per vacca è risultata dalla somma delle produzioni della mattina e della sera Editing dei dati Prima di procedere con l analisi statistica, è stato effettuato un controllo dei dati presenti in archivio e relativi alle caratteristiche quanti-qualitative del latte per individuare record incongruenti. Sono state eliminate le informazioni relative ad una bovina che presentava una produzione giornaliera inferiore ai 3 kg e quelli dell unica bovina primipara presente che, quindi, distingueva ancor più l ordine di parto, già diverso tra i 2 gruppi. Al termine della procedura di controllo, l archivio contava 16 vacche di razza Frisona Italiana (8 animali per gruppo sperimentale), ciascuna con 6 record fenotipici per ogni caratteristica considerata e rilevati nel corso delle 6 giornate di campionamento, per un totale di 96 record per carattere. Poiché il carattere SCC presentava una distribuzione asimmetrica (non gaussiana) con una coda più lunga verso destra, si è proceduto alla sua trasformazione logaritmica secondo la seguente formula:

25 3 + log 2 (SCC/100). In questo modo si è ottenuta una nuova variabile (SCS) distribuita normalmente e analizzabile con modello lineare. In questo lavoro le SCC sono state espresse come n/1.000, cioè come il numero di cellule in 1 ml di latte diviso per Analisi statistica Tutte le analisi sono state condotte utilizzando le procedure implementate nel pacchetto statistico SAS (2003). Le statistiche descrittive sono state ottenute tramite la PROC MEANS mentre la PROC MIXED è stata utilizzata per testare la significatività dell effetto dei 2 gruppi sperimentali e degli altri effetti fissi su produzione di latte (kg/giorno), contenuto di proteina (%), contenuto di caseine (%) e SCS (punti). Tali variabili sono state studiate separatamente entro Fase I e Fase II utilizzando un modello a misurazioni ripetute in cui sono stati inseriti i fattori fissi del trattamento (2 livelli: C e T), del giorno di controllo (3 livelli per ciascuna Fase: -6, -3 e 0 per la Fase I e 6, 9 e 12 per la Fase II), dell interazione trattamento e giorno di controllo (6 livelli per ciascuna Fase), dell ordine di parto (2 livelli: secondipare + terzipare e quartipare + quintipare) e dello stadio di lattazione (covariata). L animale (16 livelli) è stato inserito come fattore casuale. Le soluzioni del modello hanno permesso di stimare le medie Least Squares (medie stimate) per gli effetti fissi considerati. Inoltre, si è proceduto a testare le differenze tra le medie stimate dei livelli entro ciascun fattore assumendo una soglia di significatività del 5%

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27 4. RISULTATI E DISCUSSIONE In Tabella 1 si riportano le statistiche descrittive dell archivio analizzato. La produzione media di latte è risultata pari a 30,6 kg/giorno, con un contenuto proteico del 3,33%, caseinico del 2,54% e una conta di cellule somatiche (SCC) di 264 di latte. La stalla dell Azienda Agraria Sperimentale L. Toniolo conferisce latte ad alta qualità (legge n 169 del 3/5/1989) e le medie riscontrate in questo lavoro, in particolare per le proteine, sembrano indicare che, complessivamente, la positività di metà delle bovine allo Staphylococcus aureus non ha influenzato in modo significativo la qualità del latte stesso. Nelle Tabelle 2 e 3 si riportano le caratteristiche delle bovine incluse nello studio e le medie dei 2 gruppi sperimentali (C e T) per la produzione di latte (kg/giorno), il contenuto proteico e caseinico (%), la conta delle cellule somatiche (SCC, n/1000 per ml di latte), il punteggio di cellule somatiche (SCS, punti), lo stadio di lattazione (DIM, giorni) e l ordine di parto. Il confronto tra le medie grezze delle caratteristiche sopra citate ha permesso di mettere in risalto l esistenza di differenze nei gruppi C e T. Il gruppo C ha evidenziato i valori più favorevoli di proteina (3,46 vs 3,20%), caseine (2,67 vs 2,42%) e SCC (74 vs 450) rispetto al gruppo T, mentre quest ultimo ha prodotto mediamente più latte (31,9 vs 29,2 kg/giorno) rispetto al primo. Il gruppo T (positivo allo Staphylococcus aureus) ha probabilmente visto peggiorare la qualità del latte a causa dell influenza negativa esercitata dal patogeno. Le medie del punteggio di cellule somatiche (SCS) hanno evidenziato una notevole differenza tra i due gruppi, come atteso, in quanto essi sono stati creati sulla base della positività o negatività all infezione. Nonostante il tentativo di rendere i due gruppi il più possibile omogenei per ordine di parto, non si è riusciti a raggiungere questo scopo, principalmente a causa del ridotto numero di animali a disposizione (ordine di parto gruppo C = 2,75, ordine di parto gruppo T = 3,5). Questa disomogeneità (circa una lattazione in più nel gruppo T rispetto a C) può aver influenzato le medie produttive, attraverso una confusione tra ordine di parto stesso e gruppo sperimentale. I risultati dell analisi statistica condotta nella Fase I e nella Fase II sono riportati, rispettivamente, nelle Tabelle 4 e 5. L effetto del giorno di controllo nei giorni -6, -3 e 0 (Fase I) ha influenzato in maniera significativa le 4 variabili analizzate. Anche lo stadio di lattazione è risultato statisticamente significativo su 3 delle 4 variabili studiate. L effetto del trattamento si colloca poco oltre il limite della soglia di significatività per SCS, proteina e caseine. Questo suggerisce che il batterio ha sì esercitato una certa influenza sulle caratteristiche qualitative del latte nella Fase I, ma che questa non è stata particolarmente forte. L effetto del giorno di controllo nei giorni 6, 9 e 12 (Fase II) ha influenzato in maniera significativa la produzione di latte, il contenuto proteico e le SCS, ma non le caseine. Lo stadio di lattazione (DIM), invece, ha agito significativamente su

28 produzione, proteina, e caseine, ma non su SCS. L effetto del trattamento è risultato significativo esclusivamente nel caso delle caseine, mentre per gli altri parametri qualitativi si è rivelato oltre la soglia del 5%. La produzione di latte nelle Fasi I e II (Grafici 1 e 2) non è stata influenzata in maniera significativa dall effetto del trattamento. Anzi, il gruppo T ha prodotto mediamente di più rispetto al gruppo C e questa differenza è risultata più evidente nella seconda parte della prova (29,4 kg/giorno nel gruppo C vs 33,3 kg/giorno nel gruppo T). Come menzionato prima, questo tipo di risultato potrebbe essere imputabile alla differenza in termini di ordine di parto tra i 2 gruppi. L effetto del giorno di controllo sulla produzione di latte (Grafici 3 e 4) è risultato significativo sia in Fase I che in Fase II. Tale significatività è data dal giorno -6 in Fase I, mentre in Fase II dai giorni 9 e 12. L effetto dell interazione trattamento e giorno di controllo sulla produzione di latte (Grafici 5 e 6) mette in evidenza una differenza statisticamente significativa tra i giorni -6 e 0 del gruppo C (Fase I) e 9 e 12 del gruppo T (Fase II). I Grafici 7 e 8 mostrano come l effetto del trattamento abbia influenzato il contenuto di proteina: pur in assenza di significatività, i valori percentuali ottenuti sono risultati comunque rilevanti (3,43 vs 3,16% tra C e T in Fase I, e 3,49 vs 3,22% tra C e T in Fase II). L effetto del giorno di controllo sul contenuto proteico è riportato nei Grafici 9 e 10. La significatività di questo fattore è legata al giorno -6 in Fase I e al giorno 6 in Fase II. L effetto di interazione trattamento e giorno di controllo (Grafici 11 e 12) sul contenuto proteico del latte ha evidenziato delle differenze significative tra i giorni -6 e -3 per il gruppo T e tra i giorni 0 e -6 e 0 e -3 per il gruppo C nella Fase I. Infine il confronto tra C e T risulta statisticamente rilevante al giorno -3. Per quanto riguarda la Fase II, le comparazioni tra T ai giorni 6 e 12 e tra T al giorno 6 e C ai giorni 9 e 12 hanno rivelato differenze significative. L effetto del trattamento sul carattere caseina in Fase I (Grafico 13) non è risultato significativo, anche se si sono riscontrate differenze rilevanti tra C e T. In Fase II (Grafico 14), invece, il fattore ha acquisito rilevanza statistica (P<0,05). Questo potrebbe spiegare come la produzione di caseine da parte del gruppo T sia stata negativamente influenzata dalla presenza di Staphylococcus aureus. Inoltre, dal Grafico 14 si può dedurre che il farmaco Sinulox, efficace in vitro, non abbia avuto alcun effetto sulla qualità della produzione degli animali T. L effetto del giorno di controllo sul contenuto caseinico del latte prodotto ha manifestato significatività nella Fase I (Grafico 15) data, in particolare, dal giorno 0. In Fase II non si è evidenziata alcuna significatività. I Grafici 17 e 18 descrivono l effetto dell interazione trattamento e giorno di controllo sul contenuto caseinico del latte. Tale effetto non è stato significativo né in Fase I né in Fase II anche se, analizzando più dettagliatamente C e T e i loro andamenti nei vari giorni di campionamento, si scorgono dei confronti rilevanti

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