Misura della produzione associata di un bosone Z 0 e una coppia bb a LHC con il rivelatore CMS

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1 Università degli Studi di Firenze Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali DIPARTIMENTO DI FISICA Tesi di Laurea in Fisica di Giuseppe Broccolo Misura della produzione associata di un bosone Z 0 e una coppia bb a LHC con il rivelatore CMS Candidato: Giuseppe Broccolo Relatore: Dott. Vitaliano Ciulli a.a. 2004/2005

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3 Indice Introduzione 1 1 La fisica di CMS I bosoni vettoriali e l interazione elettrodebole L interazione elettrodebole come teoria di gauge Meccanismo di rottura spontanea della simmetria Legami tra le costanti d accoppiamento g, g e la carica e Il settore di Higgs La massa dei fermioni L interazione forte Le interazioni protone-protone Il Bosone di Higgs ad LHC La Fisica del Bosone di Higgs Il bosone di Higgs e la Teoria Supersimmetrica Produzione associata di un bosone Z 0 e di una coppia bb L Esperimento CMS ad LHC Il Large Hadron Collider Il rivelatore CMS Il tracciatore di silicio Il calorimetro elettromagnetico (ECAL) Il calorimetro adronico (HCAL) Camere per muoni i

4 2.2.5 Il sistema di Trigger Simulazione e ricostruzione degli eventi Il Software di CMS Simulazione degli eventi Gli effetti di Pile-Up Ricostruzione delle tracce Il modello della traccia L algoritmo CombinatorialTrackFinder Prestazioni nella ricostruzione delle tracce Ricostruzione dei muoni Ricostruzione delle tracce dei muoni Prestazioni nella ricostruzione dei muoni Ricostruzione degli elettroni Ricostruzione dei cluster in ECAL Associazione dei cluster con le tracce del tracciatore Prestazioni nella ricostruzione degli elettroni Ricostruzione dei jet Algoritmo di ricerca dei jet Correzioni della scala di energia dei jet Simulazione degli Eventi Fisici: Confronto fra i Generatori Alpgen e CompHep La Simulazione Monte Carlo di Eventi Fisici La generazione a livello partonico Il generatore Alpgen Il generatore CompHep Adronizzazione degli eventi partonici con Pythia La generazione del fondo del canale Zbb Il Fondo tt Il Fondo Zjj e Zcc ii

5 5 Misura della sezione d urto del canale Zbb Il b-tag Il parametro d impatto L algoritmo Combined BTag Selezione degli eventi Misura della sezione d urto Normalizzazione delle distribuzioni Distribuzione in massa invariante delle coppie e + e e µ + µ Individuazione del fondo tt Determinazione del numero di eventi nel picco della Z Determinazione della sezione d urto Risultati finali Conclusioni 113 A I Limiti alla massa del Bosone di Higgs B L algoritmo ALPHA in Alpgen C L Algoritmo VEGAS in CompHep D L Adronizzazione in Pythia - Il Modello di Lund Bibliografia Ringraziamenti a e i m i v iii

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7 Introduzione La teoria su cui si fonda la Fisica delle particelle è il cosiddetto Modello Standard, basato sull esistenza di tre generazioni di particelle (tre coppie di quarks e tre di leptoni), che possono interagire tra loro attraverso la mediazione di una classe di particelle dette bosoni. Tale modello ha trovato fino ad oggi molte conferme sperimentali; tuttavia, l esistenza della massa è spiegabile all interno del Modello Standard grazie alla esistenza di un ulteriore particella, denominata bosone di Higgs. Quest ultima particella non è stata ancora osservata sperimentalmente. A tale scopo al CERN (il Laboratorio Europeo per la Fisica delle Particelle), presso Ginevra, si sta costruendo quello che sarà il più grande acceleratore di particelle al mondo, il Large Hadron Collider (LHC), un collisionatore circolare in cui saranno accelerati due fasci di protoni con una energia per fascio di 7 TeV. In corrispondenza dei quattro punti di intersezione dei due fasci saranno installati i rivelatori ATLAS, CMS, LHCb e ALICE. Tale acceleratore permetterà studi a vari intervalli d energia, risultando così particolarmente adatto alla ricerca del Bosone di Higgs, in quanto la teoria non è in grado di definirne la massa. Sempre ad LHC, inoltre, verranno effettuate ricerche di nuova fisica oltre il Modello Standard, che andranno a verificare modelli che prevedono l esistenza di nuove particelle quali, ad esempio, i modelli di Supersimmetria. Uno degli esperimenti volti a questo tipo di ricerche ad LHC è CMS (Compact Muon Solenoid), adatto principalmente per lo studio del decadimento in leptoni in quanto permette misure di alta precisione dell impulso dei muoni grazie ad un campo magnetico solenoidale di 4 T, ed è su tale esperimento che questa tesi si articola. In particolare, il mio lavoro è stato volto allo studio di un particolare canale di fisica osservabile a CMS, 1

8 il canale Zbb, in cui si ha la produzione associata di un bosone Z 0 con una coppia bb. Esso rappresenta uno dei fondi agli eventi con produzione del bosone di Higgs. Lo studio del fondo è di fondamentale importanza in questo esperimento in quanto la sezione d urto di produzione del bosone di Higgs risulta essere molto bassa. Durante il periodo di tesi ho sviluppato una tecnica per misurare la sezione d urto di produzione del canale Zbb con il rivelatore CMS, attraverso lo studio di eventi simulati tramite tecniche Monte Carlo. La tesi è articolata secondo il seguente schema: Nel primo capitolo riassumerò la teoria che meglio descrive ad oggi le interazioni fondamentali, il Modello Standard, e discuterò i processi osservabili ad LHC con particolare attenzione alla produzione del bosone di Higgs e al canale Zbb. Nel secondo capitolo parlerò del rivelatore CMS nei suoi componenti, mostrando particolare attenzione per i sistemi di rivelamento dei leptoni e dei jet di quark b, e del tracciatore, fondamentale per la ricostruzione delle tracce e al centro dell attività di CMS a Firenze. Nel terzo capitolo descriverò la ricostruzione degli eventi a partire dai segnali ottenuti dal rivelatore ed il software utilizzato per la simulazione della ricostruzione stessa degli eventi generati dal Monte Carlo. Nel quarto capitolo presenterò i due generatori Monte Carlo utilizzati per la generazione del segnale Zbb e del fondo, specificando le tecniche di simulazione della fisica e giustificando le scelte fatte in questo ambito. Nel quinto capitolo proporrò la tecnica da me usata per lo studio della sezione d urto del canale Zbb, mostrando i tagli di selezione apportati per minimizzare il fondo, e studiando in particolar modo gli errori ottenuti. Per motivi di semplicità di esposizione e scrittura, in questo lavoro è sottinteso l utilizzo delle unità di misura naturali, vale a dire = c = 1, sia nell esposizione della teoria che dei dati sperimentali, salvo quando esplicitamente dichiarato. 2

9 Capitolo 1 La fisica di CMS In questo capitolo descriverò quella che può essere la possibile fisica osservabile ad LHC con l esperimento CMS. Inizierò a classificare le particelle all interno del Modello Standard per poi mostrare come il bosone di Higgs riesca a dotare di massa i mediatori dell interazione debole (i tre bosoni vettoriali W +, W e Z 0 ), i leptoni e i quark sulla base di quello che è il Meccanismo di Higgs. Discuterò la fenomenologia delle interazioni protone-protone e i canali di scoperta del bosone di Higgs ad LHC. Infine, parlerò del canale Zbb, oggetto di studio di questa tesi, e della sua importanza per lo studio di nuova fisica. 1.1 I bosoni vettoriali e l interazione elettrodebole La materia ad oggi conosciuta è costituita da tre generazioni di particelle, ciascuna costituita da due leptoni e due quark (vedi 1.1): ν e e u d ν µ µ c s ν τ τ t b (1.1) Queste particelle interagiscono tra loro per effetto dell interazione elettromagnetica (non i neutrini), debole, e, ma solo nel caso dei quark, forte. In particolare, indicando con Ψ l il campo del leptone e con Ψ νl il campo del relativo 3

10 neutrino leptonico, l interazione debole assume la forma 1.2: H(x) = g W J α (x)w α (x) + g W J α (x)w α(x) (1.2) dove g W è la costante di accoppiamento dell interazione debole, W α sono i campi dei bosoni mediatori dell interazione debole, e la corrente J α è data dalla 1.3 J(x) = l Ψ l (x)γ α (1 γ 5 )Ψ νl (x) con α = 1, 2, 3 (1.3) dove Ψ = Ψ γ 0, e per γ µ con µ = 0, 1, 2, 3, si intendono le matrici di Dirac. La peculiarità maggiore dell interazione debole 1.2 (denominata interazione V-A ) è la violazione della parità 1 dato che la corrente 1.3 è composta dalla somma del termine 1.4 Ψ l (x)γ α Ψ νl (x) (1.4) che è un termine vettoriale (V) e del termine l l Ψ l (x)γ α γ 5 Ψ νl (x) (1.5) che è un termine assiale (A). Nella corrente V-A definita dalla 1.3 compare l operatore (1 γ 5 ) che è il proiettore nello stato ad elicità 2 negativa: Ψ L (x) = 1 2 (1 γ 5)Ψ(x) (1.6) Di conseguenza, i neutrini destrorsi non interagiscono nè per effetto dell interazione debole, nè per effetto di quella elettromagnetica, essendo a carica elettrica neutra: perciò, si parla dell esistenza di un doppietto sinistrorso per ognuna delle tre famiglie leptoniche ν l l L = 1 2 (1 γ 5) ν l (1.7) l e di un singoletto destrorso, costituito dal solo leptone carico (e ±, µ ± o τ ± ) ( l ) R = 1 2 (1 + γ 5) ( l ) (1.8) 1 l operatore di parità P è tale che inverte le coordinate spaziali: P ( x, t) ( x, t). 2 l elicità è la proiezione dello spin sull impulso; risulta essere un buon numero quantico nel caso di particelle a massa nulla, o comunque per particelle il cui impulso è molto maggiore rispetto alla loro massa, quale è il caso dei neutrini. 4

11 Leptoni Q em T T 3 Y ν ll l L l R Quarks Q em T T 3 Y u L, c L, t L d L, s L, b L, u R, c R, t R d R, s R, b R Tabella 1.1: Valori dei numeri quantici (Q em, T, T 3, Y ) dei fermioni. Si dice che il doppietto sinistrorso appartiene ad un doppietto di Isospin Debole, mentre il singoletto destrorso ad un singoletto di Isospin Debole (in Tab. 1.1 sono mostrati i valori dei numeri quantici di tutti i fermioni) L interazione elettrodebole come teoria di gauge L interazione debole, come accennato sopra, è mediata dai bosoni vettori W ± e Z 0. In teoria dei campi, la presenza di un bosone quale mediatore di una interazione è legata all invarianza della Lagrangiana che descrive l interazione per una certa trasformazione di gauge locale 3. Il fotone, ad esempio, deriva da una invarianza di gauge U(1) della Lagrangiana. Nel 1967, Glashow, Weinberg e Salam formularono il Modello Standard per l unificazione Elettrodebole, imponendo una invarianza di gauge di SU(2) di Isospin Debole (T ) e U(1) di Ipercarica Debole (Y ) (in Tab. 1.1 sono riportati i valori di questi numeri quantici per i fermioni). Quest ultima è legata alla carica elettrica Q em 4 ed alla 3 Per invarianza di gauge locale si intende l invarianza della densità di Lagrangiana L per trasformazioni appartenenti ad un sottogruppo G di U(n), ovvero del tipo e i α T, dove α è un parametro funzione del punto x nello spazio-tempo (l invarianza si dice globale nel caso sia costante) e T è il vettore dei generatori del sottogruppo G. 4 La carica è espressa come unità di carica e dell elettrone pari a (63) C. 5

12 terza componente dell Isospin Debole T 3 secondo la relazione 1.9 Y = 2(Q em T 3 ) (1.9) I singoli leptoni, in quanto fermioni, sono descritti dalla Lagrangiana di Dirac L ferm = iψ(x)γ µ µ Ψ(x) (1.10) Dunque, esprimendo i campi leptonici in termini dei due stati di elicità, la Lagrangiana di partenza da considerare è data da L lep = i 3 i=1 ( ) Ψ i L σµ µ Ψ i L + Ψ i R σµ µ Ψ i R (1.11) dove σ µ = (1, σ), σ µ = (1, σ), con σ = (σ 1, σ 2, σ 3 ) le matrici di Pauli. L indice i si riferisce alle tre famiglie leptoniche. L invarianza di gauge locale SU(2) T U(1) Y per la lagrangiana si ottiene passando dalle usuali derivate parziali alle derivate covarianti 5 : D µ = [ µ + i g 2 (Y )B µ + ig σ 2 W µ ] (1.12) dove Y è l ipercarica del leptone, e le matrici di Pauli sono i generatori di SU(2). Dalla 1.12 compaiono i nuovi campi W µ e B µ, associati alla simmetria SU(2) T U(1) Y, e le costanti di accoppiamento g e g. Sostituendo opportunamente la 1.12 nella 1.11, otteniamo: [ L lep = Ψ L γ µ i µ g σ 2 W ] µ g 2 ( 1)B µ ]Ψ L +Ψ R γ [i µ µ g 2 ( 2)B µ Ψ R 1 F 4 µν W µν F W 1 4 F BµνF µν B dove i tensori di campo F iµν W e F µν B sono definiti come segue: (1.13) F i W µν = µ W i ν ν W i µ + gɛ ijk W j µw k ν (1.14) F Bµν = µ B ν ν B µ (1.15) I termini cinetici della 1.13, si interpretano come la densità di Lagrangiana libera dei bosoni a massa nulla, che dunque può essere scritta come la somma del termine di campo 5 ovvero invarianti per trasformazioni T di SU(2) U(1) tali che D µ T D µ. 6

13 di gauge U(1), F B µν, e dei tre campi vettoriali del gauge SU(2), F µν i con i = 1, 2, 3. In questo modo si riescono ad introdurre i bosoni nella teoria, pur tuttavia senza massa. Anche la massa dei leptoni risulta non essere descritta nella teoria, in quanto termini di massa del tipo m l ll m l (l R l l + l L l R ) (1.16) vìolano manifestamente l invarianza di gauge essendo l L membro di un doppietto di isospin e l R di un singoletto Meccanismo di rottura spontanea della simmetria Per rottura spontanea di simmetria di un sistema si intende il fenomeno per cui la sua Lagrangiana, invariante per trasformazioni di un certo gruppo di simmetria, non presenta più questa invarianza nello stato fondamentale del sistema. Ciò accade quando questo stato è degenere. Poiché in questo caso gli autostati corrispondenti possono non essere invarianti per la simmetria suddetta, è possibile che si trasformino linearmente l uno nell altro. È dunque la particolare scelta di uno stato fondamentale fra quelli degeneri che porta alla rottura di simmetria. La scelta di un particolare stato di vuoto viene fatta considerando una certa grandezza non nulla nel vuoto, adatta dunque per caratterizzarlo. Generalmente, tale grandezza è data dal valore di aspettazione nel vuoto di un campo quantizzato. Consideriamo ad esempio una densità di Lagrangiana del tipo: L = ( µ φ (x)) ( µ φ(x)) µ 2 φ(x) 2 λ φ(x) 4 (1.17) dove ci fermiamo ai termini del IV ordine per poter assicurare la rinormalizzazione della teoria 6, con φ campo scalare complesso φ(x) = 1 2 [φ 1 (x) + iφ 2 (x)] (1.18) 6 Negli anni 70 G. thooft dimostrò che una teoria è rinormalizzabile se è descritta da una densità di Lagrangiana che presenta i campi all ordine più grande minore o uguale al numero di dimensioni dello spazio in cui è descritta, ovvero in questo caso 4. 7

14 La 1.17 risulta essere invariante per simmetria interna 7 U(1) : φ(x) φ(x)e iα. Inoltre, il termine di potenziale della 1.17 V(x) = µ 2 φ(x) 2 + λ φ(x) 4 (1.19) affinchè risulti inferiormente limitata deve avere λ > 0, e per avere uno stato fondamentale degenere deve avere µ 2 < 0 (altrimenti avrei come minimo solo φ = 0). In tal caso, V presenta un massimo per φ = 0 e una serie di minimi assoluti che stanno su di una circonferenza φ(x) = µ 2 2λ eiθ, con 0 θ 2π (1.20) La rottura spontanea della simmetria si ha con la scelta di uno stato fondamentale tra questi; supponiamo per esempio la scelta θ = 0 cosí da avere µ 2 φ(x) = 2λ 1 υ (1.21) 2 Consideriamo adesso una perturbazione dello stato fondamentale lungo la valle dei minimi: Allora la 1.17 diviene φ(x) = 1 2 [υ + iη(x)] (1.22) L = 1 2 [ µ η(x) µ η(x)] 1 4 λ( η(x) 2 ) 2 (1.23) ovvero il campo η(x) risulta avere una densità di Lagrangiana del tutto analoga a quella di Klein-Gordon per cui risulta essere un bosone a massa nulla (mancano termini in η 2 (x)). Concludendo, nel caso di rottura spontanea della simmetria e di invarianza per trasformazioni di Lorentz per lo stato fondamentale, compare nella teoria un bosone a massa nulla: questo risultato va sotto il nome di Teorema di Goldstone ed i bosoni che risultano dalla rottura di simmetria sono chiamati per l appunto bosoni di Goldstone. Tuttavia, non c è ad oggi nessuna osservazione sperimentale di bosoni di Goldstone, perciò è importante che le teorie di gauge con rottura spontanea di simmetria non generino bosoni di questo tipo. 7 La simmetria è definita interna se non coinvolge trasformazioni nello spazio-tempo, ma solo i parametri che descrivono la teoria. 8

15 Il meccanismo di Higgs Il meccanismo di Higgs (introdotto da Peter W. Higgs) è che l estensione della rottura spontanea della simmetria che permette di creare bosoni vettoriali con massa in una teoria invariante di gauge. Esso si basa sull introduzione nella Lagrangiana di un nuovo campo complesso a due componenti, detto doppietto di Higgs. L interazione del campo di Higgs, sviluppato intorno al suo valore di vuoto, con il campo vettoriale di gauge, dà origine ai termini di massa delle tre componenti di quest ultimo. La scelta del doppietto di Higgs più adatta per tale scopo fu fatta da Weinberg, in modo da non rompere la simmetria U(1) em (in modo che il fotone rimanga a massa nulla). Egli considerò un doppietto complesso 8 φ (2, +1) di SU(2) U(1) del tipo φ = φ+ φ 0 (1.24) descritto da una densità di Lagrangiana data dalla 1.17, che sia però, come detto sopra, invariante per trasformazioni di gauge. mostrate nella 1.12, ottenendo È perciò necessario introdurre le derivate covarianti L = [(i µ g σ 2 W µ g 2 (+1)B µ)φ (x)] [(i µ g σ 2 W µ g 2 (+1)Bµ )φ(x)] µ 2 φ(x) 2 λ φ(x) 4 (1.25) che risulta invariante per la simmetria SU(2) U(1). Si richiede inoltre µ 2 < 0 e λ > 0 in modo da porsi in una condizione di simmetria spontaneamente rotta. Per continuare a mantenere la simmetria U(1) em, è necessario considerare un campo di Higgs che assume il seguente valore sul vuoto: φ 0 = υ (1.26) Infatti, il generatore di U(1) em è l operatore Q carica elettrica 9 definito per mezzo dell ipercarica come Q = T 3 + Y 2. Ora, per un campo di vuoto del tipo 1.26 vale T 3 = La notazione Ψ (n, Y ) indica a quale dimensionalità della rappresentazione SU(2) e valore di Ipercarica riferita al gruppo U(1) ci si riferisce. 9 La simmetria U(1) è del tipo φ e iqα(x) φ. 9

16 e Y = +1, per cui Q = 0, e l invarianza U(1) em è dunque mantenuta 10. Se nella 1.25 si sostituisce lo sviluppo del campo di Higgs in un intorno del vuoto si trova un termine di massa per i bosoni, dato da: L bos mass = 1 8 g2 υ 2 [(W 1 µ) 2 + (W 2 µ) 2 ] υ2 (g B µ gw 3 µ)(g B µ gw 3µ ) (1.27) Operando poi la sostituzione W ± µ = W 1 µ (W 2 µ) 2 per il primo termine della 1.27 si ottiene 1 8 g2 υ 2 [(W 1 µ) 2 + (W 2 µ) 2 ] ( 1 2 gυ)2 (W + ) µ (W ) µ (1.28) e ricordando che per un campo complesso il termine di massa è della forma M 2 (Ψ + ) µ (Ψ ) µ, si può identificare il valore della massa delle W + e W con M W = 1 2 gυ. Il secondo termine della 1.27 bisogna trattarlo tenendo conto che si vuole descrivere un bosone massivo, corrispondente alla Z 0, ed un bosone privo di massa, corrispondente al campo del fotone. Per prima cosa, scriviamo il secondo termine della 1.27 in forma matriciale: 1 ( ) 8 υ2 Wµ 3 B µ g2 gg W µ 3 (1.29) gg g 2 B µ ( ) Cerchiamo ora di ruotare W 3µ B µ in modo da diagonalizzare la matrice delle masse 1 4 υ2 g2 gg gg g 2 (1.30) Gli autovalori di tale matrice sono λ 1 = 0, il che concorda con la richiesta dell esistenza di un bosone a massa nulla (quale è il fotone), e λ 2 = 1 4 υ2 (g 2 + g 2 ), per cui gli autostati di massa che si trovano dalla rotazione sono dati da A µ 1 = g g B µ g2 + g 2 g g Z µ dove la rotazione dello stato B µ di Weinberg: 10 φ e iqα(x) φ φ α(x). W 3 µ W 3 µ (1.31) è definita secondo quello che è chiamato l angolo tan θ W = g g (1.32) 10

17 M W M Z M γ sin θ W ± GeV ± GeV ev ± Tabella 1.2: Valori delle masse sperimentalmente ottenute per i bosoni, e il valore del θ W ricavato da esse[2]. La rotazione ci permette quindi di scrivere i termini della 1.25 che descrivono le masse dei bosoni di gauge nel seguente modo: dove si sono effettuate le sostituzioni: L bos mass = M 2 W (W + ) µ (W ) µ M 2 ZZ µ Z µ (1.33) M W = 1 2 gυ & M Z = 1 2 υ g 2 + g 2 (1.34) La teoria prevede la disuguaglianza M Z M W, che è dovuta al mescolamento tra i campi W 3 µ e B µ, come è stata sperimentalmente osservata, e la relazione: M W M Z = cos θ W (1.35) che è molto importante da un punto di vista sperimentale in quanto lega il parametro della teoria (l angolo di Weinberg) a due quantità misurabili quali sono le masse[2] dei bosoni W ± e Z 0 (Vedi Tab. 1.2) Legami tra le costanti d accoppiamento g, g e la carica e È possibile legare la carica elementare e con le costanti d accoppiamento g e g, esprimendo nella Lagrangiana elettrodebole 1.13 i campi W 3 e B facendo apparire Z µ ed A. I termini d interazione della Lagrangiana risultano essere: L int = g e sµ (x)[ sin θ W Z µ (x) + cos θ W A µ (x)] J µ 3 (x){g[cos θ W Z µ (x) + sin θ W A µ (x)] g [ sinθ W Z µ (x) + cos θ W Z µ (x) + cos θ W A µ (x)]} (1.36) 11

18 dove s µ (x) è la corrente elettromagnetica. Noi vogliamo che il campo di gauge A µ sia il campo elettromagnetico, pertanto vogliamo che si accoppi con la corrente elettromagnetica nel modo consueto s µ (x)a µ nella Lagrangiana di interazione, per cui deve essere nullo il coefficiente a moltiplicare J µ 3 (x)a µ (x) e pari a 1 il coefficiente a moltiplicare s µ (x)a µ ; queste condizioni si traducono nel richiedere che: e = g sin θ W = g cos θ W (1.37) Introducendo poi la costante di Fermi delle interazioni deboli 11 si ricava G F 2 = g2 (2 2) 2 1 M 2 W (1.38) che permette di fissare, sostituendo l espressione per la massa del W, il valore che compare nel campo di vuoto del bosone di Higgs: υ 2 = 1 2GF (240GeV) 2 (1.39) Analogamente si ricava il legame tra la costante di Fermi con la massa della Z 0, facendo comparire la costante di struttura fine α em 12 : M 2 Z = πα em 2GF sin 2 θ W cos 2 θ W (1.40) Il modello di unificazione elettrodebole di Weinberg e Salam[1] rappresenta quindi una unificazione delle interazioni debole ed elettromagnetica visto che le costanti d accoppiamento g g e. Solo a causa della rottura spontanea della simmetria che riduce l invarianza iniziale SU(2) U(1) alla sola invarianza U(1) em emergono le differenze osservate (ad esempio il fatto che i bosoni mediatori dell interazione debole hanno massa, al contrario dell interazione elettromagnetica). 11 Tale costante, G F = ( ± ) 10 5 ( c 3 ) GeV 2 [2], fu utilizzata da Fermi come costante di accoppiamento del vertice di interazione debole nella teoria che prevedeva un interazione puntuale e non mediata da bosoni intermedi. 12 Nel sistema MKS la costante di struttura fine assume la forma α em = e 2 indipendentemente dall unità di misura utilizzata, a πɛ 0( c) e risulta essere pari, 12

19 1.1.4 Il settore di Higgs Per settore di Higgs si intende la parte di Lagrangiana contenente i termini di interazione coi bosoni di gauge sopra descritti. Per studiare tale settore, dunque, sviluppiamo il campo di Higgs intorno al suo valore di vuoto introducendo una perturbazione in modo del tutto analogo allo studio della rottura spontanea di simmetria di simmetria di cui abbiamo parlato negli scorsi paragrafi; in quel caso avevamo introdotto la perturbazione η(x) lungo la valle di minimo che portava alla creazione di bosoni di massa nulla, quali erano i bosoni di Goldstone. Vediamo qui come, invece, nel meccanismo di Higgs si introduce un bosone massivo. Prendiamo dunque lo sviluppo intorno al campo di vuoto: φ(x) = υ + H(x) e inseriamolo nella Lagrangiana Sviluppando otteniamo L Higgs = 1 2 µh(x) µ H(x) λυ 2 H 2 (x) F AµνF µν A (F W + µν F µν W + + F W µν F µν (1.41) W ) + g2 υ F ZµνF µν Z + g 2 υ 2 4 cos 2 (θ W ) Z µz µ + +igm W H(x)W µ W +µ ig2 H 2 (x)w + µ W µ + (W + µ W +µ + W µ W µ ) ig M Z Z µ Z µ + 1 ig 2 H 2 (x)z 2 cos θ W 8 cos 2 µ Z µ θ W (1.42) dove F µν W = µ W ±ν ν W ±µ, F µν ± Z = µ Z ν ν Z µ ed F µν A = µ A ν ν A µ. La prima riga della 1.42 rappresenta il campo scalare di quello che è il bosone di Higgs, di massa pari a 2λυ 2 2µ 2 ; la seconda, la terza e la quarta riga rappresentano i bosoni di gauge (il fotone, a massa nulla, e i bosoni massivi Z 0 e W ± ). Notare come col meccanismo di Higgs non compaiono i bosoni di Goldstone a massa nulla. Infine, nelle ultime due righe (dove, per velocità di scrittura, ho già sostituito le espressioni delle masse dei W ± e Z 0 ) vi sono i fattori di vertice di interazione del bosone di Higgs coi bosoni di gauge, utilizzabili 13

20 per calcolare le ampiezze invarianti secondo le regole di Feynman. Si possono riconoscere, nell ordine in cui li ho scritti, i vertici H 0 W W +, H 0 H 0 W + W, H 0 Z 0 Z 0 e H 0 H 0 Z 0 Z La massa dei fermioni Abbiamo visto come i bosoni vettoriali, col meccanismo di Higgs all interno della teoria elettrodebole introdotta da Weinberg, acquisiscono massa; tuttavia, è possibile attribuire la massa anche ai fermioni introducendo nella Lagrangiana fermionica un termine di interazione col campo di Higgs φ (includendo, rispetto al caso dei bosoni vettoriali, l intero doppietto complesso di Higgs) con una costante di accoppiamento G f [3]: L ferm mass = G f [Ψ L φψ R + Ψ R φ Ψ L ] (1.43) Consideriamo il caso dei leptoni, ad esempio del solo elettrone (in realtà, il discorso è del tutto equivalente anche per i quark): tenuto conto delle definizioni dei campi Ψ L e Ψ R per i leptoni si ottiene L e mass = G e [e L φe R + e R φ e L ] (1.44) Sviluppando nell intorno del campo di vuoto del campo di Higgs, come dalla 1.41, arriviamo alla forma: L e mass = G eυ 2 (e L e R + e R e L ) G e 2 (e L e R + e R e L )H(x) (1.45) ovvero otteniamo una espressione del tipo dove la massa dell elettrone si identifica dunque con m e L e mass = m e ee 1 2 g m e M W eeh (1.46) = Geυ 2. Notare che la massa dell elettrone non si può predire, in quanto dipende dal parametro libero G e. La seconda parte della 1.46 rappresenta l interazione tra il bosone di Higgs e la coppia elettronepositrone (in realtà il discorso vale per ogni generica coppia fermione-antifermione), e risulta proporzionale alla massa del fermione; è dunque favorita l interazione con coppie pesanti di fermioni. Nel caso dei quark il problema della massa è trattato in completa analogia al caso dei leptoni. Tuttavia, in questo caso la Lagrangiana 1.45 deve essere sommata sui tre possibili stati di Colore che un quark può avere, come vedremo nel prossimo paragrafo. 14

21 1.2 L interazione forte Per descrivere l interazione forte, ovvero quella che lega i quark negli adroni 13, l invarianza di gauge della Lagrangiana viene estesa al gruppo di simmetria SU(3) C SU(2) L U(1) Y. La simmetria SU(3) C è stata introdotta poco dopo il 1964 da Oscar W. Greenberg, a seguito degli studi fatti sui barioni leggeri: qui i quark si presentano come stati legati a momento angolare orbitale nullo e in uno stato di tripletto di spin, per cui in uno stato globalmente simmetrico per scambio fra quark dello stesso sapore 14. È dunque necessario che i quark appartengano ad uno stato di singoletto (antisimmetrico per scambio), detto per l appunto singoletto di colore, così da ottenere stati globalmente antisimmetrici per lo scambio di due quark e dunque che obbediscono al principio di esclusione di Pauli. In questo modo si possono individuare tre possibili stati di colore 15 per i quark, indicati simbolicamente con green, blue e red. L aggiunta della simmetria di colore alla teoria porta ad avere dei nuovi bosoni di gauge (detti di Yang-Mills ) a massa nulla (otto, quanti sono i generatori di SU(3)) detti gluoni, e fa sì che i quarks possono interagire fra loro tramite lo scambio di questi. La Lagrangiana che descrive l interazione di colore è[6]: L QCD = g s 3 i,j,k=1 (q k i γ µ Ta ij qj k )A a µ 1 4 Ga µνg µν a (1.47) dove gli indici i e j si riferiscono al sapore del quark, k al colore, T ij a di SU(3), e γ µ sono le matrici di Dirac, e G a µν è il tensore così definito: sono gli otto generatori G a µν = µ A a ν ν A a µ + g s f abc A b µa c ν (1.48) dove A a µ sono gli otto campi di Yang-Mills dei gluoni e f abc sono le costanti di struttura 16 di SU(3). La mancata osservazione sperimentale di quark isolati ha portato alla formulazione della cosiddetta ipotesi di confinamento del colore, secondo la quale non possono esistere 13 Le particelle composte da quark sono dette adroni. Esse si distinguono poi in barioni (composti da tre quark) e mesoni (formati da una coppia quark/antiquark). 14 Per sapore si intende a quale delle tre generazioni il quark appartiene. 15 Vi sono molte evidenze sperimentali sul fatto che vi siano solo tre possibili stati di colore. 16 Le costanti di struttura sono definite dalle regole di commutazione tra i generatori: [T a, T a ] = f c ab T c. 15

22 stati di tripletto di colore liberi, ma solo stati legati in singoletti di colore. Tale ipotesi è formalizzata richiedendo che ogni particella abbia carica di colore nulla. Come conseguenza, si può dimostrare che i possibili stati legati consentiti per due e tre quark sono per l appunto i mesoni (stati qq) e i barioni (stati qqq). 1.3 Le interazioni protone-protone Una delle caratteristiche principali delle collisioni adroniche sta nel fatto che gli adroni non sono particelle elementari, ma sono costituite da partoni : il protone è costituito da tre quark di valenza (uud) immersi in un mare di gluoni e di coppie quark/antiquark che da essi si generano (g qq). Al momento in cui due protoni collidono, l interazione coinvolge generalmente una coppia di partoni. Le interazioni anelastiche che si possono verificare sono raggruppabili in due categorie: Le interazioni con basso impulso trasverso trasferito, attorno ai 500 MeV/c, e piccolo angolo di scattering rispetto alla direzione dei fasci. Sono eventi (detti di Minimum Bias) in cui si ha la ricombinazione dei partoni rimanenti al di fuori delle collisioni head on (vedi sotto) e rappresentano la maggior parte delle interazioni osservabili. Le collisioni head on tra i partoni, caratterizzate da alto impulso trasverso trasferito e dalla possibilità di produrre particelle pesanti. Si tratta di eventi rari rispetto a quelli di Minimum Bias; ad esempio, la produzione del W ± in un urto tra due protoni con energia del centro di massa di 14 TeV ha sezione d urto pari a 140 nb, contro i 55 mb totali per interazione anelastica protone-protone[7]. Nelle interazioni protone-protone, inoltre, non è possibile prevedere l energia nel centro di massa dell interazione stessa. Questo perché solo una frazione 0 < x a, x b < 1 (detti fattori di Bjorken) dell energia delle particelle incidenti A,B è sfruttata nelle interazioni fra i partoni. Dato che x a e x b possono essere a priori diverse l una dall altra, allora l effettivo centro di massa dei due partoni può muoversi lungo la direzione dei fasci; vale poi che l energia dell interazione partonica è data, se s è l energia nel centro di massa delle particelle incidenti, da s = x a x b s, che varia da evento a evento permettendo così 16

23 Figura 1.1: Schematizzazione di una interazione fra due protoni. di esplorare un intervallo vasto di energie. La sezione d urto totale per una generica interazione adronica può essere ricavata da σ = a,b dx a dx b f a (x a, Q 2 )f b (x b, Q 2 )ˆσ(x a, x b ) (1.49) dove la somma è fatta su tutti i partoni a e b dei due protoni, f a (x a, Q 2 ) e f b (x b, Q 2 ) sono le funzioni di distribuzione dei partoni 17 (rappresentate in Fig.1.2) e ˆσ(x a, x b ) rappresenta la sezione d urto dell interazione elementare fra i partoni a e b. Poiché il centro di massa dei due partoni generalmente si muove lungo la direzione dei fasci, allora è importante descrivere l evento in termini di parametri invarianti rispetto alle trasformazioni di Lorentz in questa direzione: i due più importanti sono l impulso trasverso p T, definito come la proiezione dell impulso sul piano perpendicolare alla direzione dei fasci, e la rapidità 18, definita dalla relazione y = tanh 1( p z ) E (1.50) 17 La funzione f a (x a, Q 2 ) si interpreta come la probabilità di trovare il partone a che trasporta la frazione x a dell impulso del protone con quadrimpulso scambiato Q 2 durante l interazione. 18 In realtà la rapidità non è invariante per trasformazioni relativistiche, ma poiché si trasforma secondo la legge y = y+β (se β è la velocità relativa tra due sistemi di riferimento) risultano invarianti gli intervalli di rapidità, y, a cui generalmente ci si riferisce. 17

24 Figura 1.2: Andamento della funzione di distribuzione dei partoni per un protone con Q 2 = (10GeV) 2 (a) e Q 2 = M 2 W (b). che, nell approssimazione di particelle ultrarelativistiche 19 si può approssimare come η ln ( tan θ 2) y (1.51) dove θ è l angolo che la particella prodotta forma con il fascio, ovvero cos(θ) = pz p. In questi casi si parla di pseudorapiditá (η). 1.4 Il Bosone di Higgs ad LHC Uno degli obiettivi principali dell esperimento CMS è l osservazione del bosone H 0. In Appendice A ho riportato i limiti teorici (e sperimentali) posti alla massa del bosone di Higgs. Qui di seguito parlerò dei processi che più contribuiscono, per i diversi intervalli di massa possibili, alla sua produzione a partire dalle collisioni p-p La Fisica del Bosone di Higgs I più importanti meccanismi per la produzione di H 0 sono: (a) fusione di gluoni, (b) fusione di due W ± o di due Z 0, (c) produzione associata H 0 con una coppia tt o bb e per (d) bremsstrahlung di W ± o Z 0 (vedi Fig. 1.3)[8]. La Fig. 1.4 mostra le sezioni d urto per i processi in funzione dell energia. I rapporti di decadimento attesi (Branching Ratio) del 19 Sono ultrarelativistiche le particelle tali che l impulso p sia molto maggiore della sua massa, p mc. 18

25 Figura 1.3: Diagrammi di Feynman per la produzione del bosone di Higgs. Figura 1.4: Sezione d urto di produzione del bosone di Higgs H 0 in funzione dell energia. 19

26 Figura 1.5: Valori dei Branching Ratio dei diversi canali di decadimento del bosone H 0 in funzione dell energia. bosone di Higgs in funzione della massa sono riportati in Fig. 1.5: essi variano al variare della sua massa e per questo, a seconda della regione di massa in cui si ricerca il bosone di Higgs, saranno più interessati certi canali di decadimento rispetto ad altri. In particolare, tra 114 GeV/c 2 e 140 GeV/c 2 risultano essere più interessanti i canali: H 0 γγ H 0 bb Il primo canale ha un Branching Ratio molto piccolo ( 10 3 ), mentre il secondo è più probabile ( 80%), ma col difetto che risulta essere molto più inquinato dal fondo. Nel caso in cui l Higgs abbia massa compresa tra 130 e 180 GeV i due canali di decadimento più utili per una possibile scoperta sono: H 0 Z 0 Z 0 H 0 W ± W dove l asterisco indica che le particelle sono virtuali. I Branching Ratio di decadimento in questi due canali risultano essere molti bassi, ma crescono via via che ci si avvicina all energia di soglia di produzione di particelle reali. Tra 180 GeV/c 2 e 600 GeV/c 2 è predominante il decadimento in due bosoni W ± W, ma 20

27 questo canale presenta nello stato finale dei neutrini, ricostruibili indirettamente soltanto dall impulso mancante nell evento e dunque con bassa precisione. Il canale più importante è il decadimento in due Z 0 reali con successivo decadimento in quattro leptoni: H 0 Z 0 Z 0 l 1 l 1 l 2 l 2 Questo è il cosiddetto golden channel per la scoperta del bosone di Higgs ad LHC, sia per l alto valore di Branching Ratio su un vasto intervallo di energie, sia per la grande precisione con cui il rivelatore CMS è in grado di ricostruire i muoni e gli elettroni. Sopra i 600 GeV/c 2 a causa della rapida diminuizione della sezione d urto di produzione il canale in quattro leptoni non è più sufficiente e diventa importante H 0 Z 0 Z 0 llqq che beneficia del più alto Branching Ratio per Z 0 qq, anche se ha una peggiore risoluzione sulla massa del bosone di Higgs. Un fondo molto importante al decadimento in quattro leptoni, che come abbiamo visto, è uno dei più promettenti, è la produzione associata Zbb. Infatti, i quark b hanno una elevata probabilità ( 40%) di generare un leptone e o µ nel loro decadimento. Data la piccola sezione d urto di produzione del bosone di Higgs questo processo costituisce uno dei fondi più rilevanti nella regione tra 140 e 180 GeV/c Il bosone di Higgs e la Teoria Supersimmetrica Non è questa la sede adatta per affrontare una adeguata ed approfondita discussione sulla Teoria Supersimmetrica, tuttavia è interessante osservare alcune delle conseguenze che tale teoria porta sulla produzione del bosone di Higgs. Nella Teoria del Modello Standard si giustifica il fatto che la massa del Bosone di Higgs debba essere inferiore ad 1 TeV solo ammettendo cancellazioni ad hoc di alcuni dei contributi alle correzioni radiative. La Teoria Supersimmetrica risolve la questione supponendo che esistano altre particelle oltre a quelle finora note[9]: ai fermioni corrisponderebbero dei partner a massa maggiore (detti per l appunto supersimmetrici ) a spin intero, mentre ai bosoni corrisponderebbero dei partner a massa maggiore a spin 21

28 Figura 1.6: Andamento delle sezioni d urto di produzione dei bosoni di Higgs nell ambito della SuperSimmetria aspettati per vari processi di produzione, in funzione della massa del bosone di Higgs. semintero. In questo modo, le cancellazioni delle correzioni radiative diventano naturali perché tali correzioni si presentano uguali e opposte per le particelle e i loro partner supersimmetrici. Inoltre, la Teoria Supersimmetrica prevede l unificazione delle forze Forte, Elettrodebole e Gravitazionale a scale di energia dell ordine di GeV e potrebbe dare anche una giustificazione al problema della Materia Oscura nell Universo. Abbiamo visto come all interno del Modello Standard è prevista l esistenza di un doppietto di Higgs. Estendendo il meccanismo di Higgs nell ambito della supersimmetria, è prevista l esistenza di un multipletto composto da cinque bosoni di Higgs[9]: il bosone scalare h 0 (leggero), il bosone scalare H 0 (pesante), il bosone pseudoscalare A 0 ed i due bosoni carichi H ±, le cui sezioni d urto sono riportate in Fig Il processo di produzione più atteso è la fusione di quark o gluoni (qq, gg H 0 /A 0 ), osservabile dal decadimento dei bosoni di Higgs in coppie di leptoni; tuttavia, uno dei canali di SuperSimmetria più ricercati è la produzione associata con una coppia di quark b (qq, gg H 0 /A 0 bb), in modo da poter usare l identificazione di un jet 20 da b nell evento per poterlo ben isolare dal fondo, per la maggior parte composto da singoli bosoni Z 0 e fotoni che decadano in coppie leptone/antileptone, che coprono gli eventi di produzione del singolo H 0 /A 0. Se da un lato si eliminano tutti quei processi con produzione di un solo bosone Z 0 o γ, dall altro si trova la difficoltà rappresentata dal fondo Zbb, dove la presenza di un bosone che può 20 I jet sono uno sciame molto collimato di adroni che si generano a partire dall adronizzazione dei quark prodotti nelle interazioni. 22

29 Figura 1.7: Diagrammi di Feynmann per i processi di LO ( Parton Fusion). decadere in una coppia leptonica e dei jet da b è del tutto indistinguibile a priori da un evento di produzione di un bosone H 0 /A 0 associata a due quark b. Uno studio approfondito del fondo Zbb e della sua sezione d urto di produzione è dunque di primaria importanza per capire quanto possa coprire effettivamente lo spettro in massa invariante dei leptoni provenienti dal decadimento di un bosone di Higgs. 1.5 Produzione associata di un bosone Z 0 e di una coppia bb La scoperta di nuova fisica ai collisori adronici può essere condizionata dalla non completa comprensione dei processi fisici del Modello Standard che ne costituiscono il fondo. Fra questi il processo di produzione associata di un bosone vettoriale Z e di una coppia di quark b riveste un importanza particolare per la scoperta del bosone di Higgs, come abbiamo mostrato nella sezione precedente. Inoltre, la valutazione sperimentale della sezione d urto di questo processo è di particolare importanza anche nella determinazione della funzione di distribuzione partonica dei quark b all interno dei protoni, alla quale è naturalmente legata. I diagrammi di Feynman che contribuiscono maggiormente alla produzione di una coppia di quark b con un bosone Z 0 sono mostrati in Fig. 1.7[10]. La fusione di gluoni (Fig. 1.7 (c)) rappresenta il processo dominante ad LHC, perché per bassi valori di x (comunque 23

30 Figura 1.8: Diagrammi di Feynmann che contribuiscono alle correzioni al NLO per la produzione di una Z 0 con due b. sufficienti a produrre particelle di massa elevata come la Z 0 ) la densità di probabilità dei gluoni è molto maggiore di quello dei quark (vedi Fig. 1.2). Nei processi di annichilazione quark/antiquark la coppia bb viene generata da un gluone nel cosiddetto gluon splitting. La Z 0 è prodotta per emissione da parte di un quark, che può essere uno di quelli dello stato iniziale (Fig.1.7(a)) o uno dei due b prodotti (Fig.1.7(b)). Questi diagrammi, tuttavia, sono soltanto quelli all ordine perturbativo più basso o Leading Order (LO). All ordine perturbativo immediatamente successivo, detto Next to Leading Order (NLO), contribuiscono anche i diagrammi mostrati in Fig [11]. Come si può vedere, tutti i tre tipi di processi presentano uno stato finale con una Z 0, una coppia bb ed un quark leggero. In questi casi, per lo studio dei processi a livello partonico, è molto importante conoscere quali sono i jet con più alto impulso trasverso nell evento[10], ovvero i leading jet, come vedremo più in dettaglio quando discuteremo l analisi degli eventi nel capitolo 5. Un aspetto importante nel calcolo della sezione d urto è la scala di fattorizzazione (µ). Tale parametro entra in gioco nelle funzioni di distribuzione partonica, le quali cambiano a seconda dell ordine perturbativo cui ci si riferisce per un dato processo: poiché non è possibile calcolare la densità di probabilità in funzione di x dei partoni con la sola teoria perturbativa, viene aggiunta alle funzioni di distribuzione partonica una dipendenza dal 21 Oltre ovviamente a tutti i diagrammi NLO con esattamente lo stesso stato finale del LO, ma con in aggiunta lo scambio di particelle virtuali tra le particelle nello stato iniziale o finale. 24

31 Figura 1.9: Andamento delle sezioni d urto bb Z 0 previste a vari ordini perturbativi in funzione di µ (è sottintesa la presenza di due quark b nello stato finale). fattore µ secondo quella che è la teoria sviluppata da Dokshitzer-Gribov-Lipatov-Altarelli- Parisi[12]. Una predizione teorica è tanto più affidabile quanto più non varia al variare di µ e generalmente questa dipendenza diminuisce per i calcoli all ordine più elevato. Pertanto è stato studiato per la produzione Zbb anche l ordine superiore al NLO, il Next to Next to Leading Order (NNLO). In questo calcolo due quark b appartenenti al mare si annichilano per generare una Z 0, mentre gli altri due quark b che sono presenti nei protoni incidenti (dato che i quark b nel mare possono esistere soltanto in coppie) vanno a formare i due jet da b dello stato finale. In Fig. 1.9 è riportato l andamento della sezione d urto dei processi di produzione bb Z 0 ad LHC al LO, NLO e NNLO, insieme al processo gg Z 0 bb[12]; è ben visibile come le previsioni al NNLO presentano un andamento costante rispetto agli altri casi. È anche visibile come il valore della sezione d urto NNLO è sensibilmente maggiore di quello calcolato al LO per il processo gg Z 0 bb. Tuttavia, va osservato che si tratta di un calcolo inclusivo, nel quale i due quark b che sono prodotti insieme alla Z 0 hanno generalmente un basso impulso trasverso e dunque spesso non sono osservabili. Ben più interessante sarebbe invece il calcolo esplicito della sezione d urto di produzione del canale Zbb per quark b con un impulso trasverso superiore a GeV/c, che è la regione sperimentalmente accessibile. Purtroppo in questo caso un calcolo NNLO non è assolutamente possibile con le conoscenze attuali e come vedremo nel capitolo 4 dovremo utilizzare dei Monte Carlo basati su calcoli al LO. 25

32 26

33 Capitolo 2 L Esperimento CMS ad LHC I moderni esperimenti di fisica subnucleare sono volti allo studio di particelle prodotte ad elevata energia e con bassissime sezioni d urto di produzione, dell ordine del femtobarn[2] (10 15 b) 1. Con le tecnologie ad oggi disponibili è possibile accelerare protoni fino ad energie superiori al TeV, permettendo alte frequenze di produzione. Inoltre, come abbiamo visto, in una collisione protone-protone (p-p) l interazione tra i partoni costituenti spazia un range di energie molto vasto. Sono stati questi i motivi che hanno portato alla costruzione del Large Hadron Collider (LHC) e dei rivelatori che verranno su di esso installati. Uno di questi è il Compact Muon Solenoid (CMS)[13], che sarà descritto in questo capitolo. 2.1 Il Large Hadron Collider Il Large Hadron Collider sarà il più potente acceleratore di adroni che entrerà in funzione nei prossimi anni. Tutt ora in costruzione nel tunnel del CERN dove si trovava il collisionatore leptonico LEP[14], sarà situato ad una profondità di 100 m tra il confine Francia-Svizzera nei pressi di Ginevra. Il LHC (schematizzato in Fig. 2.1) sarà in grado di produrre collisioni fra due fasci di protoni ad una energia nel centro di massa di 14 TeV. I fasci di protoni vengono accelerati e portati fino a 50 MeV di energia attraverso l acceleratore lineare LINAC, dopodichè l acceleratore circolare Booster ne incrementa 1 1 b = cm 2 27

34 Figura 2.1: Schema di LHC: in figura sono indicate anche le direzioni dei fasci protone-protone l energia fino a 1.4 GeV prima di iniettarli nel PS (Proton Synchrotron). Da qui vengono estratti fasci da 25 GeV e mandati nel SPS (Super Protron Synchrotron), che accelera i fasci fino a 450 GeV prima di mandarli definitivamente nell anello di LHC. Il tunnel di LHC ha un diametro di 26.7 Km, ed è composto da otto sezioni curvilinee di 2.84 Km di raggio ed otto sezioni rettilinee, dove i fasci di protoni, una volta raggiunta l energia di 7 TeV per fascio, possono interagire. Le sezioni curvilinee sono equipaggiate con un sistema di deflessione, costituito da 1232 dipoli magnetici (schematizzati in figura 2.2), ed un sistema di collimazione dei fasci, costituito da 386 quadrupoli, 360 sestupoli e 336 ottupoli. I vari sistemi sono tutti costituiti da magneti superconduttori raffredati a elio liquido fino ad operare ad una temperatura di 1.9 K[15], e sono in grado di generare campi magnetici molto elevati (nel caso dei dipoli si raggiungono gli 8.33 T). Le sezioni rettilinee, invece, ospitano le cavità superconduttrici a radiofrequenza (400 MHz), in cui agiscono campi elettrici da 3 MV m 1 nei punti di iniezione dei fasci fino a 16 MV m 1. I fasci scorreranno paralleli e in direzioni opposte in due cavità contenute nello stesso criostato, nelle quali sarà mantenuto un vuoto molto spinto ( torr). I tempi richiesti per raggiungere tali energie si aggirano attorno ai 20 minuti, e da questo istante in poi le cavità a radiofrequenza serviranno a fornire solo l energia persa per radiazione di sincrotrone, pari a 7 KeV/giro. 28

35 Figura 2.2: Schema del dipolo lungo 15 m utilizzato in LHC Il limite in potenza di accelerazione di LHC è dato essenzialmente dal campo magnetico generato per mantenere i protoni nell orbita circolare, secondo la relazione 2 p[gev/c] = 0.3 B[T ] ρ[m] (2.1) dove B è l intensità del campo magnetico tale da mantenere protoni di impulso p entro un orbita circolare di raggio ρ. Ad oggi si è in grado di produrre campi da 8.3 T, che vincolano dunque la massima energia raggiungibile ad LHC a 7 TeV, dato che il raggio dell acceleratore è di 4.3 Km. Oltre ai protoni, ad LHC verranno accelerati, in una seconda fase, anche ioni di Piombo ad una energia di 2.76 TeV/nucleone. Dal momento che le sezioni d urto dei processi che devono essere studati sono molto basse, è richiesto che l acceleratore sia in grado di raggiungere una elevata luminosità L, definita, per un processo di sezione d urto σ con produzione di N particelle al secondo, come N = σ L (2.2) 2 La costante 0.3 a moltiplicare è valida solo per particelle con carica q = 1 (in unità di carica e). 29

36 Nel caso di collisionatori, la luminosità può essere espressa con buona approssimazione come [2] L = f n 1n 2 4πσ x σ y (2.3) dove n 1 e n 2 rappresentano il numero di particelle contenute nei due fasci che collidono alla frequenza f e con dimensioni trasverse σ x e σ y. Per LHC è prevista una prima fase di funzionamento per circa 3 anni a bassa luminosità (L cm 2 s 1 ), ed una seconda fase con un graduale aumento fino a circa cm 2 s 1. Per quanto riguarda le collisioni Pb-Pb è prevista una luminosità di cm 2 s 1. Valori così elevati sono raggiungibili grazie all elevata frequenza di collisione dei fasci (40 MHz)[15], contenenti circa protoni, e grazie ad un eccellente sistema di collimazione in grado di mantenere dimensioni trasversali dell ordine dei 15µm[15]. La posizione del punto d impatto avrà una incertezza dell ordine dei 7.5 cm attorno alla posizione nominale predetta. 2.2 Il rivelatore CMS La struttura del rivelatore CMS è basata su più strati di rivelatori a simmetria cilindrica, coassiali rispetto alla direzione dei fasci, e su dischi che chiudono i vari cilindri di rivelatori in modo da permettere la massima copertura del rivelatore di tutto l angolo solido. Ciò che più caratterizza questo esperimento è la presenza di un magnete superconduttore solenoidale[16], lungo 13 m e con diametro di 5.9 m, composto da un avvolgimento di una lega di niobio-titanio, rivestito di alluminio e raffreddato a 4 K, che sarà percorso da una corrente di A, tale da produrre un campo magnetico di 4 T uniforme lungo la direzione dei fasci. L elevata intensità del campo curvante permette misure di alta precisione dell impulso trasverso delle particelle cariche prodotte nelle interazioni, mantenendo compatte le dimensioni del rivelatore. Nel complesso, l apparato (schematizzato in figura 2.3) sarà lungo 21.6 m ed avrà un diametro di 15 m e peserà ton. Il sistema di riferimento di CMS è costituito da una terna ortogonale destrorsa con l asse x che punta verso il centro di LHC, l asse y diretto verso l alto 3 e l asse z diretto secondo 3 Dato che in realtà la direzione dei fasci è inclinata dell 1.20% rispetto al piano perpendicolare alla direzione su cui agisce la forza di gravità, non è esattamente vero che l asse y è parallelo alla verticale 30

37 Figura 2.3: Schematizzazione del rivelatore CMS l asse del rivelatore, la cui origine è posta nel centro del rivelatore. Inoltre, la simmetria cilindrica suggerisce l utilizzo di un altro sistema di coordinate basato su coordinate pseudoangolari che assicurano una descrizione invariante per le interazioni p-p dato dalla terna (r, ϕ, η), dove r è la distanza dall asse z, ϕ è l angolo azimutale rispetto all asse x ed η è la pseudorapidità. In un sistema di coordinate così fatto, i vari rivelatori che compongono CMS possono essere individuati nel seguente modo: Tracciatore di silicio Occupa la regione r < 1.2 m e η < 2.5. È costituito da un rivelatore a pixel e da uno a microstrisce; come indica il nome serve per misurare i punti di passaggio delle particelle cariche prodotte nelle collisisoni e ricostruirne le traccie. Calorimetro elettromagnetico (ECAL) Occupa la regione 1.2 m < r < 1.8 m e η < 3. Utilizzando cristalli scintillanti di Tungstato di Piombo (PbWO 4 ), permette la misura dell energia di fotoni ed elettroni. 31

38 Calorimetro adronico (HCAL) È posto fra 1.8 m < r < 2.9 m e η < 5. Serve per misure di energia dei jet adronici. Magnete superconduttore solenoidale Posto fra 2.9 m < r < 3.8 m e η < 1.5, genera il campo magnetico necessario per deflettere le particelle cariche in modo da misurarne l impulso sulla base delle misure della curvatura delle traccie nel sistema tracciante. Camere per muoni Occupano la regione 4 m < r < 7.4 m e η < 2.4 e rappresentano l ultimo strato di rivelatori. Le camere sono alloggiate all interno del ferro (ad alta permeabilità magnetica) di ritorno del magnete, e sono volte alla ricostruzione delle tracce rilasciate dai muoni Il tracciatore di silicio Il Tracciatore[17][18] avrà il compito di rivelare ogni singola particella carica in eventi con una elevata densità di particelle, e di ricavare i valori dell impulso delle tracce ricostruite. Grazie alla presenza dell intenso campo magnetico di CMS è possibile ottenere una risoluzione σp t p t 4% per singoli muoni fino a p t = 100 GeV/c 2 in η < 2.0. D altra parte, per una luminosità di cm 2 s 1 sono aspettati 17 eventi di minimum bias per collisione, che portano alla formazione di 1000 tracce cariche. L elevato valore del campo magnetico presente nella regione di CMS in cui si trova il tracciatore fa sì che le traccie di particelle cariche di basso p t rimangano confinate a piccolo raggio di curvatura. Per poter ricostruire le tracce è necessaria una bassa occupazione dei rivelatori ed il più alto numero possibile di punti misurati per traccia (a tali punti viene dato il nome di hits). È tenuto conto di queste considerazioni che il tracciatore di CMS è stato progettato: esso è suddiviso in due tipologie di rivelatori. Nella zona più interna si trovano i rivelatori a pixel di Silicio, in quella più esterna i rivelatori a microstrip di silicio, a loro volta suddivisi in una parte interna ed una esterna. Tutto il tracciatore occupa un cilindro lungo 6 m con un diametro esterno di 2.6 m, composto da un barrel centrale e due endcap finali in modo da assicurarne la massima ermeticità. La struttura è ottimizzata in modo da ottenere in media hit per traccia, così da assicurare sia una elevata efficienza di ricostruzione 32

39 Figura 2.4: Il rivelatore a pixel di silicio della traccia sia una bassa frequenza di ghost 4. Un altro problema per il tracciatore è la funzionalità a lungo termine sotto l influenza di un pesante irraggiamento, dovuto sia alle interazioni primarie, sia al flusso di neutroni evaporati dalle reazioni nucleari nel materiale del calorimetro elettromagnetico. Per ovviare a questo problema, i rivelatori di silicio saranno raffreddati ad una temperatura permanente di 10 o C durante la presa dati, temperatura che salirà a 0 o C in caso di manutenzione del rivelatore. Inoltre, per la costruzione del tracciatore non deve essere usata una quantità eccessiva di materiale per non degradare le prestazioni del calorimetro elettromagnetico. Questa costrizione limita il numero di strati attivi per la rivelazione ed il cablaggio di lettura. I rivelatori a pixel In figura 2.4 è raffigurato il rivelatore a pixel. Esso è necessario soprattutto per il b-tag 5. Copre la regione η < 2.4 ed è organizzato in tre strati lunghi 53 cm, posizionati ad r = 4.4, 7.3 e 10.2 cm, e in due dischi per ogni estremità a formare gli endcap, posti a z = ±34.5 cm e z = ±46.5 cm e che coprono un raggio 6 cm < r < 15 cm in modo da garantire almeno due strati attraversati per traccia. Ogni strato è composto da più unità, 4 Per ghost si intende una traccia ricostruita per errore non corrispondente in realtà a nessuna delle tracce delle particelle che hanno interagito all interno del rivelatore. 5 Per b-tag si intende l identificazione dei jet b. Maggiori dettagli al riguardo saranno dati nel Capitolo 5. 33

40 contenenti un sensore segmentato di Silicio spesso 250 µm altamente integrato con i chip di lettura connessi ad ogni pixel. Per ottimizzare la ricostruzione dei vertici sia nella direzione longitudinale che trasversa si usano pixel rettangolari µm 2, con il lato di 100 µm diretto lungo la direzione rϕ nella regione del Barrel e lungo z negli endcap. Il rivelatore a pixel è importante sia per la ricostruzione dei vertici di interazione che per la misura del parametro d impatto 6. Il segnale letto dai rivelatori è analogico in modo da poter sfruttare lo sharing 7 fra i pixel, così da interpolare la posizione dalla distribuzione del segnale. Lo sharing è dovuto al drift dei portatori di carica all interno del silicio per effetto della forza di Lorentz, secondo il meccanismo schematizzato in Fig In un campo magnetico di 4 T, si ha per gli elettroni un angolo di Lorentz 8 di 32 0, un valore tre volte maggiore rispetto alle lacune. Sono stati scelti sensori tipo n + impiantati su di un substrato tipo p, in quanto sono molto resistenti alla radiazione. I pixel nel barrel hanno il lato lungo la direzione rϕ inclinato di 22 0 rispetto alla direzione del campo magnetico proprio per accentuare l effetto di sharing di carica fra pixel adiacenti in modo da migliorare la risoluzione intrinseca nella ricostruzione dell hit fino a µm, ben al di sotto dei 150 µm di dimensione delle impiantazioni n +. Lo sharing è presente anche per le misure lungo z per tracce inclinate rispetto a questa direzione, ottenendo anche per questa coordinata risoluzioni dell ordine dei 15 µm. I segnali dei pixel sono letti per gruppi di 4160 pixel da una stessa unità di lettura (Pixel Unit Cell, o PUC)[20], per un totale di 52 colonne e 80 righe. Ogni PUC è composto di un circuito analogico che provvede a dare in uscita un segnale logico positivo se la carica collezionata supera una certa soglia impostabile. Per ridurre il numero totale di canali di lettura (pari a 44 milioni) due colonne adiacenti sulla PUC sono lette da un unico circuito. I segnali analogici provenienti dai pixel vengono temporaneamente salvati in attesa del 6 Il parametro d impatto è un parametro usato per descrivere una traccia ricostruita, che sarà descritto nei Capitoli 3 e 5. 7 Per sharing si intende la formazione di segnale oltre che sul pixel interessato dal passaggio della particella anche sui pixel adiacenti. 8 L angolo di Lorentz è dato dalla deflessione della traiettoria dei portatori di carica per effetto del campo magnetico. 34

41 Figura 2.5: Sharing di carica indotto dalla forza di Lorentz sui portatori. È mostrato anche come con l aumentare della dose di radiazione assorbita, il rivelatore non è completamente svuotato, portando ad una minore collezione di carica. Figura 2.6: Foto di un modulo assemblato a Firenze[19]. segnale di trigger di Livello 1 (vedi il paragrafo 1.2.5) per essere successivamente inviati via fibra ottica all elettronica di Front-End, che si occupa di interfacciare i segnali al sistema di elaborazione e immagazzinamento dei dati. Il rivelatore a microstrip Questo rivelatore è costituito da unità dette moduli (vedi figura 2.6), composte da uno o due sensori incollati su di un supporto in fibra di carbonio assieme all elettronica di lettura. I sensori sono costituiti da un substrato di silicio tipo n con impiantate le strip, tipo p +, come mostrato in figura 2.7. La giunzione p + -n è inversamente polarizzata applicando una tensione positiva di qualche centinaio di Volt al lato n, mentre le strip sono connesse a massa, così da essere completamente svuotata dai portatori di carica liberi 35

42 Figura 2.7: Principio di funzionamento di un rivelatore a microstrip. (ad eccezione di quelli termicamente creati). Quando una particella ionizzante passa dentro al sensore di silicio, essa rilascia energia creando così coppie elettrone/lacuna che si muovono, per effetto del campo elettrico presente nella regione di svuotamento, verso il lato n (elettroni), e verso il lato p + individuato dalle strip (le lacune). Per permettere una migliore raccolta di carica, sul lato n viene effettuato un impianto tipo n + che fa da contatto ohmico e previene l inserimento di carica nel sensore dagli strati di alluminio connessi. Sulle strip tipo p + vengono depositati strati di dielettrico (SiO 2, Si 3 N 4 ), con valori di capacità di 25 pf/cm, per permettere connessioni di tipo capacitativo con degli elettrodi di alluminio in modo da disaccoppiare l elettronica di lettura da correnti di fuga (che sono in continua) del sensore. Il segnale analogico proveniente dalle strip viene raccolto da dei chip di lettura ed inviato a dei Convertitori Analogico-Digitale (ADC) via fibra ottica per poi essere elaborati dall elettronica di analisi dati. Dalla conoscenza di quale strip è stata interessata dal passaggio di una traccia è possibile misurare di una sola coordinata interpolando la posizione tra più strip adiacenti interessate per effetto dello sharing di carica. La misura della seconda dimensione è ottenuta incollando un secondo sensore dall altra parte del supporto in carbonio con le strip dei due sensori ruotate reciprocamente di 100 mrad le une dalle altre. Questa combinazione, detta di tipo stereo, è preferibile rispetto alla segmentazione a pixel in quanto così si ottiene un numero molto più basso di canali di 36

43 Figura 2.8: Schema della configurazione del tracciatore di CMS. La regione rosa identifica il TIB, la celeste il TID, l arancione il TOB e la verde il TEC. Il rivelatore a pixel è quello giallo. lettura, anche se a scapito di una buona risoluzione. Le ambiguità per gli hit ricostruiti nella configuarazione dei moduli tipo stereo è risolta in fase di ricostruzione dell intera traccia. Il tracciatore a microstrip occupa il volume fino ad r = 1.1 m per una lunghezza totale di 5.4 m ed è diviso in 4 parti, come schematizzato in Fig. 2.8: Barrel interno del tracciatore con 4 strati concentrici di cui i due più esterni composti da moduli stereo nel barrel (TIB=Tracker Inner barrel) Endcap interno del tracciatore Disks) con 3 dischi per ogni endcap (TID=Tracker Inner Barrel esterno del tracciatore con 6 strati concentrici di moduli nel barrel, di cui i due più interni hanno montati moduli tipo stereo) (TOB=Tracker Outer barrel) Endcap esterno del tracciatore con 9 dischi per ogni endcap che, assieme ai dischi del TID, assicurano l ermeticità di tutto il tracciatore, con montati moduli di forma trapezoidale per seguire la forma circolare degli endcap (TEC=Tracker endcap) 37

44 N. di moduli spessore [µm] pitch [µm] TIB /118 TOB /183 TID /128/143 TEC /320 96/126/128/143 Tabella 2.1: I vari tipi di moduli nel rivelatore a microstrip Il TIB è costituito da moduli di 320 µm di spessore e con larghezza totale di 64 mm, con strip lunghe 117 mm. Il tracciatore esterno ha moduli più spessi (500 µm) e più larghi (96 mm), con strip lunghe 190 mm (più lunghe rispetto ai moduli più interni in quanto andando verso l esterno c è una più bassa occupazione da parte delle particelle ionizzanti). I moduli del TID sono spessi 300 µm, mentre i moduli del TOB sono spessi 500 µm. La distanza tra una strip e quella adiacente (detta pitch) varia secondo quanto riportato in Tab La forma dei moduli è rettangolare nei barrel con le strip parallele alla direzione dei fasci per la misura delle coordinate ϕ ed r. Nei dischi i moduli trapezoidali sono allocati con le strip disposte in modo da permettere la misura della coordinata ϕ (e r nel caso dei moduli stereo). Il numero totale di moduli sarà 11260, corrispondenti a circa 198 m 2 di area attiva di silicio, per un totale di canali di lettura letti a gruppi di 128 da chip di lettura Il calorimetro elettromagnetico (ECAL) Il principale obiettivo del ECAL[21] è la rivelazione dei prodotti di decadimento del bosone di Higgs in due fotoni (H 0 γγ). Data la larghezza naturale di decadimento pari a 100 MeV, la distribuzione di massa invariante γγ sarà dominata dagli effetti sperimentali di risoluzione reale. Affinché sia possibile evidenziare la presenza del segnale è quindi necessario che ECAL abbia una risoluzione molto elevata ( 1%) e che sia sufficientemente compatto da poter stare dentro al solenoide in modo da ridurre il materiale che le particelle devono attraversare. Per questo motivo si è scelto un calorimetro 38

45 Figura 2.9: Sezione longitudinale di un quadrante di ECAL. a cristalli di Tungstato di Piombo (PbWO 4 ), con eccellente resistenza alla radiazione ed alta inerzia chimica, caratterizzati da un raggio di Molière 9 di 21.9 mm e da una lunghezza di radiazione 10 di 8.9 mm. Questo materiale ha un tempo di decadimento nel processo di scintillazione molto breve, pari a 10 ns. Questa caratteristica permette di avere alte prestazioni anche ad alta luminosità; difatti, nei 25 ns che intercorrono tra una interazione e la successiva è possibile raccogliere circa l 85% della luce che viene emessa. I cristalli sono disposti in geometria proiettiva a formare una parte cilindrica, il barrel, che occupa la regione η < 1.48 (vedi in figura 2.9), e due dischi, gli endcap, che occupano la regione 1.48 < η < 3. ECAL deve essere tale da permettere un elevata capacità di rigettare gli eventi di decadimento π 0 γγ. Il problema sta essenzialmente nel riuscire a distinguere i due fotoni evitando di ricostruirli come un fotone unico. Per tale motivo i cristalli che equipaggiano il barrel hanno dimensioni ridotte lungo η e ϕ (20.5 mm 20.5 mm), ed inoltre un pre-sciamatore costituito da due radiatori di piombo alternati a due piani di rivelatori a microstrip con un passo tra le strip di 2 mm, è previsto di fronte agli endcap. Nell intervallo di energia 25 GeV < E < 500 GeV la risoluzione energetica di ECAL può essere 9 Il raggio di Molière è una misura della dimensione trasversale dello sciame elettromagnetico in un calorimetro. 10 La lunghezza di radiazione X 0 è il percorso che un elettrone altamente energetico deve compiere in un materiale per ridurre la sua energia ad una frazione 1/e del valore iniziale. 39

46 espressa come[21]: ( σe E ) 2 ( a ) 2 ( σn ) 2 = + + c 2 E[GeV ] E[GeV ] (2.4) dove il primo termine schematizza le fluttuazioni statistiche del contenuto dello sciame, il secondo è dovuto al rumore elettrico, il terzo è un termine costante che tiene conto della disomogeneità dei cristalli Il calorimetro adronico (HCAL) HCAL[22], assieme a ECAL, serve a misurare energia e direzione dei jet adronici. A tale scopo HCAL deve essere abbastanza ermetico da contenere in tutte le direzioni gli sciami prodotti dagli adroni, anche se molto energetici. Si tratta di un calorimetro a campionamento realizzato alternando strati di scintillatori plastici dello spessore di 3.7 mm, a strati di assorbitore di ottone spessi 5 cm. HCAL ha una granularità in modo da assicurare una efficiente separazione tra due jet, e la luce di scintillazione è letta tramite fibra ottica. È costituito da un barrel che copre una regione η < 1.4 e da due endcap che coprono una regione 1.4 < η < 3. Lo spessore è di 8.9 lunghezze di interazione nucleare 12 (λ 0 ) nella regione del barrel e di 10 λ 0 nelle endcap. La dimensione del barrel nella direzione r, essendo limitata dalla presenza del magnete, non sarebbe sufficiente a contenere completamente gli sciami prodotti dagli adroni altamente energetici, quindi all esterno del magnete sono alloggiati ulteriori strati di materiale scintillante, detti tail catcher. Per coprire la regione 3 < η < 5 verrà installato un ulteriore calorimetro adronico chiamato Hadron calorimeter Forward (HF), centrato in z = ±11 m. La risoluzione energetica attesa per i jet adronici, combinando HCAL e ECAL, è data da[22]: σ E E = 100% E[GeV ] 4.5% (2.5) 11 La granularità di un rivelatore indica l intervallo angolare che i singoli elementi che lo compongono riescono a risolvere ed è data dal prodotto η ϕ. 12 La lunghezza di interazione nucleare λ 0 è definito come il libero cammino medio per interazione nucleare di un adrone in un dato materiale. 40

47 Figura 2.10: Sezione longitudinale di un quadrante delle camere per muoni Camere per muoni Le camere per muoni[23] sono posizionate all esterno del magnete, alloggiate nelle intercapedini tra i piani di ferro che chiudono le linee di campo del campo magnetico. Il campo medio nel quale sono immerse è 1.8 T. Il loro ruolo fondamentale è quello di fornire il segnale di trigger all esperimento: molti degli eventi di fisica interessanti sono infatti caratterizzati dalla produzione di muoni con alto p T. Inoltre insieme ai dati provenienti dal tracciatore queste camere permettono di ricostruire il p T dei muoni. In Fig è mostrata la disposizione spaziale delle camere. La regione del barrel è equipaggiata con delle camere a deriva (Drift Tubes), col filo anodo diretto come i fasci per la misura della coordinata rϕ (ad eccezione di due strati che hanno i fili ortogonali ai fasci per la misura della coordinata z). Le camere sono disposte in file sfalsate di metà per eliminare le ambiguità destra-sinistra nella ricostruzione delle tracce (vedi Fig a); la regione dell endcap è equipaggiata con camere a strisce catodiche (Catode Strip Chamber), ovvero camere proporzionali a multifili con un piano segmentato di catodi ortogonali ai fili anodi, riempite di una miscela Ar(40%) + CO 2 (50%) + CF 4 (10%). Le file di catodi sono disposte lungo r per misurare la coordinata ϕ (vedi figura 2.11.b). Per la regione η < 2.4 sia il barrel sia gli endcap sono forniti anche di camere a piastre resistive (Resistive Plate Chamber), riempite con una miscela C 2 H 2 F 4 + C 4 H 10, le quali hanno una risoluzione spaziale peggiore, ma una eccellente risoluzione temporale (3 ns) grazie alla presenza delle piastre resistive. 41

48 Figura 2.11: a. Distribuzione delle drift chamber (risoluzione in z pari a 200 µm, in r pari a 98 µm e in ϕ pari a 570 µrad). b. Schematizzazione di una Catod Strip Chamber (risoluzione in z di µm) Il sistema di Trigger Le collisioni protone-protone a LHC avverranno con una frequenza di 40 MHz, troppo alta per poter ricostruire tutti gli eventi ed immagazzinare i dati così ottenuti. La massima frequenza con cui gli eventi potranno essere salvati per una successiva analisi è 100 Hz. Inoltre bisogna considerare il fatto che gli eventi con processi fisicamente interessanti sono molto pochi rispetto al numero di collisioni totali. È necessario dunque un sistema di trigger, in modo da ridurre il numero di eventi in fase di ricostruzione di un fattore Per l esperimento CMS è stato ideato un sistema di trigger suddiviso in due livelli: il Livello 1 (L1) [24] e il Trigger d Alto Livello (HLT-High Level Trigger) [25]. Il livello L1 è ottimizzato per effettuare una prima selezione con i soli dati ricavati dal calorimetro e dalle camere per muoni; le risposte di tutti gli altri rivelatori di CMS vengono memorizzate temporaneamente in una coda (pipeline) mentre le informazioni preliminari vengono processate entro 3.2 µs (corrispondenti a 128 collisioni), in modo da decidere se l evento può essere salvato oppure no; in questo modo è possibile ridurre la frequenza di uscita dei dati da immagazzinare a 100 KHz. Gli eventi che superano questo livello di trigger sono poi filtrati dal livello HLT. Quest ul- 42

49 timo è implementato su una PC farm 13 dedicata, in grado di elaborare le informazioni ad una velocità di 2 eventi/s su singola CPU, riducendo il rate di dati immagazzinati a 100 Hz. Livello di trigger L1 Il livello di trigger L1 compie una prima analisi fisica, basata sulla misura dei leptoni (muoni ed elettroni), dei fotoni, dei jet e dei valori dell energia trasversa, sia totale che mancante 14 (ET mis ). L algoritmo di selezione deve essere ripetuto il più velocemente possibile visto che l intervallo tra due collisioni p-p successive è di 25 ns, troppo breve per permettere la lettura di tutti i dati del rivelatore relativi all evento ( 1 MByte). Il livello L1 può dunque utilizzare solo i dati che sono disponibili localmente, senza la conoscenza dei risultati di analisi compiute sul resto dell informazione. Per tale motivo sono esclusi nel livello L1 i segnali del tracciatore che richiedono troppo tempo per essere analizzati. La frequenza di trasmissione dei dati al livello successivo di trigger sarà di 50 khz per la fase di bassa luminosità e di 100 khz per la fase ad alta luminosità. Nel livello L1 i due sistemi di trigger (calorimetro e camera per muoni) lavorano in parallelo ed analizzano i dati localmente a livello di singolo rivelatore. Le informazioni dei calorimetri sono date dalle cosiddette Torri Calorimetriche, ovvero dai cluster 15 ricostruiti utilizzando un proprio sistema di trigger. Le informazioni così ottenute vengono combinate insieme sia per ECAL che per HCAL in modo da ricostruire jet, elettroni e fotoni e vengono temporaneamente immagazzinate in quello che è il Global Calorimeter Trigger (GCT). Analogo funzionamento si ha per le camere per muoni per la ricostruzione dei muoni, le cui informazioni sulle tracce sono immagazzinate nel Global Muon Trigger (GMT) che, tra l altro, elimina anche tutte le ambiguità nella ricostruzione e i ghost sfrut- 13 Per PC farm si intende un gruppo di PC connessi in rete che si scambiano informazioni in modo da processare efficientemente e velocemente i dati. 14 Per mancante si intende la parte di energia lungo la componente trasversa che per vari motivi non è stata ricostruita, principalmente per i neutrini che praticamente non interagiscono con alcun rivelatore, non rilasciando di conseguenza energia. 15 Per cluster si intende l insieme di cristalli adiacenti nel calorimetro in cui è stata rilasciata più o meno energia da parte delle particelle. 43

50 tando una mappatura delle regioni inattive dei calorimetri (in cui dunque non cè stato il passaggio di particelle) data dal GCT. Le informazioni provenienti da GCT e GMT vengono a loro volta combinate insieme per dare una prima stima dell energia trasversa mancante ed indica su quali regioni del rivelatore CMS si deve focalizzare il livello HLT. I tempi di elaborazione e reiezione del livello L1 sono di 1 µs senza considerare i ritardi dovuti ai tempi di propagazione dei vari segnali, ben al disopra dei 25 ns che intercorrono tra due collisioni dei fasci p-p. A tale scopo, i segnali vengono temporaneamente allocati in memoria in attesa del trigger a gruppi di un centinaio di eventi in modo da perderne il minor numero possibile. Livello di trigger HLT Le informazioni ottenute localmente nel livello L1 di trigger vengono inviate alla PC farm dove è implementata l analisi di livello HLT. Il suo scopo è quello di diminuire ulteriormente la frequenza di immagazzinamento dei dati a 100 Hz. In questa fase vengono utilizzate le informazioni provenienti anche dall intero rivelatore di silicio (che, tra l altro, fra tutti i componenti di CMS è quello che presenta i più alti tempi di risposta e lettura dei segnali). Utilizzando gli hit rilasciati nei pixel e le tracce ottenute col tracciatore vengono ricostruiti i vertici primari d interazione e le intere tracce rilasciate nelle regioni d interesse all interno di CMS con algoritmi simili a quelli usati in sede di analisi dati. Maggiori informazioni al riguardo sono dati nel Capitolo 3. 44

51 Capitolo 3 Simulazione e ricostruzione degli eventi In questo capitolo saranno descritte le prestazioni del rivelatore CMS nella ricostruzione delle tracce, dei jet e di quant altro è necessario per l analisi degli eventi a LHC. Per ottimizzare gli algoritmi di ricostruzione e stimare le prestazioni nelle varie condizioni di presa dati è stato necessario simulare gli eventi in modo quanto più possibile vicino alla realtà. Questo è stato fatto con l ausilio di alcuni programmi basati sul metodo Monte Carlo ai quali sarà dedicata la prima parte di questo capitolo e tutto il Capitolo 4. Nella seconda parte saranno descritti gli algoritmi usati per la ricostruzione, che sono identici a quelli che saranno usati sui dati reali, e le risoluzioni ed efficienze aspettate. Presenterò ora il software che si utilizza per simulare l interazione delle particelle con il rivelatore CMS e per la ricostruzione degli eventi. 3.1 Il Software di CMS I diversi programmi che compongono il software di CMS e le relazioni che intercorrono tra loro sono mostrati in Fig.3.1. Il programma COBRA[26] (Coherent Object-Oriented Base for Simulation Reconstruction and Analysis) fornisce i servizi e gli algoritmi di utilità generale e coordina l accesso ai dati e definisce l interfaccia con l utente. 45

52 Figura 3.1: Relazioni tra i vari programmi orientati a oggetto di CMS. La direzione delle frecce sta ad indicare da cosa dipendono i vari oggetti. La geometria del rivelatore CMS e il tipo di materiali che lo compongono sono descritti col programma OSCAR[27] (Object-Oriented Simulation for CMS Analysis and Reconstruction) basato su GEANT 4[28], che simula gli effetti del passaggio delle particelle nei diversi materiali. Il programma ORCA[29] (Object-Oriented Reconstruction for CMS Analysis program) contiene il codice per la ricostruzione e l analisi dati, ma anche la simulazione della risposta dei vari rivelatori componenti CMS e dei livelli L1 e HLT del trigger. Il programma FAMOS[30] (Fast MonteCarlo Simulation) è utilizzato per simulazioni veloci degli eventi, in alternativa alla simulazione e alla ricostruzione completa con OSCAR e ORCA, che richiede molto tempo di elaborazione della CPU. In FAMOS le efficienze e le risoluzioni di ricostruzione sono parametrizzate in funzione del tipo di particella considerata, della sua direzione, del suo impulso, ecc., così da avere a posteriori circa le stesse efficienze e risoluzioni che si avrebbero con la simulazione completa, ma con un notevole risparmio di tempo. IGUANA[31] (Interactive Graphics for User Analysis), invece, è un programma per visualizzare interattivamente gli oggetti ricostruiti nell evento. 3.2 Simulazione degli eventi La simulazione dei processi fisici viene fatta utilizzando dei generatori Monte Carlo ed è suddivisa in più parti: inizialmente si procede alla simulazione delle interazioni 46

53 protone-protone per una energia nel centro di massa di 14 TeV e dunque alla generazione degli eventi a livello partonico, e solo successivamente viene attuata l adronizzazione 1 sui partoni generati. In questo modo è possibile studiare separatamente le due fasi, come è stato fatto nel corso di questa tesi, in cui due diversi generatori Monte Carlo partonici sono stati utilizzati. Sui generatori Monte Carlo utilizzati per la generazione degli eventi fisici tornerò in seguito nel Capitolo 4. Gli eventi simulati coi generatori Monte Carlo vengono immagazzinati in un tipo di struttura standard denominato HEPEVT[32] che richiede 50 KB in media per singolo evento. Per tenere conto della struttura dei fasci incidenti in LHC, il punto di collisione dei protoni viene generato casualmente in un intorno dell origine del sistema di riferimento di CMS con σ z = 5.3 cm lungo l asse z e con σ x = σ y = 15 µm sul piano trasverso. Tutte le particelle generate vengono propagate nel rivelatore tenendo conto dei tipici fenomeni d interazione delle particelle con la materia, quali perdita di energia per ionizzazione, scattering multiplo, scattering Compton, produzione di coppie ed interazioni adroniche all interno dei materiali. Le informazioni sui punti di passaggio dentro CMS sono immagazzinate sotto forma di hit. Un hit simulato (o SimHit) contiene le informazioni sull energia depositata nel rivelatore, sull istante e sul punto del rivelatore in cui è stato rilasciato un segnale. Queste informazioni dipendono dal tipo di rivelatore e contengono tutti i dettagli per poter simulare la risposta del rivelatore per quel dato hit. Ad esempio, per i sistemi di tracciatura (quali sono il tracciatore di silicio o le camere per muoni) le informazioni immagazzinate per ogni hit sono il punto di ingresso e di uscita della particella, il vettore impulso nel punto di ingresso, il tipo di particella, l energia persa nel volume attivo del rivelatore, e l intervallo di tempo dall istante della collisione tra i protoni. Il tempo richiesto dalla CPU 2 per simulare e ricostruire un singolo evento varia da 60 s per un evento di minimum bias fino ad un massimo di 500 s per un evento con due jet da 1 TeV utilizzando OSCAR e ORCA. Questo tempo si riduce di un fattore nel caso di 1 L adronizzazione è un fenomeno legato al fatto che i vari quark che vengono prodotti non possono esistere isolati; quel che succede quando più quark si vengono a creare e tendono ad allontanarsi gli uni dagli altri è che si creano ulteriori coppie quark/antiquark, determinando la formazione di jet adronici. 2 La CPU presa in considerazione è quella di un processore Pentium III da 1 GHz. 47

54 Figura 3.2: Distribuzione in η (a) e in p T delle particelle cariche prodotte negli eventi di Minimum Bias [17]. simulazione e ricostruzione fatta con FAMOS. Anche la dimensione degli eventi dipende dal tipo di simulazione: per la simulazione completa OSCAR+ORCA ogni evento occupa circa 2 MByte di spazio su disco, nel caso di FAMOS invece la dimensione media occupata è KByte Gli effetti di Pile-Up Abbiamo già visto come la maggior parte degli eventi che seguono alle collisioni protone-protone ad LHC sono di Minimum Bias, caratterizzati da un basso trasferimento di impulso trasverso (p T ). In Fig.3.2 è mostrato l andamento delle distribuzioni in pseudorapidità (η) e in p T. La distribuzione è piatta nella regione η < 6 ed il p T medio delle particelle è circa 0.5 GeV/c. Ad LHC in ogni collisione ad alta luminosità sono attesi 25 eventi di Minimum Bias che si sovrappongono agli eventi interessanti. Questo fenomeno va sotto il nome di pile-up. Il pile-up può essere dovuto anche alla sovrapposizione di segnali prodotti da collisioni p-p consecutive. Per ridurre tale effetto strumentale sono stati montati rivelatori ad alta velocità di risposta in modo da ridurre le sovrapposizioni di segnali. Poiché i dati relativi a più collisioni provenienti dagli strumenti sono immagazzinati insieme temporaneamente nella pipeline, nella simulazione si tiene conto degli eventi di 48

55 pile-up sia della collisione attuale, sia delle collisioni precedenti. Il numero di collisioni di cui tener conto è determinato dal rivelatore col tempo di risposta piú lento. Generalmente, sono aggiunti gli eventi di pile-up relativi alle 5 collisioni precedenti e le 3 successive alla collisione presa in considerazione. Gli eventi di pile-up sono scelti a caso da un database contenente eventi di Minimum Bias; il numero di eventi aggiunti è scelto in accordo con la distribuzione di Poisson attorno al numero medio di eventi di Minimum Bias aspettati (5 eventi per bassa luminosità e 25 eventi per alta luminosità). È necessario prelevare in modo casuale gli eventi di pile-up a partire dal campione di soli eventi piuttosto che simularli nuovamente per ogni interazione perché i tempi di generazione in quest ultimo caso sarebbero troppo lunghi. Dopo aver mescolato un evento del segnale con gli eventi di pile-up, la risposta del rivelatore è simulata tenendo conto di tutti gli hit così ottenuti. L informazione temporale sugli hit è modificata opportunamente per tenere conto delle collisioni a cui appartengono. 3.3 Ricostruzione delle tracce Gli algoritmi di ricostruzione delle tracce si basano su tre tipi di dati ricostruiti: 1. Gli hit prodotti dal passaggio di particelle cariche provenienti da vertici primari o secondari. 2. Gli hit prodotti da particelle non rilevanti per l analisi fisica (ad esempio per le particelle di Minimum Bias) o comunque non appartenenti all evento fisico (raggi δ 3, radiazione di sincrotrone, particelle provenienti dall interazione dei fasci con i supporti meccanici del rivelatore e dell acceleratore). 3. Gli hit dovuti al solo rumore intrinseco dei rivelatori. Ovviamente il programma di ricostruzione non distingue i tre casi. Quello che fa è di dividere gli hit collezionati in gruppi di candidati per una certa traccia, che rappresenta 3 Elettroni espulsi durante il passaggio di una particella nella materia, emessi ad energie dell ordine dei 100 KeV. 49

56 la traiettoria di una particella carica, e dunque di verificarne la consistenza tramite un fit con un dato modello della traccia Il modello della traccia Il modello della tracce che saranno osservate a CMS è principalmente determinato dalla presenza del campo magnetico da 4 T. La traiettoria di una particella carica nel tracciatore è un elica con l asse parallelo alla direzione del campo magnetico B, diretto parallelamente all asse z di CMS. Sono cinque i parametri che descrivono un elica[17]: Curvatura della traccia c = qbz p 2 x +p 2 y = qbz p T, dove q è la carica della particella (in unità di carica e), B z è la componente lungo z del campo magnetico. Da esso si ricavano il p T ed il segno della carica della particella, a seconda di come è rivolta la curvatura della traccia. Angolo polare cotgθ = pz p T dove p z è la componente longitudinale dell impulso. Esso è il complementare dell angolo fra i vettori p e p T e rappresenta la direzione della traccia. ( ) Angolo di azimut ϕ = arctg py p x nel piano trasverso rispetto all asse x. è l angolo individuato dalla proiezione del vettore p Parametri d impatto d 0, z IP che individuano il punto d impatto (x imp, y imp, z imp ), preso come riferimento delle traiettorie delle tracce, e ne rappresenta il punto più vicino all origine del riferimento di CMS posto nominalmente in (0, 0, 0). Il parametro d impatto trasverso è definito come d 0 = (y imp cosϕ x imp senϕ). Il parametro d impatto longitudinale z IP coincide con la coordinata lungo z del punto d impatto, z IP = z imp. Maggiori dettagli sui parametri d impatto saranno forniti nel Capitolo 5. Per determinare univocamente una traccia è richiesto dunque un numero minimo di misure, che non può essere minore del numero di parametri stessi (ovvero 5). 50

57 La relazione che lega l impulso trasverso (p T ) ed il raggio di curvatura (R c ) è data da p T [GeV/c] = 0.3 q B z [T] R c [m] (3.1) Dunque, il minimo valore di p T misurabile è dato dal minimo valore del raggio di curvatura di una traccia misurabile; allo stesso modo, il massimo valore di p T è dato dal massimo valore di R c misurabile. Per il tracciatore di CMS i valori di soglia misurabili sono p min T = 0.6 GeV/c e p max T = 1 TeV/c[18] L algoritmo CombinatorialTrackFinder Il tracciatore di silicio di CMS è composto da oltre moduli di rivelazione, per un totale di 10 milioni di canali di lettura e decine di migliaia di hit ricostruiti per ogni collisione fra i protoni. Serve dunque un algoritmo il più possibile efficiente nell individuare gli hit appartenenti ad ogni singola traccia. La ricostruzione delle tracce a CMS è basata su un algoritmo di ricostruzione detto CombinatorialTrackFinder, il quale ricostruisce la traccia a passi iterativi. Una traccia ricostruita (RecTrack) nel tracciatore è formata da una sequenza di hit che meglio si adatta alle varie estrapolazioni geometriche che vengono fatte partendo dal vertice d interazione verso gli strati più esterni del tracciatore. La traiettoria che si ottiene ad ogni iterazione è interpolata col modello di traccia aspettato, tenendo conto degli errori nella ricostruzione degli hit e degli effetti stocastici dovuti al passaggio della particella nel materiale, come scattering multiplo e perdita d energia, sia per ionizzazione[33] che per bremsstrahlung[34]. Da un punto di vista matematico, il CombinatorialTrackFinder è equivalente ad una globale minimizzazione dei minimi quadrati. L implementazione del CombinatorialTrack Finder in ORCA è stata fatta definendo i seguenti quattro oggetti, così da avere una separazione dei vari passi anche a livello di scrittura del codice per consentire la scrittura di algoritmi dedicati per ogni sezione e assicurare l efficienza più alta possibile in tutta la ricostruzione[29]: SeedGenerator Il generatore dei seed, ovvero i valori di partenza di una traiettoria. 51

58 Figura 3.3: Ricerca e ricostruzione dei seed. TrajectoryBuilder Che costruisce le traiettorie a partire dai seed. TrajectoryCleaner Che risolve (basandosi sui dati dei rivelatori) i problemi di ambiguità nei casi in cui alcuni hit sono in comune tra due o più traiettorie. TrajectorySmoother Che ottimizza la ricostruzione della traiettoria con una migliore stima dei parametri che descrivono la traccia (c, ϕ, cotgθ, d 0, z 0 ). La generazione dei seed è richiesta affinché la ricostruzione delle tracce sia il più veloce possibile. Non è possibile dunque analizzare tutte le possibili combinazioni di RecHit per identificare i candidati delle tracce. Per questo nella prima fase del Combinatorial TrackFinder si utilizza un insieme ridotto di hit per definire i seed, segmenti di traccia che possono essere considerati come candidati preliminari delle tracce, in cui viene effettuata una rozza stima dei parametri associati, necessari per effettuare i fit successivi. I seed vengono ricercati a partire dal rivelatore a pixel. In Fig.3.3 è mostrato uno schema della generazione dei seed: vengono considerati gli strati del rivelatore che abbiano almeno un altro strato di pixel al suo interno. Per ogni hit presente in questo strato, si selezionano tutti quelli compatibili che si trovano nello strato immediatamente più interno. Il criterio 52

59 usato per testare la compatibilità fra gli hit selezionati è basato sulla determinazione di un cono il cui vertice è posizionato nel vertice di interazione e la cui apertura è determinata supponendo un valore minimo di 0.9 GeV/c per il p T del segmento di traccia di partenza. Per ogni hit all interno della finestra in ϕ che è stata determinata, viene calcolata un elica che deve passare entro una regione di tolleranza dal vertice d interazione (un cilindro di raggio 0.1 cm, lungo 15 cm, con l asse coincidente con l asse z e centrato nell origine) e per i due hit selezionati. Viene dunque effettuato un primo fit che ci fornisce una prima stima dei parametri della traccia e quindi tutte le informazioni necessarie per inizializzare i candidati. Una volta che sono stati ricavati tutti i seed la procedura prosegue con la determinazione delle traiettorie a partire da un seed cercando tutti gli hit compatibili che si trovano sullo strato di tracciatore immediatamente successivo effettuando un fit con un elica. Per evitare che il fit diverga vengono considerati nella propagazione solo gli hit che portano ad avere tracce ricostruite con p T > 0.9 GeV/c. Nel caso in cui più hit siano compatibili con uno stesso seed si effettuano tutte le possibili propagazioni delle tracce; per limitare comunque i tempi di elaborazione dell algoritmo si considerano solo fino a 30 possibili candidati che hanno il miglior valore del χ 2 del fit. Una volta che le tracce sono state costruite è necessario scegliere quelle migliori risolvendo i casi di ambiguità tramite il calcolo del χ 2. Si considerano ambigue due o più tracce che condividono oltre il 50% degli hit di cui sono composte; in questo caso, solo quella col χ 2 minore viene selezionata. L algoritmo per il fit utilizzato nella costruzione della traccia vera e propria, detto filtro di Kalman, è sostanzialmente una variante al metodo dei minimi quadrati, in cui gli oggetti da fittare non sono tutti immediatamente disponibili, ma vanno ricercati e aggiunti passo passo. Questo algoritmo fornisce la migliore stima dei parametri che descrivono una traiettoria a partire dalla traccia ricostruita. La caratteristica che rende molto utile il filtro di Kalman è la procedura iterativa che ben si adatta al problema della ricerca delle tracce; per i dettagli su tale procedimento si rimanda a [35]. Durante un processo di questo tipo però la migliore stima dei parametri della traccia si ha solo nel punto finale, dove viene utilizzata tutta l informazione disponibile. Spesso nell analisi fisica è importante conoscere tali parametri vicino al punto d interazione, so- 53

60 prattutto nel caso della ricostruzione dei vertici e della stima del parametro d impatto per il B-tag. Eseguire il CombinatorialTrackFinder in senso inverso (partendo dagli strati più esterni del tracciatore per raccordarsi coi seed) risolverebbe solo in parte il problema in quanto si perderebbe l informazione dei parametri nella parte esterna del rivelatore. Per risolvere tale problema viene effettuato un fit finale con tutti gli hit che hanno contribuito alla creazione della traccia che permette finalmente di avere la stima migliore dei suoi parametri lungo tutta la sua traiettoria Prestazioni nella ricostruzione delle tracce Sono stati fatti studi sull efficienza di ricostruzione delle tracce su un campione di muoni singoli con p T =1, 10 e 100 GeV/c. Una traccia è definita ben ricostruita se condivide più del 50% degli hit con la traiettoria simulata. Per le tracce ricostruite si richiede che abbiano almeno 8 hit. Per quantificare le prestazioni della ricostruzione vengono definite due tipi di efficienze: l efficienza algoritmica (3.2), ovvero l efficienza di ricostruire correttamente tracce che hanno almeno otto hit ricostruiti nel tracciatore e di cui almeno due nel rivelatore a pixel ε algo = num. tracce ricostruite con 8 hit num. tracce simulate con 8 hit (3.2) Tale efficienza da una misura diretta delle prestazioni dell algoritmo di ricostruzione delle tracce ed è essenzialmente riferita alla fase di propagazione delle tracce, dato che la generazione dei seed presenta alta efficienza ( 100% ). C è poi un altra efficienza, l efficienza globale (3.3) definita come l efficienza di ricostruzione di tutte le tracce ε glob = num. tracce ricostruite num. tracce simulate (3.3) In aggiunta all efficienza algoritmica, l efficienza globale include anche l accettanza geometrica, l efficienza di ricostruzione degli hit ed ogni altro fattore che influenza la ricostruzione. In Fig.3.4 sono mostrati i valori di efficienze (algoritmica a sinistra, globale a destra) ottenuti per il campione di muoni accennato sopra. L efficienza globale differisce significativamente da quella algoritmica essenzialmente per bassi valori di pseudorapidità, 54

61 Figura 3.4: Valori di efficienza algoritmica (sinistra) e globale (destra) in funzione della pseudorapidità ottenuti per un campione di muoni singoli per vari valori di p T [17]. dovuta alla mancanza di una adeguata copertura negli endcap del tracciatore, principalmente per il sistema di pixel. Come è mostrato in Fig. 3.4, per l efficienza algoritmica c è una forte diminuizione a partire da η > 2.4 perché si è al limite dell accettanza geometrica del tracciatore (che copre fino a valori di η < 2.5). L efficienza globale presenta un ribasso nella regione η 0 dovuto al fatto che in z = 0 è presente uno spazio libero fra le due metà del barrel dei pixel. La risoluzione sull impulso trasverso p T, è mostrato in Fig Per alti valori del p T (> 100 GeV/c) la risoluzione è dell ordine dell 1 2% per η 1.75, mentre per valori crescenti in pseudorapidità la risoluzione peggiora perché diminuisce il numero di strati di tracciatore attraversati e dunque anche il numero di hit ricostruiti; tale effetto è più accentuato per valori crescenti in p T in quanto, aumentando il raggio di curvatura, è minore lo spazio percorso all interno del tracciatore. Il peggioramento in η = 1.0 è dovuto allo spazio vuoto tra il barrel e l endcap, mentre in η = 1.1 è dovuto alla più bassa risoluzione con cui si ricavano gli ultimi hit della traccia misurati nel TEC rispetto a quelli del TOB (strato 5 e 6). Per valori di p T = 100 GeV/c il contributo della presenza del materiale alla risoluzione è pari al 20 30%, mentre per impulsi più bassi la risoluzione è dominata dagli effetti 55

62 Figura 3.5: Risoluzione del p T per muoni singoli con impulso compreso tra 10 e 1000 GeV/c (ricavato utilizzando la combinazione fra camere a muoni e tracciatore) in funzione della pseudorapidità[36]. di scattering multiplo, e dunque la sua distribuzione riflette l ammontare di materiale attraversato dalla traccia. 3.4 Ricostruzione dei muoni Nello studio del canale Zbb è molto importante raggiungere una particolare precisione nella misura dell impulso dei muoni per la ricostruzione di quelli che provengono dal decadimento di una Z 0. Al contrario della normale ricostruzione delle tracce basata sul solo tracciatore, la ricostruzione dei muoni inizia nella parte più esterna di CMS. La bassa occupazione delle camere a muoni permette una ricostruzione veloce che ben si adatta al trigger, ma la stima dell impulso dei muoni ricavabile dalle sole camere a muoni non è sufficientemente precisa per l analisi. Pertanto la traiettoria del muone deve essere ricostruita attraverso tutto il rivelatore ed in particolar modo nella zona più interna del tracciatore per sfruttare la sua elevata risoluzione spaziale e la sua eccellente misura dell impulso nel campo magnetico di 4 T. Per tale ragione la ricostruzione dei muoni necessita l uso delle 56

63 informazioni provenienti dall intero rivelatore CMS ed in particolare dal tracciatore. La ricostruzione dei muoni avviene dunque in due passi: inizialmente i muoni vengono ricostruiti nelle camere esterne a partire dai segmenti di traccia rilasciati dai muoni (che sono equivalenti concettualmente agli hit del tracciatore), successivamente le traiettorie ricostruite sono estese fino a incontrarsi con quelle ricostruite nel tracciatore. Tale procedura è ottimizzata nel livello HLT del trigger, secondo tre possibili modi di ricostruzione: associazione delle tracce, ricostruzione a partire dalle camere a muoni, ricostruzione regionale delle tracce Ricostruzione delle tracce dei muoni Associazione delle Tracce La strategia più ovvia da seguire è quella di effettuare entrambe le ricostruzioni, sia nelle camere a muoni che nel tracciatore e di associare poi tutte le tracce osservate nelle camere a muoni con quelle del tracciatore secondo il seguente criterio per l associazione: I segmenti delle tracce ricostruite nelle camere a muoni sono usati per l identificazione dei muoni. I segmenti trovati nelle camere più interne vengono propagati, fino ad unire i vari segmenti delle camere e del tracciatore in un unica traccia, attraverso le armature di ferro in cui si richiudono le linee di campo tenendo conto della perdita di energia, degli effetti di scattering multiplo (con l ausilio del software GEANT) e della non uniformità delle linee di campo magnetico che si richiudono nelle camere a muoni. Per ogni associazione viene valutato un parametro di qualità X 2, definito come X 2 = (1/ptr T 1/pcm T )2 + (ϕ tr ϕ cm ) 2 + (θ tr θ cm ) 2 (3.4) σp 2 σ cm 2 T ϕ cm σθ 2 cm dove tr e cm stanno ad indicare che le quantità sono state misurate nel tracciatore e nelle camere a muoni. La procedura è iterata fino a che non vengono considerati anche i segmenti appartenenti allo strato più esterno delle camere a muoni. Nella associazione delle tracce può accadere 57

64 che vi siano più segmenti di hit candidati per una stessa traiettoria, comunque non vengono inclusi quegli hit che contribuiscono a X 2 di un valore superiore a 25. Alla fine, le ambiguità vengono risolte scegliendo le tracce complete associate con il più basso valore di X 2. Ricostruzione a partire dalle camere per muoni Le tracce rilasciate nelle camere a muoni vengono utilizzate come seed per la ricostruzione dei muoni, le cui tracce vengono poi propagate associandole alle tracce cariche ricostruite nel tracciatore come specificato nel paragrafo precedente. È preferibile procedere in questo modo rispetto alla ricostruzione a partire dal tracciatore perché i segmenti di traccia rilasciati nelle camere dai muoni sono minori in numero rispetto alla totalità delle tracce cariche ricostruite nel tracciatore, dunque sono minori le combinazioni da fare nell associazione aumentando così la velocità di ricostruzione. La ricostruzione avviene considerando solo un cono attorno al segmento di traiettoria considerata, ignorando completamente il resto del rivelatore, aggiungendo via via gli hit ricostruiti nel tracciatore (tenendo conto della presenza del materiale attraversato), propagando così la traccia a partire dal suo strato più esterno fino a quelli più interni, applicando il filtro di Kalman per la stima dei parametri della traccia utilizzati in ogni propagazione come stime iniziali dei parametri della traiettoria. Ricostruzione regionale delle tracce Questa terza strategia è il risultato della combinazione delle due soluzioni precedenti. Invece di usare i segmenti di tracce ricostruite nelle camere a muoni come seed, essi vengono utilizzati per definire una regione geometrica d interesse data da un cono di apertura inversamente proporzionale al valore dell impulso della traccia (ricavabile dalla curvatura) e proporzionale all errore sulla direzione della traccia considerata, il cui asse è determinato dalla direzione di propagazione della traccia. All interno della regione definita dal cono nelle camere per muoni viene effettuata la ricostruzione delle tracce, dopodiché queste vengono propagate e associate a quelle tracce ricostruite nel tracciatore seguendo il criterio associativo prima descritto. 58

65 Questo terzo metodo è il migliore, in quanto la ricostruzione complessiva risulta essere veloce (la maggior parte delle tracce del tracciatore non vengono considerate) e allo stesso tempo la stima dei parametri non è polarizzata dalla scelta dei seed iniziali ricostruiti nelle camere a muoni Prestazioni nella ricostruzione dei muoni Per studiare le prestazioni degli algoritmi di ricostruzione dei muoni sono stati fatti degli studi con dei campioni Monte Carlo. A tale proposito, si definisce efficienza di ricostruzione dell algoritmo il rapporto ɛ = Num. tracce ricostruite associate N um. tracce simulate (3.5) L associazione fra le tracce ricostruite e simulate avviene contando il numero di hit che queste hanno in comune: in particolare, una traccia ricostruita è associata ad una simulata se condividono più del 50% dei loro hit. In Fig.3.6 è riportata l efficienza per la Figura 3.6: Efficienza di ricostruzione dei muoni in funzione di η per un campione MonteCarlo di muoni singoli generati con distribuzioni uniformi in p T riferiti a quattro valori compresi tra 50 GeV/c e 1000 GeV/c. ricostruzione con il tracciatore, in funzione di η, per muoni singoli con p T > 50 GeV/c (sono presi in considerazione quattro intervalli in p T fino a 1000 GeV/c) senza includere gli 59

66 effetti di pile-up. I valori di efficienza raggiunti sono generalmente dell ordine del 95 99%, eccetto per quelle regioni dove il muone ha una traiettoria tale da rilasciare pochi hit nei rivelatori. Tale effetto in particolare si osserva nelle regioni attorno a η = 0.25 ed η = 0.75, dove sono presenti due strutture circolari di sostegno, e attorno a η = 1.2, la regione delle camere a muoni dove si sovrappongono le camere di deriva sulle camere a strip catodiche. In Fig.3.7 è mostrata la distribuzione della risoluzione sulla misura del p T dopo la Figura 3.7: Risoluzione sul p T dopo la ricostruzione nelle camere dei muoni. Le distribuzioni si riferiscono a tre intervalli di pseudorapidità: (a) η < 0.8 (barrel), (b) 0.8 < η < 1.3 e (c) 1.3 < η < 2.1 (endcap). ricostruzione fatta nelle camere per muoni, definita come dove p gen T e p ric T (1/p T ) (1/p T ) = (1/pric T 1/pgen T ) (1/p gen T ) (3.6) sono gli impulsi trasversi ricavati dal campione Monte Carlo e dalla ricostruzione rispettivamente. Il campione Monte Carlo preso in riferimento è composto da eventi con muoni generati dal decadimento di un bosone W per tre diverse regioni in η. In queste tre regioni le risoluzioni sul p T 16%. In Fig. 3.8 è mostrata la risoluzione sul p T risultano essere rispettivamente il 10%, 15% e ottenuta nella ricostruzione fatta con l associazione delle tracce del tracciatore, calcolata in modo del tutto equivalente a quanto fatto per Fig In questo caso, per le tre regioni di riferimento in η si ottengono risoluzioni in p T rispettivamente dell 1%, 1.4% e 1.7%, notevolmente migliori di quelle ottenute utilizzando per la ricostruzione le sole camere per muoni. 60

67 Figura 3.8: Risoluzione sul p T dopo la ricostruzione di un muone effettuata con l associazione con il tracciatore. Le distribuzioni si riferiscono a tre intervalli di pseudorapidità: (a) η < 0.8 (barrel), (b) 0.8 < η < 1.3 e (c) 1.3 < η < 2.1 (endcap). 3.5 Ricostruzione degli elettroni In modo simile a quanto fatto per i muoni, gli elettroni vengono ricostruiti associando le tracce ricostruite nel tracciatore con i cluster ricostruiti nel calorimetro elettromagnetico. Vengono ricostruiti dunque quegli elettroni emessi dal vertice di interazione con η < 2.5 e p T 5 GeV/c. Gli elettroni devono attraversare una gran quantità di materiale data dal tracciatore di silicio e dal materiale di supporto del calorimetro, e data la loro massa relativamente piccola parte della loro energia è persa per irraggiamento di fotoni emessi per bremsstrahlung (effetto trascurabile per i muoni), i quali a loro volta in presenza del materiale attraversato possono portare alla creazione di nuove coppie e + e, generalmente di basso impulso, che vengono deflesse in presenza del campo magnetico di CMS: lo sciame elettromagnetico all interno del calorimetro è quindi esteso nella direzione lungo ϕ. Questo effetto dipende dal p T dell elettrone, e in particolare saranno coinvolti tanti più cristalli lungo ϕ al diminuire dell impulso trasverso. Dato che l energia persa per bremsstrahlung dipende fortemente dallo spessore del materiale attraversato, vi è anche una dipendenza da η. L energia irradiata sotto forma di fotoni può essere elevata, e può arrivare anche al 95% dell energia originale dell elettrone nel 10% dei casi[37]. Se gli elettroni secondari, creati in coppie e + e, hanno impulso sufficientemente basso, possono assumere una traiettoria spiraleggiante nel campo magnetico, attraversando così uno spessore maggiore di materiale e perdendo così tutta la loro energia prima di arrivare al calorimetro. Questo effetto si fa sentire quanto più è bassa l energia degli elettroni 61

68 primari. Ad esempio, per un elettrone con p T = 10 GeV/c emesso a η = 1.5 si stima che sia persa il 7% dell energia originale: tuttavia, nei paragrafi successivi mostrerò un modo per includere almeno parte dell energia così persa Ricostruzione dei cluster in ECAL I cristalli del ECAL sono distribuiti lungo le due direzioni η ϕ: si stima che lo sciame elettromagnetico generato da un elettrone sia contenuto entro 5 5 cristalli nel 94% dei casi[37]. La ricostruzione dei punti di passaggio all interno del calorimetro e dell energia depositata avviene a partire dall individuazione dei cluster: vengono ricercati i seed dei cluster, definiti come i cristalli in cui è stata depositata una quantità di energia superiore ad una certa soglia impostata, e da questi parte la ricerca dei cristalli adiacenti interessati dal passaggio, prima lungo ϕ e poi lungo η. Vengono aggiunti cristalli al cluster finché non vengono raggiunti cristalli che non hanno dato segnale. Per tenere conto degli effetti di bremsstrahlung, vengono poi ricostruiti i supercluster, ovvero gruppi di cluster imputabili al passaggio dello stesso elettrone, cercando i seed definiti come i cluster più energetici e associando poi ad essi i cluster adiacenti entro una certa finestra abbastanza ristretta in η e molto più aperta in ϕ (tipicamente 0.2 rad negli endcap e 0.17 rad nel barrel). La scelta di tali finestre d accettanza per la ricostruzione di un supercluster può portare alcuni effetti sistematici nella non completa ricostruzione dell energia totale dell elettrone: come accennato precedentemente, esiste comunque un metodo per inglobare nella misura almeno parte dell energia persa. La posizione x nella quale localizzare un cluster all interno di ECAL si ricava secondo la media pesata delle posizioni dei cristalli coinvolti x i pesata con l energia E i in essi ricostruita: i x = x i W i i W (3.7) i La densità di energia di uno sciame elettromagnetico decresce approssimativamente in maniera esponenziale allontanandosi lateralmente dal centro dello sciame, per cui si definiscono pesi W i non lineari ma logaritmici nell energia: ( Ei ) W i = ln j E j (3.8) 62

69 La posizione di un supercluster si ottiene in modo del tutto equivalente considerando l energia ricostruita nei singoli cluster (ricavabile dalla somma delle energie ricostruite nei singoli cristalli). L energia ricostruita in un supercluster si ricava dalla somma delle energie dei singoli cluster Associazione dei cluster con le tracce del tracciatore Le tracce rilasciate dagli elettroni all interno del tracciatore sono ricostruite a partire dai supercluster ricostruiti in ECAL. All interno del calorimetro ne vengono individuate le posizioni, così da ricavare un segmento di traccia che va poi propagata con gli hit del tracciatore. Vengono innanzitutto individuati i seed per la traccia all interno del rivelatore a pixel, ovvero almeno due hit tali che la traccia ottenuta unendo questi ultimi con i supercluster diano una traiettoria da cui si ricava un p T tale che E rec /p T < 3, e che siano tali da soddisfare le condizioni di raccordo[37] geometriche date da η sc η trac < 0.1 (3.9) ϕ sc ϕ trac < 0.1 (3.10) dove i pedici sc e trac stanno ad indicare il supercluster ed il punto della traccia estrapolata dal tracciatore più prossima ad esso. Una volta ottenuti i seed si procede con la propagazione nel resto del tracciatore fino ai segmenti di traccia ricostruiti coi supercluster. La propagazione, a differenza delle tracce rilasciate dalle altre particelle cariche, deve tenere conto della perdita di energia lungo tutta la sua traiettoria per bremsstrahlung. A differenza di altri effetti, quali lo scattering multiplo, gli effetti di bremsstrahlung non possono essere ritenuti tali da portare ad una indeterminazione sui parametri della traccia a causa degli effetti del materiale attraversato di natura Gaussiana, per cui non può essere usato il semplice filtro di Kalman (che, come già detto, è equivalente ad una minimizzazione dei minimi quadrati basata su un modello di evoluzione della traccia lineare affetta da fluttuazioni Gaussiane). Per la propagazione delle tracce degli elettroni è stato sviluppato un algoritmo alternativo, che è essenzialmente una generalizzazione non lineare del filtro di Kalman e che usa una 63

70 approssimazione del modello di Bethe-Heitler[34] per tenere conto dell energia persa per bremsstrahlung, così da includere anche le fluttuazioni di natura non Gaussiana per i parametri delle tracce. La conseguenza più importante dell utilizzo di tale procedura sta nella possibilità di Figura 3.9: Risoluzioni con cui è possibile ricostruire l impulso iniziale p in T ( in blu) e finale p fin T ( in rosso) nel tracciatore per un elettrone con p T = 10 GeV/c. La frazione di energia persa si ricava dalla differenza dei centroidi delle due distribuzioni. poter effettuare una calibrazione dell energia degli elettroni: potendo stimarne passo passo la traiettoria è possibile ricavare la frazione di energia persa andando a studiare i parametri della traccia ricostruita negli strati più interni del tracciatore per ricavare il p T originale dell elettrone ed i parametri negli strati più esterni per ricavare il p T all uscita del tracciatore prima dell ingresso nel calorimetro. Dalla differenza di questi due valori è possibile stimare l energia persa da aggiungere a quella ricostruita nel calorimetro per ricavare l energia originale dell elettrone. In Fig. 3.9 è mostrata la risoluzione con cui è possibile ricostruire l impulso iniziale (p in T ) e quello finale (pfin) per una traccia lasciata T da un elettrone generato con p T = 10 GeV/c. La differenza fra i centroidi delle due distribuzioni dà la migliore stima di p in T pfin T. La frazione di energia persa nel calorimetro si può ottenere tramite una calibrazione dell energia basata sul numero di cristalli lungo ϕ interessati. In Fig è riportato l andamento della curva di calibrazione ottenuta per un campione di elettroni a vari intervalli di energie in funzione del numero di cristalli componenti il seed dei supercluster. 64

71 Figura 3.10: Curva di calibrazione dell energia degli elettroni ricostruiti in ECAL nella regione del barrel in funzione del numero di cristalli componenti il seed dei supercluster in cui viene ricostruito un valore di energia superiore a due deviazioni standard del rumore elettrico[37]. È così possibile ricavare il fattore di correzione E rec /E e (dove E rec è l energia ricostruita ed E e è l energia dell elettrone generato nel Monte Carlo) Prestazioni nella ricostruzione degli elettroni Sono stati effettuati alcuni studi sulla scelta del valore di soglia nella ricerca del seed dei cluster più appropriata[37]: ad esempio, per una soglia E seed T un efficienza di ricostruzione del 65% per elettroni con p T = 4 GeV si ottiene = 7 GeV/c e del 93% per elettroni con p T = 10 GeV/c. Abbassando tale valore a 1 GeV/c si raggiungono efficienze dell ordine del 99% già per valori di p T = 7 GeV/c. L utilizzo del nuovo tipo di fit al posto del normale Filtro di Kalman porta ad avere una efficienza nelle associazioni delle tracce ricostruite nel tracciatore con i supercluster ricostruiti nel calorimetro dell ordine del 90% per elettroni emessi con p T = 10 GeV/c nella regione del barrel. Infine, in Fig è riportata la risoluzione con cui si ottiene il p T della traccia di un elettrone con p T = 10 GeV/c ricostruita nel tracciatore col semplice filtro di Kalman e con la versione modificata per la ricostruzione degli elettroni. Si vede come il miglioramento della risoluzione per il p T sostanziale riduzione dell errore sistematico. ricostruito sia accompagnato da una 65

72 Figura 3.11: Confronto tra le risoluzioni con cui si ottiene il valore di p T per un campione di elettroni d impulso trasverso di 10 GeV/c a partire dalla ricostruzione ottimizzata col semplice Filtro di Kalman ( in rosso) e con la versione modificata per gli elettroni ( in blu)[37]. Figura 3.12: Segmentazione in η e φ del HCAL. Sono riportate la ricostruzioni di tre torri calorimetriche. 3.6 Ricostruzione dei jet Algoritmo di ricerca dei jet Il sistema di rivelazione utilizzato assieme al tracciatore per identificare le tracce rilasciate dai jet adronici è il calorimetro adronico (HCAL); qui i dati ricostruiti sono organizzati in torri calorimetriche come accennato nel Capitolo 2 (in Fig.?? è mostrato un esempio della ricostruzione di tre torri calorimetriche). Inoltre, si sfruttano anche i cluster rilasciati in ECAL, sia dagli adroni carichi nei jet che in particolar modo dai fotoni prodotti nel decadimento del π 0. Le torri sono trattate come particelle a massa nulla con energia pari alla somma delle energie delle varie componenti della torre (ovvero all energia 66

73 totale ricostruita nel cluster). La direzione del jet è individuata da due punti: il punto nominale d interazione e il centro della torre (definita, in modo del tutto analogo al caso della ricostruzione degli elettroni, come la media pesata delle posizioni degli scintillatori che formano il cluster). L algoritmo di ricerca dei jet è l Algoritmo Iterativo di Cono ; in tale algoritmo, un primo jet candidato (seed tower) è individuato dalla direzione della Torre col più alto valore di energia trasversa (E T ) ricostruita. Successivamente gli angoli che individuano la direzione del jet in costruzione (protojet) sono ricavati da una media pesata su E T delle coordinate angolari delle torri all interno di un cono nello spazio η ϕ di apertura fissata attorno alla direzione del seed tower. L energia trasversa del protojet è ricavata dalla somma delle E T delle torri incluse nel cono attorno a tale direzione. La direzione del protojet fin qui ricavata è utilizzata come nuovo seed tower per continuare la propagazione del protojet iterativamente, ed il processo iterativo che si instaura termina al momento in cui tra un iterazione e la successiva l energia del protojet varia meno dell 1% e per la direzione vale η 2 + ϕ 2 < Se ciò non avviene, il processo viene comunque terminato al raggiungimento di 100 iterazioni. Una volta ricostruito un jet (ovvero quando si è ottenuto un protojet stabile alla fine del processo iterativo) le torri usate nella ricostruzione vengono rimosse dalla lista delle torri disponibili per l algoritmo, ed una nuova procedura iterativa viene iniziata. Le procedure terminano al momento in cui non ci sono più torri disponibili, oppure al momento in cui le torri rimaste presentano un valore di E T possono essere utilizzate come seed tower. più bassa di una soglia fissata per cui non Due sono i parametri da impostare nell algoritmo di ricerca: la soglia minima in E T per i seed tower e l apertura del cono, impostati rispettivamente a E min T R min = 0.5. = 0.6 GeV e Correzioni della scala di energia dei jet Vi sono varie cause che portano ad un errata valutazione dell energia di un cluster ricostruito in un calorimetro. Ad esempio, HCAL presenta una risposta non lineare in funzione dell energia per i pioni. Siccome l energia tipica di un pione è approssimativa- 67

74 mente proporzionale ad 1/sen(θ) (dove θ è l angolo di emissione del pione rispetto all asse z), la risposta del calorimetro al passaggio di un jet di una data energia trasversa varia con η. Un altro effetto di cui si deve tenere conto è dovuto al fatto che vengono letti solo quei canali che superano una certa soglia. Inoltre, ad alta luminosità si fanno sentire gli effetti di pile-up per cui l energia ricostruita nel cono include un off-set dovuto al rilascio di energia da parte delle particelle degli eventi di pile-up che si somma all energia delle particelle dell evento di interesse. Infine, può accadere che alcuni adroni quando sciamano all interno del calorimetro decadano in muoni e neutrini, che non rilasciano energia (o ne rilasciano una frazione non rivelabile) nei rivelatori, e che l energia ricostruita nelle torri risulti quindi minore dell effettiva energia del jet. Correzioni alla scala di energia per questi effetti sono effettuate sia a livello di trigger che nella ricostruzione off-line. All inizio dell esperimento tali correzioni saranno ricavate da campioni Monte Carlo confrontando le energie dei jet generati con quelle dei jet ricostruiti. Non appena saranno raccolti dati sufficienti, verranno applicate nuove correzioni ricavate dalle misure degli eventi fotone singolo + jet e bosone Z 0 + jet[38]. In questi eventi il p T totale dello stato iniziale della collisione partonica è ritenuto trascurabile, e dunque il fotone o il bosone Z 0 prodotti hanno impulso trasverso uguale in modulo ed opposto in direzione a quello del jet. La correzione da applicare alla scala d energia di questi ultimi è dunque ricavabile dall energia del γ, il quale è rivelato con alta risoluzione in energia ( 1%) da parte di ECAL, oppure del bosone Z 0 anch esso ricostruito con alta risoluzione nei decadimenti in due elettroni o due muoni. 68

75 Capitolo 4 Simulazione degli Eventi Fisici: Confronto fra i Generatori Alpgen e CompHep In questo capitolo discuterò come è possibile simulare gli eventi fisici e di quei generatori Monte Carlo che sono stati utilizzati in questo lavoro. In particolare, confronterò le prestazioni di due generatori: CompHep[39] (Computed-Highenergy-physic) ed Alpgen[40] (A-Livel-Partonic-Generator). Il motivo che spinge a considerare più generatori per uno studio Monte Carlo è dato dal fatto che ognuno di essi si basa su modelli dell evento necessario per semplificare la simulazione che sta dietro ad un particolare processo, sfruttando vari algoritmi numerici per il calcolo. Da qui segue l importanza di confrontare più generatori, in modo da quantificare gli effetti sistematici che derivano dalla scelta di un particolare modello o algoritmo rispetto ad altri e che inevitabilmente si ripercuotono poi nella ricostruzione e l analisi dei dati. 4.1 La Simulazione Monte Carlo di Eventi Fisici Per descrivere un evento di alte energie, un generatore MonteCarlo deve simulare vari effetti fisici. L ordine cronologico delle operazioni effettuate è il seguente: 1. Inizialmente i due fasci di particelle che scorrono all interno dell acceleratore ven- 69

76 gono fatti scontrare; in questo stadio viene tenuto conto della composizione del fascio e di come le particelle vi sono distribuite. Quando vengono individuate le due particelle che devono collidere (nel caso di LHC due protoni), si deve tenere conto delle distribuzioni partoniche, in modo da poter individuare i due partoni che entrano in gioco nella collisione principale. 2. Dai partoni iniziali talvolta viene irraggiato un gluone o un fotone. 3. Viene dunque fatta avvenire la collisione principale (head-on) tra i due partoni selezionati. Queste prime operazioni servono per determinare già gran parte delle caratteristiche dell evento che deve essere generato. Questa fase della generazione è convenzionalmente definita a livello partonico, e può essere eseguita con dei generatori Monte Carlo dedicati ai processi considerati; Alpgen e CompHep sono due generatori a livello partonico. Per completare la simulazione, poi, bisogna far evolvere gli stati partonici con un generatore detto di tipo parton shower, che provvede ad eseguire le seguenti operazioni: 1. Nella collisione head-on possono essere prodotte risonanze a vita media breve, come i bosoni vettoriali Z 0 e W ±, che devono dunque essere fatte decadere. 2. Vengono irradiati gluoni e fotoni dai partoni dello stato finale. 3. Vengono simulate le interazioni fra i partoni che non sono entrati in gioco nella collisione head-on (che portano al cosiddetto Underlying Event). 4. Viene effettuata l adronizzazione e la frammentazione dei partoni nello stato finale, in modo da rispettare l ipotesi di Confinamento del Colore. 5. Molti degli adroni così prodotti sono instabili e vengono dunque fatti decadere. Tipici generatori parton shower sono Herwig[41], IsaJet[42] e Pythia[43]. Quest ultimo è il generatore da me usato nell ambito di questo lavoro. 70

77 4.2 La generazione a livello partonico Nel generatore Monte Carlo Pythia sono implementati gli elementi di matrice per la generazione di molti processi. Tuttavia, col solo generatore Pythia si possono generare correttamente solo processi con produzione finale di due partoni. Con i nuovi acceleratori, quali LHC, le energie raggiungibili sono tali che è molto favorita la produzione di processi con tre o più partoni con alto impulso trasverso. Per questo è fortemente richiesto l uso di appositi generatori partonici, il cui compito essenzialmente è quello di calcolare l elemento di matrice del processo preso in considerazione, con opportuni algoritmi che ne semplificano il calcolo e lo regolarizzano in quelle regioni dello spazio delle fasi in cui vi sono delle singolarità. In questo paragrafo parlerò dei due generatori partonici presi in considerazione, Alpgen e CompHep, mostrando quelli che sono i modelli fisici seguiti e i relativi algoritmi usati, nel particolare caso della generazione del segnale Zbb oggetto del mio studio; più avanti parlerò della generazione del fondo Il generatore Alpgen Alpgen è un generatore partonico implementato col linguaggio di programmazione Fortran, ed è essenzialmente composto da una sezione che definisce la struttura del codice del generatore e che implementa le sequenze logiche delle operazioni e le routine che devono essere richiamate. Tale sezione è indipendente dal tipo di processo che deve essere generato, ed include l implementazione degli algoritmi usati per il calcolo dell elemento di matrice, per la valutazione della funzione di distribuzione partonica e le funzioni di immagazzinamento nei file dei dati ottenuti. Vi è poi una seconda sezione in cui vi sono gruppi separati e indipendenti di codice per la generazione del processo specifico, che include l inizializzazione del processo, la generazione dello spazio delle fasi accessibile al processo, e la selezione del colore e sapore dei partoni finali. Vi è poi una terza sezione che trasforma i dati partonici di input in un formato interpretabile da Pythia per l adronizzazione. Alpgen opera in due modi: nel primo modo viene ottimizzato il calcolo dell elemento di matrice per il processo selezionato, con la successiva generazione 71

78 dei cosiddetti pesi. Nel secondo avviene la generazione (e l immagazzinamento su file) degli eventi non pesati che verranno poi passati a Pythia. Qui vengono poi selezionati anche i dati relativi agli stati di colore, sapore e la cinematica dei partoni finali, che sono immagazzinati su un file apposito che verrà letto in fase di adronizzazione. Generalmente i tempi di generazione sono abbastanza brevi, e gran parte del tempo di elaborazione della CPU è occupato dal primo modo, in cui vengono creati i dati necessari per la creazione, il più efficiente possibile, degli eventi non pesati. Generazione dei pesi e stima della sezione d urto Nel caso del canale Zbb sono necessari in ingresso alcuni parametri, quali la moltiplicità dei jet voluti oltre ai due jet b richiesti, la massa dei quark pesanti che si vuole generare (per i b, il valore implementato nel programma è di 4.7 GeV/c 2 ), il taglio in p T ed η per i jet generati, la scelta della funzione di distribuzione partonica dei protoni e dell energia nel centro di massa dei protoni incidenti (14 TeV). A differenza di altri generatori partonici (quali CompHep), Alpgen fa decadere la Z 0 prodotta in coppie leptoneantileptone. È necessario impostare una distanza pseudoangolare R minima tra i jet in modo da evitare la generazione di jet collineari che porta ad una divergenza nel calcolo della sezione d urto; tale problema non c è nel caso della coppia bb, in quanto prodotti con massa. È poi possibile impostare dei tagli sulla massa invariante delle coppie leptoneantileptone: questo perché Alpgen in realtà non genera solo gli eventi col bosone Z 0, ma tiene conto anche del processo di Drell-Yan, ovvero della produzione Z 0 /γ (col fotone che decade in una coppia leptone-antileptone). Questa situazione è riportata in Fig.4.1: è chiaramente visibile il contributo di fotone per valori di massa invariante al di sotto dei 40 GeV/c 2. Un taglio al di sopra di tale valore rende del tutto trascurabile il contributo di fotone. È bene anticipare che CompHep genera eventi soltanto al Leading Order, per cui anche in Alpgen non richiediamo la produzione di jet leggeri in associazione con le coppie bb, così da effettuare un confronto tra i due generatori allo stesso ordine perturbativo (l emissione dei jet secondari è comunque implementata poi a livello di adronizzazione e frammentazione con Pythia). Alcuni tagli cinematici ( tagli di preselezione ) sono inoltre applicati per tenere conto dell accettanza geometrica dell apparato CMS (ad esempio, si 72

79 Figura 4.1: Istogrammi in massa invariante delle coppie leptone-antileptone generati con (a) o senza (b) il taglio m ll 40 GeV/c 2. E visibile come il taglio sopprima il contributo di fotone. p T [GeV/c] η R bb Massa Invariante [GeV/c 2 ] ll m ll 200 bb Tabella 4.1: Tagli impostati per la generazione degli eventi Zbb (In Alpgen è richiesto l inserimento di tagli di preselezione in η non superiori a 5 per rendere stabile la generazione). imposta un taglio a 3 GeV/c in p T per i leptoni, il minimo valore d impulso trasverso che deve avere un muone per arrivare alle camere a muoni). In Tab. 4.1 sono riportati i valori dei tagli impostati per la generazione. Il calcolo dell elemento di matrice e dello spazio delle fasi accessibile al processo è implementato in Alpgen tramite un processo iterativo: tra tutti i sottoprocessi che contribuiscono al processo in esame, ne viene scelto uno in modo casuale (con uguale probabilità di essere scelto rispetto agli altri); lo spazio delle fasi per questo sottoprocesso viene mappato con una procedura iterativa. Questo avviene discretizzandolo in una griglia multidimensionale, dopodiché viene scelto casualmente un elemento di tale griglia, in accordo con i tagli di preselezione, su cui viene applicato l algoritmo per il calcolo dell elemento di 73

80 matrice e dunque della sezione d urto. Da qui viene poi scelto un nuovo elemento della griglia e così via, in modo da fare un campionamento dei valori dell elemento di matrice che si ottengono per ogni cella della griglia ad ogni iterazione. Alla fine del processo iterativo si trova, per ogni elemento della griglia, il valore del modulo quadro dell elemento di matrice lì calcolato. Il peso di ogni elemento, e di ogni sottoprocesso, è dato dal rapporto tra il valore del modulo quadro ricavato ed il più alto valore dei moduli quadri ottenuti; vengono considerati solo quegli eventi in cui il peso è maggiore dell 1%. Per massimizzare l efficienza di mappatura, viene creata una griglia per ogni sottoprocesso che viene selezionato casualmente all inizio della procedura iterativa di scelta dei vari sottoprocessi. Il numero delle iterazioni si sceglie in base al numero di eventi richiesti al momento della generazione: generalmente, è consigliato fare una generazione di warm-up di eventi pesati, in modo da ricreare una prima mappatura con relativi pesi con una statistica affidabile. La generazione vera e propria si può effettuare a questo punto impostando di eventi pesati (il numero è scelto molto alto perché vi è una forte inefficienza nella generazione di eventi non pesati), con la procedura iterativa leggermente modificata in modo da selezionare con maggiore probabilità gli elementi della griglia con più alto peso. In questo modo è possibile generare un numero elevato di eventi pesati senza sprecare tempi di elaborazione della CPU per generazioni in punti della griglia poco significativi. Il calcolo dell elemento di matrice per ogni sottoprocesso è ottimizzato sfruttando ALPHA, un algoritmo implementato in Fortran che calcola gli elementi di matrice per processi al Leading Order senza basarsi sui relativi diagrammi di Feynman, ma sulla sola Lagrangiana che descrive l interazione. In questo modo si rende veramente veloce il calcolo anche per quei processi con un elevato numero di diagrammi. Tale algoritmo (il cui principio di funzionamento è riportato in Appendice B) riesce così a semplificare drasticamente i calcoli, sia qualitativamente che quantitativamente, senza necessariamente usare l approssimazione di massa nulla anche per i quark più pesanti. Alla fine, si ottiene così una mappatura della distribuzione della sezione d urto nello spazio delle fasi per ogni sottoprocesso. La sezione d urto totale è dunque data dalla somma dei diversi valori ottenuti per ogni elemento, moltiplicati opportunamente per il relativo peso. 74

81 Generazione degli eventi non pesati Al termine del passo precedente, sono stati generati più file in cui sono immagazzinati i valori della sezione d urto, i pesi ottenuti per ogni sottoprocesso ed ogni elemento della griglia dello spazio delle fasi e gli eventi partonici generati includendo tutte le informazioni sul sapore e il colore dei partoni (e con la Z 0 forzata a decadere in una coppia di leptoni leggeri). Per diminuire le dimensioni dei file, viene salvato non tutto l evento, ma solo il seed 1 che ha portato alla generazione di tale evento: in questo modo vengono occupati solo 57 Byte per evento. Il passo successivo è mettere questi eventi generati in una forma leggibile per Pythia: il primo passo fornisce in uscita tutti gli eventi con sottoprocessi generati con eguale probabilità e con solo il peso come effettiva informazione sul loro reale contributo alla sezione d urto. Una nuova esecuzione di Alpgen nel modo non pesato permette la generazione degli eventi tenendo conto dell effettivo contributo di ogni sottoprocesso. Per ogni evento selezionato si sfrutta il seed per recuperare tutte le informazioni sulla cinematica, sapore, colore e spin. Gli eventi sono quindi selezionati in base al peso originale: si tengono tutti gli eventi relativi al sottoprocesso col peso massimo, mentre gli eventi relativi agli altri sottoprocessi vengono salvati con probabilità proporzionale al loro peso. Ciò porta ad avere una inefficienza nella generazione, arrivando così ad avere circa eventi finali non pesati. In questa fase, poi, si può scegliere l effettivo canale di decadimento della Z 0 che si desidera; la coppia di leptoni, generata inizialmente senza massa, viene dotata di massa in modo casuale, così da simulare il decadimento tenendo conto che i Branching Ratio sono uguali per i tre leptoni (BR e,µ,τ 3.04%). Alla fine della generazione di eventi non pesati viene stimata la sezione d urto di produzione del canale Zbb ad LHC, coi tagli di preselezione di cui abbiamo parlato sopra e con la Z 0 forzata a decadere in una coppia di leptoni: il valore ottenuto è σ Zbb llbb = ( ± 0.39) pb (4.1) 1 Il seed di un generatore Monte Carlo è il primo numero casuale tra 0 e 1 nella sequenza di numeri casuali utilizzati per la generazione di un certo evento. 75

82 L errore denunciato è di natura statistica, dovuto alle fluttuazioni aspettate nel conteggio del numero di eventi in ogni elemento della griglia dello spazio delle fasi (supponendo che sia distribuito secondo una distribuzione di Poisson) Il generatore CompHep CompHep è un generatore partonico che genera processi al Leading Order perturbativo, ed è composto da due parti, una simbolica e una numerica. La parte simbolica è implementata col linguaggio di programmazione C, e la sua funzione è quella di generare la parte di codice che serve per il calcolo del modulo quadro dell elemento di matrice nella parte numerica, che è stata scritta in Fortran o in C, a seconda delle versioni di CompHep. Al contrario di Alpgen, CompHep si basa sui diagrammi di Feynman dei vari processi per il calcolo dell elemento di matrice. A tale proposito, la parte simbolica si preoccupa di: Selezionare i sottoprocessi che contribuiscono al processo interessato (nel nostro caso p+p Z 0 + b + b). Generare i diagrammi di Feynman di tutti i sottoprocessi individuati. possono essere visualizzati all utente, che può decidere di escluderne alcuni. Questi Fare il modulo quadro dei diagrammi di Feynman ottenuti, in modo da inizializzare il calcolo del modulo quadro dell elemento di matrice. Generare il codice (Fortran o C) per il calcolo del modulo quadro dell elemento di matrice e dunque della sezione d urto. La parte numerica invece si preoccupa di: Ottimizzare il calcolo della sezione d urto di produzione includendo, oltre al modulo quadro dell elemento di matrice calcolato, la composizione dei fasci di protoni che collidono e le funzioni di distribuzione partonica. Permettere di impostare i parametri (energia totale, cariche, masse, ecc.) che entrano in gioco nel processo selezionato, e di introdurre alcuni tagli cinematici di preselezione. 76

83 Definire la mappatura dello spazio delle fasi su cui applicare l algoritmo di calcolo della sezione d urto. Salvare su file i valori della sezione d urto ottenuta per i vari punti dello spazio delle fasi, che determina il peso associato ad un certo evento. Come in Alpgen, passare alla generazione di eventi non pesati. Stima della sezione d urto CompHep, al contrario di Alpgen, non richiede particolari tagli di preselezione, e la Z 0 non è forzata a decadere in nessun canale particolare. Per tale motivo, per la generazione del campione Zbb non sono stati imposti particolari tagli cinematici di preselezione. CompHep richiede all utente alcune informazioni riguardo alle funzioni di distribuzione partonica da usare: innanzitutto richiede quali sono i partoni interni al protone che si vogliono far partecipare alla collisione. A tale proposito è stata scelta la funzione di distribuzione CTEQ5L[44] (scelta anche in Alpgen), che descrive la distribuzione dei gluoni e di 5 quark (u, d, c, s, b) all interno del protone. Generalmente non viene mai incluso il quark top perché data la sua massa ( 180 GeV/c 2 ) alle energie di LHC è altamente improbabile trovare una coppia tt all interno del mare nel protone. Una volta conosciuti i partoni che entrano nello stato iniziale della collisione, CompHep provvede a ricavare i diagrammi di Feynman (quelli al LO sono stati mostrati nel paragrafo 1.5) di tutti i sottoprocessi, e da questi, come anticipato, viene inizializzato il calcolo del modulo quadro dell elemento di matrice, seguendo il calcolo analitico. L integrale viene risolto sfruttando l algoritmo VEGAS, un algoritmo per il calcolo di integrali multidimensionali: è in tale fase anche che viene creata la mappatura dello spazio delle fasi, il quale viene opportunamente discretizzato in una griglia come nel caso di Alpgen (vedi Appendice C per una descrizione più dettagliata), in cui vengono messe in risalto quelle zone che contribuiscono significativamente al calcolo dell integrale. Tramite un procedimento iterativo, viene dunque ottimizzato il calcolo della sezione d urto differenziale, ovvero viene calcolata la sezione d urto in ogni elemento della griglia dello spazio delle fasi, e la sezione d urto totale sarà pari alla somma di tutti questi valori per la dimensione dell elemento del- 77

84 σ [pb] gg Zbb ± 0.1 uu Zbb 26.0 ± 0.1 dd Zbb 23.5 ± 0.1 cc Zbb 3.6 ± 0.1 ss Zbb 7.9 ± 0.1 bb Zbb 7.2 ± 0.1 Tabella 4.2: Valori delle sezioni d urto totali per ogni sottoprocesso selezionato. L errore è stato ricavato sull ultima cifra stabile alla fine dell integrazione, e risulta essere comunque per tutti i sottoprocessi almeno un ordine di grandezza più grande rispetto all errore statistico denunciato dall algoritmo VEGAS. la griglia cui fanno riferimento. Il numero di iterazioni necessarie è scelto empiricamente, quando si nota che l integrale converge verso un valore approssimativamente stabile (ciò dipende dal tipo di integrale, e dunque di processo, preso in considerazione). A differenza di Alpgen, tale procedimento si applica indipendentemente per ogni sottoprocesso che contribuisce al canale Zbb. I valori dei moduli quadri (che rappresentano il peso ) così ricavati vengono dunque immagazzinati in un file binario, così da avere informazioni il più possibile compattate (ogni evento occupa 4 Byte), in modo da velocizzare la rilettura del file stesso per le operazioni successive; qui dunque sono incluse le informazioni sul peso di ognuno dei sottoprocessi (generati, a questo livello, tutti con uguale probabilità), sui parametri impostati e sul seed del generatore che ha portato a quell evento. I valori delle sezioni d urto che si ottengono a questo livello di generazione sono elencati in Tab La sezione d urto totale di produzione del canale Zbb si ricava dunque sommando i vari contributi dei sottoprocessi (l errore è stato ottenuto sommando in quadratura gli errori sul singolo sottoprocesso): σ Zbb = (691.9 ± 2.4) pb (4.2) 78

85 Generazione di eventi non pesati Come per Alpgen, anche per CompHep è necessario generare eventi non pesati prima di passarli a Pythia per l adronizzazione. Come detto sopra, nel calcolo della sezione d urto vengono salvate su un file tutte le informazioni riguardo alla generazione degli eventi semplicemente memorizzando il valore del seed. In questa fase, si richiede la generazione di eventi non pesati per ognuno dei sei sottoprocessi elencati in Tab. 4.2, ed è richiesto all utente di immettere il numero di eventi non pesati per ogni sottoprocesso che si vuole generare. La generazione viene effettuata a partire dal seed letto dal file, da cui si ricavano gli stati di colore e di spin, e il valore del modulo quadro dell elemento di matrice dal quale, applicando l algoritmo VEGAS, è possibile ricavare la mappatura dello spazio delle fasi accessibile. Per ogni evento, la probabilità di generazione si ricava quindi dal rapporto tra il suo peso ed il peso massimo presente nel campione. Gli eventi con probabilità sensibilmente diversa da 0 vengono immagazzinati sotto forma di file di testo (.txt), uno per ogni sottoprocesso, in cui vengono immagazzinate tutte le informazioni sulla cinematica, sugli stati di colore e di spin dei partoni generati. Ogni file contiene fra le prime righe (dette header) informazioni generali sul sottoprocesso, quali la sezione d urto, composizione dei fasci di protoni e l energia a cui avvengono le collisioni. Nella generazione da me effettuata, sono stati generati eventi g+g Z 0 +b+b, e a seguire tanti eventi per gli altri sottoprocessi in proporzione alla loro sezione d urto. Mescolamento dei vari sottoprocessi - MixPEV La generazione di eventi non pesati con CompHep viene fatta indipendentemente per i vari sottoprocessi, che vengono immagazzinati in diversi file di testo. Per ottenere un campione che possa essere processato con Pythia bisogna creare un solo file in cui tutti i sottoprocessi sono listati in ordine casuale e nel quale si presentano con frequenza proporzionale alla sezione d urto con cui sono ottenuti. A tale proposito, è stato creato un software implementato in C, MixPEV: questo software legge gli header dei file di testo, da cui ricava le sezioni d urto da usare per pesare gli eventi secondo il rapporto σ i / j σ j. Gli eventi rimescolati in modo casuale vengono immagazzinati in un unico file di testo 79

86 (Prt.PEV ) contenente un evento per riga. Come risultato finale si ottiene un unico file che presenta come header tutte le informazioni di tutti i sottoprocessi, e gli eventi listati riga per riga; alla fine di ogni riga è presente l informazione sugli stati di colore dei partoni finali, in modo da permettere a Pythia di eseguire l adronizzazione. 4.3 Adronizzazione degli eventi partonici con Pythia Una volta generati gli eventi non pesati col generatore partonico, è necessario processarli con Pythia, in modo da eseguire il processo di adronizzazione e frammentazione dei partoni generati ed avere così la simulazione completa. In questa fase è possibile selezionare le funzioni di distribuzione partoniche usate, i tipi di decadimento ed i tagli di preselezione. Pythia opera in modo differente a seconda se è interfacciato con Alpgen o CompHep. Negli eventi di CompHep bisogna forzare il decadimento della Z 0 in leptoni, mentre in quelli ottenuti con Alpgen il decadimento è già stato simulato. In tutti e due i casi bisogna poi far decadere liberamente i τ, che hanno vita media sufficientemente breve (cτ µm) da decadere ancor prima di arrivare al tracciatore di silicio. Anche la frammentazione dei quark b generati a livello partonico è lasciata libera. In Pythia l adronizzazione viene effettuata seguendo il modello di Lund (vedi Appendice C). Come già anticipato, è possibile impostare anche in questa fase dei tagli di preselezione per generare il numero voluto di eventi entro i tagli cinematici che interessano: in tutti i casi, si richiede che la coppia di leptoni sia prodotta con una soglia in p T minima di 3 GeV/c ed entro η 2.5. Nessun taglio di preselezione è stato applicato per i jet da b che si vengono a creare a seguito dell adronizzazione dei due quark b. Dato che comunque in entrambi i casi i tagli non sono più stringenti di quelli applicati nella generazione partonica, i valori della sezione d urto finale che si ottiene dopo l adronizzazione con Pythia sono del tutto compatibili coi valori 4.1 e 4.2. Riporto in Fig. 4.2 il confronto fra le distribuzioni in p T ed in η dei jet da b che si ottengano per le generazioni fatte con Alpgen 80

87 Figura 4.2: Spettri in p T ed η dei due jet b (p T 10 GeV/c) prodotti nell interazione partonica principale, generati con Alpgen (blu) e CompHep (rosso). Per permettere un miglior confronto, le distribuzioni sono state normalizzate ad 1. e CompHep dopo l adronizzazione apportata da Pythia. Sono riportate solo le coppie di jet appartenenti ad eventi in cui esse rappresentano i due jet più energetici e con p T 10 GeV/c, per motivi che saranno più chiari quando parlerò dell analisi dei dati ricostruiti nel prossimo capitolo. Gli istogrammi sono normalizzati ad 1 per permettere un migliore confronto tra le distribuzioni. 4.4 La generazione del fondo del canale Zbb Nel fondo del canale Zbb si devono considerare tutti quei processi che presentano uno stato finale ricostruito identico a quello del segnale, vale a dire una coppia leptone/antileptone (e + e o µ + µ ) ed una coppia bb. Dunque, assieme agli eventi Zbb, devono essere generati tutti quegli eventi in cui è possibile ricostruire due leptoni con carica opposta e due jet identificati come b. Essenzialmente sono tre i processi che contribuiscono al fondo: gli eventi tt (in cui si viene a creare una coppia tt), gli eventi Zjj (in cui si ha la produzione di una Z 0 ed una coppia quark/antiquark leggeri), e gli eventi Zcc (con una coppia cc). Gli eventi 81

88 Figura 4.3: Processi che contribuiscono negli eventi tt: fusione di gluoni ((a) e (b)), e annichilazione di una coppia qq. Figura 4.4: Schema della produzione di un evento tt, in cui entrambi i W ± decadono in muoni. tt mostrano evidentemente uno stato finale identico a quello del segnale, mentre apparentemente gli eventi Zjj e Zcc presentano uno stato finale diverso (vi è una coppia di quark leggeri o c anziché di b); tuttavia, come mostrerò meglio nel prossimo capitolo, può accadere che entrambi i jet siano identificati erroneamente come jet b (in particolare nel caso Zcc) Il Fondo tt Il top decade praticamente sempre in un quark b con l emissione di un bosone W, che può a sua volta decadere in una coppia leptone/neutrino. Il tt diviene un fondo del canale Zbb quando entrambi i W decadono nello stesso leptone, e viene a crearsi così 82

89 Figura 4.5: Le prime due fasi di generazione di un processo interamente eseguita con Pythia. uno stato finale con una coppia leptone/antileptone. Ad LHC i sottoprocessi che danno il contributo maggiore alla produzione di eventi tt sono mostrati in Fig In Fig. 4.4 è mostrato come un tipico processo tt si identifica come fondo per il segnale Zbb (ad esempio nel decadimento in due µ). Dato che il processo è del tipo 2 partoni 2 partoni, la generazione degli eventi tt è stata fatta completamente con Pythia. Pythia genera direttamente eventi non pesati, in tre passi successivi (come schematizzato in Fig. 4.5): prima vengono selezionati i diagrammi di Feynman al LO, e viene eseguito il calcolo della sezione d urto (si assume m top = 175 GeV/c 2 ) in un modo del tutto simile a CompHep (a), poi viene ricreato lo sciame con l emessione di quanti più gluoni e quark possibili (b), per poi far adronizzare tutti i partoni creati. I tagli di preselezione sono gli stessi applicati nella generazione del segnale Zbb. Per questo lavoro è stato generato un campione di eventi, in cui si è forzato il decadimento del W in leptoni (senza però richiedere che i due W decadano in leptoni della stessa generazione) e si è lasciata libera l adronizzazione dei jet b. La sezione d urto ottenuta per questa generazione con Pythia è compatibile con le previsioni fatte attraverso studi più approfonditi[45][46]: difatti, la stima della sezione d urto di produzione del canale tt dipende fortemente dalla scelta della scala di fattorizzazione µ (variazione del 5% al variare di µ) e dalla scelta delle funzioni di distribuzione partonica dei protoni (che portano ad una incertezza del 3%). Tali studi hanno portato ad una stima della sezione d urto di produzione pari a σ P ythia tt = (840 ± 42 ± 25) pb (4.3) Le incertezze sono al di sopra dell errore statistico denunciato dall algoritmo di calcolo della sezione d urto di Pythia ( 1%). 83

90 p T [GeV/c] η R jj Massa Invariante [GeV/c 2 ] ll m ll 200 qq Tabella 4.3: Tagli impostati per la generazione degli eventi Zjj con Alpgen Il Fondo Zjj e Zcc La generazione del fondo Zjj è stata effettuata con Alpgen. Dato che il valore della sezione d urto aspettato è elevato (dell ordine delle decine di migliaia di pb) ho effettuato la generazione di di eventi. I processi che contribuiscono a questo canale sono del tutto simili a quelli del canale Zbb, con la sola differenza data dalla presenza di una coppia quark/antiquark leggeri (u, d, s), che in Alpgen è generata in approssimazione di massa nulla. Rispetto alla generazione del canale Zbb, si devono usare dunque alcuni accorgimenti aggiuntivi: l emissione della coppia qq lungo la stessa direzione comporterebbe una divergenza nel calcolo della sezione d urto, per cui bisogna impostare un taglio di preselezione nella distanza R tra i due quark. Inoltre, come nel caso Zbb, avviene la generazione di Drell-Yan, per cui si devono applicare i tagli già visti alla massa invariante dei due leptoni. Per rendere poi la generazione il più stabile possibile, si sono dovuti applicare tagli cinematici in η e p T anche per la coppia di quark leggeri (vedi Tab. 4.3), oltre che alla coppia di leptoni. Il valore della sezione d urto di produzione per gli eventi non pesati ottenuto con i tagli di preselezione di Tab. 4.3 è pari a σ Zjj lljj = ( ± 2.2) pb (4.4) che corrisponde quindi a σ Zjj = (14855 ± 22) pb (4.5) Il campione Zcc è stato generato invece in modo del tutto analogo al campione Zbb, con gli stessi tagli cinematici riportati in Tab Gli eventi (come per il caso Zbb) non sono stati generati in approssimazione di massa nulla per il quark c (per il quale si è usato una massa di 1.3 GeV/c 2 ), e dunque non è stato necessario imporre il taglio in R fra i due 84

91 jet da c. Con questi tagli di preselezione la sezione d urto ottenuta è pari a: σ Zcc llcc = ( ± 0.62) pb (4.6) da cui σ Zcc = ( ± 6.1) pb (4.7) Nel processo di adronizzazione con Pythia, si sono impostati i soliti tagli p T 3 GeV/c e η 2.5 per i leptoni, che, nel caso del campione Zjj, sono più stringenti di quelli applicati nella generazione partonica. Bisogna dunque considerare un opportuno fattore (ξ) a moltiplicare che tiene conto dell accettanza geometrica di CMS. Tale fattore si ricava dal rapporto tra il numero di eventi generati e il numero di tentativi effettuati nella generazione di eventi che rientrassero entro i tagli (ξ 0.87). All interno del campione Zjj si trovano comunque degli eventi Zbb e Zcc, dovuti alla creazione di una coppia cc o bb da parte di un gluone per gluon splitting. In questo modo, il campione Zjj contiene anche alcuni eventi di segnale, che devono essere opportunamente scartati in fase di analisi onde evitare effetti di double counting. 85

92 86

93 Capitolo 5 Misura della sezione d urto del canale Zbb In quest ultimo capitolo descriverò il metodo di analisi che ho sviluppato per misurare la sezione d urto del canale Zbb che si dovrebbe osservare sperimentalmente ad LHC col rivelatore CMS. Tale misura si basa sull identificazione di una coppia leptone/antileptone isolati provenienti dal decadimento della Z 0 e dei due jet provenienti dai quark b. Descriverò le tecniche e gli algoritmi usati per l identificazione, i tagli di selezione apportati per minimizzare il fondo e i risultati finali da me ottenuti. 5.1 Il b-tag L identificazione di jet adronici originati da un quark b (il cosiddetto b-tag ) è basata sulle proprietà del decadimento dell adrone B generato nell adronizzazione. Gli adroni B sono caratterizzati da una lunga vita media (τ B 1.6 ps), corrispondente a uno spazio percorso γcτ B E 468 µm, tale da poter ben distinguere grazie all alta risoluzione del m tracciatore di CMS la presenza di un vertice secondario (dato dal vertice di decadimento). Il decadimento di un singolo B è poi caratterizzato da una produzione media di 5 particelle cariche, secondo la catena di decadimento b c s (d). 87

94 Figura 5.1: Rappresentazione (non in scala) della produzione di un jet proveniente da un quark b Il parametro d impatto La misura della vita media può essere ricavata in vari modi. Uno dei principali si basa sullo studio delle tracce ad alto parametro d impatto. Come mostrato in Fig. 5.1, le tracce provenienti dal decadimento del bosone B hanno un alto parametro d impatto in quanto hanno origine da un vertice secondario molto dislocato rispetto al primario e dunque sono ben identificabili rispetto alle tracce provenienti dal vertice primario con parametro d impatto nullo, compatibilmente con la risoluzione del tracciatore. Nel Capitolo 3 abbiamo già detto che sono due le grandezze che identificano il parametro d impatto di una traccia: il parametro d impatto trasverso (d 0 ) ed il parametro d impatto longitudinale (z IP ). Da questi due parametri si ricavano poi il parametro d impatto bidimensionale (coincidente con d 0 sul piano trasverso alla direzione dei fasci e calcolato rispetto al vertice primario ricostruito nei pixel del tracciatore) ed il parametro d impatto tridimensionale, individuabile, riferendosi alla Fig. 5.2, nel seguente modo: 1. Si ricava il punto S della traiettoria più vicino alla direzione del jet (quello che minimizza la distanza SQ), che rappresenta dunque il punto in cui l adrone B decade. 2. La traccia viene linearizzata vicino al punto S e da qui si ricava la distanza tra il vertice primario V e la traiettoria linearizzata; tale distanza definisce il parametro d impatto tridimensionale, che viene indicato generalmente con IP. 88

95 Figura 5.2: Rappresentazione (non in scala) della definizione del parametro d impatto tridimensionale. 3. La distanza V Q approssimativamente rappresenta il percorso fatto dall adrone B ed è definito come lunghezza di decadimento. Viene assegnato anche un segno ad IP: il segno è positivo se il prodotto scalare tra IP e la direzione del jet è positivo (vale a dire se il punto Q si trova oltre il punto V lungo la direzione del jet), altrimenti è negativo (una definizione simile può essere usata anche per definire il segno del parametro d impatto bidimensionale). Le tracce originate da vertici secondari devono dunque avere alti valori di IP definiti positivi, mentre le tracce provenienti dal vertice primario avranno valori uniformemente distribuiti tra valori positivi e negativi attorno allo 0 entro i limiti di risoluzione sperimentale. Un altra grandezza utile nel b-tag è la significanza del parametro d impatto, definita come il rapporto tra IP (preso con segno) e l errore con cui esso viene sperimentalmente determinato: S IP = IP σ IP (5.1) S IP tiene conto della risoluzione sperimentale che influenza la misura di IP. In Fig. 5.3 sono mostrate le distribuzioni della significanza ottenibili nel caso bidimensionale (in alto) e tridimensionale (in basso) per i jet da b e da u. I valori negativi per i jet da b sono dovuti essenzialmente agli errori sperimentali nell individuazione della direzione del jet e nella ricostruzione delle tracce. Una prima identificazione di un jet da b può dunque essere fatta col solo studio della significanza. In tale caso il jet viene identificato come proveniente da b se ha tracce con 89

96 Figura 5.3: Distribuzione della significanza ottenuta studiando un campione Monte Carlo contenente coppie bb o uu, con valori di E T = 100 GeV e η < 0.7 per i jet. una significanza superiore a un valore di soglia. È conveniente comunque introdurre altri parametri per poter individuare un jet da b studiando, ad esempio, i dati cinematici. Vi sono più algoritmi che ottimizzano in questo senso il b-tag; quello da me usato in questo lavoro di tesi è stato il Combined BTag, sviluppato dalla collaborazione CMS L algoritmo Combined BTag Il Combined BTag[37] è un algoritmo che si basa sulla ricostruzione di un vertice secondario dovuto a un decadimento debole del mesone B. In questo algoritmo la significanza del parametro d impatto della traccia è combinata assieme alle variabili cinematiche associate al vertice ricostruito, ottenendo così un valore unico finale che opera da discriminante per l identificazione di un jet. Ricostruzione e localizzazione dei vertici secondari I vertici all interno del tracciatore vengono determinati una volta che sono state ricostruite le varie tracce. L algoritmo utilizzato individua prima il vertice secondario, e poi ottimizza la ricostruzione associandovi le tracce una ad una. La ricerca del vertice 90

97 è operata dal TrimmedKalmanVertexFinder[29], che inizia ordinando le tracce in ordine crescente per parametro d impatto bidimensionale ed individua il vertice primario a partire dalla traccia col valore del parametro d impatto più vicino a 0. Le restanti tracce sono aggiunte in ordine iterativamente, ripetendo ogni volta il fit del vertice con il metodo dei minimi quadrati, e scartando quelle tracce che non portano a valori del χ 2 soddisfacenti. Le tracce scartate vengono utilizzate per la ricostruzione in parallelo del vertice secondario secondo la procedura usata per il primario. Vengono poi considerate quelle tracce che più verosimilmente possono appartenere ad un jet da b, ovvero devono essere soddisfatte le seguenti condizioni: la traccia deve essere associata ad un vertice che dista nel piano trasverso dal vertice primario di almeno 100 µm, ma non oltre i 2.5 cm. tale distanza, d, deve essere almeno 3 volte più grande dell errore con cui viene ricavata, σ d (d/σ d > 3). la massa invariante della particella carica non deve superare i 6.5 GeV/c 2, ma deve essere comunque maggiore di 1.5 GeV/c 2. Si possono dunque avere tre casi: viene individuato e ricostruito almeno un vertice secondario con i requisiti richiesti nei punti precedenti (RecoVertex); viene individuato solo il vertice primario e le tracce non compatibili con esso sono usate per la costruzione di uno pseudo-vertice, se almeno due tracce sono presenti nel jet e hanno significanza maggiore di 2 (PseudoVertex); nessuna delle due condizioni precedenti è soddisfatta (NoVertex). Una delle principali fonti di errore nella ricostruzione del vertice secondario è l inserimento di tracce appartenenti ad adroni c, che si presentano nella catena di decadimento debole del b in un vertice terziario. A tale scopo si richiede una massa invariante maggiore di 1.5 GeV/c 2 (gli adroni c hanno massa tipicamente maggiore di 2 GeV/c 2, ma per tenere conto che non tutte le particelle cariche provenienti dal decadimento del c sono ricostruite si usa una massa inferiore come soglia). Generalmente le risoluzioni con cui sono ricostruiti i vertici secondari variano tra µm nel piano trasverso e tra µm lungo z, e le efficienze di ricostruzione sono 91

98 Figura 5.4: A sinistra, Distribuzione delle categorie dei vertici (1-RecoVertex, 2-PseudoVertex, 3-NoVertex); Al Centro, Distribuzione della massa invariante della particella associata al vertice secondario ricostruito; A Destra, Distribuzione del discriminante. Gli istogrammi si riferiscono a jet da b (linea continua), jet da c (linea puntiforme), e jet da u, d, s, g (linea tratteggiata). attorno al 60%. In Fig. 5.4 (a sinistra) è mostrata la distribuzione con cui si presentano i tre casi appena esposti. Il Discriminante nel Combined BTag Come già accennato, il discriminante viene ottenuto combinando insieme le informazioni relative al parametro d impatto ed alla cinematica del vertice secondario ricostruito. Vengono considerati sia i casi di RecoVertex che di PseudoVertex, anche se l algoritmo risulta ottimizzato per il primo caso. Le variabili che vengono combinate assieme sono: La massa invariante delle particelle del jet associate al vertice secondario (vedi Fig. 5.4, al centro). Il numero di particelle cariche associate al vertice secondario. Il rapporto tra la distanza vertice primario-vertice secondario e l errore con cui è ottenuta. Il rapporto tra l energia delle particelle associate al vertice secondario e l energia di tutte le particelle associate al jet. La rapidità delle tracce delle particelle cariche associate al vertice secondario rispetto alla direzione del jet. 92

99 La significanza del parametro d impatto bidimensionale. La significanza del parametro d impatto tridimensionale delle tracce relative a particelle che superano la soglia di 1.5 GeV/c 2 per escludere il quark c. La combinazione avviene costruendo un estimatore statistico a partire da simulazioni Monte Carlo nel seguente modo: un jet ricostruito si classifica come da b, c, o u,d,s,g (q) a seconda del sapore del partone più energetico in un intorno dell asse del jet. Quindi si definisce una funzione Likelihood per queste tre classi di jet del tipo: L b,c,q = f b,c,q (α) i f b,c,q α (x i ) (5.2) dove f b,c,q (α) è la probabilità che il jet da b, c, q abbia un vertice secondario ricostruito della categoria α e f b,c,q α (x i ) è la funzione di distribuzione di probabilità delle variabili x i. Poiché i jet da c e q hanno caratteristiche molto diverse, il discriminante d è ottenuto come contributo di queste due parti: ad esempio, per un jet b si ottiene d = f BG (c) Lb L b + L + f BG(q) Lb (5.3) c L b + L q dove f BG (c), f BG (q) sono le frazioni di jet da c o q fra i jet che non sono da b (f BG (c) + f BG (q) = 1). La distribuzione del discriminante dipende molto dal tipo di evento in cui i jet sono generati e dalla loro cinematica. L efficienza di b-tag (ɛ b ) è definita come il rapporto tra il numero di jet da b che sono stati effettivamente identificati come provenienti da b sul numero di jet da b totali contenuto nel campione, mentre il mis-tag (ɛ j ) è definito come il rapporto tra il numero di jet che non sono da b ma che sono stati identificati come tali ed il numero di jet non da b totali; ɛ j dà così una misura di quanto l algoritmo sbaglia nell identificazione; dalla Fig. 5.5 (a destra) si vede come si ottengono valori maggiori di mis-tag per i jet c. Per gli eventi Zbb, Zcc, e Zjj le distribuzioni dei discriminanti sono mostrate in Fig. 5.5 a sinistra: la soglia minima è stata scelta in modo da massimizzare l efficienza di b-tag, mantenendo però l efficienza di mis-tag dell ordine dell 1 2% per i jet da u, d, s, g. 93

100 Figura 5.5: A sinistra, Distribuzioni dei discriminanti per jet b (rosso), c (viola), e u, d, s, g (blu), rispettivamente nei campioni Zbb, Zcc e Zjj. A destra, Andamento del mis-tag in funzione dell efficienza di b-tag per jet c (rosso), g (verde) e u, d, s (blu). Gli istogrammi sono stati ottenuti considerando i jet ricostruiti nella regione del barrel del tracciatore ( η < 1.4). 5.2 Selezione degli eventi Il campione globale che deve essere studiato è composto da eventi di segnale Zbb, e di del fondo Zjj, tt e Zcc. Gli eventi sono stati processati con FAMOS 1.4.0[30] per simularne la ricostruzione includendo anche gli effetti di pile-up. Tutta l analisi presentata in questo capitolo è stata effettuata con delle macro di analisi scritte in linguaggio C++ elaborate dall interprete di ROOT (v. 4.04)[48], un software di analisi adottato ufficialmente dalla collaborazione CMS. Gli eventi sono stati preselezionati richiedendo che fossero stati ricostruiti: due leptoni isolati (spiegherò più avanti il significato di questo termine) di carica opposta con una soglia minima in impulso trasverso p l T 10 GeV, e con η < 2.5 (in modo da essere inclusi nell accettanza del tracciatore). due jet con soglie cinematiche p j T 10 GeV/c2 ed η j < 2.5, e con associate almeno due tracce cariche ricostruite. La soglia in p T per i jet è stata scelta più bassa possibile in quanto lo spettro per il segnale Zbb ha un massimo per bassi valori d impulso trasverso. I tagli in p T (sia per i leptoni che per i jet) sono richiesti perché altrimenti verrebbero ricostruite tracce di bassa energia dovute solo al rumore o ad eventi di pile-up. Dato che ci aspettiamo che i due jet da b 94

101 Figura 5.6: Spettri in p T dei due leading jet ricostruiti ( nella parte a sinistra il più energetico), a seconda della coppia di appartenenza (bb, bj, jj, tt - b provenienti da un top). Gli istogrammi sono stati normalizzati ad 1 per permettere un miglior confronto fra gli andamenti. Figura 5.7: Schema di funzionamento dell algoritmo LeptonIsolation applicato ad un µ ricostruito. 95

102 abbiano un impulso relativamente alto, ci limitiamo a considerare nell evento i due jet più energetici (leading jet) ricostruiti. In Fig. 5.6 è mostrato lo spettro in p T dei due leading jet ricostruiti per il segnale (sia quello generato con Alpgen che con CompHep) e per il fondo. Come si può vedere, i jet da b del campione tt risultano mediamente più energetici di quelli del segnale Zbb. L isolamento per i leptoni è richiesto per selezionare solo i leptoni provenienti dal decadimento della Z 0 e non quelli provenienti dai decadimenti semileptonici degli adroni. A tale proposito ho creato una apposita classe (LeptonIsolation) in cui è implementato un algoritmo applicato sia ai dati provenienti dal tracciatore che a quelli del calorimetro, ricavando rispettivamente la somma del p T delle particelle ricostruite comprese tra due coni rappresentati in Fig. 5.7, uno di apertura variabile R = η 2 + ϕ 2 e l altro usato come veto di apertura fissata ( R = 0.005), centrati entrambi attorno alla direzione del leptone ricostruito su cui si applica l algoritmo. Il cono di veto fa sì che venga escluso dal calcolo del p T risulta minore di una soglia p max T totale il leptone stesso. Un leptone è definito isolato se la somma fissata. Per l analisi da me fatta si è considerato, ad esempio per i µ, un cono di apertura R = 0.25 ed una soglia p max T = 4.0 GeV/c. La probabilità di considerare isolato un µ originato dal decadimento di un b è risultata essere del 10% per il campione tt e del 30% per lo Zbb. L efficienza per lo Zbb è circa tre volte più grande di quella del tt in quanto i quark b dello Zbb sono meno energetici di quelli di decadimento del top (vedi poi Fig. 5.6), ed i muoni originati dal loro decadimento hanno traiettorie a basso raggio di curvatura, risultando dunque più isolati. Per l isolamento degli elettroni si è considerato per l energia rilasciata nel calorimetro un cono di apertura R = 0.45 con soglia E max T = 15 GeV/c 2. In Fig. 5.8 è riportato il contributo del segnale nel caso di Alpgen (anche per CompHep si ottengono risultati del tutto simili) e dei fondi apportato alla massa invariante delle coppie leptone-antileptone con i tagli di selezione precedentemente indicati. Al contrario del caso dei muoni dove il picco risulta avere una larghezza di 3 GeV/c 2 comparabile con quella naturale della Z 0. La distribuzione in massa invariante nel caso degli elettroni presenta una coda verso basse energie: ciò è dovuto alla perdita di energia per bremsstrahlung da parte degli elettroni nell attraversare l apparato sperimentale, a differenza dei muoni per i quali tale 96

103 Figura 5.8: Distribuzione, sia del segnale che del fondo, della massa invariante delle coppie e + /e ( destra) e µ + µ (sinistra) aspettata dopo 20 fb 1 di presa dati. Per gli elettroni sono visibili gli effetti dovuti al bremsstrahlung. effetto è trascurabile. Per questo ho deciso di studiare singolarmente i due casi, così da vedere poi come gli effetti di bremsstrahlung influiscono nella precisione con cui si ricavano i risultati finali. In Tab. 5.5 (mostrata più avanti) sono riportate le efficienze ottenute nella ricostruzione per i due casi, per le selezioni sopra esposte. Sui jet selezionati viene applicato il Combined BTag per la ricerca di jet da b. La soglia del discriminante (posta a 1.5) è stata scelta come già detto in modo di mantenere un mis-tag minore dell 1 2% per il segnale. In Tab. 5.1 sono riportati i valori delle efficienze di b-tag ed il mis-tag ottenuto per il segnale ed il fondo; l associazione del sapore al jet ricostruito a partire dalle informazioni di Monte Carlo è stata fatta andando a considerare all interno del cono di ricostruzione del jet il partone a più alto p T compatibile con la sua direzione. Dalla Fig. 5.9 si può osservare che i jet identificati erroneamente come provenienti da b sono in gran parte originati da gluoni, cioè sono dovuti essenzialmente a gluoni ad alto p T che generano coppie bb, dove solo un b prende gran parte del p T oppure sono emessi in modo da essere ricostruiti come un unico jet. 97

104 ɛ b elec ɛ j elec ɛ b muon ɛ j muon Zbb Alpgen 25.6% 0.42% 26.7% 0.80% Zbb CompHep 27.5% 0.81% 32.1% 1.34% tt 49.3% 4.3% 53.4% 3.2% Zjj 38.2% 0.34% 37.3% 3.4% Zcc 12.5% 2.4% 19.2% 4.2% Tabella 5.1: Valori delle efficienze di b-tag e mis-tag ottenuti per il segnale (Zbb) e per il fondo (tt+zjj+zcc). Si è distinto il caso di ricostruzione di coppie e + e da quello di coppie µ + µ. Figura 5.9: Sapore dei jet identificati erroneamente come provenienti da b. 5.3 Misura della sezione d urto Una volta ricostruiti gli eventi e selezionati quelli con una coppia di leptoni ed una coppia di jet, bisogna individuare gli eventi appartenenti al canale Zbb. Applicato l algoritmo di b-tag, si possono individuare tre classi di eventi: quelli con entrambi i leading jet identificati come provenienti da b, quelli in con uno solo e quelli in cui nessuno dei due è identificato come proveniente da b. Considerare la prima classe significa riuscire ad isolare il picco di massa invariante del segnale rispetto all enorme fondo dovuto agli eventi Zjj e Zcc. Può accadere che comunque alcuni di questi vengano selezionati; tuttavia ci aspettiamo che siano veramente pochi (dato il mis-tag 1%) e comunque ne viene tenuto conto nella parte finale dell analisi. Restano invece molti degli eventi tt a contribuire al fondo. Per stimarne il numero sono stati utilizzati gli eventi in cui una coppia e ± µ passa 98

105 tutti i tagli di selezione come nel caso delle coppie e + e o µ + µ. Ovviamente, a differenza di quest ultime, una coppia e ± µ non può essere generata direttamente nel decadimento di una Z 0. Potrebbe in realtà essere generata dal decadimento Z 0 τ + τ e dal successivo decadimento dei due leptoni τ in eν e ν τ e µν µ ν τ. Questo processo ha comunque una probabilità che è minore dell 1% e quindi molto minore di quella del decadimento Z 0 e + e e Z 0 µ + µ Normalizzazione delle distribuzioni La distribuzione degli eventi ricostruiti, con le selezioni discusse, mostrata nell istogramma in Fig. 5.8, è ottenuta combinando gli eventi di segnale con quelli del fondo. Tuttavia questi sono stati generati indipendentemente l uno dall altro, in numero dettato principalmente dai tempi necessari per la simulazione Monte Carlo e per la ricostruzione con FAMOS. Il maggior vincolo alla statistica è dato sicuramente dal campione Zjj, per il quale si è decisa la generazione di di eventi. Per la generazione e la ricostruzione di tale campione sono necessarie oltre due settimane, nonostante l uso della PC farm della sezione di Firenze dell INFN. Da qui è poi seguita la scelta di generare eventi di segnale Zbb con CompHep e con Alpgen, eventi tt e eventi Zcc. Il campione Zjj include, come già accennato nel Capitolo 4, eventi Zbb e Zcc che devono essere esclusi quando vengono combinati agli eventi di segnale. Studiando le informazioni direttamente dalla simulazione Monte Carlo è stato possibile ricavare che circa il 2% degli eventi Zjj sono del tipo Zbb e che circa il 3% sono del tipo Zcc. Questi eventi sono stati eliminati dal campione Zjj per evitare che fossero contati due volte (il numero di eventi Zjj rimanenti è ). Per confrontare in modo realistico le distribuzioni degli eventi di segnale e di fondo, queste devono essere normalizzate ad una stessa luminosità integrata L 1. Ciò è fatto riscalando le distribuzioni dei singoli campioni di un fattore f dato dal rapporto tra il numero di eventi aspettati alla luminosità L ed il numero di eventi presenti nel campione. Ad esempio, per il segnale Zbb (per il quale avevamo forzato il decadimento della Z 0 in una 1 La luminosità integrata L corrisponde all integrale su un certo intervallo di tempo della luminosità L, e sono legate dalla relazione L = Ldt 99

106 coppia di leptoni) vale: f = σ Zbb 3 BR Z l + l L Per i campioni Zjj e Zcc il fattore f si ricava in modo analogo alla 5.4: f = σ Zjj 3 BR Z l + l L (5.4) (5.5) f = σ Zcc 3 BR Z l + l L (5.6) Per il campione tt invece, tenuto conto che in questo caso è forzato il decadimento del top in b, f è dato dalla 5.7: f = σ tt 3 [BR t W b l νl b] 2 L (5.7) Distribuzione in massa invariante delle coppie e + e e µ + µ A questo punto si può ottenere la distribuzione della massa invariante delle coppie leptoniche, considerando per l analisi singolarmente il caso degli elettroni e quello dei muoni, prendendo come segnale sia il campione generato con Alpgen che quello generato con CompHep. Vanno a finire nell istogramma quegli eventi con due jet ricostruiti e identificati come provenienti da quark b e con una coppia leptone/antileptone ricostruiti e isolati. Le distribuzioni risultanti sono mostrate in Fig. 5.10: è riconoscibile per bassi valori di massa invariante il contributo degli eventi tt, soprattutto nel caso dei muoni, ed è ben visibile il picco di massa della Z 0. Nel caso degli elettroni il contributo degli eventi tt è nascosto dalla coda dovuta alla perdita di energia per bremsstrhalung Individuazione del fondo tt Nel picco della Z 0, come già detto, vi sono essenzialmente solo gli eventi Zbb e tt. Il fondo tt è composto dal combinatorio dato da quelle coppie e + e (µ + µ ) in cui ogni singolo leptone viene dal decadimento indipendente dei due bosoni W + W. Come accennato all inizio della sezione 1.3, l andamento di tale fondo è dunque estraibile analizzando la distribuzione della massa invariante data dal combinatorio di tutte le possibili coppie 100

107 Figura 5.10: Istogrammi della massa invariante delle coppie di muoni ( a sinistra) e di elettroni ( a destra) per eventi con 2 jet identificati come provenienti da un quark b ottenibili già dopo 1 fb 1 di presa dati. e ± µ. Per tale scopo si è preso in esame il solo campione tt: è l unico campione in cui sia possibile trovare un evento con una coppia di leptoni isolati non della stessa generazione (trascurando dunque quelle che vengono dal decadimento Z 0 τ + τ ). L andamento di tale distribuzione è stato ottenuto tramite un fit con una distribuzione di Landau (o meglio con la sua approssimazione analitica data da Moyal)[49]: M(x) = K 2 e Γ(x λ)+e Γ(x λ) 2 (5.8) dove K 2 è una costante di normalizzazione, λ è il centroide della distribuzione e Γ ne rappresenta la larghezza. E stata scelta questa distribuzione perché si adatta molto bene all andamento sperimentale (vedi Fig. 5.11). Il fit viene effettuato con un algoritmo implementato nella classe TVirtualFitter di ROOT: per ogni bin dell istogramma viene ricavato il numero di conteggi, assunto distribuito Poissonianamente P(n) = µn e µ (5.9) n! dove µ è il valor medio. L algoritmo dunque sostituisce µ col valore della funzione da fittare, che dipenderà appunto dai parametri che la descrivono. Tali parametri sono poi 101

108 ricavati andando a massimizzare il logaritmo naturale dell equazione 5.9 (che rappresenta la Likelihood), linearizzandolo attorno a dei valori dei parametri impostati inizialmente in un processo iterativo di fit. Il fit è stato effettuato normalizzando il numero degli eventi che entrano nell istogramma alla luminosità corrispondente alla statistica del campione che necessita il fattore di normalizzazione f più alto; questo perché normalizzare il numero di conteggi di ciascun bin dell istogramma implica moltiplicare per lo stesso fattore l errore statistico atteso nel conteggio. Normalizzare alla luminosità del campione che necessita del fattore più alto significa moltiplicare i conteggi per singoli bin per valori minori o prossimi a 1, mantenendo così fluttuazioni compatibili fra loro anche per eventi appartenenti a campioni diversi. La scelta di generare gli eventi Monte Carlo in numero proporzionale alla sezione d urto del processo in esame ha fatto sì che i fattori di normalizzazione fossero all incirca gli stessi, e dunque non ci fossero campioni con fluttuazioni maggiori rispetto agli altri, a parità di conteggio in un bin. In questa analisi, il campione che necessita del fattore di normalizzazione più alto è lo Figura 5.11: Fit dell istogramma relativo alla distribuzione in massa invariante delle coppie e ± µ. Zcc (34000 eventi), il quale corrisponde ad una luminosità integrata di circa 0.35 fb 1 102

109 (corrispondenti circa alla prima settimana di presa dati): tutti i fit sono dunque stati effettuati su istogrammi normalizzati a tale luminosità integrata, e solo successivamente i risultati finali sono stati riscalati a luminosità maggiori Determinazione del numero di eventi nel picco della Z 0 In Fig è riportato il fit dell istogramma relativo alle coppie elettrone/muone con una distribuzione di Landau. E così ricavato l andamento del fondo dovuto agli eventi tt. Per ottenere la misura della sezione d urto del segnale Zbb resta da determinare il numero di eventi presenti dentro il picco di massa della Z 0. A tale proposito deve essere ricavata la distribuzione che meglio approssima l andamento dell istogramma complessivo di Fig Partiamo dall analisi del caso dei muoni, che non presenta la complicazione di avere la coda dovuta alla bremsstrhalung: la distribuzione teoricamente aspettata per tale picco è una Breit-Wigner centrata attorno alla massa della Z 0 ( GeV/c 2 ) e di larghezza paragonabile a quella naturale di decadimento. Bisogna tenere conto però della presenza del fondo tt che si somma nell istogramma. La scelta della distribuzione da fittare è caduta dunque sulla somma di una distribuzione di Landau più una di Pearson, data da: F(x) = K 1 [ 1 ] ( 1 + ( x λ Γ 1 ) 2) m e Γ 2arctg(x) (5.10) La distribuzione di Pearson è una distribuzione con centroide in λ, asimmetrica (dovuta al fattore esponenziale a moltiplicare) verso valori ad esso inferiori. Per piccoli valori del parametro m la distribuzione di Pearson si riduce ad una distribuzione (sempre asimmetrica) che va a zero lentamente per x infty, mentre per m = 1 si riduce ad una Breit-Wigner asimmetrica. Il fit è stato eseguito fissando i parametri relativi alla distribuzione di Landau ai valori ottenuti dal fit dell istogramma e ± µ, lasciando libero solo il parametro relativo alla normalizzazione (le coppie elettrone/muone sono circa il doppio di quelle di soli elettroni o soli muoni). Il risultato del fit per il caso dei muoni è riportato in Fig. 5.12, ottenuto utilizzando come segnale i campioni generati da Alpgen e da CompHep. E riportato in particolare anche il fit sul termine di Landau che si somma al picco della distribuzione 103

110 Figura 5.12: Fit dell istogramma del campione globale nel caso di ricostruzione di coppie di muoni, relativo al segnale generato con Alpgen e CompHep. E raffigurato anche l intervallo attorno alla massa della Z 0 preso in esame. di Pearson (il parametro K 2 ). Per ricavare il numero di eventi che finiscono nel picco si è considerato un intervallo di 10 GeV/c 2 intorno alla massa della Z 0 (è stato scelto questo valore perché, riferendosi alla Fig. 5.8, al di fuori di tale intervallo ci aspettiamo prevalentemente eventi del fondo tt), ed in tale intervallo si è calcolato l integrale della funzione fittata. A questo poi va tolto il numero di eventi del fondo tt che finiscono nel picco, dato dall integrale del solo termine di Landau. Gli errori di natura statistica sulla misura di tali aree sono dati dagli errori sui parametri ricavati dal fit. Gli errori sui parametri relativi alle normalizzazioni includono le fluttuazioni Poissoniane sul numero di eventi nell intervallo considerato (il quale può essere approssimato semplicemente alla radice quadrata del numero degli eventi nell intervallo definito). Per stimare l errore dovuto agli errori dei parametri del fit è necessario vedere come varia il risultato dell integrale al variare dei parametri. L algoritmo di fit, oltre a ricavare i parametri e i relativi errori, fornisce anche la matrice di covarianza, dalla quale è possibile ricavarne le correlazioni. I parametri che descrivono la distribuzione di Pearson risultano scorrelati da quelli della Landau (i quali, a loro volta, sono scorrelati tra essi), mentre risultano essere correlati tra loro (in particolare, i coefficienti λ P eak ed m). Per ricavare l errore statistico tenendo conto delle varie correlazioni si dovrebbe propagare l errore sull integrale analiticamente con la matrice di covarianza, ma il calcolo diverrebbe 104

111 Alpgen CompHep Picco 89.8 ± 15(9.5) 104 ± 13(10) Fondo 6.1 ± 3.5(2.3) 6.1 ± 3(2.3) Tabella 5.2: Valori degli integrali ottenuti dal fit segnale+fondo e del solo fondo con gli errori statistici. molto pesante (per 8 parametri la matrice ha 36 elementi indipendenti). Si è invece utilizzato il seguente metodo: si esegue nuovamente il fit fissando un parametro al valore ottenuto più (o meno) l errore con cui è stato stimato e lasciando liberi tutti gli altri. Lo scarto tra i valori dell area ottenuti con il nuovo fit e quello iniziale ci da la propagazione dell errore di quel parametro fissato sull integrale, tenendo conto della correlazione con gli altri parametri. Si ripete il procedimento per tutti i parametri, ottenendo così gli scarti delle aree dal valore ottenuto nel fit originale, che sommati in quadratura ci danno l errore statistico dovuto agli errori sui parametri del fit. I risultati ottenuti per le aree sono riportati in Tab. 5.2, dove si fa il confronto tra l errore ricavato dal fit e quello intrinseco dato dalla radice del numero di eventi nell intervallo considerato (riportato fra parentesi). Lo scarto tra questi due errori ci da un idea di quanto sia l errore dovuto alla scelta della funzione da interpolare con gli istogrammi: si vede che comunque i due errori sono dello stesso ordine di grandezza. Per il caso degli elettroni si procede in modo analogo a quello sopra descritto per i muoni, con la differenza che l istogramma di massa invariante presenta (come è visibile in Fig. 5.10) un picco con una coda a bassi valori che copre il fondo. Questa peculiarità fa sì che il fit risulti molto più problematico: il fit sulle coppie e ± µ si rende ancora più necessario in quanto un fit sullo spettro globale potrebbe falsare la determinazione dei parametri che descrivono il termine di Landau dovuto al solo fondo tt. Inoltre, è necessario considerare un intervallo di riferimento attorno alla massa della Z 0 asimmetrico, spostato verso bassi valori per permettere di includere nel calcolo dell area quegli eventi che non sono inclusi nel picco solo per gli effetti di energia persa per bremsstrahlung. 105

112 Gli estremi dell intervallo considerato sono stati scelti dalla stima dello spostamento del centroide dell intero istogramma considerando il caso degli elettroni invece che quello dei muoni: si nota uno spostamento di circa 25 GeV/c 2, per cui è stato considerato l intervallo GeV/c 2. In Fig sono riportati i risultati del fit prendendo come segnale i Figura 5.13: Fit dell istogramma del campione globale nel caso di ricostruzione di coppie di elettroni, relativo al segnale generato con Alpgen ( a sinistra) e CompHep ( a destra). È indicato anche l intervallo attorno alla massa della Z 0 preso in esame. due campioni generati con Alpgen e CompHep. E evidente come nel caso degli elettroni si abbia a che fare con una statistica più bassa rispetto al caso dei muoni: parte degli eventi che dovrebbero appartenere al picco vanno a coprire il fondo tt (é visibile in Fig il risultato del fit del termine di Landau coperto dalla coda a basse energie). L effetto della bremsstrahlung abbassa di molto la statistica degli eventi che finiscono nel picco, la cui forma risente moltissimo dunque delle fluttuazioni statistiche ad essi associate. Ecco perché i due campioni Alpgen e CompHep presentano una forma del picco così diversa, che non si nota nel caso dei muoni. Una minore statistica porta ad avere degli errori sui parametri del fit più alti dell errore che deriva dalla natura statistica degli eventi rispetto al caso dei muoni. In Tab. 5.3 sono riportati i valori delle aree coi relativi errori presentati secondo lo schema di Tab. 5.2: 106

113 Alpgen CompHep Picco 54.9 ± 12.8(7.4) 43.4 ± 9.7(6.6) Fondo 8.7 ± 6.3(3.0) 10.6 ± 7.2(3.3) Tabella 5.3: Valori degli integrali ottenuti dal fit segnale+fondo e del solo fondo con gli errori statistici Determinazione della sezione d urto Abbiamo determinato il numero di eventi che finiscono nel picco di massa attorno alla Z 0, ed il fondo tt incluso tra questi eventi. Restano, come già detto, gli eventi Zjj e Zcc; si tratta di quegli eventi in cui i due jet non da b sono stati entrambi erroneamente identificati lo stesso come jet da b, così da finire nell istogramma. Bisogna dunque scartare tali eventi in modo da individuare solo gli Zbb, e ciò è fattibile studiando le informazioni da MonteCarlo. Per tenere conto del fatto che negli eventi di segnale un jet da b potrebbe non essere ricostruito come uno dei due leading jet semplicemente perché viene emesso al di fuori della regione di accettanza in η del tracciatore ( η 2.5), definiamo due nuove efficienze come le frazioni di eventi in un dato campione con due jet identificati come jet da b, indipendentemente dal sapore Monte Carlo dei jet in esame: ɛ bb, l efficienza data dal rapporto del numero di eventi con due jet entrambi identificati come jet da b sul numero di eventi con due jet da b presenti nel campione del segnale, ed ɛ jj, come l efficienza data dal rapporto tra il numero di eventi con due jet identificati jet da b sul numero di eventi Zjj+Zcc. Tali efficienze, non considerando l effettivo sapore dei jet identificati, tengono dunque conto di quegli eventi in cui non tutti i b della coppia sono identificati nella regione di accettanza del tracciatore. I valori di tali efficienze sono riportati in Tab A questo punto il numero di eventi Zbb contenuti nel campione in esame è ottenibile nel seguente modo: indicando con A peak l area del picco a 91 GeV/c 2 e con A tt il contributo del fondo tt, allora il numero di eventi del tipo Zqq (con q quark di sapore generico) ricostruiti che finiscono nell istogramma è dato dalla differenza A peak A tt. Fra questi vi sono sia gli eventi Zbb che quelli Zjj/Zcc con entrambi i jet identificati erroneamente come provenienti da jet b. Indicando con N Zbb il numero di eventi Zbb (cui siamo interessati) 107

114 Alpgen 2e CompHep 2e Alpgen 2µ CompHep 2µ Zjj+Zcc 2e Zjj+Zcc 2µ ɛ bb 1.27% 1.40% 2.77% 3.15% - - ɛ jj Tabella 5.4: Valori delle Efficienze ɛ bb, ottenuto sul segnale generato con Alpgen e CompHep, ed ɛ jj, ottenuto sul campione Zjj+Zcc. Sono stati consoderati singolarmente i casi di coppie e + e e µ + µ. ɛ 2e2j ɛ 2e2j ɛ Zcut e ɛ 2µ2j ɛ 2µ2j ɛ Zcut µ Zbb Alpgen 40.8% 29.8% 33.2% 28.7% Zbb CompHep 34.0% 26.9% 29.7% 27.7% tt 44.0% 11.1% 29.5% 4.2% Zjj 39.6% 27.7% 33.6% 27.4% Zcc 22.3% 15.3% 19.4% 15.3% Tabella 5.5: Valori delle efficienze di ricostruzione di eventi con due coppie leptone/antileptone e con due jet con almeno due traccie (ɛ 2l2j ) e delle efficienze di taglio in massa (di ricostruire una coppia di leptoni con massa invariante entro 10 GeV/c 2 da quella della Z 0 per i muoni e nell intervallo GeV/c2 per gli elettroni) ottenuti per il segnale (Zbb) e per il fondo (tt, Zjj, Zcc). Si è distinto il caso di ricostruzione di coppie e + e da quello di coppie µ + µ. e con N Zjj/Zcc il numero di eventi di fondo, vale la relazione: (A peak A tt ) = N Zbb ɛ bb ɛ 2l2j ɛ Zcut + N Zjj/Zcc ɛ jj ɛ 2l2j ɛ Zcut (5.11) dove ɛ 2l2j ɛ Zcut sono le efficienze di ricostruzione del picco definite e riportate (per ciascun campione) in Tab Il valore di N Zjj/Zcc è ricavabile teoricamente (soprattutto per il campione Zjj, per il quale si può usare l approssimazione di massa nulla per i quark nel calcolo della sezione d urto di produzione); tuttavia, può anche essere misurata sperimentalmente. Il modo di procedere è del tutto equivalente a quanto fin ora fatto, con la differenza che qui non si richiede che un evento abbia entrambi i jet identificati come provenienti da b per entrare nell istogramma di massa invariante (riportato in Fig. 108

115 5.14). Si ricava l area del picco (nell intervallo considerato) e del fondo (stimato con Figura 5.14: Misura del numero di eventi Zjj+Zcc nel campione totale. L istogramma si riferisce al caso di coppie di muoni ricostruiti, che non presenta la complicazione degli effetti di bremsstrahlung. le coppie e ± µ ), e la differenza ci da il numero di eventi Zqq (con q quark generico) ricostruiti dal campione. Essi includono una frazione di eventi Zbb, che sappiamo da Monte Carlo essere comunque trascurabile ( 2%) rispetto al numero di eventi Zjj+Zcc, così da poter considerare il valore dell area coincidente con tale numero. Il risultato (sempre normalizzando il campione ad una luminosità integrata di 0.33 fb 1 ) ottenute nel caso di coppie µ + µ è N Zjj/Zcc ɛ 2µ2j ɛ Zcut µ = ± 191 (5.12) L errore ottenuto nell equazione 5.12 è essenzialmente legato alla fluttuazione statistica del numero di eventi nell intervallo considerato. In modo analogo può essere effettuata la misura anche per il caso di coppie e + e, considerando l intervallo di riferimento asimmetrico attorno a 91 GeV/c 2 come nel caso della misura del picco del segnale. Tenuto conto che la sezione d urto si ricava dalla relazione N Zbb 2lbb = σ Zbb Br Zbb 2lbb L, dove L è la luminosità integrata di riferimento del campione, dalla 5.11 si ricava: σ Zbb = (A peak A tt ) N Zjj/Zcc ɛ jj ɛ 2l2j ɛ Zcut ɛ bb ɛ 2l2j ɛ Zcut Br Zbb L (5.13) Tutte le efficienze che compaiono nella B.8 sono ricavate dallo studio del MonteCarlo. I valori che si ricavano dipendono dunque dal modello seguito per la generazione degli eventi 109

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