In dubbio per la libertà

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Otto ragioni contro i divieti di pubblicità In dubbio per la libertà Un argomentario contro i divieti di pubblicità Zurigo, marzo 2005 La «comunicazione»: il capro espiatorio I divieti di pubblicità sono inutili ed eccessivi È evidente: in questo momento i divieti pubblicitari sono molto attuali presso le nostre autorità. Per ragioni comprensibili alcuni politici, agendo nell interesse della salute pubblica, credono di poter metter un freno al consumo eccessivo attraverso dei divieti. Quanto potrebbe sembrare plausibile a un primo sguardo, sortisce invece, a ben vedere, l effetto contrario. Sorgono inoltre diversi effetti negativi. La Pubblicità Svizzera PS lotta pertanto contro ulteriori restrizioni concernenti la libertà di comunicazione.

Sommario 1. I divieti di pubblicità non riducono il consumo a. alcuni fatti che dovrebbero far riflettere b. in Svizzera, il consumo di bevande alcoliche e di prodotti del tabacco è in costante diminuzione, senza divieti di pubblicità 2. La pubblicità non crea né fumatori né bevitori a. perché dunque fare pubblicità? b. ci sono già numerose restrizioni 3. I divieti di pubblicità sono ipocriti e contraddittori 4. I divieti di pubblicità ostacolano l economia di mercato 5. I divieti di pubblicità nuocciono all economia pubblica 6. I divieti di pubblicità mettono in pericolo posti di lavoro 7. I divieti di pubblicità impediscono l innovazione dei prodotti 8. Abuso del federalismo 9. Conclusioni 10.Soluzioni: prevenzione e autolimitazione - 2 -

1. I divieti di pubblicità non riducono il consumo Chi si occupa di introdurre determinati divieti nella pubblicità parte dal presupposto, errato, che un simile divieto produrrà automaticamente una riduzione del consumo. Non è affatto così: diversi studi dimostrano che le spese pubblicitarie non incidono sul volume del consumo globale. Vale sia per il tabacco che per gli alcolici. Non è vero che molta pubblicità fa aumentare i consumi e rispettivamente poca pubblicità li riduce. ((Dans le graphique: Le spese pubblicitarie non influenzano il consumo di sigarette Spese pubblicitarie sulla stampa (lorde, in milioni di DM) Vendite di sigarette (in miliardi di unità, arrotondati) Fonti: Ufficio federale tedesco di statistica (Wiesbaden), Institut Nielsen S+P (Amburgo)) In molti paesi la popolazione ha reagito ad un divieto di pubblicità per il tabacco senza diminuirne il consumo, semmai aumentandolo. Ne è un buon esempio l Italia, dove questo tipo di pubblicità è vietato dal 1962. Le autorità, dopo aver visto che questa soluzione non portava i suoi frutti, hanno pensato di domare la passione per la sigaretta vietando di fumare nei ristoranti. - 3 -

1a) Alcuni fatti che dovrebbero far riflettere Consumo di tabacco Il fatto che i divieti di pubblicità non si riflettono in una riduzione del consumo è inoltre suffragato dalla situazione nei vecchi paesi dell Est: quando la pubblicità era completamente bandita in epoca di economia pianificata, il numero dei fumatori è aumentato in maniera esponenziale. Questa constatazione si applica anche alla vecchia Germania dell Est: infatti, nel periodo in cui la pubblicità era del tutto vietata, il 42% della popolazione compresa tra i 12 e i 24 anni fumava, contro il 9% in meno della Repubblica Federale Tedesca. Cifre recenti provenienti dalla Polonia dimostrano che non c è un rapporto diretto tra il volume delle spese pubblicitarie e il consumo: nel dicembre del 2000 è entrato in vigore un divieto assoluto della pubblicità eppure il consumo totale di sigarette, nel 2001, è cresciuto di 1,65 miliardi di unità. Anche dai dati provenienti da paesi che praticano un divieto assoluto della pubblicità risulta che non vi è un rapporto tra il volume delle spese destinate alla pubblicità e il consumo. Così, in Italia, dove questo divieto è in vigore dal 1962, si vendevano, due anni prima di tale proibizione, 52 miliardi di sigarette l anno, mentre due anni dopo il consumo è balzato a 58,6 miliardi per raggiungere, due anni più tardi ancora, quasi 65 miliardi. Nel 1991, ossia quasi 30 dopo l entrata in vigore del divieto di pubblicità a favore del fumo, gli italiani hanno comprato più di 92 miliardi di sigarette. Anche i divieti parziali della pubblicità applicati da diversi paesi sono rimasti infruttuosi, un esempio tra tutti: la rinuncia alla pubblicità televisiva decisa nel 1971 negli Stati Uniti dalla stessa industria del tabacco (completata, poco dopo, dal divieto puro e semplice). Da 510 miliardi di sigarette fumate due anni prima di tale proibizione, il consumo annuo è balzato, negli Stati Uniti, a 590 miliardi due anni più tardi. Tutti questi dati dimostrano che i divieti di pubblicità non rappresentano mezzi validi nella lotta contro il tabagismo. Non si dispongono cifre svizzere paragonabili per quanto riguarda il consumo di tabacco e di alcool, perché qui (tranne nel canton Ginevra) non esiste un divieto generale di pubblicità. Un ricercatore tedesco, Reinhold Bergler, di Bonn, nella sua opera intitolata «Zigarettenwerbung und Zigarettenkonsum» Psychologische Studie (pubblicità per le sigarette e consumo di sigarette, uno studio psicologico), Berna-Stoccarda-Vienna, 1979, spiega chiaramente: «Tutti i dati raccolti permettono di arrivare ad un unica conclusione: un divieto di pubblicità per le sigarette non rappresenta ( ) una misura efficace per rallentare la crescita del consumo e neppure per farlo diminuire.» - 4 -

Consumo di bevande alcoliche Gli effetti della pubblicità sul consumo di bevande alcoliche sono ben lungi dall essere dimostrati. Il seguente grafico della Germania lo illustra chiaramente. Tendenza inversa di annunci pubblicitari e consumo: (valori indicizzati 1990 = 100) Annunci pubblicitari Consumo globale Mentre gli annunci pubblicitari sono in continua crescita, in Germania il consumo globale diminuisce sempre di più. Non è possibile dimostrare una correlazione tra spese pubblicitarie e consumo. (ZAW-Schwarzbuch Werbeverbote 2002) - 5 -

1b) In Svizzera: il consumo d alcool e di tabacco è in costante calo, senza divieti pubblicitari! Consumo di tabacco Il consumo di tabacco è calato: da anni, in Svizzera, tale consumo cala da 1 a 1,5 punti percentuali l anno. Consumo di bevande alcoliche In Svizzera, dal 1991 al 2001, il consumo di liquori è passato da 4,5 a 3,9 litri per abitante, il che corrisponde ad un calo di oltre il 13%. Nel contempo le spese pubblicitarie per le marche di superalcolici sono passate da 10,85 a 16,47 milioni di franchi, il che corrisponde ad un aumento del 52% o del 21%, se si tiene conto del rincaro del 20% del costo della vita registrato in questo periodo. 3 Lo stesso fenomeno è stato osservato in Germania, nei Paesi Bassi e nel Regno Unito. La Svezia, invece, ha proibito la pubblicità nel 1978. Questa misura non è stata seguita da alcuna diminuzione rilevante del consumo. 4 2 Home Office, «Underage drinking : findings from the 198/99 youth lifestyles survey» ; «the social contexts of underage drinking». 3 Media Focus 4 John Calfee et Carl Scheraga, «The influence of advertising on alcohol consumption: a literature review and an econometric analysis of four European nations», International Journal of Advertising, 1994, 13, pp. 287-310. 2. La pubblicità non crea né fumatori né bevitori Il consumo di un prodotto non è quasi mai causato dalla pubblicità. Nella maggior parte dei casi un giovane comincia a fumare o a bere alcolici a causa della pressione sociale o delle abitudini del suo ambiente familiare. I seguenti risultati, sulle abitudini di fumare in Svizzera di ragazzi dai 13 ai 19 anni, derivano dallo studio «Motivstudie Rauchen», realizzato nell estate del 1997 su ordine dell Associazione svizzera per la prevenzione del tabagismo e dell Ufficio federale della sanità pubblica. Motivi che inducono a fumare i ragazzi dai 17 ai 19 anni per il gusto o il piacere 43% per seguire amici che fumano 15% per abitudine 26% a causa di stress, problemi o frustrazione 18% per tranquillizzarsi e rilassarsi 25% per dipendenza/voglia irrefrenabile; non riesco a smettere 21% per vincere la noia o l insicurezza 15% perché fumare è cool 3% La pubblicità non viene nominata neanche una volta in questo studio dell UFSP. E anche quando si esprime la motivazione «Fumare è cool», la percentuale è molto inferiore rispetto agli altri motivi. - 6 -

2a) Perché dunque fare pubblicità? Consumo di tabacco Ciò non significa affatto che la pubblicità sia inutile. Il suo obiettivo è piuttosto quello di collocare sul mercato le marche e assicurare loro una quota di mercato, indicando ai consumatori quali marche sono disponibili affinché possano scegliere. Manifesti e annunci non trasformano i non fumatori in fumatori, ma cercano di motivare, attraverso campagne efficaci, i fumatori affezionati ad una marca X a provare la marca Y. L obiettivo della pubblicità è facilitare la scelta e contribuire ad operare uno spostamento delle quote di mercato. Un divieto di pubblicità non porterà a ridurre il numero delle persone che fumano o che hanno intenzione di cominciare, ma unicamente a stabilizzare i rapporti tra le marche. Dunque le marche, la cui quota di mercato è assicurata, trarrebbero solo vantaggi da un simile divieto. Del resto è per questa ragione che alcuni divieti pubblicitari sono stati introdotti sia in Francia che in Italia: in questo modo lo Stato, che possiede il monopolio del tabacco, mirava a prevenire il più possibile lo spostamento del mercato verso prodotti stranieri. 2b) Ci sono già numerose restrizioni Sapendo che il tabagismo e il consumo eccessivo di alcool danneggiano la salute, il legislatore ha già emanato numerose restrizioni della pubblicità inserendole nella Costituzione (articolo 105) e in diverse leggi (sull alcool, sulle derrate alimentari, sulla radio e la televisione, ecc.). Peraltro la presentazione della pubblicità è sottoposta a rigorose restrizioni che sanciscono, ad esempio, il divieto di rappresentare persone mentre stanno bevendo alcool o stanno fumando. Sia il settore dell alcool che quello del tabacco si sono direttamente imposti diverse limitazioni in materia di distribuzione e di comunicazione (cfr. pagina 11, qui di seguito) in particolare per proteggere la gioventù. 3. I divieti di pubblicità sono ipocriti e contraddittori Consumo di tabacco La sproporzione tra il divieto di pubblicità e il consumo non è l unica incongruenza da rilevare: in Svizzera la coltivazione del tabacco è sovvenzionata indirettamente, infatti il coltivatore riceve 2,6 centesimi per ogni pacchetto di sigarette. All anno sono circa 20 milioni di franchi. Lo Stato è dunque ipocrita se sostiene la coltivazione di una materia prima e ne legittima la vendita e il consumo, ma allo stesso tempo proibisce la pubblicità di questo prodotto legale. - 7 -

Consumo di bevande alcoliche Le entrate della Regia federale degli alcool (RFA) provengono, in particolare, dalla tassazione delle bevande distillate e dell alcool potabile nonché dal commercio dell alcool per la produzione di superalcolici o destinato a scopi industriali. L esercizio 2000/2001 ha chiuso con un utile di 240,6 milioni di franchi e ha superato di 42,7 milioni quello iscritto nel budget. L utile netto della RFA è assegnato per il 90% rispettivamente all'avs e all'ai. I Cantoni ricevono il restante 10% che viene devoluto in funzione della popolazione residente. Essi sono tenuti ad impiegare la loro parte per combattere l alcolismo e le altre dipendenze. In questo modo le tasse sui superalcolici servono a finanziare l ISPA e altre organizzazioni nelle loro attività direttamente legate all abuso di alcool in generale (vino, birra), ma anche nella prevenzione degli effetti del tabacco e delle droghe. 4. I divieti di pubblicità ostacolano l economia di mercato I divieti di pubblicità ledono i diritti fondamentali: chiunque vende un prodotto legalmente e in regime di libero mercato deve avere anche il diritto di informare i consumatori che tale prodotto è in commercio. Servendosi della pubblicità, è possibile esaltare i vantaggi di detto prodotto nella misura in cui tale pubblicità non è né abusiva né sleale. In questo consistono le regole dell economia di mercato, della libertà di commercio e d esercizio professionale nonché della libertà d opinione. Nella Costituzione federale tale principio è garantito dall art. 16: 1 La libertà d opinione e d informazione è garantita. 2 Ogni persona ha il diritto di formarsi liberamente la propria opinione, di esprimerla e diffonderla senza impedimenti. 3 Ognuno ha il diritto di ricevere liberamente informazioni, nonché di procurarsele presso fonti accessibili a tutti e di diffonderle. I divieti di pubblicità sono pertanto in netta contraddizione con la Costituzione. Le carte costitutive dei cantoni contengono, tra l altro, tutti gli articoli di simile tenore. Le proibizioni pubblicitarie hanno sempre delle ripercussioni sul mondo dei mass media: esse mettono in pericolo l esistenza commerciale dalle case editrici e pertanto la diversificazione della stampa. 5. I divieti di pubblicità nuocciono all economia pubblica La pubblicità costituisce, per i produttori di merci, un mezzo per ridurre i rischi legati agli investimenti. Se sono in grado di produrre potendo contare su un bisogno esistente ma non possono smerciare i loro prodotti in quanto troppo poco conosciuti dai consumatori, l economia pubblica ci perde; proprio la pubblicità permette di evitare tutto questo. In altre parole, la pubblicità è un fattore produttivo. Se alcune proibizioni la limitano sistematicamente, ne risulta un effetto negativo sull economia pubblica. In Svizzera il gettito pubblicitario complessivo si aggira attorno ai 5 miliardi di franchi all anno. - 8 -

Solo l'industria del tabacco e delle bevande alcoliche ne investe oltre 100 milioni l anno nella pubblicità e nelle sponsorizzazioni in Svizzera. Sopprimendo tali importi, i mass media e i promotori di manifestazioni sponsorizzate si troverebbero in enorme difficoltà. Il divieto tocca, tuttavia, anche le piccole aziende: la soppressione di manifestazioni tocca anche i fornitori. Un esempio: un torneo amatoriale di calcio, che aveva uno sponsor della birra, non viene più organizzato. Il guadagno del panettiere e del macellaio, che fino ad allora fornivano pane e salamini, diminuisce, sebbene non vendano dei prodotti contestati. Partendo dal principio che il tabacco e le bevande alcoliche non sono i soli prodotti ad essere dannosi per la salute, occorre aspettarsi che anche la pubblicità di altri articoli possa cadere nelle mire della critica: prodotti dolciari, quelli ad alto tenore di grassi, come il burro, e addirittura le automobili. Occorre dunque aspettarsi che divieti, o per lo meno restrizioni della pubblicità, colpiranno prima o poi anche questi prodotti. La pubblicità è il motore dell economia. Se si vieta la pubblicità, si reprime anche l economia: una soluzione irresponsabile, considerando la crisi economica di questi tempi. 6. I divieti di pubblicità mettono in pericolo posti di lavoro Ogni volta che ci troviamo di fronte a divieti pubblicitari, è legittimo temere per la politica degli impieghi. Tali proibizioni si ripercuotono infatti sulle aziende produttrici, sul commercio nonché a livello di agenzie pubblicitarie, sulle tipografie, sui mass media e sui fornitori. Siccome tutti i mass media sono finanziati in gran parte dalla pubblicità, le limitazioni deliberate del volume di quest ultima comporterebbero anche conseguenze dirette per le aziende in questione. Questo viene a sommarsi in un momento in cui i mass media devono già far fronte a riduzioni massicce del volume della pubblicità. I divieti pubblicitari ridurrebbero ulteriormente questa fonte di introiti già di per sé in netto calo. Anche diverse manifestazioni culturali (ad esempio il Festival Jazz di Montreux), patrocinate per la maggior parte dalle industrie del tabacco e dell alcool, ne sarebbero penalizzate. 7. I divieti di pubblicità impediscono l innovazione dei prodotti È un dato di fatto che la pubblicità può avere delle ripercussioni non solamente sul piano del marketing, ma anche su quello della qualità, come lo dimostra la riduzione del 40% del tenore di catrame nelle sigarette rispetto a 25 anni fa. Così quando qualcuno ha migliorato o affinato un prodotto, deve avere anche la possibilità di far conoscere questa innovazione sul mercato e di lanciare il nuovo prodotto in questione. Se non viene concessa questa possibilità, si rinuncerà, per il futuro, ad affrontare miglioramenti e innovazioni tanto onerosi e, infine, non si investirà più nella ricerca. Senza pubblicità non vi è il necessario adattamento al mercato. I divieti pubblicitari impediscono d informare i consumatori in merito alle novità dei prodotti. Scomparirebbero quindi le innovazioni. - 9 -

8. Abuso del federalismo A livello federale, la popolazione non ha ancora mai approvato nessuna iniziativa per ridurre la libertà di pubblicità di alcool e tabacco. Con il lancio delle rispettive iniziative, in 16 cantoni si cerca ora di imporre i divieti pubblicitari a livello cantonale. Con tale procedimento il federalismo viene pregiudicato e abusato. Le conseguenze sono una combinazione confusa di leggi, un massiccio dispendio burocratico supplementare e ripercussioni assurde nella vita di tutti i giorni. Un esempio: gli annunci di una rivista, pubblicata in un cantone in cui la pubblicità è permessa, devono essere eliminati o ritoccati in un cantone in cui esiste il divieto di pubblicità. In determinati cantoni i divieti pubblicitari si riferiscono a tutti i media, in altri riguardano solo i manifesti. Si presentano così situazioni astruse. Nella nuova LRTV si vuole liberalizzare la pubblicità dell alcool a favore degli operatori televisivi privati, ma questi tentativi vengono soffocati dai divieti cantonali. Ciò porta alla discriminazione di aziende ed operatori locali: mentre le rinomate marche di birra, come Heineken, Carlsberg ecc. possono trasmettere i loro spot tramite i satelliti e i rispettivi cavi nei salotti televisivi svizzeri, le birrerie locali si svuotano. È inammissibile svantaggiare in tal misura le imprese locali. 9. Conclusioni Visti tutti questi fattori, si arriva necessariamente alla conclusione che i divieti pubblicitari, anche se ben architettati, non possono implicare conseguenze positive tanto meno effetti convincenti duraturi, ad eccezione del fatto che alcuni politici possano trarne la possibilità di farsi pubblicità. Al contrario: tali proibizioni non servono a nulla, anzi sono decisamente ingiuste. Ogni responsabile politico deve dunque soppesare accuratamente i pro e i contro dei divieti pubblicitari. L unico verdetto non potrà che essere sfavorevole a tali proibizioni, se non altro perché non è dimostrato che esse fanno abbassare i consumi, pertanto: In dubbio per la libertà. - 10 -

10. Soluzioni: prevenzione e autolimitazione L obiettivo non può essere quello di far crescere il consumo dei prodotti di tabacco tanto meno delle bevande alcoliche; essa si batte contro le inutili restrizioni imposte alla comunicazione. Vi sono altri mezzi, più sensati, per ridurre il consumo di questi articoli, soprattutto presso la gioventù. In primo luogo occorre citare le misure di prevenzione e di autolimitazione introdotte dall industria. Ad esempio sono già stati vietati i manifesti che reclamizzano il fumo affissi nelle vicinanze degli edifici scolastici e gli annunci pubblicitari nelle pubblicazioni principalmente ed espressamente destinate ai giovani con meno di 18 anni. Peraltro, l età minima richiesta per acquistare prodotti di tabacco è stata fissata a 16 anni. Nel gennaio 2005 anche i produttori delle bevande alcoliche hanno introdotto simili misure di autolimitazione. La commissione per la lealtà eserciterà, in tale contesto, la funzione di organo di conciliazione. La legge sull alcool proibisce la vendita di superalcolici ai giovani con meno di 18 anni. In virtù dell ordinanza sulle derrate alimentari non è più permesso (dal maggio 2002) vendere le altre bevande alcoliche (birra, vino, ecc.) a ragazzi con meno di 16 anni. La legge sulle derrate alimentari (articolo 60) conferisce al Consiglio federale il potere di limitare la pubblicità a favore delle bevande alcoliche destinata specialmente ai giovani. Inoltre i prezzi più elevati e la regolamentazione del consumo sono strumenti estremamente validi per limitare l abuso del tabacco. Pubblicità Svizzera PS, marzo 2005, Piero Schäfer - 11 -