Convegno: CURARE LA MALATTIA DI PARKINSON: la collaborazione delle diverse figure professionali. Cremona 25 NOVEMBRE 2011



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LA TARTARUGA ONLUS Convegno: CURARE LA MALATTIA DI PARKINSON: la collaborazione delle diverse figure professionali Cremona 25 NOVEMBRE 2011 Abstract degli interventi Diagnosticare la Malattia di Parkinson M. Gennuso La Malattia di Parkinson (MP) è una patologia cronico-degenerativa del sistema nervoso centrale, determinata principalmente dalla degenerazione dei neuroni dopaminergici mesencefalici della pars compatta della Substantia Nigra e caratterizzata clinicamente dalla comparsa di una triade sintomatologica, in genere asimmetrica, costituita da bradicinesia, tremore a riposo e ipertono plastico. In realtà una sempre più crescente quantità di evidenze scientifiche ha dimostrato come il quadro clinico sia in realtà molto più complesso: la malattia infatti presenta nel suo decorso un corteo sintomatologico caratterizzato dalla contemporanea presenza oltre che dei noti sintomi motori anche di sintomi definiti non motori, come la depressione, la stipsi, l'incontinenza urinaria, il dolore, disturbi cognitivi, che non solo accompagnano la malattia lungo il suo decorso ma a volte possono persino precedere la comparsa del deficit motorio configurando una fase così detta premotoria della malattia. E stato dimostrato come la presenza dei sintomi non motori condizioni significativamente la qualità della vita dei pazienti, per cui un precoce riconoscimento di questi sintomi non solo ne consentirà un efficace miglioramento ma permetterà al paziente una migliore gestione globale della sua malattia. La diagnosi di MP è clinica, ed è determinata da una approfondita raccolta anamnestica e dalla evidenza della suddetta triade sintomatologica, è comunque necessario sottoporre il paziente ad alcuni esami strumentali come la Risonanza Magnetica dell Encefalo o le tecniche di Imaging funzonale (PET, SPECT cerebrale), 1/6

oltre che ad altri esami strumentali più specialistici (Scintigrafia cardiaca, test genetico) al fine di escludere le forme secondarie di Parkinsonismo e le forme cosiddette atipiche o di individuare le forme geneticamente determinate di MP. Inoltre è ormai opinione comune che nel percorso diagnostico rientri anche un attento monitorare dell'evoluzione del quadro clinico nel tempo, al fine di verificare l'eventuale comparsa di altri segni e sintomi (anche non motori) che potrebbero ulteriormente contribuire a configurare una diagnosi alternativa alla MP: in particolare le forme di parkinsonismi atipici, come l'atrofia Multisistemica (MSA), la demenza a corpi di Lewy (LDB), la Paralisi Sopranucleare Progressiva (PSP), la degenerazione cortico basale (CBD). Strategie terapeutiche nella Malattia di Parkinson F. Mancini La Malattia di Parkinson è una patologia cronica evolutiva sostenuta dal progressivo depauperamento dei neuroni dopaminergici a livello dei nuclei della base. A tutt'oggi la terapia è quasi esclusivamente sintomatica e consiste nel somministrare la dopamina sotto forma di levodopa. Dalla fine degli anni 60, quando è stata iniziata la terapia con levodopa, molti progressi sono stati fatti in campo farmacologico e sono stati sviluppati diversi nuovi farmaci in grado di mimare l'effetto della dopamina a livello del sistema nervoso centrale, o di aumentare il rilascio di dopamina a nel cervello. Questo progresso è di fondamentale importanza perchè l approccio al paziente in fase avanzata di malattia è particolarmente complesso. Dopo un periodo variabile di alcuni anni, infatti la risposta terapeutica alla levodopa è compromessa dalla comparsa di complicanze motorie (wearing off, fenomeni on-off, discinesie) e dall assenza di efficacia sulle complicanze non motorie (psichiche, cognitive, autonomiche e sensitive) che compaiono in questa fase di malattia. I nuovi farmaci hanno consentito di migliorare la qualità di vita dei pazienti, così come fanno le nuove terapie cosiddette intervenzionali, come l'intervento di Stimolazione Cerebrale Profonda o la somministrazione di levodopa in gel a livello duodenale. A fronte di un bagaglio terapeutico così ricco e complesso è necessaria però una approfondita conoscenza della malattia e delle terapie per ottimizzare l'efficacia del trattamento. 2/6

Il trattamento riabilitativo intensivo: basi teoriche G. Frazzitta La malattia di Parkinson rientra nel gruppo delle patologie neurodegenerative responsabili di un disturbo del movimento. La terapia farmacologica ha determinato un miglioramento della qualità di vita e dell aspettativa di vita di questi pazienti. Rimangono tuttavia irrisolti numerosi problemi correlati alla presenza di alcuni sintomi che non sempre rispondono alla terapia farmacologica ed agli affetti collaterali della levodopa. La neuroriabilitazione si propone quindi come una possibile risorsa per fronteggiare questi problemi. Negli ultimi anni una notevole letteratura scientifica si è occupata dell efficacia dell utilizzo dei diversi tipi di cues (visivi, uditivi, vibratori) nella riabilitazione della deambulazione in questi pazienti. L azione dei cues è in grado di stimolare l attenzione del paziente sul movimento da effettuare trasformandolo da un movimento involontario in un movimento volontario che gli permette di superare l ostacolo determinato dai nuclei della base inefficienti. Anche l utilizzo del treadmill, nella riabilitazione della deambulazione, si è rivelato efficace. Un recente studio ha dimostrato che l associazione del treadmill training con un cues visivo ed uditivo è in grado di migliorare il freezing in pazienti no-responders al trattamento farmacologico. Alla base di questi miglioramenti starebbe, come evidenziato da recenti studi sugli animali, l azione di stimolazione del grow factor esercitata dal treadmill in grado di implementare la trasmissione dopaminergica in questi pazienti. L azione del treadmill training infatti non si esercita soltanto sulla deambulazione. Dall analisi dei diversi lavori presentati in letteratura emerge infatti un miglioramento anche negli altri items motori della Unified Parkinson s Disease Rating Scale, oltre che nella parte della scala che valuta l autonomia personale dei pazienti. Questi dati sono evidentemente una testimonianza di un azione di tipo neuroplastico del treadmill, che si esplica con un miglioramento della trasmissione dopaminergica. 3/6

Il trattamento riabilitativo intensivo: metodica e casi clinici G. Bertotti L approccio riabilitativo nella malattia di Parkinson, come in tutte le patologie neurologiche, così complesse ed invalidanti, è di tipo multidisciplinare e mirato sulla persona. Il nostro protocollo riabilitativo è di tipo intensivo: 3 ore di rieducazione al giorno per 5 giorni alla settimana, per un totale di 60 ore nelle 4 settimane di ricovero. Due sedute avvengono al mattino, con una pausa di riposo tra l una e l altra e la terza è svolta nel pomeriggio. I pazienti, in regime di ricovero, effettuano 1 ora di rieducazione neuromotoria caratterizzata da esercizi di stiramento di tutti i muscoli sia degli arti superiori ed inferiori e del rachide, dai cambi posturali e da esercizi dinamici del rachide in toto. L altra seduta di rieducazione neuromoria prevede l utilizzo di apparecchiature quali il Treadmill con utilizzo di cue visivo e uditivo, la peana stabilometrica, l Elink, la press-leg e il cicloergometro agli arti inferiori. La terza seduta prevede 1 ora di rieducazione ergoterapica. Descriveremo in modo dettagliato il protocollo riabilitativo della nostra Unità Operativa, presentando, inoltre dei video a dimostrazione dei risultati ottenuti dopo un percorso riabilitativo intensivo. Valutazione neuropsicologica e supporto psicologico nella Malattia di Parkinson D. De Gaspari In passato, la ricerca clinica ha focalizzato la sua attenzione soprattutto sugli aspetti motori della Malattia di Parkinson (MP), ma in questi ultimi anni l interesse scientifico si è spostato anche sui sintomi non motori come i deficit neuropsicologici e i disturbi del comportamento. Sebbene la MP tenda ad essere sempre più interpretata come una patologia neuropsichiatrica, questi sintomi restano ancora difficilmente valutati, identificati e di conseguenza trattati con rimedi inadeguati. E bene tener presente che i deficit cognitivi spesso riscontrati nei pazienti affetti da MP sono principalmente la sindrome disesecutiva, i deficit delle funzioni attentive e visuospaziali, un alterazione della memoria di rievocazione e della fluenza verbale. Tra i disturbi comportamentali troviamo invece la depressione, l ansia, l apatia, l anedonia, allucinazioni e deliri e il disturbo del controllo degli impulsi. Poiché tutti questi disturbi sono riscontrabili, non solo nelle fasi avanzate della 4/6

malattia, ma anche in quelle precoci, diventa necessario eseguire un appropriata valutazione che permetta di rilevarne la presenza e la gravità. Pertanto, ogni paziente dovrebbe essere sottoposto ad una prima valutazione di base e poi, a distanza di 12 mesi tra una valutazione e l altra, ad un follow-up, con lo scopo di monitorare nel tempo il decorso del profilo neuropsicologico e comportamentale rilevato nella prima indagine. Si ritiene utile, inoltre, riservare ai disturbi comportamentali un area d intervento e presa in carico attraverso l impiego del sostegno psicologico e della psicoterapia. Tali discipline sono volte rispettivamente all aiuto e alla cura della persona, attraverso la possibilità di dare conoscenza e senso all esperienza di ogni singolo individuo che si trovi in uno stato di disagio psicologico, ovvero in una situazione nella quale gli è impossibile riconoscersi in ciò che gli sta accadendo. Ci si rende conto che l impatto con una malattia cronico-degenerativa costringe continuamente a difficili adattamenti sia per l individuo che per la coppia e molto spesso per l intera famiglia; per questo da non molto tempo anche nella MP si è sentita l esigenza di rivolgere queste discipline non soltanto al paziente ma anche al caregiver. La gestione del paziente parkinsoniani durante il ricovero ospedaliero A. Bonetti Una recente revisione della letteratura pubblicata su Movement Disorders ha evidenziato che la frequenza dei ricoveri (non elettivi) dei soggetti parkinsoniani è di una volta e mezza superiore rispetto a non Parkinson e la loro degenza è più lunga di un numero di giorni che varia da 2 a 14 rispetto ai soggetti non parkinsoniani. Sempre secondo lo stesso articolo le complicanze cui vanno incontro i soggetti affetti da malattia di Parkinson ospedalizzati sono: infezioni urinarie, confusione mentale, cadute, ulcere da decubito, fra le criticità sono la frequenza degli errori terapeutici, inoltre e la maggior parte di pazienti si dichiara insoddisfatta del trattamento ricevuto in ospedale relativamente alla gestione della malattia di Parkinson. Da questi dati ne deriva che gli aspetti di maggior rilevanza nella pratica clinica ospedaliera sono legati a processi di assistenza che prevedono la rilevazione dei bisogni di assistenza: fra questi il bisogno di movimento e di una precoce mobilizzazione non può prescindere da una corretta somministrazione del farmaco. Mentre al bisogno di sicurezza del paziente come la prevenzione delle cadute, delle ulcere da decubito, delle infezioni polmonari e delle infezioni urinarie andrebbe considerato fra i bisogni più critici in questo tipo di pazienti. 5/6

Ruolo della core stability nel trattamento dell instablità posturale: presentazione di uno studio E. Pegoiani L instabilità posturale è uno dei 4 sintomi cardine della Malattia di Parkinson. Tale disturbo è essenzialmente dovuto alle alterazioni posturali a cui il soggetto parkinsoniano va incontro durante l evoluzione della malattia e ad una riduzione delle reazioni di equilibrio, con aumentato rischio di caduta. Tra i fattori che determinano un differente rischio di caduta tra pazienti parkinsoniani e soggetti sani di uguale età potrebbe esservi un deficit di motricità del tronco, già presente nelle prime fasi della malattia, come dimostrato da Bridgewater. Lo svincolo scapolare e pelvico durante il cammino si riduce gradualmente, fino a scomparire, con riduzione della lunghezza del passo e della stabilità del paziente. Tuttavia, in letteratura non vi sono studi che verifichino l utilità di un intervento focalizzato sul controllo del tronco nel migliorare l instabilità posturale. Proprio per questo ci si è presupposti di verificare l efficacia di un trattamento basato sul riallineamento e sulla proposta di esercizi per la core stability, che è stata stimolata, attraverso il contatto manuale, anche in attività in stazione eretta e nel cammino. Lo studio è stato condotto su 20 pazienti, reclutati principalmente grazie alla collaborazione con l associazione La Tartaruga. Il gruppo di pazienti sottoposti alle 10 sedute di trattamento ha mostrato miglioramenti significativi nella motricità del tronco e nell equilibrio statico e dinamico, senza, tuttavia, un cambiamento significativo della propria paura di cadere. Sembra, inoltre, che i risultati abbiano una tendenza ad essere mantenuti nel tempo e che il trattamento proposto sia in grado di migliorare i sintomi motori della malattia e l equilibrio anche nei pazienti che presentano rigidità ormai instaurate. 6/6