Michael Floris OTTIMIZZAZIONE DEL BIORISANAMENTO DI SEDIMENTI PORTUALI CONTAMINATI DA IPA

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Transcript:

Michael Floris OTTIMIZZAZIONE DEL BIORISANAMENTO DI SEDIMENTI PORTUALI CONTAMINATI DA IPA 1

SOMMARIO Introduzione... 3 1. IL BIORISANAMENTO... 4 2. IDROCARBURI POLICICLICI AROMATICI (IPA)... 21 3. SEDIMENTI... 33 4. MATERIALI E metodi... 39 5. RISULTATI... 59 CONCLUSIONI... 83 BIBLIOGRAFIA... 85 2

INTRODUZIONE Il lavoro di tesi qui illustrato, è stato svolto nell ambito di un progetto internazionale chiamato Mapmed, nel quale l Università degli Studi di Cagliari è coinvolta. Tale progetto è focalizzato sulla gestione sostenibile dei porti turistici, ed in particolare l attività del Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Architettura (DICAAR) riguarda la ricerca delle migliori condizioni di trattamento biologico di sedimenti marini contaminati da Idrocarburi Policiclici Aromatici. I siti studio del progetto sono localizzati sulle coste del Mar Mediterraneo: Cagliari, Eraklion (Grecia), El Kantaoui (Tunisia) e, infine, Porto Marina (Egitto). Nel presente elaborato sono stati oggetto di ricerca i sedimenti appartenenti al porto di Cagliari, di El Kantaoui e a quello di Porto Marina. Per bonificare i sedimenti marini sopra citati, si è scelto il biorisanamento (bioremediation). Tale tecnica è largamente utilizzata oggigiorno per la bonifica di diverse matrici ambientali. Essa sfrutta, sotto certe condizioni, l attività microbica, che viene stimolata attraverso varie strategie, come per esempio la modificazione di parametri chimico-fisici (ph, ossigeno, potenziale di ossido-riduzione), o l aggiunta di nutrienti e/o un cometabolita che stimola i microrganismi presenti nel sistema e coadiuva la digestione del substrato. Ancora, si può intervenire con l inoculo di un ceppo batterico o un mix di specie batteriche (opportunamente scelte), le quali riescono a degradare meglio un composto che risulta recalcitrante. Il lavoro è stato sviluppato utilizzando diverse configurazioni reattoristiche, ovvero, si sono condotte le sperimentazioni utilizzando i microcosmi, la configurazione batch classica, e la configurazione SBR (Sequencing Batch Reactor). Per ciascuna configurazione si è sperimentata una diversa strategia di biorisanamento con reattori in fase slurry, e in base ai risultati ottenuti è stato possibile effettuare un confronto tra le varie strategie, dal quale successivamente si è arrivati ad indicare la migliore tra di esse. Lo scopo del presente lavoro di tesi è stato quello di verificare e migliorare l efficienza delle varie strategie di trattamento con reattori in fase slurry proposte in letteratura. Dall applicazione di tali strategie, attuate per il trattamento dei sedimenti di Cagliari, di El Kantaoui e di Porto Marina, sono emersi problemi e diversità sia tra le varie tipologie di trattamento sia tra le località prese in esame. 3

1. IL BIORISANAMENTO Il processo di biorisanamento (bioremediation), che è indicato anche come bioreclamation o biorestoration, può essere descritto come il processo attraverso il quale i rifiuti organici sono biologicamente degradati in condizioni controllate a uno stato inerte (Bamforth et al., 2005). Il principio fondamentale di questa tecnica è la rimozione di contaminanti (o la riduzione della loro concentrazione) dalla matrice ambientale in cui si trovano e/o la conversione di questi in un prodotto meno dannoso. Questo può essere effettuato anche utilizzando un ceppo batterico già presente nella matrice ambientale contaminata oppure attraverso l inoculo di una determinata flora batterica, oltre che con l aggiunta di elementi, quali per esempio nutrienti e tensioattivi, che sono d ausilio alla rimozione dei contaminanti. Per poter applicare il biorisanamento è necessario effettuare delle prove preliminari di laboratorio, per evitare gravi e costosi errori procedendo direttamente al biorisanamento in situ, senza avere buone motivazioni per ritenere che l intervento possa sortire il successo desiderato (Bonomo et al., 2005). I prerequisiti che è indispensabile siano soddisfatti sono: - la biodegradabilità degli inquinanti: per cui alla fine di questo processo si ottiene la mineralizzazione, cioè la trasformazione dei composti in anidride carbonica, acqua e sali minerali; - la presenza nel sito contaminato di microrganismi capaci di rimuovere gli inquinanti in esame: l assenza di popolazioni microbiche con specifiche capacità cataboliche è un segno delle condizioni di grave stress del sito. Queste, comunque, sono condizioni necessarie ma non sufficienti (Bonomo et al., 2005). La bioremediation è considerata una tecnica sicura, efficiente, ecologica ed economica (Prasanna et al., 2007). Le strategie legate al biorisanamento sono state sviluppate sulla base del metabolismo microbico che viene ottimizzato regolando alcuni parametri come il contenuto d'acqua, la concentrazione di ossigeno disciolto, 4

la concentrazione di nutrienti e il substrato disponibile per i microrganismi. In particolare si parla di biostimulation quando vengono aggiunti nutrienti, secondo il giusto rapporto N/P/K, per stimolare la crescita di microrganismi autoctoni, e di bioaugmentation, quando si effettua l inoculo di microrganismi dotati di capacità di degradazione delle sostanze inquinanti presenti nell'ambiente contaminato (Bamforth et al., 2005). 1.1 TECNOLOGIE DEL BIORISANAMENTO Il biorisanamento viene applicato per la decontaminazione di matrici ambientali quali, suoli, acque e sedimenti. L utilizzo di questa tecnica trova applicazione per diverse tipologie di inquinanti, anche molto diverse tra loro come si riporta di seguito (Bonomo et al., 2005): - idrocarburi policiclici aromatici (IPA); - idrocarburi monoaromatici, BTEX (benezene, toluene, etilbenzene, xilene); - TCE (tricloroetilene), TCA (tricloroetano), DCE (dicloroetilene), DCA (acido dicloroetano), ecc; - PCE (tetracloroetene); - CHCl3 (triclorometano, noto come cloroformio) ; - CCl4 (tetracloruro di carbonio); - clorofenoli; - alcoli; - glicol etilene; - composti organici clorurati; - esteri; - PCB (policlorobifenili); - DDT (dicloro difenil tricloroetano); - pesticidi vari; - diossine: DCDD (diclorodibenzodiossine), TCDD (tetraclorodibenzodiossine); - metalli pesanti. La letteratura scientifica dell'ultimo decennio propone un numero considerevole di trattamenti di bioremediation dei vari inquinanti sopra elencati, contenuti nei suoli o 5

nei sedimenti, come per esempio il trattamento in fase semisolida, il land farming, l'utilizzo di bioreattori, la phytoremediation e metodi tra loro combinati (pretrattamento chimico seguito da biodegradazione), in aggiunta a strategie largamente utilizzate come la biostimolazione (biostimulation), l'adattamento microbico (adaptation), la bioaugmentation, ecc, nonché tecniche non prettamente biologiche, per migliorare la velocità di degradazione (Mohan et al., 2006). Il presente lavoro di tesi è concentrato, in particolare, sulle tecnologie di rimozione degli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) contenuti nella fase solida (sedimenti). La bonifica biologica di suoli e sedimenti contaminati da IPA può essere effettuata in situ o ex situ (Bamforth et al., 2005). 1.1.1 Bioremediation in situ Si riporta un elenco dei trattamenti di bioremediation in situ per la degradazione di IPA (Mohan et al., 2006): - Attenuazione naturale o bioattenuazione; - Land farming; - Phytoremediation; - Rhizoremediation. Per ciascuna tecnica di rimozione vi sono dei casi di studio diversi in base alla sorgente di contaminazione. Con il termine di bioattenuazione si intende definire il processo naturale di riduzione della concentrazione di inquinanti dovuto all attività di microrganismi naturalmente presenti nell ambiente che possono rimuovere, degradandoli, i composti inquinanti. Questo fenomeno, che comporta una reale diminuzione dell inquinamento, si attua quando le condizioni ambientali, le caratteristiche chimico-fisiche dei composti inquinanti e i microrganismi autoctoni lo consentano (Bonomo et al., 2005). Il land farming è una tecnica di bonifica dei suoli contaminati che consiste nella stesura di uno strato di terreno contaminato al di sopra di un letto drenante e di un manto impermeabile. Il terreno viene poi irrigato con acqua, arricchito d ossigeno, nutrienti ed altri additivi (Bonomo et al., 2005). Tra le tecnologie di trattamento in situ, il land farming ha un vantaggio rispetto alle altre tecniche per quanto riguarda la 6

stimolazione della microflora del terreno nativo. Tale sistema ha lo svantaggio di possedere una ridotta capacità di degradazione, a causa di aerazione inadeguata, contatto tra inquinanti e microrganismi non omogeneo, sostanze nutrienti insufficienti (Mohan et al., 2006). La tecnica del land farming con l'aggiunta di agenti organici ammendanti facilita un aumento della porosità che a sua volta favorisce un flusso d'aria più efficace; inoltre, tali agenti servono come fonte di carbonio per la crescita della biomassa (Mohan et al., 2006). E' stato dimostrato che il land farming è un'efficace tecnologia di bioremediation per contaminanti quali idrocarburi policiclici aromatici, sia in scala di laboratorio che in scala reale, utilizzando diverse tipologie di agenti strutturanti come i funghi, le ceneri, i rifiuti verdi, erba medica e foglie d'acero (Mohan et al., 2006). Un'altra importante tecnologia di trattamento in situ è la phytoremediation. Questa tecnica consiste nell'utilizzo di specie vegetali per la decontaminazione di siti inquinati, ed è considerata, oggigiorno, come una reale alternativa a basso costo per il trattamento di ampie zone contaminate (Mohan et al., 2006). I contaminanti organici più tipici cui è destinata questa tecnologia comprendono gli idrocarburi, gas condensati, petrolio greggio, composti clorurati, pesticidi e miscele esplosive. Tra i contaminanti inorganici ci sono i sali, i metalli pesanti, i metalloidi e il materiale radioattivo. Le specificità dei contaminanti e dei mezzi contaminati determinano a loro volta diversi tipi di phytoremediation, ciascuno con le proprie caratteristiche (Bonomo et al., 2005). La rhizoremediation, definita anche fitostimolazione, biodegradazione della rizosfera o degradazione assistita delle piante, è la rimozione dei contaminanti organici presenti nel suolo attraverso l attività biologica presente nella rizosfera. Questa deriva dalle proteine e dagli enzimi prodotti ed essudati dalle piante o dagli organismi del suolo (batteri, lieviti, funghi). La rizodegradazione è una relazione di tipo simbiotico sviluppata tra le piante e i microrganismi del suolo. Le piante forniscono le sostanze nutritive necessarie ai microrganismi per proliferare, mentre i microrganismi stessi rendono l ambiente del terreno più salutare per la proliferazione delle radici. Questa è la procedura principale per la bonifica dai contaminanti 7

organici dove suolo e acque contaminate vangano bonificate dall ambiente arricchito della rizosfera (Bonomo et al., 2005). Anche se i trattamenti in situ vengono indicati per la bonifica di suoli, fanghi e sedimenti contaminati da IPA, la bassa permeabilità e la natura eterogenea del suolo, nonché la lunga durata del processo ne limitano l'uso (Prasanna et al., 2007). 1.1.2 Bioremediation ex situ Viene riportato, di seguito, un elenco di tecnologie di trattamento ex situ (Mohan et al., 2006): - Sistemi biologici in fase semisolida; - Compostaggio; - Trattamento con bioreattori; - Trattamento combinato. Il trattamento in fase semisolida può essere attuato con un reattore a funzionamento duale, oppure mediante lagunaggio. Il reattore a funzionamento duale è un processo attuato con uno o più reattori batch in serie nei quali avviene la miscelazione e l aerazione della matrice contaminata (opportunamente diluita con acqua), ed infine la sedimentazione (il sistema è molto simile ad un impianto a fanghi attivi). Il lagunaggio può essere condotto in modalità batch o per sezioni: esso consiste sostanzialmente nell addizionare flocculanti nel bacino di trattamento e iniettare nutrienti tramite tubazioni forate posizionate appena sopra lo strato del materiale sedimentato. Entrambi i sistemi possono lavorare sia in condizioni aerobiche che in condizioni anaerobiche e sono influenzati notevolmente dal contenuto di solidi dell influente, dal tipo di miscelazione e dalla concentrazione di biomassa (Bonomo et al., 2005). Il compostaggio consiste in una serie di reazioni biochimiche complesse e non ancora del tutto chiarite attraverso le quali, in condizioni prevalentemente ossidative (aerobiche), si attua sia una parziale decomposizione (mineralizzazione) di matrici organiche fermentescibili, sia la conversione (biotrasformazione) delle stesse macromolecole di varia tipologia, riconducibili alle diverse frazioni humiche (Bonomo et al., 2005). 8