ma sono depresso? Una malattia difficile da individuare e da debellare. Ma uscirne è possibile.



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A cura di Serafino De Giorgi *, Domenico Suma ** NEUROPSICHIATRIA Dottore, ma sono depresso? Una malattia difficile da individuare e da debellare. Ma uscirne è possibile. a descrizione dei disturbi dell umore ha origini antiche e quasi si identifica con l origine della psichiatria come disciplina medica. Nelle culture antiche, vengono descritte variazioni dell umore, attribuite in modo agnostico all intervento di forze soprannaturali o divine, considerate una forma di punizione, che oggi verrebbero inquadrate come malattia maniacodepressiva. Ippocrate, nel IV secolo a.c, considerò il cervello sede dell affettività, introducendo il termine melancolia, quale conseguenza dell azione patogena della bile nera sul cervello (melas = nero; cole = bile); descrisse anche la periodicità della malattia, la stagionalità e delineò i quattro tipi temperamentali in grado di predisporre a diversi disturbi mentali: collerico, melanconico, sanguigno e flemmatico. Aristotele (III secolo a.c.) indagava il temperamento melanconico come condizione predisponente alla malattia e notava l elevata diffusione del disturbo tra poeti, artisti e uomini politici. In epoca medioevale numerosi malati di psicosi maniaco-depressiva, vennero condannati al rogo. Nei successivi secoli gli studi della medicina ad impostazione naturalistica sconfessavano le dottrine demonologiche, ponendo l accento sugli aspetti di decorso, periodicità e sull alternanza con la mania della depressione. Kraepelin [1905] con la diagnosi di psicosi maniaco-depressiva descriveva numerose forme in precedenza considerate disturbi autonomi: mania, depressione, follia circolare e periodica; gli stati misti e la melanconia involutiva. Freud [1924] costruiva l interpretazione psicodinamica della depressione introducendo il concetto Attualmente ricopre, secondo l OMS, il terzo posto tra le malattie più frequenti di perdita di un oggetto cui si associavano i meccanismi della identificazione e della introiezione. Negli anni 50, sulla scia delle teorie secondo le quali le malattie mentali potevano essere identificate come reazioni (Meyer), anche le forme depressive e ciclotimiche vennero qualificate come nevrotiche o reattive se scatenate da situazioni o eventi vissuti come stressanti; mentre le psicosi erano considerate reazioni maggiori, quale la forma maniaco-depressiva. Leonhard (1979) per primo introduceva il termine bipolare per indicare i disturbi dell umore in cui, in contrapposizione alle forme monopolari, si alternano fasi sia depressive, sia maniacali. Nell accezione clinica comune unipolare comprende tutti i pazienti con sintomi depressivi senza una storia di episodi maniacali, significando semplicemente non bipolare. Una ulteriore costruzione nosografica individua i disturbi dell umore come primari distinguendoli dai quadri secondari ad altri disturbi mentali, a malattie fisiche o a trattamenti farmacologici. La sintomatologia La depressione è una malattia comune. Dati epidemiologici stimano la prevalenza tra il 5% ed 17 % nell arco del ciclo vitale nella popolazione generale. Attualmente ricopre secondo l OMS il terzo posto tra le malattie più frequenti nella popolazione e perdurando la frequenza attuale di incidenza tra circa 15 anni si stima possa diventare la malattia più frequente. L età media in cui compare la depressione maggiore oscilla intorno ai 25 anni, anche se l adolescenza pugliasalute - quattordici - maggio 2005

rappresenta l età a rischio per l esordio dei disturbi depressivi. La caratteristica essenziale della depressione è la deflessione patologica del tono fondamentale dell umore, che risulta non dipendente da fattori esterni. Si accompagna uno stato di inibizione psicomotoria che caratterizza tutte le modalità relazionali dell individuo depresso: il flusso delle idee diventa lento, il pensiero monotono, la risonanza affettiva monocorde. Altri sintomi che si osservano sono di tipo vegetativo-somatici e cognitivi: memoria, attenzione, concentrazione sono rallentate, appetito e sonno alterati; scadimento delle condizioni fisiche generali; l ideazione assume caratteristiche connotazioni pessimistiche che, nei casi più gravi, possono sconfinare in una dimensione dereistica quale il delirio. I contenuti più frequenti del delirio depressivo sono di colpa, rovina, autoaccusa, ipocondria. I patterns emotivi e comportamentali dominanti sono i sentimenti di solitudine, il distacco dagli altri e dal mondo, che divengono uno dei portati più consistenti del vissuto depressivo (mancanza di sentimenti). L assenza di interesse si fa avvertire anche negli affetti più rappresentativi e ciò rinvigorisce i sentimenti di colpa. Spesso si associa uno stato di ansia, descritto come sentimento penoso di attesa, sensazione che debba accadere qualcosa di spiacevole, con agitazione psicomotoria ed irrequietezza psichica. Frequentemente si associano idee di morte ed il suicidio rappresenta la complicanza più temibile. Sul piano sintomatologico, secondo il DSM IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders- IV), la caratteristica essenziale di un Episodio Depressivo Maggiore è un periodo di almeno 2 settimane durante il quale è presente depressione dell umore o perdita di interesse o di piacere per quasi tutte le attività. L individuo deve anche presentare almeno altri quattro sintomi di una lista che includa alterazioni dell appetito o del peso, del sonno e dell attività psicomotoria; ridotta energia; sentimenti di svalutazione o di colpa; difficoltà a pensare, concentrarsi o prendere decisioni; oppure ricorrenti pensieri di morte o ideazione suicidaria, pianificazione o tentativi di suicidio. L umore in un Episodio Depressivo Maggiore viene spesso descritto dall individuo come depresso, triste, senza speranza, scoraggiato o giù di corda. I sintomi di un Episodio Depressivo Maggiore si sviluppano generalmente nel corso di giorni o settimane. Tra i prodromi si possono osservare sintomi di ansia e sintomi depressivi lievi, possono protrarsi da settimane a mesi prima dell esordio dell Episodio Depressivo Maggiore completo. Anche la durata dell Episodio Depressivo Maggiore è variabile. Un episodio non trattato tipicamente dura sei mesi o più, indipendentemente dall età di esordio. Nella maggior parte dei casi, vi è una remissione completa dei sintomi e il funzionamento ritorna ai livelli premorbosi. In una proporzione significativa di casi (forse il 20%-30%) possono persistere per mesi o anni alcuni sintomi depressivi insufficienti per soddisfare pienamente i criteri per un Episodio Depressivo Maggiore e possono essere associati Il flusso delle idee diventa lento, il pensiero monotono con menomazione o disagio di qualche tipo. La remissione parziale dopo un Episodio Depressivo Maggiore sembra essere predittiva di un andamento analogo dopo gli episodi successivi. In alcuni individui (5%-10%) continuano a risultare soddisfatti per 2 o più anni i criteri completi per l Episodio Depressivo Maggiore. Il decorso della malattia secondo l ICD-10 (International Classification of Diseases- 10), deve seguire criteri condivisi quali: 1. la ricorrenza (episodio singolo, maniacale o depressivo; episodi multipli); 2. la polarità (sindromi affettive bipolari; sindromi depressive ricorrenti); 3. la gravità degli episodi (episodio maniacale o ipomaniacale; episodio depressivo di gravità lieve, media o grave); 4. la presenza o l assenza di sintomi psicotici (quali deliri e allucinazioni) e se essi risultano essere congrui o incongrui con l umore. Particolare importanza viene attribuita alla valutazione della gravità di ciascun episodio, per le implicazioni che essa può avere sul piano terapeutico e assistenziale. Per gli episodi depressivi, la valutazione della gravità si basa essenzialmente su un giudizio clinico che deve tenere conto del numero, del tipo e della gravità dei sintomi. Il livello di compromissione del funzionamento sociale e lavorativo non è stato utilizzato come criterio di valutazione della gravità dell episodio depressivo, in quanto si è ritenuto che fattori individuali, sociali e culturali possano notevolmente interferire sulla sua attendibilità. La diagnosi Collocare la depressione in una unica categoria diagnostica presenta una notevole difficoltà a causa della eterogeneità clinica, determinata dalla varietà delle sindromi, dalla gravità sintomatologica, dalla espressività clinica in pugliasalute - quindici - maggio 2005

rapporto all età di insorgenza, dalla presenza di fattori scatenanti o di conflittualità interne o esterne al paziente, dalla variabilità del decorso e degli esiti. Pertanto inizialmente sono stati fatti vari tentativi di suddivisione in categorie dicotomiche, utilizzando classificazione eziopatogenetica, come depressione endogena/reattiva, psicotica/nevrotica, primaria/secondaria. La categoria depressione endogena o vitale o primaria comprende quadri clinici in cui non si riconoscono fattori esterni di natura psicologica o fisica che possano aver determinato l insorgenza della malattia: il termine di endogeno assume un significato eziologico. Per contrasto, sono reattive o nevrotiche quando possono essere determinate da accadimenti di grande significato esistenziale ed emotivo, ovvero da conflittualità inconsce, o da fattori di natura fisica. Nelle forme reattive la qualità dell umore depresso non determina una frattura nel continuum storico individuale. Nella depressione endoreattiva l evento ha la funzione di innesco del quadro depressivo, il cui decorso successivamente diventa autonomo da esso; le caratteristiche sintomatologiche sono diverse dalla forma endogena e dalla forma reattiva. Altre varietà cliniche correlate alle caratteristiche eziopatogenetiche sono le depressioni: da esaurimento, da sradicamento, da cambiamento di ambiente, distonico-vegetative, esistenziali, situazionali. Un ulteriore tentativo di classificazione secondo un modello eziopatogenetico, mette in contrapposizione le categorie depressione psicotica e depressione nevrotica per connotare due meccanismi diversi (endogeno e psicogeno) e per indicare livelli differenti di gravità. Nella depressione psicotica si osserva l alterazione della coscienza di realtà, assenza di coscienza di malattia, deliri strutturati, allucinazioni, incoerenza e allentamento dei nessi associativi. Nella depressione nevrotica, detta anche nevrosi depressiva, reazione depressiva psiconevrotica, depressione nevrotico-reattiva la sintomatologia è attenuata, oppure caratterizzati da particolari costellazioni sintomatologiche, come irritabilità, reattività, fluttuazioni dell umore in rapporto a mutamenti della situazione esterna o ancora condizioni di comorbilità tra disturbi depressivi e d ansia. La nosografia più recente non utilizza la contrapposizione endogeno / reattivo. La Classificazione dei Disturbi Mentali dell Organizzazione Mondiale della Sanità (ICD-10) ha sostituito l aggettivo endogeno è il termine somatico [ICD- 10,1992]. Le classificazioni dell APA (American Psychiatric Association) attribuiscono all Episodio Depressivo Maggiore con Melanconia un valore clinico-descrittivo, senza alcuna implicazione eziopatogenetica. La collocazione in un unica categoria diagnostica presenta una notevole difficoltà Qualora la sintomatologia depressiva sia di grado moderato si verifica in risposta ad importanti eventi stressanti psicosociali, sia nel DSMIV sia nell ICD-10, è prevista la diagnosi di Disturbo dell Adattamento con Umore Depresso, che valorizza e riconosce un rapporto causale tra stress ambientale e comparsa della sintomatologia disadattiva. Con gli attuali sistemi nosografici internazionali l approccio è di tipo descrittivo, per cui a ciascun disturbo sono attribuiti specifici criteri che consentono di porre la diagnosi (criteri di inclusione) ed altri in presenza dei quali la diagnosi viene preclusa (criteri di esclusione). L approccio risulta imparziale dal punto di vista dell eziologia, e le diagnosi affidabili e riproducibili così da risultare standardizzate e punto di riferimento per la comunicazione tra clinici e ricercatori. Tuttavia anche i sistemi diagnostici dell APA e dell OMS, mostrano dei limiti quando non considerano il decorso naturale, le caratteristiche longitudinali e familiari dei disturbi dell umore. I Disturbi dell Umore nel DSM-IV [1994] Disturbi depressivi ( depressione maggiore, episodio singolo, ricorrente, disturbo distimico, disturbo depressivo NAS Non altrimenti specificato). Disturbi Bipolari (I, II, disturbi ciclotimico, disturbo bipolare NAS). Altri disturbi dell umore (dovuti a condizione medica generale). Le Sindromi affettive nell ICD-10 [1992] Episodio depressivo Sindrome affettiva bipolare Sindrome depressiva ricorrente Sindromi affettive persistenti Altre sindromi affettive Sindrome affettiva non specificata Disturbo Depressivo Maggiore (Episodio singolo, ricorrente) Disturbo Distimico Disturbo depressivo non altrimenti specificato Disturbo Bipolare I Disturbo Bipolare II Disturbo Ciclotimico Disturbo Bipolare non altrimenti specificato Disturbo dell umore dovuto ad una condizione medica generale Disturbo dell umore indotto da sostanze Ciclotimia- Distimia Altre Sindromi affettive persistenti (Episodio affettivo misto) Sindrome depressiva breve ricorrente pugliasalute - sedici - maggio 2005

Il concetto di spettro di malattia depressiva ben si concilia con un modello classificativo di tipo categoriale, abitualmente utilizzato in psichiatria, analogamente a quanto avviene nelle altre branche della medicina. Questo modello presuppone l esistenza di entità diagnostiche distinte cui corrispondono unità separate di malattia. L inquadramento categoriale non esclude una continuità tra disturbi distinti e ciascuna categoria diagnostica non deve di necessità avere limiti definiti. Gli interventi terapeutici Le indicazioni al trattamento dei disturbi depressivi si realizzano ogni volta che si osserva una compromissione delle sei attività di base: energia vitale, desiderio sessuale, sonno, appetito, capacità di gioire, capacità di mantenere relazioni sociali Dal punto di vista nosografico (DSM-IV) ed in termini solo di esemplificazione, le sindromi da trattare sono: Depressione maggiore bipolare Depressione maggiore unipolare Distimia Episodio depressivo sottosoglia Lutto complicato Depressione in co-morbilità neurologica e cardiovascolare Depressione post -partum L approccio psicofarmacoterapico, sul piano clinico, rappresenta un rimedio pronto ed affidabile; permette di registrare segnali indicativi di remissione della sintomatologia in tempi ragionevolmente brevi (due-tre settimane) ed una stabilizzazione del decorso della malattia. I trattamenti di tipo psicoterapico, a vario orientamento, sono utili in corso di malattia depressiva, ancor più se associati alla farmacoterapia. Particolarmente utile risulta l integrazione della psicoterapia nel trattare casi in cui problemi sociali o di natura familiare o coniugali possono aver indotto/favorito una sindrome di tipo depressivo. L intervento terapeutico si declina sul doppio registro della farmaco e psicoterapia. I farmaci antidepressivi sono stati introdotti già negli anni 50, quando venivano utilizzati come antidepressivi gli inibitori delle monoamminoossidasi (IMAO): si trattava di farmaci efficaci ma poco maneggevoli, con possibilità di gravi reazioni e rischi correlati allo specifico meccanismo d azione. Successivamente la ricerca ha messo a disposizione degli Psichiatri rimedi sempre più sicuri ed efficaci, a partire dagli antidepressivi triciclici fino ai più recenti Inibitori della Ricaptazione della Serotonina (SSRI) e Inibitori del Ricaptazione di Serotonina ed Adrenalina (SNRI). In un approccio farmacologico, specialmente quando ci si trova di fronte a ricadute nella malattia depressiva, è corretto prendere in considerazione il farmaco che in passato abbia ottenuto risultati soddisfacenti (senza lasciarsi irretire dalle novità), tenendo ben presente le variabili individuali che in ogni paziente possono influenzare l esito della terapia. Ad esempio la paura degli effetti collaterali può influenzare la percezione o l attesa degli stessi; oppure gli effetti collaterali possono limitare la compliance (aderenza del paziente al programma di trattamento), per cui è fondamentale fornire una corretta informazione, al cui interno anticipare anche gli effetti avversi, collaterali. Ancora, ricordiamo che gli antidepressivi triciclici sono controindicati in corso di cardiopatie, ipertrofia prostatica, glaucoma ad angolo chiuso. La dose minima efficace deve essere raggiunta entro 7-10 giorni con l obiettivo di soddisfazione del paziente (senso di benessere soggettivo, senso dell umorismo su aspetti negativi della vita, piacere nel dedicarsi ai propri interessi, desiderio sessuale, attenzione ai propri interessi) Volendo tracciare il profilo di un antidepressivo ideale, questo dovrebbe essere efficace su tutto lo spettro dei disturbi dell umore, in tutte le forme a gravità lieve, medio e severo, raggiungere la remissione in acuto, essere assunto in unica somministrazione, presentare ridotti effetti collaterali, ridotta interferenza nelle attività quotidiane, assenza di interazioni con farmaci e dieta. Tuttavia la pratica clinica pone di fronte a situazioni reali a volte complesse per cui a volte è necessario sospendere il trattamento alla comparsa di effetti collaterali quali: nausea, vomito, diarrea, dolori addominali, cefalea, ansia ed insonnia. Il trattamento invece va mantenuto quando vi sono caratteristiche cliniche di familiarità, bipolarità, esordio precoce, almeno tre episodi di malattia in 5 anni, gravità degli episodi (rischio suicidario, sintomi psicotici), in corso di complicanze o comorbidità (assunzione di alcol, abuso di sostanze, etc.). In genere si preferisce non trattare una condizione di lutto semplice o un disturbo di adattamento con umore depresso e sintomatologia di entità lieve o problematiche familiari o coniugali con reazione depressiva modesta, in cui può essere utile, sufficiente ed efficace, una psicoterapia. Se in molte situazioni il medico di medicina generale possiede la competenza necessaria per istituire un adeguato piano terapeutico, l intervento dello specialista è richiesto di fronte al rischio suicidiario, alla Depressione complicata da deliri e allucinazioni, alla complessa e concomitante patologia internistica, all insuccesso di un ciclo di terapia adeguata.il ricovero è consigliabile quando vi è un rischio grave di gesti autolesivi, scarsa adesione al trattamento per scarsa coscienza della propria condizione di malattia, complicanze di natura medica gravi. * Direttore Dipartimento di Salute Mentale, AUSL LE/1 ** Direttore Centro di Salute Mentale di Fasano, AUSL BR/1 pugliasalute - diciassette - maggio 2005

A cura di Luciano Provenzano * La Depressione: quando le emozioni non respirano! 11 aprile 2005, a Gallipoli, Sabrina, 28 anni, ha messo fine alla sua vita dandosi fuoco con la benzina. Aveva avviato da poco un attività commerciale con scarso successo; covava una depressione ed era in trattamento farmacologico su prescrizione psichiatrica. 7 luglio 2004, Vieste, Luisa, 37 anni, uccide i propri due figli e se stessa, mediante soffocamento; depressione e liti familiari, l occhiello dell articolo sulla Gazzetta il giorno dopo. La depressione tanti la covano e ci convivono, pur faticosamente, per anni; qualcuno prova e talvolta con un aiuto adeguato riesce ad uscirne. Qualcun altro non ce la fa e soccombe sotto il peso di emozioni accumulate e non smaltite. Depressione è smarrimento nel sentiero della vita, fra grovigli emozionali che si accumulano, giungendo ad assottigliare il filo del respiro fino talvolta a soffocarlo del tutto. L umano vivere si caratterizza precipuamente per il flusso costante di messaggi che si generano nel corpo e che fluiscono attraverso il sangue determinandosi come emozioni (emo-zione = azione del sangue). Sensazioni propriocettive interne all organismo condizioni di stato o di bisogno - e quelle provenienti dal contesto ambientale - visive, uditive, tattili, di odorato e gusto - si determinano come atto percettivo che produce moto emozionale, che si alimenta ulteriormente mediante interconnessioni volontarie o automatiche, consapevoli o inconsce, con livelli evocativi, immaginativi ed onirici. Si tende, solitamente, a cogliere per sé le emozioni di rilievo, le più significative, ma tutte e ciascuna, nella vita di ognuno, potrebbero parimenti meritare d essere colte mediante la consapevolezza dell attimo attuale, ed espresse con le parole che ne scaturiscono. Pur se immediatamente può sembrare non del tutto praticabile una costanza nella espressività emozionale, è opportuno comunque che questa rappresenti un obiettivo a cui tendere nello sviluppo di se stessi. La parola che sa cogliere ed includere l emozione attuale nel qui e ora di ogni situazione si connota essenzialmente come alito caricato di un significante, che nell essere pronunciata può favorire una ripresa d ossigeno in corrispondenza al connotato espressivo che l ha determinata. In definitiva, quella parola che esprime l emozione Depressione è sintomo di emozioni senza respiro, incapaci di circolare rende possibile un apporto respiratorio del quale l emozione stessa se ne può giovare, permettendo, mediante il ricarico d ossigeno, che si dia energia adeguata a ché quella possa completare il percorso fino a reperire il proprio ambito di deposizione e così lasciare spazio al fluire delle successive. L emozione privata di quella espressione ariosa della parola che le sarebbe propria, in carenza quindi di idonea ossigenazione, difficilmente avrà energia per sviluppare adeguatamente il suo percorso e giungere a deposizione. Emozioni prive di espressione e quindi di ossigeno adeguato a completarsi nella loro essenza giungono a vagare incomplete nel corpo, determinando caotici percorsi, interferendo reciprocamente, accumulandosi e bloccandosi a vicenda. Depressione è quindi, alla base, scarsità nel rifornimento d aria, come auto con le ruote sgonfie; depressione sono emozioni senza respiro, incapaci di circolare, che quindi si bloccano e bloccano. L intento di umanizzare il modo di vedere e trattare i disturbi e le patologie include di riuscire a realizzare un contatto più diretto e profondo con la persona nella sua interezza, evitando di rendere esclusivo il sintomo, non scorporandolo dall interezza della personalità di chi lo esprime. Elencazioni, classificazioni e griglie di sintomi, con terapie corrispettive a se stanti altro non sono che gabbie per circoscrivere il disturbo, presumendo di poterlo in tal modo controllare. Ma senza l aria della parola per far respirare le emozioni, riattivandone per quanto possibile il circolo e permettendone una pur essenziale sistemazione nel vissuto del soggetto, ogni pratica che pretenda di essere terapeutica, sarà solo la riproposizione di un controllo sulla persona, inducendo internamento in sé, affatto dissimile da quello manicomiale. Unica variante: ai muri si è sostituita la pelle. * Psicologo Psicoterapeuta pugliasalute - diciotto - maggio 2005